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568
di Vilma Torselli
del 29/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Gentile Nicoletta Borghese (non mi pare il caso di usare il suo confidenziale "cara"),
non vero che l'oggi non interessi, mi pare che i temi presenti su Antithesi siano preferibilmente incentrati sull'attualit, come sapr certamente se legge il giornale con una certa assiduit, ma ci non toglie che si possa anche dibattere sul restauro della Fenice.
Ci che dice Errico potrebbe essere pubblicato su qualunque giornale, su un giornale sportivo, su un giornale di moda, su un giornale di attualit, si tratta di una protesta generica, demagogica e un po' infantilmente provocatoria sulle "situazioni di bisogno" di cui il mondo pieno, che si potrebbe anche scrivere sui muri.
Anzi, penso che se volesse veramente giovare a qualcuno, proprio questo che dovrebbero fare, Errico, o lei o qualche altro armato di buona volont e bomboletta spray, con risultati pi eclatanti, efficaci ed anche decorativi.
Sar senz'altro d'accordo, vista la sua propensione alla denuncia delle disuguaglianze, che la libert di espressione contempli anche la possibilit di disquisire sul restauro della Fenice, oltretutto nella sede pi adatta, almeno nella stessa misura che le verr riconosciuta, non ne dubito, quando vorr gratificare anche una azzeccagarbugli come me di un articolo circostanziato, documentato ed illuminato di critica architettonica a qualcuna delle milionate di metri cubi di costruito di cui non solo lei, ma tutti faremmo volentieri a meno.
Attendo con ansia di leggerla sulle pagine di Antithesi o altrove, basta che mi dica dove e quando.
Vilma Torselli
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567
di Andrea Pacciani
del 29/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Nella disputa accesa, sono passate inosservate due chiose delle nostre gentili commentatrici che mi spiace passino cos sotto tono e senza un commento del nostro puntuale direttore che di solito non se le lascia scappare.
LIrma ci dice che:
Per fortuna le norme non sono vangelo. La burocrazia non architettura, quindi l'articolo tre, interpretato come fa lei, inutile. Leggere le cose in questo modo non ci porta (come ci ha sempre portato) che a partorire orrori funzionali.
Si riferisce allarticolo delle norme deontoligiche della professione dellarchitetto che recita: "L'architetto esercita la professione in conformit alle leggi vigenti ed opera nel rispetto dell'interesse generale della societ che riconosce prevalente sia quelli del committente e personale.
Per me limpido, chiaro, va preso alla lettera per quello che dice, vale tanto quanto il giuramento di Ippocrate che fanno i medici; ma se ci sono Interpretazioni o modifiche da segnalare ad Urbani lo si faccia alla svelta tanto che si aggiusta la Merloni e liberiamoci da inutili equivoci.
A proposito tanto di cappello alla lettera di Beniamino Rocca, ineccepibile, e a quanto pare conforme al suddetto articolo 3 quando caldeggia Il dibattito tra i membri della commissione giudicante deve essere pubblico e il voto dei commissari paleseAltra cosa che ci sembra utile anche quella di diminuire il numero degli architetti nelle giurie a favore di altre professionalit.
La Vilma aggiunge:
E' certo che restauri come quello perpetrato ai danni della Fenice andrebbero proibiti.
Per legge
E vero che il nostro paese per certi aspetti sembra essere sotto una dittatura, ma a imporre una certa achitettura anzich unaltra per legge credo non sia mai accaduto nemmeno nelle migliori dittature di Hitler o Stalin, n in quelle di Ciausescu o di Saddam, ma se vogliamo essere i primi nel nome della palese democrazia dellarchitettura moderna aggiungiamo anche questa richiesta ad Urbani.
Spero di essere indagato al pi presto per falso in teoria del restauro quando restaurando una qualsiasi architettura moderna sostituir il vecchio intonaco a base di cemento con uno nuovo a base di calce anzich impregnarlo di reisina o lasciarlo su a lacerti testimoniali.
Piccola riflessione che non riguarda questa discussione:
Sono passati ormai 16 anni dal 1988 quando Philips Johnson celebrava al MOMA il decostruttivismo di Gehry, Libeskind, Koolhaas, Eisenman, Hadid, Himmelblau e Tschumi con una mostra che lo lanciava sul panorama mondiale (s lo stesso Johnson che nel 1932 celebrava nella mostra storica Modern architecture Mies, Corbu, Gropius e Oud, lanciando lInternational Style). Da allora i cambiamenti che si citano per dare il senso dellattualit sono stati moltissimi dal muro di Berlino, ad internet, all11 settembre. E questa ancora architettura contemporanea o gi neostoricista? bisogna fare chiarezza su cosa vuol dire fare archiettura del proprio tempo, avanguardia, sperimentalismo, storicismo......
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566
di Davide Sacconi
del 29/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Esco un po' stordito dalla lettura degli 11 commenti in 12 pagine di stampato. Forse si potrebbero evitare "de filippi-che" di tal lunghezza per permettere anche a "minus-dotati" come me di seguire un dibattito peraltro interessante. Vorrei quindi essere sintetico e aggiungere solo un paio di cosette.
Mi pare che nessuno abbia sottolineato adeguamente un punto che secondo me fondamentale: la Fenice era quel gioiello che era principalmente per il sistema decorativo. Questa era la sua peculiarit che la rendeva un'opera d'arte unica. O mi sbaglio? Ed questo lo scandalo! Non si tratta di ricostruire il campanile di San Marco, che un simbolo in quanto architettura, in quanto presenza ineliminabile nello spazio della piazza, se non a prezzo di stravolgerne il carattere. Qui si tratta di ricopiare un'opera d'arte. E se va in fiamme, che ne so, una bella tela del Caravaggio, che facciamo? Ma si, se la cornice rimasta si pu sempre fare una bella stampa da una foto in esacromia.....
Se poi invece si tratta di ricostruire un teatro rispettando una determinata tipologia tipica, rispettando la funzione, il valore, l'importanza di quella localizzazione del tatro nell'ambito della citt di Venezia...etc, allora nulla vieta che le balconate possano essere in acciaio e vetro o perche no nel tanto vituperato titanio....
Aggiungo solo un'ultima nota: non proprio possibile scrivere su una webzine di critica su un argomento dicendo chissene sbatte di questo argomento. Delle cose di cui non si pu dire necessario tacere.....
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565
di Nicoletta Borghese
del 29/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Ha veramente ragione Errico, invece, e stramaledettamente ragione nello scrivere proprio qui il suo pensiero. Come i polli di Renzo si battibecca sul fregio, lo stucco, il prima e il dopo...ma l'oggi interessa a qualcuno? Nel frattempo quadrate legioni di azzeccagarbugli lasciano marcire invereconde situazioni di bisogno da una parte e dall'altra gonfiano e rigonfiano milionate di metri cubi di costruito, che non essendo "Architettura" ovviamente non si critica, vero cara Torselli? Il similoro s'addice ai frequentatori di quel luogo e alla trite rappresentazioni che vi si tengono: una volta si lanciavano uova ora il "bravo artista" le dovrebbe esorcizzare con squinternati involucri: e allora alla critica sarebbe dolce naufragare in un mare di titanio...
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564
di Pierluigi Di Baccio
del 28/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
...un'ultima, definitiva, forse ingenua domanda bussa infine alla mia mente: ma i signori che sua queste pagine pontificano sul Vero e sul Falso...li leggono veramente i commenti altrui? No, perch se li leggessero veramente....la discussione potrebbe essere assai pi proficua.
Non ritengo infatti molto furbo far finta di non capire o attribuire ad altri la confusione mentale che evidentemente alberga nelle proprie di teste. Chi infatti ha ben chiara in testa una propria idea non ha paura di confrontarsi anche a largo raggio, magari andando anche un po' fuori tema (non c' mica nessuno che lo vieta! non certo i moderatori di questa webzine!): allargate le vostre menti per favore...neanche aveste i paraocchi! Per cui o si parla del vostro oggetto preferito o niente!
Se poi preferite pascervi delle vostre evidentemente fragili certezze, fate pure...anche se non so che utilit abbia!
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563
di Vilma Torselli
del 27/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Finalmente da Angelo Errico una parola chiara, semplice, categorica, definitiva che pone termine a tutti i dibattiti: l'architettura si costruisce, poi muta, si degrada, a volte viene rifatta, in qualche modo, ma dopotutto, chi se ne frega!
Con tutti i problemi che ci sono al mondo, i baraccati, le carestie, il terrorismo, stiamo qui a parlare della Fenice! Ma chi se ne frega!
C' solo una cosa sbagliata, in tutto l'insieme dell'intervento cos finemente argomentato: la sede, un giornale di critica dell'architettura.
Ma dopotutto, della critica d'architettura, chi se ne frega!
Propongo di chiudere Antithesi.
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562
di Silvio Carta
del 25/12/2003
relativo all'articolo
Indietro tutta: l'architettura tutta un quiz
di
Paolo G.L. Ferrara
Ritengo personalmente che nellarticolo di Paolo Ferrara siano contenuti dei richiami estremamente illuminanti per la critica. Per contro, non ho reputato altres stimolanti gli interventi di Crippa.
Penso che sia buona cosa circoscrivere alcune affermazioni che vengono dipinte come assunti inequivocabili e sembrano invece avere laspetto di supposizioni personali.
Il piacere dellarchitettura veramente corrispondente al piacere di informare i comportamenti dei fruitori, il sognarli nei loro gesti, radiografarli nei loro giorni, immaginarli nel prima e nel dopo? Davide Crippa ci dipinge un architetto con una missione quasi sacra, una specie di santone; nella nostra coscienza ci sentiamo veramente cos? Io no, a dire il vero.
Secondo - La citazione del concetto di B.Munari dove tutto deve funzionare come un orologio, mi sovviene una frase: Die Wohnung fur das Existenzminimum, ed una certa teoria sugli spazi minimi; ma che strano, il mio calendario riporta lanno 2003. Forse, prima di farsi scudo con tutto ci che possiamo reperire nei testi di storia dellarchitettura, sarebbe consigliabile verificare se effettivamente sia il caso di farlo. Lo dico perch per me non facile capire fino a che punto le vecchie teorie possano essere ancora valide in tutta la loro interezza.
Terzo A conferma delle teorie sopra citate vengono chiamati in causa personaggi che hanno realizzato dei progetti frutto di ricerche sul movimento (minimum) allinterno di navi e treni. Infatti i treni, le navi e i tram sono noti per essere fra i luoghi pi comodi ed invidiabili per abitare, non confondiamo la ricerca per le situazioni di vita temporanee con lo studio delle condizioni ottimali per vivere.
Ultimo Leggo Per capire il senso di molti degli articoli di Beppe Finessi bisogna conoscere molto bene ci di cui si sta parlando, cos essi si presentano molto freschi e brillanti.
Certo, perch prima di leggere il gabbiano Jonathan Livingston si devono per forza leggere tutti gli scritti di Richard Bach, altrimenti si rischia di non capire il vero senso della storia.
Spero il mio intervento non appaia troppo polemico e che si riesca a leggere la vena propositiva presente tra le righe.
Tutti i commenti di Silvio Carta
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559
di Angelo Errico
del 22/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Chi arriva in ritardo in una discussione di solito non sa cosa s' perso nel dibattito, ma a voler leggere i sei commenti precedenti per farmi un'idea e non essere ripetitivo, mi spavento come quando sono di fronte ai citofoni dei condomini con una ventina di pulsanti per una successione di scale interne che vanno dalla lettera A alla lettera L.
Lo scandalo, vorrei dirottare la mira della tematica, non tanto se la Fenice stata ricostruita con tecnica dysneiana o con fedelt alla prima o alla seconda ricostruzione avvenuta nel passato. Sta nell'aver dedicato tempo e ingegno e soprattutto denaro per un'opus architettonico che non cos particolarmente urgente e necessario in questo momento all'Italia.
Anche il campanile in piazza San Marco, ricordiamolo! stato interamente ricostruito in tutta la sua altezza. E questa storia che le cose degradate dal tempo non vanno sotituite o se non c' pi la tecnica dell'epoca non si deve porre alcun rimedio, ci porta a voler essere ipocritamente moderni e contemporanei con attese e aspettative del pittoresco e del preraffaelitismo.
Insomma: l'architettura fatta per essere mantenuta nel tempo, con quello che il "tempo" fornisce.
In Italia invece ci sarebbero necessit edilizie di maggior ed urgente necessit, che potrebbero a seconda delle dimensioni ed uso pubblico, essere oggetto di qualche concorso interessante anche.
Se cadesse il duomo di Milano ovvio che non ci sarebbe pi lo stesso marmo n gli stessi scultori, ma in fondo il marmo era scelto per la sua qualit poich era materiale di pi vicina reperibilit in quel momento, e i lavoratori altro non erano che artigiani e apprendisti di bottega assieme, e non certamente luminari del Bauhaus o assistenti universitari di Dal Co.
L'architettura si costruisce.
La sua vita sta nei mutamenti che essa subisce, poich niente rimarr identico a cos'era in passato.
Lo sfregio e l'insulto, la Fenica lo conferisce a chi invece ancora aspetta case e vive in baracche e containers, a stadi e impianti urbani senza alcuna utenza.
Poi, che sia stata rifatta cos come era, "era" nel pi recente passato e non in quello di memoria anteriore, chi se ne frega francamente! Ma agli italiani importa davvero di quest'opera? foss'anche stata fatta in vetro e cemento alla Mies o in pietra alla Gaud?
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558
di Pierluigi Di Baccio
del 22/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Mi tocca constatare che nessuno ha capito il senso del mio intervento...probabilmente mi sono spiegato male. D'altronde, a differenza di qualcun'altro che su queste pagine ultimamente pontifica riguardo alle magnifiche sorti e progressive dell'architettura, non mi ritengo infallibile.
A guardar bene il mio commento precedente direi che nessuno possa seriamente leggervi una difesa o, peggio ancora, un elogio dell'operazione "dovera e com'era" consumatasi a Venezia con l'irrinunciabile balletto italico di ricorsi e controricorsi e ricorsi ai controricorsi e rescissioni di contratti, che spero qui si conoscano (anche se questa un'altra storia). Semplicemente non mi sono assolutamente espresso sul merito della questione, non era quello il mio scopo: il mio scopo era mettere in evidenza l'inadeguatezza dell'argomento principe usato dal Fadda per la sua critica.
Che si rassegnino pure i Fadda e le Cipriani di turno, ma attaccarsi al concetto di falso storico non solo inappropriato ma del tutto masochistico: si scelgano altri argomenti, un po' pi pregnanti e meno finto-moralistici. E non dico questo in omaggio a un non so che relativismo etico o minimalismo d'accattonaggio...quello lo lascio volentieri ad altri.
Prover a chiarire, in termini il pi comprensibili possibili, quali sono secondo me i termini della questione.
Bisogna dire che all'origine di tutta la discussione c' un articolo di Alessandro Baricco da me riportato per intero in un precedente commento: ebbene quello scritto era interessantissimo proprio perch, dal punto di vista di uno scrittore, cercava di capire e spiegare il senso di una FOLLIA, come giustamente egli definisce la ricostruzione della Fenice com'era e dov'era. Parlare di follia corretto proprio perch quella che, all'occhio del profano, ha tutta l'aria di essere una soluzione di puro buon senso si rivela nella realt di cantiere il suo esatto contrario: come scrive opportunamente Baricco, l'effetto pratico che "con cura maniacale, alcuni geniali umani [hanno speso] un numero di ore spaventoso usando un sapere tecnico affinato per secoli, con l'unico scopo di raggiungere un obbiettivo apparentemente folle", ovvero "rifare la copia di un uccello che era una scopiazzatura di un uccello che, lui s, era un originale, almeno 200 anni fa", il tutto scrutando vecchie foto con la lente d'ingrandimento o facendo strane macumbe per "leggere ci che l'incendio ha lasciato: un'ombra, un rimasuglio annerito, una scheggia."
A questo punto ci che riesce a interessarmi non solo se sia giusto o meno, ma perch ci possa oggi essere ritenuto giusto: qui sta il punto!
Utile partire dall'interpretazione proposta da Baricco, ovvero che "quel teatro alla fine [] sembra un unico, compatto, meravigliosamente coerente ecosistema che, senza alcun pudore, ripropone una logica che non esiste pi. E' come un parco naturale, come l'ultima tana di una razza estinta. [] La follia della Fenice - come tante altre, per carit - sembra stare l a ricordare che c' era anche un'altra possibilit, decaduta, ma un tempo reale. Sistemi che impiegano un'enormit di energia e tempo per produrre risultati sorprendentemente piccoli. Anni per fare una ringhiera. Sistemi che fanno acqua da tutte le parti, che perdono energia per strada, e che arrivano al momento buono completamente scarichi. Follie, secondo la nostra logica attuale. Ma se ci pensi: erano sistemi che sprigionavano il Senso ai lati e non all'arrivo. Se ricostruisci la storia della ringhiera capisci che la ringhiera davvero poco, ma il mondo che per strada si prodotto dal gesto che la faceva, immenso."
Chiariamo subito, lungi da me, e anche da Baricco credo, ogni proposito apologetico per un sistema produttivo morto e sepolto. Ripeto: il fatto capire come si possa scegliere oggi di riproporre una logica che non esiste pi. E scusate se non mi accontento di risposte decisamente banali come: "puro feticismo", "speculazioni pseudo-holliwoodiane", "complotto passatista" portato avanti da "partiti politici, ambientalisti para-statali, nonch da sfiatati esponenti del pi variopinto associazionismo, da soprintendenti-prefetti, da sindaci-architetti, assessori-urbanisti, ingegneri-capo e loro annessi e connessi"! Son risposte buone per il chiacchiericcio da salotto, roba buona per la polemica fine a se stessa.
Scrive Irma Cipriani: "La storia della Fenice non una storia unica, questo vero, ma giustifica il fatto di riportarla alla luce com'era e dov'era? La storia di certo non ci insegna ad ingannare i posteri con le copie, n con l'attaccarsi alla capacit di saper vedere le cose da pi punti di vista insabbiando la verit! Qui il saper vedere e leggere la storia come tanti punti di vista e tanti accadimenti diversi non centra nulla. La storia della Fenice quella che tutti conosciamo e non si pu cambiare. Se lei si vuole schierare dalla parte degli imbroglioni che pensano di consegnare alla stori
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22/12/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a Pierluigi Di Baccio
Caro Di Baccio è legittimo che lei voglia rivoltare l’architettura, l’estetica, la filosofia, la storia, la società, ma, mi chiedo:
- cosa c’entra la “pluralizzazioni dei modelli culturali” con la Fenice?
- cosa c’entra “l’atomizzazione del panorama sociale” con la Fenice?
- cosa c’entra “la palingenesi della storia” con la Fenice?
In breve, se non le interessa l’argomento perchè continua smenarcela con i massimi sistemi che noi non saremmo in grado di capire?
In tutto quel polpettone che ci ha servito è riuscito anche ad avventurarsi in una maldestra difesa del restauro filologico che “non deve essere considerato moralmente inferiore”. Sorvolo sul madornale svarione del restauro filologico attribuito alla Fenice (che è invece l’opposto: una ricostruzione pseudo-stilistica), ma è quel “moralmente” che va venire i brividi sulla schiena. Di Baccio che fa usa le tavole della legge di Mosè nel giudicare i restauri?
Temo che abbia ragione la Cipriano, lei ha le idee alquanto confuse, nulla di male quindi che cerchi di chiarirsele intervenendo nel dibattito. Ma intervenga per chiarirsele non per dare lezioni a chi rifiuta di farsi aggrovigliare nelle sue piroette socio-filosofiche. Per il resto può parlare di quello che vuole. Vuol dare lezioni di evasione onirica? Vuole ridiscutere i sistemi filosofici? Vuole illustrarci il prossimo Festival di Sanremo? Libero di farlo. Ma non prenda a pretesto gli articoli di AntiThesi per esibirsi nel suo pasticciato avanguardismo retrogrado.
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560
di irma Cipriano
del 22/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Risposta a Pierluigi di Baccio.
Molto probabilmente si spiegato male. Nel senso che nell'articolo di risposta a me e Mariopaolo Fadda lei si contraddice pi volte. Lei dice di non essersi "assolutamente espresso sul merito della questione" ( ovvero il restauro della Fenice ) poich non era quello il suo scopo. " il mio scopo era quello di mettere in evidenza l'inadeguatezza dell'argomento principe usato da Fadda... " Mi scusi, ma come pu scindere le due cose? Lei fa una riflessione sulla visione della storia ma non vuole entrare nel merito di quella della Fenice? Allora perch commenta un articolo dove il punto focale e tutti i ragionamenti vertono su una cosa che a lei non riguarda? Non mi metto a parlare di un concetto ( giusto o sbagliato che sia ) se poi non voglio che si colleghi a quello principe. Senn equivale a voler parlare di salami quando altri stanno discutendo di calcio.. La visione della storia e la vicenda della Fenice sono inscindibili. Se lei non voleva parlare della Fenice non capisco dove voglia arrivare. La sua affermazione un non senso.
Non credo comunque, come dice lei, di essere masochista. E' masochismo pensare che la Fenice sia un falso storico? Ho gi spiegato cosa io intendo per falso storico sia a lei che a Pacciani. Allora o non ha finito di leggere il mio commento oppure non ha capito e dovrebbe rileggerlo.
Poi perch quella di ricostruire il teatro com'era e dov'era avrebbe tutta l'aria di essere una soluzione di puro buon senso? Come mai si rivela una follia in cantiere? Perch ci si mette un'infinit di tempo a rifare una ringhiera?? Io non credo che il tempo impiegato per fare una cosa sia indice di follia. Se ci metto 10 anni per fare un capolavoro sono un'idiota? Vedere nella Fenice una follia, perch ci si messo molto a fare determinate cose, e non vederla nell'aver creato un rewind del crollo ( ovvero analizzando la teoria e l'idea di base di tutto un processo ) come dire che il fascismo stato un'errore perch si facevano troppe parate di propaganda!!
" A questo punto ci che riesce a interessarmi non solo se sia giusto o meno, ma perch ci possa essere giusto o meno " Mi sembrava di averlo gi detto perch pu essere giusto o no. Lei non ha portato che teorie non fondate nel suo articolo- commento a Fadda.
" Il fatto capire come si possa scegliere oggi di riproporre una logica che non c' pi " Ma almeno un p di coerenza!! Prima non ha detto tutto il contrario? Ma poi, se si vuole rifare la Fenice esattamente come era come pensa di rifare pezzi che erano di fattura e di stile settecentesco?? Con il laser e la criptonite?? Se si deve rifare com'era prima ovvio che si usino le tecniche vecchie di trecento anni.
Anche la logica del rifare tutto com'era degna dell'ottocento e noi siamo nel duemila.
Tra laltro nel suo articolo afferma che non c' niente di male nel rifare Mies tale e quale!! Alla faccia della logica che non c' pi e che non il caso di riproporre! Siamo nel pieno della concezione ottocentesca di restauro, qui!! Ma quando si decide?Lei dice di non essersi schierato da nessuna parte. Ma come pu dirlo se per due pagine ha predicato il suo concetto di storia . Meno male che non si schierato senn ci trascinava in una pseudo-dotta discussione pure sterile ( perch si poggia sul vuoto del non voler arrivare a conclusioni e allo schierarsi come dice lei ) per almeno dieci volte tanto!
Tra l'altro lei non ha davvero letto bene il mio commento, perch io non ho detto che qui il concetto di storia non c'entra, anzi. Ho detto tutto il contrario. Quello che ho scritto che " la storia non ci insegna certo ad ingannare i posteri con le copie, n con l'attaccarsi alla capacit di saper vedere le cose da pi punti di vista insabbiando la verit " Forse ho cos tanto rispetto per la storia che non sopporto gli inganni e le mistificazioni spacciate per storicismo di quinta mano. Non p dirmi che ho lasciato da parte questo BASILARE concetto ( la storia e le sue verit ) perch sapebbe proprio in mala fede. Poi la verit sta davanti a chiunque sappia leggere. Lei scrive : " Se fino a cento anni fa non scandalizzava nessuno l'ipotesi di radere al suolo il centro antico(...) di una grande citt come Firenze per farlo risorgere a vita nuova, oggi nessuno oserebbe solo proporlo.. un motivo ci sar, no?" Ma santocielo, di Baccio proprio quello che accaduto e quello che vuole lei!! Lei ha detto che : "se la Galleria d'arte moderna di Berlino di Mies o la filarmonica di Shauron andassero distrutte io non saprebbe dire altro che ricostruiamole com'erano e dov'erano, perch abbiamo i progetti originali e i valori d'arti che tali edifici trasmettono." !!!! Lo dice lei dieci righe pi avanti! Lei aleggia in uno stato confusionario impressionante perch in una pagina afferma prima una cosa per poi smentirsi poco pi avanti!! Lei ha o no un suo pensiero coerente? in due suoi commenti che ho letto non sono ri
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557
di Vilma torselli
del 21/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
"A parlare di restauro, dei suoi effetti visivi nonch dei risultati eclatanti che ne suggellano le singole operazioni, sono veramente in molti fra gli addetti ai lavori e non, e la sensazione che se ne trae quella di unattivit destinata a superare le pi ottimistiche previsioni e aspettative culturali, producendosi in una vera e propria restituzione degli antichi valori messi a repentaglio dal tempo e dagli uomini. E alquanto difficile trovare, almeno da noi, testimonianze di un atteggiamento meno disponibile verso quellottimismo diffuso che ormai caratterizza le iniziative e le affermazioni dei responsabili del restauro, e che influenza a tal punto lopinione pubblica da farle credere che restaurare unopera significhi non tanto conservarla il pi possibile ma farne rivivere i fasti di una volta, come se la ruota del tempo potesse girare a ritroso ed il passato mostrarsi interamente nella sua verit incontrovertibile ("Filosofia dell'arte e problemi di restauro: il caso di Cesare Brandi", di Cesare Chirici ).
Il risultato di tanto facile ottimismo sotto gli occhi di tutti, credo che non ci sia architetto che non condivida lo sdegno di Mariopaolo Fadda per un'operazione a ritroso che non riesce, e forse non si pone neanche nella posizione di tentarlo, a restituire un'opera architettonica del passato in termini di leggibilit alla portata della moderna percezione, un'operazione che, per usare ancora parole di Cesare Chirici, "non d luogo a transiti di senso" e ignora " il passaggio da un passato sospeso e virtuale a un presente che rimette in circolo e revivifica una referenza indeterminata".
L'acriticit delle scelte, l'assenza di una cernita selettiva di ci che va scartato da ci che va tramandato, la mancanza, in definitiva, di una critica che impedisca un rispecchiamento passivo del passato hanno prodotto, com'era inevitabile, una pedissequa ricostruzione storiografica che, condividendo le parole di Fadda, si pu brutalmente definire una plateale falsificazione.
Il concetto di restauro conservativo , pare il caso di dirlo, come l'araba fenice, esiste, almeno nella teoria, ma inafferrabile ed ambiguo come pochi.
Mi pare che il problema, sulle pagine di Antithesi, sia gi stato pi volte affrontato, mi riferisco, per esempio, a Sandro Lazier quando scrive: "[...] Conservare le cose sempre stato un grande problema per lumanit, dal cibo alle case, dai ricordi alla storia, gli egizi conservavano persino i morti. Ma se voglio conservare la frutta devo mutarla in marmellata e, allora, loggetto della conservazione non pi lingrediente ma il ricavato (Ci si preoccupa di conservare la marmellata, non la frutta). Perci ci si illude di rifare marmellate nel modo dellantica tradizione, ma si scorda che i frutti sono sempre nuovi.", (Tradizione e identit, Antithesi, 2002).
Un pittore liberty, Gaetano Previati, affermava che, lasciando ad un quadro il tempo di invecchiare, si sarebbe finito per avere un altro quadro, magari migliore dell'originale, sicuramente assai diverso: le opere, come gli uomini, invecchiano e mutano inderogabilmente, nel nome dell' irreversibilit dei processi vitali che rendono la vita unica ed irripetibile.
Il concetto di restauro, poi, ha in s un inalienabile carattere di provvisoriet che fa s che non esista un restauro "definitivo", perch al suo compimento ha inizio una nuova, inevitabile mutazione che vanifica ulteriormente ogni pretesa di riportare tutto a "com'era prima".
E' certo che restauri come quello perpetrato ai danni della Fenice andrebbero proibiti.
Per legge.
Il ministro Urbani potrebbe cominciare a pensarci.
Ma se vogliamo fare della critica costruttiva, allora bisognerebbe anche dire quale potrebbe essere l'alternativa, bisognerebbe individuare il discrimine tra una massiccia ristrutturazione ed un restauro vero e proprio, bisognerebbe stabilire quando una struttura possa essere efficacemente curata e quando debba invece essere sottoposta ad una dignitosa eutanasia. Sarebbe proficuo e civile che ora il dibattito si aprisse a queste problematiche, magari proprio sulle pagine di Antithesi, non fosse altro che per fornire utili suggerimenti al ministro Urbani
Per l'Europa ed in particolare per l'Italia, credo che Fadda lo sappia bene, esiste un problema del restauro che in America non si pone, l l'amore dellantico e il rispetto del passato hanno radici corte, pi facile estirparle e ripiantare nuovi germogli, non pu attecchire la sudditanza psicologica a vecchie norme e vecchi schemi, esiste una libert di idee che da noi sconosciuta. Non a caso, in America che il surrealismo europeo ha superato le sue nevrosi ed ha parlato il dirompente linguaggio liberatorio dell'espressionismo astratto.
Personalmente non credo
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556
di Irma Cipriano
del 20/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
A proposito del commento di di Baccio.
Il libro "la societ trasparente" di Giovanni Vattimo per sua sfortuna l'ho letto anche io e le conclusioni che egli ne ricava sono, a mio avviso, sbagliate e assolutamente fuorvianti rispetto a quelllo che Vattimo ci dice. In questo libro una delle linee conduttrici del discorso sono i mass media che caratterizzano la nostra era post moderna. Si, siamo post moderni perch con l'entrata prepotente nella nostra vita dei mass midia si fatto s che questa sia una societ, al contario di quello che si pu pensare, meno trasparente di prima, poich l'accumolo di informazione non ci d una realt pi complessa ma ci fa perdere in una serie di realt diverse molto spesso trattate in maniera banale. Questa soprattutto la linea di pensiero di Vattimo. Se lei non si fosse fermato a leggere la prima pagina... Siamo per anche post moderni perch ci siamo resi conto che l'ideale di moderno inteso come dal quattrocento in poi ci stava stretta. La storia non pu essere pi la storia dei potenti cos come del solo genio creatore. La storia anche dei popoli e delle mille sfaccettature dell'arte."... Non c' una storia unica, ci sono immagini del passato proposte da punti di vista diversi, ed illusorio pensare che ci sia un punto di vista supremo, comprensivo, capace di unificare tutti gli altri.."
Cosa centra questo con la Fenice??? La storia della Fenice non una storia unica, questo vero, ma giustifica il fatto di riportarla alla luce com'era e dov'era? La storia di certo non ci insegna ad ingannare i posteri con le copie, n con l'attaccarsi alla capacit di saper vedere le cose da pi punti di vista insabbiando la verit! Qui il saper vedere e leggere la storia come tanti punti di vista e tanti accadimenti diversi non centra nulla. La storia della Fenice quella che tutti conosciamo e non si pu cambiare. Se lei si vuole schierare dalla parte degli imbroglioni che pensano di consegnare alla storia un falso come se niente fosse accaduto si accomodi pure. Ma non scomodi Vattimo, per carit!!
Ritornando alla modernit, noi usiamo il termine moderno cos come lo usava la scolastica nel XIII secolo per indicare una nuova logica terministica (via moderna) rispetto a quella aristotelica (via antiqua ): usiamo quindi moderno (dal latino modo "adesso" ) nel senso di attuale, del nostro tempo.
Poi c' il modo manualistico di usare il termine moderno: scoperta dell'America in storia e la rivoluzione scientifica del Seicento in filosofia per terminare con la rivoluzione francese in storia e con Kant in filosofia. Tutto ci che viene dopo contemporaneo.
La terza via quella che preferisco usare io. Il moderno un modo di essere. Che non solo legato al progresso come lei vuole farci credere.
Il moderno saper leggere le cose nelle sue diverse verit senza per farsi abbagliare dall'errore di considerare le cose come immutevoli (come vuole chi ha rivoluto la fenice COM'ERA E DOV'ERA ) o rileggibili come tutto e il contrario di tutto. Certe cose non si possono cancellare o scavalcare. I fatti sono immutabili. Le opinioni cambiano. Ma le verit STORICHE, che le piaccia o no, non si possono falsificare. E non mi porti Vattimo come esempio, perch egli di certo non ama i falsi. Perch quando si parla di falso storico, se non lo avesse capito, si indica la menzogna tramandata nei secoli e fatta bere per vera anche ai contemporanei. Tutte cose che evidentemente piacciono a lei, ma non a Vattimo.
La Verit storica che qui esiste che il teatro non c' pi. Rifarlo identico (a che cosa poi? Alle mille realt che esso conteneva? impossibile, e questa il vostro errore pi grande!! ) vanifica il tutto nelle sue molteplici diversit che esso rappresentava.
Che non esiste una verit assoluta lo sanno (o almeno dovrebbero saperlo) tutte le persone dotate di un minimo di cervello. Non ci spacci la ricostruzione ex novo della fenice o di qualsiasi altro monumento completamente perduto come un inno alle molteplici verit e all'apertura mentale. Perch la carognata intellettuale pi grossa che si possa fare.
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555
di Pierluigi di Baccio
del 19/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Ladagio nostalgico:Comera, dovera la negazione del principio stesso del restauro, unoffesa alla storia e un oltraggio allEstetica, ponendo il tempo reversibile, e riproducibile lopera darte a volont. (Brandi)
Credo che il nocciolo della questone stia proprio nel concetto di tempo che decidiamo di assumere, e non sembri ci strano perch nella nostra condizione attuale si tratta di una cosa tutt'altro che scontata.
Se vero, come affermava Vattimo nel suo "La societ trasparente", che "la modernit l'epoca in cui diventa un valore determinante il fatto di essere moderno [...], (in cui) un'offesa dire a uno che reazionario, cio attaccato ai valori del passato, alla tradizione, a forme di pensiero superate", ci si porta dietro la considerazione dell'artista come genio creatore, il culto per il nuovo come progresso, in una prospettiva generale che considera la storia umana come un progressivo processo di emancipazione, come la realizzazione sempre pi perfetta dell'uomo ideale. "Se la storia ha questo senso progressivo, evidente che avr pi valore ci che pi avanzato sulla via della conclusione, ci che pi vicino al termine del processo". I problemi teorici posti da una siffatta concezione del moderno (dal Quattrocento ad oggi, attraverso l'Illuminismo) riguardano il portato sul modello di storia: condizione necessaria affinch esista il progresso che la Storia abbia un corso unitario e univocamente definito, con un centro attorno a cui si raccolgono e ordinano gli eventi (l'Occidente).
Ebbene la modernit cos concepita, la storia cos concepita, come una linea unica coerentemente impegnata al superamento di se stessa, nel suo afflato finalistivo, morta. Se vero, come vero, che a partire dagli anni '60-'70 ci consideriamo facenti parti di una societ post- (post-moderna, post-industriale, post-qualcosa) proprio perch l'apertura degli orizzonti avvenuta con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa ha messo a nudo la presenza sul pianeta di altri centri, altri punti di osservazione diversi dall'Occidente di stampo europeo. L'ideale di una storia unitaria, centralizzata, divenuto di fatto impraticabile, si svelato intrinsecamente violento in quanto pretendeva di scrivere una volta per tutte l'essenza veritiera dell'uomo, pensando illusoriamente che ci sia un punto di vista supremo, comprensivo, capace di unificare tutti gli altri.
Il passaggio alla post-modernit nasce dalla scoperta dell'esistenza di altri universi culturali e determina all'interno dell'Occidente l'esplosione delle grandi costruzioni di pensiero, una pluralizzazione dei punti di vista che appare irresistibile e rifonda la storia come una molteplicit di immagini possibili del passato, ove impossibile una sintesi definitiva ma solo un arcimboldesco ritratto di dettagli. La perdit delle sicurezze, fino allora assicurate dalla forte unitariet del disegno storico generale, si recupera nell'approfondimento ora libero da preconcetti del dettaglio minuto in uno zoom esasperato sulle maglie della rete fino a mettere a nudo la trama delle fibre, l'evidenza rivoluzionaria del singolo elemento.
Riteniamo oggi di essere una societ pi consapevole di s, anche se molto pi debole: la destrutturazione implica l'irruzione del caos. Tuttavia possiamo decidere di leggere la complessit delle varie aggettivazioni che si affacciano sul palcoscenico della storia come una risorsa vivificante, in questo relativo "caos" che risiederebbero le nostre nuove speranze di emancipazione.
Ed proprio questo che decide di fare quel filone della cultura architettonica e artistica che sfocia nella decostruzione, portando alla ribalta il tema dell'evento e valorizzando il tema del provvisorio. Provvisorio che vuol dire negazione di valore al concetto di perenne e di eternit in architettura.
Ebbene, io credo fermamente che qui risieda il corto circuito che svela la debolezza della posizione polemista di MARIOPAOLO FADDA a riguardo del presunto falso storico della ricostruzione della Fenice.
L'uso del concetto di "falso storico" improprio e , direi, ingenuo non perch fuori moda ma perch indica un ambiguo e incongruo riferimento a una concezione del tempo e della storia (anche dell'architettura) nettamente in contrasto con la fede architettonica finora convintamente professata dallo stesso autore su questa webzine.
Se pu esistere un Falso significa di contro che esiste una Verit storica univocamente definita e riconoscibile; significa riproporre l'idea di una architettura che una volta che data, lo per sempre o non pi.
E invece, come ben sappiamo, fa parte dell'essenza della condizione post-moderna l'oscillazione, la pluralit e in definitiva l'erosione dello stesso principio di realt, quella erosione che sta alla base della ricerca architettonica contemporanea d'avanguardia. Non esiste, nella nostra condizione di esistenza tardo-moderna, una idea
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19/12/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a Pierluigi di Baccio
Anche qui la Cipriano mi precede alla grande. Aggiungo due o tre cosette.
Premetto che non ho capito bene le osservazioni di di Baccio. Le speculazioni filosofiche, i voli pindarici, le dilatazioni universalistiche, le risalite a monte e le discese a valle hanno il potere di mandarmi in corto circuito. un mio limite (e questo lo ha gi evidenziato Pacciani).
Provo comunque a semplificare, fino alla brutalit, ci che penso di aver capito:
1. La Casa del Fascio di Terragni data lesplosione delle grandi costruzioni del pensiero sarebbe nulla pi, nulla meno di una villa abusiva della Valle dei Templi.
2. La Piet Rondanini di Michelangelo in omaggio allerosione dello stesso principio di realt avrebbe lo stesso valore della statua equestre del Vittoriano.
3. Piazza del Campo a Siena per un approfondimento ora libero da preconcetti del dettaglio minuscolo, non reggerebbe al confronto con lo stadio San Paolo di Napoli.
Abolire con decreto filosofico certe categorie concettuali porta a queste ridicolaggini ed assurdit.
Non riesco neanche a capire dove sia la presunta novit di questo pensiero. Qualche decennio orsono Argan, e gli intellettuali marxisti in genere, sostenevano che la stabilit del concetto si Storia (con la S maiuscola) presupponeva che tutto significa, tutto artistico e quindi tutto doveva essere conservato. Il pianeta terra trasformato in unimmenso deposito o immondezzaio, che dir si voglia. Senza diistinzioni di sorta tra i sacchi di Burri e le buste del supermercato, tra la Divina Commedia e le riviste pornografiche, tra SantIvo alla Sapienza e Via della Conciliazione. Stiamo ancora pagando le conseguenza di quellaberrante speculazione filosofica.
...la presenza sul pianeta di altri centri, altri punti di osservazione diversi dall'Occidente di stampo europeo. Cosa diavolo centri questo con la Fenice difficile da capire.
Stiamo parlando tra europei, anzi tra italiani, di Venezia non capisco perch dovrei farmi fare gli occhi a mandorla e leggere la nuova Fenice alla giapponese. Se stessimo parlando dei templi di ISE non mi azzarderei mai a fare lo stesso discorso che ho fatto per la Fenice perch so benissimo che i giapponesi li ricostruiscono continuamente uguali nella forma ma diversi nella materia, perch essi privilegiano la perfezione e non la testimonianza storica. Ma qui siamo abbondantemente fuori tema.
Possono esplodere quanti pensieri possibile immaginare ma non ci sar mai nessuna speculazione filosofica che mi convincer che una bambola gonfiabile preferibile ad una donna autentica. Non sono al passo con il suo concetto di storia? Pazienza. Nessuno perfetto.
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554
di Irma Cipriano
del 19/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Ho appena finito di leggere il commento di Pacciani all'articolo di MarioPaolo Fadda sulla Fenice. E, sinceramente, mi pare che le sue obbiezioni facciano acqua da tutte le parti. Ma andiamo con ordine.
1. "Attaccarsi al concetto di falso storico debole". A parte l'errore di lessico, come si pu affermare che il concetto di falso storico non sia fondato, non sia un'obiezione plausibile? Cos', il falso storico non esiste?? E da quando? Il teatro la Fenice una copia, e come tale, se non fatta dalla stessa mano che ha creato l'originale, un FALSO.
Il teatro andato in fumo. Non esiste pi nulla di lui. Possibile che non siamo capaci di rielaborare il lutto?
2. "..Non pu esistere il falso storico in questa ricostruzione perch non c' un vero storico essendo un edificio in continua e lenta mutazione nel corso dei secoli e degli incendi;" . Ma quale continua e lenta mutazione? Io non vedo nessuna mutazione nel rifare una cosa assolutamente identica a un'altra che non c' pi! Dove st la mutazione, il rinnovo? E' forse nuovo perch fatto con materiali nuovi rispetto a quelli andati distrutti ( nuovo tra l'altro reso finto vecchio per emulare l'oggetto passato )? Caro Pacciani, l'architettura non si f scimmiottando se stessa. Un'opera non diventa architettura ricalcandola da un'altra.
3." La Fenice di oggi non altro che un nuovo episodio, fatto bene o male che sia, di questo divenire che non si voluto interrompere. "
Secondo lei, Pacciani, fare una cosa bene o male lo stesso? Come si pu affermare che un nuovo episodio fatto bene o male? Quindi anche se fosse fatto con i piedi, per lei l'importante che sia stato rifatto ? Lei lo comprerebbe un libro di un autore straniero tradotto male? Certo! Per dare comunque una pacca metaforica sulla spalla del traduttore che ci ha messo del suo!!! Ma si scherza??
Il divenire ,poi, si interrotto da solo, andandosene in cenere e fumo. Neanche la piet di una morte dignitosa gli abbiamo dato.
4. " Capisco che accettare che un edificio possa divenire nel tempo e con le generazioni come accaduto per tutta storia dell'architettura un paradosso per lei e rispetto alla modernit che intende l'architettura come episodio immutabile e uguale ad un'identit unica ed immutabile del momento dell'atto creativo, ma deve sforzarsi a capire questa amara realt. " Anche qui sorvoliamo sul periodo francamente contorto linquisticamente parlando.. Quando mai Fadda per quel poco che conosco ,tramite antithesi, del suo pensiero ha mai fatto intendere che la sua idea di modernit un qualcosa di statico, sterile, non passibile di cambiamento? Se cos fosse vorrebbe che tutti gli edifici antichi crollino su se stessi o vengano abbandonati al loro destino senza poterci mai mettere le mani. Non mi pare proprio che Fadda la pensi cos. Si legga LEI gli articoli che ha scritto ( " No al catechismo conservatore " e la lettera aperta a monsignor Sgarbi ) con mente elastica, occhi aperti e, aggiungo io, senza pregiudizi. Tra l'altro vi sono suoi commenti su entrambi gli articoli. Ha commentato senza leggerli?
5. " Le case col tempo cambiano, si deteriorano, si adattano alle nuove necessit di chi le abita, alle trovate tecnologiche, sia alle manutenzioni fai da te, che ai restauri filologici che inevitabilmente alterano lo stato materiale degli edifici e quando si progetta bisognerebbe pensare che inevitabilmente queste cose accadranno. "
Le manutenzioni fai da te??
Io domani vado a Milano, in centro, e il primo palazzo dell'ottocento che trovo e che mi sembra abbia bisogno di un p di manutenzione lo sistemo qua e l! Ma si rende conto di quello che scrive? Cosa direbbero i suoi illustri amici della Soprintendenza? Almeno una volta forse sarei daccordo con loro pensando che lei si ammattito.
6. " Se si riflette con obiettivit pi che un'identit materiale (che lasciamo ai feticisti), quella che conta l'identit dell'abitare nel suo complesso "
Qui tocchiamo la punta massima del bue che d del cornuto all'asino.
Feticista sar lei e tutti quelli che come lei vogliono avere ancora la fenice cos com'era nonostante l'incendio. Questo feticismo! E' questa assurda volont di voler riesumare i cadaveri!!
7. " Solo pochissima architettura moderna riuscita ad entrare nel divenire della cultura materiale delle persone; "
Allora l'avanguardia artistica da buttare perch la stragrande maggioranza delle persone non la apprezza. Cos come la grande poesia, le opere teatrali e musicali pi alte. Che ce ne facciamo di tutta questa roba se la casalinga di Voghera non riesce ad apprezzarla?
Se lei non capisce la grandezza della Modernit ( che sia architettonica, musicale , linguistica e via discorrendo ) forse non ha inteso cos' essere architetti. " La modernit trasformare la crisi in valore. " ( B. Zevi ) . Se lo ricordi. Io sono solo una studentessa ma credo che lei si sia dimenticato mol
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553
di Andrea pacciani
del 19/12/2003
relativo all'articolo
Un'americanata a Venezia
di
Mariopaolo Fadda
Attaccarsi al concetto di falso storico debole,
signor Fadda si informi, non dico di leggere con gli occhi aperti e mente elastica quanto ho scritto in passato sul tema in questo sito, si legga Paolo Marconi o di David Watkin, gli ultimi scritti di Settis (il direttore della Normale di Pisa non un saltinbanco) se Cervellati la irrita; si domandi perch Hans Kollhof paladino della modernit berlinese sta passando ad una pi mite architettura regionalista tedesca, se Lampugnani e i f.lli Krier li considera ciecamente nazisti.
Credo che qualche passo in avanti rispetto alle tesi di Zevi si sia fatto ne prenda atto; francamente mi sembrano le sue posizioni neo-storicistiche e conservatrici di una visione dell'architettura che ha prodotto pi danni che successi.
Se rilegge quello che lei stesso ha scritto si rende conto che quel teatro la splendida prova di come non pu esistere il falso storico in questa ricostruzione perch non c' un vero storico essendo un edificio in continua e lenta mutazione nel corso dei secoli e degli incendi; la Fenice di oggi non altro che un nuovo episodio, fatto bene o male che sia, di questo divenire che non si voluto interrompere.
Capisco che accettare che un edificio possa divenire nel tempo e con le generazioni come accaduto per tutta storia dell'architettura un paradosso per lei e rispetto alla modernit che intende l'architettura come episodio immutabile e uguale ad un'identit unica ed immutabile del momento dell'atto creativo, ma deve sforzarsi a capire questa amara realt; esca di casa, si guardi intorno, le case col tempo cambiano, si deteriorano, si adattano alle nuove necessit di chi le abita, alle trovate tecnologiche, sia alle manutenzioni fai da te, che ai restauri filologici che inevitabilmente alterano lo stato materiale degli edifici e quando si progetta bisognerebbe pensare che inevitabilmente queste cose accadranno.
Se si riflette con obiettivit pi che un'identit materiale (che lasciamo ai feticisti), quella che conta l'identit dell'abitare nel suo complesso che riesce ad avere un edificio e solo questa la qualit dell'architettura che va demolita, restaurata o preservata.
Come ho gi detto la sconfitta di della villa di Mies sta nel fatto che la genialit spaziale, tecnologica e immateriale non servita a garantirne la vita abitativa a distanza di cos troppo poco tempo.
Questa la morte dell'architettura!
Solo pochissima architettura moderna riuscita ad entrare nel divenire della cultura materiale delle persone; questa una sconfitta penosa ma un dato di fatto; continuare su questa strada vuol dire relegare il nostro mestiere a scenografie, allestimenti, divagazioni virtuali, insomma roba di architetti solo per architetti.
Citando le norme deontologiche dell'ordine degli architetti si sostiene all' Art.3 "L'architetto esercita la professione in conformit alle leggi vigenti ed opera nel rispetto dell'interesse generale della societ che riconosce prevalente sia quelli del committente e personale". Spero che con l'abolizione dell'ordine non si sopprima questo principio per l'affermazione della qualit come frutto dell'autoreferenzialismo dell'architetto moderno.
Andrea Pacciani
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19/12/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a Andrea pacciani
Mi pare che la brillante Irma Cipriano abbia ampiamente risposto al mio posto. Anche se le consiglio di non farsi troppe illusioni: Pacciani sintonizzato con lottocento e non c verso di fargli capire che siamo nel XXI secolo.
Io aggiungerei che non capisco con chi ce labbia Pacciani. Con me o con gli autori del falso veneziano? Con me perch dico che si falsificato un edificio falso e il tessuto storico o con gli esperti veneziani che non sono stati capaci di rifare la Fenice comera? Infatti, dice Pacciani, che la Fenice era un edificio in continua e lenta mutazione e quindi non comera ma un nuovo episodio. Uno fa una cosa con un principio, arriva lesegeta e la giustifica con unaltro opposto principio. Certo che la chiarezza metodologica e la saldezza di principi non mi pare siano il loro forte.
Quanto allobiettivit in campo artistico mi pare roba che neanche il mitico Zhadanov si sognava di sostenere.
Larchitettura morta? Questo uno scoop! E di che sarebbe morta? Nientepocodimenoche di scenografia, allestimenti, divagazioni virtuali. Diamine! devessere stato un complotto di Spielberg, Daniel Libeskind e Greg Lynn. Li vogliamo tutti in galera!
La prego Pacciani ci faccia avere luogo, data e ora del funerale perch gli amici di AntiThesi vorranno rendere omaggio alla cara estinta. Aspetto conferma, ch troppe volte, larchitettura, data per morta, non si poi presentata ai funerali e noi l in smoking e papillon ad attendere, come fessi.
Nel leggere banalit (le case col tempo cambiano, si deteriorano, si adattano alle nuove necessit di chi le abita) e luoghi comuni (modernit che intende l'architettura come episodio immutabile e uguale ad un'identit unica ed immutabile del momento dell'atto creativo) viene spontaneo chiedersi. Ma dove ha studiato architettura il buon Pacciani? Alla Montessori? O a un corso delle 150 ore?
Paolo Marconi stato mio professore, di storia dellarchitettura, non di restauro per il quale ho avuto ben altri professori: De Angelis dOssat, Miarelli, Carbonara, Minissi, Bonelli, Zander. E scusi se poco.
Ma Pacciani almeno a Natale smetta quella sua aria truce, negativa, disfattista, sia un p pi ottimista e positivo. Se non larchitettura, almeno la vita, le sorrider.
Buone Feste
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550
di Paolo Marzano
del 15/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Da Isabel Archer e da Gianluigi d'Angelo giunge la notizia che riguarda il caso della Farnsworth House, molto bene. Come dai commenti che ho distribuito per la rete e che molti siti di architettura 'sensibili' hanno percepito, ho cercato di stimolare una discussione che spero abbia toccato la comunit virtuale (architettonica), non perch io abbia previsto esattamente la conclusione, praticamente sostenevo il possibile interesse pubblico e soprattutto didattico che poteva assumere la destinazione d'uso della casa in questione, ma perch ha prevalso l'unica soluzione possibile (per l'interesse dell'architettura, chiaro!), 'filantropicamente' come dicevo nel primo commento, David Bahlman, presidente del LPCI e Richard Moe, presidente del National Trust si sono attivati nella maniera pi opportuna. In primavera ci ritroveremo magari a visitarla per osservare le trasformazioni che hanno permesso di creare un luogo 'mitico'.
Come al solito per una serie di coincidenze strane:[] ma al destino non mai mancato il senso dellironia citazione calzante del futuristico Virgilio (Morfeus) dal film Matrix, quando evidenzia al novello Dante (Neo) le meraviglie nascoste nell'illusoria 'apparente' realt, mentre si avvicendava questa discussione sulle maggiori riviste d'architettura on-line contemporaneamente a Firenze una mostra sul maestro dava l'idea di questi oggetti. E' evidente anche grazie a questa mostra, una cultura dei materiali del maestro, che fanno leggere pi facilmente 'lo spazio'. Osservando attentamente s'intuisce come, nelle loro direttrici segniche, questi oggetti, rinnovano la sapiente iniquivocabile forza direzionale, nervi tesi come fughe sollecitate che confluiscono in profili unici, quasi dei gesti grafici interpretanti le possibilit del 'materiale' costitutivo. E' il frutto della tecnologia unita alla cretivit sempre attiva verso nuovi e diversi modi d'espressione; questo io chiamo modernit e questi oggetti presenti ora a Firenze e nella Farnsworth House, lo testimoniano.
Appare chiaro che sono queste linee progettuali, questi riflessi ricercati, questi esili profili, questi vuoti formali studiati e attivati da una colta sperimentazione, che possono determinare ambiti 'variabili', capaci di generare luoghi altamente significanti come la Farnsworth House. Tra le foglie degli alberi, dalle tante foto delle tante immagini che sono andate in rete ricercate dalla comunit, in questo periodo, rimane attivamente realizzata (e a quanto pare rimmarr per lungo tempo) 'la casa' di Mies nel suo breve intorno dai primi gradini, alla piastra-pavimento ancora pi leggero e fluttuante tra le piante e sollevato rispetto al terreno, carica di stimoli dai quali, credetemi, si possono iniziare discorsi architettonici importanti e soprattutto diversi.
Ci che mi sembrato interessante che la comunit virtuale della rete abbia 'reagito' intellettualmente, nessuna voce dalle 'cattedre', ma il gioco perverso della storia architettonica, generata sempre l dove si sperimenta e non se ne parla! Comunque ci siamo, grazie ai sostenitori attivi e sensibilmente pronti ad indagare per apportare in rete quella qualit comunicativa che altri media inesorabilmente stanno facendo tramontare.
Paolo Marzano
Tutti i commenti di Paolo Marzano
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552
di Francesco Pietrella
del 15/12/2003
relativo all'articolo
No al catechismo conservatore
di
Mariopaolo Fadda
Rapaci dorati.
Alessandro Baricco ha ragione.
Da scrittore ci da' l'esatta visione del punto di crisi del tema del restauro, e nonostante la tristezza rapace mi ha fatto molto ridere. Sono sempre gli estranei a questo e a quello che ci danno una luce di verita' sulle cose che si fanno. Io domando:
dov'era, com'era
ma com'era quando era?
e sopratutto ...era com' era?
e' questo il problema...
esigenza di un segno architettonico che riscatti e dia nuova esistenza identificata ad un opera andata completamente distrutta e non dimenticarlo.
Tutti i commenti di Francesco Pietrella
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551
di andrea pacciani
del 15/12/2003
relativo all'articolo
No al catechismo conservatore
di
Mariopaolo Fadda
"Quel che penso che l'unico valore che avevano quegli uccelli e quelle ringhiere, prima di bruciare, era di essere l da un sacco di tempo. Ci per cui erano preziosi erano i passi che li avevano sfiorati, le mani che vi si erano appoggiate, i suoni che ci erano scivolati sopra. Gli sguardi che non li avevano visti: perch in loro era impresso un mondo che non esiste pi. Il loro valore era essere muti traghettatori tra noi e tutto quel passato, quel nostro passato".
E' bello sapere che quei nuovi uccelli rimarranno l per un altro sacco di tempo, riappropriandosi con certezza dello stesso valore di quelli che di incendio in incendio li hanno preceduti; che ci saranno altri passi che li sfioreranno, mani che vi si appoggeranno, suoni che ci scivolrenanno, sguardi che non li vedranno, perch come in quelli bruciati anche in questi nuovi impresso un mondo che non c' pi, ma di cui non c' motivo di eliminarne le testimonianze se ancora oggi le apprezziamo. Il loro valore continuer ad essere quello di muti traghettatori tra noi e tutto quel passato, come il loro campanile di S. Marco, l'edificio di epoca moderna pi visitato in Italia, forse del mondo.
Ripeto il mio augurio alla Disney Hall che tra qualche secolo possa diventare un luogo che per i passi che li avr sfiorati, le mani che vi si saranno appoggiate, i suoni che ci saranno scivolati gli sguardi che non l'avranno vista, conquisti il valore di essere muta traghettatrice tra i posteri e la nostra generazione ed alla prima incrinatura delle lastre di titanio si scelga il dov'era e com'era.
Andrea Pacciani
P.S. la villa di Mies stata salvata o morta ora definitivamente? Fino ad ora stata la casa di abitazione di qualcuno, ha svolto la sua funzione per la quale era stata concepita ed triste che nessun magnate sia stato in grado di far fronte al valore testimoniale-storico-architettonico per abitarla ancora.
Cessata questa funzione, ora si imbalsama lo spazio architettonico, museificandolo come si fa per l'architettura del passato non pi utilizzabile; forse la sconfitta peggiore per il maestro che credeva in buona fede di aver costruito una casa con un valore abitativo che rimanesse attuale nel tempo forse pi a lungo e forse che potesse cambiare il modo di vivere della gente; e pensare che dall'altra parte del mondo ci sono dei testardoni che si sono incaponiti per perpetuare la vita di un teatro con i falchi dorati perch si crede possa ancora funzionare......
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545
di Isabel Archer
del 13/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Landmark Mies House Goes to Preservationists
By CAROL VOGEL
Published: December 13, 2003
"In just seven minutes of intense telephone bidding, preservationists won the battle yesterday for Ludwig Mies van der Rohe's legendary Farnsworth House, paying $7.5 million at a Sotheby's auction in New York. They competed against only one other telephone bidder, who was not identified.
The National Trust, which will operate the house along with the Landmarks Preservation Council of Illinois, plan to open it to the public as a museum sometime this spring. (...)"
www.nytimes.com/2003/...
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544
di Domenico Cogliandro
del 13/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Vorrei precisare il mio commento 541. Questo non sar dunque un commento 544 (o 545, o via dicendo) ma una correzione che mi stata indicata da Beniamino Rocca. Due righe sul socialismo progressista di Porta Garibaldi. Ho sempre creduto che il sign. Li Calzi fosse un iscritto al PSI di Craxi, o almeno la mia memoria aveva conservato male un ricordo delle cose accadute, o forse, ed la cosa pi probabile, il tempo ha reso minestrone tutto quello che a suo tempo aveva un certo odore e un certo sapore. Beniamino mi dice che Li Calzi era un iscritto al picc. Conosco Beniamino e gli credo. Gaber scrisse un testo bellissimo in un momento difficile per l'Italia, che gli fu subito censurato e ritirato dal mercato: ancora oggi "Io se fossi Dio" un disco introvabile. Aveva teorizzato il minestrone di cui ho detto, ma prima di tutti e nel momento in cui c'era chi voleva fare il distinguo: le pagine sui giornalisti e sui comunisti valgono (per fortuna e purtroppo) ancora oggi. Devo dunque precisare che quell'oggetto, di Li Calzi, un oggetto terribile (nonostante ci sbeffeggi da lontano e non "invecchi" col tempo) e in quel caso il progetto non ha niente a che vedere con le strategie legate alla sua realizzazione. E' il progetto di un postmodern da ingoiare pi che da bere, con buona pace di chi ha investito dei soldi per vederlo realizzare.
Tutti i commenti di Domenico Cogliandro
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548
di Gianluigi d'Angelo
del 13/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Vittoria! La Farnsworth di Mies salva. Scampato il pericolo di essere venduto, l''edificio rischiava di essere spostato e alterato nella costruzione. Per impedirlo la National Trust for Historic Preservation (NHTP) e la Landmarks Preservation Council of Illinois (LPCI) si sono aggiudicate all'asta ieri 12 dicembre l'edificio di Mies van der Rohela alla cifra di 6.7 milioni di dollari (7.5 milioni comprese le tasse) grazie a tutti quelli che hanno contribuito con il loro supporto e hanno permesso di recuperare i soldi per comprarla. Una campagna riuscita che preserver la conservazione nel relativo luogo originale ed permetter l'accesso pubblico ad una delle case pi significative costruite negli Stati Uniti nel ventesimo secolo e solo uno dei tre edifici residenziali negli Stati Uniti di Mies van der Rohe.
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546
di Pierluigi Di Baccio
del 13/12/2003
relativo all'articolo
No al catechismo conservatore
di
Mariopaolo Fadda
Questo in realt non un commento all'articolo di Mariopaolo Fadda, anche se di spunti di riflessione e critica nell'articolo ve ne sarebbero eccome... Molto pi modestamente, in occasione della prossima riapertura al pubblico del Teatro la Fenice a Venezia, ritenevo utile ed interessante proporre qui un articolo apparso sul sito on line de La Repubblica a firma di Alessandro Baricco, per tutti coloro che se lo fossero persi. Credo che il caso della Fenice potrebbe fungere assai bene da pretesto per una discussione approfondita e stimolante su ci che significa per noi tradizione e avanguardia, conservazione e innovazione oggi in architettura e non solo.
La Fenice che risorge copiando se stessa
di ALESSANDRO BARICCO
AVREI da raccontare una follia. Non che ne manchino, di follie, di questi tempi. Ma questa ha una sua eleganza impareggiabile e inoltre sembra pi istruttiva di altre. Se il mondo ammattisce, che almeno lo faccia con charme e in modo utile. Dunque. Com' noto, il 29 gennaio del 1996 il teatro La Fenice, a Venezia, se ne spar ingoiato da un incendio colossale.
Fu un brutto colpo. Per chi ama l'Opera quella era una delle quattro, cinque sale pi importanti del pianeta. E se ne era bruciata via come un cerino. Adesso sappiamo che fu un incendio doloso. La ditta di elettricisti che stava lavorando al nuovo sistema antincendio (pensa te) provoc l'incidente perch non era in grado di finire il lavoro entro una certa data e quello era un modo di rinviare la faccenda senza pagare una penale che li avrebbe rovinati. Va detto che probabilmente si immaginavano qualcosa di pi piccolo, un incendietto circoscritto, una fiammatina. Gli and male. Nessuno riusc a fermarlo, e il teatro se ne and in fumo, letteralmente. A Venezia reagirono con compostezza.
"Dov' era, com' era", decretarono, dando per scontato che dal giorno dopo si sarebbero messi l a ricostruire. "Dov' era, com' era" era uno slogan inventato anni prima in una circostanza analoga: nel 1902 era collassato il campanile di San Marco (senza l'aiuto di elettricisti, aveva fatto tutto da s: non ne poteva pi) e si era aperto un dibattito su che fare.
Risultato: ricostruirlo identico a prima e nello stesso posto. In quel caso, come d' altronde anche in quello della Fenice, la cosa sapeva di buon senso, e di veneto pragmatismo. Magari per un attimo ti puoi sognare di chiamare un architetto giapponese e farti costruire qualcosa di avveniristico su un'isola artificiale in mezzo alla laguna. Ma poi abbastanza ovvio che lasci perdere e cerchi solo di non fare troppi guasti. E la soluzione pi logica effettivamente rimettere tutto a posto come prima.
Ha tutta l'aria di essere una soluzione di puro buon senso: mi ha affascinato scoprire come, invece, sia il lieto ingresso in una follia. Provo a spiegare. Cosa davvero significhi "Com' era, dov' era", l'ho capito solo quando mi hanno invitato a fare un giro nel cantiere della ricostruzione. Il teatro riapre il 14 dicembre, quindi l dentro erano al rettilineo finale. Muri, impianti, perfino i colori, erano gi a posto. Stavano dandosi da fare sulle decorazioni. Sorvolo sull'emozione di rientrare in quella sala come se nel frattempo non fosse successo nulla: strano loop dell'anima.
E invece non sorvolo sul fatto che a un certo punto mi son trovato in una sala di quelle tipo foyer, quelle in cui poi tu passi distrattamente con un bicchiere in mano, durante l'intervallo, cercando uno specchio per controllare se la cravatta ti andata di traverso. L trovo due artigiani al lavoro. Stanno facendo le decorazioni di stucco, sulle pareti. Ghirigori e animali. Uccelli, per la precisione. Li stanno rifacendo: com' erano, dov' erano.
Voglio dire che se avevano il becco verso sinistra lo rifanno con il becco a sinistra. Se la zampa era un po' sollevata, fanno la zampa sollevata. importante chiarire che, stando alla realt dei fatti, uno pu andare a teatro per anni, in quel teatro, e quegli uccelli non li vedr mai: non si accorge che esistono, sono decorazioni che non ti entrano mai nella retina e nella memoria. A meno che qualcuno non ti prenda il cranio e te lo spacchi sbattendolo proprio contro quegli uccelli, tu gli uccelli non li vedrai mai. Ma loro li rifanno uguali.
Com' erano, dov' erano. Naturalmente finisci per chiederti come lo sanno, dov' erano e com' erano. Fotografie. Solo che, ovvio, nessuno si era mai preso la briga di fotografare proprio gli uccelli, sarebbe stato come fare un ritratto a Marylin Monroe fotografandole un'unghia dei piedi laccata. Quindi le foto, quando va bene, riportano l'intera stanza, e tu, con la lente vai a cercare se quell'uccello, l, in quell'angolo, ha la zampa su o gi. E se la foto non c' ? Chiedere a chi era passato da l inutile. Uccelli? Quali uccelli? Allora puoi leggere ci che l'incendio ha lasciato: un'ombra, un rimasuglio annerito, una scheggia. Quella mattina, qua
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543
di Isabel archer
del 11/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Segnalo l'articolo "SOTHEBY'S TO SELL THE FARNSWORTH HOUSE MIES VAN DER ROHE'S MASTERPIECE WILL BE OFFERED IN THE DECEMBER 12, 2003 AUCTION OF 20TH CENTURY DESIGN"
www.shareholder.com/...
Personalmente, a me, gi il titolo fa venire i brividi, a voi il piacere di leggere la promozione pubblicitaria e sinistra dell'architettura.
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542
di Paolo Marzano
del 10/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Si, in effetti ha ragione Domenico Cogliandro, perch no?
Il 12 dicembre in fondo il 12 dicembre, vero e basta
........per...... almeno il proprio nome con un messaggio muto....perch questo indicherebbe una presenza, un'impressione in corso, una visione virtuale in formazione, un'immagine rinvenuta da particolari ricordati o studiati su manualistiche rivisitazioni, una foto di una costruzione tra gli alberi....in un bosco..... il bianco della struttura.....il vetro....la pilastratura...il pavimento che scivola e galleggia in un luogo diverso...una rarefazione architettonica che invita a riflettere... addirittura a pensare....uno spazio ridotto ma con un' unica caratteristica: essere libero.
Grazie dei vostri pensieri per lo spazio di questa casa, pensarlo un p viverlo !
Non importa, basta questo!
Paolo Marzano
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541
di Domenico Cogliandro
del 09/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Ecco, il 12 dicembre. Detto cos sembra quasi "ecco, Natale!", e invece no, solo il 12 dicembre, e all'ora in cui scrivo qualcuno credo stia battendo un martello di legno di un'asta per dire che quel che doveva esser fatto stato fatto: il monumento andato, voil. Se qualcuno ha perso del tempo per andar l a comprarla, con l'intento di volerla comprare, la benedetta casa miesiana, e ha avuto i suoi buoni motivi per pensarsela e fare due conti,e poi c' andato, s' seduto sulla sua seggiolina e ha atteso il momento del lotto 354/87/z o chess io, per alzare il ditino, o la manina e, per conto suo o di altri (in questi casi si manda avanti un cretino qualsiasi), si alzato soddisfatto per aver fatto comunque un buon affare, allora che mettano all'asta anche la Cappella di Ronchamp di Le Corbusier o il Kultuuritalo di Aalto, unico lotto.
Le cose vanno cos, e poi ci si lamenta se il carciofone colorato che sta sopra la stazione di Porta Garibaldi a Milano, frutto della Milano da bere e del socialismo progressista, alla quarta asta deserta, non riesce a (o non vuole) comprarselo nessuno. Ironia della sorte: Farnsworth House, seminascosta nelle radure americane, ha tutto il nostro appoggio morale (se cos possiamo dire) nonostante la sua sorte, mentre l'esecrabile monumento al postmodernismo arretrato, al quale non so guardare con riverenza, ci rimane sui coglioni checch se ne dica e se ne faccia. A qualcuno avanzano degli sghei per farci sopra un buon affare?
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336
di ugo rosa
del 05/12/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Ugo Rosa non ha compreso la questione.
Qual la questione?
La questione, dice, che Brizzi in realt "non andava considerato un critico in prima istanza", mentre Pierluigi Nicolin s.
Perch?
Ma perch "nel bene e nel male, ha scritto articoli, editoriali etc etc".
Non solo. Li ha scritti su Lotus, rivista internazionalissima che, pure, dirige. La cosa ha la sua importanza.
Se uno scrive su Lotus e, per di pi, la dirige, allora, un critico in prima istanza.
E perch uno che scrive su Lotus e la dirige un critico in prima istanza e uno che scrive su Arch'it e la dirige non un critico in prima istanza?
Perch, dice, Lotus "ha una linea editoriale riconoscibile".
Ugo Rosa continua a non comprendere la questione.
Linea editoriale riconoscibile.
Cos'?
E, forse, quando un critico in prima istanza partorisce linee lunghe lunghe e dritte dritte, tutte belle cromate e parallele, che poi arriva il lettore e ci scivola come un trenino sopra i binari?
E quando, sulla base di queste oliate longarine, si stabilisce chi fare montare sul trenino e chi invece fare andare a piedi?
E quando si decideva di far fuori intere generazioni di architetti italiani perch, da pubblicare, cerano meraviglie che, per chi non ha le belle fette di salame sugli occhietti, veniva lo schifo a guardarle?
Insomma, siccome cerano le belle linee editoriali, sul trenino montavano solo quelli che il noto critico in prima istanza gradiva. Gli altri andavano a piedi, perch bisognava che si allenassero per il futuro (altre longarine, altre linee editoriali riconoscibili).
Quando, per ipotesi, i giovani (di allora) architetti, accuratamente selezionati in base a scuole di appartenenza (longarine accademiche, linee editoriali didattiche) venivano accettati sul trenino dovevano viaggiare sul predellino, e per tratti non maggiori della distanza che intercorre tra il rientro delle colonne a stampa e il bordo pagina. Chi ha letto (oltre alla Lotus di Nicolin) la Casabella di Gregotti sa delle bellissime figurine di quattro centimetri per due di cui beneficiavano, di tanto in tanto, questi miracolati dellarchitettura. Perch, si capisce, occorreva fornire tutto lo spazio necessario ai bei sederoni di quelli che facevano parte del giro, quelli che aderivano alla linea editoriale con tutto il plantare. Non parlo solo di progetti, parlo anche di scrittura critica. Quella scrittura critica italiana di cui il critico in prima istanza era ed maestro raro (si provi a fare lanalisi logica e grammaticale di uno di questi bellissimi editoriali e articoli a linea editoriale garantita, si scelga pure a caso, e buon divertimento).
Ma Ugo Rosa continua a non comprendere la questione.
E qual la questione?
La questione, dice, che il critico vero (quello in prima istanza) scrive tantissimo e la quantit, santiddio, vorr pur dire qualcosa. E dai oggi, e dai domani, alla fine la ciambellina deve venire fuori col suo bel buco al centro. Come diceva Russell: metti una scimmia davanti alla lavagna, dagli un gessetto, tempo illimitato e prima o poi finir per scrivere il suo nome. O, meglio, il nome che tu hai deciso che porti.
Ma Ugo Rosa si muove adesso in un groviglio inestricabile di incomprensione.
Perch, oltre a scriverci, capita che ogni tanto legga, anche, Archit.
E ha scoperto, quel testone, che ci si scrivono cose assai diverse luna dallaltra e ci si pubblicano progetti assai diversi luno dallaltro, che il livello di quei progetti e di quegli scritti non per niente pi basso di quello che si legge e si vede sulle riviste a linea editoriale doc che troviamo in edicola (anzi, talvolta notevolmente pi alto). Anche se scritti e progetti spesso non sono dotati del pedigree ufficiale fornito dalla cultura accademica.
E il fatto che manchino quelle belle longarine oliate che portano dritto al punto in cui il capomanipolo (critico in prima istanza) ha deciso che portino, non gli sembra un difetto.
Anzi, pensate un po, gli sembra persino un pregio.
E gli sembra anche (ma questo perch proprio non un tipo svelto) un tantino accademico, presuntuoso e arrogante decidere dufficio in che modo vada esercitata la critica darchitettura. E stabilire a priori che fare una rivista (offrendo spazio a persone che nelle riviste doc non ne hanno) non costituisca un forma pienamente legittima, anche se non canonizzata, di critica darchitettura. Gli sembra che questa arroganza non sia diversa da quella di chi sentenziava che siccome gli oggetti di Calder non stavano fermi, allora non erano da considerarsi sculture. Perch il minimo da richiedersi a una scultura che stia ferma.
Ma la logica non deve fare una grinza.
La medaglia per la Critica in prima istanza (quella con la c maiuscola)?
Lattivit che svolge Brizzi non rientra tra quelle canoniche che definiamo Critica darchitettura, non Critica in
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540
di Paolo Marzano
del 04/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
La comunit virtuale che segue questo caso risponda decisa e dia un parere riguardo la vendita della Farnsworth House di Mies van der Rohe, il 12 dicembre 2003 da SOTHEBY'S a New York, la strada aperta alle idee. Cerchiamo di affilare i termini di questo nuovo tipo di comunicazione ed esploriamo in rete, nuove idee di confronto e di discussione, forse mancava proprio questo, chiaro, l'episodio che fa scattare una 'scintilla emozionale'. Siccome tutti gli appassionati di architettura hanno provato emozione guardando la ricerca e l'opera che ha condotto nella vita, Mies van der Rohe, ora verifichiamo questo episodio, come un attacco alla nostra sensibiliti 'personale'.
Sapete perch? Grazie a questo caso che riguarda l'opera architettonica di un grande maestro della storia dell'architettura, possiamo stabilire fin da adesso, delle ipotesi che in futuro serviranno ad indagare i casi di 'mala gestione architettonica', elencando in rete, a seconda dei casi, i possibili errori commessi, magari sollecitando docenti o tecnici o appassionati e conducendoli a 'parlare' in rete discutendo con la comunit di possibili ipotesi risolutive evidenziandone pregi, difetti e possibilit evolutive.
Cercheremo, grazie a questo caso, di creare 'un precedente' rispetto al quale muoverci. Io personalmente mi sono attivato (vedi commenti) per rintracciare in rete quante pi notizie possibili e descrivendo l'opera secondo canoni puramente spaziali e relazionali, notando i commenti di altri che hanno indicato immagini e analisi ancora pi attente e dettagliate. Bene. Nasce quindi una ricerca ed una documentazione che con l'aiuto di un' INTELLIGENZA COLLETTIVA sta portando a termine un'indagine eccellente! Una collettivit che si muove individualmente, ma che elabora 'aggiornando' comunemente i termini e il materiale, oggi presente in rete.
E' una prova di civilt evoluta, dove chi ha da ridire, a sua volta determina proposte, nuovi punti di vista e crea ambiti per nuove idee.
Quale il finale?
Ve lo spiego. Avendo trovato tutto questo materiale e avendolo fatto leggere a tutti (almeno ai compartecipanti, che spero siano molti), come se avessimo condotto un 'rilievo' virtuale documentato dettagliatamente della Farnsworth House.
E sapete a cosa porta questo?
Ad una sua conoscenza diretta e quindi ad una sua 'OCCUPAZIONE VIRTUALE' . Il consenso il primo metro di giudizio e se basato su regole democratiche, dove tutti hanno la possibilit di partecipare, allora pu valere la pena di collaborare con un parere, immaginando per esempio la destinazione d'uso o il sito dove potrebbe collocarsi l'opera in questione .
Secondo me proprio questo il caso!
La collaborazione aperta per uno scopo; la partecipazione vale se esiste un fine capace di mutare per una sua forma pi 'colta' o comunque, migliore. Far sentire la propria voce per l'architettura moderna penso che sia un buon motivo; non vi pare? Nel prossimo caso di 'mala gestione architettonica' occuperemo virtualmente qualsiasi architettura e trarremo da essa energia propulsiva per una nuova terminologia, di confronto, di discussione elaborando, a questo punto, intellettualmente una strategia che ci porti alla 'scelta' ; capace di far sognare, desiderare e realizzare.
Paolo Marzano
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538
di Alice G. Tancredi
del 02/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
La sequenza di 8 foto che ritraggono la Farnsworth House, disponibile su www.landmarks.org , qualcosa a cui non si pu rimanere indifferenti, sono foto bellissime. Questa casa sembra quasi posarsi sul suolo e non solamente per far fronte alla generosa irruenza del fiume vicino, ma anche per una forma di rispetto verso la natura, come ad entrare in punta di piedi in un luogo paesistico dalla bellezza singolare. Senza atto di mimesi questa struttura concisa, compiuta e semplicemente partecipe di ci che la circonda, con aerea solidit, si pone come un segno forte, evidente, ed allo stesso tempo gentile e non invasivo, della presenza dell'uomo; non so perch mi viene da pensare a quella famosa scienziata che studiava i gorilla e stava per ore intere immobile tra i cespugli per far accettare la sua presenza nell'habitat gi consolidato di questi animali. Cos Lord Palumbo descrive la Farnsworth House: E' un capolavoro estemporaneo, l'equivalente nel 900 di un tempio greco adagiato su un prato ed ancora E' come un fiore di loto, galleggia sull'acqua senza mai bagnarsi. Salviamola.
Alice G. Tancredi
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539
di Angelo Errico
del 02/12/2003
relativo all'articolo
Ancora sull'abolizione dell'ordine degli architett
di
Sandro Lazier
Per fare l'esame di Stato, l'ultimo cosiddetto semplice della serie, c'ho speso mezzo milione di vecchio conio, che si passi o meno all'orale dopo lo scritto. Quanto l'esame per potersi iscrive (e non esserlo in automatico) all'Ordine sia uno strumento di verifica valido e specifico per garantire la riuscita di un professionista, ai confini del ridicolo. Anzi, ha gi invaso le prime aree di questo territorio.
Se imbrocco il tema che so fare meglio, per esperienza, per capacit, per fortuna, allora sono architetto, altrimenti, a me si pu dare il titolo professionista di Architetto con la A maiuscola perch ho saputo progettare un'asilo materno con accessori, a te perch hai saputo comporre un centro sportivo e a lui perch ha realizzato una casa monofamigliare secondo criteri ecologici ed eliotermici.
Il tutto, geniosamente in otto ore. Cos fosse (Dio per fortuna non lo mai!) nell'attivit in prorprio, quelli che arredano gl'interni ed i negozi se tanto mi d tanto credo che arrivino a dei progetti esecutivi nell'arco di due ore e mezza e non di pi.
L'Ordine in un certo qual senso non necgativo nel suo concetto ispiratore. Lo tutto quello che ne venuto appresso con la gestione nel tempo e con il dominio indiretto esercitato sulle capacit di ciascun laureato.
Non c' presenza di impegno politico attivo o comunque rilevante a fronteggiare lo scempio che le amministrazioni pubbliche attuano di governo in governo sul patrimonio architettonico e paesaggistico nazionale.
Non c' testimonianza ecclatante assurta agli onori della cronaca per le osservazioni sollevate e pubblicamente discusse a fronte di leggi urbanistiche e di regolamenti di appalti che poi non siano stati (a posteriori) reclamati.
A che serve, cos, l'Ordine allora?
Angelo Errico
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258
di enricogbotta
del 01/12/2003
relativo all'articolo
Ventate Accademiche
di
Giovanni Bartolozzi
Giovanni Bartolozzi scrive:
"Ci spiegherebbe Leon Krier e soprattutto ci dimostrerebbe per quali motivi il movimento ha fallito? E come fa ad essere convito di una simile affermazione?"
Leon Krier ha scritto un bel libro intitolato "Architettura. Scelta o Fatalita" (Laterza, 1995), che credo ricalchi volutamente il famoso libro di Jacques Monod "Il Caso e la Necessita". Krier spiega molto chiaramente le modalita' del fallimento del movimento moderno con argomenti a mio avviso molto convincenti. Alcuni dei quali riguardano lo *spazio* e non la forma, o Forma. Particolarmente illuminanti i numerosi schemi illustrativi che fanno il verso agli schemi di Le Corbusier in "Verso un'architettura" e del suo l'ibro sull'urbanistica.
Un libro che consiglio, a lei come a chiunque, di leggere. Tra l'altro si legge molto agevolmente. Anche perche non si puo' pretendere che vada in giro a ripetere i contenuti di una ricerca ad ogni conferenza o ad ogni inaugurazione di rivista a cui e' invitato. Tantovale informarsi preventivamente sui dettagli delle posizioni di uno studioso.
Il suo intervento suscitera' sicuramente l'apprezzamento di chi gia' la pensa come lei, per partito preso. Si sente il nome di Krier e si sa che si deve essere contrari, a priori.
Pero' non e' stato in grado di convincere chi come me pensa che nelle affermazioni di Krier infondo ci sia molto buonsenso. Magari smentito nella pratica, ma sul piano delle intenzioni io non vedo nulla di deprecabile.
Krier sostiene che una citta' che si espanda oltre un certo livello (che lui individua nella distanza percorribile a piedi in 10 minuti cioe' circa 500m), debba duplicare il suo sistema fatto di "res publica" e "res economica" a fromare la "civitas". Quindi una citta' che quando si espande diventa policentrica, un insieme di comunita' e non divisa in zone funzionali.
"Una citta' non e' come una grande casa. Una casa non e' come una piccola citta'. Un grande complesso non puo' essere un edificio solo. Una citta' non e' fatta di corridoi e di sale, Una citta' e' fatta di strade e piazze, di isolati e di monumenti." (Krier, L.)
Visto che qualcuno cerca di definire l'architettura digitale, qualcun altro potrebbe finalmente chiarire cosa si intende per accademia? perche comincio a pensare che questi siano solo termini alternativi per "noi" e "loro"...
Tutti i commenti di enricogbotta
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1/12/2003 - Sandro Lazier risponde a enricogbotta
Caro Enricogbotta
mi chiedo come sia possibile, malgrado l'assidua partecipazione come commentatore degli articoli di antithesi, che Lei si chieda ancora di spiegare cosa è l'accademia.
Se Leon Krier la convince più di chi la pensa nel modo opposto non c'è nessun problema; sta a lei scegliere a chi dedicare il suo tempo.
Ma sappia che gli attacchi personali o i commenti generici senza contenuti non saranno più presi in considerazione.
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537
di Alessio Blanco
del 01/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Farnsworth House, ovvero un'abitazione che Edith Farnsworth non sent mai casa sua.
Ferita e delusa da Mies, una profonda amarezza riecheggia ancora nelle sue parole:
"Le grandi riviste patinate hanno limato i loro termini e le loro frasi con tale pazienza che le anime semplici, l convenute per dare uno sguardo, si aspettavano di vedere la scatola di vetro tanto leggera da galleggiare nell'aria o nell'acqua, ormeggiata alle sue colonne, con il suo spazio mistico all'interno. Cos la cultura si propaga attraverso proclami, e se ne trae l'impressione che, se la casa avesse avuto la forma di uno svettante banano invece che di un rettangolo a giacitura orizzontale, il proclama sarebbe stato altrettanto perentorio... La disaffezione che sento oggi dev'essere iniziata sulla riva ombreggiata del fiume, troppo presto abbandonata dagli aironi che sono volati via pi a monte, alla ricerca della loro perduta tranquillit".
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535
di Isabel Archer
del 01/12/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Ora qualcuno qui vuole farci credere che Bruno Zevi starebbe in prima fila, battendo le mani, mentre le gru abbattono la Farnsworth House.
Isabel Archer
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534
di Paolo Marzano
del 30/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
A difesa dello spazio di discussione su 'Antithesi', per la Farnsworth House, un'osservazione a Howard Roark
Ben vengano le discussioni, ben vengano i confronti anche pi accesi e le parole pi ardite. (non volgari, bene chiarirlo). Si ha bisogno di confronti, dialettiche diverse che s'incontarno testimoniando i diversi livelli di comunicazione esistenti. Questo affila i termini e prepara il linguaggio critico a scandagliare spazi per la parola, tematiche delle pi svariate e discussioni passionali sempre nuove (ricordiamo come la 'colta' rappresentanza della dotta casta di Semiologia, tacci di superficialit e di qualunquismo le 'osservazioni' affrontate da Roland Barthes nei suoi scritti, quando a loro dire, la materia non doveva essere usata per portare " la semiologia in cucina"), risultato? E' sotto gli occhi e nei testi di tutti.
Per, ritengo che sia fin troppo facile recuperare dalla storia dell'architettura esempi che 'appoggino' le nostre cause ed elencarli per commentare! E' la mossa pi prevedibile e scontata, scomparsa al salto del 800/900, penso che siano altri i termini, anche per una certa onest intellettuale nell'interloquire. Posso farLe degli esempi per cui la Farnsworth House risulterebbe una costruzione qualunque senza importanza, ma preferisco farLe mille altri esempi perch essa venga salvata e non messa, come dice Lei 'sottovetro'. Ancora una volta per cercare di 'non' capire l'architettura la si confronta con gli abitanti che vi ci abitano o inquilini che possono anche non sapere delle vicissitudini della linea costruttiva e della ricerca che c' dietro (mi ricorda certe interviste in tv, con domande studiate solo per avvalorare solo la scelta di una parte decisionale, anni settanta americani).
Bh, sono tanti gli esempi come questo nella storia dell'architettura.
Poi, si ancora, rinominato Bruno Zevi per dare un giudizio 'colto' sull'opera in esame. In pi si definiscono i commenti che si stanno pian piano susseguendo e si susseguiranno fino al 12 dicembre, " appelli tra il tragico e l'infantile". Bene, Le dico subito che di falsi profeti che viaggiano in un'aura zeviana ne stiamo vedendo ben troppi. Non si verificato mai, che lui (prof.Zevi), abbia nominato un suo successore n l'abbia fatto mai intuire, diversamente da come ha concluso il suo intervento al Manifesto di Modena. La lezione del maestro prof. Zevi sempre lontana dalle conclusioni conformistiche e dai silenzi pseudo-intellettualistici comunque e dovunque sempre scollegati dalla realt architettonica. Sono tanti gli esempi come tanti ne farebbe chiunque avesse letto un po d'architettura, e poi, Lei si chiesto, 'per esempio', cosa avrebbe detto Zevi dopo aver visto che il 'geniale' Frank Gehry ( al momento della scomparsa del prof. lo stato veramente) con Bilbao, dopo aver fatto diventare di 'maniera' lo spazio architettonico? Un' impasse architettonica! Zevi declamava che con l'architettura di Gehry si era raggiunta una probabile libert progettuale, bene! E' vero, ma certo non possiamo inondare di fogli di titanio qualunque spazio avvertendo della destinazione d'uso! Quindi la pura libert architettonica che diventa un suo limite progettuale! Allora, iniziamo a non chiederci nulla a nome di Zevi, ed a non avere paraocchi 'storici'; gi con questo saremmo un po pi vicini al maestro. La Farnsworth House un passo della sperimentazione e quindi accettiamola e difendiamola per il 'passaggio' costruttivo che rappresenta. La sperimentazione credo sia, e spero che rimanga, un argomento ancora aperto essendo punta d'iceberg della ricerca, lo studio e l'aggiornamento continuo. Poi, se a qualcuno non interessa l'argomento meglio lasciare ad altri l'impegno di proporre alternative o cercare di costruire qualcosa comunque di parlarne. Se proprio non deve funzionare l'idea, allora sar stata una ragionevole e stimolante discussione per affilare (ripeto) gli strumenti per un prossimo eventuale caso di 'mala gestione architettonica'.
Non nel proporre idee che vale "il meno il pi", quella, un'altra storia.
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533
di Howard Roark
del 30/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Risposta al commento n.532 di Isabel Archer
Non mio costume dar corso a sterili polemiche, ma gli appunti della signora Archer sono cos sconclusionati da necessitare di una replica.
La casa Farnsworth, in quanto pura enunciazione di principio che ha poco a che fare con la vita di persone e di luoghi, potrebbe essere tranquillamente ricostruita nel suo giardino, signora Archer (semmai ne possiede uno) e sarebbe sempre la Farnsworth House come il Padiglione di Barcellona sempre stato tale senza che a Barcellona ve ne fosse traccia e nessuno l'avesse mai visto, prima della ricostruzione, se non in sbiadite foto. Il suo valore, senza il quale impossibile una collocazione storica, di astrazione ideale e se questo pensiero per lei distruttivo non ascolti n me n Zevi, come ha gi del resto fatto con l'ingenuo Neutra.
Quanto alla libert la invito solamente a chiedersi come mai Mies si trovasse a costruire quella casetta nell'Illinois e non nel Brandeburgo..
Tutti i commenti di Howard Roark
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532
di Isabel Archer
del 30/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
reply to Howard Roark
Caro Gary Cooper,
accolgo la sua provocazione come qualcosa di costruttivo e sicuramente migliore del silenzio. Lascio al direttore di Antithesi le chiarificazioni sugli pseudonimi ( preferibile che ognuno le faccia da s, se ne ha curiosit).
Non mi pare di aver fatto una celebrazione di Mies van der Rohe ed al di l del giudizio di valore sulla Farnsworth House/Home quello che conta ci che essa rappresenta nella storia dellarchitettura.
Se lei identifica la bellezza dellAmerica con la distruzione ( e qui non voglio andare oltre, poich si rischia di tracimare in maniera poco funzionale in altri campi poco architettonici) non si appelli alle parole di Bruno Zevi.
Come leggiamo in Channelbeta, la Farnsworth House rischia la demolizione () per fare posto a tre nuove villette.
Se lei preferisce questo, credo non abbia a cuore larchitettura, ma voglio sperare che lei sia solo un po ingenuo e pensi che chiunque voglia acquistare questa casa sia animato da ottime intenzioni.
Non si vuole limitare a tutti i costi la propriet privata o surgelare la F. H. in un pacchetto preconfezionato da spedire in giro per il mondo, ma solo proteggerla e lasciarla l, dove Mies laveva immaginata.
Nicole Kidman/Isabel Archer
p.s. A proposito di case, spero lei non sia un fautore della Casa delle libert Facciamo un po come xxxxx ci pare (Guzzanti docet).
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526
di Paolo Marzano
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Casa Farnsworth, un'architettura 'valutata', altre notizie per saperne di pi.
Il 12 dicembre 2003 prevista la vendita all'asta di uno dei capolavori del maestro tedesco Ludwig Mies van der Rohe. No, non si tratta di una frase ad effetto che nasconde chiss quale trovata pubblicitaria, siamo proprio di fronte ad una vera e propria vendita al maggior offerente di un'architettura.
L'elegante struttura che testimonia una ricerca ricca di spunti e novit per quanto riguarda lo studio di possibilit espressive architettoniche, verr 'valutata', venduta, acquistata o comunque spostata in un altro sito. Un'architettura che nasce dal luogo per il quale stata concepita, capace di esaltarne l'essenza naturale contribuendo ad una sua naturale estensione. Un'architettura che non s'impone ma afferma la leggerezza e la continuit, unendole all'ineffabile rarefazione, ora stata tristemente 'valutata'. Casa Farnsworth era stata commissionata e acquistata da Edith Farnsworth nel 1951 per 75.000 dollari. Quando la casa fu messa in vendita da Edith Farnsworth nel 1971 fu fortunatamente acquistata da un ammiratore di Mies, che nonostante risiedesse a Londra, restaur l'abitazione e si preccup di arredarla con mobili disegnati dallo stesso architetto. Cre un luogo dove, evidente, come dallo spazio possano nascere direttrici strutturali che dal particolare della sedia o dalla leggera linea del tavolino, possono proiettarsi per trasmettere segni di rinnovata realt, che inondano il vuoto creando innumerevoli relazioni derivate da una sperimentazione che noi possiamo definire certamente come architettura. E' uno degli esempi pi eclatanti di come lo spazio pu, in alcuni casi, dopo uno studiato e attento dosaggio di componenti progettuali, diventare esso stesso, struttura. La Farnsworth House situata sulla riva destra del fiume Fox (Illinois), a sud di Plano, circa 75 km ad ovest di Chicago. La grandezza del terreno originariamente acquistato dal dott. Edith Farnsworth era di 3.8 ettari. La casa adagiata fra gruppi di alberi ed orientata con l'asse maggiore sulla linea est-ovest. E' storicamente importante perch stata l'ultima casa tra i lavori del maestro Mies, costruita dopo la sua immigrazione negli USA. Storicamente quindi, pu essere considerata la sintesi forse, di un periodo che ha tramutato ancora di pi la materia costruttiva in un evidente 'meno', dando vita alla fusione di acciaio e vetro come componenti fondamentali di una rarefazione dominante e determinante che davvero arriva senza difficolt al 'pi'. Esempio di estrema semplicit, chiarezza, quindi alla ricerca della probabile interazione con l'ambiente esterno. Considerata la casa moderna pi bella del mondo, insieme alla famosa 'Casa sulla Cascata' di Frank Lloyd Wright. Lex governatore dello Stato dellIllinois, dove si trova la casa, avrebbe voluto acquistarla per trasformarla in museo e per questo aveva chiesto uno stanziamento. La sua proposta per stata bocciata e il futuro della Farnsworth House ora unincognita. Ricordiamo che l'attuale proprietario, Lord Palumbo, della "casa di vetro", l'aveva offerta nel 2001 allo stato dell'Illinois per una cifra pari a 7 milioni di Dollari, prezzo rivelatosi troppo esoso per le casse pubbliche. Pertanto Lord Palumbo (proprietario anche di una villa di Frank Lloyd Wright, una di Le Corbusier) si rivolto alla casa d'aste Sotheby's, la quale ha fissato la data della vendita al 12 dicembre 2003, stimandone il valore, compresi gli arredi, per una cifra tra i 4,5 e i 6 milioni di Dollari. Nell'epoca di una preponderante manifesta virtualit architettonica, occorre allora stabilire strumenti e nuove ipotesi d'intervento per creare le condizioni per la difesa di queste architetture dalle quali tanto ancora si pu e si deve imparare. Cerchiamo di inserirle in circuiti didattici per convalidarne i nuovi percorsi comunicativi e inoltrarsi cos, nello studio di quel complesso elemento che lo spazio architettonico progettato.
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525
di Pietro Battarra
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
Spio dalla serratura del web le vicende di Anthitesi da qualche tempo, ma probabilmente per pigrizia o per malessere da tastiera non ho mai partecipato ai dibattiti proposti.
Questa volta il tema troppo pruriginoso per non essere affrontato:
il vecchio five, lautore di The graves of architecture, della splendida serie delle Houses, il radical newyorkese che assieme a pochi altri ha tentato di riannodare parte dei fili interrotti dalla iattura post, ha lanciato il suo anatema intellettuale sul californiano!...
Troppo bello per essere vero: ricominciato un dibattito architettonico sul metodo e sul tema della ricerca!
Effettivamente sarebbe troppo bello.
A sapere ben guardare tra le pieghe del foglio di carta o delle orbite oculari della testa di cavallo (nota: per chi era a Modena a sentire la presentazione del progetto, per non ricordo bene quale porta cittadina, la testa di cavallo rappresenta un vero e proprio nodo gordiano della personalit gehryana, tornando in almeno tre o quattro progetti differenti con fare quasi geometresco) la scena che si presenta tuttaltra:
una ballerina di seconda fila (che ha studiato danza classica alla Scala ed molto apprezzata dai veri intenditori) tenta di sottrarre un pezzetto di ribalta alla star del variet del sabato sera sulla rete nazionale mentre mostra il seno appena rifatto e le rosse labbra carnose.
A parte la piccola divagazione letteraria, sembrerebbe ritrovarsi nella critica di Eisenman un ritorno di quella tensione intellettuale che lo ha contraddistinto per buona parte della sua carriera e che tanto ho apprezzato per profondit di ricerca e singolarit di vedute: Peter Terragni, cos si autodefiniva pochi anni fa (povero Giuseppe!... che brutta fine hai fatto), richiama allordine Gehry e ne decreta la morte intellettuale sancendone linaridimento della vena speculativa.
E un peccato che il caro Peter abbia perso il titolo ad ammonire chiunque da quando ha aderito a quella che Andrea Pacciani (non conosco le vicende della polemica iniziale, ma condivido a pieno il contenuto dellintervento) definisce architettura strillata, al carrozzone dellarchitettura da rivista darchitetturatuttafoto, da servizio di NONSOLOMODA, alla tendenza di dovere stupire con il fantastico e linusuale, magari mascherandola con un leggero tocco di onanismo intellettuale attraverso delle griglie distorte al calcolatore date poi in pasto ad un tornio 3d.
Lo stesso Eisenman ha battuto la strada della grande scala e del grande pubblico (non so perch, ma ultimamente quando penso allarchitettura contemporanea mi viene sempre pi alla mente il motto panem et circenses ed in questo, continuo a non trovarci nulla di innovativo o rivoluzionario), entrando di diritto nel mondo atomizzato delle starlettes dellarchitettura dei giorni nostri: signori sulla sessa-settantina di cui riconoscere un progetto ormai pi facile che distinguere il baffo della Nike dal marchio della Coca Cola.
Peter ce lha fatta: entrato nel gota dei creatori di un linguaggio, suo, unico ed irripetibile.
Avere creato un linguaggio???? Creare un linguaggio????
A questo proposito, cito Chomsky (lo stesso con cui il nostro Peter andava a braccetto anni fa e di cui utilizzava le teorie linguistiche per compiere le sue fantastiche capovolte intellettuali): Abbiamo forse, come individui, fatto noi la nostra lingua? Cio, tu hai fatto litaliano ed io linglese? Questo mi sembra senza senso, o errato. Non abbiamo avuto affatto alcuna possibilit di scelta rispetto alla lingua che abbiamo acquisito; essa si semplicemente sviluppata nella nostra mente in virt della nostra costituzione interna e dellambiente. (vi risparmio il seguito).
E per questo che dello scultoreimprenditorepubblicitariomuto Frank Owen Gehry preferirei non PARLARE.
Quello a cui assistiamo (a questo punto avrete capito che Eisenman la delusione personale che fa da pretesto ad una critica estesa allo stato delle cose) la nascita di una miriade di multinazionali dellarchitettura che creano dei landmark ben riconoscibili e riproducibili NON PARLANDO ALCUN LINGUAGGIO: strilli, gridi e sussurrii incomprensibili ma molto rumorosi.
E per questo che dello scultoreimprenditorepubblicitariomuto Frank Owen Gehry preferirei non PARLARE...
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29/11/2003 - Sandro Lazier risponde a Pietro Battarra
Mi pare che Pietro Battarra usi la citazione di Chomsky un po a sproposito. Detta cos si dovr convenire che la lingua, paradossalmente, sia esistita prima delle persone (quindi Derrida, quindi la decostruzione ecc..).
Mi pare invece importante chiarire che, quando in architettura si parla di linguaggio, sarebbe opportuno comparare lespressione architettonica al mondo della musica pi che a quello della lingua parlata o scritta. Purtroppo, la necessit della lingua parlata di comunicare, oltre ai sentimenti, azioni e intenzioni, capace di sporcare lesito di ci che pu apparire evidente. Per esempio, in ambito scientifico la comunicazione deve essere pulita, possibilmente non contaminata da interpretazioni soggettive. Nel mondo della poesia, invece, non sono importanti le parole (che sono suoni condivisi con un significato, ecc) e le regole che le governano, ma il modo con cui queste stanno insieme e la comunicazione figurata che ne consegue. Credo che Battarra converr che litaliano di Dante non litaliano di Manzoni, e che, pur rimanendo tra contemporanei, litaliano di Pasolini non litaliano di Moravia. Dante, Manzoni, Pasolini e Moravia hanno un loro linguaggio. Cos come Bernini e Borromini, come Eisenman e Gehry, come me e chiunque altro abbia intenzione di produrre un segno riconoscibile e interpretabile.
Nel campo della musica si pu benissimo comunicare per ore (sentire un brano) senza dire nulla intorno alle cose concrete che ci circondano, ma un brano pu dare senso a tutta una vita. La nona sinfonia di Ludwig van Beethoven non solo strillata ma addirittura anticipa e recupera nellambito della musica la dignit del rumore.
Probabilmente, per i contemporanei di Beethoven, il Rock sarebbe stato rumore incomprensibile. Non lo per noi.
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529
di Remo Gherardi
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
Ha perfettamente ragione Mara Dolce nell'invocare la piet dei lettori sottoposti alla sequela delle sue contumelie. Trattenendosi dall'insultare direttamente ella ci rende noto in un sol copo di disprezzare: gli studenti in generale e le matricole in particolare, i farmacisti, i praghesi, il digitale terrestre, e, perch no, anche Piranesi che era uso lasciare la sua firma sui ruderi che poi immortalava. Avesse avuto, invece, la cortesia di rispondere, tanto tedio ci sarebbe stato risparmiato.
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531
di Howard roark
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Quando Richard Neutra nel 1924, da poco giunto negli Stati Uniti, buss trepidante all'uscio della Robie House (risalente al 1909) chiedendo: "E' in casa il signor Robie?" gli rispose una burbera inquilina dicendo che di Mr. Robie non aveva mai sentito parlare, che lei era l'attuale proprietaria della casa, avendola avuta per pochi dollari da un precedente possessore il quale voleva assolutamente disfarsene, e che tutto sommato non ne era per niente entusiasta. "Ho sempre sperato - scrive Neutra - che questa nuova architettura avrebbe dato vita a un genere umano differente. Purtroppo sono stato smentito. Le case hanno cambiato propriet molte volte...." Questo accadeva a un'architettura frutto del Genio delle praterie e rende piuttosto sospetti gli appelli, tra il tragico e l'infantile, per mettere "sotto vetro" la vitrea intelaiatura di Mies che Bruno Zevi ha da par suo definito "inno alla spersonalizzazione, al quasi-nulla architettonico, all'astrattezza universale, ideale classico agli antipodi dell'individualismo americano".
Molti che magari, in casa nostra, si lamentano di lacci e lacciuoli corporativi e burocratici sono subito pronti a calzare l'elmetto di "Soprintendente dell'Illinois"; ma, caspiterina, questa l'America, bellezza!
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527
di Chiono
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Sogno e precisione - Villa Colli
di
Sandro Lazier e Renata Chiono
Pi che un commento una precisazione:
all'inizio dell'articolo si legge dello scontrarsi della Villa con una "ricostruzione industriale". Mentre invece non si tratta di una ricostruzione, bens di far mettere a norma una fabbrica che nata ben dopo la villa Colli, ma che ormai vecchia, obsoleta e che danneggia con rumore, scarichi. fumi e vibrazioni oltre all'ambiente circostante e altre case, anche la Villa Colli.
Sindaco, ammiistrazione e perfino l'Unione Industriali del Canavese si sono scherati con l'azienda, siccome generalmente poco importa del patrimonio architettonico ancorch poco compreso di questo periodo.
Non solo: i proprietari della villa sono stati minacciati di sit-in di fronte alla villa stessa, bloccando il traffico della provinciale, di arrivare con le ruspe per abbattere la villa in modo che si risolva una volta per tutte il problema Villa Colli.
I proprietari della fabbrica hanno minacciato di chiudere lo stabilimento con articoli minatori e davvero un poco ridicoli comparsi su vari settimanali e quotidiani, dove, per colpa della villa Colli loro avrebbero chiuso TUTTI i loro stabilimenti (non solo quello vicino alla villa (e non si comprende bene il perch) lasciando a casa (si leggeva nei primi articoli) centinaia, anzi migliaia di persone. Preciso che la fabbrica vicina non impiega nemmeno quaranta dipendenti che, se pur importanti, non sono "centinaia". Inoltre questi dipendenti sono spesso oggetto di gravissimi incidenti sul lavoro dovuti proprio all'incuria con cui tenuta l'azienda stessa. Solo di recente intervenuto l'elisoccorso per trasportare feriti gravissimi di cui uno ancora in prognosi riservata.
Ora mi domando come mai si debbano chiudere tutti gli stabilimenti per uno che non a norma e disturba e crea vibrazioni e rumore giorno e notte. Mi domando come mai il Comune si schiera solamente con l'azienda e non con i proprietari della villa che desiderano fari rivivere un importante momento di storia dell'architettura in questo paesino del Canavese, che ha bisogno s di lavoro, ma anche di cultura, creando in questa villa una biblioteca ed un punto di incontro per gli studiosi, naturalmente senza fini di lucro. Mi domando come mai si sia sempre cos insensibili verso l'arte.
In un paese in cui, poi, per queste vechie ed obsolete fabbriche stata individuata e costruita un'area per la loro ricollocazione con costi molto contenuti per l'acquisto dei terreni in cui sorto il nuovo "Polo dello Stampaggio in Canavese", cos tanto sollecitato dai Comuni e dall'Unione Industriali del Canavese.
E ci sarebbe ancora tanto da dire................
Renata Chiono
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530
di Isabel Archer
del 29/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Io sono veramente stupita: quasi pensavo che sarebbe stato superfluo intervenire, aspettandomi una valanga di commenti, una partecipazione in massa, senza riserve.
Vedo ben 18 commenti per l'articolo "Design in erba" e qui solo 6 commenti... ma stiamo parlando della Farnsworth House ca...spiterina!
Io capisco che abbiamo gi tanti problemi qui in Italia ed in questa rivista on line essi sono messi in evidenza con meticoloso impegno, ma stiamo parlando della Farnsworth House!
Devo pensare che molte persone che inviano le loro opinioni trovino piacere ad intervenire qui solo quando in ballo una polemica aspra, circoscritta e spesso quasi di ordine personale?
Paolo Marzano fa bene a farci un rapido sunto di quello che si legge in internet a proposito della vendita di questo capolavoro di Mies, perch forse molti non si sono nemmeno preoccupati di fare una ricerca con Google.
Certo sarebbe molto interessante che chiunque avesse la necessaria competenza c'illustrasse meglio qual' il motivo per cui un'opera di cos straodinaria importanza non sia sottoposta, se non ad un vincolo ordinario, ad una speciale tutela da parte dello stato dell'Illinois.
Ecco mi farebbe piacere saperne qualcosa di pi in proposito.
Cordiali saluti,
Isabel Archer
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524
di Mara Dolce
del 27/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
Delle cose lette e fin qui scritte da Remo Gheradi mi auguro le seguenti cose:
a) che Remo Gherardi sia uno studente;
b) che Remo Gherardi sia uno studente del primo anno;
c) che Remo Gherardi sia uno studente del primo anno della facolt di farmacia e non di quella di architettura;
d) che Remo Gherardi sia uno studente del primo anno della facolt di farmacia dell'universit di Praga e da solo pochissime settimane in Italia in viaggio di piacere o studio, con chiare difficolt di lettura della lingua italiana e che pura casualit si sia imbattuto, in un momento di noia o di stanchezza, girellando su Internet, in una rivista digitale di architettura. E che volendo lasciare poi un segno del suo passaggio del (mi auguro) piacevole soggiorno italiano , abbia scritto qualcosa tanto per esistere, cosi' come fanno di solito i vandali che incidono i l proprio nome sui ruderi.
Se per Remo Gherardi non valida alcuna delle ipotesi (a,b,c,d), vuol dire che e' pronto per iscriversi ad un master digitale (se gi non lo frequenta), io potrei consigliarlo in proposito, affinch potenzi le sue "sconosciute e neglette" possibilit. ma preferirei consigliarlo in privato, in primo luogo perch ci siamo allontanati molto dalla pertinenza dei commenti allo scritto di Pica Ciamarra qui proposto, e in secondo luogo per evitare ai lettori di perdere tempo e a me di trattenermi dall'insulto che avrei tanto piacere di riferirle.
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523
di Remo Gherardi
del 27/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
Dal controcommento della signora Dolce emerge un luminoso scoop: lei l'architettura italiana! La impersona alla perfezione: negletta e sconosciuta. Scusi, signora Dolce: ma lei che titoli ha per pontificare in quel modo? ci apra il suo book delle meraviglie... Il commentarismo parolaio al solito sorvola sui fatti e loda l'intelligenza per coprire il vuoto dello spirito.
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522
di Mara Dolce
del 27/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
Risposta a Remo Gherardi riferimento commento n.520
Egregio Remo Gherardi,
non sia modesto, Lei non solo non capisce lacrimonia di certi commenti (non so cosa voglia dire in italiano "che si fanno bella bocca di dare") ma molto, molto di pi: per esempio, che cosa significhi per un architetto saper gestire un progetto. Che poi Lei sia a distanze siderali dalla pratica dellarchitettura, ma vicinissimo al provincialismo architettese italiano, emerge in maniera inequivocabile dallimpostazione ridicola di argomenti del tenore "...colleghi esteri che fanno razzia di incarichi" e dal pensare che larchitettura italiana sia Piano, Aulenti e Fuksas. Sorvolando sul delirio incomprensibile del garage laggi di Meier e sul tutto il resto dei sogni delle Hadid ecco direi che i problemi si risolvono in primo luogo con lintelligenza. Non so se lei e daccordo.
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521
di Alessio Blanco
del 27/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
"Vidi una volta i proprietari d'una tale dimora vacillare sull'orlo dello smarrimento dei sensi a causa di tutto quel biancore e leggerezza e sottigliezza e pulizia e nudit e levigatezza. Bramavano disperatamente un antidoto, qualcosa che desse intimit e colore. Tentarono di sommergere i sof, rigorosamente candidi, sotto una valanga di cuscini di seta dai colori pi ribelli e festosi immaginabili, dal magenta al rosa al verde tropicale. Ma l'architetto torn (torna sempre, come un assassino sul luogo del delitto) e implacabile li redargu, li svillaneggi e fece sparire quelle care cosine multicolori." Tom Wolfe, Maledetti Architetti, 1981
Da architetti progettiamo l'abitazione come espressione architettonica dello spazio ma siamo incapaci di cogliere gli aspetti del micro-territorio domestico. D'altra parte nelle facolt di architettura ci hanno sempre insegnato a progettare abitazioni, non case.
E' evidente che l'essenza della casa ci allontana dalle propriet fisiche dell'abitazione. La casa uno stato mentale che integra immagini e ricordi, identit e intimit, desideri e paure, passato e presente.
Ci sono solo tre parole per descrivere questo scontro ancora aperto: HOME VERSUS HOUSE
E di sicuro la Farnsworth House di Mies, come dice il termine, solo una HOUSE
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520
di Remo Gherardi
del 26/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
Non sono certo qui per difendere l'in/arch, che proprio non me ne potrebbe importare di meno; ma di sicuro non capisco l'acrimonia di certi commenti quando si fanno bella bocca di dare addosso ai professionisti nostri connazionali. Non sanno gestire un progetto, si dice, rispetto ai colleghi esteri che fanno razzia di incarichi nella penisola: e sarebbe un bell'esempio di gestione del progetto quello, gi oggetto di dibattito nella rivista, di Genova?? E che forse Richard Meier -e mi rifaccio ancora a un caso qui dibattuto- ha "gestito" il progetto di Tor Tre Teste? Se l'avesse fatto come per l'Ara Pacis si potrebbe ancora solo dire messa in un garage laggi...E tutto il resto ancora nei sogni delle Hadid, Decq e compagnia. Mentre fuori d'Italia mi pare che qualcuno che ha nome Piano, o Fuksas, o Gregotti o Aulenti e via discorrendo, qualche mattoncino l'ha impilato.
I problemi e gli scandali esistono, ma non risolviamoli con la meschinit.
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519
di Renata Chiono
del 25/11/2003
relativo all'articolo
Abolire l'ordine degli architetti
di
Sandro Lazier
Ho gi dato il mio parere quando l'articolo usc la volta scorsa. Non so se stato letto.
Sempre per lo stesso motivo di cui ho scritto appunto la volta scorsa, posso inviarlo all'Ordine dei Chimici?
Con i soliti complimenti per la chiarezza dell'informazione
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516
di Paola Ruotolo
del 25/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Vorrei che il testo del mio breve messaggio riguardante la vendita all'asta della Farnsworth House pubblicato ieri in European Art Magazine fosse disponibile a chiunque voglia diffonderlo.
Spero che tutto questo sia utile ad aumentare la movimentazione delle informazioni in proposito e l'ampiezza di reazione e di slancio operativo da parte di architetti e/o cultori della buona architettura.
Less is more.
Lo diceva Mies van der Rohe, ma certo non avrebbe immaginato una simile beffa del destino: la Farnsworth House stata messa all'asta. Deadline: 12 dicembre 2003.
Leggiamo che la Farnsworth House di Mies van der Rohe sar venduta all'asta il 12 dicembre 2003. Scorriamo velocemente le righe degli articoli in proposito, per capire come questo possa essere successo, proprio non ce lo spieghiamo, anche se non la prima volta che un capolavoro dell'architettura moderna viene messo a repentaglio. Ripetiamo nella nostra mente: Caspita proprio vero, su tutti i magazine di architettura!, quasi come se qualcosa dentro di noi si rifiutasse di prendere atto dell'evidenza. Che peccato! pensiamo, la nostra coscienza indugia per qualche secondo su quello che ha appena appreso, ma io che ci posso fare?! chiede a se stessa e, dopotutto, solo a se stessa deve rendere conto. Il cellulare s'illumina e comincia a squillare, guardiamo il display per vedere chi , pulsante verde, yes, ok, via libera, s, on air: molto pi facile rispondere ad una telefonata e ricadere nei nostri affanni quotidiani nel giro di un attimo.
La cosa pi bella di internet la velocit con cui pu viaggiare un'informazione e l'incredibile diffusione che pu avere: questa frase quasi ovvia nasconde un gap invalidante per la reale funzionalit di un mezzo di comunicazione.
L'interattivit spesso sottintesa come presupposto indispensabile a quest'affermazione, ma forse bisogna essere pi espliciti e dire che la cosa pi bella di internet coglierne l'immensa libert, la grande potenzialit di azione.
Eppure non un passaggio diretto, automatico, immediato.
L'interfaccia la nostra volont, l'unica bacchetta magica che accende realmente le molteplici connessioni a nostra disposizione.
Qualcosa aROOTS l'ha fatta: ce ne informa Guidu Antonietti in Antithesi, vivace giornale di critica dell'architettura on line, riferendoci che la Farnsworth House sar presto la sede sociale di aROOTS. Virtualmente, s'intende Su Internet tutti i sogni sono possibiliLa passione per l'architettura che ispira gli amministratori di questo sito libero e gratuito autorizza a presentare un'offerta anche soltanto di un euro La fortuna in un clik ! Grazie aROOTS.
E allora, dimentichiamo tutti i nostri ma io che ci posso fare?!, spesso forieri di ostacoli fittizi, armi di distrazione di massa.
Non abbiamo scusanti, nemmeno la timidezza, internet ci rende pi leggeri, ci libera dalla forza di gravit, annulla le distanze in tutti i sensi.
Se solo mandassimo personalmente un messaggio sull'argomento ad architetti e/o cultori della buona architettura (li abbiamo nelle nostre mailing list, disponibili in un click), avremmo gi fatto un passo, se pur minimo, che testimonia del nostro esistere.
Insomma, dopo tante apprensioni sulla strada che l'architettura contemporanea deve prendere, sarebbe davvero un controsenso girarsi dall'altra parte
Nel migliore dei casi la Farnsworth House sar smembrata e ricomposta in altro luogo, come un lembo di spazio da trapiantare chirurgicamente.
Deadline, mi viene in mente questa parola cos calzante, mentre i giorni passano.
Less is morema fino ad un certo punto.
Ecco i links per approfondire:
www.b-e-t-a.net...
www.aroots.org...
perso.wanadoo.fr...
Paola Ruotolo www.eartmagazine.com
Tutti i commenti di Paola Ruotolo
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518
di Mara Dolce
del 25/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
(...)Ne prova evidente l'invasione di progettisti di altri paesi, sempre pi vistosa in questi ultimi anni, alla quale non corrisponde analoga presenza dei progettisti italiani al di fuori della penisola(...)
Gentile Pica Ciamarra, linvasione? se la presenza dei progettisti italiani al di fuori della penisola zero, perch, diciamocelo una volte per tutte, sono delle schiappe strepitose rispetto ai colleghi che ci invadono. E perch non sanno gestire un progetto, e nessuno rischia i propri soldi per architetti che non sanno fare gli architetti.
S lo so, brutto scrivere queste cose sopratutto perche da almeno quattro anni alcuni suoi colleghi dellIn/Arch battono una lagnosa grancassa sulla mancata visibilita`della Giovane architettura italiana, brava ma sfortunata, poverina . E la scorciatoia ai problemi reali, converr con me che in tre anni di promozione di giovane architettura italiana tutti ricordano i nomi dei critici promotori ma non quelli dei promossi. Quanto allIn/Arch, se uno legge I suoi comunicati , questultimo stesso, quello sul condono, quello di Guzzini, trova che siano delle cose condivisibili nel complesso, niente di che per carit, ma apparentemente equilibrate. Poi cercando un riscrontro ai condizionali delle vostre dichiarazioni: si dovrebbe fare, si dovrebbe dire, noi faremo noi diremo entrando nel sito www.inarch.it, ci si sloga la mandibola dallo sgomento . Che fa lInarch per i giovani architetti?
Chiede soldi. Vediamo come:
Lin/arch, nel suo costante impegno rivolto alla promozione dellarchitettura, si fa fautore di uniniziativa che intende sfruttare i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie informatiche a favore di una visibilit che solo con difficolt si riesce a conseguire. Ha per esempio realizzato un sito web, con lo scopo di trasferire in rete tutte le proposte, le idee, le battaglie che da oltre trentanni porta avanti, scontrandosi con una realt italiana sempre ostile alle novita www.inarch.it/../progetti_in_rete lin/arch per il suo costante impegno rivolto alla promozione dellarchitettura chiede ad ogni partecipante un contributo di Euro 75 + IVA ogni due mesi di permanenza in rete .
per le iniziative in corso invece abbiamo il discusso e discutibilissimo Master digitale, costo: 3.950 Euro pi IVA, non ha un marchio di qualit ISO e ancora non si capisce da chi riconosciuto. Borse di studio: una (grazie ad antithesi e a me che lo scorso anno abbiamo fatto il putiferio) questanno il master e partito mettendo la sordina sperando che non ce ne accorgessimo.
I corsi di informatica invece, sono a pagamento, i docenti e i costi delle lezioni ad ora, sono pi o meno gli stessi di quelli del master, solo che si chiamano in modo diverso, (basta vedere i risultati del master dello scorso anno per capire di cosa parlo)
A parte Tavole rotonde, qualche mostra, unincomprensibile Campagna di pubblicit sociale dellInarch paesaggio: il nuovo creato, (???)
gentile Pica Ciamarra, non ce altro, NON ce altro.
Davvero uno non capisce perch . In questo contesto, l'INARCH andrebbe sostenuto nel suo impegno apparentemente marginale, (diciamo assolutamente marginale ndr) ma nella realt profondo: l'incentivazione del dialogo fra esponenti di ogni forma di espressione culturale, committenti, progettisti, realizzatori.
Si ha la sensazione che allinarch si dialoghi troppo, e che a parte fare i riassunti di cose che girano per confezionare manifesti, non si faccia altro. Perch invece non cerca di capire le ragioni del perch i progettisti italiani contano zero nel panorama europeo? Perch bisognerebbe cominciare dalluniversit a fare un po`di pulizia, ecco perch , troppo scomoda la faccenda.
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517
di Beniamino Rocca
del 25/11/2003
relativo all'articolo
Qualit dell'architettura contemporanea nelle citt
di
Massimo Pica Ciamarra
Trovo preoccupante, e un p sconsolante, che su temi cos
importanti e vitali per l'architettura il vice-presidente INARCH si dimostri
pi preoccupato di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, piuttosto
che affondare con coraggio il dito nella piaga. La piaga di un sistema che ogni giorno perde competitivit internazionale, un apparato pubblico sempre pi potente e burocratizzato che tenta di sopravvivere a se stesso promuovendo contemporaneamente conferenze e congressi vari: Condoni edilizi e leggi sulla Qualit architettonica.
Come si fa a lamentare la troppa burocrazia e poi parlare bene del DARC e del CNA.
Uno scatto d'orgoglio lo si pu chiedere ancora ad una associazione un
tempo benemerita?
insomma, andrebbe denunciato con forza, nei congressi dove INARCH invitato, che inutile promuovere leggi e direttive sulla qualit ambientale
se poi, di fatto, si lascia la legge Merloni cos com': a ferrea
difesa della "Quantit'" e, vigorosamente, contro la "
Qualit". Questo il punto fondamentale, questo il bubbone
da estirpare.
Ma guardiamoci attorno, cosa ha fatto l'INARCH dal '94 ad oggi per modificarla questa legge? Questa legge contro l'architettura, diversifica e frammenta l'unitariet del progetto e della sua realizzazione, tutela l'edilizia
e le imprese di nome ma non di fatto, consente persino lo "scippo legalizzato" delle idee da parte del responsabile di procedimento nei concorsi.
Cosa ha fatto l'INARCH per impedire che i giovani architetti fossero cos
spudoratamente esclusi dal mercato del lavoro attraverso la richiesta di presentazione di curricula che non possono avere?
Altro che dire "La frattura committente/progettista insita nelle
regole di concorrenza che impongono la pratica dei concorsi" (e cos
fare il gioco di chi i concorsi non li vuole proprio). Nelle regole della libera
concorrenza non c' niente di " insito". Basterebbero concorsi
palesi, onesti e con pubblico dibattito delle giurie, cosa semplice, non costosa, che gli ordini professionali per hanno sempre rifiutato. Che ne pensa invece l'INARC di concorsi fatti cos? e delle modifiche alla Merloni
proposte dal Co.Di.Arch e apparse proprio su Antithesi nei giorni scorsi?
Altro ancora ci sarebbe da dire (ad esempio, lamentare i tempi burocratici troppo lunghi e dire che gli "accordi di programma" sono contro la qualit
una palese ignoranza. Gli "accordi di programma" sono una
potente conquista democratica, uno strumento della gestione urbanistica formidabile che mette intorno al tavolo, contemporaneamente, istituzioni diverse -anche politicamente- e le obbliga ad un accordo!), ma per ora mi fermo qui.
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25/11/2003 - Massimo Pica Ciamarra risponde a Beniamino Rocca
Le sintesi non sono sempre felici: Beniamino Rocca vede condiscendenza verso la DARC ed il CNA, non legge chiare prese di posizione verso la Merloni, non ne coglie il senso e quindi accusa di palese ignoranza linciso sugli accordi di programma (definiti innovazioni comunque preziose malgrado accentuino il distacco fra istituzioni e cittadini, fra committente formale e committente reale). Sono certo che un vero faccia a faccia ci farebbe trovare su posizioni analoghe, senza equivoci.
Colgo invece gli stimoli del suo commento perch lINARCH rafforzi il suo impegno contro le attuali norme che in Italia regolano i processi di trasformazione dello spazio.
Rocca chiede anche cosa su questi temi ha fatto lINARCH dal 1994 in poi. Queste le tappe principali della nostra azione: 1994, preparazione e coordinamento del Seminario sulla Qualit Architettonica nellambito della Conferenza Nazionale sulledilizia; quindi serie di manifestazioni nel Chiostro della Pace a Roma ed in molte citt italiane con il lancio di un Appello per lArchitettura; giugno 1995 (2 giorni dopo la riedizione della Legge), lINARCH trasforma lAppello in proposta di legge diniziativa popolare per lArchitettura; la base assunta nel 1997 dallObservatoire Internationale dArchitecture che diffonde un progetto di Direttiva Europea per la qualit dellarchitettura e degli ambienti di vita dal quale viene tratto il Codice di Autoregolamentazione per le Amministrazioni pubbliche. Qui la radice prima del Disegno di Legge per lArchitettura 1999 del quale, nelle audizioni parlamentari, lINARCH denuncia linsufficienza; nel 2000 lINARCH istituisce un Tavolo di concertazione con CNA, CNI, INU, ANCE, OICE ai fini di una pressione congiunta;
Oggi non sono utili processi, accuse e difese, ma reali, concrete e strutturate, sinergie che determinino la massa critica indispensabile per raggiungere obiettivi sui quali ormai in molti sostanzialmente si concorda.
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515
di mara dolce
del 24/11/2003
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
Volevo invitare Pepito Sbazzeguti, alias Pierpaolo Fadda, ad un commento sulla chiesa di Meier.
Perch mai Sbazzeguti dovrebbe essere Fadda?
Eh... perch c'ha quel vizietto, al quale non sa resistere, di parlare di nani e giganti che si arrampicano su specchi e spalle altrui.
saluti cari
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514
di Domenico Cogliandro
del 22/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Un tavolino un tavolino. Punto. Non mi farei fregare dalla dicotomia (ho detto dicotomia?) tra forma e materia senza avere idea di cosa sia una e cosa l'altra. Diciamo che, ecumenicamente, capisco tutte le posizioni, e che tutte le posizioni, in quanto tali, debbano essere difendibili, ognuna per s, per le fatiche che si portano appresso, per il tempo che c' voluto a maturare, in un senso e nel suo avverso, quella determinata posizione. Tra tutte, se devo essere sincero, preferisco il fervore di Sandro, ma una simpatia a pelle. Non per questa la cosa di cui voglio scrivere. Design un termine che ingerito male pu provocare, a seconda degli organismi (siamo tutti diversi, vivaddio), stitichezza o emicrania, o entrambe senza soluzione di continuit. E poi un termine che abbiamo ingerito, ormai acclarato, dalla lingua inglese, e nella lingua inglese (come nell'antica Grecia la parola polis significava tre cose - politica, citt, e le molte cose - inscindibilmente e contemporaneamente) il termine design, ma vorrei fosse un lemma o addirittura un suono, significa almeno due cose: progetto e strategia. Barthes avrebbe parlato di anfibilogie, o di termini che si portano appresso "assieme e nello stesso contesto" almeno due, se non tre, significati. Quando parliamo di design, dunque, dobbiamo intenderlo, correttamente e anfibologicamente, portatore di due significati che non possono essere scissi, pena lo smarrimento della qualit del termine. Sicch, comunque vada, tra la diatriba tra il critico e il designer, come accade nella fiaba della volpe e il corvo a proposito del formaggio, io sto dalla parte del tavolino, o del formaggio. E aderisco, per concludere, alla posizione di Marasso, le cose che adesso stanno cos riflettono il nostro "cos", tutto qui. In questo momento gli "interessi" per le cose (e, se possibile, vorrei candidarmi a sostenere le iniziative autonome degli studenti universitari, e non solo del Politecnico) vengono veicolati da altri poteri su altri vettori e, nonostante la purezza del progetto di Toppino, fa specie l'attenzione mediatica allo star system (sparate sul pianista, please!) e la disattenzione generale al progetto (design) e alla strategia (design) che ne definisce i caratteri.
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513
di Claudio Compagnucci
del 22/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Per anni Architetti e critici si sono battuti per conferire dignit ad opere architettoniche cercando di porle sul medesimo livello delle altre arti.
Giusto, giustissimo, larchitettura seppur considerata meno "artistica" rispetto alla pittura, la scultura o la poesia merita comunque di far parte di questo entourage.
Ora dopo tante battaglie cosa accade: Come un quadro di Picasso un edificio simbolo dellarchitettura moderna viene messo allasta. Sothebys, il colosso statunitense delle aste miliardarie, vender la Farnsworth House del maestro Mies Van Der Rhoe il 12 dicembre.
E nato un caso, fortunatamente, e c chi cercher anche solo inizialmente di portarla via da mani inconsapevoli.
Lopera, il cui valore storico-artistico indiscutibile, tanto da essere considerata una dei pi importanti edifici del nostro secolo, non gode incredibilmente della "protezione" assicurata solitamente ad altri edifici architettonicamente di rilievo. La causa di questo la relativa giovinezza delledificio che non gode, dunque, del diritto di "protezione" che le spetterebbe.
Non da escludere infatti che la villa possa essere smontata e rimontata in un altro sito, attivit non fuori dal comune negli Stati Uniti, evento che snaturalizzerebbe le motivazioni che hanno portato Mies a pensare a spazi di quella straordinaria qualit. Spazi che non si possono capire, spazi che devono essere vissuti per essere compresi.
Ci auguriamo che gli sforzi del proprietario e dello Stato dellIllinois, intenzionato allacquisto della villa, tesi alla conservazione dello stato attuale dellopera, vadano a buon fine. E magari, come intenzione dellAmministrazione Locale, possano trasformare la Casa Farnsworth in una meta turistica per gli studenti di tutto il mondo che vorranno capire ci che a parole non si pu spiegare. LO SPAZIO!
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512
di fausto capitano
del 21/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Non sarebbe un danno se per un momento ci si astenesse dal discutere sulle valenze di un comodino e si osservasse un minuto di silenzio in onore di una architettura vicina alla morte. Tra poco tempo avr luogo lo smantellamento del corpo di fabbrica che Luigi Cosenza aveva pensato e realizzato per l'ampliamento della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Io ho, ancora, una scarsa sensibilit estetica e spaziale, ma quel minimo che riesco a raccimolare frugando nelle tasche vuote della mia coscienza, mi dice che si tratta di un piccolo, invisibile evento luttuoso per l'architettura moderna. All'atto si d una giustificazione funzionale, ma proprio per questo (correggetemi se sbaglio) si sarebbe dovuto annientare la fabbrica di Cesare Bazzani che, in confronto, mi pare un afono e scialbo episodio dell'arte e dell'architettura moderna. Riflettendoci su un attimo (per quel poco che riesco a fare), sarebbe stato pi logico un intervento di contemporaneit trasversale (rispetto + transfusione di nuovi dna) tenendo conto della mutevolezza di usi e bisogni. Penso che questo gesto demolitore inquina ulteriormente la gi torbida cultura italiana rispetto ai temi della modernit.
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511
di Mara Dolce
del 20/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Gianni Marcarino domanda
RISPOSTA 1.
Gianni Marcarino dice: VORREI AVERE da Lei degli esempi di prodotti di qualit(..) al di fuori delle bagarre parolaie descritte dal suo commento.
1-Gli elenchi, le liste, lasciano il tempo che trovano,ne abbiamo avuto recentissime conferme con le discusse liste under40. mettere in colonna
nomi di opere di architettura e design, quando non se ne giustificano i criteri , un operazione da auproclamati critici di architettura italiani, di quelli che un giorno si definiscono critici e quello dopo teorici dellarchitettura se non addirittura comunicatori.. Questo semmai potrebbe il tema di un prossimo articolo.
2- per il VORREI AVERE la rimando alla risposta n.3
RISPOSTA 2
Gianni Marcarino dice: preso atto del kitch italico in cui ci siamo immersi, come propone di uscirne ()
Pi che di Kitch parlei di trash, inteso come emulazione fallita. Basta farsi un giro nelle universit il giorno delle tesi , per vedere un ricco campionario di emulazioni fallite di Ghery, Hadid, Eisemman, Fuksas ecc. insomma una specie di ciaocrem , dellarchitettura , un succedaneo della ben pi nota e buona nutella. La colpa ovviamente dei docenti che vertono in uno stato di semincoscienza dellarchitettura e che appoggiano da pari a pari, lallegro entusiasmo adolescenziale degli studenti.
Come uscirne?
Credo che si debba ripartire dalluniversit. Oggi i presidi di facolt si limitano a fare i gestori e i burocrati di un organismo pubblico. Non hanno una linea culturale chiara, (praticamente non la hanno), accettano indiscriminatamente tutto. Una linea riconoscibile sottintende una scelta cosciente di un tipo di architettura e la difesa critica della stessa, significa aver chiaro come dovranno essere gli architetti di domani. La recente riforma dellautonomia degli atenei, che prevedeva una sana competizione che si sarebbe dovuta misurare sullofferta culturale e poteva essere uno stimolante rilancio dellarchitettura; stata invece
immediatamente polverizzata dallinterpretazione provinciale dei loro presidi che ne hanno fatto uno strumento politico ridotto a competizione del proprio prestigio e alla corsa (patetica) allaccaparramento delle matricole con gadget e promozioni. Un ottimo esempio in questo senso, la facolt di architettura di Roma la Sapienza che divisa recentemente in tre sedi ,ha messo a nudo tutti gli aspetti di potere, burocrazia e di povert culturale che per almeno ventanni la hanno corrosa, facendola precipitare nelle classifiche delle peggiori facolt italiane. A partire dagli anni ottanta le facolt di architettura hanno avuto come unica linea culturale il potere; lo strumento per gestirlo e mantenerlo stato quello della poltrona incollata eternamente al culo per s e per pochi intimi. Ancora oggi, la cattedra un titolo nobiliare che si passa di padre in figlio; infatti, recenti studi scientifici nei dipartimenti di facolt, hanno dimostrato che il gene dellarchitettura, della cattedra e del merito scientifico, nel DNA del padre che non pu non trasmetterlo allaltrettanto meritevole figlio o nipote. I dottorati pagati, guarda caso, li hanno tutti i figli dei docenti, ce ne fosse uno che non se lo meriti. Le borse di studio praticamente non esistono, i soldi sono a beneficio dei dipartimenti per comprare gli schermi al plasma per la gioia di docenti- adolescenti senili le cui ricerche finanziate con denaro pubblico, al 90% sono carta straccia che non serve a niente e a nessuno, se non a loro stessi per fabbricarsi titoli.Le facolt di architettura sono un luogo dove piove sul bagnato: per chi ha soldi: borse di studio, (quelle poche che ci sono),per chi ha il padre professore: il dottorato pagato, per quelli che non hanno niente da dare in cambio: meno di niente. Il merito, si sa, nell italietta dalle mezze maniche, non paga. Le raccomandazioni ci sono in tutte istituzioni del mondo, ma semplicemente scandaloso vedere come in Italia il merito proprio non trova posto, o che questo venga riconosciuto, difeso e anteposto ad altri interessi solo da rarissimi integri docenti che nella corruzione generale fanno quasi la figura degli eroi. E s, perch docenti di questa fatta ovviamente di amici ne hanno pochissimi. E solo di pochi giorni fa la notizia di centinaia di ricercatori che facevano fagotto e se ne andavano allestero; e non perch non ci siano i soldi, ma perch vengono distribuiti arbitrariamente: chi nelluniversit non sa fare politica rimane a bocca asciutta.
In questo clima di profonda ingiustizia sociale e disonest intellettuale, non c posto per una linea culturale: non ci pu essere quindi lArchitettura.
RISPOSTA 3
Gianni Marcarino dice: Dato che il tavolino di Luca Toppino non , secondo lei tanto male, ma non la convincono i commenti sociologici culturali ATTENDO Suo punto di vista()
Gentile
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20/11/2003 - Gianni marcarino risponde a Mara Dolce
Domanda 1
"Le liste, gli elenchi non servono". Quando si parla di dicotomie, di fronti contrapposti, di palesi scemenze (vedi il commento 486) significa avere le idee chiare. In questo senso gli esempi sono utili, aiutano a capire ed a dialogare su elementi concreti. Mi auguro che questo possa essere un tema futuro. Un esempio: il programma di Daverio, condotto dallo stesso critico d'arte la domenica su Rai 3. Ha affrontato il tema del restauro filologico, prendendo una posizione, con tanto di nomi, cognomi, e documenti filmati. La posizione ovviamente tutta da discutere; il miracolo che cio' accada.
Domanda numero 3
A parte la filippica sulla buona educazione, (mi ricorda la scuola e le compagne/bene, accompagnate dallo sguardo benevolo degli insegnanti tanto amici di pap e mamm: i loro "cazzo cio", erano politicamenre correttissimi) segnalo che a parlare dei pattini e della massaia , ovviamente in modo del tutto lecito, l'autore del tavolino il quale ha introdotto il proprio lavoro con un piccolo commento segnalato tra le immagini dell'oggetto. Commento peraltro richiesto da Antithesi per dialogare sul tema senza alcuna pretesa aulica, ma con la convinzione che un progetto possa anche essere "raccontato" e discusso.
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509
di Beniamino Rocca
del 19/11/2003
relativo all'articolo
Su Genova, corvi e Merloni
di
Paolo G.L. Ferrara
La legge Merloni una sciagura.
A Genova, purtroppo, nel vero senso della parola.
Andrebbe presa questa, sciagurata, occasione per dire con forza che dividere il progetto in prelimenare, definitivo, esecutivo, e la direzione dei lavori in architettonica, strutturale, impiantistica (riscaldamento, elettrico, idrico-sanitario, impianti speciali, i direttori dei lavori possono essere una diecina) demenziale . Ma nessuno lo dice e non succeder nulla di quello che il buon senso e la millenaria pratica del buon costruire suggerisce :il progetto d'architettura e la sua realizzazione, naturalmente, deve essere unitario e la responsabilit delle maestranze in cantiere deve essere dell'impresa di costruzioni ( se tale!) e basta.
E' cos difficile capirlo?
La verit che non ci sono pi imprese di costruzione vere iscritte agli appositi albi. Tutti quelli che in cantiere ci vanno, lo sanno da tempo ormai. Le imprese di costruzione italiane, che non a caso non vincono pi un appalto all'estero da anni, hanno a libro paga pi avvocati ed impiegati che capimastri, carpentieri, geometri, muratori e compagnia bella. A loro la legge Merloni -e ancor di pi le leggi sulla sicurezza- vanno bene cos. E nel Parlamento italiano sono tanti gli avvocati, si sa.
E' demenziale, ma per avere pi sicurezza in cantiere si legiferato per responsabilizzare innanzitutto il committente, anzich le imprese che decidono chi mandare in cantiere.
Insomma, la signora Maria ad esempio, che fa la sarta e vuole farsi la villetta, se si fa male qualcuno in cantiere si becca il suo avviso di garanzia dal solerte magistrato di turno.
Ma le nuove leggi, la 494 in questo caso, cos prevedono.
E cos nasce un'altra figura: il responsabile della sicurezza (anzi, sono due, perch si pu dividerlo in fase di progettazione ed in fase di esecuzione!) oltre ai progettisti ed i vari direttori dei lavori.
E intanto gli ordini professionali, le universit , le associazioni, i collegi, ogni italiano con un p di spirito imprenditoriale perbacco, continuano a organizzare corsi a pagamento previsti per legge (!). Insomma, si continuano a produrre inutili attestati ed a dare un p di soldi straordinari a professori falliti, pensionati, ex vigili del fuoco, ex burocrati, impiegati dell'Asl e giovani magistrati (anche loro non mancano mai a fare la loro brava lezione in questi corsi).
Ha detto Bruno Zevi "Nemmeno in stato di ebbrezza si pu dividere l'architetto in quattro..." ma, con tanto di legge naturalmente e dopo cene e convegni, stato fatto e in questa logica ancora si continua: architetto, pianificatore, conservatore, paesaggista....
Riposa in pace Albert Kolegjegja, albanese sfortunato.
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508
di Paolo marzano
del 19/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Chi ha architetture per intendere
di Paolo Marzano
Colgo lo scritto di Guidu Antonietti su Antithesi e su Channelbeta riguardo la vendita della Farnsworth House di Mies van der Rohe, il 12 dicembre 2003 da SOTHEBY'S a New York.
Il 1946 la data di quest'intuizione che ha fatto balzare in avanti la ricerca architettonica, consegnata poi nel 1951 al Dr.Farnsworth. Nelle vicinanze delle rive del Fox River a Plano a est di Chicago negli Stati Uniti.
Esempio di leggerezza strutturale capace di contribuire alla ricerca architettonica pi di tante parole e di mille esempi, dando una visione reale, di quell'elemento che ancora oggi si fa fatica a spigare: lo spazio. Pensiamo a come potrebbe diventare se venisse ridefinita come meta (magari spostandola in un altro sito come il Padiglione di Barcellona del '29) per diventare una 'sosta architettonica', inserita in un circuito mondiale di una 'pomenade architectural'. Ogni studente potrebbe vederla, osservarla, contemplarla per assorbirne la confluenza energetica di cui intrisa. Nel mare di esempi ormai considerati 'minimali', ritengo sbagliato destituire dalla sua enorme capacit progettuale, la Farnsworth House. Essa nello stesso tempo l'evoluzione cristallizzata di un luogo, un' opera aperta che didatticamente pu convalidare nuovi percorsi e inoltrarsi nello studio dello spazio progettato. Qualche fondazione illuminata, per la salvaguardia dei capolavori o qualche gruppo finanziario si renda filantropicamente conto del valore storico soprattutto culturale e sociale di questo capolavoro dell'architettura. Sono d'accordo sulla scelta di aROOTS nel farla diventare un sito virtuale, ma ritengo la virtualit 'un ambito' mutante che scivola e fluttua tra idee concrete e lavora per realizzarle. Se invece di un oggetto rimane l'immagine virtuale e non si riusciti a far niente per l'oggetto reale che contenitore e contenuto, dello spazio (inteso come relazione), allora c' ancora tanto da lavorare, per non vivere tristi e povere 'simulazioni di annunciate assenze'.
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510
di Guidu Antonietti
del 19/11/2003
relativo all'articolo
Compriamo la Farnsworth House di Mies
di
Guidu Antonietti
Gentile Paolo Marzano
Grazie per il commento !
Avant dtre rel lArchitecture est dabord virtuelle !
Et cela bien avant lInternet .
Celle de Etienne Louis Boulle :
http://expositions.bnf.fr/boullee/indexpo.htm
a t essentiellement virtuelle !
Avant laire lectronique on la disait de papier !
Celle de Mies, virtuellement est celle que porte tous les Architectes ,
rellement celle quil est encore lordre du jour de promouvoir
Sauf si lon considre que seul le style est lArchitecture .
Et dans ce cas l on est moderne , post-moderne , constructiviste , deconstructiviste ,ou cyberarchitecte ,ou ?
Est Architecte rel , celui qui construit , et alors nous sommes peu nombreux! Et innombrables sur le Web !
L'Internet est un trou, un rseau transparent, une pnombre, un jeu de lumires. On navigue sur le nant, pixel d'une neige incandescente, d'un nombre sans ombre, du temps sans espace, dans l'espace, tant on prend le temps...
Nous sommes les esclaves de notre clavier ergonomique et nous sommes fiers de pouvoir ainsi survivre... en coutant l'un, conscient de l'autre, dans le nant de l'infini, le nez au vent, comme sous les auvents du temps, de temps en temps !
Une poque comme la notre qui empche les Architectes de dire ce quils ont a dire est une poque rgressive! Elle a dtruit plus quelle n a construit! Pire elle a construit des camps de concentration
Le web permettra-t-il dinverser ce funeste processus ? Je l espre et j en doute !
Les vnements rcents en Irak ( que antiTheSi a justement relater ) me disent le contraire .
Virtuels, rels, Architectes citoyens conscients, nous devons tre !
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507
di Angelo Errico
del 18/11/2003
relativo all'articolo
Su Genova, corvi e Merloni
di
Paolo G.L. Ferrara
E' un tema delicato due volte quello dell'incidente di Genova.
Come in ogni incidente, c' un lutto, e delle vittime sul lavoro, e deboradare in speculazioni verbali gratuite uno scivolone facile in questi casi, da evitare con la massima sensibilit (sempre che io ne abbia una). Come in ogni incidente di questa "portata", ogni parola di puro e semplice pensiero pu essere trasformata in insulto, diffamazione, accusa, offesa a pubblici ufficiali, e alla sensibilit di prima, si deve anche aggiungere una dose da pachiderma di attenzione, scrupolosissima, anche per i sospiri oltre che per le parole pronunciate.
Ricordo che durante un corso al Comune di Milano sulla sicurezza nei cantieri, argomentando sui dispositivi di protezione individuale (casco guanti scarpe, per intenderci) si diceva che i nostri operai edili sono oramai abituati a lavorare a mani nude e sprezzanti il pericolo, e che un elmetto crea pi disagio che serenit sul lavoro, ed in certi casi, qualcuno s'impiccia ad indossarli, rischiando contraddittoriamente di farsi male.
Cosa voglio dire con questo? che nei cantieri le responsabilit sono di molti, e da ultimo anche dei cantieristi.
Se la preparazione di queste persone (ed una triste realt) quella di chi s' fatto mascolinamente nella vita da s, con il mestiere che oggi ti vede qu e domani ti porta l, ci sono per contro quelli che sono tutto scienza tecnica e master di specializzazione (i laureati, gli architetti), ma impreparati ad ogni reale concreto confronto con la materia, quella usata per costruire. Se a queste persone, per sorti umane, affianchiamo chi della politica e della gestione del bene pubblico si confronta con la sola autocritica, in supponenza di essere uber alles, al di sopra di tutti, il rischio potenziale che in un cantiere le cose non vadano per il verso giusto, alto. Raggiunge livelli di pericolosit inimmaginabili ma prevedibili nella dimensione di un disastro tale rischio, se l'opera da costruire di portata enorme come quella di Genova.
Kenzo Tange, dopo aver realizzato in un lungo arco di tempo il famoso aeroporto in Giappone (quell'isola enorme che fa atterrare un mondo intero ogni giorno) durante una cerimonia rispose ad un'intevistatore che gli domandava di esprimere un commento o un'osservazione personale su quanto realizzato, disse: sono contento che non ci sono stati incidenti e vittime di operai nel cantiere.
Questo per sottolineare come persino un grande come Tange, non si sia sbrodolato con querule chiacchiere da Ordine degli Architetti, ma di tutto quello che avrebbe potuto dire e ribadire per lasciarlo poi immortalato nelle riviste e nei giornali, ha semplicemente ossevato quanto in un ambiente cos rischioso, tutto sia andato per il giusto verso.
In Italia, il dramma che, ai cosddetti culi di pietra dell'amministrazione locale, si d da applicare "una legge" che ancorch preventiva e di ausilio al progettista, al costruttore, al direttore dei lavori, punitiva per tutti loro.
La Merloni, come ogni figlia del pensiero parlamentare italiano, l'aborto di compromessi, tira e molla, omissioni per la concessione in altre parti. Il buon senso tuttavia, dovrebbe appartenere agli uomini anzitutto. Mi dite come avranno fatto i romani a costruire acquedotti dalla Scozia alle coste africane senza uno straccio di lex aedile?
Angelo Errico
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506
di Francesco Pietrella
del 17/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Mi sono interessato dell'argomento in questi giorni difficili in cui ho mio padre ricoverato in ospedale con urgenza. in effetti entrando in luoghi come gli ospedali per l'appunto mi domandavo tra me' e me' quale importanza etica puo' avere il mio mestiere in confronto per esempio ad un medico, un primario, un semplice infermiere, un carabiniere in Irak. Con sorpresa mi accorgo di quanto anche ammalati gravi "necessitino" di allegria, convivialita' e vitalita', condivisione di uno spazio abitabile "loro". Mi domando in quale modo e concretamente il "luogo" progettato possa essere necessario alle persone, e quanto sia impegnativo oaleatorio il ruolo di un designer-architetto nella societa'.
Ritornando al tema del tavolo-erba ho notato la presentazione nel sito e mi domando qual'e' la motivazione per pubblicare e fare dibattito culturale sulla presentazione voluta da voi di un lavoro presentato come novita' in copertina visto che l'idea e' gia ampiamente stata svolta da tanti e ancora tanti, fin dalle basilari scuole di design. Vi chiedo informazioni se questo lavoro presentato sia accreditato come "oggetto di design" da chi di dovere, un concorso, un ente, una pubblicazione, una produzione ind. Sinceramente ho trovato aleatorio il tam-tam tra gli utenti. Personalmente seguo altre linee di pensiero progettuale, ma ritengo che nel "design ludico" debba essere tale la forza espressiva di suggestione dei sensi percettivi tale da motivarne interesse. Ho notato che tale forza espressiva di coinvolgimento dei sensi e' alquanto assente, riducendo il tema progettuale alla citazione di relazioni tra elementi come la seduta e il materiale erba senza la sintesi stilistica e talentuosa necessaria o lo svolgimento di tale relazione in un progetto nuovo, fresco e sorprendentemente coinvolgente. Le relazioni vanno tutte bene .....ma mi devi affascinare molto di piu'. E' "necessario" e il design "necessita'" di novita' sorprendenti, di superamento evoluto dei concetti del design conformati da tempo, e' il nostro dovere di designer,di architetti, di operatori culturali, abbiamo il dovere di indirizzare al futuro prossimo condivisibile la societa', il mercato, il prodotto, l'attenzione estetica di un'umanita' che vive, che lavora, senza rimpastare vecchie idee oramai conformate. Io nel mio lavoro cerco di essere utile appunto ad un' umanita' seguendo principi primitivi e antichissimi e modernissimi perche' l'umanita' che comperi un tavolino-erba non sia impreparata alla vita, perche' non rida dell'erba in casa di una comitiva di amici perbenini figli di papa' annoiati, ma sorrida silenziosamente nel guardare una lampada polifunzonale ma economica,una lampada o un' oggeto "diverso" auspicio di un atteggiamento tollerante verso le diversita' del mondo, di quel senso estetico che evolve dal finto antico alla sensorialita'. Un'oggetto che accompagni l'uomo contemporaneo verso un'apertura culturale sana, il "segno" della contestualizzazione di un atteggiamento etico verso il modo auspicio del sorriso di una classe dirigente occidentale ben disposta alle integrazioni sociali, alle contaminazioni culturali, all'operoso impiego delle risorse produttive dell'industria. Proprio perche' tra gli uomini ci sono guerre, incomprensioni religiose e terrore, enormi muraglie di cemento e cultura tra popolo e popolo, dolore e fame, mancanza di risorse
primarie e inegluaglianze essenziali. non si ridacchia dell'erba a malo modo sparato sul proprio sito,o peggio facendo catenaccio di comitiva. Si sorrida ad un futuro condivisibile.
buon lavoro
Francesco Pietrella www.newitalianblood.com
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503
di Mara Dolce
del 16/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Scusi Marcarino, non ho capito qual'e' la domanda, me la puo' ripetere?
Sara` forse per colpa di quel ritorno al Barocco che lei tanto auspica.
cordialit
Mara Dolce
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16/11/2003 - Gianni Marcarino risponde a Mara Dolce
Gentile Mara,
sar sintetico, razional(ista) al meglio delle mie possiiblit.
Domanda numero 1:
Vorrei avere da Lei esempi di prodotti di qualit (design, architettura), compresi da pochissime persone, prodotti al di fuori della bagarre parolaia descritta nel suo commento.
Domanda numero 2:
Preso atto del Kitch italico in cui siamo immersi, come propone di uscirne, anche e soprattutto, visto il sito che ci ospita, sul piano culturale ed estetico ?
Domanda numero 3:
Dato che il tavolino di Luca Toppino non , secondo Lei, tanto male, ma non la convincono i commenti " sociologico-culturali", attendo un suo punto di vista specifico sull'oggetto.
Cordialit
Gianni Marcarino
Commento
502
di gianni marcarino
del 15/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Nel suo commento 486, Mara Dolce contrappone il mondo dell'astrazione, delle parole al mondo della pratica, dei fatti. Mi pare discutibile sul piano logico, in quanto esistono le parole ed esistono i fatti, esistono i concetti e le azioni e non credo ci sia una possibile scala di valori che possa definire la prevalenza della " pratica sulla grammatica". E' bene certamente che alle teorie seguano i fatti,ma Antithesi un sito nato appositamente per fare critica e dibattito.....
Per rimanere sul concreto, vorrei conoscere alcuni esempi di prodotti di qualit di design , d'architettura, secondo Mara Dolce....fuori i nomi.
Segue poi l'elenco delle doglianze sugli endemici difetti degli italiani, peraltro piuttosto condivisibile, ma chiedo, per amor di realismo, quale sia il rimedio. Dal mio punto di vista utile prendere coscienza che tra le necessit di oggi c' quella di ottenere l'accesso di massa alle informazioni, attraverso il computer ed internet, attraverso una informazione televisiva allargata e dialettica, la scuola, per sviluppare il senso critico generale. Cos come sono oggi necessit concrete (non solo fisiche ma anche psicologiche) oggetti reali, mezzi di comunicazione, trasporto, abbigliamento, arredo, con una dignit estetica ieri solo appannaggio delle classi privilegiate. Tutto ci al di fuori di una possibile orgia consumistica, ma nell'ambito di una societ, la nostra, in cui non si muore pi di fame, in cui aumentano le aspettative di vita e di realizzazione personale.
Oppure possiamo vedere le cose dal punto di vista dell'intellettuale impegnato che tempo fa, su un quotidiano nazionale, ricordava con nostalgia gli anni in cui con famiglia e servit trascorreva alcuni mesi di riposo l'anno (alcuni mesi) nella casa antica sul mar ligure e la popolazione locale, povera, ignorante ma felice, faceva da vernacolare contorno alla loro vita di meditazione. In questo contesto sociale non correremmo certo i rischi della possibile moltiplicazione delle scemenze che tanto teme Mara Dolce.
Mi rendo conto che, per certi versi, il nostro paese una bolgia disordinata, fatta di passioni private e di poca passione etica. Tuttavia esiste una vitalit, una socialit antica ed anche un modo di essere soggettivo che ha prodotto grandi opere (per esempio il fenomeno del design, sviluppatosi fuori da qualunque programmazione, attraverso l'incontro tra artigiani coraggiosi, architetti visionari e manodopera qualificata). Per rispondere alla chiosa di Mara Dolce, auspico certamente che si possa dare una dignit estetica ed etica al nostro disordine ed al nostro modo caotico/creativo di vivere, ponendo naturalmente quei "paletti " sociali necessari alla convivenza civile. Quando questi "paletti" diventano rigidi al punto da determinare a priori il bello ed il brutto, quando la comunicazione in mano soltanto alla vecchia solita elite formatasi secondo i soliti percorsi, la vera dicotomia rimane quella classica: la societ " pensante" perennemente e gratuitamente sdegnata, il popolo becero e giovani a fare eternamenete il copia-incolla per quattro soldi. Vivo in Italia, in un posto in cui gli Svizzeri sognano di trasferirsi...
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499
di Pepito Sbazzeguti
del 15/11/2003
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
Chiedo scusa alla gentile redazione se prendo ancora la parola sul tema innescato da Ugo Rosa. Chiedo venia, so che lo scambio polemico assai disturbante, anche perch il mio contraddittore assai abile, come s' letto, nel darsi la zappa sui piedi. Con metodi retorici degni del miglior Emilio Fede, storpia nomi, s'arrampica sugli specchi di passati mai conosciuti, sfotte chi studia e lavora anche per far giganti i Meier sulle cui spalle lui s'arrampica e ancora una volta nulla ci dice sulle cose che dovremmo comprendere e ammirare.
Lasciamo Rosa Ugo alle sue vestali e, grati, incassiamo: audace colpo dei soliti ignoti...
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498
di Isabel Archer
del 14/11/2003
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
Ho letto l'articolo a singhiozzo, per riprendermi, di tanto in tanto, dall'apnea.
Non l'ho trovato scandaloso, semplicemente desolante.
Ringrazio Ugo Rosa per aver trovato la forza di dire qualcosa, necessario che qualcuno ci difenda da questo modo di esprimersi.
Isabel Archer
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497
di Pepito Sbazzeguti
del 14/11/2003
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
Ho letto l'articolo segnalato dal Rosa e non l'ho trovato cos scandaloso come egli tendeziosamente fa credere. Molti giudizi sono tranquillamente condivisibili, senza che suscitino gli eccessi biliari che il recensore sparge nelle sue righe. Piuttosto egli, di grazia, dovrebbe suggerirci per quale motivo stracciarsi le vesti per la chiesa meieriana: solo perch, appunto, griffata Meier e non Cenci? Se v' un genio da celebrare quello italico che ha fatto "star su" le pareti incurvate rendendole muro e non latta anglo-americana e se di chiesa "d'avanguardia" vogliamo parlare meglio rivolgersi altrove, ch qui troviamo navate e presbiterio: post-Concilio s, ma quello di Trento...
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14/11/2003 - Ugo Rosa risponde a Pepito Sbazzeguti
La mia prima reazione stata di carattere estetico: Ad uno che si firma Pepito Sbazzeguti non si risponde. Poi ho letto il testo ed sopraggiunta qualcosa che potrei definire tenerezza (sono fatto cos, mi affeziono). Mi sono allora creato un alibi improbabile: Si chiama sul serio Pepito Sbazzeguti. Devo solidarizzare, in fondo siamo tutti figli di Dio ( la mia formazione cattolica che emerge). Ho scelto cos questa seconda ipotesi e, perci, solidarizzo. Solidarizzo con solidariet. Solidarizzo senza se e senza ma. Se solidarizzo, solidarizzo. Epper, porca miseriaIl genio italicoeccheccazzo, o pepito sgazzabuti, ma tu sei un comico nato e coi comici mica si solidarizza, si ride.
Tuttavia Dio ti conservi (come sopra). Perch se non ci fosse chi ancora scrive del Genio Italico e con lindignazione per la latta anglo-americana rinnova il bel pensiero della perfida Albione (mimetizzato perch, si sa, il nemico ci ascolta) se non ci fosse chi ancora sponsorizza i prodotti autarchici (il Condinsalata, lItalia, la Boviolina) se non ci fosse chi ancora teletrasmette dispacci di guerra per certificare che lardito ha da annoverare tra le sue caratteristiche: una mente italica, cuore di dinamo, polmoni pneumatici e fegato di leopardo, allora non ci sarebbero neppure don camilli da prendere per il culo.
Il Rosa (suo, affezionatissimo e grato)
P.S.
Cari saluti al Maresciallo Badoglio e Signora.
P.P.S
Avevo appena finito di scrivere questa breve risposta al sig. Pepito Sbazzeguti e stavo per spedirla che un mio collega di studio, passando dietro la mia scrivania si ferma incuriosito, la legge e mi fa, con aria soddisfatta: Devi riscriverla. Lo guardo interdetto Cosa? La tua rispostadevi riscriverla e perch mai? Perch mentre tu chiss da piccolo che minchia facevi io mi sono visto tutti i film di Don Camillo e devo rivelarti che Pepito Sbazzeguti lo pseudonimo utilizzato una volta da Peppone per poter incassare, insieme a Don Camillo, una favolosa vincita al totocalcio.
Detto questo se ne va sghignazzando e mi lascia l come un fesso.
Ritorna tutto pimpante e soddisfatto dopo dieci minuti: Forza picciotto, fammi vedere come lhai riscritta che te la correggo. Fa lo spiritoso. Non lho riscritta gli dico e lui Ma sei fesso?. No, non credo e aggiungo le immortali parole con cui il grande Capannelle in I soliti ignoti rispose a chi gli aveva chiesto come cazzo era vestito: Sono sportivo (ecco il film che ho visto, da piccolo, al posto dellaltro! Quando si dice la sfortuna).
Perci, se vuole, il caro Pepito-Peppone per questa volta pu incassare tranquillamente.
A buon rendere.
Nota della Redazione:per chiarezza crediamo sia importante, a questo punto, linkare l'articolo citato Il Foglio del Sabato 01.11.2003.
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495
di MARA DOLCE
del 14/11/2003
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
Ugo Rosa non delude mai, come non condividere l'irresistibile sberleffo al Don Camillo della critica dell'architettura? Ma l'altra ragione per la quale Rosa ci manda questa appassionata e divertente pernacchia perch lui un lettore affezionatissimo de "Il Foglio" di Ferrara o meglio, de "Il Foglio di Fico" come lui stessa lo ribattezza sulle pagine di satira digitale di www.pippol.it. Lo scritto di Rosa non pu non rimandarci ai recentissimi eventi inaugurali della misericordiosissima chiesa di Meier e all'ormai consueto e sospettoso silenzio da parte della critica "accreditata" che accompagna questi eventi. Tanto spettinarsi tutto l'anno a parlare e scrivere della mancata modernizzazione delle citt italiane, del futuro possibile e probabile, dell'iperfuturo, delle inevitabili e indispensabili ipersuperfici;e poi finalmente quando si realizza qualcosa come la chiesa di Meier che solo qualche anno fa a detta di tutti gli esperti era ritenuta un'opera alla quale Roma non poteva rinunciare, non poteva non farsi, tale era l'apporto all'architetturacontemporanea di quest'opera; nessuno o quasi nessuno dei nostri "critici" ha scritto una nota piu' lunga di una velina di agenzia. A questo proposito c'e' da segnalare: Pippo Ciorra sul Manifesto, Antonino Saggio con un commento critico sul suo sito, Ugo Rosa su pippol.it e Antithesi.info, Archimagazine.it. Come sempre Arch'it di Marco Brizzi che pare essere la rivista digitale numero 1 di archiettura italiana, sceglie la linea critica del silenzio. Come Brizzi,molti degli "accreditati" che non mancano ad una sola tavola rotonda, dibattito o quello che e', che sono sempre molto attenti a che, sulle locandine, davanti al loro nome compaia sempre la qualifica di critico, esperto, teorico, comunicatore, si sono guardati bene dal farsi scappare una vocale sull'argomento. E' curioso che proprio questi signori , che per professione parlano e addirittura scrivono sui vantaggi indiscutibili della velocit dell'informazione,poi non sappiano approfittare dello straordinario potenziale di internet, per scrivere da critici, un commento su un evento tanto atteso e discusso come la realizzazione della chiesa di Meier , con tempi che non siano quelli della carta stampata . si insomma,e' curioso che impieghino molto,ma molto di pi dei giornali...praticamente non scrivono.
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494
di Falconh Viviana
del 14/11/2003
relativo all'articolo
Lo sprawl della critica
di
Paolo G.L. Ferrara
...vorrei farle notare che rispondere in questo modo: <
uno: continua a fare osservazioni infondate su una persona che assolutamente non conosce.
due: continua a dimostrare una certa superficialit poich a me non bastato ancora dibattere con lei fino ad oggi per etichettarla quale presuntuoso e maleducato, mentre lei legge un editoriale e da questo deduce che Federico Bucci non degno di stima.
tre: visto che io ho stima di lui ed mio maestro, di vita in primis, lei ha ben pensato che la mia opinione si uniformi alla sua per mancanza di mie personali facolt intellettive. lei un critico, ed ogni volta che inizia a studiare qualcosa provi a partire da zero, anche quando si tratta di dare giudizi e si conceda pi spesso la facolt di dubitare delle sue epidermiche impressioni.
quattro: lei continua ad invitarmi a discutere di persona di questi ed altri temi, io rispondo che non so se ho piacere di farlo. curiosa, sicuramente, ma devo ammettere che lei assume sempre posizioni umanamente sgradevoli, ed io credo che prima dell'arte, venga l'amore.
giusto per chiarezza, credo ci siano tanti italiani meritevoli di stima e attenzione ma, in generale, l'architettura italiana ancorata nell'abisso dello storicismo, e questo non pu proprio contestarlo, e siccome i nostri storici, sono spesso anche storicisti, e i progettisti non altro che "copisti", sarebbe meglio guardare oltre le alpi piuttosto che venire ingoiati dall'onda anomala della storia.
chiaro quello che intendo dire?
vorrei se possibile, avere un dialogo da persone civili e, se permette le rivelo un segreto di buona condotta, la tolleranza.
sono sicura che non serva essere scorbutici come Zevi per essere grandi come lui.
ci si aggiorna.
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490
di Luca Mancardi
del 12/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Mi spiace vedere professionisti che ancora provano a fare progetti solo basandosi sul senso del quotidiano e con la concretezza che figlia della necessit. O meglio che hanno la certezza di conoscere LA NECESSITA'; forse D'AMBROSIO (primo commento) arrivato cos in alto da poter inserire la testa nell' Iperuranio e da li trasportare in terra in concetto di NECESSITA' in tutte le sue possibili forme ed evoluzioni! Complimenti! La cito: ''L'idea di necessit che dietro tutte le grandi idee dei progettisti di design e dell'architettura degli inizi del ' 900'' ci a cui dovremmo fare riferimento.... Ma signori, non dimentichiamoci che viviamo in un mondo che si evolve e si trasforma con o senza di noi e molto pi veloce... Questa la base di umilt da cui deve partire anche un professionista! Dice bene ENRICOGBOTTA (comm. 480 8/11/2003), lo cito: ''Le necessit, lo sappiamo, per un animale evoluto come l'uomo sono di natura molto varia'' aggiungo io probabilmente imprevedibili in certi casi, non dico che non si debba guardare al passato ma se ci si fossilizza a guardare indietro non si pu decidere la direzione in cui si va e neppure la si pu giudicare, si rischia quindi di avere una visione quantomeno riduttiva dello stato delle cose. D'AMBROSIO scrive (su www.archphoto.it) ''L'architettura non ha bisogno di essere spiegata, ma di essere vista e vissuta. L'uomo del passato non ha mai dimenticato la convivenza con la natura e la sua potenza mistica purificatrice'' parole sacrosante, ma non mi sembra del tutto in linea con il discorso che ha fatto qui, comunque dovrebbe esserlo dato che si sta facendo riferimento ad un oggetto che alla fine scomponibile in un TAVOLINO (mio dio chi mai lo usera!? NON E' UTILE!) e un VASO... mi sembra che D'AMBROSIO ne abbia appesi in aria un bel numero nelle foto del progetto, penso di Bali, presenti sul sito prima citato, e ci stanno pure bene! Ma li pu usare solo lui! Toppino troppo ingenuo per i vasi, eppure mi sembra sia maggiorenne!
Qui uno pi uno non fa due! Un tavolino e un vaso rivisitati come fa Toppino sono qualcosa di pi, qualcosa di vivo! Un tamagotchi, qualcosa di cui ci si deve prendere cura... e non mi vengano a dire che in una galleria newyorchese esisteva gi la stessa cosa perch come dire guardando un ''IMPACCHETTAMENTO'' di CHRISTO : ''Miseria ha copiato! oggi alla Conad ne ho visti centinaia di pacchetti! " L'intento diverso, perch, nonostante la presentazione del suo progetto, la proposta di un oggetto di design, e come tale va considerato, allora forse si pu riflettere su una cosa: se un oggetto che veniva considerato pura arte ora bussa alla porta di casa nostra come sedie e divani, forse si tratta di riconsiderare quel contenitore enorme di cose che si chiama NECESSITA'! Di aggiornarlo!
Inoltre ricollegandomi a ci che dice S. RAIMONDI, penso che ci sia del vero in ci che dice! D'AMBROSIO irruente, MARA DOLCE un po' pi moderata, almeno nei termini, ma si pu notare una cosa : oggi fare design una guerra, o almeno quello che traspare, una guerra di troppe parole! Se per poter ''mantenersi economicamente con le proprie idee e poterle inserire nel mercato economico'' occorre attaccare quelle degli altri senza dialogo e chiudere le porte d'accesso ai nuovi arrivati, stringendo la mano a chi gi salito sul barcone, magari per poi buttarlo gi quando si volta, perch il mercato non infinito, e dentro non ci stanno tutti! Bene, non si capisce se un contesto pi simile all' HOMO HOMINI LUPUS o alla LOBBY! Nessuno discute del discorso di L.MASSARO sull'evoluzione e sull'essere arrivato, ma dispiace se i motivi per cui ti stroncano sono solo camuffati da consigli e sanno molto di: ''VATTENE NON CI SONO PIU' POSTI SULLA BARCA (gi non so come l'ho trovato io...)". forse ad alcuni dispiace di non averci pensato prima loro a quel oggetto.
Probabilmente A. ERRICO non sa una cosa molto interessante, e cio che l'ombrello nato come strumento per ripararsi dal sole ed era utilizzato esclusivamente da damigelle di corte, poi pensate un po, un pazzo ha cominciato ad usarlo per ripararsi dalla pioggia, e non era una damigella! Probabilmente lo hanno stroncato e magari anche deriso! Un trionfo del pensiero laterale che per fortuna esiste e per fortuna un'arma alternativa e complementare alla logica! Probabilmente vero che Toppino nel suo commento ha venduto la sua merce in modo un po provocatorio, (un fatto interessante comunque che molti ne stiano discutendo come dice ERRICO) facendo riferimento all'arte che fa rabbrividire i puristi del design e parlando di un progetto uscito facendo girare la matita sul foglio, un atto di onest che un po pericoloso, ma credo sincero... M. DOLCE dice che non peggio di altri, io penso che sia persino molto interessante e ne vorrei uno per casa mia! Siamo abituati a oggetti la cui progettazione viene raccontata come la saga di guerre stellari ma che spesso nascono da se
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491
di Isabel Archer
del 12/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Vorrei chiarire i termini del mio stringatissimo commento (n. 478), che tra laltro semplicemente voleva porsi come una personale riflessione ad alta voce e questo mi sembrava sottinteso.
Avevo scelto, quindi, di sottolineare ci che in me risuonava stonato ad una prima (istantanea) percezione istintiva di un testo scritto, esprimendo il mio dissenso per una frase di Lazier, in risposta a Giovanni DAmbrosio, che mi difficile condividere.
Come dire, LEGGO: Questo paese dannatamente cattolico non riesce a vedere la creativit fine a se stessa. Deve sempre ridurla ipocritamente al servizio del patetico e del patito. Non c speranza perch anche un bravo architetto come dAmbrosio ne tormentatamene coinvolto., PENSO: Ma cosa sta dicendo?!!. E quindi cerco un confronto esplicativo.
E se I miei occhi non leggono nulla di moralista nel commento di Giovanni D'Ambrosio, sono comunque i miei occhi, quali interfacce di elaborazione della mia accezione della parola moralista.
Anche questo parlare di architettura, di design, di desiderio individuale contrapposto al bisogno, alla necessit (e Saggio ce ne parla da un bel p).
Un forte desiderio di non settorializzare e sezionare la creativit mi ha naturalmente portato a non esprimere un insindacabile giudizio di valore su questo oggetto nato dalla mente di Luca Toppino.
Perci, gentile Luca Mancardi, forse anche lei poteva essere pi esplicito sul perch lei pensa che io sia improbabile.
Forse si riferisce alluso che io faccio di uno pseudonimo (tra laltro con una forte dose di autoironia le assicuro)? Del resto un uso alquanto palese direi.
C qualcosa di male a non prendere se stessi troppo sul serio?
Comunque le assicuro che non ho niente contro le formiche, rispetto profondamente ogni forma di vita, ho solo pensato ad una spedizione agguerrita di piccoli insetti che intravedono dal basso, attraverso il diaframma trasparente del vetro, la mia cioccolata calda e i miei biscotti.
E le assicuro anche che ho sempre desiderato una casa come quella della strega di Hansel e Gretel, ma sarebbe deleterio per la mia dieta.
Cordialmente.
Isabel Archer
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492
di Enrico Boffa
del 12/11/2003
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Design inerba
di
Gianni Marcarino
In questi ultimi giorni ho seguito con attenzione ed interesse le polemiche e i commenti riguardo il tavolino “ erba voglio”. Devo ammettere che io questo oggetto lo avevo gi visto, prima che fosse pubblicato sulle pagine di Antithesi, essendo Luca Toppino un caro amico ed avendo passato piacevolissime serate attorno all’erba voglio.
Osservando quali e quanti commenti ha suscitato l’articolo “Design inerba”, mi sono reso conto che l’idea che ha generato il tavolino erboso ha fatto centro: prover a spiegarmi meglio. Fra i vari personaggi che sono intervenuti a commentare gli articoli, quello con cui paradossalmente mi sono trovato pienamente d’accordo stato D’Ambrosio ( naturalmente tralasciando le affermazioni paternalistiche condotte sul piano personale, sintomo di una caduta di stile di un pur bravo ed affermato progettista). Giovanni d’Ambrosio afferma che ,”L'idea di necessit che dietro tutte le grandi idee dei progettisti di design e dell'architettura degli inizi del " 900 ci a cui dovremmo fare riferimento.” Pienamente d’accordo, ma a questo punto la domanda : le necessit , perlopi in una societ dell’immagine e della comunicazione, sono sempre le stesse, condivise e accettate da tutti e soprattutto cambiano i modi e i mezzi con cui queste vengono soddisfatte?
I tempi cambiano e con essi le aspirazioni e le necessit dell’individuo; c’ un episodio, riportato nel libro “This is Tomorrow“ di Luigi Prestilenza Puglisi, che secondo me pu aiutarci a capire come ci che un tempo era considerato indispensabile per un’organizzazione razionale della vita dell’uomo, in grado di soddisfarne i bisogni ora non lo pi e viceversa.
Nel 1994 viene affidato a Gaetano Pesce il compito di ristrutturare la sede di New York della Chiat/Day, nota agenzia pubblicitaria americana. Il progetto di Pesce si pu considerare un’opera antifunzionalista, che non esita sacrificare l’utile all’inutile. Basti pensare alla scelta di alcuni materiali, videocassette usate che formano pareti, resine colorate per i pavimenti, materie plastiche che danno vita a figure antropomorfe, come bucature che ricordano le bocche delle bambole gonfiabili in vendita nei sexyshop. Chait, il proprietario dell’agenzia, in un’intervista rilasciata qualche tempo dopo la conclusione dell’opera, affermava che il progetto alla fine funzionava anche in termini economici, avendo l’agenzia incrementato i guadagni. Gli oggetti introdotti da Pesce a prima vista sono tutt’altro che funzionali per un’organizzazione tradizionale di un ufficio e non soddisfano le caratteristiche richieste da una postazione di lavoro, ma ad una pi attenta analisi ci si accorge che invece diventano gli elementi fondamentali per una struttura produttiva che vende immagine e creativit. In questo caso gli oggetti hanno svolto al meglio la funzione per cui sono stati progettati, quella di essere funzionali all’azienda, anche se in modo diverso dai canoni tradizionali dell’organizzazione del lavoro d’ufficio.
Cos anche il tavolino di Luca Toppino oltre a svolgere la sua funzione primaria, sorreggendo un portacenere o un buon bicchiere di vino, ha dato il l, nelle serate fra amici sopra citate, ad interessanti discussioni sugli anni ’60, la musica, il cinema e perch no anche agli sfott dei pi scettici. E’ diventato un elemento capace di aggregare e far discutere non solo in un luogo fisico, ma anche in un luogo virtuale come il web, e allora….. cosa volete di pi da un oggetto nato per gioco e divertimento?
Enrico Boffa
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489
di Angelo Errico
del 11/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Non bello quel che bello, ma bello quel che piace.
E' nelle cose insomma, il dualismo del tutto e del suo contrario. O almeno, cos ci si pu esprimere.
In questa libert, ognuno ovviamente ha la sua percezione delle cose: quella innata , e quella "costruita" (come me).
Mia madre un oggetto del genere lo troverebbe demenziale. Mio nipotino: divertente. Tra l'idea all'IKEA e la storia che continua con la rigenerazione del passato (si cita Pratone dell'architetto Derossi, giusto?) mi sembra che il tavolino trovi il tempo che si merita.
C' stato chi, ha detto di averlo visto persino in una esposizione a New York, suppergi. C' chi ci vede una genialit per gli occidentali.
Il fatto , che a commentare il bello, anzi: a giudicare il valore oltre che estetico di un oggetto, sia proprio la sua corrispondenza d'uso con la realt di vita dell'uomo. E' ineccepibile che ogni idea, qualsiasi, anche la pi bizzarra o stravagante, un parto ammirevole della mente fantasiosa, ed intendo per fantasia davvero quel tumulto del cervello, un brain storming come dicono gli americani, con cui arrivare a far qualcosa. Si pu fare di tutto e dire di tutto.
Poi c' la verit. Non quella assoluta. E' un problema (direi: problematica) di comunicazione.
Non sempre si parla per tutti. A volte si parla per pochi. E chi non conosce il linguaggio, non identifica un senso di piacere, di serenit dal dialogo che ha (subisce o riceve a seconda) con ... l'oggetto che gli sta vicino. Sentimenti quelli di piacere e serenit che non devono essere univocamente abbinati ad azioni compiute, per cos dire, pacifiste. Si pu essere sereni anche dopo cattive azioni (cosa non soddisfatto un tifoso dopo aver sfasciato un'auto che l parcheggiata, ma pensata per altre funzioni e scopi?) Eppure soddifatto, compiaciuto e sereno per s il tifoso "sfasciacarrozze".
Quindi, che il tavolino possa irritare, stizzire, far disapprovare, non poi cos grave. E', e basta. Il vero aspetto filosifico di questo tavolino se la sua presenza, segna un tempo, oltre che materiale, anche culturale, civile, di natura antropologica. Ci sono momenti in cui la semplicit, l'efficienza, la coerenza anche estrema sono il tutto e il solo in un progetto. Fate a una carrozza dei tram per come statio pensato il tavolino "prezzemolo" (posso battezzarlo cos' senza che qualcuno si offende?). Se salite sulla linea 14 di Milano, vi trovate con tanti pseudo tavolini "prezzemolino". In una citt affollata, di movimenti e flussi rallentati, un tram come il "prezzemolino" ulteriormente insopportabile. In un'altra epoca, probabilmente lo apprezzeremmo e lo copieremmo anche per gli areoplani.
Ah. Se la funzionalit e la coerenza non hanno senso nella progettazione, per che cribbio usa Luca Toppino l'ombrello quando fuori piove? Un uso altrnativo c'. Che usi la fantasia anche l.
Angelo
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488
di lorenzo marasso
del 11/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
MI riferisco all'intervento di simona raimondi riguardo alle dichiarazioni di d'ambrosio sul tavolino di luca toppino. Anche se sono amico di luca e, lo dico, il tavolino mi piace, tant' vero che gliene ho ordinato uno, ritengo che questa diatriba innescata on-line gli faccia bene, a lui come persona e come designer. Il bello della rete la simultaneit, tu pubblichi un prodotto e subito migliaia se non milioni di surfer commentano in tempo reale!! nessuna cosa avr successo all'unanimit, forse solo ci che la storia ha dichiarato come suo patrimonio, boh, forse le sette meraviglie del mondo, greta garbo e la ferrari sono indiscutibili perch ormai parte della cultura estetica di molte generazioni.
D'ambrosio un architetto affermato, ho visto dei suoi lavori di recente, sono molto interessanti, sicuramente uno che fa bene il suo lavoro, e che ha molte cose da dire e dal quale si pu certamente imparare. Se lui dichiara una cosa perch rifiutare quello dice?? non meglio pensarci su un po? quando anthitesi pubblica il tavolo di luca toppino non dice che luca toppino un giovane architetto che si laureato due anni fa e che come tutti cerca la sua strada nel duro mondo del lavoro. Il rischio del web che luca te lo facciano passare per philip starck, cosa che non mi definisce chi luca, che personalit ha, cosa pensa, cosa fa. Spero che lui diventi se stesso e che prenda da starck la grinta e voglia di fare ma che non copi i suoi prodotti, e tanto pi far cos tanto maggiore sar la possiblit che anche lui diventi uno che, come starck, ha saputo essere se stesso fino in fondo.
E forse il suo essere in erba lo esprime proprio attraverso il tavolino, che piace a me, piace a simona raimondi, piace ad altri di nostra conoscenza, ma che a d'ambrosio sembra inutile, a botta sembra copiato e a molti altri sembrer anche molte altre cose, che potremmo o meno condividere.
Di sicuro se d'ambrosio avesse conosciuto luca toppino, se ci avesse fatto quattro chiacchere e bevuto un caff, naturalmente servito su
" erbavoglio ", gli avrebbe dato dei consigli utili, o avrebbero semplicemente iniziato a parlare di architettura e design.
Se luca pensa di essere "arrivato" solo perch un suo tavolo finito sul web, di sicuro non far molta strada, ma questo, per non sembrare moralista verso uno che ha gi pi titoli di me studente, lo dico anche a e sopratutto a me stesso. E poi penso che il suo atteggiamento ben diverso da questo.
Non penso comunque che esista per l'artista o il creativo un punto di arrivo oltre il quale non c' pi nulla, sarebbe la fine della sua evoluzione. Tra i musicisti anglosassoni gira il detto che " you are as good as your last concert ", cio sei bravo quanto lo eri nel tuo ultimo concerto. Luca bravo quanto il suo tavolino di oggi, tra un anno lo sar di pi e magari diversamente. Il tavolino di oggi il rompighiaccio verso una realt che necessaria alla sua crescita.
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487
di Falconh Viviana
del 11/11/2003
relativo all'articolo
Lo sprawl della critica
di
Paolo G.L. Ferrara
Giusto per amor proprio, vorrei farle notare che il supporre che io sia allieva di Federico Bucci non giustifica la presunzione con la quale mi risponde. non disapprovo la sua posizione sull'architettura in genere cos come non potrei disapprovare l'opinione di Bucci in merito all'architettura italiana. non sottintendevo nulla nel parlare del politecnico di Milano se non ci che ho detto, poich troppo giovane (ma per questo non meno attendibile) per sapere che lei ne stato cacciato.
Conosco Bruno Zevi. Bucci un'ottimo maestro, sono stata istruita a dovere.
Non si autoreferenzi citandolo, non scambi la giovinezza per ignoranza, la mia critica per intervento difensivo, il riferimento a Zevi una mancanza di rispetto, l'eloquenza o la mancanza di ci in uno scritto non toglie n aggiunge a Zevi, critico alcun merito. Non mi permetterei mai. Non sono abituata a dare addosso a nessuno, piuttosto mi sembra poco rispettoso da parte sua farsi scudo dietro la sua figura, la cui grandezza non mai stata messa in discussione da me, n qui n in altra sede
Sono stata allieva di Bucci ma non sua abitudine cercare discepoli, n plagiare giovani teste, gode della mia stima, certo ma ci non mi vieta di dibattere con lui come sto facendo con lei. E' assurdo che lei si rivolga a me come fossi la prima imbecille con nessuna cognizione di causa che le rivolge una critica tirando in causa un ottimo docente oltre che attento critico che al momento non ha idea dell'esistenza del nostro dibattito. Se Bucci vorr risponderle le risponder come e quando avr voglia di farlo. Semplicemente, ho trovato infruttuoso il suo commento, e senza chiedere parere ad alcuno ho sentito il bisogno d'intervenire.
Ho letto in toto il suo articolo, e se lei leggesse bene il mio, troverebbe che la mia non una critica alla sua posizione, seppure a mio parere l'architettura italiana faccia una ben magra figura non perch sulle riviste non si vede nulla di nuovo ma perch a monte di ci anche un 30enne risulta assolutamente indegno di critica se progetta oggi come faceva Terragni; perch la cosa da dire che in pochi hanno la capacit (non si tratta di mancanza di coraggio) di vedere oltre ci che gi stato universalmente accettato.
Il problema non dare spazio ai giovani, il problema che molti architetti non hanno capito niente dell'architettura e saranno sempre figli della loro epoca, immobili nella propria formamentis, nonostante il tempo e le cose si evolvano, fortunatamente malgrado loro. Non mi aspetto niente dai miei compagni di corso, loro come me, sono bombardati da fiumi di parole morte, che nel migliore dei casi lasciano spazio a qualche interpretazione.
La mia posizione + perfettamente espressa in quel "poco importa" che l'architettura italiana non esprima nulla che possa attirare attenzione degna di critica e non vedo il motivo di tanta pena: se in Italia non si vede pi nulla di nuovo e di buono, chiameremo qualcuno da molto lontano a farci costruire le case che vorremmo.
E' l'architettura che si insegna nei nostri istituti ad essere vecchia, quell'accanimento verso l'una o l'altra scuola che fa male a noi giovani.
L'architettura italiana non merita di essere discussa, e se non se ne parla, come del Catania in serie A, perch ben lontana da qualsiasi qualificazione utile.
Mi sembra non ci sia molto altro da dire.
Saluti, Falconh Viviana
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11/11/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Falconh Viviana
La Sua opinione è legittima, sicuro, e da rispettare. Ora però mi dovrebbe spiegare quando è successo che io mi sia rivolto a Lei come se fosse "la prima imbecille con nessuna cognizione di causa"...Mi si può accusare di tutto, ma non certo di considerare gli altri imbecilli a priori, soggetti con i quali, solitamente, non dialogo nemmeno.
Che Bucci sia un ottimo maestro è la Sua rispettabilissima opinione e ne avrà tutte le ragioni del mondo. Ma se le ha inculcato che l'architettura italiana delle nuove generazioni non vale nulla, bè... che sia un ottimo maestro non è certo la mia opinione.
Terragni: sarebbe davvero eccezionale se scoprissimo dei giovani che progettano come Terragni! Ovviamente, visto che ha capito il senso del "progettano", inutile dirLe che non si tratta di copiare le architetture, ma i concetti, quei concetti che non sono stati per nulla "universalmente accettati".
Comunque sia, Le rinnovo l'invito ad avere un dialogo diretto. Magri riusciremo ad intenderci meglio.
Comunque, grazie per il Suo intervento
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486
di MARA DOLCE
del 10/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Il commento di Gianni Marcarino la dimostrazione di come larchitettura e il disegn oggi si giochino dicotomicamente su due livelli : il primo su quello della pura teoria e dellastrazione che rappresensenta la parte pi consistente della stragrande produzione di parole, riflessioni, consideracini e dibattiti, e laltro , della pratica, che interessa pochissimi (che non partecipano ai dibattiti), e che si traduce a volte in prodotti di qualit . Vedere allora nelle parole del critico Bonito Oliva: " L'arte invita l'umanit ad un pranzo gratis" a bordo delle sue opere, un nutrimento spirituale introdotto fuori dalla logica della pura sopravvivenza" la giustificazione a qualsiasi scemenza architettonica o design partorita nel nome della creativit, la posizione acritica e propria di chi vive nelle proiezioni dei desideri e non in un paese che si chiama Italia. In questa nazione, un qualsiasi riconosciuto zuccone che ha avuto la faccia tosta di definirsi critico di architettura, non solo non smentito, ma leggittimato e invitato ad una tavola rotonda a dire la sua. In Italia, le veline e una qualsiasi scema di valore che mostra cosce e silicone, si autodefiniscono artiste , persone di spettacolo, senza che nessuno gli faccia una pernacchia. Un TizioCaio Qualunque che dice banalit come tutti, di autoproclama comunicatore di professione e lo scrive pure sui manifesti senza nemmeno una risata degli astanti. Un cantante di canzoni napolatane da crociera, traffichino e arrogante Presidente del Consiglio da pi di seicento giorni. Ecco, nel paese del Lei non sa chi sono io dove piu importante la pubblicit delletichetta/titolo che la qualit del prodotto, pericoloso parlare di arte e creativit; perch sono termini usati per giustificare qualsiasi fesseria con lappoggio omertoso di chi avrebbe gli strumenti (e il dovere ) per smentirli. Denunciare questo non significa essere n paternalisti n moralisti, ma possedere un minimo di senso dello stato delle cose. Dire che il design si occupa quasi eclusivamente delle non necessit di chi pu comprare il superflo e che di conseguenza si incrementato un ricco e svariato mercato della scemenza carssima e un dato di fatto; asserire che il design e all'esclusivo servizio di questa richiesta, una realt; e voler spacciare tutto questo per arte e unoperazione da televendita registrata dell'arte e mandata in onda alle tre del mattino . E tornando al tavoloinerba di Toppino, (che solo un pretesto), ripeto, non affatto male come oggetto in s, trovo sia peggiore la pretesa operazione sociologico-culturale che lo commenta: negazione del concetto della massaia/o con il pallino dellordine e della pulizia es. pattine per non rigare il pavimento da 150 euro al mq.); e che Toppino si definisca uno che lavora sul versante artistico. E per concludere, a conferma del felice mondo in cui vive Marcarino: auspicando che la vita possa tornare ad essere quella barocca, incasinata dei mercati rionali, delle case di barriera, degli oggetti da "esistenza massima" come l'informe Sacco di Gatti, Paolini, Teodori (vedi Fantozzi), in cui ognuno decide la postura che desidera(...)
Ma questo paese e gi cos, dove vive Marcarino, in Svizzera?
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485
di Simona Raimondi
del 10/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Ho letto per caso il dibattito scatenato dal tavolo erboso di Luca Toppino e molti commenti hanno suscitato alcune riflessioni. L'intervento di D'Ambrosio di una superiorit irritante.. Premetto: sono una studentessa di Architettura e con altri 3 studenti stiamo organizzando un workshop all'interno della Facolt. Il titolo SpeciediSpazi, i temi sono gi definiti (ormai da mesi), idem per i conferenzieri e per l'allestimento dell'aula. Unico inconveniente: siamo studenti e l'appoggio che abbiamo avuto dalle "Istituzioni" (Segreterie e Responsabili della sede all'interno della quale svolgere il workshop) stato nullo. A meno di un mese dall'inizio del lavoro ci siamo sentiti negare qualunque disponibilit (di aule) e comprensione (morale). Abbiamo forse peccato di ingenuit confidando in un aiuto incondizionato dal "nostro" politecnico. La soluzione ora qual ? Cercare uno spazio ( solo questo che manca) all'esterno dell'universit, chiedendo al Comune (che peraltro ci ha consigliato una saletta espositiva di un BAR...) o ad altri Enti. Personalmente lo trovo inconcepibile. E' assurdo e controproducente per lo stesso politecnico, possibile che chi di dovere non se ne sia reso conto? All'interno della nostra sede il primo workshop organizzato unicamente da studenti, ora capisco perch! Se l'appoggio e lo stimolo che si danno ai cosiddetti EMERGENTI questo, la situazione a dir poco imbarazzante. Se noi fossimo stati invece dei DOCENTI?? Se Luca Toppino fosse stato STARCK?? E' questo che ho pensato leggendo il commento di D'Ambrosio. L'impressione che le poltrone di chi "un p pi in alto" traballino ad ogni istante, e che costoro, per mantenersi seduti (e senza scogliosi), neghino a priori e con fastidiosa altezzosit qualunque lavoro di un emergente.
E' molto triste leggere "Purtroppo da tempo che sfoglio riviste o web, alla ricerca di progetti ed idee che alimentino la mia mente con immagini di sostanza." Copiare bene un'arte, ma non lo si dichiari cos apertamente! E si dica almeno che la fonte d'ispirazione fuori dalla finestra...
Forse Luca Toppino ha venduto male la sua merce: un commento pi deciso sarebbe forse stato meno criticabile. (Ma se il caro Starck mi venisse a vendere uno spremiagrumi passandomelo per un "rompighiaccio", ribatterei dicendo che uno spremiagrumi...)
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480
di enricogbotta
del 08/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Se Sandro Lazier evitasse ti saltare al collo di chiunque esprima la sua opinione forse si riuscirebbe anche a fare un discorso sensato...
Il problema che Giovanni d'Ambrosio solleva e' banalmente importante, quasi ovvio direi, e mi sembra naturale che si stupisca di come a volte (spesso) i problemi piu' basilari vengano sottovalutati o ignorati.
A me l'idea del comodino "vivente" li' per li' e' piaciuta. Poi mi e' venuto il dubbio di aver gia' visto una cosa del genere in una galleria d'arte newyorkese. Al di la' di questo il problema della necessit nel design, ma non solo nel design... nella creativit in genere (di cui forse Lazier ha una visione piu' ampia), e' fondamentale perche' un oggetto non necessario difficilmente sara' amato, quindi usato, quindi prodotto.
L'idea del comodino vivente mi piace (anche se ripeto, non credo sia del tutto originale ne' nella sua attuazione ne nella sua filosofia) perche' infondo risponde a una necessita', (puo' essere) un oggetto persino utile, anche se al di fuori dall'ambito in cui normalmente applichiamo questa caratteristica ad un tavolo.
La necessit a cui vuole rispondere questo oggetto non e' solo quella di fare il tavolo (compito a cui per altro assolve pienamente) ma di diventare l'oggetto delle cure del suo padrone. Un tamagotchi in forma di tavolo e da certi punti di vista meglio del tamgotchi perche del tutto "naturale".
Come grandi designer ci insegnano, spesso gli oggetti fanno "altro", vanno al di la' di considerazioni meramente utilitaristiche. Un caso su tutti? Il famigerato spremi agrumi di Starck, che egli stesso ha definito non come "spremiagrumi" ma come "rompighiaccio", non perche' lo si usi per rompere letteralmente il ghiaccio, ma perche la sua "stravaganza" puo' servire a far partire una conversazione tra sconosciuti, come ad esempio tra una imbarazzata giovane nuora e la suocera.
Le necessita', lo sappiamo, per un animale evoluto come l'uomo sono di natura molto varia.
saluti
enricogbotta
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8/11/2003 - Sandro Lazier risponde a enricogbotta
E no, caro Botta.
Io non salto al collo proprio di nessuno. Non mi piace, non nella mia natura, lo trovo disdicevole.
Ma devo difendere quello che e cosa pubblico e non posso, quindi, ignorare interventi di lettori-commentatori che si abbandonano a pedanterie irritanti. Conosco bene e personalmente Luca Toppino il quale una persona buona e generosa, che vivr la sua vita guadagnandosela onestamente con il suo lavoro e con quella generosit e giocosit che invece pare essere estinta presso anche, come ripeto, bravi architetti forse un po troppo compiaciuti.
No posso permettere a nessuno di dire Mi auguro solo che questi nuovi progettisti siano un giorno in grado di mantenersi economicamente con le loro idee e poterle inserire nel mercato economico che ben diverso da quello che si dice intellettuale. senza reagire.
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479
di MARA DOLCE
del 08/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Non credo che il tavolino "erba voglio" sia peggiore di tanti
altri pezzi di design nati "facendo girare la matita sul foglio".
E' da parecchio ormai che nel nome della creativit non ci sia oggetto
(o progetto di architettura) che sia considerato troppo cretino per non essere prodotto o solo pensato. Praticamente la quasi totalit del design contemporaneo frutto della "creativit", "non ha alcun senso"; fenomeno che rappresenta mirabilmente le scemenzerie delle necessit impellenti delle societ del benessere. A questo proposito e a proposito della reprimenda di Sandro Lazier al commento di D'Ambrosio, ricordo un editoriale di Furio Colombo apparso qualche tempo fa su " l'Architettura" (incredibile come su quella rivista le uniche cose sensate le scriva un non architetto) che si chiedeva perche' mai il design non si occupasse degli ospedali e delle necessit estetiche e funzionali di questi luoghi. Si tratterebbe di etica quindi e non di moralismo.
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481
di Mariopaolo Fadda
del 08/11/2003
relativo all'articolo
Cervellati killer degli stimoli rinnovatori
di
Paolo G.L. Ferrara
Riporto una fantozziana lettera-aperta indirizzata a suo tempo a Sgarbi, che mi pare sempre attuale.
Egr. On. Dott. Prof. Sottoseg.,
Vittorio Sgarbi
ROMA
Leggo oggi su Panorama del 2 Agosto AD 2001, le sue dichiarazioni a proposito degli interventi nei centri storici. Era ora che qualcuno dicesse pane al pane e vino al vino!
Leggendole mi sono commosso sino alle lacrime perche qualcuno lassu in alto ha finalmente raccolto il disperato grido di dolore che da tante parti dItalia si leva contro la modernita ed i suoi amici. Lei sempre cos riservato, cos pacato, co poco incline ai protagonismi per una volta tanto ha dismesso quegli abiti per mostrare finalmente la determinazione della cultura di Stato nel ristabilire lordine e, se possibile, gli ordini.
Splendida e da mozzafiato la sciabolata iniziale alla pretesa dellarchitettura moderna di intervenire nei nostri sacri ed inviolabili centri storici:
Ma e dalla Storia che i nostri ideali traggono linfa vitale.
Ricorda la straordinaria stagione dei restauri in stile inaugurata da Viollet-le-Duc in Francia nella seconda meta del XIX secolo? Ricorda la sua lapidaria definizione del restauro Restaurare un edificio significa ristabilirlo in uno stato di integrita che puo non essere mai esistito? Ah che bei tempi! Allora era ancora possibile fare in stile le facciate di Santa Croce a Firenze (1857-68), di Santa Maria del Fiore sempre a Firenze (1876-83) o sostituire in stile amalfitano la facciata barocca del duomo di Amalfi (1880-94) o realizzare ex-novo, in stile medievale, un borgo nel parco del Valentino a Torino in occasione dellesposizione del 1884.
E vero, i soliti quattro spocchiosi intellettuali in vena di fughe in avanti innalzarono subito le barricate. In Inghilterra ebbero la faccia tosta di fondare, nel 1877 se non ricordo male, una societa denominandola Society for the Protection of the Ancient Buildings! E sa cosa andava dicendo in giro uno dei massimi cantori di questa scuola di s-pensiero, un certo John Ruskin, di cui avra forse sentito parlare? Non parliamo dunque di restauro. La cosa e di per se stessa una menzogna. Voi potete fare il modello di un edificio come lo potete di un corpo e il vostro modello puo rinchiudere la carcassa dei vecchi muri, come pure il vostro corpo puo rinchiudere lo scheletro, ma non ne vedo il vantaggio e poco importa. Il vecchio edifico e distrutto: lo e piu completamente, piu inesorabilmente se fosse crollato in un cumulo di polvere o sprofondato in una massa di argilla. Ma, si dice, la ricostruzione puo diventare una necessita: daccordo. Guardate la necessita in faccia e accettatene tutti gli obblighi: la distruzione si impone. Accettatela, distruggete ledificio, buttatene le pietre in angoli lontani, fatene della zavorra o della calcina a vostro piacere, ma fatelo onestamente, non lo rimpiazzate con una menzogna (C.Ceschi Teoria e storia del restauro Roma 1970) Come vede un aperto invito al vandalismo e alla barbarie. Ma ce di piu. Cosa fece il Comitato della S.P.A.B. nel 1924? Aggiunse questa nota allo statuto Laddove esiste una buona ragione per aggiungere ad un'antica costruzione una modesta addizione cio non e in contrasto con i principi della Societa, badando:... che la nuova opera sia nella maniera naturale del giorno d'oggi, subordinata alla vecchia, e non una riproduzione di qualche stile passato.... Capito? Volevano salvare gli antichi monumenti con modeste addizioni nella maniera naturale del giorno doggi! Cioe con le forme del primo cosiddetto razionalismo.
Anche in Italia gli intellettuali radical-chic (C. Cattaneo, L. Beltrame, C. Boito) non furono da meno e, contrari ai giusti rifacimenti in stile, elaborarono una serie di principi per cui non solo ledifico veniva considerato un puro e semplice documento storico-artistico ma anche tutte le aggiunte di qualunque epoca o stile. Un coacervo di principi per codificare leclettismo e lo snaturamento dellunit stilistica del monumento.
Purtroppo nel 1936 loltranzismo modernista vince il concorso per la nuova stazione ferrioviaria di Firenze. Un autentico sfregio al centro storico della citta Toscana che non ha mai digerito quella mostruosa intromissione. I fanatici modernisti chiamarono a sostegno di quellorrore nientepocodimenoch F.Ll.Wright larchitetto-cowboy delle sperdute periferie americane che aveva in odio il Rinascimento italiano!!!
Ben diverso latteggiamento di importanti esponenti dellestablishment culturale del paese quali G. Giovannoni e M. Piacentini. Il primo sosteneva la teoria del diradamento edilizio del centro storico, il cui apice verra raggiunto solo n
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482
di gianni marcarino
del 08/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Il tavolino "erbavoglio" ha innescato una discussione che mette in luce due aspetti che vorrei sottolineare: il concetto di necessit e la definizione di design. Secondo il critico Bonito Oliva " L'arte invita l'umanit ad un "pranzo gratis" a bordo delle sue opere, un nutrimento spirituale introdotto fuori dalla logica della pura sopravvivenza". Mi pare bellissima ed emblematica questa definizione che si pu estendere al dibattito sull'architettura e sul design. La necessit come stimolo per la ricerca sulle funzioni e sui diritti basilari dell'essere umano (spazio minimo vitale,salubrit, decoro) nasce da una spinta etica e politica che chiede, all'inizio del '900, migliori condizioni di vita per la classe operaia. Progettare oggetti, edifici, citt con il conseguente solo paradigma della funzione e della ragione, ha portato infine alle citt, agli ospedali che conosciamo; luoghi in cui forse la ragione si compiace della "griglia" in cui ogni evento sociale stato inquadrato... ma la vita?
Dall' "esistenza minima" del razionalismo alle richieste etico -pedagogiche di Furio Colombo (vedi Mara Dolce), mi pare di leggere tra le righe l'atteggiamento paternalistico di chi, illuminato, deve tutelare e comunque dirigere il destino degli altri ... attraverso l'ordine. Dunque la necessit diventa la chiave del discorso.
E' possibile invece vedere le cose da un punto di vista diverso, auspicando che la vita possa tornare ad essere quella barocca, incasinata dei mercati rionali, delle case di barriera, degli oggetti da "esistenza massima" come l'informe Sacco di Gatti, Paolini, Teodori (vedi Fantozzi), in cui ognuno decide la postura che desidera. E magari immaginare ospedali ipertecnologi e freddissimi, in cui si consuma velocemente l'atto tecnico della cura, dell'operazione, per poi tornare a casa a vivere (o morire) ed essere l curati come l'erba del tavolino di Luca Toppino. Vogliamo, magari, provare a dare dignit estetica al disordine, al pacchiano ed illuderci che possiamo vivere un poco sopra la necessit e la sopravvivenza?
Oggi stanno scomparendo i confini tra i vari ambiti del design e tra arte e l'arredo. Le reti informatiche modificano il nostro rapporto con lo spazio, il tempo e gli stessi oggetti che adoperiamo. Tutto diventa design nel senso di progetto e riproduzione. Non credo sia utile accusare genericamente la societ del benessere di produrre scemenze varie. Credo sia positivo il fatto che aumenti il benessere, che ci sia la possibilit di proporre e produrre pi idee ed oggetti di quanti ne permettesse un recente passato molto pi classista.
Certamente la quantit maggiore produce anche maggiori rischi, contraddizioni, sirene consumistiche varie e certamente possibili stupidaggini. Ma se dal letame che nascono i fiori, come giurava De Andr, lasciamo che Luca Toppino innaffi la sua erba...
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483
di Pierluigi Molteni
del 08/11/2003
relativo all'articolo
Abolire l'ordine degli architetti
di
Sandro Lazier
Gustoso il pamphlet ma i problemi mi sembrano veramente pi complessi di come si vogliono far passare. Proprio perch esistono mezzo milione di professionisti che devono campare sull'edilizia (molti di meno quelli che possono campare sull'architettura) esiste un mercato "basso" fatto di progetti che hanno come unico scopo quello di lasciapassare burocratico. Il tragico che in un paese arretrato come l'Italia i "tecnici" vengono scelti per la stragrande maggioranza per le loro doti di "fornitori di lasciapassare". Della qualit non importa al 90 % della committenza (e sono stato generoso). In una competizione cos drogata, un progetto ben fatto (e quindi ben congegnato, disegnato fino in fondo, seguito come si deve) rischia di non essere possibile perch ampiamente sottopagato (solo qualcuno che non fa la professione pu dire che le parcelle sono faraoniche, specie considerando la massa di responsabilit sempre pi elevate che ci troviamo a dover gestire). Probabilmente gli ordini non hanno funzionato come avrebbero dovuto (ma ricordiamoci che fino a poco tempo fa si chiedeva loro di essere puri depositari di un elenco. Solo da poco, e per le proposte degli ordini stessi, si chiede che facciano promozione e formazione nel campo architettonico), ma abolirli proponendo come unica panacea la "libera" competizione (che, ricordiamolo, in italia non esiste, se qualcuno, sempre lo stesso, non se ne fosse accorto), mi sembra riduttivo, velleitario, superficiale...(e potrei continuare)
Tutti i commenti di Pierluigi Molteni
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478
di Isabel Archer
del 08/11/2003
relativo all'articolo
Design inerba
di
Gianni Marcarino
Io sono atea, ma davvero non capisco cosa mai possa avere a che fare il sentire cattolico con il design ed il patetico ed il patito.
I miei occhi non leggono nulla di moralista nel commento di Giovanni D'Ambrosio.
Non riesce gradito ai miei sensi un "tavolino-basso, comodino o non so cosa altro.." pieno di formiche.
Cordialmente
Isabel Archer
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8/11/2003 - Sandro Lazier risponde a Isabel Archer
Isabel Archer era una ragazza dalle molte teorie e dallimmaginazione abbastanza fervida. Il possedere unintelligenza pi viva di quella della gente in mezzo alla quale era stata allevata, lavere una pi larga percezione dei fatti e lesser bramosa di acquistarsi una conoscenza non comune era stato un suo privilegio. Cos James, con penetrante spirito analitico e lucido sguardo ironico, presenta la sua eroina. Con un irrequietudine facilmente scambiabile per superiorit, labitudine a trattar se stessa come oggetto domaggio, con pensieri dai contorni vaghi e un insopprimibile bisogno di stimarsi, Isabel Archer convinta che ciascuno deve essere tra i migliori, possedere una magnifica organizzazione vitale (e la sua propria era certamente bellissima) e muoversi in un regno di luce, di saggezza naturale, di ispirazioni deliziosamente abitudinarie.
Isabel Archer: un ritratto immortale.
Di Henry James
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477
di Andrea Pacciani
del 07/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
E' lo smoking di Gehry da ragione a Cervellati
Scusate se riprendo qui lintervento su Gehry, quella sua immagine in smoking allinaugurazione della Disney Hall mi ha fatto veramente pensare. Non ho idea e non mi interessa come il maestro si vesta tutti i giorni per andare in studio o in cantiere; di fatto allinaugurazione della propria opera e per andare a sentire lOpera, non pu che mettersi il suo bravo smoking e calarsi nella convenzione sociale della serata di gala americana.
Mi sento gi rispondere che nessuno obbligato a mettersi lo smoking per andare a teatro ed ormai un usanza in declino, sorpassata, snob o che Gehry un marpione che si traveste per apparire meglio con i suoi committenti creduloni e voi non lavreste mai fatto.
Sappiamo invece che labito scuro o quello da cerimonia non sono solo una questione di apparenza, ma hanno tutta una loro dimensione sociale riferibile ai comportamenti di vita comuinitaria e ai valori di convenienza e di appartenenza che fanno parte della inalienabile identit culturale delle persone e non si pu far finta che non esistono pi.
Tutti gli invitati allinaugurazione della Disney Hall sono poi tornati a casa con i piedi doloranti, hanno rimesso in naftalina il loro abito che non usano quasi mai e si sono rivestiti con Levis e sneakers per riprendere la loro vita quotidiana. Non sono stati ad una carnevalata n hanno compiuto un gesto fuori dal loro tempo, hanno semplicemente vissuto un loro momento di convivialit secondo la loro tradizione, sfoggiando abiti firmati da stilisti allultimo grido, un po come quando nel passato si metteva il vestito della festa per andare a messa; sono riti, abitudini di vita che cambiano nel tempo nei modi ma rimangono inalterati nella sostanza per secoli e coinvolgono tutti.
Ecco chiedere ad un architetto di costruire in centro storico un po come chiedere ad uno stilista di moda di disegnare un frac, un abito di sposa, o un anello da fidanzamento. Ovvero si tratta di lavorare su un contesto molto preciso, delineato nelle convenzioni degli usi del tempo e nelleducazione e nel rispetto di chi ci ha preceduto e di chi ci succeder per mantenere in uso il patrimonio culturale pervenuto, con tutto il peso delle regole di vita che vi appartengono.
Non sono un esperto di moda, ma credo che gli smoking di Armani o di Ferr sappiano essere contemporanei senza uscire dai canoni tradizionali dellabito da cerimonia; non sono un falso storico, nessuno li scambierebbe per vestiti depoca e, se manterranno nel tempo le caratteristiche di rappresentanza e attualit stilistica, saranno apprezzati maggiormente perch magari saranno indossati pi a lungo. Disegnare questi vestiti non toglie certo ai loro autori margini di originalit, innovazione tecnologica o di materiali, n di creativit: semplicemente per avere successo nel prodotto rischiesto un allontanamento dai margini tradizionali che, per non sbagliare, deve essere contenuto nella misura, nel dettaglio, nellumilt dellintervento innovativo, nella omissione degli autoreferenzialismi e delle interpretazioni personali.
Chi non vuole edifici modernisti in centro storico chiede soltanto che venga mantenuta questa invariante della tradizione compositiva del luogo nel rispetto dei valori che riesce ancora a trasmettere. Questo non vuol dire imbalsamare con resine e collanti case senza bagni e senza ascensori condannando alla storia gli edifici del centro, bens continuare ad adattarlo alle reali necessit contemporanee, continuarne la vita e agevolarne il futuro, ma nella stessa cultura urbana e abitativa con cui questi ci sono pervenuti. La storia ormai ci ha insegnato che gli interventi modernisti nella citt storica stanno come un altare controriformista in una chiesa romanica: eccitanti nella loro ridondanza, quasi sempre fuori luogo, nel tempo insignificanti, assai raramente geniali.
Credo che nessuno stilista si tiri indietro di fronte alla richiesta di disegnare un abito classico, anzi credo sia stimolo per lui per confrontare il proprio lavoro solitamente senza riferimenti di apprezzabilit che non siano il proprio gusto personale.
Larchitetto, soprattutto quello italiano, invece ha una certa pudicizia, imbarazzo a cimentarsi nella composizione classica; lo trova senza senso, volgare, non appartiene alla sua cultura professionale, gli sopprime la vena creativa, ha paura di sbagliare, rischia di sfigurare con il peggior manierista storicista, costretto a copiare, lo fa sentire inferiore, si rifugia in improbabili contaminazioni moderniste da cui non riesce a staccarsi, insomma non ne capace.
Una volta il fare modernista veniva fatto per scelta dopo aver imparato bene larchitettura tradizionale, a partire da Le Corbisier, cos come gli artisti dopo aver ben imparato larte figurativa; oggi si inizia a dipingere subito lastratto, a svirgolar pareti digitali sperando di azzeccare il colpo di genio che dar il
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476
di Andrea Pacciani
del 07/11/2003
relativo all'articolo
Cervellati killer degli stimoli rinnovatori
di
Paolo G.L. Ferrara
Sono contrario allintervento dellarchitettura moderna dentro un centro storico.
"Il nuovo non pu inserirsi nellantico, che ha una sua identit definita.
Parole sante mai pronunciate con tanta sincerit da nessun soprintendente per cui dogma ancora la versione Zeviana per cui: lintervento moderno nel contesto storico deve apparire
e devessere volutamente dissonante, vedi uscita degli uffizi a Firenze e ara pacis.
C forse coerenza didentit linguistica tra la Basilica di San Marco, il Palazzo Ducale e la sistemazione urbanistico-architettonica della piazza per opera di Sansovino? Direi decisamente di s sono tre progetti di epoche diverse la cui costruzione non hanno interessato solo una generazione bizantina, una gotica e una rinascimentale, ma tutte quelle intermedie che si sono frapposte per terminarne lopera, ampliarli, modificarli, adattarli. Tutte queste persone hanno lavorato tenendo conto dello stato dellarte della cultura progettuale del proprio tempo ma nel rispetto dellidentit delledificio su cui intervenivano e delle invarianti venete in cui stavano lavorando e solo con quello spirito. E stupido considerare gli edifici del passato come eventi spuntati come funghi belli e finiti in epoche successive sulle mode del momento (come si fa da un secolo a questa parte).
Il falso storico non esiste perch in archiettura non esiste il vero storico o se esiste una questione di esperti feticisti cui non iteressa lidentit delledificio ma la sua composizione chimica, non quella architettonica ; tutti gli edifici del passato sono stati costruiti per essere manutenuti, sostituiti nelle parti pi deteriorabili, ampliati dalle generazioni future e questo stato fatto in continuit temporale fino alla modernit.
Cosa vuol dire essere vero in architettura: una questione di linguaggio o di anno di costruzione? Non credo proprio. E piuttosto una questione di identit dello spazio costruito. Faccio un esempio a me vicino: il teatro farnese a Parma (se non lo conoscete lo trovate facilmente su internet) bruciato completamente sotto le bombe della seconda guerra mondiale; stato ricostruito dovera e comera di legno dabete come quello bruciato; sar andato perso il valore materiale del teatro di legno vecchio ma grazie a qualche avveduto ricostruttore non stato lasciato in piedi il lacerto originale affiancato da un po di ferraglia che lascia intuire o evoca immaterialmente loriginale perduto! Uguale a s stesso nella sua seconda ricostruzione oggi funziona ancora e permane la sua identit spaziale oggi forse uno dei luoghi di architettura relaizzata nel XX secolo dopoguerra pi visitata in Italia dopo il campanile di san Marco. Ma anche prendendo il moderno a chi interessa se lintonaco della Ville Savoy di le Corbusier quello steso in cantiere ai piedi del maestro? Iteressa lidentit spaziale di quella casa e il linuaggio con cui si esprime.
Per me larchitettura creazione di identit spaziali che possono essere espresse nei linguaggi pi diversi che nel corso della storia si sono evoluti, con le loro declinazioni dialettali e vernacolari regionali, ma con le loro regole e grammatiche senza contaminazioni. Il moderno purtroppo non un linguaggio perch nasce dallincomunicabilit linguistica intrinseca, sono suoni che presi uno per uno possono avere un perch ma che per invariante devono assonare tra loro n con i suoni del passato.
Si pu oggi costruire una casa classica? Perch no, limportante che sappia coniugare il corretto linguaggio classico che in quel luogo l si parlato e non lo storpi per assecondarlo alle necessit del caso che la cosa pi difficile. Pertanto intervenire in centro storico si pu e si deve ma con un linguaggio del coro della tradizione locale con il quale si possono realizzare anche stazioni tav o eliporti anche in mezzo al colonnato del Bernini se in grado di dialogare con la stessa padronanza.
Dopo lo zoning urbanistico, ecco lo zoning linguistico. Netta suddivisione nella citt per parti meglio che la mescolanza di urla e grida in cui alla fine non si capisce pi nulla. Non so dove porti questeologio del caos, del brodo primordiale.
Onore a Cervellati: finalmente un urbanista che ammette di essere colpevole della situazione disastrosa della citt contemporanea, indubbiamente figlia degli urbanisti della sua stessa generazione, fatta di non luoghi, privi didentit. Credo sia cosciente di essere stato lunico a driblare lo zoning con mezzucci o sotterfugi teorici ma dai risultati unici in Italia.
Ora, quel che vorrei chiedere a Cervellati se davvero pensa che una lingua architettonica sia ancora oggi indissolubilmente legata a specifiche situazioni geografiche, derivando esclusivamente da esse, dalla tradizione, lasciando senza alcuna considerazione i significati di "contemporaneit" in architettura Personalmente credo sia cos per quellarchitettura destinata ad usi abi
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475
di Giovanni d'ambrosio
del 07/11/2003
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Design inerba
di
Gianni Marcarino
cari amici di antithesi,
come si fa a resistere, e non manifestare la propria desolazione nel vedere novit cos sorprendenti.
Purtroppo da tempo che sfoglio riviste o web, alla ricerca di progetti ed idee che alimentino la mia mente con immagini di sostanza.
Cosa voglio dire con questo.
Credo che dall'architettura al design in queste condizioni progettuali ed ispirazioni oniriche (come mostra anche il nostro amico designer con il suo tavolino-basso, comodino o non so cosa altro..) non si possa andare pi lontano che da un bel lettino bianco del pi famoso psicoanalista alla moda.
Mi dispiace, vedere giovani che ancora provano a fare progetti senza nessun senso con il quotidiano e con la concretezza che figlia della necessit.
L'idea di necessit che dietro tutte le grandi idee dei progettisti di design e dell'architettura degli inizi del " 900.
Sarebbe bene risfogliare quelle pagine e capire come hanno cambiato la nostra vita quei progetti. Forse sarebbe bene fare una review del passato invece di guardare troppo al futuro.
Mi auguro solo che questi nuovi progettisti siano un giorno in grado di mantenersi economicamente con le loro idee e poterle inserire nel mercato economico che ben diverso da quello che si dice intellettuale.
Il Design non giardinaggio, e tantomeno stravaganza.
Giovanni d'Ambrosio
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7/11/2003 - Sandro Lazier risponde a Giovanni d'ambrosio
Meno male che ogni tanto qualche bravo moralista ci ricorda che cosa la necessit. Franco Albini diceva che per disegnare una sedia bisogna prendersi la scogliosi. Tempi epici, quelli di Albini. Perch non proporne la beatificazione? Magari come martire.
Questo paese dannatamente cattolico non riesce a vedere la creativit fine a se stessa. Deve sempre ridurla ipocritamente al servizio del patetico e del patito. Non c speranza perch anche un bravo architetto come dAmbrosio ne tormentatamene coinvolto.
Egli sa con precisione cosa design e cosa no. Cavolo, da anni che ce lo chiediamo e lui lo sa da chiss quanto. Poi scopriamo che, per lui, forma-funzione e altre balle del genere sconfessate dalla realt del "quotidiano e con la concretezza che figlia della necessit." E purtroppo siamo di nuovo da capo. Quindi le lezioni detica le dia altrove.
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353
di Letizia Masi
del 06/11/2003
relativo all'articolo
Ventate Accademiche
di
Giovanni Bartolozzi
Sono iscritta alla Facolt di Architettura dal lontano 1982/83; ho 40 anni e non mi sono ancora laureata; forse sono una vittima di quegli orrendi anni'80, fatti di aule strapiene di gente e di fumo, di lezioni spaventosamente inutili, di code per revisioni che non portavano a nulla e di postulati che dovevano essere presi come tali e basta. Uno di questi era il fallimento del Movimento Moderno e di tutti i mostri che aveva creato, quindi fior di discorsi su Sorgane o le Piagge che dovevano in qualche modo servire da lavaggio del cervello per noi giovani futuri architetti, per non doversi ritrovare a scivolare di nuovo su quella stessa buccia di banana.
Per molti anni mi sono completamente staccata dagli studi, dopo che per molti altri ne avevo sentite e subite di tutti i colori e di tutti gli stili, compreso il Post Moderno o il Modernismo. Ho lavorato per un po' e poi mi sono decisa a continuare gli studi, ma mi sono accorta che la situazione in Facolt peggiorata. Sono capitata per caso sul vostro sito perch stavo cercando del materiale per un esame che ha per oggetto i disegni e i progetti di Leon Krier; ho scelto io questo autore, ma mi sono resa conto che la mia non stata una scelta cosciente: ero davanti al professore e dovevo in qualche secondo decidere il tema del mio esame, ed ecco che, quasi in trance, mi esce un sommesso "Leon Krier". Questa la dimostrazione che il lavaggio del cervello ha funzionato veramente su di me, e ora sono qui a disegnare tempietti per questo ennesimo voto sul libretto.
Ecco, appunto, solo per un voto sul libretto mi presto ad occuparmi di cose o persone che andavano di moda negli anni '80, perch di questo mi pare che si tratti, dato che non si trova neanche tanto materiale al riguardo.
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474
di chiono
del 06/11/2003
relativo all'articolo
Abolire l'ordine degli architetti
di
Sandro Lazier
Non solo l'ordine degli architetti, ma anche quello dei chimici secondo cui un iscritto deve attenersi a prezzi talvolta troppo alti e assolutamente non competitivi con le varie ditte che offrono lo stesso servizio senza dover sottostare a tariffari di ordini professionali, mettendo cos in enorme difficolt il chimico che debba presentare un'offerta, per esempio, per un pubblico appalto, dove, sempre pi spesso, si presentano ditte e non solo chimici iscritti. Teniamo ben presente che "fare le analisi" oggi infinitamente diverso dal fare il chimico trenta o quaranta anni fa. Le strumentazioni di cui un laboratorio serio e qualificato dispone consentono una tale rapidit di lettura dei risultati analitici che non si possono chiedere tutti quei soldi, come l'ordine vorrebbe, per un semplice ph o per la determinazione di un ferro. Personalmente mi sembrerebbe di truffare la committenza. In ogni caso il chimico troppo onesto e altrimenti non competitivo rischia un richiamo da parte del proprio ordine che non ti tutela nei confronti delle ditte, ma che pretende l'osservanza di tariffe senza alcun senso.
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472
di Irma Cipriano
del 05/11/2003
relativo all'articolo
Cervellati killer degli stimoli rinnovatori
di
Paolo G.L. Ferrara
SIAMO DAVVERO NANI SULLE SPALLE DI GIGANTI?
LA NON-LOGICA DELL'ARCHITETTURA RETROGRADA.
Leggendo le dichiarazioni di Cervellati, che davvero non si smentisce mai, ci si chiede come sia possibile che ancora oggi si possano avere concezioni architettoniche pari, se non peggio, a quelle ottocentesche. Grazie comunque a chi la pensa cos, i nostri centri urbani crescono con nuove costruzioni brutte ed anacronistiche e molto spesso anche con restauri di dubbia ragion d'essere. Molti interventi poi rimangono incompiuti o non vengono mai affrontati grazie a Funzionari e a Soprintendenze che usano gli stessi criteri di Cervellati. In un articolo del Sole 24 Ore del 27 aprile di quest'anno, per esempio, si parla di come il Palazzo degli Anziani di Ancona rimanga da anni inutilizzato e condannato ad una lenta morte proprio per questioni di questo genere. Naturalmente Cervellati ha abbondantemente discusso sul caso. Uno dei due progetti di De Carlo per l'edificio proponeva un' "immateriale" facciata di vetro verso il mare ( immateriale tra virgolette in modo evidentemente dispregiativo ) che la Soprintendenza delle Marche "... ha fatto benissimo a bocciare" prima che " infastidisca la vista dei cittadini", come dice lo stesso urbanista. Il palazzo fonte poi di altre discussioni che sarebbero quasi divertenti se non fossero per vere e seriamente portate avanti. Difatti all'edificio mancano gli ascensori. All'interno non possono essere fatti poich ci sono le volte e queste verrebbero distrutte , fuori nemmeno perch senn si vedrebbero e- orrore!- il contempopraneo invaderebbe l'antico e cittadini ed esperti del rango di Cervellati ne rimarrebbero ovviamente "infastiditi". Cos non si va avanti e l'edificio condannato ad una triste inutilit.
Le idee di restauro e di architettura di questo tipo, che sembra grottesco stiano in bocca a persone che dovrebbero avere una certa competenza ma in realt sembrano quelle di una maestra elementare che insegna l'arte ai bambini, sono fondanti degli orribili restauri di moltissimi centri storici che ormai sono snaturati da veri e propri falsi o con degli edifici talmente leccati che fanno la medesima figura di quelle donne anziane troppo truccate al fine di sembrare pi giovani e avvenenti col solo risultato di diventare dei ridicoli mascheroni .
Purtroppo siccome il nostro paese ha la "sfortuna" di possedere un patrimonio artistico del tutto eccezionale , si pensa di poterlo salvaguardare fossilizazzandolo e non facendolo crescere e migliorare. Si dice che i moderni siano fortunati poich stanno come nani sulle spalle dei giganti grazie all'esperienza degli antichi. Purtroppo non soltanto non vediamo pi lontano, ma siamo anche pi miopi dei nostri predecessori, meno retrogradi e pi innovatori.
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473
di Irma Cipriano
del 05/11/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
Che sia difficile mandare gi le sconfitte comprensibile, anche se si potrebbe fare con un p pi di eleganza. Quello che mi preme dire per che non credo che non ci sia, parlando di Ground Zero, un problema etico e morale di fondo. Anzi, il problema c' ed enorme. Quel posto ora la tomba di circa tremila persone ed secondo me incredibilmente immorale pensare di ricostruirci l dei nuovi grattaceli per uffici o peggio ancora per centri commerciali. Quel posto dovrebbe essere un simbolo della memoria, non del danaro. Non dovrebbe urlare << La ricca e potente America si rialza in piedi >> , ma evocare cordoglio e soprattutto rispetto per quel disastro. E non si tratta di falsi moralismi. Vorrei vedere cosa se ne penserebbe se in posti come San Sabba e le Fosse Ardeatine venisse costruito qualsiasi edificio. Sono monumenti della follia umana e tali devono rimanere. Anche Groun Zero uno di questi monumenti, e il fatto che il terreno della campagna romana o triestina non sia appetibile economicamente come quello di NY non giustifica la mancanza di tatto e rispetto per le vittime e le famiglie.
Ground Zero lo avrei lasciato quasi cos com'era , facendoci un parco magari, lasciando per l'impronta delle due torri con delle macerie sopra a ricordo. Non si pu pensare di speculare su una cosa del genere. Gli americani che si sono sentiti cos colpiti al cuore, come almeno sembra dai loro sempre presenti rimandi, non dovrebbero permettere la costruzione di alcunch. Anche del progetto pi bello ed originale di qualsiasi grande architetto. Non a mio avviso giustificabile dire << Il mondo crudele e quello del commercio edilizio ancora di pi, perci non dobbiamo fingere che potesse andare diversamente.>> Pensandola cos ogni scempio architettonico ed ogni mancanza di rispetto per la morte dovrebbe essere giustificato.
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5/11/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Irma Cipriano
Come non essere d'accordo con Lei? Non c' modo, indubbio. Ovviamente, nel momento in cui c' per qualcuno che decide di ricostruire - e sulle cui decisioni non abbiamo alcun potere dissuasivo-, si annullano tutti i nostri giusti propositi morali e, non poco forzatamente, si deve passare a parlare di architettura, di cosa sorger, di cosa ci dir.
Se davvero Bush fosse un uomo con le palle quadrate, avrebbe comprato in rappresentanza degli Stati Uniti il sito Ground zero, e lo avrebbe lasciato, come Lei auspicava, "simbolo". Invece andato in Iraq, lo ha distrutto, e ci ricostruir. Ci saremo anche noi italiani, con il nostro prode Cavaliere a fare da condottiero ai suoi amici investitori. Proprio una cosa edificante...
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469
di Paolo Marzano
del 05/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Il concetto chiaro come chiaro l'entusiasmo di Fadda, per c' una piccola osservazione che vorrei fare. Eccellente l'articolo 'giornalistico', ma personalmente ritengo che poche opere nella vita di un architetto possano portare a riflessioni esperienze dibattiti. La ricerca architettonica salva, plauso al 'Maestro Gehry' arrivato per, secondo me, all'apice di una visione globale con il 'manifesto della libert architettonica' con Bilbao. Lo abbiamo visto, compreso, ammesso tutti, il resto per diventa una 'ripetizione dell'identico'. Non potrebbe il mondo sopportare pi di un'opera di questa fattura e carica 'sensazionale', ora aspettiamo un'evoluzione della sua pratica architettonica. Una nuova libert da riconoscere e da esaltare. Lo hanno fatti in tanti e non vedo perch Gehry non lo dovrebbe fare. Che superi la soglia della ripetizione scultorea boccioniana in titanio, inoltrandosi in altri ambiti nuovi, ne ha tutte le potenzialit ma non vedo perch trasformare la libert architettonica in tecnica industrializzabile o in spazio libero 'codificato' secondo la sua 'Gehrytecnologia', un grande architetto anche senza i cloni 'TITANICI' ; per che vada avanti!
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470
di lorenzo marasso
del 05/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
Sono uno studente di architettura e da un po' di tempo mi sono abituato a sentir parlar male di Gehry, se non addirittura a vederlo venir presentato come " il male " in architettura, specifico "in" e non "dell' " architettura. E questo preclude tante possibilit di dibattito, all'interno della scuola, sulle sue opere, che vengono velocemente tacciate di bizzarria o eccentricit. E pi uno appare sulle riviste pi diventa bersaglio di critiche a volte anche violente. E questo dovuto all'insoddisfazione di molti del mestiere, di cui una buona fetta si considera singolarmente come "l'architetto" che non sbaglia e quindi non perdona. Ma penso che un fondo di vero ci sia in tutto questo, ma attenzione che non penso possa escludere il resto. Gehry un genio dell'architettura, uno che ha "creato" un linguaggio, suo, unico e irripetibile, nel quale ha saputo magistralmente fondere elementi tratti da altre discipline, specie dall'arte figurativa. I mass-media lo hanno celebrato per solo dopo Bilbao, tant' vero che la sua reputazione di grande architetto, agl'occhi delle masse pi o meno acculturate, inizia solo con quell'opera.
Questo dimenticando il prima, le sue opere pi belle, nelle quali c'era inventiva spaziale, materica, che era in evoluzione. Poi tutto si bloccato, e anche lui si bloccato, ma ne stato costretto. Dopo Bilbao, tutti vogliono Bilbao, lo vogliono a NEw York, a Los Angeles,a Washington, a Venezia. Non vogliono il Gehry dopo Bilbao, ma vogliono il Gehry di Bilbao, tutto ipersuperfici e titanio luccicante. Per fare un paragone musicale, quando il pianista russo
Vladimir Horowitz emigr negli Stati Uniti, esalt il pubblico americano per la sua strabiliante tecnica e per le sue velocissime ottave. E tutti da quel punto in poi volevano sentire solo pi le sue ottave, per cui lui era costretto ad esibirsi in Carnegie Hall suonando un repertorio limitato alla massaccia presenza di ottave. Ma la sua bravura rimasta fino ad oggi al di l delle ottave, come penso che la bravura di Gehry rimmarr al di l di Bilbao e delle opere pi recenti, che, s lo penso anch'io, sono ripetitive e inflazionate. Tuttavia penso che il giudizio di Eisenman non significhi quello che molti pensano. Non credo che Eisenman giudicherebbe Gehry diversamente anche se quest'ultimo cambiasse linguaggio ogni settimana. L'identico di Eisenman, e la sua ripetizione, non riferito alle ipersuperfici o al titanio, non un discorso di forma, ma di approccio all'architettura. Non mi stupirei che Eisenman possa giudicare, se non lo ha gi fatto, Gehry un "classico", come fece per tutta l'architettura dal Rinascimento al modernismo, basta leggere " la fine del classico " per capire cosa lui intendeva. Eisenman non potr, per questi motivi, subire lo star system che invece sta condizionando Gehry, perch Eisenman non fa immagine. E' fuori dall'immagine, o se c' un'immagine, viene subito negata. Ogni progetto di Eisenman nuovo, diverso anche se il sostrato teorico identico. In quanto appannaggio della visione l'architettura stata per secoli sottomessa alle modalit di comprensione che sono proprie dei nostri strumenti con i quali percepiamo la realt. In questo senso una stanza barocca uguale ad una stanza di Mies, la differenza sta nella scala, ma l'ordinamento che noi diamo ad ogni segno architettonico presente in entrambe sempre riferito ad un codice conosciuto. Eisenman prova a costruire sondando il non-visto, il non rappresentabile o figurabile, di qui ne deriva un non-linguaggio architettonico assieme una sorta di negazione degli strumenti compositivi tradizionali, strumenti che Gehry ancora usa, ripetendo l'identico che attraversa la storia. Ma questo non fa di Gehry un architetto meno capace di eisenman. Quello che stupisce che gehry continua a costruire a destra e a manca e Eisenman no, o per lo meno non quanto ci si aspetterebbe da una della sua levatura. In questo Gehry identico a ci che abbiamo sempre avuto sotto gl'occhi, anche se lui lo fa un po' pi piegato o pi storto, ma i suoi canoni sono sempre gli stessi di tutta la storia dell'architettura. Dopo l'effetto Beaubourg c' stato l'effetto Bilbao, ma tra non molto forse parleremo di effetto Santiago, dove Eisenman sta realizzando la sua ultima fatica. Allora ci sar da pensare e ritornare su molte affermazioni fin qui fatte!!
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471
di Falconh Viviana
del 05/11/2003
relativo all'articolo
Lo sprawl della critica
di
Paolo G.L. Ferrara
Io credo invece che Federico Bucci abbia diritto ad omettere o tralasciare ulteriori chiarimenti su una posizione che gi di per se chiara: "chi conosce, sa" come dice Lei.
Anthitesi nasce come luogo di scontro fine a stesso o si propone di costruire uno spazio edificante e capace di approfondimenti culturali?
Perch gettare ombra sulle parole del critico Bucci, se l'opinione che l'architettura italiana sia, nell'ufficialit, in ibernazione una realt e non un colpo di pistola al vento come vorrebbe farci credere? perch invece, non cogliere l'occasione per chiarire a modo proprio una posizione comune?!
Da studente, mi risulta infruttuosa la lettura di un'articolo che in 9836 battute non dice altro che '"Anche in un "editoriale in breve", il critico ha il dovere di scendere nello specifico e chiarire i termini dell'intervento. Bucci non lo ha fatto, ma sicuramente senza dolo. L' editoriale in breve non concede molto spazio per potersi spiegare chiaramente".
Perch il compito di un critico che le sembra non essre stato assolto nell'editoriale in questione non lo assolve Lei che con il suo intervento non ha, a mio parere, fatto luce su nulla???!!!
L'editoriale di Bucci occupa ben meno spazio del suo intervento e dice molto di pi.
E, mi permetta, trovo ridicola la conclusione del suo articolo: "...d'altronde, la sintesi critica zeviana cosa difficile da emulare", dato che l'oggetto della critica non quello zeviano, e Zevi non c' pi, e se anche ci fosse ancora, nelle sue ultime pubblicazioni la chiarezza, l'esaustivit e la concisione risultano caratteri assenti. Sar proprio perch diventato pi difficile e intelligentemente inaccettabile una posizione categorica e immobile sui fatti architettonici?!
Io sono una di quelle giovani che ha bisogno di una critica costruttiva per crescere positivamente e dalla mia posizione giustifico le parole di Bucci, anche senza approfondimenti. Va bene cos: sono anni che al Politecnico di Milano ci si ostina ad idolatrare vecchie personalit che hanno fatto storia ma che oggi devono lasciare la contemporaneit per dare spazio alla nuova cultura del costruire. Alla vera nuova cultura. Questo, Federico Bucci lo sa bene, e spero anche Lei.
O forse il suo articolo nasconde il risentimento verso parole che sente ostili alla vecchia scuola?
E' questa una delle cose poco chiare del suo intervento. si spieghi meglio.
Tutti i commenti di Falconh Viviana
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5/11/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Falconh Viviana
Leggo le Sue critiche e mi sovviene il sospetto che non abbia approfonditamente letto il mio articolo, ma si sia esclusivamente limitata a contarne le 9836 battute. Comunque sia, mi lascia ancora pi sorpreso che si continui a leggere tutto quanto pubblicato su antithesi quale fosse un attacco ad personam, il che un vero limite, perch se s'intendesse il nostro modo di "fare la rivista" non come "luogo di scontro" ma, appunto, di confronto, b, tutto sarebbe molto pi fruttifero, indubbiamente. Ora, visto che Lei certamente studentessa di Bucci, e mi fa piacere che lo difenda esprimendo la Sua opinione, ma perch mai non risponde anche Bucci?
Non dico e non chiarisco nulla?
Se Lei leggesse meglio il mio articolo si accorgerebbe che si va a fare una critica approfondita della questione "architettura italiana"; in pi, se diritto di Bucci dare per scontato qualcosa (dunque, non approfondendo), il diritto anche mio, no?
Di pi: se usasse la struttura del giornale on line cos come andrebbe usata, si accorgerebbe che gli approfondimenti ai temi si trovano sparsi in numerosissimi articoli, rintracciabili anche per tema grazie al motore di ricerca.
La realt che Bucci ha esaltato la Biennale ma si esentato dal parlare degli italiani: forse che i giochini cattedratici abbisognano di "essere amico di tutti"?
Zevi: "...Zevi non c' pi, e se anche ci fosse ancora, nelle sue ultime pubblicazioni la chiarezza, l'esaustivit e la concisione risultano caratteri assenti." Credo che Lei sia la 9836 esima "critica" di Zevi...morto. S, perch quando era vivo, b, tutti quelli che ora straparlano non avevano il coraggio di dibattere con lui. La Sua critica postuma davvero fuoriluogo, almeno che Lei non ci scriva un p pi approfonditamente e rintracci la mancanza di chiarezza, esaustivit e concisione del vecchio e stanco Zevi.
Politecnico: b, casca male a criticarmi, perch se c' qualcuno che stato sbattuto fuori dal Politecnico perch attaccava i baronati, i clientelismi, le raccomandazioni, le fasulle scuole imputridite, s, sono proprio io.
Dimenticavo: se le parole che io sentirei "...ostili alla vecchia scuola " vogliono riferirsi alla mia difesa di Zevi, s'informi: se c'era qualcuno che combatteva le vecchie scuole era proprio Zevi.
Mia gentile lettrice, non ho alcun risentimento verso nessuno; piuttosto, da quando antithesi on line, ci sono parecchi che ne hanno con me. Ma difficilmente, molto difficilmente, decidono di dirmelo in faccia. Lei lo ha fatto e di questo Le faccio merito.
E mi piacerebbe incontrarLa per potere approfondire il tutto. Se lo deisdera, sono pronto.
cordialit<
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468
di enricogbotta
del 04/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
A scadenze quasi regolari mi si invita a scrivere un un articolo in cui illustri e commenti un opera di questi anni che abbia per me un vero valore nel contesto architettonico di oggi. Inviti a cui rispondo come ho sempre fatto, e cioe dicendo che non sono un critico ne ho interesse a diventarlo. Le opinioni che saltuariamente esprimo sono le opinioni di un giovane ricercatore che evidentemente ha le sue idee ma che non pretende in alcun modo di fare della critica seria.
Detto questo, invito chi non labbia fatto a leggere il mio intervento precedente su questo tema e a guardare la foto che gentilmente Ferrara ha messo in cima allarticolo a cui questo commento si riferisce. Ora, per conoscere quale sia il potenziale positivo (perche poi sia necessario essere positivi non mi e chiaro, si legga un bellintervento di Mara Dolce su newitalianblodd.com http://www.newitalianblood.com/testi/testo121.html) di me stesso si legga tra le righe, meglio se le righe sono tante visto che la verita e il significato sono fatti statistici, e si capira non ce a mio avviso alcun bisogno di leggere le etichette ne tanto meno di appicicarle su tutto e su tutti.
Levidente disagio di Saggio (scusate il gioco di parole) e Ferrara si spiega con la difficolta a etichettare i miei interventi, credo per altro sia un difficolta' di molti. Il piu delle volte, in mancanza daltro ci si accontenta di definirmi nichilista.
Il fatto che io non proponga opere che reputo valide o significative nel panorama contemporaneo e perche ritengo una tale operazione estremamente scorretta. Primo perche qualsiasi opera e insufficiente, e questo e un principio che bisogna accettare. Secondo perche lopera e contestuale, e per parlarne bisogna parlare del (e conoscerne) il contesto. Unopera e singolare, contestuale e insufficiente, lopera di un architetto e singolare, contestuale e insufficiente, lopera di un gruppo di architetti e singolare, contestuale e insufficiente. In poche parole, di opere di architettura non si puo e non si deve parlare. Chi la pensa diversamente da me ne parla e ne scrive, a mio avviso compiendo esclusivamente una mistificazione.
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4/11/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a enricogbotta
Ovviamente, ne sono certo, Botta, quando parla di "mistificazione" si riferisce al suo significato inteso quale "alterazione", e non quale "falsificazione"....
C' infatti una differenza sostanziale, perch la critica certamente soggettiva ma difficilmente pu falsificare (o, quantomeno, facilmente smascherabile), poich discute su argomenti oggettivi, ovvero disponibili a tutti, e su cui tutti possono soggettivamente esprimere opinioni.
Altro: caro Enrico, credimi, non mi hai messo a disagio (non hai due belle poppe, non hai due belle gambe e, per di pi, sei maschietto...il che non mi attira, assolutamente), piuttosto, con i tuoi interventi, dai spunto a temi che andrebbero approfonditi, e se ci significa "fare critica", b, anche tu lo sei a modo tuo, cos come io (che critico non mi ritengo, ugualmente a te) lo sono quando apro bocca ed esprimo la mia analisi delle cose (anche su due belle poppe, sicuro!).
Ora, se scorretto proporre opere valide su cui discutere, altrettanto lo criticare senza proporre. E, nel tuo caso, ancora pi grave, perch non ti mancano certo i numeri per farlo. Altro che "...giovane ricercatore che evidentemente ha le sue idee ma che non pretende in alcun modo di fare della critica seria". Se cos fosse, saresti anche tu "mistificatore", ma quale "falsificatore".
Aggiunge Sandro Lazier
Dice Botta:"...in mancanza daltro ci si accontenta di definirmi nichilista.[...] In poche parole, di opere di architettura non si puo e non si deve parlare. Chi la pensa diversamente da me ne parla e ne scrive, a mio avviso compiendo esclusivamente una mistificazione."
Come volevasi dimostrare.
Tra l'altro, Botta, fin'ora, di cosa parlava se non d'architettura, di filosofia forse?
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467
di Paolo Marzano
del 04/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Io proporrei, per tutti gli interessati, invece, di analizzare tutti insieme la stessa opera architettonica. Attenzione, potrebbe essere anche un'istallazione realizzata in qualche esposizione. Oggi che si parla tanto di 'intelligenza collettiva', di 'gruppi interattivi' sarebbe un esperimento da fare per poter capire e forse meglio interpretare come, dove e quando inizia a realizzarsi uno spazio architettonico; nei territori virtuali o su di un foglio di carta casuale o visivamente percependo segni ancora non identificati che si presentano a volte nella nostra realt. Comprenderemmo sensibilit, esperienze diverse e soprattutto introdurremmo una volont nuova, basata su un'architettura sempre diversa, percettivamente riprogettabile quindi 'interattiva' ma, imponderabilmente, condivisa.
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465
di Antonino Saggio
del 03/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Cara Antithesi,
ho letto con interesse l'articolo di M. Fadda sulla Disney Opera a Los Angeles e la seguente polemica.
L'articolo di Fadda molto buono: un esempio che dimostra che, "dai oggi e dai domani", comincia a nascere una generazione che sa parlare in maniera pertinente di architettura:e cio informando, descrivendo e commentando un'opera in una equilibrata miscela tra le diverse componenti.
Ho letto anche le veementi e precise risposte dello stesso Fadda. Un contributo "personalizzato", che credo sia un bel toccasana. Queste risposte sono uno dei casi pi riusciti in cui una polemica ha senso per un lettore. La struttura editoriale di Antithesi ne risulta esaltata. Non poco.
Poi, le cose devono finire, positivamente. Credo che E. Botta dovrebbe, semplicemente, scrivere un articolo in cui illustri e commenti un opera di questi anni che abbia per lui un vero valore nel contesto architettonico di oggi.
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3/11/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a Antonino Saggio
Se Lazier e Ferrara sono d'accordo estenderei l'invito di Saggio a Botta a "scrivere un articolo in cui illustri e commenti un opera di questi anni che abbia per lui un vero valore nel contesto architettonico di oggi" anche a Pacciani, Dolce e Capitano.
Nessuna ironia. La proposta e' seria perche' ci permetterebbe di conoscere il lato positivo, come dice Saggio, e propositivo delle persone con cui dialoghiamo o ci scontriamo.
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464
di Antonino Saggio
del 03/11/2003
relativo all'articolo
Saggio di fine anno
di
Enrico G.Botta
Ringrazio dell'attenzione (cosi raramente esercitata per la didattica universitaria) e delle osservazioni di E. Botta. Il programma del Corso di cui ci si discute nell'articolo accessibile da questo link.
ProgrammaCaad2003.HTML
Mi si chiede di chiudere la forbice invece di aprirla vieppi. Osservazione plausibile, che non mi sente affatto lontano
...coffeebreak/.../index.htm
Un forte saluto ai lettori e ai redattori degli scritti
Prof. Antonino Saggio
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463
di enricogbotta
del 03/11/2003
relativo all'articolo
Da mille a centomila concorsi d'architettura
di
Beniamino Rocca
Le proposte di Beniamino Rocca e del Co.Di.Arch sono senz'altro sensate. Le condivido. Ma cosi come sono rimangono su un piano puramente idealista e sarebbero difficilmente applicabili (scommettiamo che non saranno MAI applicate?). Le idee che vogliono cambiare uno stato di cose, portare un cambiamento radicale, devono tenere conto degli interessi in ballo, di tutti gli inetressi, e cercare di stabilire un equilibrio diverso. Le proposte di Rocca non saranno mai applicate perche non portanno nessun vantaggio agli enti banditori. Ad esempio, se la procedura concorsuale garantisse al banditore effettivamente la selezione di proposte oggettivamente valide, con il massimo della qualit possibile, beh allora magari sarebbe disposto, in cambio, a offrire una procedura concorsuale trasparente... si tratta di trovare il modo epr rendere questo possibile. Fare proposte eccessivamente idealiste purtroppo non ci porta da nessuna parte.
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461
di Fausto Capitano
del 02/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
>>> [autonomia e assuefazione] >>> Probabilmente la parola "trasgressione" fa troppa "fog" attorno alla figura di Eisenman (e se ve lo dice il "Capitano nebbioso", potete crederci!), stona un po' se la si immagina spalmata sulle sue rughe, sa di kitsch sulla sua stoffa radicale. Comunque, il suo accenno di autonomia mentale rispetto agli ultimi successoni gehriani, deve servirci da spunto per fare altrettanto. A dire il vero, ora che ci penso, Eisenman non avrebbe motivo di ostentare autonomia da niente e da nessuno, ma, forse, l'et avanzata favorisce cedimenti psicologici che poi vengono conditi, come in questo caso, con afflati giovanili d'istigazione alla rivolta creativa. L'autonomia, per, resta un possibile centro dei nostri discorsi: non pi partendo dall'accenno di Eisenman, ma dalla materia di Gehry. Essa (parafrasando) la ripetizione di un identico progetto. Progetto, come invenzione individuale, protesa a lasciar specchiare il reale in se stessa e ad offrire lo sfavillio di stimoli alla mutazione ed alla riorganizzazione di ci che sempre stato (e continua ad essere), in un modo che, finora, non c' mai stato. Nel progetto gehriano (ripetuto nella sua identit in/scoperta) le contingenze, le sostanze materiali del nostro tempo, le tecniche CAM, le dinamiche della relativit fisica e della dis/locabilit emozionale, i rapporti di potere economico e culturale, i riti sociali, i gusti, l'appena iniziato cyberinascimento dell'arte ... tutto questo coagula forme e produce spazi, forse, diversi dal "solito/architettonico" e, forse per questo, "critici" gi nella loro originaria diversit. Il progetto gehriano dialetticamente autonomo da tutto e interlacciato a tutto; in quanto avente una dimensione estetica, esso suscettibile anche all'assuefazione massmediatica. Ma il progetto gehriano (azzardo un'ipotesi "fog"!) ancora in fase di "presa delle misure", prima di avviarsi sull'obiettivo: proiezione, slancio. E forse, ora che ci penso, gi solo il vederlo sotto questa luce, giustificherebbe l'accredito di "criticit", di "strappo", che Eisenman mostra difficolt nel dargli. Allora, Gehry sta costruendo "una cosa nuova"? E, in quanto "una", ma non ancora concretata, possibile che le ultime installazioni "verso" essa (da interpretare, dunque, come passi sperimentali verso l'ultimo salto), appaiono ripetizioni di un'identit solo percepita? ... Aiutiamoci a capire! >>>
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284
di Federica Pinato
del 02/11/2003
relativo all'articolo
Master digitale IN/ARCH: la replica di Luigi Prest
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Ho letto in queste settimane della vicenda del master, e mi trovo daccordo su chi critica dando dei suggerimenti costruttivi, spero infatti che i promotori tengano conto delle richieste fatte. Spero (anzi ne sono convinta) che questa non sia solo un occasione per polemizzare, perch credo che tutto il mondo accademico, della ricerca e dell'architettura in genere abbia bisogno di confronto e di apertura a nuove esperienze. La rete permette di analizzare e di aprire al dibattito avvenimenti che altri media non trattano, quindi ben vengano i testi e i dibattiti di antiThesi. Tra le richieste che farei io agli organizzatori vi quella di informarci al termine di esso, dei risultati conseguiti e di quelli mancati, insomma di essere autocritici e cercare di dimostrare, a loro stessi prima, e al pubblico esterno poi, la validit del loro insegnamento.
Spero di aver contribuito in maniera costruttiva.
Un cordiale saluto a tutti
Federica Pinato
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458
di Andrea Pacciani
del 02/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
I miei pi vivi complimeti a Sandro Lazier che ha saputo cos ben organizzare e gestire questa istant media convention sullarchitettura gehriana. Prima ha sparato i fuochi dartificio del giovane Fadda, preparato ed esaltato quanto basta, un po volgare e maleducato, ma nel mondo mediatico senza insulti si fa poca strada (Sgarbi insegna).
Poi aspetta le risposte, inevitabili, forti forse prevedibili (?) dei soliti partecipanti, che si sentono toccati dalla faziosa tracotanza del giovane Fadda.
Quindi chiosa con il pezzo di citazione di Eisenman, gi a molti noto e facilmente condivisibile, che se pubblicato subito a commento del primo intervento non avrebbe suscitato questa ridda di botte e risposte.
Non so se casuale, questa regia ha comunque dato una sferzata al forum sicuramente interessante ed apprezzabile, ovvero un giro dopinioni dirette sincere su un tema darchitettura.
Personalmete mi aspettavo qualche risposta sincera e distaccata sul mio accostamento sul metodo e sui contenuti (!?) tra larchitettura strillata contemporanea di oggi e quella altrettanto strillata e contemporanea postmoderna di 20 anni fa. Probabilmente let anagrafica o la corta memoria dei partecipanti al forum non lo consentono. Per i giovani studenti che si avvicinano o scappano da questo sito consiglio di andare a scavare nelle emeroteche delle facolt per rispolverare i domus di direzione Mendini, per scoprire le analogie di allora con laria fritta che viene loro proposta oggi.
Limpressione da architetti sempre che la vita degli uomini cambi in maniera velocissima, esponenziale rispetto al passato, e che le risposte progettuali debbano innovarsi e stupire per tradurre questi cambiamenti di vita sociale. Di fatto, non cos: questi cambiamenti sono lentissimi, scalfiscono solo superficialmente le abitudini di vita; non conosco la vostra vita e le vostre case o i vostri studi, ma quelli delle persone che conosco io hanno ancora le foto del matrimonio nelle cornici dargento, i centrini alluncinetto delle bomboniere del battesimo del nipotino e un cassetto, magari di un mobile di laminato d'alluminio, con il corredo della nonna mai usato da generazioni. Ho visto una foto di Gehry a questi festeggiamenti della Disney Hall felice nel suo classicissimo e convenzionalissimo smoking e mi ha fatto tenerezza per la distonia con il presunto messaggio architettonico della sua opera; auguro a lui e al suo teatro che sia sempre pieno di spettatori in ghingheri ad ascoltare lOpera italiana.
Lacustica importante per apprezzare un Guarnieri (per gli studenti darchitettura: un violino non un architetto!) ma io preferisco ascoltarlo in una sala magari un po scomoda, con le ginocchia contro la balaustra del palco, la schiena dolorante per la mancanza di ergonomia delle sedute, con lodore della polvere delle tavole da palco e la pesantezza dei decori. Mies raccontava sempre laneddoto sulle sue poltrone Barcelona che a chi piacevano le trovava anche genialmente comode, mentre chi non le sopportava le trovava anche scomodissime e progettate per il mal di schiena. Era il primo autogol della modernit!?
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2/11/2003 - Sandro Lazier risponde a Andrea Pacciani
Nessuna regia, caro Pacciani. Tutto è spontaneo anche se meditato, come la citazione di Eisenman che Paolo G.L. Ferrara ha voluto giustamente ripoporre all'attenzione dei lettori. Gli articoli di Fadda scaldano gli animi, pro o contro, ma li scaldano. Sta poi a noi cercare di non sudare troppo ed evitare che la pelle si irriti oltre il lecito. Per il resto ben vengano le polemiche e le discussioni.
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460
di enricogbotta
del 02/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
Non ho mai pensato che Gehry fosse la morte nera dellarchitettura. Un ruolo questo che spetta di diritto a Peter Eisenman, vero e unico artefice dellintellettualismo autocompiaciuto dellarchitettura degli ultimi15-20 anni. Come limpero del male in guerre stellari, anche le vie dellintellettualismo estremo introdotto sul volgere degli anni 60 dalle elucubrazioni di malati di mente (non e un insulto ovviamente, ma una diagnosi), influenzati a loro volta da veri e propri psicopatici come Derrida e le premiata ditta Deleuze Guattari, sono infinite. Persino lestremismo apparentemente opposto del quasi-pop Koolhaas non altro che uno dei molti strumenti dellimpero intellettual chic dei circoli londinesi e newyorkesi, monopolisti della cultura architettonica della seconda met del 900 e artefici della sua distruzione. Chi sostiene che non ci fosse niente da distruggere, come molti affermano, dice una grossa falsita. Prima cera un discorso (e non a caso dico discorso) che qualcuno, il Darth Vader Peter Eisenman, si divertito a fare a pezzettini (prima di lui cera stati altri ma forse non sono stati cosi determinati). Ora sta a noi mandarli a casa, o si capisce (leggere: o i giovani capiscono) che *obbligatorio* liberarsi di questi fardelli o presto architettura non vorra dire piu assolutamente niente.
La frasedi Eisenman citata da Ferrara/Lazier non dice nulla sul lavoro di Gehry. Dice molto sul lavoro di Eisenman in confronto al lavoro di Gehry siccome non mi interessano ne luno ne laltro preferisco estrarre i temi che potrebbero essere interessanti dal contesto del lavoro di un qualsiasi artefice particolare.
In particolar modo il tema critico che mi sembra evidente la scala. Un po di tempo fa ho ascoltato una intervista a Philip Johnson, grande amico/nemico (a certi leivelli nessuno e amico di nessuno) di Gehry (con il quale cenava una volta alla settimana in una specie di loggia massonica dellarchitettura newyorkese alla quale presenziava persino Cesar Pelli, a certi livelli sono tutti amici), di Eisenman, di Koolhaas, di Zaha Hadid, nonche di Frank Stella e Richard Serra. In questa intervista fatta nella proprieta di Johnson nella suburbia incantata di New Canaan (dove persino Koolhaas in visita esclama what a nice place!), lo Zelig dellarchitettura parla di una scultura di Stella che ha nella sua galleria e dice: e bellissima, intricata, la guardo e mi immagino piccolo piccolo che cammino su questi pezzi di metallo lucente, posso passare sotto questo punto, salire qui sopra, sedermi in questo punto. La descrive come uno spazio architettonico, ma anche come un paesaggio. Serra nelle sue sculture da sfogo a queste suggestioni creando spazi molto meno intricati di quelli miniaturizzati di Stella dove pero non sono richiesti sforzi di immaginazione e lesperienza e sensoriale. Gehry coniuga il desiderio di Johnson di entrare nelle sculture di Stella con la scelta di Serra di rendere questo sogno possibile anche a costo di semplificare lo spettro di esperienze possibili. Nel lavoro di Gehry secondo me non ce molto altro. La tecnica costruttiva, lefficienza tecnica (come lacustica della WDCH) o la funzionalita degli spazi sono compiti che qualsiasi Corporate Firm potrebbe adempiere altrettanto bene. Gehry ha successo perche quello che deve funzionare funziona, quello che deve svolgere un compito svolge quel compito quello che deve essere efficiente e efficiente come in un edificio di KPF o SOM. In piu ci aggiunge la sensibilit di dare forma al desiderio di abitare uno spazio immaginario, meglio se a una scala imponente. Il che fa anche in modo che i soldi in piu' che vengono spesi per un progetto di Gehry rispetto a uno di SOM rientrino in cassa con il "ritorno di immagine". Nel momento in cui una di queste due condizioni venisse meno finirebbe anche il clamore per un architetto per ora bravo a fare l'equilibrista, non certo a innovare.
Ora provate a prendere un foglio di carta, accartocciatelo per bene e poi provate a scrutarlo e immaginatevi a camminare sulle superfici inclinate, passare sotto gli aggetti, sedervi su uno scoglio che da sul vuoto di una caverna candida. Gehry, Stella, Serra non vi servono.
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462
di Franco Porto
del 02/11/2003
relativo all'articolo
Da mille a centomila concorsi d'architettura
di
Beniamino Rocca
Credo che l'iniziativa del CNA sull'Osservatorio dei Concorsi debba ritenersi molto interessante e chi stato a Bari potr averne constatato i risultati. Sono daccordo che occorre pi trasparenza sulle Commissioni (a Bari si parlato poco di tali problematiche) ma non capisco perch le sedute pubbliche devono essere considerate la soluzione al problema. Da una recente esperienza di membro di Commissione nel Concorso per un "Laboratorio di Citt" a Misterbianco (Catania) ho potuto verificare che le due sedute pubbliche (iniziale e finale) sono state quelle pi polemiche e meno utili al raggiungimento del miglior risultato per la competizione. Penso che la dignit di una Commissione si misuri sui risultati prodotti e su quelli bisogna discutere, sicuramente con pubbliche sedute per capire le scelte fatte senza necessariamente individuare chi ha meglio supportato la proposta vincitrice, anche perch il risultato finale, raggiunto all'unanimit dopo varie sedute, inizialmente poteva non essere unanime e se i membri si pronunciano in seduta pubblica difficilmente sarebbero propensi a rivedere le proprie posizioni.
Per quanto riguarda Portoghesi e i membri di Ordini calabresi credo che se ne parli gi molto ma non solo di quei casi (risulta strano che il CNA dopo aver dato parere su dei concorsi poi si ritrova vincitori alcuni dei suoi membri principali) sarebbe meglio impedire che partecipassero coloro che certificano e regolamentano la qualit di una competizione. Chiaramente su tutto l'etica professionale che ci salva dai cattivi pensieri.
Franco Porto
Presidente In/Arch Sicilia
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459
di Fausto Capitano
del 02/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
>>> [invidia e pazienza] >>> L'invidia, rabbiosamente attaccata da Fadda, pi o meno, gi dal suo primo contatto con la comunit antithesiana, ha forse un solo pregio (che Fadda stesso dovrebbe apprezzare) in questa finestra dialettica su Gehry: , infatti, traccia evidente della tendenza a non idolatrare il progettista in questione. La schiera di presunti invidiosi fa da tappo, forse involontario, nei riguardi della sostituzione dell'opera col suo stesso creatore: , questo, un fenomeno rosenberghiano di s/definizione che, a mio avviso, darebbe adito, esso soltanto, al vero gesto criminale e deplorevole ai danni dell'attuale opera gehriana. Ed esso soltanto (e non i poveri architetti italiani improduttivi ed eticamente cedevoli) dovrebbe essere il centro della violenta animosit offensiva di Fadda. Idolatrare Gehry, s/definire la sua arte attuale, gigantificare il pacioccoso immigrato californiano, comporterebbe il rischio di ammissione, prematura, della pochezza dei suoi attuali gesti creativi. Eisenman sfiora il limite di quell'invidia che lo accomunerebbe alla de/classe architettonica sulla quale Fadda si arrogata la libert di sputo? Nessuno di noi pu permettersi di favorire un tale sospetto, non tanto per la caratura del personaggio di cui il direttore di testata, e suo vice, citano il pensiero, ma quanto per non mollare la presa della sincerit di coscienza e cadere nel fognolo dell'ira faddiana. Forse fluttuo ancora nella "fog" con cui Sandro mi vuole ammantare, ma, mi pare che Eisenman avanza un invito semplice: stiamo a vedere se, al di l di questa iper/modernit, di tutto questo immaginario mediatico; al di l di queste forme/business di flessibilit tecnologica e tipologica (forme/business degne di rispetto)... stiamo a vedere se al di l delle mode e dei gusti volubili, l'opera gehriana figlia, o meno, del dissenso, di quella spinta critica sulla vita, e per la vita, che "consumiamo"; stiamo a vedere se figlia, o meno, della responsabilit etica verso l'interesse collettivo reale, di cui spesso la stessa collettivit non riesce a prendere coscienza. Stiamo a vedere se, nel futuro che sta venendo (in condizioni differenti di habitat, consensi e bisogni) l'opera gehriana attuale, ormai radicata nel luogo in cui stata costruita, sar in grado di produrre significati veri, autentici, innegabili. Stiamo a vedere se il futuro mostratoci dal pacioccoso immigrato californiano, depurato dal corso del tempo che sottrarr super/ficialismi e sostanze volatili, dar un nuovo presente di nutrienti creativi, morali, estetici, umani ecc., ecc. Questo invito comporta attesa. Chi di noi pu permettersi di aspettare, bene che lo faccia senza nervosismi, senza scurrilit, senza ansie! >>>
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456
di Elena Camaiti
del 01/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
Mai traccia di discussione fu pi appropriata per verificare possibili altre idee per altrettanti dibattiti. E' da tempo che seguo Antithesi e ultimamente mi sembra che ci siano state discussioni trasformatesi in polemiche. Invece la traccia 'esca' che stata scelta spinger i polemisti di mestiere (pochi e i soliti) a predere finalmente una direzione di ragionamento architettonico, senza rapportarsi a chiss chi, per dirne chiss che cosa! Capiremo tutti se intendono l'architettura come 'polemica di riflesso', da condurre all'infinito, riempiendo i siti di puerili e grottesche 'parole nel vuoto', oppure 'creando' (parola ai polemisti sconosciuta) un mondo possibile di riflessioni. Non preoccupatevi, le discussioni servono, e molto, ma trovo inopportuno che durino pi di una risposta.
Credetemi, si pu parlare veramente di Architettura; queste strategie atte a riempire i siti di confusionarie illazioni e tendenziose accuse, debilitano l'architettura della rete e allontanano chi, magari, prova ad avvicinarsi. Una sola persona che leggendo queste polemiche (studenti compresi) si allontana dalla discussione in quanto confusa, rappresenta per tutti noi, che invece ci crediamo, una sconfitta.
Le 'polemiche infertili' per attaccare chiunque e dovunque rappresentano ci che il titolo condanna : ...la ripetizione dell'identico.
E, guarda caso, non v pi bene!
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1/11/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Elena Camaiti
Gentilissima, osservando solo la durezza degli interventi tra i protagonisti, quello che dice abbastanza vero, ma la cosa va guardata da un altro punto di vista: quanti strumenti ci sono che permettono la libera espressione? Attenzione: c' da dirLe che moltissimi commenti davvero polemici ed inutili non vengono pubblicati. Ci che mandiamo on line pu sembrare 'sterile polemica' ma dobbiamo imparare a scrutare tra le righe e, di certo, troveremo spunti interessanti su cui dibattere. Devo dire che mi sembra paradossale la lamentela che spesso ci sentiamo fare, ovvero che antiTHeSi, invece di parlare di architettura, parla di 'critica della critica'. Paradossale perch prima di antiTHeSi ci si lamentava che non c'era neanche quella...Lo strumento antiTHeSi nato per essere dei lettori e non solo degli specialisti. Non siamo 'patinati' e non cerchiamo di pubblicare a tutti i costi articoli 'buonisti'. Il nostro scopo fare dibattito, aperto e, nel caso, duro. Ovviamente, ci non ha la pretesa di arrivare a delle verit assolute, tutt'altro. Un esempio potrebbe essere indicativo di come antiTheSi rappresenti un primo momento di contatto con i lettori. Mi riferisco al rapporto con Enrico G Botta, assolutamente dialettico e contraddittorio, alcune volte molto forte. Lentamente, pur non condividendo le stesse idee, abbiamo intessuto un rapporto che sta pian piano chiarendo ad entrambi quelle che sono le reali personalit. Nessuno nemico di altri: dobbiamo cercare di lavorare sulla materia architettura in Italia, e sdoganarla dal provincialismo in cui si bea da molti anni.
Ribadisco: leggere tra le righe degli interventi fondamentale per intuire linee guida. Poi, si sa, ciascuno di noi ha il personalissimo carattere che lo guida nel modo di esporre le cose.
Non siamo migliori di altri, ma nessuno, oggi e nel futuro, potr mai assimilarci a 'carta igienica'.
Cordialit
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451
di Fausto Capitano
del 01/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Dalle contorsioni di membra dialettiche, in questa lite digitale che sta venendo su bene, emergono solo pochi gesti concettuali invitanti riflessioni.
"Dove sono le decostruzioni gehriane?"- Gehry decostruisce ... gli armamenti pesanti dimessi, dai quali commissiona l'estrazione delle lamine di titanio. Le ditte italiane specializzate ringraziano e incassano, le autorit russe incassano e se ne fregano, il "maestro" energizza le sue ipersuperfici assorbendo luce e ammirazione. Gehry decostruisce ... i vuoti di limite, sostituendoli con addensamenti materici di facciata che plagiano le percezioni spaziali interne: il negativo di ci che prorompe fuori, aspira, secondo campi poliversi, il dentro ( come scrutare l'interno di una statuetta di Madonna comprata alle bancarelle). Gehry decostruisce ... gli animi di chi entra gi mezzo tramortito dalle luci e ammirazioni riflesse assorbite fuori. Gehry decostruisce ... i pensieri di chi si muove nei suoi spazi, le sensazioni di chi tocca le sue atmosfere, gi ebbri di messaggi promozionali e recensioni di casta.
"...Un progetto vecchio nella sua modernit..." - Un progetto, e basta! Vecchio, moderno, intelligente, idiota... boh!? Un progetto coagulato attorno ad un investimento finanziario che avr minore riscontro di quello di Bilbao, attorno ad un codice creativo che ha avuto un suo inizio lontano ed una fine prossima, attorno ad un architetto che conosce i suoi polli, attorno ad una congiuntura di squilibrata percezione del mondo, dei parametri antropici, della relativit emozionale.
"Mai sentito parlare di edificio-citt-terrritorio?" - Allucinazioni? Forzature indotte dal desiderio di infilare nella collana dei propri miti tutto ci che di irriverente si raccatta per strada, usando l'ago e il filo della erudizione e della affinit elettiva con chi sa prendere in giro la nostra societ sbalestrata e strafatta di pubblicit e lobbing? Le ultime installazioni di Gehry fluttuano nell'urbano, intrudendo tra le pieghe delle indistinte traiettorie di un costruito senza differenze. La plasticit parametrizzata dei suoi stampi abitabili, raggruma nella nostra sete di novit, nei nostri disagi spaziali, nelle nostre abitudini bidimensionali, nella nostra debolezza sensoriale. Noi ci costruiamo le architetture di Gehry. Questo l'unico Continuum che scorgo.
"...Gli architetti italiani servono quasi esclusivamente il potere, la chiesa, il principe, l'oligarchia, lo stato..." - Ma gli architetti italiani servono a qualcosa? A migliaia vagano, lamentosi, in una Patria che sembrano odiare per quanto mal costruita; a migliaia sputano sulle cementificazioni di quello che loro spacciano come un sessantennio di oligarchia ingegneristica; a migliaia tramano, si additano a salvatori, cercano di prendere le distanze da ci che loro stessi hanno generato. Gli architetti italiani sono razzisti nei confronti degli Ingegneri, nei confronti dei governi burocrati, nei confronti della committenza media aculturata, nei confronti di ci che non hanno potuto costruire loro, distruggere, fruttare, sporcare. (Vi invito a leggere l'editoriale nell'ultimo numero dell'ARCA)
"...Questi nanerottoli non sarebbero in grado di salirgli sulle spalle neanche se..." - Tra nani arrampicatori, lapidi commemorative, recensori amici, pisciatine controvento e incitamenti al risveglio, mi ritrovo a pentirmi di aver ceduto allo sconforto quando non mi sono potuto iscrivere ad una facolt d'architettura, ripiegando su una d'Ingegneria. Allora ignoravo i rischi che avrei corso, oggi un brivido di rincuoranti constatazioni percorre il sorriso di un cybernauta come tanti che si sofferma divertito sulle scaramucce di quattro infanti.
Tutti i commenti di Fausto Capitano
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455
di Paolo Marzano
del 01/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identic
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
Tempo fa in uno scritto dal titolo 'L' Uomo Altrove', analizzavo proprio questo argomento che P.Eisenman sottolinea, sono pienamente in linea con lui. Vedete, incastrando forme anatomico-organiche o zoomorfiche di qualunque profilo e carica digitale; una testa di cavallo o un pesce dei fogli al vento o della lamiera accartocciata, evidentemente una strada da percorrere, insomma la libert formale raggiunta pu distribuire qualunque piega e concavit, ma il rischio di trasformare quest'enorme possibilit in un'impasse progettuale!
O titanio o teflon o qualsiasi altro materiale va bene come esperienza tecnologica, da evitare la produzione in serie di forme casuali a cui appiccicare il nome a seconda della destinazione d'uso del momento.
Sappiamo gi da tanto, tanto tempo che una forma libera pu contenere un solido geometrico oppure quest'ultimo contenere la prima, sappiamo che i due volumi possono incastrarsi e allora realizzano 'interferenze' o NURBS o anelli di Mobius come le volete definire, bene studiamone le caratteristiche spaziali e azzardiamone le possibili intelaiature rimanendo attenti alla forma generale altrimenti finiremmo per creare acquari giganteschi o bottiglie con i velieri all'interno o gabbie per imprigionare le nuvole (forme costrette). Certo la tecnologia sollecitata dalla grande scala d'intervento, ma la forma ormai 'industrialmente' acquistabile! Incredibile,
(sapevamo che andava a finire cos, la 'gehrytechnologies' insegna).
Oppure, i contenitori tanto in uso negli ultimi tempi, costituiti da una maglia strutturale 'grigliata' capace di amplificare visivamente la forma per contrasto rispetto ad un fondo omogeneo, mostra una forma illusoriamente libera per 'contenuta'. E' un approccio veramente povero! Rimane una condizione abbastanza frustrante, basare la passionale intenzionalit architettonica solo stabilendo la scala degli omini di riferimento magari ben distribuiti attorno all'aura di un poco probabile 'sublime informatico'. Tutto questo lo conosciamo gi lo abbiamo studiato, digerito, ripercorso e ritrattato ma capace, sotto altre spoglie di ri- ri- ripresentarsi.
Sappiamo dunque quanto sia 'popolare' tra alcuni degli osannati maestri contemporanei, la tendenza a caratterizzare la trovata architettonica attribuendole del valore aggiunto di perfezione digitale, tale forma "[] carica l'immagine globale di valori autoreferenziali", vedi F.Purini, Il disegno digitale , Quaderni LAR, 3, 1998 pp.19-33.
Bisogna riferirsi ad esempi pratici per analizzare e tentare di interpretare alcuni elementi che si presentano con il nostro 'quotidiano' architettonico in preda a sconvolgimenti mediali e trasformazioni comunicative. Questo ci aiuta ad oltrepassare pian piano la linea invisibile tra una realt fisica relazionale-materiale, connessa alla grande citt parallela del mondo delle informazioni, o almeno quello che noi percepiamo di essa, durante il nostro 'normato' vivere, relazionale-virtuale. In caso contrario l'apparire della scontata ma mai compresa, 'ripetizione dell'identico'. Ottimo Eisenmann, mi sembra il momento di annuller questa pratica architettonica che ci ha torturato per decenni, esaltando il 'sensazionale'.
[email protected]
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452
di Sandro Lazier
del 01/11/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Credo che Mariopaolo Fadda sia dotato di sufficiente struttura fisica e intellettuale per difendersi da solo dallaccanimento degli ultimi commenti. Per quanto ci riguarda, per antiTHeSi - e quindi credo di interpretare anche il pensiero di Paolo G.L. Ferrara la qualit dei progetti di F.O. Gehry fuori discussione. Se ne pu discutere e parlare, ma definirli modaioli, superficiali o addirittura classici non sono un modo serio di fare critica, quindi si perde tempo che potrebbe essere impiegato in modi pi divertenti e utili.
Da tutta la polemica sembra venir fuori che i cattivi sono lignaro Gehry e il bravo, anzi bravissimo, Fadda. Mentre i buoni sono il tradizionalista Pacciani, il nichilista Botta, la Dolce Mara e il nebbioso Capitano. E questo non sta n nelle intenzioni di un giornale come il nostro, n nellambizione di chi ha messo in piedi questo giornale proprio per promuovere larchitettura come quella che Ghery ci propone. Unarchitettura libera soprattutto dalle incrostazioni filosofico-filologico-linguistiche lontane anni luce da un sentire espressivo sincero, generoso, vivo e gioioso.
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454
di Fausto Capitano
del 01/11/2003
relativo all'articolo
Eisenman, Gehry e '...la ripetizione dell'identico
di
P.GL Ferrara - S. Lazier
>>> Capitano nebbioso >>> FOG >>> Gehry >>> l'espressione individuale pensiero dialettico >>> il suo lavoro frutto di un pensiero dialettico >>> egli passa la ragione rincorrendo l'emotivit >>> dialoga con la massa introducendo la metrica del design nello spazio statico >>> un dialogo di massa non ha termini di singolarit >>> un unico individuo costruisce alla gente che risponde fruendo >>> si tratta di espressionismo individuale >>> industrializzato >>> ripetizioni indifferenti >>> messaggi dell'identico >>> confezioni critiche >>> cio ragionate sul senso del dare la crisi alle emozioni >>> monumenti alla "tipologia FOG" >>> nebbioso Capitano >>> devi mettere in crisi per trasgredire? >>>
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449
di Viviana Basilico
del 31/10/2003
relativo all'articolo
Greg Lynn: idee fresche, idee dinamiche
di
Paolo GL Ferrara
...E finalmente qualcuno ha creato un forum, un luogo, un non luogo dove si parla di vera architettura. Coffee break. Finalmente qualcuno ha il coraggio di sputare in faccia a maestri addormentati che mai sono stati in grado di insegnare nulla, e che al massimo hanno fatto della propria cultura il mezzo primo per costruire il gi visto e, cosa molto pi grave, il gi vecchio. Il concetto e' molto semplice: se le nostre citt appaiono ai nostri occhi invivibili e brutte la colpa e' di tutti coloro che si ostinano a costruire copiando Mies o Terragni. Mi inchino se volete all'autorevolezza delle vostre critiche architettoniche, ma fatemi il piacere, abbandonate le smanie di costruire architetture che non fanno bene al corpo e alla mente, solo per non tradire gl'insegnamenti di chi, se fosse nato 40 anni fa, adesso ricercherebbe altrove le sue ragioni progettuali.
Svegliatevi, o lasciate che chi ancora deve vivere a pieno il mondo se lo costruisca da se.
Se tutti fossero stati con i prosciutti agli occhi come tanti di voi, adesso staremmo a discutere sull'utilit della ruota.
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31/10/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Viviana Basilico
Mi scuso, ma non ho davvero capito il senso dell'intervento. E' certamente un mio limite, ma non mi risultano chiare le conclusioni: critica Antonino Saggio? Lynn? Ferrara? antiTHeSi? il prosciutto?
Comunque, La invito a scrivere un p pi approfonditamente sui suoi concetti, magari in veste di articolo e non di commento.
cordialit
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448
di enricogbotta
del 31/10/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Evidentemente il signor Fadda pensa di potersi permettere di insultare le persone che, come me, pensano non ci sia nessuna utilit nel dire cose del tipo:
"Il capolavoro gehriano conferma che la moderna cultura architettonica pienamente immersa nelle problematiche del mondo contemporaneo, non si lascia irretire n dalle fughe a ritroso n da quelle in avanti. Non persegue rigidi formalismi e disdegna le forzature ideologiche."
Quello che scrivi cos'e' se non ideologia? Dici di "analizzare" l'impatto sul contesto ma evidentemente l'analisi (caratteristica tipica del pensiero filosofico statunitense, ma piu' del New England e poco consono ai surfer californiani) non sai neanche dove sta di casa:
"A parte il valore dell'opera in s interessante analizzare l'impatto con il contesto.
La competizione per la Hall viene tenuta nel 1988 e gi da subito si punta ad un'opera di qualit che funzioni da stimolo per la rinascita di downtown che ha conosciuto un'inarrestabile declino sin dagli anni '30. L'effetto Bilbao di l da venire ma la Disney Hall ha il potere di mettere in moto un processo che negli anni si riveler lungimirante. Nel 1990 viene realizzata la sinuosa scalinata di Bunker Hill opera di Lawrence Halprin, nel 1993 Pershing Square su progetto di Legorreta, nel 2003 la nuova cattedrale cattolica di Moneo ed tuttora in costruzione la nuova sede del dipartimento dei trasporti della California, opera di Thom Mayne."
Questa la chiami analisi? Questo e' un elenco di opere che tu dici "innescheranno" (quindi non lo hanno innescato, quindi non e' un'analisi ma una previsione...) un processo che si riveler lungimirante... che cosa vuol dire questa frase? assolutamente niente, aria fritta che tu chiami analisi. Quale processo? Dici a priori che a posteriori dovra' essere considerato lungimirante (visto che solo a posteriori si potrebbe affermare una cosa del genere...)?
Dopo dici che l'impatto e' positivo perche ha riattivato l'interesse degli investitori (tu li chiami investitori ma in america ci sono quasi esclusivamente speculatori) immobiliari... come dire... Britney Spears e' meglio di Pollini perche vende di piu'. Tutte idiozie caro Fadda. La Spears e' monnezza tecnicamente e commercialmente perfetta come tutta l'architettura di "successo" dei nostri giorni. Pollini e' un altra cosa, e forse un Pollini... in architettura... oggi non c'e'.
Poi ti lanci nelle lodi del liberismo normativo, della libera imprenditorialit pianificatrice, pure follie.
"Anche lo SCI-Arc, l'istituto di architettura diretto da Moss, lo scorso anno si trasferito da Venice a downtown, dopo aver scartato altre possibili sedi. E Moss ha giustificato la scelta proprio per il clima dinamico che anima ormai il cuore della citt." Ti dimentichi di dire come proprio Moss stia asfissiando una scuola una volta vero luogo di libert (si parla ormai di molti anni fa). Proprio Moss mi vai a citare, la figura piu' accentratrice, egocentrica, con smanie di controllo totale che ci sia... Ma forse Moss neanche lo conosci.
Riguardo alle citazioni dei giudizi (come mai citi solo quelli positivi? di negativi non ce ne sono stati????) sull'opera in questione, compi un'operazione di bassisimo marketing che ricorda molto il costume delle case editrici di appiccicare i giudizi positivi su un libro, dati da recensori "amici", in qarta di copertina. appena vedo una roba del genere so gia' che il libro forse e' meglio non comprarlo. Quella che fai non un'operazione critica. Tanto valeva che scrivessi che sta schifezza di Concert Hall a te piace tantissimo. Il che e' legittimo tanto quanto l'opinione di chi pensa che sia, appunto, una schifezza.
Per quanto concerne i tuoi patetici commenti riguardo a pisciate controvento etc ti consiglio di 1. fare delle ricerche sulle persone con cui a che fare prima di blaterare risposte che possono solo coprirti di ridicolo e 2. specialmente per le cose sui nanerottoli e i giganti, ti consiglio di vedere un analista che potrebbe sicuramente aiutarti con i tuoi evidenti complessi di inferiorit.
Detto questo, credo che antithesi dovrebbe includere le email degli autori degli articoli cosi come accade con gli autori dei commenti. Se infatti il sig. Fadda avrebbe potuto tranquillamente risparmiare le sue inutili sciocchezze scrivendomi in privato, cosa che ha inopportunamente deciso di non fare, io purtroppo ho dovuto rispondere pubblicamente e lo avrei volentieri evitato.
saluti,
enricogbotta
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31/10/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a enricogbotta
Comprendo benissimo il disappunto del sig. Botta: la reazione tipica di chi soffre di complessi di inferiorit e vuole che tutti siano o cani o porci. Come comprendo il suo livore ed il suo disprezzo per lopera gehriana anche se una visitina allopera prima di sputare sentenze non avrebbe guastato. Non sarebbe servita a fargli cambiare idea (gli italiani si sa sono tutti dun pezzo) ma avrebbe, se non altro, dato credibilit alla sentenza che invece stata emessa in contumacia. Se le riuscisse di farla eseguire, per la lapide le consiglio questo epitaffio Qui giace unopera pseudo-moderna concepita da un inetto architetto californiano e giustiziata da unincompreso genio italico. Dubito che quella sentenza vada mai in porto per cui esprimo sin da ora tutta la mia solidariet al genio incompreso.
Comprendo anche il fastidio per le pressocch unanimi recensioni positive dellopera da parte dei critici di architettura della stampa americana ma che ce voi f dicono a Roma. Per la prossima inaugurazione di un edificio di Gehry il sig. Botta potrebbe consigliare quei critici cos poco allineati al suo credo di scrivere recensioni negative. Le voci contrarie? Quando si svolse la competizione internazionale gli ambientalisti protestarono perch ledificio avrebbe aumentato i consumi dacqua e gli scarichi nelle fogne comunali. Allinaugurazione una dozzina di manifestanti a protestare contro lopulenza borghese.
Diceva Wright La creativit non solo rara ma sempre rischiosa, il quale aggiungeva Nessuna gelosia regge il confronto con la gelosia professionale. Ma nel nostro caso mi pare che Gehry abbia ben poco da preoccuparsi della gelosia professionale del sig. Botta.
Daltra parte tra dieci, venti, cento anni la Disney Hall sar ancora li a testimoniare la straordinaria creativit di Gehry ma chi mai si ricorder delle sentenze del sig. Botta?
Gilmore, McGuire, Broad sono speculatori edilizi nella stessa misura in cui lo il sig. Botta. Ne pi, n meno. Hanno per il torto di essere americani: quindi delinquenti innati. A quando il gulag per questi insaziabili pidocchi?
Postilla: Perch mai dovrei scrivere le mie considerazioni e ricevere i commenti in privato? In privato solo gli amici, al largo gli invadenti esibizionisti.
La polemica finisce qui.
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450
di mara dolce
del 31/10/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
In un presente di nani e ballerine, l'unico nano che puo' permettersi di dire qualcosa sul lavoro di Gehry l'ipertrofico ego (questo si, gigante) di Mariopaolo Fadda; tutti gli altri devono accontentarsi di leggere le sue personalissime opinioni spacciate per scienza esatta che, laddove non arrivano con argomentazioni sensate sono supplite dagli insulti.
Apprezzabile l'euforico (seppure adolescenziale) entusiasmo di Fadda per il suo divo preferito, ma dovrebbe imparare a dire quello pensa da architetto, piuttosto che da critico da architettura di quelli che vanno adesso: dall'oggi al domani.
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447
di enricogbotta
del 30/10/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Bella quest'ennesima disputa tra chi ingiustamente loda Gehry e chi ingiustamente lo disprezza. Gehry e' clamorosamente sopravalutato e solo in funzione di questa sopravalutazione si e' conquistato una schiera di detrattori accanitissimi. Di Gehry, al contrario di cio' che i piu' pensano, non c'e' proprio niente da dire... ne' di bene ne' di male. Certo e' che comincia ad annoiare e nel momento in cui la noia avra' il sopravvento il buon Gehry finira' nel dimenticatoio come le scarpette Prada della stagione passata. Sfido Mariopaolo a riconoscere 5 dettagli di 5 progetti di Gehry degli ultimi 5 anni... sono tutti uguali. "Superficialemente" uguali si dir, certo uno sara' un centro ricerche un altro un museo... ma sono fatti con lo stampo... sono la stessa cosa. Questo basta, a mio modo di vedere, per mettere una bella lapide sul lavoro di Gehry, una pietra sopra il Guggenheim, il cuore in pace ai messianici adulatori e ai disfattisti detrattori, e cambiare discorso.
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30/10/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a enricogbotta
Diamine siamo stracolmi di architetti che superano le avanguardie e non ce neravamo accorti. Abbiamo fior di spiriti critici che leggono le opere senza averle neanche viste perch "capiscono" tutto per dono divino e non ce neravamo accorti. Con simile patrimonio umano e intellettuale dovremmo essere ai vertici della cultura mondiale e invece navighiamo nei bassifondi. Come mai? C evidentemente qualcosa che non quadra.
Zevi aveva provato per primo a spiegare il perch "Assai piu dei loro colleghi stranieri, gli architetti italiani servono quasi esclusivamente il potere, la chiesa, il principe, loligarchia, lo stato, la classe egemone, la quale, chiusa in se stessa, si occupa del benessere popolare solo per quanto basta a difendersi dalle rivolte."
Unaltra spiegazione la troviamo nellignavia intellettuale e morale che gli impedisce semplicemente di capire cosa accade fuori dal loro miserabile, rinsecchito orticello.
Unaltra ancora in quel vezzo goliardico di esibire sempre e comunque tutta la propria mediocrit soddisfatta e compiaciuta.
Se a tutto ci aggiungiamo il gusto di sentirsi fichi nellattaccare (di fa per dire) un grande i conti tornano.
Si sforzassero di studiare, capire, meditare lopera gehriana? Nooooo! Loro ci pisciano sopra. Ma non hanno laccortezza di farlo in favore di vento e a pisciare controvento ci si ritrova inzuppati.
Andr Malraux, commemorando Le Corbusier, disse che era la personificazione della pi grande forza rivoluzionaria dell'architettura moderna "perch nessuno fu pi a lungo e pazientemente insultato". Ora ci provano con larchitetto californiano ma per mettere la lapide sul suo lavoro dovranno attendere ancora qualche secolo.
Se questo il livello dei detrattori il buon Gehry pu dormire sonni tranquilli: questi nanerottoli non sarebbero in grado di salirgli sulle spalle neanche se si sdraiasse per terra.
Troverei ben pi di 5 dettagli ma questi giochetti infantili di gente che non crede in nulla non mi interessano.
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446
di Andrea Pacciani
del 29/10/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
E' un po' triste vedere tanto entusiasmo per un progetto vecchio nella sua modernit e quasi classico nella distribuzione degli spazi.
tutto mi aspettavo da Fog tranne che una sala concerto simmetrica, che nella sua simmetria interna svela la mediocrit dei contenuti e il diventare stile disneyano di un segno architettonico, alla stregua dei gi condannati esempi post-moderni.
E' buffa questa celebrazione all'imprenditoria Disney che notoriamente cavalca le mode dell'architettura contemporanea da sempre, e da sempre orientata alla massima gratificazione del gusto popolare e per questo atteggiamento, da sempre condannata dalla critica architettonica alta. Tutto questo vuol dire che questa che la stessa imprenditoria che ha commissionato le new town di Celebration e la sua omologa parigina con questa magnificenza di metallo viene riabilitata ai ranghi illuminati?
Non so a me quest'edificio sa gi di vecchio, un po' come quando a milano hanno costruito il grattacielo post-moderno della stazione Garibaldi dieci anni dopo l'AT&T; di NY
Aspettiamo ora una ventata fogghiana italiana che ci regali qualche bel streamlining decostruttivista per camuffare qualche banalissima stazione o aereoporto, possibilmente in pieno centro storico almeno da far arrabbiare Cervellati che ha il torto di aver fatto a Bologna l'unico P.R.G. in tutt'Italia che non ha distrutto la citt a lui pervenuta.
Ah, dimenticavo; ho letto per sbaglio un librino di Vittorio Magnago Lampugnani Modernit e durata.......forse un po' meglio dei miei interventi su antithesi su cosa per me la tradizione in architettura, ma quasi quasi....
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29/10/2003 - Mariopaolo Fadda risponde a Andrea Pacciani
desolante vedere quante sciocchezze si riesca a scrivere in poche righe. Quando si in preda a conati di invidia viscerale e a frustrazioni personali sarebbe meglio evitare di avventurarsi in pseudo-dotte disquisizioni. Ne guadagnano la salute e la dignit personale.
Nel minestrone che ci stato servito si parla di tutto: modernit, vecchiume, post-modern, Disneyland, gusto popolare, new towns, stazione garibaldi, AT&T;, Bologna, Cervellati. Perch non anche di olimpiadi, lassativi, psicoanalisi, pesca subacquea?
Vediamo comunque di filtrare un p i condimenti piu indigesti.
1. E' buffa questa celebrazione all'imprenditoria Disney... Limprenditoria Disney con la Walt Disney Concert Hall non centra un fico secco n finanziariamente, n culturalmente. Lofferta iniziale di 50 milioni di dollari, che risale al 1988, era di Lillian, la vedova di Walt, a cui si aggiunsero i contributi delle due figlie Sharon Land e Diane Miller, per un totale che a tuttoggi viene stimato in 120 milioni (circa il 40% del costo finale dellopera). Nessuna di loro ha niente a che fare con la Disney Corporation che diretta invece da Roy E. Disney, nipote di Walt. La Disney Corporation ha dato un contributo di 25 milioni nel 1997 e non ha mai giocato nessun ruolo nella vicenda. N Lillian, n le figlie hanno mai cercato di influenzare le scelte formali, n durante la competizione (internazionale ad inviti con 4 finalisti), n dopo. La giuria fu una scelta indipendente del Music Center. Lillian non partecip mai e deleg il suo avvocato per seguire pi che altro gli aspetti legali. Non ha mai esercitato il diritto di veto che pure aveva. Sulle scelte architettoniche non ha mai avuto nessuno preconcetto.
La celebrazione all'imprenditoria Disneysar pure una citazione ad effetto ma un volgare pretesto per giustificare una rancida sbrodolatura no-global e antimoderna.
2. Gehry un decostruttivista? Questa una perla da incorniciare. Dove sono le decostruzioni gehriane? La voglia di essere per forza originali, senza averne lispirazione, fa prendere fischi per fiaschi. Il metodo e la poetica gehriane sono altro. Ho cercato di descriverle negli altri articoli pubblicati e non mi ripeto. Daltra parte non c peggior sordo di chi non vuol sentire.
3. ... un progetto vecchio nella sua modernit.... La solita italica supponenza di essere lavanguardia delle avanguardie, salvo ritrovarsi, con un triplo salto mortale rovesciato, ad adorare i presepi di Cervellati.
4. Giudicare unedificio analizzandone solo un particolare trascurando allegramente il resto sarebbe come giudicare una persona in base alla dentatura. Che facciamo giudichiamo la scuola di Lnen di Scharoun in base ad alcune aule simmetriche? E come la mettiamo con il Mummers Theater a Oklahoma City di Johansen? Mai sentito parlare di edificio-citt-terrritorio?
Il contenuto (lo spazio per concerti, quale mediocrit!) ha determinato la forma. Lacustica era problema sovrano. Dir Gehry Se falliamo con lacustica alle gente non gliene importer nulla della bellezza delledificio. Sono state analizzate tutte le possibili soluzioni (ci sono 60 modelli della hall). Gehry ed i membri del Music Center hanno viaggiato in lungo e in largo per il mondo, visitando le pi importanti sale da concerti. Lopzione iniziale era per una sala tipo la Philarmonie di Berlino di Scharoun, ma le diverse dimensioni della sala ed altre considerazioni tecniche hanno spinto per il modello della Suntory Hall di Tokio opera di Nagata (ha iniziato lui il progetto acustico della Disney ma poi si ritirato in pensione lasciando il posto ad un suo allievo, Toyota), considerata la miglior sala al mondo per lacustica. Da quel modello, architettonicamente mediocre, Gehry ha tirato fuori quel portento che solo uno spirito creativo in grado di tirar fuori.
Solo chi crede nei miti e nelle regole auree pu scandalizzarsi per una soluzione simmetrica che si adatta al contenuto e soprattutto stata scelta dopo aver scartato decine di altre soluzioni. Ci che larchitettura moderna rifiuta la simmetria imposta a priori, indipendentemente dal contenuto, o a dispetto di questo, come precetto ideologico-formale.
Detto questo linsieme delledificio che va analizzato. parte della metodologia gehriana ancorare le contorsioni delledificio a strutture geometriche e, qualche volta, simmetriche. La conformazione degli spazi accessori della Disney Hall magistrale proprio perch quasi stritola la sala centrale che in questa orchestrazione degli spazi quasi scompare. Estrapolare un elemento dallinsieme e rigirarselo pensierosi tra le mani quanto di peggio si possa fare per capire le architetture gehriane.
5. Laedo Cervellati. Paolo Ferrara risponder se si ritiene tirato in ballo e se lo riterr opportuno. Da parte mia dico che quello che ha fatto Cervellati a Bologna molto pi vicino all'impre
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444
di Roberto Munari
del 29/10/2003
relativo all'articolo
Cin-Cin 'Maestro' Gehry!
di
Mariopaolo Fadda
Ho avuto la fortuna, o la volont, di vedere molte opere di FOG, ed ho avuto anche il "piacere" di vedere l'area dove sorge attualmente la WDCH vuota, senza connotazioni, come un parcheggio a manhattan, fra altre costruzioni, ma divisa da enormi strade. Seguo da un certo periodo su internet il crescere dell'edificio, che ora terminato. Pensavo che dopo aver visto il Gugghi di Bilbao FOG non avrebbe potuto inserire urbanisticamente un edificio meglio di quello, perch per me il pregio maggiore del museo di Bilbao il suo "conivolgimento urbano" con il contesto, infatti molte persone gli girano in torno, solo per guardarlo od attendere che cambi colore il rivestimento di titanio.
Chiaramente il progetto della WDCH gi stato pi che pubblicato, chi segue FOG da anni lo conosce bene, ma la sua realizzazione potrebbe rientrare in un filone critico, permettetemi la dizione, da Bilbao in poi, come se oltre non si potesse andare; come se, lo si s Ghery cos! Mentre la sua architettura molto "funzionale" e razionale, ma chiaramante non ci si deve fermare all'incanto dei movimenti, ma andare oltre, vivere i suoi spazi per comprenderli, in fondo rispetta quasi tutte le sette invarianti zeviane.
Alla prossima.
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441
di Mara Dolce
del 24/10/2003
relativo all'articolo
Bytes e frames d'architettura
di
Enzo Mastrangelo
Pare che Enzo Mastrangelo sia riuscito a capire il senso e ad apprezzare l'operazione Intimacy e dei suoi almeno 3 sottotitoli e 12 iniziative con relative sezioni e sottosezioni all'interno di Image, che poi sarebbe Beyond Media, che significa Oltre i Media, perch diciamolo, cercare semplicemente di spiegare il senso contemporaneo dei media fa tanto livello medio; ma cercare di andare oltre i Media significa fare un'operazione di pubblica utilit che decisamente sopra la media.
Io invece l'unica cosa che ho capito di Intimacy (che fa tanto detergente per l'igiene intima femminile), che "lo spazio abitato va in cerca di nuove definizioni, le mura domestiche non definiscono un ambito di intimit o di sicurezza, n garantiscono privacy".
A partire da questa anonima riflessione assolutamente inconsistente, pretestuosa, non supportata da alcun dato, scritto o approfondimento puntuale, a Firenze si mettono su talk-(sci) che parlano di Space Invaders, proiezioni di video (sul genio romantico), special event (su Koolhaas Rhapsodie), dibattiti, conferenze, mostre dei lavori dei corsi delle universit per almeno dieci giorni. Insomma un vero festival del tutto-niente dove non si capisce pi l'intezione prima e originaria di questo dimenarsi internazionale, mobilitare sponsor, scomodare universit mondiali, prenotare camere d'albergo, trasferimento dell "intero corpo docente del master privato In/arch romano per moderare, intervenire, sollecitare riflessioni"
.
Ma non sarebbe stato pi serio dire: mandateci quello che volete?
L'unica immagine che resta di tutto questo farsi vedere per non far vedere niente, dimostrare niente, dire niente, quella di un letto sfatto, che sia questa la sintesi?
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440
di maurizio de caro
del 15/10/2003
relativo all'articolo
Luci della ribalta
di
Paolo G.L. Ferrara
Mi scuso per il semi-clandestino, effettivamente ho potuto apprezzare solo oggi la qualit del vostro lavoro e l'impegno civile. Vorrei averla mio ospite a Milano per una visita al Parco Ravizza
Ci conto
Maurizio De Caro/Mario Bellini Associati
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439
di maurizio de caro
del 15/10/2003
relativo all'articolo
Luci della ribalta
di
Paolo G.L. Ferrara
caro, anzi carissimo Ferrara,
solo oggi ho avuto occasione di vedere il Suo "foglio"semi-clandestino e con stupore noto che la descrizione del mio lampione probabilmente frutto di fervida fantasia. Non credo di meritare tutto il Suo impegno critico e soprattutto mi piacerebbe invitarla a vedere i veri lampioni realizzati come campione al Parco Ravizza di Milano, perch la mia modesta opera non pretendava di risolvere i problemi d'immagine e di identit della malconcia ex-citt del design. Ho disegnato un oggetto che mi sembra molto meno retorico e tronfio di quasi tutti quelli che deturpano tranquillamente le nostre piazze e le nostre strade, non l'ho fatto per entrare nella storia o perch diventasse argomento centrale di dibattito sul futuro urbanistico. Almeno quel piccolo progetto li, vivo, capace di sopportare anche le peggiori critiche, quelle che nascono dalla volont di non costruire nulla se non sterili contrapposizioni. Questa la vera vocazione intrinseca della retorica.
Cordialmente
maurizio de caro
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15/10/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a maurizio de caro
Non un oggetto non retorico e tronfio, ma, appunto, come Lei stesso afferma, "...un oggetto che mi sembra molto meno retorico e tronfio di quasi tutti quelli che deturpano tranquillamente le nostre piazze e le nostre strade". Trova ci sia differenza di sostanza?
A proposito di sostanza: antiTHeSi non un "foglio semi clandestino", per il semplice fatto che su internet...Comunque sia, mi creda, non abbiamo alcuna intenzione di creare "sterili" contrapposizioni, ma "vere e proprie" contrapposizioni. Forse non ha letto molto di antiTHeSi, ma il semplice fatto di mettersi in discussione dando la legittima possibilit di replicare, b, non mi sembra proprio cosa retorica, cos come non lo il coraggio di dire apertamente ci che si pensa. Come vede, anche Lei ne usufruisce.
La fantasia sul Suo lampione direttamente proporzionale alle foto che l'AEM espose, se non sbaglio, in Galleria e all'interno del sito internet.
Certamente accettato l'invito a visitare di presenza, con Lei, i lampioni, sperando che non siano molto offesi per come li ho descritti...
Cordialit
PGLFerrara
Commento
438
di Mariopaolo Fadda
del 14/10/2003
relativo all'articolo
Condono non solo
di
Massimo Pica Ciamarra
Il condono , di per s, unatto vergognoso ed un sopruso ma vedere da dove vengono le prediche viene il voltastomaco. Salvo le solite lodevoli eccezioni (e Massimo Pica Ciamarra tra questi), sono i corresponsabili del massacro ad alzare la voce. Sono coloro i quali hanno alimentato ed alimentano la giungla di leggi, decreti, regolamenti, circolari, vincoli con cui hanno sommerso il nostro paese e strangolato qualsiasi ipotesi di gestione creativa del territorio. E i cittadini rispondono con labuso diffuso e generalizzato. Gli ordini professionali, le soprintendenze ai monumenti, le associazioni ambientaliste, le Italie Loro sono stati sempre in prima linea nellinvocare normative e vincoli degni di una repubblica dei soviet. Oggi, davanti allennesimo condono, si svegliano, emettono sdegnati comunicati e annunciano battaglie epocali. Indigeribile. Per quanto mi riguarda non mi unisco al ballo in maschera dei moralisti della domenica.
Siamo di fronte ad un fenomeno che Pasolini avrebbe definito antrolpologico. Ed questo il fenomeno davvero preoccupante, non certo i cosiddetti eco-mostri et similia che, con un minimo di volont politica, sarebbero demoliti o riciclati in un paio di giorni.
Chi scrive stato in commissione edilizia, quelle pavide commissioni che sono corresponsabili anchesse dello sfascio e del catafascio. Le vessazioni del cittadino iniziano da li. In moltissimi casi i progetti vengono sospesi perch non si sa quali norme applicare, perch il legislatore si dimenticato di abrogare le norme contrastati. E se non ci sono norme nazionali, regionali, di settore ci sono quelle del piano comunale che variano per dalla mattina alla sera. E quando ci sono piani e varianti scattano le cosiddette norme di salvaguardia che significa che tutto ci che in contrasto con il piano o la variante non pu essere approvato. E cosi via per giorni, mesi, anni. Un vergognoso e sporco gioco sulla pelle dei cittadini che rispondono con labusivismo. Questo il livello di degrado e di abbruttimento antropologico a cui bisogna porre mano. Altro che invocare nuove leggi, paventare rigidit vincolistiche, minacciare i carabinieri.
Che gli architetti contribuiscano a creare il caos vero. Ma cosa possiamo pretendere da chi deve pur sfamarsi e non ha n cattedre universitarie, n laute consulenze, n gettoni presenza di commissioni, n cariche corporative con cui tirare a campare e a fare il moralista? Invece di tentare di coinvolgerli nella gestione urbatettonica del territorio li si emargina in favore dei grossi (grossi, non grandi) studi professionali non di rado ben ammanigliati con il sottobosco edilizio- peculativo, che a sua volta ammanigliato con le corporazioni professionali, che a loro volta sono ammanigliati con le universit. Una micidiale circolo vizioso che non scatena le ire funeste dei moralisti anticondono.
Se questi sono i termini del dibattito: da un lato il condono in s per s, dallaltro gli sdegnati partecipanti del circolo vizioso mi pare che ci sia poco di che essere allegri. Passato il polverone tutto continuer come prima: si continueranno a fare leggi su leggi, si continuer ad estendere a macchia dolio la politica vincolistica (1,000-2,000-3,000-10,000 metri dal mare, dal lago, dal fiume, dai centri storici, dalle colline), si continuer con la farsa delle varianti ai piani comunali, si continuer a piagnucolare sullo sfascio territoriale. Gli ordini professionali, le soprintendenze, le associazioni integraliste continueranno a dettare legge. Uno spettacolo gi visto e rivisto. Dopo il dramma la farsa e dopo la farsa lavanspettacolo.
Perch a Los Angeles non esiste labusivismo?
1. Leggi e regolamenti sono snelli e a misura di cittadino. Esistono gli Uniform Codes (per le abitazioni, per gli impianti, per lantincendio ecc.) che sono praticamente unici per lo stato. Ogni comune pu integrarli in maniera restrittiva (cosa rara).
2. I permessi per progetti semplici (ampliamenti, ristrutturazioni e abitazioni uni-bifamiliari) si ottengono al massimo in una settimana (se non ci sono problemi il progetto viene approvato al momento della presentazione, si pagano le tasse e si riporta a casa il progetto con i timbri), per gli altri il termine di sei settimane, salvo progetti molto complessi che richiedono una decina di settimane, i termini si allungano quando vengono richieste integrazioni o correzioni.
La commissione edilizio-architettonica si occupa solo di questi ultimi casi. Il resto viene svolto dagli impiegati che spesso non sono tecnici del settore.
3. Non esiste la direzione dei lavori. Per cui il progetto deve essere completo in tutto e per tutto, nulla pu essere rinviato allesecuzione. Le varianti sono in genere dovute ad imprevisti davvero imprevisti e non a sbadatezza del progettista, che se sbaglia rischia di essere trascinato in tribunale. La responsabilit per la corretta esecuzione tutta sulle s
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437
di A.M.
del 12/10/2003
relativo all'articolo
IUAV occupato
di
Studenti IUAV
Leggendo l'ultimo commento vedo che la situazione che io ho vissuto allo IUAV solo qualche anno fa identica a quella di molti atenei.
Non esistono forme di tutela REALI per gli studenti, se il docente o il corso inadeguato bisogna arrangiarsi da soli, perch rivolgersi a senati studenteschi o tutor (ma esistono?) tempo perso. Chi ha frequentato l'Uniiversit italiana in grado di riportare decine di esempi dii "malauniversit", le proteste studentesche sono di solito poca cosa perch moltissimi studenti penano a escogitare un modo per evadere al pi presto possibile (se c' l'assemblea non si va all'Universit, si rimane a casa a studiare).
Per quanto pu contare sono d'accordo con gli studenti IUAV che continuano a subire una situazione in cui esistono solo doveri, e i diritti sono a discrezione del personale docente e non docente.
Non credo per che queste piccole proteste possano portare da nessuna parte, non per le ragioni che le muovono, ma per il didinteresse che le circonda
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422
di Angelo Errico
del 09/10/2003
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Condono non solo
di
Massimo Pica Ciamarra
La disgrazia del condono come quella dell'assoluzione davanti al tribunale degli uomini e a quello di Dio di uno stupratore.
Sfregiare una valle, una laguna, un parco armonioso nell'equilibro faunistico e vegetale, con un'edilizia che vuole approfittare dell'idea commerciale del bello (un bel paesaggio, una bella vista, una posizione privilegiata) da parte di imprenditori prezzolati a politici di pelo folto sullo stomaco per utenti di sensibilit da pachiderma, il risultato di un'equazione sociale le cui variabili sono molte, troppe.
Essere contrari al condono un dovere ancorpi che morale, di necessit Costituzionale, per abituare ed educare un popolo ad apprezzare il suo territoiro, a rispettarlo nei suoi equilibri (biodiversit si usa dire adesso) e a evitare che gli squilibri diventino irreparabili e irreversibili.
E' pur vero che un edifcio pu essere pensato con dei balconi in facciata, e nel tempo esser questi chiusi con vetrate e finestrature, ma pur vero che un'opera di un architetto - se con la A maiuscola - e deve essere protetto per valori storico culturali oltre che artistici. Diversamente un balcone trasformato in piccolo baywindow non credo che faccia venire conati a ogni passante dirimpetto a quella facciata n che l'amministrazione si senta truffata per aumenti di volumetrie con sfaceli di superfici e volumi non registrati (e sui quali l'ente pubblico si fa pagare tasse imposte e gabelle varie).
Il condono sostanzialmente non va a valutare il bello rovinato e la truffa sgamata, ma semplicemente a raccatar fondi, come un bambino fa con il porcellino di coccio.
Angelo
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407
di Angelo Errico
del 09/10/2003
relativo all'articolo
I due deputati
di
Paolo G.L. Ferrara
Riguardo al ponte sullo stretto di Messina, mi son sempre espresso a favore e ho sempre visto con ammirazione il coraggioso sforzo ingegneristico e architettonico che richiede una monumentale opera come questa.
Facendo una lettura oggettiva e austera della storia negli ultimi cento anni dell'Europa, facile essere lungimiranti nell'immaginare come dopo la caduta del muro di Berlino, quest'opera del Ponte sia l'appendice di una serie d'interventi che sulla faccia della terra contribuiscono a dare un valore aggiunto all'umanit, nell'interpretare quei sentimenti di comunit e di federazione tra Stati differenti.
Chiarito questo, il bello e il brutto son due concetti, ontologicamente identificati a seconda delle necessit delle societ che ne fanno uso.
Che qualcuno sia autorizzato a definire brutto qualcosa affinch debba essere eliminato, una considerazione teorica senza confini di risoluzione.
Con tutti gl'infiniti esempi di scempi che nelle varie epoche storiche e nell'ultimo secolo della storia italiana sono stati eseguiti, questa proposta del master "in bellezza" per le amministrazioni locali, vale anche la riflessione su chi sar designato a demagogo, a faro del sapere, per chi fino ad oggi stato pagato nei miseri uffici tecnici per consentire che gli edifici venissero realizzati.
Eppure gli edifici non sono cos difficili da governare seguendo i criteri senso del buon e bel gusto, se proprio proprio vogliamo vedere. Ci sono comuni in Italia che hanno regolamentato l'uso del colore sulle facciate (Bologna ad esempio). Anche in passato remoto ci son stati dei regolamenti che imponevano certe altezze, certi stili (il termine so che non piace molto alle correnti di pensiero dell'architettura). Se stato edifciato nella valle dei templi, beh non certamente la sola semplicit degli edifici che rende squallida la vallata, ma l'intera operazione urbanistico territoriale.
I condoni sono la legittimazione del fuori regolamento adoperato da inquilini e cittadini abusivi e ,,, e chi spiegher a coloro, che non sono capaci di avere la minima sensibilit del bello e dell'artistico, e che pertanto quanto fino ad oggi compiuto dovr essere rasato alla maniera di Attila? E dopo la rasatura, bisogner restituire nello stesso posto una nuova edilizia che far nuovamente a cazzotti tra superficie disponibile, superficie edificabile, e superficie destinabile a prati ed accessori nel loro massimo splendore come quella di Milano 2, tanto per dirne una?
Insomma, la trovata di questi due singolari esponenti del governo e della cultura e della civilt del popolo italiano, soltanto l'ennesima pagliacciata alla Cric e Croc.
Se il criterio di "ci che brutto va debellato", potesse diventare un principio di educazione morale, lo si potrebbe gentilmente applicare a quei ministri che son brutti, ma brutti brutti brutti?
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423
di Andrea Pacciani
del 09/10/2003
relativo all'articolo
Condono non solo
di
Massimo Pica Ciamarra
Abusivismo: dove sono le responsabilit?
Da architetto non mi soffermo sul valore morale del condono edilizio, n su quello politico, tanto meno su quello economico finanziario che sono a mio avviso solo uno sguardo ravvicinato sul problema dellabusivismo edilizio; preferisco vedere le cose da un punto di vista pi ampio, ovvero sul perch litaliano tende allabuso edilizio.
Sicuramente labusivismo leffetto di cause che vanno ricercate nella tendenza a delinquere di fronte allimpunit, nella spontanea e comprensibile repulsione alla burocrazia edilizia, nellincapacit di tecnici progettisti cui bisogna rimediare con il fai-da-te, nella malafede dei costruttori che speculano sullingenuit dei clienti, ma secondo me vanno anche ricercate sul modo con cui in Italia funziona il sistema edilizio in generale.
Grosso modo dal dopoguerra ad oggi il presupposto per progettare e costruire gli edifici e le citt quello di farlo pensando ai bisogni prossimi venturi o del momento in cui i lavori vengono iniziati e nellillusione che una volta completati questi debbano rimanere nello stato in cui si trovano per sempre, o comunque il pi a lungo possibile; questo modo di fare radicato nella professione progettuale moderna contemporanea, quella tecnologica costruttiva e ovviamente nella legislazione e nella burocrazia edilizia corrente.
Di fatto ogni edificio di ogni quartiere di ogni citt, un organismo vivo, abitato da persone che vivono questi spazi, che cambiano in continuazione abitudini di vita, composizione della famiglia, luoghi di lavoro, modi di passare il tempo libero, gusti e costumi; evolvendo cos il proprio naturale modo di vivere ognuno cerca istintivamente di adattare i propri spazi come meglio ritiene.
Al contrario il regime burocratico e quello professionale cercano di sopprimere questo fisiologico bisogno dellabitare imponendo dallalto, (a difesa del proprio ordine costituito?), un sistema di protezione dai danni provocabili da fenomeni di autocostruzione dei singoli cittadini.
Se riflettiamo le case moderne sono progettate funzionalmente ed esteticamente perch non possano essere modificate sovralzate, ampliate e mantenute in maniera puntuale dai singoli abitanti nel corso del tempo, ma solo in modo che queste operazioni siano riservate ad interventi generali controllabili unicamente da una competenza tecnico professionale che pu intervenire sullintero edificio.
In conflitto con questa rigida imposizione, il singolo abitante che invece cerca di rispondere alle singole, proprie, fisiologiche e mutabili necessit abitative, arriva spontaneamente alla scelta di tradire il sistema con labuso edilizio.
La diffusione di superfetazioni, di verande, di allargamenti, di cambio duso di rimesse, della cultura della mansarda e della tavernetta in locali non abitabili, al di l del deprecabile valore morale materiale e intellettuale, da un punto di vista edilizio e abitativo cercano invece di comunicare il disagio diffuso e la distanza marcata con tutto il sistema dei P.R.G., degli architetti moderni e delle pianificazioni urbanistiche che hanno una visione statica nel tempo, ferma, finita del costruito edilizio che non ha riscontro nel quotidiano vissuto dei cittadini.
Proviamo invece a dare uno sguardo al passato e a come ha sempre funzionato il sistema costruttivo edilizio: si trattava di una visione dinamica nel tempo, in continuo mutamento ed elastico alle necessit del prossimo.
Tutta la storia dell'architettura stata fatta tenendo presente che la responsabilit di chi interveniva sul territorio era nella consapevolezza che non avrebbe visto le proprie opere terminate, nella consapevolezza che doveva completare quelle ereditate dal passato ancora incompiute, nella consapevolezza che quelle opere sarebbero state abitate da generazioni anche lontane nel tempo che avrebbero avuto a sua volta la possibilit di modificarle per adattarle alle sopraggiunte necessit.
Secondo me tutt'oggi questa responsabilit di fatto immutata anche se ci vogliono pochi mesi a terminare un edificio
Se tornassimo ad un sistema edilizio in cui si privilegi il fatto che le architetture nascono, si ampliano, si adattano e si modificano nel tempo alle necessit delle generazioni per restare vive, utili e meglio abitabili forse non sarebbe cos diffuso labuso edilizio e si sprecherebbero meno risorse economiche sociali e naturali.
L'architettura dei maestri stata disattesa poich stata filtrata da "i burocrati della pianificazione e dell'urbanistica di stampo statalistico-collettivistico, convinti di risolvere tutto a colpi di statistiche, di analisi sociologiche, di zoning, di cubature e lottizzazioni, snobbando ed estromettendo la qualit architettonica" hanno generato gli orrori e lo squallore delle periferie. Gli archietti veri quelli bravi sono stati mutilati della possibilit di esprimersi.
Presumo che lo stesso parametro valga per
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421
di Fausto Capitano
del 08/10/2003
relativo all'articolo
Saggio di fine anno
di
Enrico G.Botta
Cosa s'insegna resta un mistero; come si insegna nella memoria di noi tutti. Lo sforzo indifferenziato pare sia sempre stato quello di far crescere negli Allievi la coscienza di ci che si fa, in funzione di ci per cui lo si sta facendo.
Una tendenza altrettanto indifferenziatamente infiltrata nei Corsi, pare sia sempre stata quella di iniziare gli Allievi alla "citazione architettonica". Tendenza stracolma di buoni propositi che nel terreno lussureggiante e amorfo della mente dello Studente si traduce da sempre in "ora scopiazzo ci che piace al Prof. e cambio un po' qua un po' l, leggo un po' 'sto critico un po' l'altro e faccio vedere che ho studiato".
Da mezzo secolo esiste, dunque, un bivio. Raccogliere dati, alla ricerca di un prodotto architettonico da plagiare per non adoperarsi a trovare soluzioni con metodo e fatica, una direzione; raccogliere dati per comprendere quali sono stati i risultati procedurali di chi si impegnato in problemi simili a quello in oggetto di studio, farne una cernita critica, riflettere sui loro connotati positivi e su quelli negativi ai fini del perseguimento del proprio target progettuale, far tesoro degli errori e/o delle conquiste degli altri per ottimizzare le proprie scelte e rendere pi efficaci i propri atti creativi, tutt'altra direzione.
E' inutile sprecare tempo a dire quale delle due quella giusta (oggettivamente giusta). E' inutile, anche, puntualizzare quale sia, da sempre, la direzione privilegiata lungo la quale s'incanala lo studente medio (con l'avallo sconsolato dello "spallato" Prof. medio). Ma non superfluo evidenziare la potenzialit sottosfruttata (e fraudolentemente celata) della seconda strada, nei confronti della consuetudine (cognitivamente lenta e metodologicamente stagnante) diffusa nei luoghi di eccellenza specializzati nella trasmissione del sapere, di offrire ad allievi confusi e distratti un "tranquillo pacchetto" (delimitato e statico) di opere magistrali e di esemplari maestri (conoscenze selezionate non sempre con parametri oggettivi di qualit e sostanza), icone di un rifugio dall'incapacit apparente di aver nuove buone idee, ripari contro il fluire (marchiato come caotico e pericoloso) di una conoscenza che oggi dinamica come mai prima.
Gli allievi, incitati indirettamente a trovare nuove idee per primeggiare non si sa bene in che cosa e perch (come se fosse a loro deputata la missione impossibile di inventare tutto daccapo ogni giorno), non riuscendovi, accettano con rassegnazione il pacchetto accademico di pronto soccorso contro il fallimento e, percependo come troppo alto il gradino sul quale piazzato, si limitano a guardarlo da lontano e a copiarne le fattezze nei loro prodotti creativi.
Ora, chi legge pu anche scegliere di coprire queste poche righe con frasi fatte e confutazioni elaborate, ma resta la realt di un andazzo che si delinea proprio in tal modo; resta la realt circoscritta di "allegre truppe con condottiero unico" che fanno la loro brava parata di fine anno in un salottino di cara buona "Accademia in erba" impreziosita da genitori orgogliosi e spettatori non paganti che s'inventano cronisti di una normale seduta di esami (roba da matti!). Sorvolando sull'argomento ritorniamo, per un momento, sulla potenzialit perduta, insabbiata e minimalizzata nella seconda direzione del bivio: nell'eden dei buoni propositi, i dati raccolti (tra i quali compariranno certamente grandi opere di grandi maestri) si analizzano "portandoli a terra", toccandoli con mente aperta e non suggestionabile, scoprendo i particolari delle scelte progettuali in relazione agli obiettivi oggettivi che dovevano, in quella circostanza, essere raggiunti. Si scindono i valori estetici da quelli tecnici, gli inputs filosofici da quelli pratici. Si scoprono i difetti, si appuntano le buone soluzioni; si mettono da parte i prodotti fuori dal tempo e dai bisogni, mentre si studiano quelli che sembrano offrire spunti a vantaggio della contingenza progettuale.
Non esistono maestri esemplari, non esistono opere magistrali; ci sono solo buone idee e cattive idee che hanno preceduto le nostre, venute in mente ad individui creativi che si sono sempre mossi con metodo anche quando hanno voluto far credere di essere stati travolti da non comune energia artistica scesa come manna dal cielo sulle loro teste da eletti.
Nell'eden dei buoni propositi (o delle allucinazioni) esiste tutto ci; nella realt, a causa di Insegnamenti affogati in 60 giorni operativi, a causa di ritmi didattici frenetici, a causa di Professoroni che impongono e non propongono, a causa delle mode, ecc., nella realt (dicevo) gli allievi copiano, giocano solo superficialmente con i prodotti magistrali, plagiano alla meno peggio, fanno l'esame e vanno avanti (o indietro!) nella loro ascesa ad una professione per la quale non trovo, in questo momento, attributi pregnanti da scrivere qui di seguito.
Per farla semplice semplice, nell'Univer
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352
di [email protected]
del 06/10/2003
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Master Digitale
di
Mara Dolce
Salve Mara Dolce ,
chi le scrive una giovane neolaureata in Architettura.
Sono pienamente d'accordo con le sue idee e quale sia il ruolo di alcuni architetti (perch docenti un termine che non mi sembra appropriato)che partecipano "ad questa bidonata sotto forma di master di architettura digitale".
Trovo veramente inquietante che in questo momento di crisi nel settore si speculi sui neoarchitetti (disoccupati).
La ringrazio sinceramente.
Laura Vellucci
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335
di Mara Dolce
del 05/10/2003
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Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Sono assolutamente lieta dellintervento di Ugo Rosa sulla Medaglia dOro per almeno due ragioni.
La prima perch Rosa entra immediatamente nel merito del premio aprendo a nuove considerazioni.
Infatti parla della critica e lo fa dicendo delle cose importanti.
Ci dice che la critica anche potere e politica e che pu avere delle ripercussioni reali sulla cultura architettonica di un paese. La critica pu quindi giovare o danneggiare, ed forse doveroso entrarne nel merito, prendere posizione, come lui stesso fa (in un generalizzato e curioso silenzio), contestando il premio al professor Nicolin. Se Nicolin, o chi come lui, ha fatto dei danni, anche grazie al silenzio di colleghi e pubblico, (aggiungo io), quindi la responsabilit ripartita anche tra chi dovrebbe parlare e tace.
La seconda ragione squisitamente dialettica. Prendo a prestito la struttura che Rosa usa per contestare il premio a Nicolin per dimostrare la non pretestuosit di quanti hanno sollevato dubbi per la menzione a Brizzi. Infatti, mentre per il primo possiamo virgolettare alcuni passi dei suoi scritti "...una scelta plastica di vago sapore berlaghiano in cui affiorano le originarie passioni gregottiane per i pevsneriani pionieri del moderno..." e trovarci daccordo o meno con la forma e la sostanza di questi, per il secondo praticamente impossibile virgolettare alcunch. Non mi rimane che riprendere un commento del direttore di ArchIt pubblicato su questa stessa rivista sullevento Biennale di Venezia e che forse si avvicina a quella che potrebbe essere una linea critica:
[...]i problemi che si sono evidenziati in occasione dell'ultima Biennale erano, nella loro complessit, troppo grandi per noi. O comunque troppo articolati per essere affrontati con una semplice invettiva, oppure con azioni-tampone operate a margine, dagli esiti incerti se non addirittura controproducenti.[...]
...meglio un prudente silenzio, allora.
Ora caro Ugo, una realt che Nicolin e Brizzi facciano divulgazione, il primo con Lotus , il secondo con Archit; ma non vedo perch si possa entrare nel merito della critica di Nicolin ma non di quella di Brizzi.
La sezione della Medaglia dOro riguardava la critica, ed di questa che parliamo: di critica. N di divulgazione, n di potere, n di generosit, n di poltrone. Nel caso di Nicolin esiste e ne possiamo discutere, nel caso di Brizzi non esiste e possiamo solo dire che simpatico, forse.
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412
di Mara Dolce
del 30/09/2003
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Domus cambia. Vedremo come...
di
Paolo G.L. Ferrara
Dal mio punto di vista, se con la nuova direzione, da Domus spariranno i titoli da piazzista televisivo, fenomeno che affligge in maniera pi o meno grave tutte le riviste di architettura italiana, sar gi un bel risultato; e mi riferisco, per capirci, ai titoli degli articoli del tenore:
"rovine del futuro"
"paesaggio e ossessioni"
"scavo nella memoria"
Domus maggio 03, che niente in confronto a
"Proiezioni in fuga"
"Come un cristallo"
"Ordinato dinamismo"
"Le suggestioni delle illusioni".
Dell'Arca 03.
Ma la palma d'oro alla melassa, spetta sicuramente all' "Architettura"
"sorridendo a Mies"
"il mattino del buon giorno"
"incontri in volo"
"ricercata semplicit"
"sintesi:eleganza+umanizzazione"
Architettura Cronache e Storia maggio 03,
ma la delusione peggiore vedere il progetto
corrispondente a cotanto titolo.
ecco, buon lavoro a Boeri.
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410
di Francesco Pietrella
del 20/09/2003
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Master Digitale
di
Mara Dolce
Credo che le valutazioni di Mara Dolce siano pertinenti nei confronti del "sistema architettura-mondo accademico" e sono un grido in cui riconosco anche la mia di esperienza universitaria....mi piacerebbe molto conoscere il suo modo di fare architettura e/o critica al di la' delle questioni del mondo accademico.
Francesco Pietrella
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411
di Francesco Pietrella
del 20/09/2003
relativo all'articolo
Nuove categorie critiche
di
Mara Dolce
Se ci sono nuove categorie critiche e' anche perche' il linguaggio architettonico contemporaneo e' cambiato fortemente rispetto al passato. Un'opera come il Bilbao scardina tutta una serie di analisi di quelle, per esempio, che insegnano nei vari corsi di metodologia della prog. oppure analisi costruttiva e distributiva, e cio' e' un bene.
Pur tuttavia insieme ai miei piu' intimi amici e colleghi ci siamo da tempo resi conto di quanto un certo tipo di architettura contemporanea dopo un primo periodo di enfasi sia gia' passata di moda. Il fatto e' che viene fortemente imitata e fortemente male dalle nuove generazioni. E cio' e' male. Ci siamo resi conto che la strada segnata per esempio da mvrdv e dagli studi olandesi sia un atteggiamento progettuale molto sano ed "etico".....anche interpretativo di un mondo di appartenenza mittel-europeo. Noi come generazione nascente perseguiamo un'architettura dalle storture composte...assimilando alcuni concetti del decostruttivismo e sintetizzandoli al massimo. Nell'architettura industriale guardiamo con ammirazione a quelle realizzazioni che usano espedienti di design nella formalizzazione degli involcri edlizi. Mi riferisco ai progetti con uso seriale di elementi estranei alla consuetudine edilizia che conpongono le facciate .....concretizzano una scena di alto valore ideativo ed "etico" e accostano sempre piu' l'architettura al design. Per quanto riguarda quest'ultimo, il tema della "sensorialita'" mi sembra molto importante e indicativo, poiche' affronta gli aspetti primitivi dell'ambito umano attualizzandoli in un design antichissimo e mordenissimo allo stesso tempo.
un design...antichissimo e modernissimo!!
Francesco Pietrella
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408
di enricogbotta
del 17/09/2003
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Gli architetti sono degli autori
di
Sandro Lazier
Un articolo molto bello (ringrazio G. Antonietti per averlo segnalato e Antithesi per la sua pubblicazione). Purtroppo e' diffusa tra gli architetti l'abitudine di vedere con sospetto lo scambio di idee con gli altri: un atteggiamento auto-lesionista incomprensibile e anacronistico in una professione che vive e trae la sua ricchezza solo dall'interazione.
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404
di Mariopaolo Fadda
del 05/09/2003
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Buone vacanze a...
di
Paolo G.L. Ferrara
Diamine! A Modena hanno revocato lincarico a Gehry? E io che, povero ingenuo, il 15 gennaio del 2000 inviai una lettera di complimenti (che riporto quasi integralmente) al Sindaco (non so se lo sia ancora) Giuliano Barbolini! Krier al posto di Gehry: quando si dice avere saldezza di ideali...
Egr.
Giuliano Barbolini
Sindaco di Modena
Ho letto il dibattito su la Repubblica dell11/1/00 sul cosiddetto caso Modena, intitolato Citta storiche. Se il nuovo sfida lantico.
Devo innanzittutto complimentarmi con Lei:
1) per il coraggioso ed intraprendente approccio al problema;
2) per la felicissima scelta di Frank O. Gehry;
3) per la difesa di quella scelta di fronte alla cecita della Soprintendenza ed ai patetici distinguo dei sempre piu (auto)emarginati architetti italiani.
Premesso che non ho ancora visto la proposta dellarchitetto americano e quindi sulla stessa non mi esprimero, anche se trattandosi di Gehry non dovrebbero esserci troppi dubbi, vorrei confortarla con alcune brevi considerazioni generali, tratte in larga parte da saggi pubblicati o in via di pubblicazione sulla rivista Larchitettura cronache e storia, a sostegno della sua scelta.
1) Lapproccio al problema.
E dai tempi della bocciatura del Memorial Masieri di Frank Ll. Wright (unaltro americano!) a Venezia, nel 1954, che la cultura architettonica italiana rifiuta di sciogliere il nodo dellincontro-scontro antico-moderno. E a Venezia che trionfa quell'atteggiamento, che diventera' tipico, di chi e' disposto a tapparsi gli occhi di fronte a qualsiasi oscenita' in "stile", "ambientata", in "tono" pur di impedire all'odiata architettura moderna di intervenire nei centri storici. Le conseguenze di questo atteggiamento dogmatico, retrogrado, antimoderno saranno terrificanti. Decine e decine di centri storici saranno sfregiati, non da architetture moderne, ma da brutture in tutti gli stili con il complice silenzio di quegli imbalsamatori che sbraitarono cosi tanto contro Wright.
Pur di impedire al piu grande architetto del secolo di intervenire a Venezia, i piu inconfessati interessi si coalizzarono: studiosi, mestieranti, esperti, politicanti di ogni genere discettarono per settimane sui sacri principi dellintangibilita dei centri storici. Quei sacri principi sistematicamente e ripetutamente violati, con il complice silenzio degli oltranzisti, proprio sul Canal Grande con quella serie di falsi in stile locale puntigliosamente elencati da Roberto Pane che, insieme a Bruno Zevi e Sergio Bettini, fu il piu strenuo difensore del progetto di Wright.
Il piu agguerrito avversario si dimostrera un protoambientalista, Antonio Cederna che, preso da impeto catastrofico, assicurava: ... attraverso il varco illustre aperto da Wright, mille mestieranti ... trasformeranno lItalia a immagine e somiglianza dell E.42 ... . A Wright fu impedito di realizzare la sua opera, i mille mestieranti, per nulla spaventati dal conservatorismo parolaio di Cederna, continuarono ad imperversare e proprio Marcello Piacentini, lartefice dell E.42, potra di li a poco, nel 1956, nella piu assoluta tranquillita sfregiare il centro storico di Ferrara con il suo orrendo palazzo della Ragione.
Venezia rinuncio, purtroppo, ad evere unopera del grande architetto americano, nella platonica speranza che questo rifiuto avrebbe contribuito alla battaglia per la salvaguardia dei nostri centri storici.
Il peggio pero doveva ancora venire. Mentre in altri paesi, in seguito all'inversione di tendenza dagli insediamenti abitativi periferici al recupero residenziale del centro citta', si parla di rinnovo urbano intendendolo creativamente come riciclaggio, in Italia ci si sclerotizza sull'aspetto recupero, inteso preminentemente in senso tecnico, politico e socio-economico.
Questo fenomeno non e', come potrebbe pensare qualcuno, l'evoluzione ultima di quella cultura del restauro in cui l'Italia, giustamente, emerge; e' una rivolta ideologica di stampo oscurantista che attacca direttamente la cultura del restauro tentandone lo svilimento, ma che, sotto sotto, ha ben altre mire: far fuori l'architettura moderna a cui si addebitano, con agghiacciante irresponsabilita', tutti i piu' turpi misfatti a danno degli ambiti storici.
Il piano di recupero del centro storico di Bologna e il la che da il via libera ad una pretesa grande novita: la conservazione integrale, uno dei tanti feticci che la sinistra marxista, appoggiata spesso da un'altra chiesa, quella cattolica, crea per il proprio irresistibile desiderio di dilettarsi in erudite, ermetiche e logorroiche disquisizioni ideologiche; e' una delle tante polpette evvelenate date in pasto alle sprovvedute masse affamate di "certezze". Gli intellettuali si fanno venire gli orgasmi fantasticando l'accensione dello "scontro di classe e non si creano problemi a sostenere quell'atteggiamento tipico delle classi do
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403
di Mariopaolo Fadda
del 04/09/2003
relativo all'articolo
A proposito di brutto
di
Sandro Lazier
Lintervista di Bodei davvero molto interessante. In campo architettonico, la conferma di quanto sosteneva Zevi da decenni, la conferma che Rudosfsky aveva visto giusto ed la conferma che larchitettura moderna riuscita a tradurre in progetto il rifiuto della progettualit delle poetiche del gesto (espressionismo astratto, informale, pop-art).
Zevi ha riletto con occhio non-accademico, o meglio, anti-accademico la storia dellarchitettura seguendo quel lungo, invisibile filo che lega Gehry a Morris a Borromini al tardo-antico ai nuraghi. Cio tutto ci che la critica accademica ha relegato nellangolo, dellincoerente, del disarmonico, del brutto.
Rudosfsky si prese la briga di organizzare al MoMA nel lontano 1964 la mostra Architecture Without Architects e sbattere in faccia al perbenismo accademico laggrovigliarsi delle capanne in uninsediamento dei Dogon, laccampamento dei beduini nel Sahara, le giustapposizioni guadrangolari delle abitazioni di Marrakesh, la selva dei condizionatori che definiscono lo skyline di una cittadina Pakistana. La mostra un formidabile invito a rileggere per intero la storia degli aggregati umani compresi i primi cinquanta secoli della storia umana e le culture dell'intero pianeta.
Ha ragione Sandro Lazier a mettere in guardia che l'espressione
Noi siamo abituati e prendere in considerazione solo una manciata di secoli e aree molto limitate perch altrimenti il bello di Winckelmann non sapremmo dove ficcarcelo.
Lesplosivo Mummers Theater di Johansen, del 1971, lopera che segna la traduzione in architettura delle ricerche artistiche contemporanee e, grosso modo in quello stesso periodo, Gehry si sta chiedendo se Rauschenberg usa la spazzatura per le sue pitture e sculture, perch non posso farlo anchio nelle mie architetture?. Detto e fatto. Due calci agli stinchi dei belli ideali e delle nature bucoliche.
Per il resto sottoscrivo in pieno le considerazioni di Lazier sulla qualit e sul siluramento della cupola degli ordini professionali con il loro carico di ecumenismo mercantile ed ipocrita.
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401
di Mariopaolo Fadda
del 03/09/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
Nel mio precedente intervento cera unerrore al primo capoverso che cos si concludeva ...terzo perch lo strapotere degli ordini, dei consigli nazionali e delle soprintendenze, invece che limitato, potrebbe uscirne rafforzato ed ampliato. Mi scuso per il taglio che ha reso poco comprensibile la frase finale.
1. La legge che, impropriamente, chiamiamo per la promozione della qualit , mi pare banale rimarcarlo, una legge per promuovere alcuni strumenti che favoriscono laffermarsi di opere di qualit e cio i concorsi, i centri di documentazione e diffusione, un piano per le opere pubbliche, le fondazioni ecc. Ci premesso ribadisco che sono perplesso di fronte alla proposta Urbani ma non talmente cieco da non vederne gli spunti positivi. Non salgo comunque sulle barricate con chi avversa la legge, qualsiasi legge sullarchitettura, per partito preso.
Ma non sono cos ingenuo da pensare che con una semplice legge si risolvano di colpo i decennali problemi dellarchitettura italiana. Non ritengo comunque che larchitettura possa, con gli strumenti tipici della disciplina, cos come dincanto battere la speculazione edilizia, convertire gli investitori immobiliari, riciclare la spazzatura edilizia.
Chi confida nellautoreferenzialismo qualitativo dellautore dovrebbe anche spiegare come questo possa emergere se in Italia vige la legge materiale della giungla, non scritta, di dare gli incarichi agli amici, agli amici degli amici, ai compagni di merende, ai compari. E farci
capire come possa emergere la qualit se larchitettura moderna fatta oggetto di ostracismo, soprattutto da parte di apparati dello stato e come possa emergere la qualit se le opere pubbliche sono le prime a fornire un esempio desolante e disarmante di mediocrit?
A che serve giustificare la mediocrit di geometri, ingegneri, architetti se questi invece che ispirarsi ai maestri si ispirano alle lordure che li circondano e che loro stessi contribuiscono ad incrementare in un circolo vizioso senza fine?
"... la storia architettonica appare seminata di
Che la massa sia succube dei surrogati dellarchitettura comprensibile, ci che indigna quello che indignava Alberoni, anni fa, e cio come tutte le forze che si sono dichiarate e si dichiarano progressiste, d'avanguardia, siano, in realt, conservatrici, paurose e tradizionaliste... Anche l'alta cultura stata affascinata dalla conservazione, dal restauro, dal passato. L'imprenditorialit sommersa, di gente disorganizzata, ignorante, priva della pi elementare sensibilit pubblica, ha trasformato il paese con un'alluvione di bruttezze...
Qui sta il dramma. I maestri indicano una via, la critica accademica, le fronde ideologizzate, i professionisti della commercializzazione dilapidano. Loro indicano una via e noi li a giustificare gli ignoranti che non capiscono, che travisano, che non sono allaltezza e che per pigrizia mentale amano le scorciatoie.
Noi proponiamo il ricorso sistematico ai concorsi per dare spazio anche a giovani sconosciuti e ci si accusa di volere addirittura il genocidio!
Invece di rimboccarci le maniche per divulgare, popolarizzare gli acuti dei maestri siamo qui a piagnucolare sugli epigoni che tradiscono i maestri e sulla gente che non capirebbe e non gli importerebbe nulla dei messaggi dei Libeskind, dei Gehry, delle Hadid, dei Koolhaas.
E, nonostante i nostri piagnistei la gente risponde con entusiasmo proprio alle opere dei grandi. A Bilbao il museo di Gehry stato visitato in unanno da tanta gente quanto era prevista, se non ricordo male, in cinque anni. Bilbao era sconosciuta a mezzo mondo ora un p meno e molta gente che non lavrebbe mai visitata per le sue preesistenze la visita per andare a vedere lopera gehriana. Ma lopera importante perch ha ridatto vitalit ad unarea industriale dismessa della citt. E i cittadini apprezzano. A Berlino lala ebraica del museo di Berlino di Libeskind apre i battenti anni prima che il museo sia installato perch la gente vuole visitare un capolavoro dellarchitettura moderna.
Dallaltra parte delloceano, il concorso per la ricostruzione di Lower Manhattan ha mostrato come in ope
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399
di Mariopaolo Fadda
del 02/09/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
Confesso che non ho mai provato grande entusiasmo per una legge sullarchitettura. Primo perch come hanno gi osservato altri la qualit non la si d per decreto; secondo perch il fondamentalismo conservatore e la putrida retorica ambientalista sono in grado di snaturare qualsiasi serio intervento volto a riportare lItalia nel contesto culturale europeo e mondiale; terzo perch lo strapotere, invece che limitato, potrebbe uscirne rafforzato ed ampliato.
La moderna cultura architettonica chiedeva da anni, sulla scia dellesperienza francese, una legge che impegnasse le istituzioni pubbliche nella promozione della qualit architettonica.
Quando lessi, qualche anno fa, la proposta elaborata dal CNA, mi convinsi ancora di pi che in unItalia prigioniera di bande burocratico-corporative anche le pi encomiabili intenzioni non possono che finire in vacca.
A parte la vuota retorica della declamazione iniziale la parte davvero repellente la proposta di un Consiglio Superiore per lArchitettura nazionale, con tanto di ramificazioni regionali, organizzati ad uso e consumo dei professionisti dellarchiburocrazia (su sedici membri dieci scelti dal CNA e dal CNI ed i restanti 6 scelti tra altre categorie!). E la sinistra, con il solito impeccabile opportunismo, aveva tempestivamente sponsorizzato questa schifezza per la promozione dello strapotere di ordini, consigli nazionali, soprintendenze. Societ civile e libera cultura emarginate, se non cancellate da questo grottesco scenario. E saranno ben pochi ad opporsi a questa macroscopica e vergognosa sclerotizzazione burocratica.
Ci riprover, senza successo per fortuna, la melandri. Zevi, poco prima di morire, ...il disegno di legge recante disposizioni in materia di promozione della cultura architettonica e urbanistica, presentato dallon. Melandri, va sdegnosamente rifiutato, perch la direzione dellarchitettura prevista non affidata ad una personalit libera, di prestigio... ma pu essere incarnata anche da un burocrate selezionato dal mazzo... Tante grazie, on. Melandri, si tenga la sua legge.
Ora c la proposta Urbani che, come gi rilevato da altri, presenta sia elementi di novit che elementi discutibili, triste retaggio della pluridennale emarginazione dellItalia dal crcuito culturale internazionale.
Finalit. Lavvio non certo dei pi felici laddove si enfatizza larmonico inserimento nellambiente circostante dellopera. Dizione questa presa pari pari dalla Risoluzione del 12 gennaio 2001 del Consiglio dell'Unione. Una sciocchezza concettuale. Nell'epoca di Einstein, Picasso, Duchamp, Schoenberg, Pollock c'e' ancora qualcuno che si picca di giudicare il mondo contemporaneo con il parametro dell'armonia!
Si alla qualit ma solo se armonica. Una tetra litana che abbiamo sentito per anni: si allinserimento purch ambientato, si allinserimento purch conforme ai caratteri del luogo, si allintervento purch mimetico. In un epoca contrassegnata dagli stracci di Rauschenberg, dalle tele bruciate di Burri, dalle lamiere accartocciate di Gehry, cio da un brutale richiamo alla realt, non necessariamente bucolica, che ci circonda, a dir poco anacronistica questa fuga a ritroso in astrazioni romantiche. La qualit moderna attinge allo sporco, al derelitto, al disarmonico, al contrastato, allasimmetrico, al dissonante, a tutto meno che allarmonia. E poi, in armonia con lambiente circostante? Neanche gli aborigeni australiani si azzarderebbero pi a parlare di armonia dellambiente.
Articolo 5. Plateale cedimento al fondamentalismo conservatore. Questa mania di conservazione a 360, anche se rivolta ad opere moderne, rischia di essere un boomerang: se bisogna conservare anche tutto il moderno, cos come tutto lantico che senso avrebbe larchitettura contemporanea? Tutto il potere ai soprintendenti! urlerebbe Sgarbi. E tutto il potere a restauratori, ristrutturatori, recuperatori, rivitalizzatori, riabilitatori, aggiungiamo noi.
Larchitettura moderna, a differenza di quella antica, non costruisce per ammonire (monumento), per sfidare i secoli. Dura magari lo spazio di qualche anno. Gehry ha modificato la sua leggendaria casa-documento non so quante volte, facendo unopera aperta continuamente alle novit, alle nuove esigenze della vita contemporanea.
Art. 10. Ottima la proposta per la costituzione di centri territoriali di documentazione per larchitettura e lurbanistica moderna e contemporanea.
La Fondazione. Una soluzione, a mio parere, decisamente migliore rispetto a quella burocratico-paternalistica del Consiglio e Consiglini Superiori (eredit, tra laltro, della cultura fascista). Sar perch vivo negli Stati Uniti dove le fondazioni sono il motore che consente alla cultura di essere libera da lacci e lacciuoli politici, corporativi e burocratici, ma la ritengo una strada da percorrere anche se non si capisce ancora come debba essere struttur
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400
di Andrea Pacciani
del 02/09/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
Gentile Fadda,
Non ho nulla da difendere della legge Urbani perch ritengo inutile una legge sulla qualit dell'architettura; fin tanto che esiste un'architettura modernista che si fonda sull'autoreferenzialismo qualitativo dell'autore o del critico difficile disciplinare alcunch, mentre molto facile fare dei danni.
Che "La qualit moderna attinge allo sporco, al derelitto, al disarmonico, al contrastato, all'asimmetrico, al dissonante, a tutto meno che all'armonia", una sua opinione rispettabile ma non so neanche quanto condivisibile da molti architetti modernisti (Botta, Piano...., faccia lei) n cos rintracciabile nella storia dell'architettura moderna (Wright, Kahn, Mies per citare i "maestri" della sua terra di adozione).
Se invece si riferiva al fatto che una nuova qualit contemporanea possa ricercarsi nel felice elenco di aggettivi da lei proposto possibile, ma con il gradimento di chi? e con quali risultati?
Ricordiamoci che la storia millenaria dell'architettura insegna che per quanti milioni di architetti si possano laureare gli edifici sono realizzati soprattutto da epigoni maldestri dei maestri (quasi sempre autori di pochi edifici) e da autocostruttori; non capisco perch nessuno di quelli che fanno le ricette per curare i mali dell'architettura debbano ignorare questo dato di fatto ed auspicano come unica soluzione l'imposizione degli incarichi a loro, architetti illuminati, e il genocidio di geometri e ingegneri progettisti.
Credo che l'ineluttabilit dell'armonia faccia parte della natura dell'uomo e della sua vita sociale. Non so se lei per essere moderno a Sandamonicakalifornia ha sostituito definitivamente il sugo di pomodoro per gli spaghetti con la senape o il ketchup perch la qualit riposta nella disarmonia!
L'architettura e l'edilizia non sono oggetti di consumo ma d'uso; possono essere costruiti solo in una prospettiva di permanenza materiale.
Senza tale permanenza, senza un'architettura che sopravviva ai suoi ideatori impossibile immaginare spazi pubblici come espressioni collettive artigianali o artistiche.
Con rispetto anche delle idee pi differenti dalle proprie
Andrea Pacciani
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398
di Massimo Pica Ciamarra
del 31/08/2003
relativo all'articolo
Assemblea Generale IN/ARCH
di
Sandro Lazier
Caro Direttore,
grazie innanzitutto per aver pubblicato la Relazione allAssemblea generale dellINARCH e per le espressioni di ammirazione sulle finalit e impegno dellIstituto e del suo Presidente nazionale. Segnale opportuno perch evita di dover smentire affermazioni avventate di sole due settimane prima (proprio su Antithesi 22.07.2003 P.Farina [si tratta di Paolo G.L. Ferrara. ndr] che lIn/arch, coinvolta com in lotte intestine sui ruoli dirigenziali (siano essi nazionali che regionali) che fanno potere, stia oggi vivendo un momento di crisi interna oramai risaputo e sfido i suoi gestori a smentirmi.)
Dopo questo segnale di pace, sono utili confronti di merito.
Credo equivocata in buona fede linterpretazione del concetto di qualit che cogli nel testo. La qualit in architettura deriva da una pluralit di fattori: innanzitutto dalla qualit del programma e dalla qualit di concezione del progetto; poi dalle qualit tecnologiche, realizzative e via dicendo. Le Facolt di Architettura dovrebbero riflettere sulle attuali esigenze di mutazione dei processi formativi. Almeno tre: 1. Oggi sempre pi i processi di progettazione si basano su partnership strutturate e motivate (per i molti esperti che vi partecipano, ruolo del committente, tecniche di ascolto): quindi occorre educare ad innescare e tenere in vita processi creativi, con quanto questo comporti in termini di ricerca di condivisione ed abitudine a velocit tramite approfondimenti simultanei. 2. Lintegrazione il punto di fuga di ogni azione progettuale, quindi ricerca di soluzioni capaci di risposte simultanee a pluralit di esigenze; attitudine ad interpretare le aspirazioni che sottendono la domanda; capacit di visioni dinsieme; affrancamento dalle logiche di settore. Altra conseguenza nel modo stesso di concepire gli interventi: occorre debellare la sindrome delloggetto edilizio. 3. Se alla base della ricerca di qualit vi la metodologia del confronto, per cui prima che soluzione il progetto tentativo, occorrono progettisti interessati a sperimentare alternative di soluzione allo stesso problema, cio educati alla valutazione di tentativi fra cui scegliere quello che assumer caratteri di "soluzione".
Altra questione - meriterebbe un denso confronto - riguarda la distinzione fra armatura della forma e linguaggio architettonico. Sulla prima si pu pervenire ad ampie forme di condivisione, la metodologia del confronto fra ipotesi diverse preziosa. Sul secondo la soggettivit delle valutazioni pi spinta. Personalmente non credo che un diverso linguaggio espressivo mi farebbe condividere il Vittoriano o il Palazzaccio a Roma, comunque edifici che galleggiano nello spazio, incapaci di fondarsi sul dialogo con gli elementi finitimi.
Con viva cordialit
Massimo Pica Ciamarra, Vicepresidente INARCH
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31/8/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Massimo Pica Ciamarra
Caro Pica Ciamarra, leggo con piacere il tuo intervento sulla nostra rivista, e per pi motivi.
Indubbiamente il primo che se il Vice Presidente dell'In/arch ha ritenuto opportuno fare sentire la sua voce, bene, significa che le mie provocazioni sull'attivismo dell'Istituto sono state recepite come uno stimolo a partecipare alla discussione. Attenzione: non che -per storia e "nomi"- ne abbiate necessit, ma stimolare anche con qualche intervento duro sempre positivo, sicuro. E non si tratta di "fare la guerra" stile Bush (ovvero senza motivi palesi), bens guardare in casa propria: s, perch per me l'In/arch Zevi, e Zevi la mia imprescindibile base, dunque mai potrei cercare di attaccare pretestuosamente qualcosa che lui ha creato.
Ora, il pi che sia l'attivismo la vera base dell'Istituto, oltre ogni scaramuccia interna (lo ripeto, e me ne assumo la responsabilit), che poco m'interessano se poi il lavoro e i suoi risultati sono positivi, rendendole (le scaramucce) piccole cose, insignificanti sino a ridursi a beghe da portineria.
Ma che l'In/arch sia impegnato ad uscire da una crisi d'identit innegabile, soprattutto se ne consideriamo il poco peso che ha nelle decisioni ad alto livello, ovvero l'influenza che non ha rispetto leggi e leggine che orientano e orienteranno l'architettura in Italia. Non mi risulta, ad esempio, che Urbani abbia pensato di coinvolgere l'Istituto nella redazione della Legge-Quadro sulla qualit architettonica".
Ovviamente, non per vostro demerito, ma sintomatico...
Altro motivo di piacere che tu sei indubbiamente una personalit di alto livello e la tua voce non pu che rendere pi forte un qualsiasi dibattito, il che ovviamente implica che si possa anche non essere d'accordo. E poi, credimi, davvero pochi si sono messi in gioco dibattendo pubblicamente. Qualcosa significher...
Come hai ben capito, e per come hai avuto modo di conoscerci lo scorso anno a Sciacca, Lazier ed io siamo semplicemente "appassionati", oltre e fuori qualsiasi vincolo diplomatico che ci costringerebbe ad atteggiamenti ipocriti. Non facciamo "cartello" ma ci dilettiamo a scrivere e commentare. Agli altri il compito di definirsi "critici", "storici" e quant'altro.
un cordiale saluto
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397
di Andrea Pacciani
del 30/08/2003
relativo all'articolo
A proposito di brutto
di
Sandro Lazier
Segnalo questa pagina tratta dal sito del Riba (associazione di architetti britannici) in cui si annuncia una presa di posizione nei confronti delle scuole di architettura che per noi sarebbe fantascienza.
In questo documento si invitano le scuole di architettura alla chiarezza e alla aperta dichiarazione degli intenti e degli approcci al modo di fare architettura in modo che gli studenti, consapevoli, possano fare una scelta su come vogliono essere formati; si esorta pertanto anche l'istituzione di scuole di approccio tradizionale alle tematiche progettuali, per corretto pluralismo delle formazioni possibili.
Insomma si accetta una disparit di vedute sul modo di fare architettura e non una verit assoluta, un movimento unico che deve vincere sugli altri.
Si tratta della consapevolezza che le strade possibili sono diverse, nessuna infallibile n risibile, tra cui il libero arbitrio degli studenti pu scegliere.
Mi sembra di una trasparenza disarmante per le nostre abitudini baronali use alle spartizioni geografiche dei poteri universitari per cui in ogni sede universitaria si insegna un unico verbo incondizionato imposto da pochi per tutti.
Avanti anni luce reintegrare nelle scuole di architettura quelle tradizionali, di cui il mondo del lavoro inglese evidentemente sente la carenze. Intanto in Italia non so quanti neolaureati saranno mai in grado di proporzionare un cornicione o un basamento rispetto all'altezza dell'edificio (se questo servir ancora nella professione del futuro).
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396
di Delle Donne Pietro
del 27/08/2003
relativo all'articolo
Ordini professionali contro l'architettura
di
Beniamino Rocca
In riferimento all’articolo del Sig. Beniamino Rocca “ Ordini professionali contro l’architettura” vorrei fare un piccolo commento.
Sono un giovane architetto napoletano di circa 40 anni, laureato da circa 10 anni e iscritto all’ ordine da circa 7, ho cominciato a lavorare (gratis e poi a rimborso spese) in diversi studi professionali gi da studente e dopo parecchi anni sono stato assunto con contratto a tempo determinato da una pubblica amministrazione.
Per la situazione ambientale Napoletana , dove ci sono migliaia di iscritti all’ordine degli architetti quasi disoccupati o al meglio sottopagati, la mia pu rappresentare una situazione sicuramente non delle peggiori.
Ho sempre cercato di fare questo mestiere con passione e desiderio d’ arte, ma ho anche imparato che per vivere, specie se non hai forti basi economiche e protettive alle spalle, bisogna fare un poco tutto quello che ti capita, cosi mi anche capitato di fare qualche ristrutturazione mal pagata e molto faticata, ma di architettura nella mia citt si parla poco, non solo, la stessa facolt di architettura di Napoli non riesce ad esprimere niente nell’ambito della citt. Purtroppo senza citare gli innumerevoli comportamenti scorretti dei colleghi, professori e politici, il male oggi molto pi profondo. Esiste una generazione di gente disillusa, materialista e senza passione, che si dedica a certe attivit per numerose altre ragioni che non sono un autentico e sincero desiderio d’arte. Si va dall’interesse prettamente economico alle forme esasperate di personalismo. Al contempo abbiamo una pubblica amministrazione totalmente incapace di programmare e gestire processi di riqualificazione urbana dettati dal desiderio d’arte o di sapere valutare la qualit nei progetti al di l dei nomi di chi li ha firmati. Non che maliziosamente tutti i dirigenti delle pubbliche amministrazioni non vogliano contribuire a questo processo di riqualificazione estetica delle nostre citt, (e mi riferisco chiaramente a tutti i luoghi in cui sono necessari certi interventi, che vanno dai centri storici, alle periferie, alle aree industriali dimesse, alle aree sub-urbane, ai territori con forti qualit ambientali minacciati da un sviluppo spesso incontrollato e selvaggio, etc..), ma purtroppo non ne hanno la cultura e le capacit per conseguire questi obbiettivi.
Il problema che questa classe dirigente italiana purtroppo stata formata da una sistema politico che stato interessato solo a mantenere il proprio potere e non a conseguire obbiettivi di sviluppo per tutta la societ (clientelismo, baronaggio, favoritismo, partitocrazia). Ma da dove pu venire fuori “ L’architettura”.
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395
di enricogbotta
del 25/08/2003
relativo all'articolo
Ordini professionali contro larchitettura
di
Beniamino Rocca
Delle volte veramente paradossale come si eviti di risolvere delle situazioni palesemente assurde quando la soluzione e gia bella e pronta.
Condivido linsofferenza nei confronti degli ordini professionali (e pensare che neanche sono iscritto) e nei confronti degli ordini degli architetti in modo particolare. Sono assolutamente favorevole alla loro non obbligatorieta e daccordo con il sorgere di libere associazioni.
Una riforma della professione pero non credo possa limitarsi alla riforma degli ordini, ma debba coinvolgere anche una riforma dei percorsi formativi (non solo luniversita, ma anche lapprendistato e la formazione permanente).
Allora un esempio forse valido e il modo in cui funziona la professione dellarchitetto negli USA. 1. La NAAB (National Architectural Accreditation Board) detta le linee guida per lelaborazione dei curricula universitari per i corsi professionalizzanti in architettura, che vengono elaborati in modo indipendente ma seguendo queste linee guida, dalle varie scuole, pubbliche e private. 2. Dopo il conseguimento di un titolo di studio accreditato dallNAAB laspirante architetto deve svolgere un piano di apprendistato, di lunghezza variabile a seconda delle sue esperienze pregresse, per un periodo da uno a tre anni. LNCARB ( National Council of Architectural Registration Boards) stabilisce le modalita secondo cui si svolgera lapprendistato che deve necessariamente coprire una varieta di aree in modo che il candidato faccia esperienze su tutti gli aspetti della professione e che deve essere svolto presso professionisti abilitati. 3. LNCARB notifica il raggiungimento dei credditi necessari per laccesso allesame di stato al candidato il quale puo quindi iscriversi allesame nello stato dellunione in cui intende svolgere lattivita professionale. Lesame e diviso in tre sezioni amministrate con modalita differenti in momenti separati. Una volta superato lesame il candidato riceve la licenza per praticare in qualita di architetto nello stato in cui e stata conseguita e in tutti gli stati in cui sia riconosciuta la reciprocita della licenza. Durante la sua carriera ogni architetto registrato e tenuto ad accumulare un certo numero di crediti formativi che si acquisiscono in vari modi (corsi di aggiornamento, attivita di insegnamento, prove di aver letto determinati articoli pubblicate su riviste di settore etc.), pena la perdita della licenza.
Va sottolineato che il titolo di studio non e' obbligatorio. In caso non si sia in possesso di un titolo di studio per accedere all'esame di stato sono necessari 10 anni di esperienza professionale.
Un architetto registrato e libero di iscriversi o meno allAmerican Institute of Architects, unassociazione libera non obbligatoria, che offre numerosi vantaggi ai propri iscritti (ad esempio offre contratti standard per regolare i rapporti tra architetto e consulenti, imprese, e clienti). Ma non ha nessun potere nello stabilire tariffe professionali massime o minime, ne ha, come ho detto, nessun carattere di obbligatorieta.
Perche non prendere le cose che funzionano meglio e adottarle dopo averle magari ulteriormente migliorate (se possibile)?
http://www.ncarb.com/
http://www.naab.org/
http://www.labor.state.ny.us/business_ny/employer_responsibilities/olcny/architec.htm
http://www.op.nysed.gov/arch.htm
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394
di Vilma Torselli
del 17/08/2003
relativo all'articolo
Storia e critica 4 - racconto di come le cose sono
di
Sandro Lazier
Mi sembra di capire che per parlare di storia, qualunque storia, delluomo, dellarchitettura, dellurbanistica, sia innanzi tutto necessario mettersi daccordo sul concetto di storia, per esempio seguendo Sandro Lazier nel suo percorso alla ricerca del significato attuale della storia.
E su questo mi pare che non ci piova.
Ad affiancare e forse integrare il testo di Domenico Parisi suggerirei comunque la lettura di una pagina di Giacomo Marramao, professore ordinario di Filosofia politica presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali dell'Universit di Roma Tre, dove si legge fra laltro: "Storia" una parola greca, "histora", che vuol dire "rendiconto", all'inizio. E poi diventa una parola che esprime l'idea di un corso degli eventi, che ci abbraccia tutti insieme. Questa idea di storia, che greca, originariamente occidentale, oggi si trova al cospetto di un mondo globalizzato, in cui l'Occidente ha a che fare con le altre civilt. Molti mettono in dubbio che si dia quindi una unica storia, che la storia sia unitaria e che la storia possa inglobare insieme tutte le civilt. Si pongono degli interrogativi molto seri sul concetto stesso, sull'idea stessa di storia(Giacomo Marramao, Che cos' la storia?")
Ci che va messo in crisi, infatti, nellepoca della globalizzazione, non come ma se si debba o possa fare storia, almeno nella comune accezione del termine.
Mi pare, comunque, che anche sullidea di una storia che recepisca lodierna crisi dei linguaggi e delle identit nazionali non ci piova, anche se credo che una storia che sia storia globale, cio storia di tutte le societ umane che ci sono state sulla Terra.volta a creare una identit di specie ci sia gi e si chiami antropologia. Cos come mi pare che oggi, come Parisi auspicava nel febbraio 2001, il linguaggio abbia cessato di essere il canale di apprendimento privilegiato della storia, dato lenorme sviluppo, intervenuto nel frattempo, dei mezzi tecnologici di diffusione di cui disponiamo (tecnologie digitali, realt virtuale, interattivit, ipertesti ecc.), tutti canali non linguistici democraticamente ed indiscriminatamente alla portata di tutti.
Sulla convinzione che la storia sia lorganico racconto, in chiave evoluzionistica, di come le cose sono cambiate si potrebbe discutere, tirando in ballo la nostra necessit di dare giudizi (Sandro Lazier, Storia e Critica 2 - Verit storica e verit dei fatti), che potrebbe viziare il nostro comportamento, o, se vogliamo, rifacendoci a Lucien Fvre quando dice che siamo noi che, nel bisogno di organizzazione del passato, diamo un ordine, che continuamente viene rivisto, ad una catena di fatti apparentemente senza significato: perch in tal caso la rilevazione e la lettura di come le cose sono cambiate risulterebbero del tutto arbitrarie, perch, in tal caso, la concatenazione storica degli eventi dipenderebbe dallarbitrario lavoro dello storico, un ansioso insicuro alla ricerca di una consolatoria giustificazione che gli permetta di dare un senso al passato, nella recondita speranza di trarne rassicuranti suggerimenti comportamentali per il futuro.
Lo storico, per definizione, portato al pensiero progettuale, mentre la visione globalistica passa attraverso la destrutturazione, filosoficamente intesa, che lantitesi della progettualit, come ci ha insegnato Bruno Zevi con la sua entusiastica adesione al decostruttivismo: si tratta di due verit incontrovertibili ma incompatibili, delle quali una di troppo.
Essere in grado di leggere un testo (o un evento o unarchitettura o un piano urbanistico) senza interporre un'interpretazione soggettiva rappresenta non solo la forma ultima di esperienza interiore", stando a Nietzsche, ma anche la certezza di non dare ad un racconto un senso che non ha o addirittura di non leggere un consequenziale rincorrersi di cause ed effetti che possono non esserci. E difficile, per loccidente, sospinto incessantemente da un bisogno di ricostruzione storica del passato secondo un concetto evoluzionistico che gli appartiene, ma ci che dovremo fare se vogliamo che i nostri discorsi sulla globalizzazione e sulla storia globale abbiano un senso.
Dobbiamo porci il dubbio che evoluzione e cambiamento siano due concetti generati dalla metafisica occidentale basata sull'opposizione dualistica del o non (essere/divenire, vero/falso, bene/male, in questo caso immobilismo/mutamento ecc.), che inducono a leggere gli avvenimenti come racconto del passato nel quale cercare processi e cause con la pretesa di attuarne un tentativo di comprensione e spiegazione.
E mi pare che alla luce di tutto ci possa essere irrilevante stabilire se sia o no storicamente corretto demolire o meno il carcere di San Vittore.
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393
di Beniamino Rocca
del 15/08/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
Io non so quali siano le intenzioni dei ministri Urbani e Lunardi , ma anche dopo aver letto le considerazioni di Enrico G Botta continuo a gioire per questo disegno di legge.
Intendo larchitettura soprattutto come espressione di civilt e dunque come impegno civile. E sempre con questo metro che sono solito valutare ogni accadimento che pu incidere sul fare architettura, sul fare gestione urbanistica.
Cerco di giudicare solo dai fatti e guardo con attenzione ad ogni possibile cambiamento democratico che favorisca e sostenga la qualit nel mio lavoro di architetto.
Purtroppo il fallimento dellinsegnamento nelle universit di architettura e degli ordini nei fatti, nel paesaggio costruito che ci troviamo di fronte ogni giorno.
Se un ministro della mia Repubblica, nata dalla Resistenza, vuol ribadire per legge che il brutto e ci che stato costruito illegalmente va demolito io sono felice.
Sospettoso certo (so bene che le Fondazioni sono istituzioni di potere e poco hanno a che fare con la cultura, basta vedere quello che fa la Fondazione dellordine degli architetti di Milano!) ma se questo disegno di legge, come consentirebbe una lettura onesta del testo, mette in crisi la legge Merloni, ben venga. Se una legge favorisce i concorsi darchitettura, ben venga. Il vero problema la gestione dei concorsi darchitettura come ormai www.arcaso.com insegna. Ma quanti critici darchitettura e professori universitari sanno che cos la legge Merloni? Qual la sua nefasta influenza sullarchitettura, i vantaggi che garantisce alle societ di ingegneria, ai consorzi dimpresa, ai burocrati ed ai furbi?
E questa, purtroppo, una legge fatta da un governo di sinistra e, ahim, operante da nove anni. E con la legge Merloni non si tratta di fare filosofia sul bello e sul brutto, si tratta di come lo Stato spende i nostri soldi per fare opere pubbliche, di come fa gli appalti , dunque di come costruisce paesaggio, fa brutta edilizia piuttosto che bella architettura.
Lo vogliamo capire o no che proprio questo il momento di far sentire la nostra voce, per quello che pu fare internet sintende, perch questo ancora un disegno di legge, modificabile quindi. Credo che dovremmo usare le nostre intelligenze per proporre modifiche credibili alla legge piuttosto che fare i processi alle intenzioni dei ministri. Di chiromanti e chiaroveggenti gi piena la TV di provincia, proviamo a usare internet a favore dellarchitettura. Chiss che non succeda qualcosa.
Buon Ferragosto
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392
di enricogbotta
del 14/08/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
Colgo l'occasione per segnalare un mio intervento su questo argomento apparso il 25 luglio 2003 su newitalianblood:
Mi sembra che le reazioni a questa legge siano inspiegabilmente titubanti. Ancora piu' inspiegabile e' il fatto che alcuni siano addirittura soddisfatti. Ma forse sono io a non aver capito le vere intenzioni dei ministri Urbani e Lunardi (si perche la leggere sulla qualita' architettonica e' un giano bifronte gia' alla nascita).
Forse ha ragione Beniamino Rocca che vede questa legge come "l'istituzionale presa d'atto da parte dello Stato Italiano del fallimento dell'insegnamento dell'architettura nelle universit e del ruolo degli ordini professionali, a tutela del cittadino incompetente in architettura ed urbanistica.", io dal canto mio mi chiedo come si possa interpretarla in questo modo... e gioirne.
Fosse vero (cosa che non e') sarebbe una vera tragedia che a delle carenze educative e difronte al fallimento di un'intera categoria professionale si rispondesse con una oligarchia di nomina politica con il compito di dire cosa e' bello e cosa e' brutto. Una cosa, cioe', totalmente ridicola da qualsiasi parte la si guardi.
E' tuttavia completamente inutile soffermarsi su questioni di carattere filosofico e cercare di capire se stabilire cosa sia il bello e il brutto sia cosa possibile o meno, dal momento che il bello e il brutto, questo e' evidente (almeno per me), non sono cio' che veramente interessa ai promulgatori di questa legge.
Ricordiamoci che i governi Berlusconi sono stati (piu' volte) promotori di condoni edilizi, che non hanno mai avuto una politica di conservazione e preservazione del territorio, hanno avviato uno progressivo smantellamento del patrimonio immobiliare dello stato, hanno piu' volte avanzato la proposta di far gestire monumenti di interesse storico artistico ad aziende private... insomma, quale sia il rapporto del governo con il "belpaese" credo sia ormai assolutamente chiaro.
Poi ognuno puo' sempre interpretare le cose come meglio crede, anche vedere in una proposta di legge assurda, io dal canto mio ci vedo il tentativo di eliminare ogni possibile restistenza alle "opere pubbliche", guarda caso progettate, approvate ed eseguite, dal buon ministro Lunardi. Mi sembra chiaro, se chi stabilisce cos'e bello e cos'e' brutto sono io (o gente nominata da me) il mio grado di liberta' d'azione e' vastissimo.
Cosi' col brutto ci faccio quello che voglio (amplio, allargo, alzo, rado al suolo) e il bello, al massimo, lo sovvenziono... che ne so... Villa S. Martino di Arcore sara' sicuramente bella e magari sovvenzionata perche' e' giusto che il patrimonio architettonico italiano venga preservato... mentre, che so, qualche villa liberty che mi sta proprio all'imbocco del futuro tunnel di Mestre non e' che fosse proprio bella benche con la 89 fosse vincolata... quindi, siccome non e' bella, me la posso togliere dalle scatole.
Ho fatto due esempi di fantasia per cercare di far capire com'e' facile, una volta posti criteri non verificabili, usare le cose a proprio vantaggio in ogni circostanza. E il bello e' che molti "sostenitori" di questa legge hanno sempre parlato male delle soprintendenze, adesso davanti a una super-soprintendenza centralizzata di nomina politica e con potere assoluto non sanno far altro che essere contenti?
Ora, come fa, non un architetto, ma una persona civile a non essere chiaramente e fermamente contraria ad una legge simile?
saluti,
enricogbotta
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391
di Beniamino Rocca
del 13/08/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
E' vero, la proposta di -legge quadro sulla qualit dell'architettura e dell'urbanistica- corre il rischio di sommare "l'aria fritta all'acqua calda" come simpaticamente dice Wilma Torselli.
Io invece , da inguaribile ottimista, vedo questo disegno di -legge quadro- come la istituzionale presa d'atto da parte dello Stato Italiano del fallimento dell'insegnamento dell'architettura nelle universit e del ruolo degli ordini professionali, a tutela del cittadino incompetente in architettura ed urbanistica.
Per questo sono felice e ...... ottimista.
Se passa questa legge, come potr rimanere ancora vigente la "legge Merloni" (109/94) che in tutti i suoi articolati privilegia la "quantit edilizia" piuttosto che la "qualit architettonica".
Certamente il Ministro Urbani , si preoccuper di dare meno potere al mondo accademico e al mondo ordinistico...
E a proposito della riforma degli ordini professionali - non ancora passata in Parlamento - perch restare inibiti sulla possibilit di una riforma di tipo europeo con libere associazioni di professionisti
(vedi il RIBA in Inghilterra) senza pi l'obbligo dell'iscrizione agli ordini professionali ?
Anche l'ANTITRUST contro questa riforma , ma nessuno lo dice .
Sta a tutti coloro i quali hanno a cuore l'architettura e l'ambiente svegliarsi e , per dirla con le parole di Maurizio Sacripanti :"fare architettura oggi , deve significare fare poesia , musica e rivolta".
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390
di Vilma Torselli
del 11/08/2003
relativo all'articolo
La qualit dell'architettura per legge
di
Sandro Lazier
Il disegno di legge del ministro Urbani ha, effettivamente, per certi versi, lindefinibile propriet organolettica dellaria fritta assieme al dirompente contenuto innovativo della scoperta dellacqua calda.
Perper quanto arduo ed utopistico sembri essere credere di poter promuovere e tutelare la qualit dellideazione e della realizzazione architettonica e urbanistica con una Legge-quadro che intervenga sulla qualit estetica, mi sembra che questa 'convincente impossibilit' sia preferibile ad una 'non convincente possibilit', ..una seria riforma delle professioni, che azzeri le posizioni di privilegio.. ( mi perdoni Aristotele).
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389
di salvatore manzi
del 08/08/2003
relativo all'articolo
Ordini professionali contro l'architettura
di
Beniamino Rocca
non ho letto ancora questo articolo di legge, ma se vero credo proprio che sia giunto il momento promuovere un referendum per l'abolizione degli ordini professionali, perch sono solo centri di potere inutili e dannosi.
auguriamoci che qualche nostro rappresentante politico si ricordi di essere stato eletto con i nostri voti, e non se ne sia dimenticato.
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281
di Emil Tatlin
del 02/08/2003
relativo all'articolo
Master digitale IN/ARCH: la replica di Luigi Prest
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Ho letto con molto interesse il dibattito inerente il master IN/ARCH e , premesso che sono pienamente concorde con le critiche mosse da Mara Dolce ed Entrico G.Botta, mi stupisce sinceramente tanto accanimento e fervore personale. Piu che altro mi perplime, e forse mi insospettisce anche un po, che si scateni tale tempesta per una questione tanto marginale rispetto agli enormi problemi e punti interrogativi dellarchitettura italiana contemporanea.
Mi piacerebbe che un simile dibattito, tanto accorato ed appassionato, si sviluppasse anche attorno a vicende ahime assai piu dannose che un inutile master virtuale. Perch attaccare con tanto astio i sedicenti esperti di architettura digitale? Sembra quasi una guerra fra poveri! Le enormi speculazioni edilizie, la commercializzazione infima e volgare, la banalizzazione del territorio e delle citt contemporaneee non hanno forse dei responsabili proprio fra i nostri colleghi? E questi non meriterebbero di piu di qualche tiratina dorecchi?
Sarebbe bello che altrettanto accorato dibattito si sviluppasse anche per indicare i protagonisti di tanto sfacelo architettonico che oggi ci circonda e che, temo, ci accompagner fino alla nostra dipartita; tanti sono i danni. Il Ponte sullo Stretto, ad esempio. Nessuno che abbia nulla da dire? Eppure su quei progetti ci son tanti nomi e cognomi di colleghi, e loro si che puntano al bottino! Altro che gli spiccioli che si pigliano i digitali.
E inoltre.mentre un master basta contro-pubblicizzarlo e disertarlo per il Ponte ci vuole ben altro (penso non bastino 10.000 tonnellate di tritolo).
E poi che senso ha schierarsi cosi manicheisticamente pro o contro i master digitali? Se centinaia di giovani architetti benestanti pensano che questi master possano dare qualche valore aggiunto al loro sapere, bene, paghino e vadano!.
Puglisi cosa avrebbe dovuto dire? No, non faccio le lezioni perche non ci son i curricula dei colleghi? Mi sembra che il fatto che metta in rete le sue lezioni sia gia un discreto passo avanti rispetto alla maggioranza dei docenti di master che ritengono sacro e segreto il loro Potere, per cui o paghi o non ti dicono neanche una parolina.
E poi attaccare Puglisi perche parla con le vecchie cariatidi dellarchitettura mi pare insensato! Ma perch?, pur non apprezzando un gran che di cio che scrive., io penso sia giusto confrontarsi con tutti, anche con gli architetti giurassici. Limportante cio che si sostinene, non sicuramente la compagnia o il luogo in cui si parla. La comunicazione sempre positiva. E continuo a pensare ad un architettura che sia si partigiana ma contro chi la vuole morta, contro chi ogni giorno la umilia con edilizia che oltre a tanti euro non produce proprio un bel niente.
Sconfitto o no il digitale continuero ad uscire di casa la mattina e a trovarmi in una bella periferia di merda, e Puglisi e la Palumbo qui, ve lo giuro, non han progettato neanche un tombino.
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2/8/2003 - Sandro Lazier risponde a Emil Tatlin
"Il Ponte sullo Stretto, ad esempio. Nessuno che abbia nulla da dire?"
basta andare all'articolo Il triangolo no... di Paolo G.L. Ferrara e relativi commenti.
Per quanto riguarda il master in/arch il problema in discussione non l'architettura digitale ma il ruolo di un istituto di cultura nato per la promozione dell'architettura e non degli individui.
Per quanto riguarda invece la solita e scontata lamentela sullo sfacelo e la disfatta delle periferie, sulle responsabilit o meno di politici, amministratori ecc... dico solo che la realt questa e tornare indietro non si pu. Si poteva far meglio? Certo, ma piangere non serve niente. Servono invece idee per trasformare parolacce in poesia. Come ha fatto Gehry, ad esempio. Ma le parolacce si sentono in periferia, non nei salotti del centro.
Lei vive in periferia? Ne approfitti. Trasformi la sua "condanna" in privilegio.
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387
di emanuele piccardo
del 02/08/2003
relativo all'articolo
Buone vacanze a...
di
Paolo G.L. Ferrara
Purtroppo sono molte le riviste che scrivono senza aver visto le architetture mi domando che senso ha. Noi su Archphoto piuttosto che scrivere di architetture non viste, richiediamo ai progettisti le relazioni dei progetti o li intervistiamo anche via email. Credo sia molto meglio come metodologia piuttosto che inventarsi le parole per descrivere un edificio. Il vero critico dovrebbe uscire dal suo ambito e andare a scoprire gli architetti emergenti, noi nel nostro piccolo, non per essere presuntuosi, ma siamo curiosi di trovare dei bravi architetti. Recentemente mi capitato di andare a Ivrea dove ho conosciuto un gruppo che si chiama ff.wd architettura, sconosciuti ai pi, ma che producono lavori interessanti. Allora mi domando perch sia cos diffcile trovare nuovi architetti sulle riviste come l'Arca o Casabella. In merito all'augurio di buone vacanze condivido buona parte di quello che hai scritto e anche la scelta del film...mi auguro prima o poi di conoscerti e di poter collaborare insieme magari su temi a cui siamo interessati entrambi.
buone vacanze
emanuele piccardo
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256
di Carlo Sarno
del 01/08/2003
relativo all'articolo
Debord e la Psicogeografia
di
Sandro Lazier
Caro Sandro , grazie per l'argomento "Situazionista", caro Guidu mi fa piacere sapere che hai fatto parte nella tua giovinezza di questa corrente artistica : non pensavo a questa tua radice artistica!
Dunque , credo che Debord e la Psicogeografia rappresentano a buon titolo il vero grande contributo dell'arte moderna e delle avanguardie artistiche : la convergenza dell'arte con la vita , la comprensione e quindi consapevolezza che non ci pu essere vera arte se non relazionata alla vita.
Ma allora si pone la questione : ma l'arte a che tipo di vita dovr relazionarsi ? Forse ad una vita contemporanea alienata e mercificata ? Forse ad una vita eterodiretta da un ambiente falso e ipnotico che rende reale ci che di peggio ha prodotto l'uomo : la mercificazione della sua vita stessa , del suo lavoro , del suo pensiero ?
Sandro scrive : " ... L'Internazionale Lettrista sperimenta teorie architettoniche e comportamentali in base alle quali l'architettura influenza il comportamento di chi la abita ed essendo essa stessa l'espressione della classe dominante esercita una coercizione fisica, psichica, dei cittadini-sudditi... ". La nostra condizione , cos come individuata dai ' Situazionisti ' , sembrerebbe drammatica.
A questo punto giunge in aiuto Guidu : "... il popolo delle forme e dei colori il solo al mondo, insieme a quello dei numeri e dei segni, a non avere n bandiere n frontiere ... " .
Ogni uomo , ogni abitante , ogni coscienza non ha n bandiere n frontiere !!! ... , occorre operare per una liberazione dell'abitare e del vivere . Ed ecco tutta la grandezza delle parole del genio Frank Lloyd Wright :"... AD OGNI UOMO IL SUO STILE ...". Soltanto una vera e profonda architettura organica che nasca dall'intimo dell'uomo , dalla coscienza come consapevolezza della propria libert , potr intervenire nella drammatica e veritiera condizione coercitiva e innaturale , evidenziata dai psicogeografi lettristi , dell'uomo e della societ contemporanea .
L'arte situazionista ammonisce gli architetti , l'architettura organica che generata dalla verit interna della vita risponde ottimisticamente : " E' possibile , anzi nostro dovere creare spazi per la libert e la felicit. Saranno spazi di amore e non spazi di odio e catene . Ad ogni uomo il suo stile , ad ogni uono lo spazio della sua intrinseca natura in un tutto integrato e armonico ! " .
L'arte e la vita convergono armonicamente in una vera architettura organica , dove lo spazio riflette la bellezza di un vivere nella pienezza di amore . Cordialmente , Carlo.
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385
di Gianpaolo Vadal
del 25/07/2003
relativo all'articolo
Buone vacanze a...
di
Paolo G.L. Ferrara
Per quanto riguarda le buone vacanze agli amministratori di Modena, c' anche di peggio, per lo strombazzato megaconcorso (il risultato uscito in questo mese di Luglio) per l'area dell'ex mercato bestiamo vicino alla stazione ferroviaria ha vinto l'Arch. Gianni Bragheri, colui che nei lontani anni 70' -80' collabor con Aldo Rossi per il cimitero di Modena, e secondo voi quel' il riferimento progettuale che l'esimio (preside della facolt di architettura di Cesena, nonche consulente di varie amministrazioni locali etc. etc. etc) usa e ricicla da anni in Emilia? Sempre il cimitero di Modena, peccato che stavolta al posto dei loculi ci sono degli appartamenti con persone che vivono, se non ci credete guardate su europaconcorsi il risultato del concorso con le relative immagini, speriamo che il numero di suicidi per gli abitanti di questo quartiere non salga in maniera vertiginosa dopo la sua costruzione(forse l'architetto aveva in mente un sistema poco dispendioso per tumulare gli abitanti, mah, chi s? una nuova tipologia casa-tomba.)
Ringrazio gli amministratori per la continuit e la propensione all'innovazione di questo illuminato comune (e non gli puoi dire neanche niente perch hanno fatto il concorso)
Ciao e buone Vacanze anche da me.
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386
di domenico cogliandro
del 25/07/2003
relativo all'articolo
In the night all cows are Brown (V)
di
Domenico Cogliandro e Ugo Rosa
Altro aggiornamento.
Se Camilleri potesse profondere le sue energie per montare un giallo sulla questione del progetto Ponte sullo Stretto, pardon Crossing, ne verrebbe solo un pallido panorama rispetto a tutto quello che cova e ha covato sotto le ceneri spente. Vi aggiorno su alcuni scenari e vi racconto un autogol, che nemmeno Osvaldo Soriano. Innanzitutto devo ricordarvi che dalle notizie in nostro possesso, e riferite al 20 giugno scorso, il nostro Doc Brown ancora at Conference, oppure non ha avuto tempo per rispondere alla mia, e nostra, missiva. E questo uno. Il mio personalissimo delirio ha a che fare con le origini delle cose, e con la paternit dellopera. Se come lucidamente, in una pubblicazione ad hoc sullargomento edita da Donzelli, stato scritto che la Societ Stretto di Messina NON una societ mista con fondi pubblici e privati, ma un braccio armato dello Stato gestito da mercenari che danno fondo e rastrellano denari da ventanni a questa parte, per farne quel che vogliono, ed la sua sopravvivenza il vero motivo della questione Ponte: l che si trova il nostro buco nero. E anche da notare lo scenario dentro cui maturata la progettazione delloggetto. Lincarico viene dato, grosso modo, tra il 1989 e il 1990, ad una equipe di tecnici e mirabili studiosi, prevalentemente italiani tranne uno, e noi sappiamo chi, che, dopo la bozza generale delloggetto, verificano di massima le condizioni per la fattibilit dellopera. Il maggiore promoter delloperazione, della fattibilit del Ponte cio, lIRI, che una delle societ che possiedono quote percentuali della Stretto di Messina Spa. Su un altro fronte, quello del collegamento stabile con una opera sommersa e ancorata al fondo del mare, il cosiddetto Ponte di Archimede, invece, sostenuto dallENI. Una specie di guerra fratricida che si conclude in una specie di giallo a cavallo della presentazione dei progetti, ma poi dellunico progetto possibile, a Palermo, avvenuta il 22 febbraio del 1991. In quel momento lo spettacolo mediatico ci propone la prima guerra del Golfo di Bush padre e, per i meno interessati alla sorte del mondo, il serial Twin Peaks che si interroga, invece, e senza interpellare la Raffai, chi diavolo ha ucciso Laura Mars. Qualcuno ricorda? Bene, a chi volete fregasse del fatto che qualche giornalucolo locale (leggasi Gazzetta del Sud, direttore Nino Calarco, nonch allora Presidente, oggi Onorario, della societ Stretto di Messina), e anche qualche testata nazionale, abbia riportato la notizia che a Palermo, luogo in cui dal 12 febbraio dello stesso anno si annunciava (vedi stesso giornalucolo) il modello del Ponte e la conferenza stampa con i progettisti (tutti, tranne uno, di chiara fama), arriv anche un plastico del Ponte di Archimede, sponsorizzato dallEnte Nazionale Idrocarburi? Quasi a nessuno. Anche perch quel plastico non credo sia mai stato visionato da qualcuno, anzi ritornato in direttissima a Milano senza mai venire smontato dal furgone che lo aveva condotto a Palermo. Che fine ha fatto quel modello o, di pi, dove finita la ragionevolezza che ci consente di poter scegliere su come spendere i denari per andare e venire liberamente dalla Sicilia, optando tra due possibili soluzioni? Mistero. Ora, si potrebbe notare, chi te lha fatto fare a perdere tempo per trovare le circostanze di questo giallo italiano in emeroteca, per poi arrivare a nessuna soluzione? Bella domanda, fosse stata fatta (e per questo me la son fatta da solo)! Risposta: nessuna ricerca, piuttosto levidenza di un autogol della Societ Stretto di Messina che, sotto le mentite spoglie di una presunta par condicio, riporta tra le sue pagine web la notiziola. Io mi sono mosso per ridare senso alla cosa rispolverando alcuni scenari, i corollari, le frange, lintorno. Ma, e qui nemmeno il fantomatico dottor Sottile, a proposito di dottori, sarebbe riuscito nellimpresa, a tutto ci si aggiunge la dichiarazione della consegna del progetto definitivo agli uffici del Ministero dei Lavori Pubblici da parte della societ Stretto: avverr entro e non oltre il 31 dicembre 1992. Caso ha voluto che il progetto sia stato consegnato in piena bufera Mani Pulite, e allora i politici o fuggivano nei mari del sud o si dimettevano in massa, e allora, dico, nelle mani di chi? E della cosa, nel giornalucolo ma anche negli altri, non v traccia (e qui mi ci son messo demeroteca) n con un largo anticipo rispetto alla data prevista (nessuna notizia trionfalistica, ma ci sarebbe dovuta essere visti gli impegni di spesa, nel mese di dicembre del 1992) e nessun riscontro dellavvenuto deposito per tutto il gennaio 1993.
Nemmeno Rosi, oltre che Camilleri, riuscirebbe ad inventare per il suo cinema di denuncia un luogo di perdizione come la Stretto di Messina Spa, che fagocita denari pubblici, cio nostri, con laccondiscendenza di tutti i governi possibili dal post Craxi ad oggi. E che, nonostante vadano le cose intorno al progett
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384
di Mauro Amaro
del 24/07/2003
relativo all'articolo
Buone vacanze a...
di
Paolo G.L. Ferrara
Mi piacerebbe sapere quale la ricetta per risolvere i problemi. E' la polemica? E' la denuncia? Io non credo. A mio avviso sono i contenuti di valore gli unici a poter fare la differenza e smuovere le (co)scienze.
Qui su Antithesi, ma anche in altri luoghi, contenuti di valore se ne pubblicano, ma indubbiamente non bastamo e molte energie vengono profuse per denunciare master troppo virtuali, curriculum che non piacciono, organizzazioni troppo poco impegnate alla condivisione pubblica del sapere. Mi chiedo per quanto possa reggere questa metodica, e quanto questa possa stancare nella ricerca di indirizzi di valore. Un invito pertanto, da parte di un lettore interessato alle problematiche del sistema, quello di portare avanti "progetti" che promuovano un sano scambio culurale tra diverse discipline, quello di un impegno maggiore verso la pubblicazione di contenuti di valore, quello della ricerca di un dialogo e non della creazione di barricate. I contenuti di valore come i lavori di bravi progettisti poco conosciuti, i lavori svolti nelle universit, promozione di letture, ecc costituirebbero un esempio "silenzioso" ma altamente formativo. Si aspira a questo spero?
Non si contenti di quello che altre istituzioni dovrebbero fare? Che importa? E' vero, forse alla fine qualcosina cambia ma alla critica preferisco vedere persone che lavorano nel creare qualcosa che tenti di opporsi a questo sistema. In altre parole, trovo troppo facile criticare e non lavorare a progetti alternativi.
Cordialmente
M.
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24/7/2003 - la Redazione di antiTHeSi risponde a Mauro Amaro
Noi abbiamo scelto di impegnarci nel modo in cui antiTHeSi strutturata.
Non credo sia di poco conto mettere in evidenza argomenti d'interesse generale, soprattutto se si pronti ad accettarne le conseguenze che, mi creda, non sono certo bonarie.
Proporre il come uscire dalle situazioni che critichiamo? Giusto, ma iniziamo a farlo proprio nel momento in cui poniamo le questioni.
Comunque grazie per le critiche, che accettiamo quale stimolo a fere di pi e meglio.
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382
di Beniamino Rocca
del 23/07/2003
relativo all'articolo
La critica ricerca
di
Paolo G.L. Ferrara
Questa volta non sono d'accordo con Paolo che citando G. Botta...L'architettura un servizio che va offerto nel rispetto e nella salvaguardia della vita, della salute, della propriet e del benessere collettivo, afferma ci che avrebbe potuto dire Danilo Dolci.
Sono certo che Danilo Dolci mai avrebbe accettato di mettere il "benessere collettivo" dopo "la salvaguardia della propriet".
La citazione di Botta tipica del pragmatismo americano che trovo dannoso per l'architettura.
Almeno, per chi come me intende l'architettura come espressione di impegno civle innanzitutto, come espressione compiuta di civilt proprio perch l'opera d'architettura richiede pi intelligenze, pi mestieri, pi fatiche per realizzarsi.
L'architettura richiede amore per il proprio mestiere, ma anche amore per gli altri. Questa la cosa pi importante che per chi fa critica d'architettura non si sogna nemmeno di considerare il pi delle volte.
Dobbiamo fare belle case non solo per chi vi abita, ma anche per chi le guarda, per chi le avr di fronte tutta la vita e le vedr tutti i giorni quando va al lavoro, a scuola, a fare la spesa.
Le Corbusier diceva che le case devono essere " macchine per abitare"
ma intendeva dire che dovevano essere" perfette come macchine "comode e funzionanti, ben costruite. Diceva che l'abitazione doveva essere come un "paradiso terrestre" per la famiglia, ma l'universit e la critica d'architettura dominante ha saputo mistificare il suo credo adattandolo a ci che gli serviva.
Alla speculazione edilizia insomma.Il tutto per interpretando "pragmaticamente" le idee di Lecorbu.
Con una universit che sempre pi distante dall'impegno civile come si pu sperare che il mestiere dell'architetto, per me il pi bello del mondo, possa produrre finalmente architettura invece che edilizia?Quando la critica d'architettura si accorger che non si pu pi demandare questo mestiere agli ordini professionali, all'esame di stato ,alle universit, alla burocrazia di Asi e uffici tecnici e ...... alla sciagurata legge sui lavori pubblici:la legge Merloni?
p.s. un pubblico ringraziamento a Mara Dolce per avere segnalato il sito www.arcaso.com- anonimo purtroppo, ma da reclamizzare e sostenere
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383
di Mara Dolce
del 23/07/2003
relativo all'articolo
Buone vacanze a...
di
Paolo G.L. Ferrara
Mi unisco all'augurio di buone vacanze a M.Bil e M.Casati.
www.newitalianblood.com
MASTERS=BIDONI
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379
di Gianfranco Bombaci
del 21/07/2003
relativo all'articolo
In the night all cows are Brown (V)
di
Domenico Cogliandro e Ugo Rosa
Anzitutto vorrei fare i miei personali complimenti a Ugo Rosa e Domenico Cogliandro per il brillante modo con il quale hanno affrontato la "questione ponte". Sono di origini siciliane, padre e madre di Messina, e questo non interessa assai se non per il fatto che conosco bene lo stretto e la citt di Messina. Sono da sempre stato contrario al ponte per motivi socio-economici-culturali-ambientali-eviadicendo e soprattutto come architetto. La trovo un'operazione di bassa demagogia e sono sicuro che il ponte non vedr mai "luce" nel vero senso della parola, anzitutto per problemi tecnici.
Da un punto di vista pi "romantico", adoro traghettare, sono convinto che l'arrivo in sicilia debba passare attraverso una pausa di riflessione di circa 20min, magari gustando un buon arancino (peraltro quelli del traghetto sono ottimi, anche se sempre pi difficile trovarli nei bar delle navi) per prepararsi all'arrivo in una terra magica piena di contraddizioni. Ma anche questo forse interessa poco.
Ci che volevo sottoporre all'attenzione degli autori e dei lettori degli articoli (complimenti anche per la proposta di viaggio attraverso le maggiori webzine di architettura in Italia) sono alcuni punti nodali che evidenziano l'assoluta inopportunit del ponte:
1) dal punto di vista commerciale servirebbero areoporti pi che ponti. Le arance siciliane trasportate su gomma arrivano con due giorni di ritardo sui mercati europei rispetto a quelle spagnole esportate via aereo.
2) La carenza di infrastrutture. Sarebbe forse pi opportuno completare la Messina-Palermo prima di costruire un ponte di 3300m! Le uniche autostrade esistenti sono la Messina- Catania, la Catania-Palermo (peraltro da ristrutturare, e la mitica Messina-Palermo che a Cefal (circa met tragitto) si interrompe regalando ai viaggiatori due-tre splendide ore di strada provinciale a una corsia per senso di marcia, per raggiungere l'altro spezzone di autostrada. Credo sia qualche decennio che i lavori attendono di essere ultimati.
3) Due relazioni tecniche di impatto ambientale hanno definito quella del ponte un'operazione dannosa.
4) Dal punto di vista tecnico l'opera ciclopica in tutte le sue parti, e viene da chiedersi chi ci sia dietro la progettazione di questa incredibile opera dell'umanit, come Rosa e Cogliandro hanno gi ampiamente evidenziato.
5) La criminalit organizzata si sta gi operando per entrare nel business.
concludo
questa breve sintesi si basa su una splendida puntata di report, trasmissione di raitre, del settembre scorso consultabile in formato realplayer (player scaricabile gratis su www.real.com) all'indirizzo:
http://www.report.rai.it/2liv.asp?e=2003
( l'ultimo servizio in fondo alla pagina)
eventualmente si pu leggere il testo della trasmissione all'indirizzo:
http://www.report.rai.it/2liv.asp?s=117
NB. Dopo la puntata sul ponte di messina, la trasmissione report ha rischiato di essere cancellata dal palinsesto rai. :-(
Spero di aver fornito in questo modo ulteriori spunti di riflessione sull'argomento che, bisogna ammetterlo, non mai stato affrontato in modo attento e concreto dalla "comunit architettonica".
Ringrazio ancora Ugo Rosa e Domenico Cogliandro per avermi provocato nella speranza che tale dibattito possa andare ancora avanti.
Distinti saluti al Dottor Brown
Gianfranco Bombaci/2A+P
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375
di Sandro Lazier
del 19/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
Concordo in pieno con Nino Saggio che, nei suoi commenti del gioved, scrive: "A me sembrano posizioni poco informate che tendono a generalizzazioni ad effetto. Vorrei ricordare, almeno, il lavoro compiuto nella sezione "Gli Architetti" dopo la scomparsa del fondatore dell'Universale di Architettura."
Distinguere le opinioni dalle formulazioni teoriche mi sembra una considerazione pedante che non ha ragion d'essere nel pensiero contemporaneo. Infatti, la missione critica mettere alla prova e "falsificare" teorie anzich produrle. Questo mi pare evidente e fondamentale. Se valgono le ragioni di Mara Dolce mi chiedo cosa ci sta a fare un giornale come il nostro.
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376
di Mara Dolce
del 19/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
Il professor Saggio difende il suo lavoro: legittimo.
Ma da qui a dire che le critiche vengono da posizioni poco informate
perch non hanno citato il suo lavoro critico ce ne corre.
Per quanto riguarda "le generalizzazioni ad effetto", forse si riferisce
ai suoi colleghi e alla critica italiana che con i facili proclami ha cercato di supplire all'incompetenza. Ritengo che le osservazioni qui riportate siano tutto meno che generiche, bens puntualissime accuse.
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377
di Carlo Sarno
del 19/07/2003
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La critica ricerca
di
Paolo G.L. Ferrara
La critica organica oppure non critica ... Bruno Zevi insegna. La vera critica nasce dall'interno del fenomeno, da una intuizione critica che unisce sentimento e conoscenza per una globale e organica comprensione.
Non si pu osservare senza "sentire" ... occorre immergersi nel processo generativo storico e rendersi partecipi con il proprio personale, libero e creativo punto di vista.
La critica organica si origina sempre dalla realt fattuale delle opere che riflettono le matrici teoriche che le hanno generate.
Allontanarsi dalle "opere", dalla "natura organica" della critica, significa perdersi in cerebralismi senza meta. Soltanto una storiografia critica libera e creativa genera vera conoscenza critica.
E qui rimpiango il classico " SAPER VEDERE " di Matteo Marangoni, o il pi recente " SAPER VEDERE L'ARCHITETTURA " di Bruno Zevi. La critica buona esiste, serve alla societ, ed aiuta a crescere e diventare uomini veri per costruire un futuro migliore,
Questa la critica organica!
Questa la critica che insegna a vedere il mondo e conoscerlo! Questa la critica che mi ha insegnato l'Architettura Organica!
Cordialmente, Carlo Sarno
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374
di Mara Dolce
del 17/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
formulo un' ipotesi: che la pessima opinione che hanno i lettori piu critici sulla critica italiana, sia dovuta al fatto che sono coscienti di trovarsi di fronte ad opinioni che si vogliono far passare per critica .
La critica, per chi avesse letto almeno un libro sul genere, ha le sue condizioni. Una delle quali, elementare, e che non esiste critica senza teoria, dalla quale trarre i giudizi che sostengono le interpretazioni. Non ce critica senza teoria e nemmeno ha senso la teoria senza la critica dellopera. Ma e recentissima la polemica che ha ospitato questa rivista su una quasi medaglia italiana alla critica, ad un finalista che ha mai pubblicato nemmeno un articolo .
Unaltra condizione affinche esista la critica, e che questa entri nellanalisi strettamente formale dellopera superando la lettura dellinterpretazione generale per entrare nel merito delle caratteristiche spaziali, della logica strutturale, dei materiali usati e delle questioni funzionali.E con questa seconda condizione abbiamo tolto di mezzo la critica italiana che si limita a considerazioni storico- sociologiche.
Una terza condizione e che esiste la critica solo quando esistono visioni contrapposte di possibilit; anche in questo caso la critica italiana fuori gioco: siamo infatti in piena stagione di grandi tavolate di tutti-amici-di-tutti.
Una quarta riguarda lemissione di giudizi che non devono intendersi nel suo senso pi immediato, di promozione o negazione, di stabilire quale architettura buona e quale non lo e; ma nella recente editoria, non si visto altro che discutibili liste di promesse italiane allegate allultimo libro del docente di turno.
Fuori di queste elementari condizioni, esiste una critica da condominio, perch in realt, di opinioni che si tratta.
Non poi cos strano e un po' paradossale che i pi critici tra i nostri lettori abbiano una cos pessima opinione della critica.
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373
di Sandro Lazier
del 15/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
E' strano e un po' paradossale che i pi critici tra i nostri lettori abbiano una cos pessima opinione della critica che, comunque e sempre, rimane facolt di esprimere giudizi.
Molto spesso gli autori disdegnano chi li critica con argomenti e opinioni. Spesso, inoltre, come ho sentito personalmente pi volte, si accusa la critica di determinare i destini di questa o quella architettura secondo ben determinate convenienze. Non dico che questo pu non accadere, ma purtroppo - senn sarebbe facile, comodo e vantaggioso - la critica non ha questa capacit e importanza. La critica LEGGE la realt come una sorta di coscienza letteraria. Quindi, se non c' architettura - e il pallino rimane sempre e comunque nelle mani degli autori - non si pu leggere e non c' critica che tenga e possa attuarsi.
Secondo il mio personale parere, per concludere, bisognerebbe arrabbiarsi molto per l'assenza di architettura pi che per la presenza di critica.
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372
di Mara Dolce
del 15/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
"critica da allevamento" giunge alle stesse conclusioni di Botta: la critica non serve a niente e a nessuno se non a se stessa. Ma vorrei aggiungere : "questa" critica italiana che valorizza e promuove una ricerca frivola ed elitista di originalit e novit a qualsiasi costo; e in questo momento storico .
Gli inizi della critica dell'architettura vengono fatti risalire alla meta' del VIII secolo con gli scritti dei teorici del neoclassicismo: Winckelmann, Lessing, Mengs, che si lanciarono contro il tardo barocco.
Diderot con i suoi saggi e pensieri su pittura, scultura e poesia, e Milizia con la difesa dei concetti rigoristi e classicisti in "Principi dell'architettura civile" e "arte del saper vedere..", possono considerarsi i precursori e gli iniziatori di questo spiritico critico che ebbe la sua teorizzazione nel sistema filosofico di Kant. Ed e' a partire dell'arte da avanguardia e il movimento moderno che l'attivita' critica ha il suo ruolo piu' rilevante nella difesa di una nuova architetttura (razionalista, funzionalista, sociale).
A partire dagli anni sessanta inizi il processo di discredito della critica con l'articolo di Sontag "Contro l'interpretazione". Questa rapidissima ed insufficiente escursione nella storia della critica, per dire che la critica esiste e va di pari passo con l'architettura.
Ed e' una realta' che vende libri, produce master con iscritti, siti con clicks, conferenze e un sacco di gente che apparentemente non sta a spasso...Allora visto che esiste, l'invito e', che almeno cerchi di svolgere un ruolo etico (e non morale), con una appropriata funzione sociale.
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369
di Vilma Torselli
del 14/07/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
A proposito del dialogo Fabrizio Leoni - Paolo Ferrara sul molto dibattuto argomento Nonsolomoda ecc...,, qualcuno mi spiega se mi sono persa qualcosa, oppure uno molti dei casi in cui chi mal comprende peggio risponde (senza offesa per nessuno)?
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371
di Vilma Torselli
del 14/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
Egregio EnricogBotta,
sono grosso modo daccordo sulla sua definizione di critica inutile che "serve solo ed esclusivamente a se stessa, mi sono espressa in termini simili in un mio precedente commento.
Non sono daccordo sul fatto che, per essere larchitettura un servizio che va offerto nel rispetto e nella salvaguardia della vita, della salute, della propriet e del benessere collettivo, (e nelloccasione mi complimento per la sua invidiabile chiarezza di idee, nella linea del pragmatismo americano che noi europei invidiamo tanto) debba essere automaticamente esentata da un giudizio critico, almeno cos sembrerebbe dal suo intervento. Perch mai? Critichiamo tutto, gli ospedali, le pensioni, i cibi transgenici, perch mai non dovremmo criticare larchitettura?
Il vero tema della discussione, che mi pare lei scavalchi, definire non larchitettura, ma la critica dellarchitettura, che una delle "definizioni mancanti " del nostro paese, come lei lamenta.
Dino Formaggio dice che Arte tutto ci che gli uomini hanno chiamato arte: parafrasandolo, si potrebbe dire che critica tutto ci che gli uomini hanno chiamato critica, quello che intende lei, io o altri. L' Art. 21 della Costituzione italiana recita: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
E' inevitabile che ne beneficino anche i critici d'allevamento, lasciamoli parlare e....critichiamoli!.
Cordiali saluti
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370
di enricogbotta
del 14/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
Non sono d'accordo con l'idea di critica, se l'ho compresa bene, che questo articolo presuppone. Mara Dolce a mio avviso investe la critica di ruoli che non le competono. Le accuse di disinteresse nei confronti della periferia urbana andrebbero rivolte agli architetti, non ai critici
La critica non ha nessun ruolo nel produrre soluzioni. Ovvio, molti si illudono che sia cosi, molti, soprattutto i critici stessi, credono o vogliono far credere che la critica serva a migliorare l'architettura. Non cos.
La critica serve solo ed esclusivamente a se stessa e al sistema editoriale che guadagna e fa guadagnare soldi. Una volta che si sia compreso questo, mi sembra evidente che non ci si possa stupire del fatto che la critica non abbia nella sua agenda scopi morali.
"Non c' da sorprendersi allora, dello scollamento delle realt tra quello che si vede facendo quattro passi in una periferia urbana e quello che si legge sulle riviste di architettura."
Infatti, non c' da stupirsi. Come non ci si stupisce dello "scollamento" tra le sfilate di alta moda e il modo in cui la gente per strada si veste e cammina. Sono cose che per definizione non hanno nulla a che fare l'una con l'altra. Anzi mi stupirei di pi se questo scollamento non ci fosse. La critica appositamente non parla della realt perche se parlasse della realt non interesserebbe a nessuno e questo sarebbe un vero disastro: libri invenduti sugli scaffali, conferenze deserte, siti senza clicks, master senza iscritti, un mucchio di gente a spasso.
Quindi preoccupiamoci piuttosto del fatto che esistano degli "architetti" a cui interessa ci di cui parla la critica contemporanea, cio di cose che hanno pi a che fare con il gossip e l'haute couture piuttosto che con il risolvere problemi. Se gli interessa questa roba probabile che agiscano di conseguenza, cio producano, nel migliore dei casi, haute couture e lascino tutti i problemi come stanno, cio irrisolti.
Giustamente si finisce sempre a parlare di universit. Il problema (uno dei problemi dovrei dire) che nel nostro paese mancano le definizioni o spesso ci se ne dimentica. Alla domanda cos' l'architettura gli studenti del primo anno strabuzzerebbero gli occhi, quelli del terzo direbbero "un misto tra scienza e arte", quelli del quinto ti attaccherebbero un pistolotto fatto di citazioni strampalate prese da storici, critici, sociologi, neuropsichiatri etc: due ore di parole per non dire niente.
Ovviamente nessuno gli ha mai insegnato (ammesso che qualcuno la conosca) la definizione di architettura. Quella che hanno insegnato a me la definizione di architettura che d lo stato di New York:
http://www.op.nysed.gov/archguideintro.htm
"The practice of the profession of architecture is defined as rendering or offering to render services which require the application of the art, science, and aesthetics of design and construction of buildings, groups of buildings, including their components and appurtenances and the spaces around them wherein the safeguarding of life, health, property, and public welfare is concerned. The services include, but are not limited to consultation, evaluation, planning, the provision of preliminary studies, designs, construction documents, construction management, and the administration of construction contracts."
L'architettura un servizio che va offerto nel rispetto e nella salvaguardia della vita, della salute, della propriet e del benessere collettivo.
Si delinea allora una generazione di critici da "allevamento" intorpiditi dal benessere da residenza-centro-storico, con pose da intellettuali scontenti e da avanguardia, ai quali i lacci dell'empirismo stanno troppo stretti. E' una critica "bene" che si occupa di architettura da salotto, teorizzata, parlata, metaforizzata, sognata, proiettata, futuribilizzata,che non ha tempo per la realt.
Insisto, la critica da "allevamento" per definizione.
enricogbotta
http://www.quantumarchitecture.net
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368
di fabrizio leoni
del 13/07/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
egregio Ferrara,
mi sono imbattuto sulle sue osservazioni per caso.
Certo, Nonsolomoda, trasmissione che guardo con divertimento e leggerezza, ha il piccolo pregio di alludere ad argomenti di architettura e ci in s non sbagliato, vista l'assenza dell'architettura dai media italiani. Ma come lei mi pare dica, accomunando spazio architettonico a linguaggio architettonico e contenuto ad epidermide (cio disciplina architettonica a fashion e glamour) accredita verso i distratti l'idea che un artefatto come un edificio di Gehry "scada" e passi di moda come un vestito di Dolce e Gabbana. E, cos facendo, crea spazio per un certo umore accademico di segno oscuro che impedisce, in alcuni settori della nostra cultura (non in tutti per fortuna), la crescita di strumenti critici aggiornati ai nostri giorni.
In realt, Gehry, e una certa scuola di Los Angeles, hanno radici sicure nella disciplina, nel mestiere, nella storia del lavoro degli architetti.
Come lei dice Gehry Santa Monica. Ma cos' Santa Monica (o per estensione Los Angeles) per qualche studente invecchiato o per qualche professore reazionario? Un luogo dove si va al lavoro in skate, un luogo dove tutti hanno i capelli blu? Certo che no, il luogo dove lavoravano gli Eames, cio l'industrial design pi colto; il luogo dove Neutra e Schindler coltivavano un raffinato razionalismo viennese nell'ambito di uno strepitoso innesto di cultura urbana ispanofana nello sprawl di una metropoli americana. E' il luogo di una cultura del costruire o dell'autocostruire che si basa meno sulla cura di un canone (che pure esiste, basta prendere un manuale di planning californiano) che su una visita da Home Depot, supermercato del semilavorato da dove attingere icone e metafore (e montanti two by four!) per trasformare i propri rendering in oggetti costruiti.
Al SCI-arc, scuola dalla quale esce la maggior parte dei collaboratori di Gehry, di Rotondi, di Moss etc, (cio di quelli che materialmente sviluppano i progetti di tali architetti), dove ho passato un po' di tempo, c'erano lezioni di urbanistica come di dettagli esecutivi, si facevano maquettes come 3d al computer e video animazioni, c'erano workshop di saldatura dei metalli come di disegno dal vivo con la modella nuda che posa, corsi in cui si leggeva Tafuri e Foucault cos come si costruivano prototipi in scala naturale. Cio era, o meglio , una vera Scuola Di Architettura. La cultura digitale, il cinema, la topografia, il clima, il fashion, il glamour sono alcuni tra gli ingredienti di una ricetta architettonica molto ricca e complessa che non pu essere liquidata come un circo superficiale da stizziti richiami all'ordine.
Un'ultima piccola cosa: Frank Gehry un simpatico signore in la' con gli anni, non credo che gli studenti o i giovani architetti dovrebbero assumerlo come un'architetto del futuro. Gehry vale come Gi Ponti o Rietveld, ovvero come un protagonista del suo tempo: uno di trent'anni dovrebbe guardare a cosa c' pi in la' o semplicemente cercare di aprire la propria via, il proprio modo di essere architetto. Dimenticavo: negli edifici di Gehry in genere c' una grande qualit spaziale, cio... un piacere starci dentro.
Fabrizio Leoni-Politecnico di Milano
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13/7/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a fabrizio leoni
Stizziti richiami all'ordine? No, per carità di Dio! Caso mai, vera incazzatura nel leggere quanta rassegnazione ci sia...se è vero che molti si accontentano di Nonsolomoda e delle sue comprovate idiozie. Io no.
Ripeto: la cultura è una cosa seria e se minimamente crediamo che architettura sia cultura, beh...
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405
di Mariopaolo Fadda
del 09/07/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Ferrara,
Sono un novizio del sito e con calma sto leggendo a ritroso vecchi interventi e leggo solo ora questo tuo articolo ed i relativi commenti.
Tu avrai ormai rimosso largomento e non volermene se lo riporto allattenzione.
Capisco la tua amarezza, capisco la tua indignazione. Mentre le nostre idee, i nostri ideali, che sono le idee e gli ideali degli spiriti liberi e originali dellarchitettura trionfano in tutto il mondo, in Italia, la palude del conformismo editorial-accademico, con codazzo di supporters, non ha altro di meglio da fare che sputarci sopra.
Tu ti lamentavi delle idiozie di una trasmissione televisiva ma hai visto cosa capace di fare la gente avvezza alla disciplina? Roba da far accapponare la pelle.
Non mi era mai capitato di leggere in un sito di architettura in cosi poche righe tanto risentimento, disinformazione, pressapochismo, invidia verso Frank O. Gehry. Questo spettacolo di mediocrit compiaciuta e soddisfatta di gettare fango addosso ad uno dei migliori architetti viventi descrive alla perfezione il livello di bassezza raggiunto dallarchitettura italiana. Wright, unaltro che ha sperimentato sulla propria pelle lostracismo degli invidiosi e dei cacadubbi, amava ricordare un vecchio adagio Chi sa fa, chi non sa insegna. Detto per inciso, Gehry fa solo quello che sa fare meglio: larchitetto. Non scrive, non elabora teorie n tanto meno insegna. Invece in Italia sono tutti professori. E si vede!
Cosa abbiamo da replicare a chi la butta nella demagogia e nel moralismo pi repellente (Il Guggenheim di Bilbao e' stato anche glamour, ha fatto e fa tendenza nell'architettura , ha condizionato i cervelli degli spettatori-architetti verso il mondo della ricchezza e dello sfarzo, come sono le architetture di Gehry.)?
Dio mio che spreco finanziario, che glamour ledificazione di Stonehegen, delle piramidi egizie ed atzeche, della grande muraglia cinese, dellAcropoli di Atene, del Campidoglio, del Palazzo della Signoria, di villa Adriana, di Piazza S. Marco, del casino di Stupinigi, della stazione di Firenze, del Guggenheim di New York!
Edificio-citt-territorio? Caro Ferrara ma che dici? Qui siamo di fronte a gente pronta a redimere il mondo, a salvare lumanit dallo sfarzo e tu replichi con quelle sciocchezze sovrastrutturali zeviane?
E i pizzettari (Gehry... in "non solo moda"...ci sta come la mozzarella sulla pizza.)?
Tu tiri fuori neintepocodimenoch Finsterlin! Diamine loro fanno le pizze e quindi conoscono la mozzarella non Finsterlin. Pur di imbrattare Gehry ricorrorno a tutto, anche alle... bufale.
Gehry ha sempre cercato di fare il botto, lo scoop.... Se questo fosse vero perch ha raggiunto il successo professionale a sessantanni suonati? La verit che ha perso un sacco di incarichi pur di non tradire lo spirito delle sue opere. E lo si accusa di essere un esibizionista. Rivoltante.
Ha sempre evitato qualunque tematica di contesto urbano... Cos Saggio a proposito dellEdgemar Development a Santa Monica: "L'idea che risolve uno stimolante programma (negozi, uffici, un ristorante, un piccolo museo) e' lo scavo del blocco edilizio, come fa una forra in una massa tufacea. Dalla strada si dipartono due rigagnoli che si congiungono in una piazzetta interna dove arriva la rampa dal parcheggio e si aprono altri invasi, piazzette e vicoli formati dalla riabilitazione di alcuni fabbricati esistenti. Ahi, ahi prof. Saggio anche lei si fa stregare dalle vuote esibizioni dellebreo-canadese-americano?
Vince il concorso per Walt Disney Concert Hall perch , a detta della giuria, quello che comprende meglio lo speciale carattere urbano della citta'. Meno male che nella giuria non cerano pizzettari.
E se lui dice "...tutte le piccole case che ho fatto sono state metafore in miniatura delle citt", c da credergli.
Immagine vendibile, veloce. Ci sono voluti 15 (quindici) anni, decine di versioni e feroci polemiche per completare la Walt Disney Concert Hall. Alla faccia del vendibile-veloce! Con la seriet che lo contraddistinque, in mezzo allinfuriare delle polemiche sulla Disney Hall, ha scritto nero su bianco se sono io lostacolo, sono pronto ad andarmene. Quanti di quelli che accusano Gehry di narcisismo avrebbero fatto lo stesso? Si accettano scommesse.
... ha sempre evitato qualunque tematica di inserimento ambientale... Il pi squalificato dei soprintendenti italiani avrebbe scritto di meglio. LItalia culla e patria indiscussa degli inserimenti ambientali. Di che si lamentano i patiti dellambientamento?
Vi siete mai chiesti come si vive negli spazi creati da Gehry? No, non me lo sono mai chiesto, li ho vissuti. E ho avuto il privilegio di visitare gli interni della Disney Hall a marzo, a lavori quasi conclusi. La Hall verr inaugurata ad ottobre. Tutti le riveste di moda e alla moda sono avvertite, che si preparino. Ci sono un sacco di bagni
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331
di marco rossi
del 05/07/2003
relativo all'articolo
Voglia di delazione
di
Sandro Lazier
ottima idea Sandro, l'anonimato decisamente disdicevole. Iniziamo a bandirlo dai concorsi ... io prometto che seguir a ruota.
saluti, dELatOR
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366
di claudio scalas
del 04/07/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Chiedo scusa se torno sull'argomento, ma lo faccio in segno di pace.
1)Architettura=>Design
Trovo che il discorso si stia facendo abbastanza complesso (non il discorso tra noi due -chiariamo prima di creare malintesi- ma il discorso tra i "due" di questo primo punto. Le rivolgo una domanda che pi volte il nostro docente del corso di Architettura e COmposizione Architettonica III rivolgeva spesso a noi studenti:
"Il Guggenheim di Bilbao una scultura o un'architettura?"
Io mi chiedo, inventando un improbabile sillogismo:
"una scultura architettura o design?"
Io penso alla mia quasi anziana madre che, alla vista del tanto citato Guggenheim -che ormai si star rivoltando sulle sue fondamenta- probabilmente darebbe come risposta: bello, ma che cos'?
Quello che dico che la tendenza sembra quella di essere il pi trendy possibile, in modo da fare copertina (non solo delle riviste specializate). Pensi ai ragazzi che consegnano la Nutella attraversando il ponte in bicicletta, o alla Megane Gale che pattina con disinvoltura sul Guggenheim (eccolo che torna!). L'architettura non pi architettura, diventa scenografia. Allora, torniamo ai miei sillogismi fasulli:
-Il Guggenheim architettura; il Guggenheim scenografia; l'architettura -anche- scenografia.
E' questo che a me crea un p di seghe mentali, se mi lascia passare il termine.
2)Se avessi letto nel suo testo la parola ignorante a me riferita allora avrei probabilmente pensato che mi stesse dando dell'ignorante.
Poich non ho letto nulla di ci, non mi venuto quindi in mente di pensarlo. Il fatto che mi apostrofi come un ignorante (e lo faccio spesso) perch IO credo di essere un ignorante, in quanto sono tante, troppe le cose che non conosco e che cerco ogni giorno di imparare.
La reazione che mi ha provocato il suo articolo stato, mi creda, tanto divertimento, soprattutto perch non pensavo che potesse creare queste reazioni, e mi ha fatto piacere vedere che si sia creata attorno una piccola discussione. Se ho replicato solo perch, sentendo di essere stato tirato in causa, ho voluto controbattere la mia posizione. Tutto qua.
Tutti i commenti di claudio scalas
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367
di Carlo Sarno
del 04/07/2003
relativo all'articolo
A ciascuno il suo
di
Paolo G.L. Ferrara
Scrive Paolo : "... vado a rileggere Wright : "Architettura organica vuol dire, n pi n meno, societ organica. Gli ideali organici rifiutano le regole imposte dall'estetismo epidermico o dal mero buon gusto[] nell'era moderna l'arte, la scienza e la religione s'incontreranno, sino ad identificarsi: tale unit sar conseguita mediante un processo in cui l'architettura organica eserciter un ruolo centrale". Non mi basta e cerco chiarificazioni da Bruno Zevi:"il dinamismo organico rispecchia e promuove i reali comportamenti dell'uomo, punta sui contenuti e sulle funzioni", dunque,il compito dell'architettura organica ".. di fare discendere la configurazione dell'edificio dall'insieme delle attivit che vi si svologono, ricercando negli spazi vissuti la felicit materiale, spirituale e psicologica degli utenti, estendendo tale esigenza dal campo privato a quello pubblico, dalla casa alla citt, al territorio. Organico un attributo che si fonda su un'idea sociale, non su di una intenzionalit figurativa".
Siamo inquieti: e se la dirompenza dell'architettura organica - oltre qualsiasi problema di forma- stesse proprio nella capacit di assorbire e interagire con le innovazioni di un qualsiasi tempo ad essa contemporaneo? ... ".
Si Paolo , proprio cos ... a tal riguardo ti invio la mia risposta ad una intervista fattami da Mario Barone che si basava sulla domanda :
Quali sono i limiti dell'Architettura Organica e di Frank Lloyd Wright ?
Risposta di Carlo Sarno :
LArchitettura Organica una architettura che deriva dalla vita e ha per scopo la vita come oggi la viviamo , di essere quindi una cosa intensamente umana (Frank Lloyd Wright) .
LArchitettura Organica si sviluppa dallinterno allesterno, dalla vita interiore , che si svolge nello spazio , allambiente esterno . LArchitettura Organica senza stile, unica e irripetibile, in quanto legata allUomo, al Luogo e al Tempo, tre variabili che non si ripetono mai. Ogni opera dellArchitettura Organica diversa dalle altre perch generata da altri fattori , per dirla con Bruce Goff scaturisce dal continuo presente della vita , irripetibile . Diceva Wright : Ad ogni uomo il suo stile .
LArchitettura Organica sempre nuova perch risponde alle esigenze dellambiente e delluomo contemporaneo .
Daltra parte lArchitettura Organica ci che Wright chiama la Vera Tradizione , onnipresente dallorigine delluomo ad oggi , e lo sar anche in futuro , e appare quando ci troviamo in presenza di un opera di architettura organica e funzionale per la libert creativa delluomo in sintonia con la natura . Anche Bruno Zevi nel suo libro Controstoria e storia dellarchitettura spiega come lArchitettura Organica sia sempre esistita, anche se solo con Frank Lloyd Wright stata esplicitata chiaramente , e si rivela l dove le opere sono pi integrate con una concezione della vita delluomo libera e creativa , spiega anche Zevi che non tutte le opere di uno stesso autore possono riuscire organiche , e che addirittura alcune opere tarde dello stesso Le Corbusier possono definirsi organiche .
Pertanto :
- lArchitettura Organica non ha limiti se non la vita stessa , quando finir la vita finir anche lArchitettura Organica .
- Frank Lloyd Wright ha incarnato lArchitettura Organica , il suo limite stato la durata della sua vita .
Tutti i commenti di Carlo Sarno
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364
di claudio scalas
del 03/07/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Paolo G.L. Ferrara, la ringrazio per aver letto il mio articolo e di averlo trovato cos interesssante da sentire il bisogno di dire la sua al riguardo. Mi rincresce rispondere soltanto ora, poich non ero a conoscenza di questo suo scritto, che ho scoperto facendo un giochino che mi diverte parecchio e che consiste nel scrivere il mio nome e cognome in un motore di ricerca per scoprire cosa c' nel web a me collegato.
Finita questa breve interruzione volevo solo dire che se si prende una citazione, almeno la si prenda per intiero e non come fa comodo. Infatti chi avr perso del tempo a leggere le idiozie che scrivo avr letto la frase:
"Forse i servizi stanno pi dalla parte del design che dell'aspetto architettonico (ma dov' che finisce uno e comincia l'altro?) ma una piccola finestra che si apre sul mondo dell'architettura, praticamente assente dal palinsesto televisivo (...purtroppo? ...per fortuna?) e l'elemento che viene messo in primo piano come questa faccia costume e informazione."
che ben diverso dal dire
"Ma c' chi ne gioisce, come Claudio Scalas che, su Archilink, scrive di Nonsolomoda: "... una piccola finestra che si apre sul mondo dell'architettura, praticamente assente dal palinsesto televisivo (...purtroppo? ...per fortuna?) e l'elemento che viene messo in primo piano come questa faccia costume e informazione".
Pur nella mia ignoranza so distinguere una monografia di qualche famosa casa editrice da un TVshow, ma forse ha ragione lei, credo nel "non importa in che contesto, non importa se in modo superficiale, basta che di architettura se ne parli" poi sar l'individuo che, alla base delle sue facolt, sceglier di guardare il dito o la luna...
Mi lasci almeno, nel mio piccolo, nella mia ignoranza e nella mia inesperienza, godere di questo 3-0 ottenuto nei commenti...
Saluti
claudio scalas
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3/7/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a claudio scalas
Caro Scalas, delle citazioni se ne prende il succo. Comunque sia, non riesce davvero ad individuare il confine tra architettura e design?
Vede caro Scalas, mi spiace solo che Lei faccia intendere che le ho dato dell'ignorante. Su antithesi, vero, attacchiamo duro, ma credo sempre senza andare oltre certi limiti. Tutti coloro che sono stati chiamati in causa hanno avuto la possibilit di replicare. Il pi , appunto, replicare con argomentazioni che smontino la nostra critica. E' solo questo l'obiettivo di antithesi. Ma pochi lo colgono (o lo vogliono cogliere).
cordialit
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363
di Vilma Torselli
del 02/07/2003
relativo all'articolo
Critica da allevamento
di
Mara Dolce
"Nella critica ci deve essere un'attitudine alla spregiudicatezza, di viaggio, d'avventura, senza parametri, senza apriori. Sono caduti i rituali dell'avanguardia, siamo immersi ormai in un magma: ognuno si muove a ruota libera, libero nelle memorie, negli strapaesi, nelle archeologie, nei neri, negli scuri, nell'ironia oppure nelle epiche e nelle mitologie. Anche la critica deve fare i conti con questo. O sta a battere cattedra e a parlare del Rubicone, ma allora rimane emarginata, o deve "scendere"."(Emilio Vedova, 1984)
La critica, da allevamento e non, sempre pi spesso un gioco linguistico ed un esercizio narcisistico esercitato dalla figura del critico creativo, oggi cos diffusa, che inventa il suo ruolo, le sue capacit, la sua autorit, gli architetti e larchitettura da salotto, affetto da un inguaribile logocentrismo (penso a ci che intende Deridda) , che, tra gli innumerevoli centri di significato definiti dal pensiero occidentale, ha posto anche le parole critica, estetica, gusto.
La centralit del linguaggio ha sostituito la centralit dellarchitettura, limperante logocentrismo e fonocentrismo fa s che spesso un bel discorso venga scambiato per una buona critica.
Molta critica di oggi , come molta architettura, inutile: per i criticati, che se ne fregano, per i critici, che restano ognuno asserragliato in posizioni personali senza dialettica costruttiva, per il grosso pubblico, lutente finale, il non addetto ai lavori, che non pu capire neanche il senso di certi farragginosi discorsi.
Cos la critica galleggia, come un palloncino, tra la vacuit del senso e la vanit del significato, autoreferenziale, egocentrica, fine a s stessa.
Che la critica, di qualunque genere, possa e debba assumersi un ruolo di denuncia in nome di un impegno etico che le connaturato, sembrerebbe ovvio ed auspicabile: persino Michael Fried, critico americano in un paese che non brilla certo per coscienza civile e sociale, rivendica per il critico, cos come per lartista, unautonomia morale nei confronti della societ che lo metta in grado di dare dei giudizi, pur ammettendo che potrebbe trattarsi di una concezione intollerabilmente arrogante.
Ma non per sottrarsi allarroganza che nessun critico parla dellarchitettura delle imprese costruttrici nelle brutte periferie urbane di tante citt italiane: non ne parla perch scendere faticoso, impegnativo, oscuro, il confronto anonimo, generico, non fa clamore perch il misfatto viene compiuto nellanonimato dei giochi di potere, spesso da personaggi squallidi e sconosciuti.
Se invece il misfatto porta una firma illustre, allora non pi un misfatto, vale la pena che se ne parli, e larchitettura scadente trover, da una parte o dallaltra, una interpretazione illuminante che la trasformi in una interessante sperimentazione proiettata verso il futuro.
Credo che questa, Mara Dolce, sia la realt contro la quale lei si applica con lodevole, condivisibile, appassionato ed inutile impegno, inutile quanto certa critica: esclusi i presenti, naturalmente.
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255
di Guidu Antonietti
del 01/07/2003
relativo all'articolo
Debord e la Psicogeografia
di
Sandro Lazier
Caro Sandro,
a proposito di Guy Debord, che tu citi pi volte, poni questa domanda:
Che dire ai contestatori della modernit che ignorano le avanguardie e pensano che tutto il moderno sia stato razionale, freddo e sordo alle necessit psicologiche degli individui ?
Ti propongo come risposta quello che segue:
Lintellettuale progressista si dibatte incessantemente tra Narciso e Prometeo. A volte limmagine dello specchio lo attrae e comincia allora la sua mutazione in nuovo soldato del megamercato neoliberale. Gli accade anche di rompere lo specchio e di scoprire non solo la realt di ci che gli sta dietro, ma gli altri che non sono come lui, e che hanno ugualmente rotto il loro rispettivo specchio.
La trasformazione di una realt non pu essere lazione di un solo attore; sia esso tanto forte, intelligente, creativo e visionario. N gli attori politici e sociali, n gli intellettuali sono sufficienti a portare a termine questa trasformazione. E un lavoro collettivo. Non solo nellazione ma nellanalisi di questa realt, e dentro le decisioni di questo movimento di trasformazione.
Queste non sono parole mie ma del sotto comandante Marcos e penso che gli tutti gli architetti progressisti, o davanguardia che sia, non possono accontentarsi di essere attenti alle necessit psicologiche degli individui con il rischio di essere solo delle tigri della carta stampata
Debord, di cui conosco la totalit dellopera, i situazionisti che ho frequentato nella mia giovinezza, con il solo discours davant guarde non sono riusciti a ridurre il Mercato Non resta che a noi, professionisti della costruzione, combatterlo ancora e ancora nei nostri progetti al servizio dei pi, perch il popolo delle forme e dei colori il solo al mondo, insieme a quello dei numeri e dei segni, a non avere n bandiere n frontiere. Contrariamente alla scienza, della quale la storia compone un museo degli orrori, e dove ogni nuovo paradigma chiamato a sottomettersi al seguente, larte non deperisce. Essa pu addirittura ringiovanire invecchiando. Essere capaci di frenare nellindividualismo il serpente che si morde la coda. Sapere che il mondo mercantile separa gli uomini anzich unirli, in assenza di un qualsiasi valore. Ecco una ragione in pi per esistere. Un mercato mondiale non far mai un mondo comune; e la corsa allinnovazione non ci smentir perch al cliente, allutente, al disoccupato mancher sempre un valore aggiunto coinvolgente che abbia senso. Larte il solo ottimismo dei pessimismi conseguenti perch solo con le forme mute dellespressione che le culture si parlano e si fecondano. Sono loro che gettano le migliori passerelle tra generazioni e continenti.
----------------------------------------------------------------------
Segue il testo originale in francese
Cher Sandro,
A propos de Guy Debord que tu cites longuement tu poses cette interrogation :
Che dire ai contestatori della modernit che ignorano le avanguardie e pensano che tutto il moderno sia stato razionale, freddo e sordo alle necessit psicologiche degli individui ?
Je te propose en guise de rponse ce qui suit :
L'intellectuel progressiste se dbat sans cesse entre Narcisse et Promthe. Parfois, l'image du miroir le rattrape et commence alors son inexorable mue en nouveau soldat du mga march nolibral. Il lui arrive aussi de briser le miroir et de dcouvrir non seulement la ralit qui se cache derrire, mais les autres qui ne sont pas comme lui, et qui ont galement bris leurs miroirs respectifs.
La transformation d'une ralit ne peut tre le fait d'un seul acteur ; aussi fort, intelligent, cratif et visionnaire soit-il. Ni les acteurs politiques et sociaux ni les intellectuels ne suffisent pour mener bien cette transformation. C'est un travail collectif. Pas seulement dans l'action mais dans l'analyse de cette ralit, et dans les dcisions de ce mouvement de transformation.
Ce nest pas de moi mais du sous commandant Marcos et je pense que les Architectes tout progressistes ou davant garde quils soient ne peuvent se contenter dtre attentifs aux ncessits psychologiques des individus faute de ntre que des tigres de papier Debord dont je connais la totalit de luvre, les situationnistes que jai frquents dans ma jeunesse avec ce seul discours davant garde ne sont pas parvenus rduire le March Il nous reste nous professionnels du cadre bti le combattre encore et encore dans nos projets aux services du plus grand nombre car le peuple des formes et des couleurs est le seul au monde avec celui des chiffres et des graphes, navoir ni drapeau ni frontire. Contrairement la science dont lhistoire compose un muse des erreurs, et o chaque paradigme nouveau est appel seffacer sous le suivant, lArt ne se prime pas. Il peut mme rajeunir en vieillissant. Etre capable de dceler dans lindividualisme le serpent qui s
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252
di Pierluigi Di Baccio
del 01/07/2003
relativo all'articolo
Debord e la Psicogeografia
di
Sandro Lazier
Leggendo le ultime righe dell'intervento di Lazier, a proposito di avanguardie "dimenticate" o "taciute", mi tornato in mente quanto scritto nell'introduzione al catalogo di una mostra sull'architettura futurista tenutasi abbastanza recentemente a Firenze (1999-2000). Non so quanto l'associazione sia logica e pertinente, per mi pare interessante.
Mi riferisco alle tesi espresse da Theo van Doesburg nel lontano 1929 a proposito del contributo innovativo e peculiare dell'avanguardia futurista nel campo architettonico, per quanto limitato a proposizioni di metodo e pochi disegni visionari. L'attenzione posta sull'enfatizzazione operata dai futuristi della realt metropolitana e dei suoi tratti innovativi e dirompenti: caos, movimento, dinamismo, rumore... Da una aderenza programmatica alla nuova realt, espressione massima dello Spirito dei tempi, nascerebbe l'idea di una architettura intesa come partecipe della "febbre della trasformazione, della rapidit delle comunicazioni", dove anche la facciata delle case dovesse "scendere salire scomporsi entrare o sporgere secondo la potenza di necessit degli ambienti che la compongono". Architettura cinetica. Componente dinamica (fil rouge di tutta la teorizzazione futurista). E' quasi la prefigurazione di organismi urbani mutanti per la mobilit dei loro componenti, un sasso gettato in avanti che torneranno a raccogliere decenni pi tardi le neoavanguardie (Archigram).
Si aggiunge poi un'altra idea, ancor pi dirompente e forse meno "rimasticata" negli anni successivi, quella della citt Moderna come luogo di espansione dell'attivit percettiva e di incentivazione della vita nervosa attraverso una multiforme stimolazione dell'attivit sensoriale. Nella citt futurista dominano il caos, la velocit, l'effetto sorpresa, il bombardamento di suoni e immagini. Aspirazione al mutamento continuo e alla sorpresa come strumento di stimolazione dei sensi.
La radicale novit, l'eresia della proposta evidente. Soprattuto per, a posteriori, sorprende la capacit di prevedere gli sviluppi attuali della nostra civilt dell'immagine, del mondo globalizzato a grande citt della pubblicit.
A questo punto, si dir, il nesso logico con "Debord e la Psicogeografia" dov'?
Secondo me, il legame c'. Basta depurare l'ideologia futurista di quell'inevitabile tributo -vista l'epoca- che in essa si riconosce al culto produttivistico della macchina, nella "estetica del ferro veloce e dell'audace cemento armato"(Marinetti). Si consideri questo, appunto, come lo scarto logico fondamentale fra avanguardie del primo '900 e quelle degli anni '60: nel mezzo vi sono i primi segnali della crisi, il passaggio a una societ frantumata che non si sviluppa pi secondo i canoni della modernit formulati fino ad allora (ordine, omologazione, standardizzazione, serie...) ed a cui, sia detto per inciso, rimarr legata fino all'ultimo una certa interpretazione ortodossa del Moderno in architettura.
Fine delle certezze, crisi epistemologica dell'architettura: nasce la dispersione, l'architettura come avvenimento.
E' un ritorno all'uomo (che ne penserebbe Sedlmayr?), la diversit un valore: qui vedo il discrimine, il quid aggiuntivo che porta alle vicende di cui parla Lazier nell'articolo, internazionale Lettrista e situazionista. Comportamentismo e psicogeografia: l'attenzione sempre rivolta allo spazio sensoriale dell'esperienza umana, come nella visione futurista descritta sopra, per l'atteggiamento apertamente libertario.
Deriva lettrista e detournement utilizzano gli stessi principi (passaggio improvviso tra ambienti diversi, corrispondenza fra psiche e territorio...) ma stavolta si punta alla realizzazione della "creativit pura" e non all'adesione allo Spirito dei tempi o ai destini della Storia..
Altro dato comune, o spunto di riflessione: l'attenzione posta dai futuristi agli effetti stranianti dell'esperienza metropolitana Moderna, nelle luci, suoni e colori. Da questo alla decontestualizzazione del detournement il passo, a mio avviso, breve. E un passo ulteriore sulla stessa strada non porta forse alla de-costruzione architettonica?
Non so se son stato chiaro. Pi che un commento, il mio alla fine ha voluto essere un contributo modesto alla riflessione.
Personalmente ritengo che le vicende dell'architettura nel XX secolo siano quanto di pi complesso esista e l'atteggiamento peggiore quello di tagliare con l'accetta il groviglio dei riferimenti e delle vicende. In questo senso il Moderno ha una fisionomia mutevole che impedisce classificazioni rassicuranti al di fuori di microritratti di dettaglio.
Un consiglio: non puntiamo ad affermare una superiore, definitiva, verit (e qui mi riferisco all'altro interessante articolo di Lazier "Tradizione e Autorit").
Quella frammentazione di cui si diceva prima, la perdita delle certezze, sono la condizione in cui operiamo oggi e la risposta non pu essere la rice
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362
di beniamino rocca
del 30/06/2003
relativo all'articolo
Buon compleanno, Danilo.
di
Paolo G.L. Ferrara
Con l'elogio a Danilo Dolci finalmente anche la critica d'architettura sembra tornare a considerare" il progetto come impegno civile".
Era uno slogan molto di moda nel '68 , e molti di quelli che lo predicavano allora, diventati professori, lo hanno subito dimenticato .
Danilo Dolci ci ha insegnato , pagando di persona,a tradurre" l'utopia in progetto" , a"progettare nella partecipazione" .
Quanti architetti oggi ne hanno consapevolezza?
E' bello e ben augurante, anche per l'universit , che qualche giovane docente un p controcorrente faccia critica d'architettura parlandoci del movimento moderno, di decostruttivismo, ma anche , schierandosi con franchezza, di guerre e di Danilo Dolci.
l'impegno civile, si sa, di questi tempi virt sempre pi rara.
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361
di Carlo Sarno
del 29/06/2003
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Buon compleanno, Danilo.
di
Paolo G.L. Ferrara
I miei migliori auguri per Danilo Doci, faro di salvezza della cultura italiana. Ma qui, caro Paolo, faccio anche a te, oggi 29 giugno 2003, gli auguri di un buon onomastico. E voglio riallacciarmi proprio al tuo nome, e al Santo del tuo nome, per una breve osservazione.
La critica, la vera critica si fonda sul valore morale e sulla propria testimonianza: ce lo ricorda meravigliosamente Danilo. La critica si fonda anche sul valore delle parole pronunziate, che debbono essere giuste, costruttive, vere. Ecco, qui vorrei ricordare San Paolo, lui parlava della Parola di Dio, una "spada a doppio taglio", Parola di verit e amore, di speranza e bellezza. Danilo Dolci mi sembra si avvicini molto a questo "uso" buono della parola, cio sa "parlare bene". Anche tu, caro Paolo, hai dato prova nei tuoi scritti e interventi di saper "parlare bene".
Bruno Zevi nel suo libro "Leggere , scrivere , parlare architettura" richiama gli architetti a saper "parlare bene".
Cerchiamo dunque tutti, sulla scia di San Paolo, apostolo delle genti che amplific il messaggio di salvezza proveniente dalla Parola di Dio, e sull'esempio di Danilo Dolci, di trovare anche per l'architettura e la sua critica una giusta maniera di "parlare bene" , per costruire una vita migliore per tutti.
Cordialmente, Carlo Sarno .
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359
di Angelo Errico
del 23/06/2003
relativo all'articolo
La metropoli romana e la Citt della Musica
di
Luca Scalvedi
22 giugno 2003
Leggendo la critica sulla Citt della Musica (e per fortuna si tratta di critica, quindi non di polemica o di atrito per partito preso contro Piano) si evince un certo provincialismo adottato in alcune scelte tecnico formali in abbinamento a delle espressivit dell'architettura ardite e di slancio innovativo.
Non ho visto ancora il complesso edilizio nel momento stesso in cui sto scrivendo, ma non mi risulta difficile immaginare che alle varie innovazioni ci si sia trovati a dover risolvere delle questioni innegabilmente compromettenti, la cui soluzione doveva essere a vantaggio di alcune questioni per esserlo a compensazione, a tutto svantaggio di altre.
Anche l'intervento nel porto di Genova con il suo scenico acquario, parlandone con le imprese che ci hanno lavorato, ha dei problemi che sono sorti soprattutto a posteriori, un p per una certa fiducia nelle previsioni, un p per una certa supponenza nel trasformare l'anfratto in un piccolo borgo marino misto a un parco disneyland ittico.
Credo che in Italia, Piano a parte, sia difficile intervenire volendo ardire con le scelte progettuali da una parte, e sottostare a vincoli e restrizioni dall'altra. In questo contrasto in vero sta l'abilit e la capacit del vero architetto con la A maiuscola, ma ritornando alle parole in apertura, ben vengano critiche come questa sulla citt della Musica, che non di immacolata concezione progettuale, e che con i suoi errori, non ancora diventata (e difficilmente credo lo potr diventare) un mausoleo dell'inutilit come una cattedrale nel deserto, o se vogliamo vedere bene esempi recenti, come molti campi di calcio che son stati realizzati per le mosche e le zanzare. Ah, quello di Piano a Bari l invece tutto da vedere.
Angelo Errico
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360
di Angelo Errico
del 23/06/2003
relativo all'articolo
Veniamo noi con questa mia a dirvi
di
Paolo G.L. Ferrara
L'edificio che sta di fronte al Politecnico di Vigan con la sua A in metallo color rosso sull'ingresso principale o secondario (non s' mai capito), nasce dai resti di un cinema e di un'oratorio.
Ci sono in via Ampere due linguaggi, due stili a dialogo, come due grammatiche ed analisi logiche appartenenti a due popoli differenti. Ci vuole un traduttore per cos dire. Ma forse nessuno dei due "personaggi", desidera socializzare e dialogare. Allora che ciascuno resti nel suo. Se vogliamo per fare comunella col Politecnico, non possiamo pensare di farla franca dicendo che l'idea era un'altra. In principio ci sono le idee, le fantasie, le lungimiranze e in questo tutto un centrifugato in continuo circolo. Quando per si deve dare concretezza alle idee, alle fantasie, alle lungimiranze, il minimo che si chiede la coerenza, altrimenti inventeremmo auto che non servono per essere guidate, giradischi che poi non funzionano per suonare il vinile, e via giustificando di sto passo del cervello e della sua evoluzione che ne facciamo? Lo buttiamo in una pattumiera che non magari adatta per contenere i rifiuti?
Se invece voglia appartenere al circolo del College, quel che
del design come concetto del fare e del creare un oggetto oggi lo anche di un edificio, con la novit del guscio. Non c' pi quindi interazione tra struttura portante e contenuto portato. Questo non proprio un male, di cui temere l'incancrenirsi della forma, ma il traslato del principio con cui Pininfarina (non me ne voglia) crea le auto in architettura. Gusci che sono decisamente eccelsi per le auto, ma essenzialmente gusci. Il motore lo inventa qualcun altro. La meccanica di altre menti. E cos avviene in architettura. Quinte sceniche, gusci pi o meno fantasiosi, schermi in ogni facciata laddove c' una facciata esistente.
Se si va a vedere in Sicilia la casa del farmacista di Purini, si comprender come veramente gradevole lavorare con le facciate senza scadere nel decoro allo zucchero glassato.
Angelo Errico
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358
di Alessandro Belli
del 20/06/2003
relativo all'articolo
Quando gli architetti attentano allArchitettura.
di
Andrea Tartaglia
Mah, quando sento parlare di rigore, a me viene in mente solo il rigor mortis. Criticare Grassi per scarsezza di esso mi pare paradossale. Semmai sarebbe giusto consigliargli di mettersi delle camicie hawaiane e di intonare una canzoncina sulle noci di cocco......
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357
di la Redazione
del 20/06/2003
relativo all'articolo
In the night all cows are Brown (V)
di
Domenico Cogliandro e Ugo Rosa
Domenico Cogliandro ci ha inviato il 20 giugno un aggiornamento che amplia l'articolo. Per continuit di lettura, lo abbiamo inserito a seguire lo stesso.
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356
di Andrea Pacciani
del 17/06/2003
relativo all'articolo
Critica della critica
di
Sandro Lazier
Gentile Sandro Lazier,
Innanzi tutto la ringrazio per limparzialit con la quale ha sempre accolto le mie tesi (o forse antithesi ?!) e della qualit degli strumenti che mette a disposizione dei suoi lettori per stimolare la discussione; comincio a capire che le interessi che chi ha le capacit di farlo provi a mettersi in gioco senza ipocrisie e tra chi si diletta di architettura virt molto rara.
Dalla mia posizione non posso che prendere al volo loccasione dello scritto di Guido Guglielmi, che trovo illuminante e di insegnamento per i critici, ma pericoloso per gli architetti moderni che alla deriva si aggrappano ormai allo storicismo modernista.
Mi permetto di commentare alcuni dei suoi highlights in chiave architettonica che trovo adattabilissima a questo scritto senza rifugiarsi nel solito autoreferenzialismo della nostra disciplina sempre buono per evitare ci che da fastidio
In sostanza il divorzio tra il lavoro degli artisti e le attese del pubblico, che un fenomeno della modernit, non di questa o quella poetica, ha obbligato gli artisti a un lavoro sperimentale. Sia in direzione della distruzione dell'arte, praticata dalle avanguardie, sia, al contrario, in direzione di un'arte pura. Ma non senza una nostalgia del senso comune (Ma un popolo noi lo cerchiamo). Dietro il rifiuto della figurativit o del significato c' la ricerca di una forma non compromessa con le lingue usurate dell'arte. Ma inevitabile che il medium linguistico, proprio perch un medium, sia pubblico. L'arte, che si voglia o no, resta intimamente legata alla comunicazione, nel momento stesso che la rifiuta.
Credo sia realistico pensare che la ricerca di un consenso popolare nellarchitettura moderna per quanto sognato e dichiarato da Klee e il Bauhaus sia fallito nel suo nascere perch come spiega meglio Guglielmi in realt si trattava e si tratta ancora della ricerca di un consenso della critica elemento vitale per la concezione artistica della modernit; a questo punto possiamo smettere di continuare a dichiarare che laffermazione delle teorie moderne in architettura attendono ancora loccasione e il momento giusto per una loro affermazione vincente anche nel quotidiano e tra la gente, fuori dai colti addetti ai lavori?
De Sanctis ragiona secondo uno schema storicistico classico, che assume la storia come un processo progressivo di riappropriazione del senso (di riappropriazione di s del genere umano), e legge la storia delle forme come storia di liberazione delle forme e dell'arte. qui l'indice storico - tutto ottocentesco - del suo discorso. Quelle regole avevano in verit prodotto l'arte che diciamo classica, e l'avevano resa possibile. Non erano state imposizioni o convenzioni esterne. Erano state proprie di un mondo codificato qual era stato in tutte le sue forme il mondo feudale o ancora feudale. Ma giustamente De Sanctis le giudica vuote, perch tali erano diventate. Ed era infatti scomparsa la loro base storica.
In architettura queste convenzioni non credo possano essere azzerate del tutto e non lo erano nemmeno al tempo del De Sanctis quando sicuramente tutta larchitettura storicista e le nuove tecnologie lo facevano pensare. Di fatto larte del costruire ha convenzioni che si sono affinate nel tempo, sono radicate al luogo in cui vengono applicate, al clima, alla popolazione e i suoi riti di vita, alle risorse naturali e culturali di chi abita quei luoghi e sopravvivono geneticamente a qualsiasi azzeramento.
L'opera (Moderna) che non ha modelli e deve inventarseli si nutre dunque della critica, e la critica prosegue l'opera da un punto di vista che non pi quello dell'artista. Essa la stessa concezione poetica guardata da un altro punto. E l'altro punto la prospettiva di chi giudica. Il quale deve riprendere il gesto dell'artista, sviluppare la critica interna all'opera, elaborare una propria poetica. Deve costituire l'altro polo dell'opera.
Di fatto la critica nasce per e con la modernit e vive in simbiosi con essa e sola pu giustificare lartisticit dellevento. Si tratta del peccato originale dellarchitettura moderna la quale pu esistere solo attraverso la critica o ad autoreferenzialismi indiretti, mentre ad abitarla tutti i giorni non sono critici o persone abituate ed abilitate alla critica; da qui oltre al fallimento qualitativo di chi non ha trovato consenso critico, il fallimento generale dellimpossibilit del consenso popolare.
L'opera cio resiste alla concettualizzazione. Quest'ultima deve rispettarla (desanctisianamente: non deve dissolverla). La sua opacit non solo non pu essere vinta, ma un errore voler vincerla. Ed tanto meno vinta se si dice che ha il senso che il lettore le attribuisce, perch si mancherebbe la sua trascendenza, la sua differenza fondamentale, se ne farebbe un oggetto di consumo, o
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354
di Vilma Torselli
del 15/06/2003
relativo all'articolo
Critica della critica
di
Sandro Lazier
Parlare di critica dellarchitettura, e parlarne per traslato, attraverso lo scritto di Guido Guglielmi, professore di letteratura italiana, poich il trasporto degli stessi concetti nellambito dellarchitettura del tutto naturale e conveniente mi pare, francamente, un arbitrio del tutto opinabile.
Due realt come le opere di letteratura e le opere architettoniche, con diversi ambiti di indagine, la lingua e lo spazio (zevianamente inteso come categoria interpretativa fondamentale dellarchitettura), sono infatti incommensurabili , ed a maggior ragione non interscambiabili, perch mancanti dell'omogeneit che, per definizione, si assume come elemento fondante e fondamentale rispetto all'intero sistema dei saperi.
Comunque, a prescindere, dopo lanalisi acuta, esaustiva ed assolutamente illuminante e condivisibile compiuta dal prof. Gugliemi sulla storia del concetto di critica (letteraria) nel tempo, a partite da De Sanctis ai giorni nostri, vorrei far presente che, talvolta, il discorso non in realt cos lineare, e citare un caso paradossale (altri ve ne sarebbero), che certamente non fa la regola, ma che ne costituisce una affascinante eccezione: quello di Antonin Artaud, un malato psichiatrico, schizofrenico, pi volte sottoposto ad elettroshock, uno squilibrato patologico, un matto che un giorno del 1947 (morir un anno dopo, internato a Ivry-sur-Seine) visita una retrospettiva di Van Gogh allestita al Museo dell'Orangerie a Parigi e, dopo pochi giorni, scrive un saggio su di lui, "Van Gogh, le suicid de la socit", nel quale, con impressionante lucidit, sviluppa una disamina approfondita della sua opera pittorica come mai nessuno aveva fatto prima n alcuno in seguito far.
Difficile credere che avesse gusto e quindi capacit di giudicare nei limiti della norma, o avesse un metodo critico organico, a meno che non si ammetta che lopera di un folle (Van Gogh) possa essere correttamente giudicata solo da un altro folle (Artaud), e allora a questo punto il discorso si farebbe talmente frammentario da essere improponibile e da uscire completamente dagli schemi analitici proposti da Guglielmi, anche se mi pare che aprirebbe scenari inesplorati di fascino eccezionale, mettendo in crisi tutte le teorie logicamente e faticosamente costruite sullattivit, la metodologia e la funzione della critica.
Se vero, oggi, che un critico fa il critico perch ha acquisito una capacit di ascolto, di decifrazione, di lettura e che tale capacit gli deriva da una sorta di memoria del sapere che lo rende in grado di analizzare, dedurre, formulare una sua verit, seppure costantemente in fieri, anche vero che ci render perennemente il sapere del resto degli uomini una conoscenza di seconda mano, da lui mediata , mentre, in unottica forse utopistica ma sicuramente pi costruttiva, il critico, nella fattispecie di architettura, dovrebbe innanzi tutto credere alla provvisoriet della propria funzione, per dirla con Alessandro Tempi, e preoccuparsi di fornire al suo pubblico gli strumenti per capire autonomamente, anzich le informazioni , inevitabilmente soggettive, atte a spiegare cos larchitettura, come avviene in genere e spesso in un linguaggio nozionistico comprensibile solo a chi gi sa.
Chiudo con una frase di Barnett Newman di sintetico ed illuminante significato: "Aesthetics is for the artist as ornithology is for the birds" (The Sublime Is Now, 1948): il rischio che la critica pretenda di insegnare ci che non pu essere insegnato e che abbia, per i fruitori dellarchitettura, la stessa funzione che lornitologia ha per gli uccelli, servire a chi uccello non .
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15/6/2003 - Sandro Lazier risponde a Vilma Torselli
Beh, io credo che definire la critica come facolt di dare giudizi di valore valga per la letteratura, larchitettura e lornitologia senza differenza. Questo mi pare il punto centrale di tutto il discorso di Guglielmi. Possiamo discutere sul come ma non possiamo astrarre il giudizio o sospenderlo in virt di un democratico relativismo che dice il gusto appartenere a chiunque. Se non ci sono regole per costruire il bello (e qui non centrano le differenze di categoria) lunico modo per stabilire ovviamente in forma storica, non per sempre- cosa vale e cosa no, ricorrere al giudizio critico. Un giudizio che non si fonda su concetti chiari e distinti ma sulla lettura dei testi, sullesperienza che si fa dei medesimi (testi di architettura o letteratura). Per rimanere nellambito dellornitologia che lei cita, al fine di un giudizio critico, si potrebbe dire che, per conoscere gli uccelli, non interessante ridurli a categoria ma pi importante la loro frequentazione.
Con simpatia ed amicizia.
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330
di emanuele piccardo
del 05/06/2003
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Medaglia d'oro?
di
Mara Dolce
Mi trovo completamente d'accordo con te: Brizzi fa di tutto ma non certo un critico di architettura. Un critico di architettura dovrebbe elaborare un pensiero critico individuando delle tematiche nelle ricerche progettuali e proponendo una chiave di lettura, se necessario criticare duramente l'operato di un architetto ma forse da troppo tempo che non si fa critica seriamente. Infatti a pensarci non mi viene in mente nessun critico di architettura italiano esistente, sar una questione di memoria?
emanuele piccardo
direttore Archphoto.it
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351
di MARA DOLCE
del 25/05/2003
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Critica sul web come al Drive In?
di
Paolo GL Ferrara
Il "sito unico"dell’architettura vagheggiato da Botta esiste ed è già in rete, sebbene ignaro del suo grande potenziale. Sto parlando di Arch’It, che tranne per che per un paio di rubriche provviste di una propria identità,
( tra le altre trentasei), l’unico merito che ancora gli si riconosce è quello del suo dominio: di aver battuto tutti sul tempo nell’impossessarsi di architettura.it per poi essere seguito a ruota da un trash architecture.it (che fa tanto: Nutella-Mutella, Versace- Bersace), pretestuoso inglesismo senza avere un solo articolo o saggio scritto o tradotto nel suddetto idioma .
Dove, meglio che in architettura.it riversare il tutto unico dell’architettura?
La struttura-minestrone, arch’it la ha, ed è forte, fortissima direi. Riflette perfettamente lo stato dell’architettura italiana: ondivaga, vaghissima, dispersa e dispersiva. Non avendo poi nemmeno un direttore che scriva un editoriale, questo sarebbe il contenitore astratto e perfetto per il tutto di tutti. Del resto Arch’It è da tempo ormai,un potenziale inesploso: esaurite le felicitazioni per l’iniziativa, l’idea, il tempismo, e raccolte le medaglie, sta lì prudentemente a fare poco e niente.
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350
di Fausto D'organ
del 24/05/2003
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Critica e web: le proposte di Luigi Centola
di
la Redazione
Sto leggendo di cose buffe qui; pi buffe dei miei stessi Commenti (che pare non abbiano valenza di Titolo Universitario!); e persiste un magnifico fenomeno: tra queste pagine mi sento come a casa (nelle prime ed in quest'ultima nessuno mi d retta!). AntiTHeSi, in aggiunta a ci, strana ultimamente! E il "Saggio" dice "[...]se non si guarda alle differenze non si capisce nulla[...]" ... Tra il maggio e il giugno del 2001, ricordo, ero disperatamente in dubbio su ogni mia cosa: una Tesi di Laurea improbabile, per un improbabile Ingegnere, per un'improbabile bagaglio di sogni e passioni. Ero in stallo mentale; navigavo in internet, ubriaco perso: ne percepivo la potenza mediatica, la ricchezza di inputs; mi pareva un luculliano laboratorio di alta pasticceria! ... In quelle settimane Luigi Prestinenza Puglisi ed io, due perfetti sconosciuti (l'uno all'altro e viceversa), ci scambiavamo e-mail stile studente<>professore: Lui mi aiutava a capire alcune cose, io facevo domande e ottenevo direzioni e parole sulle quali non ho forse mai riflettuto come avrei dovuto. In quelle settimane, Celestino Soddu ed io (altri due perfetti sconosciuti, l'uno all'altro e viceversa), ci scambiavamo e-mail in cui io cercavo di ottenere la demo di un suo software morfogenetico, e Lui sottolineava civilmente che 'sto software "era solo suo", e sussurrava (dal Giappone) paternamente alla mia coscienza che io non avevo alcun bisogno di esso per dare forma alle mie idee. In quelle settimane Antonino Saggio (perfetto sconosciuto Lui per me, io per Lui), giustamente preso dalle sue cose, non mi cagava di striscio: pur percependo (date le indiscutibili sensibilit ed intelligenza, accreditateGli dal sommo Zevi) il mio disagio ed il conseguente bisogno di una Guida (seppur digitale ed a sprazzi), Lui mi liquid con una frase del tipo "[...]ho scritto di queste cose, [...]si legga le fonti contenute nel mio Sito e rimanga sempre connesso; la saluto[...]"; ed io rimasi sempre connesso, e "scaricai" il suo sito, e lessi le sue cose. Tuttora le leggo! ... Tuttora ricordo, come se fosse ieri: contattai Sandro Lazier che sornione e duro come il granito mi bacchettava a suon di "[...]dai giovani ci attendiamo risposte, no domande!", o Paolo Ferrara che affermava "elabora e collabora!" ... Strani tipi 'sti due, mi dicevo: s'inkazzano facile! vanno contro!? e perch? per cosa? scrivono pesantezze, ma con leggerezza d'animo (tipica di chi non ha niente da perdere o di chi non ha ancora niente da conquistare!?) ... antiTHeSi? ... mah!? vediamo un po'! Scaricai il necessario per riempire 144 pagine di stampa: articoli, dibattiti, fonti della critica, analisi di eventi, ecc. Mi ci addormentai sopra un paio di notti, e mi risvegliai nel caldo di pensieri vivaci. Fu, forse (ma non ci credo pi, ormai), la goccia che riemp l'assenza dolorosa acquisita dalla non curanza umana sui "sapienti bordi romani" e finalmente risanata tra i lidi dell'altitalia! Forse (illuso, io!) fu la rabbia che mi facevano la scontrosit e la rughezza dei modi di Lazier, forse fu lo stimolo a fare (mah!?) che mi veniva dall'entusiasmo di Ferrara ... Raggranellai tutto quello che avevo nel sacco e manipolando mega e mega di dati e immagini mentali, mi liberai dalla morsa della sfiducia ... Oggi, 24 maggio 2003, sono immune all'ebbrezza web: navigatore pasciuto, io, colgo ci che mi pare da dove mi pare, saccheggio e manipolo, come fate Voi, un p tutti direi; sono di nuovo eroso da dubbi, ma ho smesso di sorprendermi di cose buffe come la pubblicit al tal libro insignificante di un certo "tal dei tali" in un media "tal dei tali" da parte di un conduttore "tal dei tali" che dallo stesso autore del libro s' fatto riordinare e arredare la casuccia romana da 500.000 euro ... ho smesso di sorprendermi di come si riesca a ricevere, anche cos facendo, attenzione da tutti affermando che il futuro dell'interrelazione casa_uomo_citt risiede nell'appiccicare schermi su facciate di edifici classici rovinate dallo smog e permettere a chi imbottigliato nel traffico delle 20:00 di ascoltare e vedere Mentana su membrane che affogano pietre centenarie alle quali non si riconosce altro diritto che quello di reggere i sipari elettronici della loro ultima rovina. Non mi sorprendo pi di queste cose buffe e di cento altre, e senza sorpresa scorgo oggi, 24 maggio 2003, un Lazier fantasma ed un Ferrara affaticato. Un'antiTHeSi diversa: fatta di decine e decine di commenti al margine del niente; decine e decine di articoli spenti (che valgono da Titolo Universitario per i giovani rampanti che li digitano); decine e decine di pagine regalate alla polemica secca. Qualche settimana fa manifestai a Paolo il mio disagio a stare tra persone che parlano ognuna per i fatti suoi o soltanto coi pluridecorati oratori digitali par loro, elargendo indifferenza a tutto il resto, a pulci parlanti dal dito facile e senza cultura come me, per esempio. Ora invio questo contatto per manifestare il sempreverde d
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349
di Furio Barzon
del 22/05/2003
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Critica e web: le proposte di Luigi Centola
di
la Redazione
una spinta improvvisa sulle spalle e mi ritrovo buttato in mezzo ad un palco anonimo con un cinico riflettore spot puntato addosso con un pubblico che accecato non vedo ma che sento attento insomma si aspettano che dica qualcosa cosa dico preferirei stare in silenzio non solo per timidezza ma alla fine mi siedo su una sedia di scena dico che non sono un attore e che racconter solo la mia storia inizio a dire che sono quattro anni che pago per lavorare che quotidianamente non faccio altro che fornire informazioni gratuite sulle nuove frontiere dell'architettura e il tutto via internet mezzo costosissimo altroch no e che ho iniziato tutto questo perch non avrei saputo che forma dare alle mie architetture troppe mode modalit possibili e che dovevo sistematizzare quello che avevo davanti la rivoluzione tumultuosa e lo ho fatto per me prima che per gli altri un motore di ricerca che ho chiamato Minotauro perch il labirinto o meglio la jungla che voglio mappare ma poi all'improvviso penso no non avrei dovuto incominciare da questo dovevo subito ringraziare Centola per la sua ultima mail che mi dice mi farebbe piacere potessi essere tu l'organizzatore della prima edizione del premio un premio per la critica con pezzi pubblicati online ma la critica come faccio a dirgli Luigi ma dai la critica tradizionale non serve pi era che prima di Koolhaas che prima di Superstudio che prima degli Smithson gli architetti non osavano scrivere ma forse invece s perch c'era pure il Corbu ed Alberti ma anche Vitruvio insomma dai la critica sono cose belle da leggere quella che ci manca oggi una storia una matrice programmatica sulla quale appoggiarsi io ho appena scritto una matrice ma Saggio l'ha voluta chiamare Carta di Zurigo e lui il nostro maestro insieme a Luigi Prestinenza Puglisi che altrettanto Saggio ed ha scritto due libri ed adesso sta scrivendo un terzo che forse nell'insieme sono la matrice che cercavamo sono loro i maestri critici italiani ripeto che in rete ci stanno gi ampiamente insomma no un premio non serve oddio c' la gente sugli spalti l al buio che mi sente avrei voglia di invitarli qui a parlare dai saltate su parliamo di altro che in fondo di architettura non si pu parlare direttamente organizziamo un'altra passeggiata dai Stalker saltate su qui venite a raccontare delle vostre passeggiate architettoniche Nicole dove siete faccio dieci secondi di silenzio penso che devo dire qualcosa su quello che sto per organizzare ma che forse oramai la sala sar vuota ed io la cosa pi importante ancora non la ho detta insomma scrivo qui perch l'atteggiamento di Ferrara che continuo a stimare tanto non ti ho pi scritto perch ero in trasformazione diamine Paolo! l'atteggiamento dicevo mi sembrato costruttivo e l'intervento di Luigi pure allora eccomi qui a proporre una cosa grossa che avevo in mente da tempo dai forza facciamo un consorzio Marco mi ha detto che non la ritiene una idea vaga che chiameremo CONSORZIO INDIPENDENTE PER L'ARCHITETTURA ma anche il nome lo discutiamo ma sarebbe una struttura aperta che organizza delle cose e che pu far sentire compatta l'onda breve che arriva da internet e che dai lo vediamo tutti ha una marcia in pi una strana sensazione che non ci sia nessuno in sala ma fino dall'inizio e non mi interessa continuo a dire la mia come se le mie parole potessero rimanere nell'aria a ciclo continuo forse sono dentro ad un sogno ma la luce spot non si mossa un attimo allora decido che dico cosa far io e cio che mi allontaner dall'idea della webzine del portale del sito che fa informazione che d indirizzi orizzonti che in qualche modo guida la ricerca del nuovo e che ho voglia di concentrarmi sulla creazione di servizi innovativi di diventare collettivo di riferimento collaboratorio per quanto concerne la ricerca sulle nuove tecnologie costruttive quelle di Bilbao sui nuovi materiali sui nuovi sistemi collaborativi per il fare progettuale tridimensionale altro che autocad light e promuovere eventi occasioni di costruzione e lo facciamo tutti insieme che questa volta siamo pronti dopo anni di gavetta collettiva ma il consorzio ci pu fare tutti partecipi zac
luce spenta
da solo al buio su un palcoscenico assurdo siete l rispondete
Furio di COLLABORATORIO, [email protected]
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348
di enricogbotta
del 22/05/2003
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Critica e web: le proposte di Luigi Centola
di
la Redazione
Prendo spunto dalle proposte di Luigi, che trovo tutte molto sensate, per fare alcune riflessioni.
Riguardo sulle webzines italiane di architettura ho gi espresso il mio punto di vista su NIB http://www.newitalianblood.com/testi/testo120.html). Qui vorrei sollevare una questione di fondo: non e forse giunto il momento di ripensare completamente lidea di rivista on-line in termini innovativi? Infondo quello che newitalianblood ha cercato e sta cercando di fare (Luigi mi corregger se sbaglio), ma visto che questo tema si presentato nuovamente con forza, forse il caso di porsi obbiettivi ancor pi ambiziosi.
Innanzitutto il panorama dei siti di architettura in Italia eccessivamente frammentario, eccessivamente perch questa frammentariet non giustificata da uneffettiva diversificazione n del contenuto, n della forma, n tanto meno dellapproccio generale ai temi dellarchitettura.
Allo stesso tempo, e proprio per questi motivi, non c un reale pluralismo e il rischio quello di contribuire al formarsi di un sistema chiuso e auto-referenziale.
La direzione verso cui ci si deve muovere a mio avviso quella che porta verso i due estremi, e cio da un lato verso la concentrazione degli strumenti in un vero portale acritico, auto-organizzatensi e personalizzabile; dallaltro verso latomizzazione della presenza web individuale.
Benissimo, la mia proposta di azzerare tutte le riviste web, chiamarle per quello che di fatto sono, cio iniziative individuali (con questo non intendo di un individuo, ma caratterizzate da limiti di espandibilit), e far confluire tutto in un sito unico che sia in grado in questo modo di catalizzare linterezza del contenuto di architettura presente sul web per quel che riguarda teoria e progetti.
Questo sito unico ovviamente non avrebbe fini di lucro, sarebbe completamente acritico, sarebbe fondamentalmente un puro mezzo allinterno del quale possono aver luogo tutte le iniziative particolari di cui Luigi parla, che si svolgerebbero tutte in maniera democratica e trasparente. Non avrebbe gerarchie (direttore, vicedirettore) che sono, nella maggior parte dei casi, puramente fittizie e comunque insensate.
Un sito unico sarebbe lunico strumento a mio avviso in grado di innescare un vero processo di partecipazione attiva che sul web italiano non esiste. Nonostante le statistiche che i direttori delle webzine sciorinano ogni qualvolta se ne presenta loccasione e un fatto che gli attori su questo palcoscenico sono pochi e sono sempre gli stessi. Io imputo questo alla frammentariet e alla mancanza di massa critica nonch di diversificazione biologica tra le varie proposte web.
Ognuno e deve essere un punto di emissione. Bisogna assolutamente promuovere la cultura della partecipazione attiva in prima persona, della condivisione. Questo ovviamente un invito che dirigo principalmente a chi ha la possibilit di lavorare con gli studenti, visto che nella scuola dove si deve in primo luogo abituare i giovani alla partecipazione attiva. E un fatto per che ci vogliano anche delle condizioni locali adeguate, cio i siti devono essere attrezzati con gli strumenti giusti in modo da favorire la partecipazione.
Un sito unico dovrebbe quindi avere un altissimo grado di interattivit e di personalizzazione, sarebbe quindi principalmente uno sforzo tecnico pi che uno sforzo critico. Una volta avviato per vivrebbe di vita propria.
Beh che ne dite? Una bella utopia? Non credo in realt una cosa tecnicamente fattibilissima e per di pi molte delle caratteristiche e di questo sito unico non sono mie invenzioni, sono i risultati di numerose ricerche sullevoluzione di siti internet condotte negli ultimi anni ma lo stesso non funzioner mai. Perch?
Molto semplice: let, la carriera, i titoli di studio, le amicizie, lautorevolezza, lautorit, le gerarchie, i gemellaggi, i favori fatti e ricevuti etc. etc. non conterebbero pi niente. Questo sarebbe un bene direte voi, e invece no, un male. E il peggiore dei mali per chi ha lottato anni per guadagnarsi i suoi privilegi e adesso cosa volete fare buttare tutto alle ortiche? Eh si perch potrebbe anche succedere che un ordinario di disegno dopo aver pubblicato un suo saggio su questo sito unico venga contraddetto da un perfetto nessuno, e magari la maggioranza degli altri perfetti nessuno di a questo signor X manforte. E a quel punto il povero professore che si sudato la sua cattedra dovrebbe accettare la figuraccia? No semplicemente ritira il suo saggio e sul sito unico non ci mette pi piede, in pi far di tutto per screditarlo e dire che una buffonata assurdo lopinione di un signor X valga tanto quanto la mia.
Siccome i professori e comunque chi ha un po di potere gia in partenza molto pi furbo, in certe situazioni neanche ci si fa a mettere. E quindi il sito unico non va da nessuna parte. Perch tra laltro non fa comodo
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346
di Gianluigi D'Angelo
del 21/05/2003
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Critica sul web come al Drive In?
di
Paolo GL Ferrara
caro Ferrara, l'articolo-appello che hai lanciato su antithesi riporta di nuovo l'attenzione alla critica sul web. Il tema non nuovo, forse perch pi grande per il suo parlarne piuttosto che per la sua concretezza. Certo prima di iniziare ogni discorso bisognerebbe capire bene cosa si intende per critica. Non credo per che sia necessario aprire un dibattito semantico-semiotico per affermare che troppo spesso si abusa di questo termine. Quasi tutto quello che leggiamo non altro che cronaca e opinioni. Inoltre si confonde la critica dal critico, ovvero il nome conta a prescindere dal contenuto. E da queste premesse partono ciclicamente costrutti logici che partono dal nulla e arrivano chiss dove. Ma in tutto questo il web per nasconde un grande valore positivo, quello di aver creato un nuovo paradigma circolare della comunicazione. Ma a questo ancora non siamo abituati. Per troppo tempo siamo stati recettori passivi. La capacit di interagire che offre la rete stata scoperta all'improvviso. I critici si sono sentiti attaccati, sono nate nuove figure mitologico-tecnologiche che dietro un fantomatico nick si sono fatti eroi di cause perse, per distruggere "un sistema" . E cos dietro queste scaramucce tra "poveracci" i veri baroni hanno continuato a vivere delle loro rendite. Questa la visione un po' cinica e volutamente fumettosa (tanto per non essere noiosi) che ho della critica nel web. Se invece parliamo di rete di informazioni ed opinioni che circolano on line il discorso diverso. Le riviste digitali rappresentano per me un valore straordinario perch sono l'esempio tangibile di democratizzazione dell'informazione dove ognuno di noi contemporaneamente emettitore e recettore. Non esitono pi dei ruoli definiti e cos anche il significato di critica assume nuovi significati e diventa prodotto intellettuale dinamico di una pluralit in continuo confronto e con il quale interagire attivamente e non pi pensiero guida da accettare passivamente. La proliferazione di riviste digitali ha pi volte posto l'interrogativo sulla qualit, ma non c' da preoccuparsi, come fanno spesso gli editori "su carta", in quanto la rete cos come facilmente crea, allo stesso modo nel tempo, per una sorta di selezione naturale, premia e condanna. Questo aspetto viene spesso ignorato. La logica del pullulare di riviste cartacee che contraddistingue il nostro paese ha provato a sbarcare sulla rete ma questa semplice legge di sopravvivenza ha fatto si che nel tempo concretamente sopravvivessero on line solo poche webzine. Certo le cose piano piano stanno cambiando, ormai arch'it ha quasi la rispettabilit di una rivista su carta. Il numero delle persone che frequenta le webzine cresce vorticosamente e le tirature delle riviste su carta sono tanto insufficienti che la met delle pagine sono di pubblicit. I grandi nomi dell'archittura offrono maggiori garanzie e lo spazio per gli emergenti pressoch inesistente. E cos nonostante il grande numero, le riviste su carta, rifugiandosi dietro i nomi "in voga", rischiano quasi tutte di assomigliarsi. Nel web tutto differente. Gli investimenti in gioco sono praticamente inesistenti e non necessario adeguarsi ad un taglio editoriale "commerciale". Cos nel web troviamo una variet di riviste molto differenti tra loro che, come tu stesso ricordi, ognuna ha delle caratteristiche differenti. Rigurado Channelbeta vorrei fare una precisazione, perch credo che la tua descrizione potrebbe essere fraintendibile. "Channelbeta.net di Gianluigi DAngelo non ha in apparenza taglio critico; ma se lapparenza inganna, bene, Channelbeta la veste perfettamente: accanto (e dentro) una normalissima e consueta sezione sulle news, DAngelo inserisce articoli di attualit architettonica su cui si pu certamente aprire una discussione critica."...come se noi nascondessimo dietro una facciata neutrale uno strumento implicito di persuasione. Forse pi giusto dire che Channelbeta offre una serie di livelli di lettura, e se ci si sofferma solo sulle news facile cadere in equivoci. Quello che noi cerchimo di fare non altro che utilizzare la rete sfruttando le sue peculiarit: economia, velocit, e interazione.
Per quanto riguarda la volont di interagire maggiormente sono sempre disponibile anche se credo che la strada non sia quella di creare sezioni comuni. Per quanto riguarda il monitoriaggio sulle "grandi opere" del governo Berlusconi credo che una cosa che meglio di Antithesi non pu fare nessuno e che noi segnaleremo volentieri. Farei piuttosto una riflessione sul commento di Fausto D'organ. Non credo che il mondo universitario sia ridotto cos male. O meglio l'aspetto da esamificio sempre esistito ed esister, e un simile compito prima di spettare alle riviste digitali dovrebbe essere perseguito proprio all'interno delle universit. E qui si apre non un capitolo ma un intero trattato....
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347
di Fausto D'organ
del 21/05/2003
relativo all'articolo
Critica sul web come al Drive In?
di
Paolo GL Ferrara
[...]E visto che ci siamo, apriamo (se Vi va) un altro capitolo! Guardandomi in giro e ascoltando qua e l, mi capitato di sentire di alcuni fatti e di intravedere le carte ad essi relativi, che lasciano scorgere un positivo "indotto" o "relazione di ritorno" dell'attivit scribacchina digitale...: la "Valenza di Titolo", nella fase di analisi dell'attivit di studio e ricerca, personali o di gruppo, per "Acquisire Punteggio" nella corsa all'accaparramento di un posto di Ricercatore (per esempio). Quindi l'upload di articoli, saggi, esperimenti scrittografici ecc., sta configurandosi, con estrema rapidit, come pubblicazione digitale (gratuita e democratica) da citare ed esporre a sostegno di una propria maggiore qualificazione agli occhi di una commissione esaminatrice in sede di Concorso per Dottorati, Progetti di Ricerca Universitaria, ecc. Ci, come naturale, apre scenari affascinanti, ma pericolosi: uploaddare un proprio scritto digitale su una rivista come Arch'it, DomusWeb, Arcadata ecc., o in aree web universitarie di un certo spessore cibernetico, sta per equivalere a pubblicare il medesimo scritto cartaceo su Abitare, Domus, Costruire ecc., o a consegnarlo al tipografo per crearne qualche centinaio di copie in formato libricino da distribuire nei Salotti di Buona Cultura o tra gli Amici e i Conoscenti degli Amici. L'unica differenza che un povero cristo di ragazzo sveglio senza un euro, ma con molte buone idee pu farsi strada sul web, e ora anche fuori dal web, con una velocit impressionante, mentre sfiorirebbe, appassirebbe e stagnerebbe nel circuito cartaceo di casta. Ad un concorso per Ricercatore i soliti Secchioni Sostenuti si ritrovano ora "insidiati" da nuovi Secchioni Autodidatti, Cybersostenuti e Webmuniti che con qualche centinaio di pubblicazioni digitali approntate in proprio e/o sotto le gif animate di neomarchi internettiani propriet di digitalmecenati, e col contorno di una tesi di laurea ben riuscita, di qualche collaborazione cartacea sotto l'ala protettrice di Proff. di turno che credono nelle loro capacit e con un lavoro di Dottorato maturo e forte..., bruciano le tappe, rapidi come il vento, e a colpi di sane mazzate di neoculturadigilarchitettonica fanno cappotto a quarantenni sfortunati che si sporcano le punte delle dita con internet solo per scaricare la posta. Lo scenario sembra troppo farcito di francesismi e frasi ad effetto? Forse. E' mia abitudine megalomaneggiare le parole. Ma resta la sostanza di fatti che lasciano ben sperare sulla morte rapida di una Accademia descritta da Voi come nepotistica, mummificata, piramidale, massonica ecc., e sulla nascita di una nuova Accademia giovane, attiva, esaltata, florida e... e... e digitalimpastettata, internettisticamente selettiva, carnalmente gerachizzata su layers di favori cibernetici scambiati al ritmo dell'ADSL...; Accademia che, a rigor di logica democratica, conserva un Posto al Sole anche per Uno come me (qualora io stesso riuscissi a mettere la testa a posto sui libri e smettessi di connettermi al mondo distrattamente), o come Botta, o come Dolce, o come Lazier, o come D'Angelo ecc. La questione, portataVi innanzi in modo succinto, in buona sostanza celata nel NETcircuito citato da Paolo Ferrara e provoca, in buona sostanza, reazioni allergiche sul duro cuoio dei Proff. che, per, costretti dalla moda, sotto l'effetto calmante di farmaci a base di tolleranza e finta apertura mentale (nella convinzione che si tratti di una "cosa passeggera"), accettano i CdRom allegati ai Pacchi dei Concorsisti, i curriculum affogati in righe e righe di URLs a cui indirizzarsi per saggiare le fatiche citate su carta, ecc. ecc. C' una Rivoluzione in atto. Tale Rivoluzione pu stendere il tappeto rosso al passaggio di testimone al quale Botta e Co. accennano. Tale Rivoluzione protetta col silenzio dal NETcircuito; io, forse, sto rischiando la Vita Cibernetica nell'inviare questo Commento a margine; per, preso dalle grida di attivismo liberate da Paolo Ferrara, mi sto lasciando andare a quella che AlexDrastico catalogherebbe, non tanto per il senso delle mie parole, ma per gli svantaggi dell'aprire un Vaso di Pandora, nello Scomparto Cazzate, accanto alla frase "[...]Nazzisti Rossi Amici di Mieli[...]"... Vi saluto! - f.d'organ
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344
di Fausto D'organ
del 20/05/2003
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Critica sul web come al Drive In?
di
Paolo GL Ferrara
Salve a Tutti Voi. Il Circuito di aree web che vivono di parole sull'architettura (costruita o soltanto pensata) nido d'informazioni e spunti riflessivi che necessitano di un bagaglio culturale e di un affinamento sensoriale che poche persone hanno. Target prioritario dovrebbe essere lo studente "medio" (in senso statistico) che studia per arrivare ad esami di storia dell'architettura, di composizione architettonica, di teoria della progettazione, di tecnologie costruttive, ecc.
Tali studenti, il pi delle volte, sono avvolti da totale disinteresse per le questioni gravi del progettare contemporaneo e pensano che l'unico loro "dovere" sia quello di non fare nulla che non incontri la simpatia del proprio Prof., di disegnare "le stesse cose" che il Prof. fa vedere a lezione, di "tagliare ed incollare" pezzi di progetti dei Maestri sul loro "foglio di lavoro". Chiedo il conforto di una confutazione totale, ma nel frattempo affermo che questa la politica latente di avvicinamento alla progettazione avallata dalla moltitudine - le aree attive in internet e citate da Paolo Ferrara sono archivi di potenziali "stimoli ad aprire gli occhi" che arrivano soltanto a chi gli occhi li ha gi aperti (o mezzo aperti), ma gli studenti affrastellati a concludere Corsi intensivi ed a prepararsi per esami stile Liceo (temporalmente e didatticamente parlando) questo mondo di idee (buone e meno buone) non lo sfiorano nemmeno:non ne hanno il tempo. Pensano a togliersi di mezzo gli esami succitati e a pensare ad altri esami pi duri e meno accessibili (ci siamo mai chiesti perch al CEPU non si mai visto un Tutor Guida che insegna materie inerenti all'architettura?). Gli esami ICAR "si passano facili", si passano e lasciano il posto, nella mente degli studenti, ad altri esami: tutto definito per scomparti; poche volte s'incontrano ragazzi che si sforzano di far comunicare ambiti diversi, di legare trasversalmente gli esiti concettuali dei loro studi. In quest'ottica che, mio malgrado, mi ritrovo ad adottare per scorgere un mondo che secondo alcuni pieno di speranze, mi accodo alle parole sincere di Paolo Ferrara chiedendo se sia il caso, o meno, di rendere pi didatticamente assimilabili le esternazioni di tutti coloro i quali vogliono, nelle aree web in oggetto, parlare di architettura; chiedo se sia possibile, o meno, approntare filoni di approfondimento iniziati e portati a compimento (parziale e/o totale) con linerait e chiarezza in modo tale che tutti i giovani alle prese con lo studio, genericamente indirizzati alla ricerca digitale, possano imbattersi in essi e iniziare a raccogliere, con libero arbitrio, tutti i "metalli preziosi" che formeranno le loro idee. Mi chiedo se sia ammissibile o meno rendere le matrici democratiche da cui nascono le aree web in questione, astruse e chiuse ai pi ancora deboli ed in erba progettisti del futuro, e floride e malleabili alle poche muscolose e narcisiste menti critiche del nostro Paese. Mi viene da pensare ai 764 Mb di dati presenti nel sito del Prof. Saggio, agli oltre 10000 files presenti negli archivi di Arch'it; quanto ben di dio a cui pochi attingono!: i pochi di Saggio; i pochi del circuito a cui accenna negativamente Botta; i pochi studenti d'architettura sparsi qua e l per lo stivale; i pochi Prof. furbacchioni che "scopiazzano" metodologie per "architettare il palinsesto" di Corsi appena attivati che loro hanno avuto la fortuna di dover portare avanti - mi viene da pensare alla definizione, pi ricorrente, usata per indicarVi tutti: "ESALTATI" - definizione, eco di un rifiuto accademico ormai stracitato e straevidenziato; per, pensateci un attimo, fate finta di essere "lo studente medio" (in senso statistico), fate finta che il vostro Prof. "medio" (in senso statistico) affermi "con misericordia cristiana", dietro la vostra "distratta" citazione di taluni L. P. Puglisi, S. Lazier, P.G.L. Ferrara, F. Barzon, G. Lynn, A. Saggio, M. Novak ... ..., "[...] questi, ragazzo mio, sono degli esaltati! [...]" ...voi che fate? seguite gli stimoli di questi esaltati "rischiando" di lavorare su spunti progettuali che vi frutteranno un 23 all'esame (che in un esame ICAR come una bocciatura) o seguite le mature e posate indicazioni del vostro Prof.? - desiderando la confutazione totale di quest'atmosfera descrittaVi, faccio l'ultima domanda (con tono profondamente solidale e solo superficialmente scortese): se non riuscite a far arrivare nel grembo creativo dello studente medio tutte le preziosit del Vostro saper vedere e capire l'architettura, che diavolo di utilit potete riconoscerVi? - f. d'organ.
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345
di Angelo Errico
del 20/05/2003
relativo all'articolo
L'esame di stato ogni tre anni
di
Giovanni Loi
C' un nuovo modo di dire dei tecnici professionisti che si perdono nelle burocrazie : culi di pietra. Vuol dire che chi dovrebbe stare in cantiere o chino su tavoli da disegno (oggi sostituiti dai video di autocad) nei cantieri, tra una Merloni e l'altra resta invece alla scrivania seduto a far carte su carte su carte.
Il tecnico, ancorch pilotato dalle norme di legge, su un percorso di comportamento omologato nell'ambito della progettazione, della realizzazione, e del collaudo della sua opera, deve far stregonerie tra autocertificazioni, documenti di sicurezza in fase di esecuzione, in fase di progettazione, progetti preliminari ed esecutivi, perdendo di vista l'obiettivo del suo impegno universitario in giovent.
La laurea come il saggio di fine anno della palestra, la sfilata di fine CAR a militare. Ma la pratica, che val pi della grammatica, non inserita nei programmi dei politici.
Chi volesse fare il magut (il muratore in dialetto milanese) ha due scelte: trovarsi una buona azienda, che lo informi e lo formi tra 626 e 494, o trovare un p qua e un p l situazioni estemporanee per appropriarsi della dignit sancita nel primo articolo della Costituzione italiana.
Nel secondo caso la manovalanza extracomunitaria sta prendendo ampiamente piede nelle realt aziendali edili anche di grossa caratura; nel primo caso, l'onere aggiunto per i corsi e le formazioni sono tali e tante che son poche le aziende diligenti.
Da un lato allora, ci sono eminenti dottori di architettura, che danno disegni di progetto da eseguire, a inesperti manovalanze. Il dialogo diventa pi difficoltoso se le origini etniche parlano lingue differenti.
Eppure, un Le Corbusier, un Mies, un Wright, che cosa sarebbero stati oggi? Falliti, o dei pazzi illusionari. La tecnica va via Internet, ma non questo il punto della questione. Un Gehry, un Calatrava, un Mangiarotti, un Piano, sono quel che sono, ma ciascuno di loro insegna a non star a perdere tempo sui libri di storia dell'architettura. L'architettura va vista, conquistata coi sentimenti, e poi ardire, fare. Loos diceva che un architetto dev'essere un muratore con della cultura. Pienamente d'accordo.
Ogni tanto si sente di qualcuno che indossando un camice, esercita la professione di farmacista o di medico. Dopo anni e anni si scopre, essere la persona non laureata. Ed subito denuncia. Io gli darei a costoro una laurea ad honorem.
Angelo
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343
di Stefano Bianchi
del 15/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Se per libert nel web, il sig. Botta/Dolce intende essere liberi di attaccare a destra e a manca personaggi, discutibili quanto si vuole, ma che lavorano concretamente per un miglioramento della condizione dell'architettura italiana, francamente non mi sembra corretto.
Sicuramente i personaggi su detti (Puglisi, Brizzi ecc.) non lavorano per la gloria, ma anche, e forse soprattutto, per un tornaconto personale, di pubblicazioni, visibilit, immagine, carriera accademica forse...
Ma chi non lo fa? Anche il sig. Botta/Dolce non fa i suoi attacchi cos...sembra cos smanioso di distinguersi, di fare il bastian contrario di turno...
Ringrazio la redazione di antithesi per la risposta, come sempre intelligente e mi scuso se, nell'onda delle parole ho apostrofato come baggianate queste discussioni (alla quale tra l'altro sto partecipando), intendevo scrivere che, messe giu come attacchi personali perdono di interesse.
Rinnovo la mia stima per antithesi e per arch'it.
cordiali saluti
Stefano Bianchi
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340
di Stefano Bianchi
del 13/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Tutte queste discussioni francamente mi sembrano assurde.
Al contrario degli attacchi gratuiti dei soliti Botta/Dolce penso che tutti i "critici" o anche semplicemente "antiaccademici" che scrivono nella rete debbano essere contenti che tra tanta "prudenza" dimostrata nell'assegnazione dei premi spicchi il nome di Marco Brizzi. Dimostrazione forse che qualche spiraglio piano piano sta arrivando.
Penso sia innegabile la qualit e la consistenza del lavoro che Brizzi che facendo per la diffusione dell'architettura in italia al di fuori dei "soliti luoghi" istituzionalizzati, innegabile il ruolo di arch'it e l'importanza crescente delle iniziative condotte dal fiorentino.
Indignazione per Brizzi finalista?? Ma fatemi un piacere! Indignatevi piuttosto per la quantita di premi beffa che sono stati assegnati e rallegratevi che almeno un finalista decente (forse per sbaglio!!) l'hanno inserito.
E la smettano Botta/Dolce di voler avere una risposta da Brizzi. Brizzi ha altro da fare che dare retta a queste baggianate. Se non altro da fare che lagnarsi invece di lavorare e studiare per migliorare l'architettura in questo paese facciano pure....a lungo andare tutto questo si ritorcer contro di loro...chi li acolter pi?? Lagnatevi con i progetti e con il lavoro, non solo con le parole!! Siamo arcistufi dell'arroganza di questi due!
cordiali saluti
Stefano Bianchi
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13/5/2003 - la Redazione di antiTHeSi risponde a Stefano Bianchi
Nessuna censura all'opinione di Bianchi, solo una nota: non crediamo per nulla che discutere del ruolo dei protagonisti della cultura sia una "baggianata". Le opinioni di Botta e Dolce sono lecite tanto quanto le Sue, soprattutto perchè non hanno per nulla sminuito l'impegno e i meriti di Marco Brizzi, cosa che tutti gli riconosciamo. I temi della questione sono assolutamente più ampi di quanto non possa sembrare dai commenti pubblicati, e non riguardano per nulla la figura di Marco Brizzi. Piuttosto, credo che il tema evidenziato da Botta sia estremamente vero: la libertà del web e il rinnovo della cultura architettonica italiana non devono assolutamente creare ulteriori circuiti chiusi. E' fondamentale rifletterci.
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341
di Andrea Pacciani
del 13/05/2003
relativo all'articolo
Quindici punti di L. P. Puglisi
di
Sandro Lazier
Gentile Sandro Lazier,
leggere di dilagante conservatorismo nella architettura italiana contemporanea mi sembra un po paradossale e inutilmente vittimistico, mi piacerebbe fosse davvero cos;
Non c un professore, dico uno, in alcuna facolt di architettura italiana che insegna una materia vicina alla composizione architettonica tradizionale contemporanea; non c una rivista, dico una, che pubblica sparuti lavori di architettura tradizionale ben fatta da pochi stranieri; non esistono pi maestranze depositarie delle conoscenze di trasmissione orale su come costruire a regola darte con le risorse tecnologiche e i materiali locali; non ci sono professionisti che progettano secondo tradizione, ma autoreferenzialisti di gusto pi o meno raffinato che valicano dalla tradizione al kitsch; non esiste un P.R.G., dico uno, che consenta la ripresa del disegno urbano della citt storica nei nuovi insediamenti. Non esiste un concorso di architettura, dico uno, in cui la giuria sia disposta ad accettare un progetto tradizionalista.
Mi sembra il suo uno scenario, purtroppo, non rispondente alla realt anche se sono perfettamente delineati i due aspetti, da lei ben affrontati, del consenso dellarchitettura da parte del pubblico e del divario culturale con il pubblico, sono assolutamente rilevanti per lo scenario prossimo venturo dellarchitettura e della sua lettura faccio i complimenti.
Mi spiace solo che lei insista, come tutti i delatori della tradizione, con il concetto di falsit che si abbina a quello di architettura tradizionale se fatta oggi (che credevo di aver fugato con i miei precedenti interventi, in questo sito, cui rimando lettura un po pi accurata), mentre non c migliore elemento di espressione del proprio tempo e di contemporaneit dello stato dellarte della tradizione.
Secondo il mio punto vista la riflessione da farsi unaltra: come mai malgrado il sistema culturale-disciplinare-accademico-professionale abbia completamente sotterrato e sepolto ogni velleit allarchitettura tradizionale, eliminandone ogni traccia, tale renderla risibile dietro motivazioni intellettuali superficiali, come emerge dai punti di Puglisi, questa torna quale unico scenario possibile di consenso popolare e vicina ai suoi fruitori?
E troppo facile dare dellignorante al pubblico. un po come accanirsi contro il film da cassetta a difesa dellincompreso film dautore; io sono dellidea che un buon autore possa fare cassetta e la storia del cinema ne piena.
Difendiamo pure il funzionalismo in architettura contro le gratuit figurative che anche in quella tradizionale fanno male, ma non dimentichiamo che un edificio, una strada, un quartiere non devono solo funzionare ma anche avere a che fare con valori abitativi quali il senso di appartenenza ai luoghi, laspirazione alla rappresentazione della comunit insediata, lidentificazione e la partecipazione alla vita sociale. Credo siano questi alcuni degli aspetti che creano consenso e non risentono del divario culturale tra progettisti e fruitori e da quanto mi risulta non sono mai messi in primo piano nella architettura moderna.
Questi stessi valori radicati nella tradizione dellabitare sono di fatto nelle aspettative della gente nella loro vita quotidiana. Lo hanno capito i pubblicitari e gli scenografi da lei citati, ma anche gli autocostruttori e i produttori di materiali edili che tirano in questa direzione con risultati s risibili e posticci proprio perch vittime dellassenza della architettura tradizionale da quei contesti sopra citati.
Non si capisce invece perch i progettisti oggi si illudono che la modernit debba contenere questi valori automaticamente e chi non riesce a trovarceli, nelle citazioni e nellelaborazioni mentali degli architetti o arretrato culturalmente, o ha bisogno di un critico che glielo spieghi (questo pu andare bene per larte ma non per larchitettura!).
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338
di enricogbotta
del 13/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Ci riprovo...
Prendo atto che Marco Brizzi continua a tacere. E prendo atto che Ugo Rosa persiste nel non comprendere una posizione che pensavo di aver espresso chiaramente. Vediamo se riesco a essere ancora piu' chiaro.
E' vero, esiste una parte attiva della cultura architettonica italiana che e' stata ostracizzata dalla cosiddetta "accademia". E' vero' che per mantenere il suo potere l'accademia ha usato tutti i mezzi.
Gli esclusi si sono organizzati su internet (questo spiega perche gli esponenti dell'accademia su internet non ci sono: molto semplicemente non hanno BISOGNO di esserci), e molti di loro hanno opportunisticamente cavalcato il digitale (che ha acquistato una rilevanza commerciale, cioe' i libri e le riviste VENDONO se parlano di questo argomento) per cercare di sottrarsi al giogo dell'accademia.
Bene, oggi siamo ad uno stadio nello sviluppo di questa fazione di ex-reietti dove essi gia' si sono conquistati molti dei privilegi prima ad esclusivo godimento degli accademici: inviti a conferenze, presenza capillare nelle giurie di concorsi, presenza organizzata nelle scuole.
E cosa sta succedendo? Beh succede che cominciano ad emergere anche in queste fila molti dei comportamenti tipici dell'accademia: la chiusura, l'autoreferenzialita', l'esclusione degli "altri". Nonche' comportamenti discutibili, scambi di favori, e poi sterilita' delle posizioni culturali, provincialismo etc. etc.
Ora, non conosco quali motivi portino Ugo Rosa a una tale animosita' nei confronti di Nicolin e/o di cio' che rappresenta, avra' i suoi motivi. Se i motivi sono quelli che ha indicato nei suoi interventi allora, in quel caso, dovrebbe, a maggior ragione, indignarsi del comportamento di chi da oppresso diventa oppressore.
saluti
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339
di la Redazione
del 13/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Segnaliamo l'articolo di Gianluigi D'Angelo su www.channelbeta.net , in cui l'autore esprime la propria opinione in merito alla questione sollevata dagli articoli di Mara Dolce e Ugo Rosa. La segnalazione d'obbligo in quanto si prende spunto da articoli e commenti pubblicati su antiTHeSi e perch pu essere un ulteriore momento di approfondimento.
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337
di enricogbotta
del 12/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Tanto per chiarire (a beneficio del lettore visto che a Ugo Rosa ho risposto in email) la mia posizione, vorrei cercare di sintetizzarla in modo da evitare ulteriori fraintendimenti.
Il problema (la questione sollevata dall'articolo di Mara Dolce) riguarda un contesto, un certo ambito in cui operano diverse persone tra cui ANCHE (non solo) Marco Brizzi. Bene queste persone piu' e piu' volte (come ha fatto anche Ugo Rosa in questa occasione) hanno criticato l'accademia per il suo elitarismo, per la sua chiusura, per non aver dato spazio a voci diverse, per aver favorito sempre e solo un certo gruppo di persone. Salvo poi comportarsi, ogni qual volta se ne presenti l'occasione, nello stesso identico modo.
Alcuni segnali arrivano molto chiari su quali siano le intenzioni VERE di chi si da tanto da fare ad organizzare le fila dell'anti-accademia. Prima fra tutte poter godere dei privilegi di cui ha goduto per decenni la "fazione opposta" (eh si perche' si ragiona cosi': "noi" e "loro"), che si traducono in: controllare l'accesso alle pubblicazioni, controllare la diffusione e il successo critico di architetti "amici", controllare i concorsi.
Non sta forse avvenendo questo? Le liste di Prestinenza Puglisi che senso hanno? Le mostre al SESV che senso hanno? L'organizzazione di concorsi (Pescara Mare etcetera) che senso ha? I master che senso hanno? Guarda un po' che strano che Metrogramma sono nominati da Brizzi per la medaglia d'oro e hanno pure vinto il concorso a Pescara (in entrambi i casi c'entra Brizzi...). Pestilenza si e' persino lamentato della mancata menzione per Cliostraat, gruppo notoriamente di primaria importanza tanto da rimanere assolutamente stupiti che una commissione non si sia ricordata di loro, le loro architetture sono arcinote e importantissime (come no). Faccia come il culo? come minimo...
Guarda caso TUTTE queste iniziative sono riconducibili alla stessa combriccola, tutto quello che viene da altri che non fanno parte del circolo degli amici viene ostracizzato, ignorato, combattuto. Guardacaso, proprio come faceva la tanto odiata "accademia" (e il bello e' che fanno tutto questo nel nome di Zevi, pover'uomo).
Beh solo uno stupido non vede che si sta perseguendo uno scopo ben preciso, che si vuole solo favorire UNA parte CONTRO un'altra. E pensare che questa sia una cosa legittima solo perche altri hanno fatto la stessa cosa in precedenza mi sembra che sia una grossissima stupidaggine, Per quanto la si possa condire con metafore, parolacce o citazioni, tale e' e tale rimane.
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332
di quantumarchitecture.net
del 10/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Credo che Ugo Rosa non abbia compreso che la questione non e' se Marco Brizzi sia piu' o meno bravo come critico, piu' o meno meritevole di Pierluigi Nicolin, ma su che base sia stato considerato un critico in prima istanza.
Nel bene o nel male Nicolin ha scritto degli articoli, degli editoriali etc etc, e che la si condivida o meno LOTUS ha una linea editoriale riconoscibile...
Si puo' dire la stessa cosa di Brizzi e Arch'IT?
Non si tratta della solita opposizione accademia/controcultura, ricchi/poveri, professori/mentecatti, come Ugo Rosa vorrebbe far sembrare. Anzi credo questo sia un tentativo di creare un alibi per i comportamenti della cosiddetta controcultura che li mutua dall'accademia aggiungendoci in piu' l'ingrediente della completa inettitudine.
Con che faccia si critica l'accademia quando poi si aspetta solo l'occasione giusta per fare la stessa cosa? Perche si critica un sistema di potere (lo fa anche Ugo Rosa con quello editoriale) per poi adoperarsi solo per crearne degli altri basati sugli stessi, se non peggiori, meccanismi?
Come sempre, ce n'e' per l'asino e per chi lo mena... tuttavia solleva sempre un certo sospetto chi addita altri colpevoli del suo stesso reato per dire "tutti colpevoli nessun colpevole" (Craxi ha fatto scuola). Specie quando lo fa per interposta persona.
Mi risulta che Brizzi abbia un'email e un computer, cos'e' non lo sa usare, o come al solito non ha nulla da dire?
saluti,
Enrico G. Botta
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334
di Antonino Saggio
del 10/05/2003
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Caro Rosa,
Non credo sia vero che "Arch'it" diretta appunto da Marco Brizzi o il web in generale sia solo per i "non" professori. Ho pubblicato circa cinquanta pezzi (alcuni sono dei veri libri in potenza) in una rubrica che si chiama "Coffee break", rieditando articoli pubblicati su "Diario" o su "Domus" o su "Costruire" e aggiungendovi link e foto. Credo sia il pi massiccio intervento conoscitivo sull'architettura contemporanea sul web italiano, certamente alla sua nascita nel novembre 2000, ma credo ancora oggi. Qualcuno scoprir che Coffee Break il maggiore contributo saggistico di architettura su tutta internet. Ma questo francamente non lo so per certo.
Tra poco mi auguro di poter rendere pubblico una grande mole di commenti e approfondimenti ricevuti in questi anni. Nel mio caso la pubblicazione sul web si accompagna anche ad un sito personale, allo sviluppo del mio insegnamento a La Sapienza (non credo che nessuno dei miei studenti veda in me un professorone, almeno per l'et) e ad altre cose simili che quasi tutti possono fare ed ad alcune cose veramente XL, usando la definizione di RKool. La forza se ve ne una in questo lavoro credo si basi su un disequilibrio. Tra cose piccole, ma solo apparentemente , come questo commento, e cose pi evidenti e pubbliche. Scrivo queste note anche per far capire che le persone di maggiore et e autorevolezza (come lei ) "devono" interloquire con i giovani se rivelano appunto quelle caratteristiche di passione e intelligenza che per esempio i commenti di Dolce e di Botta mostrano. Ecco perch sono proprio contento del suo scritto e mi sembrava giusto aggiungervi questa piccola nota.
Credo che Marco, abbia posto in gioco una parte sostanziale della sua attivit come promotore di cultura.
Non avevo bisogno della segnalazione della Triennale per saperlo.
Nel marzo 2001 ho organizzato una serata all'InArch romana sulle pubblicazioni di architettura web (era la prima volta che emergevano in sedi diverse dal web stesso) http://www.citicord.uniroma1.it/saggio/Avvenimenti/InArch%20Pub/InArch.Html.
I primi attori erano appunto Marco e Sandro Lazier - Paolo Ferrara. Trovavo nelle due anime una pi "divulgativa informativa" e l'altra "pi polemica" due cilindri importanti della nuova scena culturale italiana.
Entrambi organizzano eventi culturali. Antithesi quello di Sciacca che ha avuto ricadute concrete, Marco come tutti sanno ha da diversi anni una veramente importante manifestazione a Firenze sul video di Architettura a cui si affiancano molte altre mostre e anche una galleria espositiva. In questa attivit, che buffamente non stata ricordata, tra l'altro Marco si potrebbe "anche" definire un critico nel senso tradizionale di curatore d'arte.
Il lavoro di Marco a me ha sempre suscitato ammirazione. L'altro anno proprio al Festival Video (e mi pare di ricordare ve ne sia registrazione nel mio sito) dissi che a Marco "bisognerebbe santificarlo".
Pensavo a quanto lavoro compie, all'entit del suo contributo e al pochissimo che aveva in quel momento raccolto, per esempio dal punto di vista accademico. Che anche con una aggettivazione forse non centrata si sia fatto il suo nome come menzione a me ha fatto piacere perch confermava quello che gi sapevo e su cui mi ero mosso.
Sul professor. Nicolin, in questo contesto, mi scuser se aggiungo poco.
D'altronde per queste cose ci vuole molto tempo e molta pazienza come Lei sa altrettanto bene di me. i danni (oppure i meriti) a seconda dei punti di vista, Nicolin li ha compiuti negli anni Settanta. Allora s che chi gli avesse dato un premio avrebbe inciso.
Forti saluti
Antonino Saggio
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319
di Rosario Di Petta
del 30/04/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
Larchitettura, lascolto, linvidia
Larticolo pubblicato su Newitalianblood.it esprime il mio punto di vista sullarchitettura. Paolo Ferrara, come altri fedelissimi seguaci zeviani, ovviamente non condivide una virgola di quanto da me scritto! Quello a cui mi riferivo riguarda alcuni recenti esiti progettuali degli architetti citati (Progetti per il Concorso Museo Confluenze a Lione di Coop Himmelblau e di Eisenman ad esempio).
Anche se il sottoscritto predilige il riposo della forma, va detto altres che riesce comunque ad emozionarsi dinanzi al movimento di Santiago Calatrava, ritenendolo maggiormente degno di interesse rispetto a quello concitato e rumoroso di Gehry!
Ci sono in Italia molto bravi architetti (Purini, Anselmi, Cellini, Venezia) che non hanno nulla da imparare da Hadid o Libeskind, ma purtroppo una critica invidiosa ed esterofila (come quella che esercita Lei ad esempio) fa si che i Gehry e gli Eisenman siano delle star internazionali, a discapito dei migliori talenti nostrani.
Larchitettura, caro Ferrara, non solo spazio ma anche ascolto paziente e radici profonde.
Forse sono soprattutto questi gli ingrediendi per regalare una nuova bellezza alle nostre citt!
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30/4/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Rosario Di Petta
...ci risiamo... con le definizioni senza costrutto...:"[...]Anche se il sottoscritto predilige il riposo della forma, va detto altres che riesce comunque ad emozionarsi dinanzi al movimento di Santiago Calatrava, ritenendolo maggiormente degno di interesse rispetto a quello concitato e rumoroso di Gehry!".
E ci risiamo anche con le solite questioni dell'invidia: ma davvero crede che Eisenman e Gehry siano famosi...grazie al mio appoggio critico?!!...e che, soprattutto, tutto ci sia finalizzato a danno di Purini & C.?
Suvvia, non rendiamoci ridicoli: Lei mi attribuisce capacit e poteri che non ho e che mai sogner di arrogarmi, ben conoscendo i miei limiti.
Facciamo cos: Lei continui pure ad "ascoltare pazientemente"; io ad ascoltare rumorosamete.
Nel frattempo, riflettiamo entrambi sul commento (318) di Vilma Torselli che, pur non volendoLa difendere, lo ha fatto...e bene. La ringrazi.
cordialit
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318
di Vilma Torselli
del 30/04/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
Scusate il disturbo, ben conoscendo il rischio che corre chi si frappone tra due litiganti mi inserisco in un duello che Paolo Ferrara, con la tranciante conclusivit che lo distingue, chiude con un secco: Aspettiamo una Sua replica., eufemismo che lascia leggere tra le righe : Ci troviamo fuori, cos ce la vediamo tra noi...
Si tratta di un duello fortunatamente virtuale, e si sa che di mouse non mai morto nessuno, in cui mi pare che il gusto della dialettica prenda talmente la mano da delineare una polemica anche dove non c disaccordo: su Borromini, per esempio, dove lei, Ferrara, parla di contenuto, e Di Petta di mezzo, che, come si sa, sono le due seppur diverse facce della stessa medaglia.
Non voglio si pensi che io prenda le difese del povero Rosario Di Petta, certamente pi che in grado di difendersi da solo ed al quale il mio povero vuole esprimere non gi pietismo, ma sim-patia.
Perch forse, Paolo Ferrara, Rosario Di Petta , come me e probabilmente tanti altri architetti, ama credere che larchitettura possa scrivere la storia dellumanit, non con le parole, ma con la pietra, i mattoni, il legno, e che per questo debba raccontare la storia degli uomini, e non quella di un uomo solo, per quanto grande, si chiami Frank O. Gehry o Zaha Hadid o Daniel Libeskind o Coop Himmelblau o Rem Koolhaas, che esprima se stesso.
Parlare di stili, o di tipologie, o di codici o di "quel patrimonio culturale millenario che costituisce il grande libro dellarchitettura" pu sembrare anacronistico e demagogico in una societ multietnica e pluralistica come quella di oggi, in cui la contaminazione culturale ha cancellato il valore identitario della tradizione di popoli e nazioni, ma forse non proprio cos, se ancora oggi la diversit di stile tra un tempio dorico ed uno ionico ci racconta la differenza tra due etnie, luna pragmatica e laltra sottilmente intellettuale, o se una tipologia, per esempio il broletto nelle citt del norditalia, testimonia ancora oggi con la sua sola presenza unesperienza sociale e politica unica e circoscritta risalente ai tempi di Federico Barbarossa e ne racconta la storia.
Larchitettura parla, ma deve parlare un linguaggio universale, se vuole farsi capire.
Oggi, per fare un esempio, la 'Sagrada Familia' ricorda a tutti Antonio Gaud, un genio dellespressionismo, anche a chi non sa cosa sia il Modernismo catalano, che fortunatamente storicamente rappresentato da altri, da Picasso, da Dal, da Mir, che hanno sviluppato un discorso pi sfaccettato ed aperto: insomma, il mio timore che fra cento anni il museo di Bilbao possa diventare uno splendido monumento a Frank O. Gehry, lacuto di uno dei tanti solisti dellarchitettura che sono riusciti a cantare certamente per capacit, e poi per favore delle circostanze, opportunit, fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto (sono architetto, certo parlo anche per invidia, spero, Paolo Ferrara, che apprezzi la mia onest).
So di aver espresso un concetto non molto originale, ci hanno gi pensato William Morris e le Arts and Crafts, e so anche che non c, oggi, una prospettiva storica sufficientemente ampia sotto la quale valutare correttamente il decostruttivismo o altri movimenti contemporanei, ma credo che larchitettura possa e debba accogliere una coralit di significati che vadano oltre le posizioni individualistiche, riconoscendo allarchitetto il compito e al capacit di individuare quelli archetipici e tradurli in pietra, mattoni, legno, per raccontare la storia di tutti noi a quanti verranno.
Aspetto a pi fermo eventuali strali e tolgo il disturbo
Vilma Torselli
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317
di Antonino Saggio
del 29/04/2003
relativo all'articolo
Greg Lynn: idee fresche, idee dinamiche
di
Paolo GL Ferrara
Credo che esistano cose rilevanti da dire che non riguardano le immagini, anche se certamente divertente notare benevolmente o malevolmente alcuni dettagli.
Tra queste cose rilevanti vi la circolazione libera e aperta delle informazioni.
Il tema del generativo in architettura/informatica ha una sua lunga storia e una fornitissima bibliografia con autori leader tra cui quelli che hanno un approccio, per cosi dire, semplificando, "Logicamente combinatorio" (si chiama Shape Grammar e il precursore George Stiny) oppure Prestazionalmente funzionalistico, assitito da dosi massicce di Intelligenza artificiale (Charles Eastman, Omer Akin, Ullrich Flemming e naturalmente John Gero) oppure guidato da meccanismi BioMorfologicamente generati (John Franzen, eroe come Johansen del radicalismo anni Sessata, uno dei leader e in Italia, finalmente un italiano!, Celestino Soddu). Esistono organizzazioni congressuali, e pi d'una, che si occupano "solo" di questo.
Il link di sotto alla prossima conferenza che si terr alla mia Alma Mater Carnegie-Mellon nel giugno 2004. Gli organizzatori cercano delle qualificate paper (che naturalmente devono passare ad un vaglio serio prima di essere pubblicate)
http://www.cmu.edu/architecture/graduate/G-CAD/index.html
Chi crede di poter dare un contributo si metta dunque alla prova.
Venendo al campo prettamente architettonico, esiste anche una "poetica" del generativismo e non solo una teoria informatica/scientifica. Ne avevo parlato alla conferenza di Ferrara e forse qualcuno mi ha seguito su questo. Greg Lynn appartiene a questa "poetica" e anche, ma solo un poco, all'elaborazione scientifica. L'importanza della sua generazione quella di aver travasato alcuni approcci scientifici nella prassi porgettuale. Ora questa poetica del generativismo ha avuto in una fase un rilevante interesse anche in John Johansen, certamente e benissimo ricordarlo!, e se ricordo bene, meritoriamente "L'Arca" se ne occupata tempo fa.
A me, Antonino Saggio, nella mia qualit di direttore de " La Rivoluzione Informatica" interessa l'uso architettonico (cio: spaziale, costruttivo, espressivo, funzionale, contestuale) di questa problematica. Ecco perch l'unico libro che ne tratta in maniera sistematica nella mia collana il volume "Induction Design" di Makoto Sei Watanabe che uscito nel 2002 nella versione Inglese e che mi auguro entro quest'anno potr apparire anche con la Testo&Immagine.; Greg Lynn ha un volume in preparazione che affronta questo tematica pi nel campo della ricerca teorica-didattica legata anche alla prototipazione.
Non ho detto queste cose alla conferenza di Ferrara dove sia io che Greg (eh si, anche una persona simpatica forte e quasi un amico da quando lo presentai la prima volta a Roma nel 98) siamo stati invitati "a costo zero", cio senza parcella. La scelta mia accanto a Greg stata fatta dall'architetto Gabriele Lelli che ha operato semplicemente attraverso un suo personale giudizio e senza alcuna relazione n amicale ne italiamente mafiosetta come sembra invece qua e l insuanarsi dei commenti.
Anzi mi sono pentito solo di una cosa del mio viaggio a Ferrara. Di non aver ringraziato abbastanza l'architetto Lelli per l'occasione che ha costruito per tutti. Lo faccio ora.
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312
di Angelo Errico
del 21/04/2003
relativo all'articolo
L'orecchiabile esibizione di Botta alla Scala
di
Paolo G.L. Ferrara
Croce e delizia la vicenda della Scala. Non certamente la sola. Valga una lettura per tutte, "Grandi Peccatori, grandi cattedrali", in cui si analizzano le vicende storiche con le quali nei secoli, alcune cattedrali d'Italia, hanno visto rimaneggiamenti, sostituzioni, rifacimenti, per giungere a noi con il sentimento del recupero e del restauro in nome e per conto della memoria.
La lite la stessa, di sempre: quanto il nuovo con il vecchio possono conciliare una convivenza se non addirittura un matrimonio. Credo Zevi in un suo libretto da mille lire, riporta una considerazione sui templi buddisti, per i quali s'impiegano anni per costruirli, e un attimo per abbatterli, per poi ricostruirli. E' inconcepibile per noi occidentali questa pratica, che pi che un'arte dell'architettura sembra l'arte dei pazzi, ma tant', certamente pi profonda di contenuti e di riflessioni di quell'arte tipicamente nostra e nostrana, delle opere iniziate e incompiute, iniziate e sbagliate, iniziate finite e ridotte a ruderi pompeiani in un tempo risicato di anni.
Milano attraversa in quest'ultime sessioni di governo comunale (Polo delle libert con a capo il sindaco Albertini) un periodo in cui, ancor pi che la vittoria delle ideologie forti, o anacronistiche, o progressive, o che dir si voglia, impera e prospera la mancanza delle ideologie, per dar ampio spazio al servizio gratuito di cortigiani e imprenditori da quarto mondo, per consentir loro di creare opere e infrastrutture indegne; pensa probabilmente l'amministrazione che con il culto e la dialettica dell'immagine, dello spot, con lo sbandieramento del nome dell'architetto di grido - un vessillo usato per mettere a tacere chiunque - si possa dar mano ai lavori come quelli di piazza San Babila, di piazza Duca d'Aosta, di piazza Cadorna, per citarne alcuni, che fanno schifo persino agli extracomunitari.
La Scala resta per la sua mole, un esempio di critica e polemica d'attualit. Se pensiamo alle tante piccole opere che verranno demolite nel silenzio pi irreale, come accadr al mercato in stile liberty di piazza Wagner - coperto da un muro esterno in mattoni e rimasto intatto nell'involucro che ha consentito l'appropriazione dei posti di vendita abusivamente occupati a suo tempo - o al mercato di Quarto Oggiaro dell'arch. Arrigo Arrighetti - che ha ricevuto dallo statunitense Richard Neutra un encomio scritto a mano - poich nel suo piazzale sostano zingari e senza tetto, allora capiamoci: qui la questione non il Botta o il Nouvel di turno; la mancanza di una reale politica d'intenti, senza alcun controllo della cittadinanza, ancor prima di quelle da parte delle accademie e dei politecnici.
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311
di enricogbotta
del 17/04/2003
relativo all'articolo
Greg Lynn: idee fresche, idee dinamiche
di
Paolo GL Ferrara
ah ancora due cose...
1. di pessimo gusto piazzare una foto di Lynn in compagnia di Antonino Saggio, era proprio necessario includere il secondo tanto per far vedere che c'era?
2. la citazione con pacca sulla spalla a Diego Caramma (che ho consociuto alla biennale a braccetto con Prestinenza) e' il solito scambio di effusioni tra "amichetti", tipico della critica italiana. Una cosa assolutamente inutile, fuori contesto, gratuita e decisamente fastidiosa.
E' possibile che nessuno riesca a fare il suo lavoro seriamente senza dover necessariame fare gruppetto "io sto con questi e contro di questi" e spacciare per roba assolutamente imperdibile il libretto, la rivistina, l'articoletto del nostro amichetto di turno?
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17/4/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a enricogbotta
Caro Botta, va benissimo che tu non sia d'accordo su quanto io ho apprezzato Lynn, ma l'insulto gratuito te lo rimando indietro.
1. Saggo non ha bisogno delle mie foto per fare vedere che c'era, soprattutto perch non gli interessano queste cose (presenzialismi). Saggio, appunto, "c'era" ed stato importante che ci fosse. E se ci fossi stato tu avresti capito il perch, dopo avere ascoltato il suo intervento critico su Lynn.
2-3. Pacche sulle spalle a Caramma? Suvvia, diventi davvero patetico con la tua assoluta boria di onnipotente uomo di cultura che tutto sa e che addita tutti quali incapaci, leccaculo etc. Caramma l'ho conosciuto a Ferrara e mi ha convinto la presentazione che ha fatto del suo lavoro. Che poi lui sia "amichetto" di Prestinenza ed io "amichetto" di Saggio...che? ti d fastidio...? sarai mica "geloso"?! A parte che non siamo "amichetti", non credi che rischi di sprecare le tue potenzialit in queste cose strupidissime? A me non interessa chi frequenti e di chi sei amico ma solo quello che hai da dire in campo architettonico.
La morale a me non la fai, sia chiaro. Dovresti conoscere la mia storia e le mie vicissitudini e poi, forse, ma molto improbabile, potresti fare degli appunti. Vedi carissimo, io non ho mai chiesto niente a nessuno e sfido chiunque a dire il contrario. Comunque sia, cerca di essere un p meno drastico nei giudizi sulle persone: non certo per diventare adulatore ma, quantomeno, per non diventare ridicolo.
Peccato che la tua battaglia non si limiti ai contenuti (a volte assolutamente ineccepibili) ma sfoci nel pettegolezzo senza sostanza. Peccato.
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310
di enricogbotta
del 17/04/2003
relativo all'articolo
Greg Lynn: idee fresche, idee dinamiche
di
Paolo GL Ferrara
Di Greg Lynn si fa un gran parlare da molto tempo. Evito di dilungarmi in risposte punto per punto alle posizioni espresse da Paolo Ferrara nel suo articolo, ma invito (ed e questo un invito che estendo a tutti i critici che scrivono e parlano di architettura) ad utilizzare della documentazione grafica chiara a sostegno delle proprie tesi (cioe non immagini di viste prospettiche taroccate ma delle sane piante e sezioni, o dei VR realistici se si preferiscono strumenti piu intuitivi per chi non sa leggere i progetti). Cosi facendo sarebbe molto facile capire (ma forse e proprio questo cio che si vuole evitare) che un conto sono le belle parole e le piacevoli conferenze, un altro sono i fatti.
E i fatti sono che la embrionic house e una bolla senza architettura e che il progetto del WTC di United Architects e un progetto degno di un approccio alla Kohn Pedersen e Fox. Non ci credete? Guardatevi le piante e confrontatele con quelle di un edificio per uffici sviluppato da una qualsiasi societa di progettazione se trovate delle differenze e solo perche Kohn Pedersen e Fox sono piu bravi a fare floor layouts efficenti e fanno meno errori. Nel progetto di UA, a parte limmagine esterna (per altro discutibile) non ce nulla, tanto meno una qualsivoglia innovazione spaziale.
Dal punto di vista invece della ricerca pura, delle idee che stanno dietro, beh anche li siamo messi molto bene Greg Lynn e molto giovane anagraficamente ma molto vecchio per gli obbiettivi che si pone cioe cerca di fare quello che faceva una certa corrente artistica degli anni 60 pero quaranta anni dopo. Molto piu "fresco" (ma sono convinto che nessuno ne ha mai sentito parlare perche' non fa notizia come Greg Lynn) la ricerca di un vecchio signore come John Johansen[1], maestro del moderno creativo ora concentrato su unidea di architettura autogenerata basata sulle nanotecnologie e sulla codifica di DNA costruttivi. Persone come Bill Katavolos e Heresh Lalvani, molto piu maturi di Greg Lynn, sono molto piu radicali e freschi nelle loro idee sullarchitettura.
Greg Lynn e lennesimo esempio del dominio culturale delle accademie americane che noi da bravi caproni ci buttiamo giu dal gargarozzo pensando che se parliamo di Greg Lynn automaticamente entriamo nel gotha della ricerca architettonica mondiale. Tutte balle, come quelle che questi personaggi raccontano nelle piacevoli conferenze che atenei di provincia e irrilevanti pagano a peso doro. Lingenuita della critica di architettura italiana mi lascia sempre piu perplesso.
A Milano da diversi anni si tiene una conferenza chiamata Generative Art[2] alla quale ho avuto questanno il piacere di partecipare come relatore, dove si e parlato in modo serio di temi come lutilizzo del computer, lelaborazione di algoritmi genetici, di reti neurali e quantaltro nellambito del processo creativo (architettura, pittura, musica, scultura, design industriale) beh di quella che e una iniziativa scientifica, che ha raccolto interventi di relatori da tutto il mondo, tra cui alcuni dello spessore di John Gero, Michael Leyton e John Frazer, non si e detto nulla ne' su antiTheSi, ne su Archit , ne' da parte di nessuno che dice di essere cosi interessao a questi temi appena arriva una patacca come Greg Lynn a Ferrara tutti a scrivere articoli beh, mi sembra che questo la dica molto lunga sul livello su cui viaggia la critica in Italia roba da Maria de Filippi e Maurizio Costanzo...
1. http://www.generativeart.com
2. http://www.papress.com/forthcoming.html
Nanoarchitecture presents eleven of John Johansen's most inspired visions. A floating conference center, an apartment building that sprouts form the earth and grows on its own, and a levitating auditorium all demonstrate Johansen's capricious yet thought-provoking ideas. Taken together, they offer an antidote to much of today's form-driven practice.
http://www.quantumarchitecture.net
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17/4/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a enricogbotta
Per Botta tutto, tranne quello che dice lui, è una "patacca". Bene, registriamo senza scossoni l'ennesimo commento del vero ed unico profeta dell'architettura. Solo un'annotazione: ad antiTHeSi non interessa essere nel gotha della critica: lo VUOI CAPIRE O NO?!!
A differenza tua, io ascolto tutto e tutti e da tutto e tutti cerco d'imparare, il che non significa essere d'accordo. Tu un pò d'umiltà..no...vero? Conoscevo poco Lynn e ho voluto ascoltare quanto aveva da dire. Per quanto riguarda "Generative", ti avevo chiesto di scrivere tu, ricordi? Mi dovevi mandare parte della tua ricerca per pubblicarla...o mi sbaglio?
A proposito di Maria De Filippi: vacci. Tu sarai sicuramente "famoso" un giorno. Non è quello a cui aspiri? Bene, a me proprio non interessa.
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309
di j lobo
del 17/04/2003
relativo all'articolo
Greg Lynn: idee fresche, idee dinamiche
di
Paolo GL Ferrara
Si potrebbe dire c'ero anch'io, ma oggigiorno il privilegio della presenza ha perso gran parte della sua importanza.
Comunque posso informare, innanzi tutto, su cosa sia avvenuto prima, ossia da quale baratro ci abbia risollevati Greg Lynn. Spieghiamo infatti che due settimane prima della sua conferenza erano stati invitati dalla FAF, sempre in occasione del decennale, Eberle&Baumshlager; e Koolhof. Altra conferenza che ha preceduto quella di Lynn, ci stata gentilmente concessa da Sir. M.Hopkins. Al di l di tutti questi nomi dal sicuro impatto mi sembra doveroso rilevare da osservatore autonomo ed insomma anche meno imbarazzato da doveri di cortesia, che si sia affermata una volta di pi l'inerzia immobile del mondo accademico italiano(tutto?). Cerco ora di argomentare: i contributi di Eberle e Hopkins hanno marcato senza dubbio la loro inesistente linea di ricerca presentando un catalogo delle opere, ribadendo quei due o tre concetti base, buoni per ogni stagione (caso Hopkins clamorosamente). Mi sembra inutile sottolineare il fatto che siano state le conferenze pi presenziate (anche dal corpo docente) e applaudite. Non passeremo per sotto silenzio il fatto che gli invitati all'ormai cerimoniale intervento critico-affabulatorio di Vittorio Savi si siano sottratti con quasi imbarazzante e "clamoroso silenzio". Problemi con la traduzione? Probabile, ma non lo sapremo mai! Non mi sto a dilungare sui temi trattati, anche perch immaginabili ma aggiungo solo che il resto dei temi messi in campo da altri interventi rasentava il banale tanto vero che il tutto sembrato un programmatico tentativo di distogliere l'attenzione dalla teoria dell'architettura e riportarlo alla pratica, anzi al praticismo ( ricordo che uno dei temi portanti del decennale dovrebbe essere la continuit teoria-pratica nell'architettura). Insomma come prevedibile le due prestazioni che ci sono sembrate pi convincenti o perlomelo appassionate sono state appunto quella di Lynn e Koolhof. L'architetto tedesco pur denuciando tutta la labilit delle basi che informano il suo programma, e siamo nel 2003 d.C., ha dimostrato una coerenza processuale che ben riuscito a trasmettere nell'arco dell'incontro. Su questa ricerca si potrebbe parlare a lungo, ma risulterebbe noioso almeno quanto cercare di distinguerne un progetto dall'altro. Quindi mi limito a riportare la significativa impostazione che l'architetto a voluto dare al suo contributo. Koolhof ha mostrato come prima immagine quella del salotto di casa sua e da l partito a spiegare la miriade di salotti pressoch identici che sta tirando s per tutta Berlino. A parte gli scherzi stata un'impostazione che ha denunciato in maniera inconfutabile l'aderenza dell'architetto a quello che un sentimento diffuso di colpa nel popolo tedesco, che si esplicita in un'architettura intimista e fondamentalmente ottocentesca e per questo immune da colpe. Propongo un confronto della sua opera con un altro tedesco, sicuramente pi grande di lui, che ne "Il cielo sopra Berlino" parte da una situazione intimistica analoga per poi sfociare ottimisticamente, anche a livello architettonico, in una visione del futuro di pi ampio respiro e sicuramente problematica.
Su Greg Lynn molto stato detto da Ferrara e quindi mi astengo per ora da un commento approfondito, come del resto ho fatto fin ora. Mi scuso per l'incompletezza di alcuni concetti e anzi gradirei volentieri discuterne meglio con altri.
In ultimo lancio un input che spero venga raccolto per continuare il dibattito sul fondamentale intervento di G. Lynn al XFAF: troppo poco si parlato della ricerca di Lynn, come di altri, e delle sue basi filosofiche, mentre molto si continua a discutere sulla questione epistemologica dell' architettura digitale. Non pensate che sia indispensabile capire cosa sta dietro queste esperienze, cosa le differenzi, per non cadere nell'appiattimento e banalizzazione che a volte si portati a perpetrare nel dover discutere sulla legittimit o meno dell'uso dello strumento informatico? Va be' sono appena caduto nello stesso errore, potete anche non rispondere direttamente alla domanda. Anzi sarebbe meglio.
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308
di Arch. Franco Poli
del 15/04/2003
relativo all'articolo
2001 Firenze Ottobre 26. Fine di una logica
di
Vincenzo De Gennaro
E' drammatico, l'articolo segna la morte dell'Architettura, unica speranza "dobbiamo incontrarci", per rifondare una nuova Architettura.
L'Architetto, a mio parere, ha rappresentato nella stroria dell'umanit un'interprete delle culture dominanti, quindi nell'essenza di tali classi si sviluppava la spinta vitale della composizione architettonica. Oggi il tessuto della nostra societ composito e mutevole e non permette, escluse rare eccezioni, l'affermarsi di tradizioni e dei simboli "architettonici" che le possano rappresentare.
Anche l'Urbanistica, mio amato interesse, ha subito la stessa sorte ed in quanto pi giovane, come scienza codificata, morta fanciulla.
Sarebbe grave mancanza non considerare per che i principali colpevoli del disastro sono proprio gli Architetti, che non hanno saputo evolvere il proprio ingegno e la propria opera al divenire degli eventi, con l'arroganza di costituire autonomamente guida e riferimento per lo svluppo dell'haditat umano, ora edifici, ora citt, ora territorio .
Bisogna prima gurdarsi e poi vedersi, nello spirito di un'azione concertata e coordinata dell'uniteriat intellettuale dalla cultura del progetto. Primo fondamentale passo la riformulazione delle regole che sovrintendono il costruire ed la trasformazione del territorio: leggi, regolamenti, piani urbanistici ed ambientali avvizziti in una caotica successione di provvedimenti settoriali dal 1941 ad oggi.
F.P.
P.S. Vi invito a visitare il sito in costruzione "www.poliarch.it
Tutti i commenti di Arch. Franco Poli
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307
di Silvia M.
del 14/04/2003
relativo all'articolo
Veniamo noi con questa mia a dirvi
di
Paolo G.L. Ferrara
Ponti, Vigan, Portaluppi, nomi eccellenti, EDIFICI SCOMODI.
Io studio alla facolt di architettura del politecnico di Milano; Io sono l' utente principale e, se vogliamo, anche un "indiretta committente" (poich pago le tasse) della 'straordinaria sinergia di asimmetrie volumetriche, di sfondamenti, di aggetti' prodotta dalle 'tre differenti lingue architettoniche'.
Sono convinta di essere la pi accreditata a renderne una critica compiuta (leggi opinione/ punto di vista). Si riassume in un pensiero: provate a fare tre ore di lezione 'negl' incavi e volumetrie prismatiche' progettate da Vigan e non ve ne fregher pi nulla 'del linguaggio new brutalism egregiamente interpretato', vorrete solo tornare alla vostra villetta di provincia progettata da un geometra di provincia dove, per, nessun pilastro nero sta tra voi e il televisore.
Questi edifici NON FUNZIONANO e per questo sono disonesti e incoerenti con uno dei principi fondanti dell architettura. Sono sbagliati. Se l' architettura un atto etico che richiede rispetto dell' uomo questi edifici sono immorali.
Non posso ammettere che per inserisi in modo originale in un dialogo architettonico tra addetti ai lavori - per quanto costruttivo e raffinato - si perda di vista la natura dell' architettura.
Nessun critico dell architettura per quanto accreditato, colto, corretto pu smentire questa verit empirica talmente evidente che non mi fermer nemmeno ad elencare gli errori di progettazione che li affliggono.
Per quello che ho potuto sperimentare fino ad ora una delle maggiori difficolt del progettare coniugare in modo ottimale e coerente le due personalit della architettura: l arte e lutensile, l artista e il tecnico.
So di affermare una banalit ma lo far comunque: un architettura non solo una gigantesca e costosissima scultura cava da contemplare, osservare, confrontare, interpretare, criticare. Non sta dentro ad un museo, dove va a cercarla solo chi interessato o addetto ai lavori o sufficientemente erudito da saperla leggere fino in fondo per quanto ostica. L architettura fa lo spazio perch questo possa essere utilizzato, possa essere funzionale ai fini umani. E lo spazio su questo pianeta di tutti: di Vigan e dei suoi estimatori, ma anche di chi non sa nulla del new brutalism, anche di che non daccordo.
L unica verit sulla quale tutti (Vigan e i suoi estimatori, chi non sa nulla del new brutalism, gli studenti di architettura, e anche Paolo GL) si devono trovare daccordo che nessuno riesce a vedere attraverso un pilastro nero che si interpone tra lo sguardo e la lavagna.
Questo il mio modo di leggere le opere architettoniche: funziona? Si. No. Perch.
E certo che un opera architettonica non funziona solo perch ha dei corretti rapporti areo-illuminanti, percorsi logici, e pilasti a posto.
Un architettura funziona se raggiunge lo scopo per cui stata concepita, se dichiara il suo significato, se comunica (con qualsiasi linguaggio architettonico che la storia o il futuro propongano) il suo perch.
Per questo motivo il College di Bruletti e Signorelli si merita tanto sarcasmo quanto ne spetta ai decantati dirimpettai: cos muto rispetto al contesto in cui inserito che solo recentissimamente mi sono reso conto della sua destinazione e nonostante abbia informato alcuni compagni di corso sulla verit svelata molti sostengono ancora le seguenti tesi: sono uffici ; un teatro; una scuola privata. Questo edificio non funziona affatto, nonostante sia funzionalmente impeccabile con le cellule da 11mq e il bagno comune, perch non risponde in nessun modo all intento di creare interazione tra citt studi e vita di quartiere, perch non ha nemmeno provato ad innovare la concezione dello spazio, privo di ogni ricerca linguistica contemporanea che parli il linguaggio del suo tempo.
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14/4/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Silvia M.
Smentire la Sua verità sui pilastri...sarebbe volersi arrampicare sugli specchi, dunque non lo farò. Ero studente al terzo anno quando mi trovai seduto nei banchi "minimal" senza potere neanche scrivere... perchè non ci stava un quaderno. Nel 1986 frequentai proprio il corso del Prof.Viganò e non fu un rapporto sereno (uso un eufemismo...). Ci scontrammo spesso, anche sulle questioni riguardanti la funzionalità della nuova ala del Politecnico da lui progettata. Ma desidero dirLe che quelle famose aule erano state pensate per essere destinate a spazio di lavoro (grandi banchi per progettare, una sorta di spazi laboratorio) e non per farci lezione e proiezioni), tant'è che Viganò pretese nella sua aula proprio i grandi banchi da lavoro. Potremmo discutere ore sui concetti di Viganò, ma questa è un'altra storia che però, ovviamente, non toglie nulla alla Sua contestazione/constatazione, di cui accetto la sostanza ma non la forma: il mio articolo è stato costruito sulle affermazioni di quello pubblicato su l'Arca, cercando di spiegare il rapporto urbanistico-spaziale tra gli edifici. Vede, a prescindere dal fatto che funzionino o meno, le architetture del Politecnico rappresentano comunque un passaggio importante nella storia dell'architettura italiana. Detto ciò, è assolutamente legittimo metterne in risalto le pecche, ma attenzione all'uso dei termini: definire "disonesta" e "immorale" un'architettura implica una spiegazione ancora più approfondita. Le chiedo di fare del Suo commento un articolo da pubblicare su antiTHeSi, perchè lo spirito del nostro giornale è proprio questo: ricevere critiche sul nostro operato. Cordialità
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306
di Federico Venturi
del 12/04/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Ma perch invece di prendersela tanto con la redazione di Nonsolomoda con intransigenza intellettualistica (i livelli di fruizione dell'architettura possono essere molti e quanti sanno guardare alle opere con maggior profondit di analisi hanno sicuramente la capacit di non lasciarsi impressionare da un programma televisivo) non comprende il vero problema sollevato da Nonsolomoda?
L'architettura diventata oggi, in molti suoi esempi, espressione della societ e della cultura dei consumi, e il "dibattito" che anima le riviste centrato quasi unicamente su questioni formaliste. Architetture di cinque anni sono gi vecchie e passate, questo il risultato di un approccio consumista all'architettura, per cui non pi importante riflettere sui significati spaziali di un'architettura, sul ruolo della luce, sul programma distributivo e funzionale, sulla valenza sociale di un'archiettura, in breve sui contenuti (parola di cui Lei, fa un gran utilizzo) ma si giudicano solo gli aspetti figurativi bidimensionali dell'architettura, l'architettura fotografata, smaterializzata e resa virtuale.
Se il saggio Le indica la luna non guardi il suo dito senza capire
Tutti i commenti di Federico Venturi
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12/4/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Federico Venturi
Lunica cosa per cui mi impressiona Nonsolomoda la pochezza e linutilit, appunto, dei contenuti.
Contenuti che sono la base assoluta dellarchitettura e che non trovano casa sicuramente nel consumismo di cui Lei parla. Mi dica, possiamo davvero stabilire come e quando unarchitettura diventa vecchia? Crede davvero che se ne debbano giudicare solo gli aspetti figurativi? e che intendiamo per essi? Se facciamo un passo indietro (e dobbiamo farlo), scopriamo che tutti gli architetti citati (a sproposito) da Nonsolomoda -e ridotti a stilisti della costruzione- hanno assolute radici nel passato, a dimostrazione che larchitettura non diventa mai vecchia...nei suoi contenuti, appunto.
Rifletta un p.
Cordialit
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305
di difrancesco francesca
del 10/04/2003
relativo all'articolo
Quando gli architetti attentano all'Architettura.
di
Andrea Tartaglia
stato un piacere leggere i suoi 3 articoli, sono totalmente d'accordo con tutto quello che ho letto. BRAVO!
...peccato non trovarne di pi recenti...
le hanno messo un 'bavaglio'? se lo tolga e continui a scrivere!!!
francesca difrancesco
(laureanda in architettura -genova-)
Tutti i commenti di difrancesco francesca
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10/4/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a difrancesco francesca
Bavagli su antiTHeSi? assolutamente no. Chi scrive lo fa liberamente e altrettanto liberamente decide se continuare o meno. Piuttosto che mettere bavagli, noi tentiamo di toglierli.
cordialit
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304
di andrea scotti
del 07/04/2003
relativo all'articolo
IUAV occupato
di
Studenti IUAV
Sono uno studente della facolt di architettura del politecnico di milano.
Nuovo Ordinamento. Nessuno all' atto dell' immatricolazione mi ha informato sul fatto che al politecnico avrebbero attivato, con il mio primo anno, il nuovo ordinamento. Quando ho cominciato a frequentare nemmeno i professori sapevano che ci trovavamo all' interno del nuovo ordinamento.
Dopo tre anni posso solo rilevare il fatto che qualcuno, finanziato dalle mie tasse, sta sperimentando nuovi moduli di insegnamento giocando con l' unica laurea che probabilmente potr permettermi in vita mia.
Questo corso di studi non da alcuna preparazione di tipo universitario. Stanno formando una generazione di incompetenti di cui io mi trovo mio malgrado a fare parte.
Non esiste alcun organismo di tutela.
Tutti i commenti di andrea scotti
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328
di Stefano Tesotti
del 05/04/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
"Inannzi tutto si tratta di newitalianblood.com e non .it, credo sia una correzzione doverosa per un sito che merita dei link corretti..."
Mi permetto di apportare anch'io una correzione doverosa per un sito che merita dei link corretti. Gi, perch sono corretti entrambi! Provare per credere...e si tratta proprio dello stesso sito! Ma guarda un po'...quando meno te lo aspetti...
Tutti i commenti di Stefano Tesotti
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302
di Bob Dylan
del 26/03/2003
relativo all'articolo
ATTACCO A URUK
di
Comunicato della Redazione
Venite voi signori della Guerra
Voi che costruite tutte le armi
Voi che costruite gli aeroplani che portano la morte
Voi che costruite le grosse bombe
Voi che vi nascondete dietro a spessi muri
Voi che vi nascondete dietro alle scrivanie
Io riesco a vedere oltre le vostre maschere
Non avete fatto mai nulla
Tranne che costruire per distruggere
Voi giocate con il mio mondo
Come se fosse il vostro giocattolino
Voi mi mettete in mano una pistola
E vi nascondete perche non vi veda
E correte piu lontano
Quando volano gli ultimi proiettili
Come Giuda
Voi mentite e dissimulate
Una Guerra mondiale non puo mai essere vinta
Ma voi volete che io ci creda
Ma io vedo attraverso I vostri occhi
E vedo nel vostro cervello
Cosi come vedo attraverso lacqua
Che corre via dal mio lavandino
Voi preparate I grilletti
Perche qualcun altro spari
Poi vi sedete e state a guardare
Quando il conto dei morti cresce
Vi nascondete nelle vostre tenute
Mentre il sangue dei giovani
Scorre dai loro corpi
E e sepolto nel fango
Voi avete sollevato la paura peggiore
Che non puo mai essere scacciata
La paura di mettere dei figli
Al mondo
Per aver spaventato il mio bambino
Mai nato e senza nome
Voi non valete
Il sangue che scorre nelle vostre vene
Cosa so io
Per parlare cosi
Direte che sono giovane
Direte che sono uno stolto
Ma ce una cosa che so
Per quanto io sia piu giovane di voi
Neppure Gesu
Perdonerebbe mai quello che voi fate
Lasciate che vi chieda una cosa
Vi piace davvero cosi tanto il vostro denaro?
Vi comprera il perdono?
Pensate davvero che potrebbe?
Credo scoprirete
Che quando la morte riscuotera il suo tributo
Con tutti I soldi che avete fatto
Non riuscirete a ricomprarvi lanima
E spero che voi muoriate
Spero che muoriate presto
Io seguiro la vostra bara
Nel pallido pomeriggio
Vi guardero mentre verrete calati
Nella vostra fossa
E staro sulla vostra tomba
Finche non saro certo che siate
Morti.
Titotlo originale: Masters of War
Bob Dylan, "The freewheelin' Bob Dylan", 1963
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301
di Carlo Sarno
del 22/03/2003
relativo all'articolo
ATTACCO A URUK
di
Comunicato della Redazione
Papa Giovanni Paolo II
"Mai pi la guerra, Signore"
-Preghiera per la Pace -
Dio dei nostri padri,
grande e misericordioso,
Signore della pace e della vita,
Padre di tutti.
Tu hai progetti di pace
non di afflizione,
condanni le guerre
e abbatti l'orgoglio dei violenti.
Tu hai inviato il tuo figlio Ges
ad annunziare la pace
ai vicini e ai lontani,
a riunire gli uomini
di ogni razza e di ogni stirpe
in una sola famiglia.
Ascolta il grido unanime dei tuoi figli,
supplica accorata di tutta l'umanit:
mai pi la guerra,
avventura senza ritorno,
mai pi la guerra,
spirale di lutti e di violenza,
minaccia per le tue creature
in cielo, in terra e in mare.
In comunione con Maria,
la madre di Ges
ancora ti supplichiamo:
parla ai cuori dei responsabili
delle sorti dei popoli,
ferma la logica della ritorsione
e della vendetta,
suggerisci con il tuo Spirito
soluzioni nuove,
gesti generosi e onorevoli,
spazi di dialogo e di paziente attesa
pi feconde delle affrettate scadenze
della guerra.
Concedi al nostro tempo
giorni di pace.
Mai pi la guerra. Amen.
Tutti i commenti di Carlo Sarno
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300
di Fausto D'organ
del 19/03/2003
relativo all'articolo
ATTACCO A URUK
di
Comunicato della Redazione
CI SONO UNA QUINDICINA DI GUERRE IN QUESTO MOMENTO SUL NOSTRO PIANETA. E' QUESTA UNA CERTEZZA LATENTE NEL NOSTRO QUOTIDIANO AFFOGATO D'IMPEGNI ED IPERTESO: POCHI DI NOI UTILIZZANO QUALCHE SECONDO DELLA GIORNATA PER PENSARCI. VIVIAMO NEL DANNO CHE INCONSAPEVOLI PROVOCHIAMO IN QUANTO ESSERI UMANI: UN DANNO POLIMORFICO E INARRESTABILE; UN GRIGIORE PERENNE CHE CI COPRE LA VITA. VITA CHE SCORRE INQUINATA. VITA CHE E' OPACIZZATA DA MILIONI DI CARCASSE DI ERRORI E DELITTI... ANTITHESI, TRA LE TANTE, SAREBBE LA CARCASSA MENO IMPORTANTE; SAREBBE LA VITTIMA ARBITRARIA MENO PREZIOSA.
UNA LEGGERA E MOMENTANEA AMAREZZA MI COGLIEREBBE, MA, SAREBBE IL TEMPO DI UN CLIC. LE AMAREZZE CHE INTORPIDISCONO LO SPIRITO SARANNO PER NOI TUTTI, SEMPRE E COMUNQUE, ALTRE.
LUNGA VITA AGLI ANTITHESIANI.
Tutti i commenti di Fausto D'organ
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299
di Ruben Modigliani
del 17/03/2003
relativo all'articolo
Vicenda Novoli
di
Giovanni Bartolozzi
"uno spazio (...) che lascer alle generazioni future unimmagine falsa dei tempi attuali"? Forse nutro troppa fiducia nella selezione naturale, ma sono convinto che nel giro di qualche decennio del disastro perpetrato da Krier non resteranno grandi tracce. Meglio per le generazioni future, alle quali invece auguro di poter continuare a vedere la Firenze immortale che seppe essere (con il suo coraggio, con la sua aggressivit, con il suo spirito pratico, con la sua rapacia commerciale, con la sua intelligenza etc) faro del proprio tempo.
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327
di enricogbotta
del 05/03/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
Inannzi tutto si tratta di newitalianblood.com e non .it, credo sia una correzzione doverosa per un sito che merita dei link corretti.
In secondo luogo noto con dispiacere che nessuno ha colto il mio invito a parlare di fatti. Ne Di Petta, ne' Ferrara ne' Torselli ne' D'Organ parlano di fatti... parlano di parole e per di piu' si azzuffano su scemenze.
Non si poteva lasciare l'articolo su NIB nel dimenticatoio? No, Paolo Ferrara lo va a riesumare e lancia una crociata contro il povero Di Petta colpevole di aver espresso un'opinione.
Ho proprio ora finito di tradurre un articolo di Eli Ettia sulle bugie di Libeskind. Questo articolo e' esemplare di come vada condotta una critica architetonica... cioe' mostrando delle prove. E queste prove dimostrano che Libeskind racconta un sacco di storie.
Ed e' basandosi su queste prove che dico che Libeskind e il suo progetto per il WTC non vanno presi sul serio. Ora Ferrara non sara' sicuramente d'accordo, il che va benissimo... che porti le prove a sostegno delle sue idee non solo parole.
ecco il link all'articolo "Le Nove Bugie di Daniel Libeskind" su newitalianblood.com
http://www.newitalianblood.com/testi/testo141.html
saluti,
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5/3/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a enricogbotta
Ogni tanto litigo per scemenze anche con le mie fidanzate, il che significa che un vizio congenito: chiedo scusa (a Botta e, soprattutto, alle fidanzate...).
Il pi che, cos come Botta desidera che i suoi articolo su newitalianblood.com (altra scusa che faccio per avere confuso .it con .com) vengano letti, altrettanto desidera Di Petta.
Dire le cose che ha detto Di Petta non significa dire scemenze: questo il problema. Difatti la linea di pensiero di Di Petta ha una grande percentuale di seguito, soprattutto nelle scuole di architettura.
Portare le prove? Su Libeskind ho gi detto quanto dovevo dire nell'articolo "L'architettura va alla guerra: Fuksas diserta".
Se poi Botta desidera leggere qualcos'altro di mio su Libeskind, sempre su antithesi (con il motore di ricerca) vada a rintracciare "Il dubbio Libeskind".
Forse se ne toglier qualcuno su di me.
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326
di enricogbotta
del 05/03/2003
relativo all'articolo
Medaglia d'oro?
di
Mara Dolce
Ma quale attacco personale. Vediamo di cogliere il senso di queste denuncie. E il senso e' che e' l'ora di finirla di inventarsi delle riviste di cui fare i direttori, in modo da poter inventarsi degli articoli da scrivere su dei geni dell'architettura inventati che cosi poi possono partecipare ai concorsi inventati ad hoc con giurie che inventano motivazioni per giustificare le loro scelte e che determinano vincitori i quali vengono invitati a manifestazioni inventate apposta per invitarli e poter inventare tutti insieme delle nuove invenzioni in cui non ci sia, possibilemente, nulla che rimandi a un fatto concreto.
Quando si sente in giro che il lavoro bisogna inventarselo credo vogliano dire proprio questo. Inventatevi direttori di una rivista e vedrete che qualcuno si inventera' pure un premio da darvi.
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298
di Andrea Pacciani
del 04/03/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
Comera e Dovera!
In fondo in fondo, dopo la distruzione delle torri gemelle, mi aspettavo che tra le voci del coro venisse fuori quella della ricostruzione di quanto era prima costruito. Solitamente avviene cos quando ad un edificio carico di significato storico o simbolico viene inavvertitamente tolta la propria identit materiale per motivi accidentali.
Quando il significato della materialit architettonica assume un valore ad alto contenuto disciplinare, culturale, o sociale non ci si pu esimere dalla riproposizione di quanto cera prima (spero di non dover qui trattare la falsit del concetto di falso storico invitando alla lettura di Paolo Marconi o pi modestamente di quanto sostenuto da me in altri interventi in questo stesso sito). Questo vale per larchitettura classica, vedi recentemente i teatri incendiati, quanto quella moderna: voglio vedere se un terremoto tira gi un edificio di Le Corbusier o altri feticci modernisti se questi non vengono ricostruiti comerano e doverano a furor di architetti (a proposito mi piacerebbe che la redazione aprisse una riflessione sulla conservazione e il restauro del moderno, partendo magari dal restauro del Pirellone post kamikaze; perch non lasciare lacerti di facciata rovinata o evidenziare la serramentistica sostituita da quella originale come vorrebbe la teoria conservativa?).
Eppure per il WTC nessuno si scomodato; questo vuol dire che a prescindere dal suo immenso valore simbolico mondiale, quello architettonico e culturale materiale era veramente scadentissimo. Questo vuol dire che di fronte al pi alto carico di valore culturale che si poteva attribuire ad un edificio questo non era sufficiente a giustificarne la sua sopravvivenza architettonica ed urbanistica dopo un evento catastrofico che ne ha interrotto il fisiologico processo di vita.
Per la critica architettonica infatti le torri gemelle erano gi vecchie quando le avevano costruite, quel poco valore disciplinare lo avevano assunto recentemente con la digestione nel tempo del loro segno nello skyline di NYC; vista la fine prematura che hanno fatto e la mancanza di volont di farle rivivere per quelle che erano e per farle permanere al mondo della loro vita naturale per cui erano state progettate, vuol dire che se ne poteva anche fare a meno, che quindi erano uno dei pi grandi inquinamenti edilizi esistenti al mondo.
I fatti sono che unanimemente si sta dicendo che devono essere sostituite con altri edifici di fattura diversa, che la gente non amava quelle architetture nemmeno dopo che sono state immolate per i valori patri; vuol dire che le qualit urbane, abitative e di lavoro che vi si svolgevano erano insignificanti tanto che non se ne avverte la mancanza (come invece accaduto per molti edifici della ricostruzione postbellica europea).
Le chiavi di lettura allora sono diverse:
La prima, per dirla alla Branzi anni 70, oggi molto in voga, che le due torri avevano superato la soglia di un significato architettonico, facendo parte della realt come oggetti che non comunicano valori architettonici, ma che servono semplicemente a vivere (forse delle vere macchine per abitare?) ed allora solo inutile formalismo cercare nuove soluzioni architettoniche ad un intervento speculativo di queste dimensioni.
Oppure la permanenza non pi un valore dellarchitettura, anzi questa (quella modernista) va avanti pi veloce della propria vita edilizia e perci meglio sostituirla alla svelta, meglio se c qualcuno che da una mano a tirarla gi; insomma uno spreco materiale per capricci culturali: larchitettura evento, scenografia, un misto di arte pura e design, un lusso generazionale che di fronte alla complessit si affida allincomprensibile autoreferenzialismo dei presunti maestri geniali per non risolvere i problemi quotidiani.
Se infine larchitettura ancora larte e la scienza di fabbricare secondo delle regole determinate dal bisogno e dal gusto ragionato degli uomini.e rende nel tempo stesso pi sicura, pi agiata e pi sana e ridente la vita degli uomini che raccolti si sono in civile societ (A. Fantastici) allora il primo input per la progettazione deve essere quello eticamente sostenibile della ricerca di una architettura dalla qualit della vita vissuta in grado di sopravvivere anche di fronte ad un bombardamento e di entrare nella vita delle persone in modo da esigerne il comera e dovera se qualche terrorista la distrugge, a maggior ragione se questo edificio parte gi da un valore emotivo culturale ereditato.
Quale quindi la soglia di valore per gli edifici che consenta loro un trattamento diverso dalle due torri per cui alcuni verrebbero promossi al comera e dovera e altri bocciati inesorabilmente alla sostituzione edilizia?
La mia posizione che questa garanzia di risultati solo perseguibile in ci che oltrepassa le generazioni, che appartiene al proprio tempo ma che non vuole essere referente di se s
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303
di Pierluigi Di Baccio
del 04/03/2003
relativo all'articolo
ATTACCO A URUK
di
Comunicato della Redazione
L'Iraq al centro della crisi mondiale: per farla finita con il mondo arabo.
(di Selim Nassib)
Quali che siano i pretesti addotti dall'America per attaccare l'Iraq (e per instaurare sullo slancio la democrazia nella regione), questa guerra possibile soltanto a causa delle condizioni deplorevoli del mondo arabo. caduto il muro di Berlino, l'Unione sovietica solo un lontano ricordo, il pianeta entrato in una nuova era, ma il mondo arabo rimane disperatamente uguale a se stesso. Che i regimi dispotici vi siano largamente dominanti, non ha nulla di particolarmente originale. Altre regioni del pianeta hanno vissuto periodi pi o meno prolungati di tirannia. Ma qui gli anni passano senza che le societ arabe generino nel loro seno movimenti di massa a favore della libert, della democrazia, della modernit. Monarchie anacronistiche e regimi militari pi o meno camuffati continuano ad occupare il potere, incontrando come unica opposizione consistente i movimenti di ispirazione islamista. L'unica libert di scelta che sembrano avere gli arabi quella fra diverse forme di oppressione.
In Occidente, alcuni traggono la conclusione che l'islam in quanto tale contenga un germe anti-democratico, e come prove d'appoggio si citano alcuni versetti del Corano. Secondo questa atmosfera, che va ben oltre gli ambienti razzisti, l'arretratezza degli arabi sarebbe dovuta agli arabi stessi, alla loro mentalit, alla religione che hanno inventato e diffuso, alla loro mancanza di cultura politica, e via dicendo. A tutto questo gli arabi ribattono che loro non c'entrano per niente, e che stato l'Occidente (il colonialismo, l'imperialismo, Israele) ad averli cacciati deliberatamente dalla modernit. Anche loro offrono frasi liberticide, tratte per dalla Bibbia e dai Vangeli, facendo capire che le crociate e l'inquisizione non erano poi tanto diverse dall'islamismo attuale. Soprattutto ricordano che, nel suo periodo aureo in Andalusia, l'impero arabo era stato un modello incomparabile di tolleranza, di scienza e di cultura. Fine del discorso.
Ma che sia colpa loro, colpa degli altri, o un po' l'una e l'altra cosa comunque essenziale rispondere a questo interrogativo: perch gli arabi da tanto tempo danno l'impressione di essere rinchiusi nel loro (glorioso) passato, e di non poter accedere al tempo presente?
un problema tutt'altro che retorico, visto che minaccia la pace del mondo. Qualche mese fa un quotidiano francese pubblicava l'articolo di un esperto americano, che affermava che il pianeta non poteva tollerare pi a lungo la paralisi della sua principale regione petrolifera.
Prevedeva che questa situazione di squilibrio sarebbe diventata inevitabilmente esplosiva e che l'Europa, di conseguenza, avrebbe dovuto riorientare la sua strategia militare per dotarsi dei mezzi necessari per intervenire nel mondo arabo. Confusamente, il presidente George W. Bush sta mettendo in pratica questa teoria, ma a titolo preventivo (cio sparando lui per primo).
In uno dei suoi video, Osama bin Laden affermava, con un giro di frase passato inosservato, che il mondo arabo era in declino da ottant'anni. Perch ottant'anni? Basta un rapido calcolo: risaliamo all'inizio degli anni '20, alla fine della prima guerra mondiale, al crollo dell'impero ottomano, all'intervento di inglesi e francesi nella regione. A quel tempo gli arabi erano usciti da quattro secoli di tutela turca, per essere ormai governati dagli infedeli. Il che spiega l'osservazione di bin Laden: non c' salvezza al di fuori del governo musulmano (il califfato).
Ma, a prescindere da quel che pensa tale individuo, gli arabi hanno digerito molto male quel passaggio da un'epoca all'altra. Prima vivevano, pensavano, andavano e venivano in uno spazio arabo senza frontiere, integrato all'impero ottomano. Il loro sovrano poteva ben dire di essere musulmano, ma era straniero, turco; il che era piuttosto umiliante per una comunit che aveva una cos elevata idea del proprio passato e della propria identit. E tuttavia, la comunit araba si adattava a tale dominio. La Sublime Porta (un bel nome, a met tra il secolare e il trascendentale) poteva anche, eventualmente, dar prova di grande crudelt, ma aveva comunque il merito di lasciare in pace i suoi sudditi, e di lasciare che gestissero da s i loro affari, purch gli fornissero in contropartita uomini e denaro. Una volta pagate le imposte e inviati i figli nell'esercito, gli arabi di Beirut, di Damasco o di Gerusalemme erano a posto, pi o meno. Il potere politico risiedeva altrove, non dovevano preoccuparsene loro. Raggruppati in famiglie, clan, comunit, regioni, alleanze, erano arabi di Palestina, del Libano, della Siria, senza che il loro paese d'origine costituisse per loro una nazionalit. Gli intellettuali arabi, da parte loro, erano consapevoli che l'impero ottomano declinava irrimediabilmente, a tutto vantaggio di un Occidente dalla superiorit e dalla bramosia quanto
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296
di Alessandro Sanavio
del 03/03/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
Stavo leggendo l'interessante articolo di Paolo Ferrara sulla ricostruzione del World Trade Center quando mi imbatto sulle "fondamenta sotterranee" del World Trade Center. Cresciuto a Venezia ero certo che le fondamenta si trovassero solo nella mia citta'. Che delusione trovare anche su AntiThesi la perenne confusione tra fondamenta e fondazioni. A meno che si tratti di vere fondamenta e il fiume Hudson penetri nel cuore del World Trade Center..
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3/3/2003 - PaoloGL Ferrara risponde a Alessandro Sanavio
...sarò confusionario, ma credo che l'osservazione sia un pò pignola...Le "fondamenta" sono "...quella parte di una struttura architettonica che, murata sottoterra, serve da base e da sostegno...".
Più o meno, in tutti i dizionari...sono così definite.
Piuttosto, perchè non fare un commento critico sui contenuti dell'articolo? li aspetto con piacere.
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297
di Giovanni D'Ambrosio
del 03/03/2003
relativo all'articolo
Nuove categorie critiche
di
Mara Dolce
La ringrazio per avermi dato modo di leggere un articolo intelligente e spiritoso.
Ho sorriso quando ho letto le parole leggerezza, trasparenza e flusso.
Era da tanto tempo che riflettevo su questi aggettivi, e le sue attenzioni mi sembrano appropriate.
Il modo di fare critica dell'architettura in alcuni ambienti mi appare veramente leggero, trasparente e fluido a tal punto da non lasciare assolutamente nulla di significante nella descrizione che i critici si accingono a dare su i nuovi modelli architettonici che cos innovativi poi non appaiono.
Spesso al lettore non rimane nulla di veramente solido per arricchire la propia crescita intellettuale sull'architettura .
Infatti ormai la solidit non sembra contare pi nulla , tutto etereo e delicato.
Leggendo le righe del suo articolo mi sento a mio agio , e mi riconosco nel suo pensiero .
complimenti
Giovanni D'Ambrosio
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295
di Carlo Sarno
del 02/03/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
Veramente mi aspettavo qualcosa di diverso, una architettura alternativa alla logica dei grattacieli ormai secolarizzata. Invece, anche se con simbolizzazioni si ripete la stessa matrice. Dice Paolo : " ...Quando le Twin Towers vennero commissionate a Minoru Yamasaki certo che i proprietari dellarea gliene abbiano chiesto il massimo sfruttamento, da cui ricavare il massimo profitto...". Si Paolo ma non solo questo. Erano anche il simbolo della forza economica americana, un modo rigido e antidemocratico di marcare la propria supremazia. Il ritorno di una simmetria schizoide che ben rappresentava l'uomo eterodiretto di Marcuse.
Ma allora quale alternativa? C' chi ha parlato di riprendere un vecchio progetto di Gaud per un grattacielo albergo, che se non altro avrebbe rappresentato la volont di creare un futuro diverso sulla base delle idee di un genio dell'architettura. Ma ancor pi Paolo, io penso a come Frank Lloyd Wright ha risolto il problema di creare una architettura organica a New York, tra grattacieli , il Museo Solomon Guggenheim. Cosa ha fatto Wright ... partito dal principio organico dell'architettura che genera lo spazio dall'interno all'esterno, dalla vita che dovr svolgersi in modo vitale e democratico all'involucro esterno. Non cerca rapporti con un ambiente urbano ostile circostante, genera la sua architettura da un principio interno, originale e creativo. Chiunque stato a New York, ed esce dalla Quinta Strada e si avvicina al Museo di Wright comprende subito che si trova di fronte ad una realt estranea alla logica della mercificazione, una architettura organica che esalta la creativit e libert dell'uomo in maniera inconfondibile: un fiore in un deserto!
Ecco Paolo, mi aspettavo per il Memorial qualcosa di effettivamente nuovo , una fioritura dell'architettura umana nel senso vero del termine, in un ambiente che ha asservito l'uomo alla logica del mercato e dell'arrivismo carrieristico, ... l'inizio di un nuovo mondo, di pace, solidariet e democrazia. Se anche nel progetto vincitore ci sono queste intenzioni, mi sembra che non riesca a distaccarsi dalla logica precedente, pur avendo qualche sfaccettatura formale in pi ed un guglia eccezionale.
Carlo Sarno
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2/3/2003 - PaoloGL Ferrara risponde a Carlo Sarno
Cercare raffronti tra i significati delle due opere (Wright e Libeskind) lo reputo un p forzato. Sia chiaro: Wright per me "l'architettura", ma anche il Solomon trattava il tema del profitto (non per niente s un edificio a scopo culturale, ma anche commerciale). Il linguaggio ed il messaggio trasmessi sono comunque drammaticamente diversi: il Guggenheim "trasmette" cultura, l'uomo che si specchia nella sua genialit attraverso le opere d'arte. Il WTC "trasmette" tragedia, l'uomo che si specchia nella sua pochezza, nella sua miserabilit.
Caro Carlo, purtroppo credo sia cos.
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293
di enricogbotta
del 01/03/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
"Libeskind costruir il nuovo World Trade Center : il suo progetto ha prevalso su quello del Gruppo Think. "
Libeskind non costruira' il nuovo WTC. Costruira' molte altre cose grazie alla pubblicita' che si e' fatto con questo concorso... quindi mettiamoci il cuore in pace tutti, sia chi pensa che la sua proposta sia un meraviglioso capolavoro e sia chi invece e' convinto che si tratti di una boiata.
L'affermazione di Fuksas sara' anche pretestuosa ma e' vera. Sottolinea una caratteristica comune a tutte le proposte (tranne la seconda classificata, che di fatti NON ha vinto), e cioe' il conformismo mascherato da trasgressione.
"Un qualsiasi proprietario di un terreno agricolo non rinuncer mai al massimo della cubatura possibile per costruire; e non lo far mai neanche il proprietario di un terreno edificabile (figuriamoci se ci rinuncia chi proprietario di sei ettari e pi nella down town di New York)."
Beh forse non ti ricordi che il buon vecchio Mies (il cui tipo "High Rise" ha avuto tanto successo in USA proprio per l'ottimizzazione dello sfruttamento di square footage consentito) ha buttato al vento centinaia e centinaia di piedi quadri di superficie commerciale su Park Avenue... Mies ha avuto il fegato di farlo, Libeskind e compagnia cantante questo coraggio non ce l'hanno avuto.
Riguardo invece ai "significati" credo di non poter che essere daccordo con Fuksas. Certi "simbolismi" da kabalah di bassa lega sono puerili, non aggiungono nulla al progetto e tolgono molto a chi con la faccia seria li sciorina come fossero cose significative. Ovvio che agli americani queste buffonate piacciono, ma parlare di "significati" quando in realta' si tratta di un mero fatto numerico (1776 scalini o quello che' etc) o semplicistiche combinazioni e' grottesco.
Libeskind e' sempre piu' una delusione, altro che "Libeskind un architetto che ci aiuta a misurarci con le irragionevolezze del mondo e della storia. L'architettura, arte costruttiva, solida, razionale e certa per definizione, ha incontrato raramente nella sua storia questa deriva tormentata, difficile e crudele". Di Libeskind e del suo tormento faccio volentieri a meno.
Tutti i commenti di enricogbotta
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294
di Beniamino Rocca
del 01/03/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
Libeskind ha vinto , evviva .
Fuksas non d'accordo . Pazienza . Sa bene anche lui , per averne vinti tanti di concorsi internazionali ad inviti e no , che non sempre vince il progetto migliore ma sempre quello che meglio rappresenta gli interessi dei promotori del bando di concorso .
Questa volta per a New York ha vinto il migliore .
Libeskind , a mio modo di vedere , ha saputo "progettare per vuoti" , pur realizzando milioni di metri cubi , migliorando lo skyline di New York . Questo il colpo di genio .
L'architettura proposta dal Gruppo Think una di quelle architetture divisibili per due , dunque , una mezza architettura .
Beniamino Rocca
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291
di Furio Barzon
del 21/02/2003
relativo all'articolo
Mobilit: il tempo in movimento
di
Sandro Lazier
Caro Sandro, Caro Gianluigi, la Biennale di Architettura di Rotterdam aprir il 7 Maggio 2003 e rimarr aperta fino al 7 Giugno (come del resto segnalato in http://www.antithesi.info/images/foto/rotterdam/4/mob0.htm) e sar sicuramente uno dei pi importanti avvenimenti internazionali. Vi segnalo, anche per rassicurarvi, che non vi stata nessuna apertura n inaugurazione, ma una semplice conferenza stampa per annunciare il tema.
Tutti i commenti di Furio Barzon
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21/2/2003 - Sandro Lazier risponde a Furio Barzon
Il mio "rimprovero" non rivolto al mondo del Web - che spesso ha poche risorse e non sempre pu sostenere i costi di trasferte e viaggi - ma a quello pi ricco e prestigioso dei media cartacei ai quali, pare, poco interessa ci che sta fuori dalla bottega.
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290
di Gianluigi D'Angelo
del 20/02/2003
relativo all'articolo
Mobilit: il tempo in movimento
di
Sandro Lazier
Purtroppo dovevamo esserci anche noi di Channelbeta a Rotterdam. Devo dire che l'invito ci arrivato con molto ritardo e per questo non siamo riusciti ad organizzarci. Nel momento in cui lo abbiamo fatto avevamo un giorno di ritardo rispetto alla conferma indicata sull e-mail che ci stata inviata, sperando in un po' di elasticit da parte dell'oganizzazione, abbiamo avuto purtroppo una risposta negativa. Sono felice che almeno voi siate riusciti a documentare questo evento che senz'altro meritava una visibilit maggione. Tra l'altro nei progetti presentati a Rotterdam c'era ul'esposizione curata dalla DARC in cui sono presentati alcuni progetti sulla mobitit tra cui Ecoscape il progetto del DART Dipartimento Ambiente Reti e Territorio della Facolt di Architettura di Pescara.
Tutti i commenti di Gianluigi D'Angelo
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288
di emil tatlin
del 18/02/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Gehry sar anche stato l'autore dei capisaldi dell’emancipazione del linguaggio dalle costrizioni castranti dell’accademismo neorazionalista (come dice Paolo GL Ferrara), fattost che tutta la sua architettura concepita per essere glamour, icona, immaginario... e in "non solo moda" a mio parere ci sta come la mozzarella sulla pizza.
Non mi sembra propro che abbia mai affrontato l'architettura nella sua complessit, ha sempre evitato qualunque tematica di contesto urbano, sociale, di inserimento ambientale...etc, etc, Gehry ha sempre cercato di fare il botto, lo scoop, di creare un'immagine che potesse essere mediatica, vendibile , veloce. E allora perche' scandalizzarsi se i rotocalchi parlano di lui?. Gehry crea immaginario piu' che architettura. In questo e' un maestro, non c'e' che dire. E' riuscito benissimo e con classe, ma a mio avviso e' molto riduttivo come architetto. Gehry i problemi urbanistici li risolve con i muri di cinta (vedi "la citta' di Quarzo" di Davis), crea nuvolette artificiali autonome ed autoreferenziali, che potrebbero essere li come altrove, rivolte a sud come a nord.
Vi siete mai chiesti come si vive negli spazi creati da Ghery? Come si lavora nei suoi uffici? Migliaia di pagine che ritraggono le sue architetture ma neanche una che risponda a queste domande. Ma in fondo e' giusto che sia cosi'. E' un'architettura costruita piu' per le riviste patinate che non per chi ci abita, che diventa un elemento secondario, di completamento. Ma proprio per questo per me rimane un architetto molto interessante. E' proprio nel suo essere glamour che Ghery scrive pagine importantissme per la storia dell'architettura contemporanea.
Tutti i commenti di emil tatlin
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18/2/2003 - PaoloGLFerrara risponde a emil tatlin
Cos contesto? cos inserimento ambientale? cos immagine mediatica, vendibile, veloce?
Mi sa che anche Lei perfettamente calato nel clima nonsolomoda, soprattutto quando dice che Gehry crea immaginario pi che architettura. Attenzione: qualcunaltro -prima di Gehry- proponeva le direttrici nello spazio quali elementi che tendono a deformarsi sinergicamente alla resistenza dellatmosfera: era H.Finsterlin, anni 20 del XX secolo, espressionista visionario di architetture immaginarie. O almeno cos era catalogata la sua opera dalla storiografia (quella accademica), almeno fino, appunto, a Gehry.
La vera novit rivoluzionaria del Guggenheim proprio lattenzione allarea di progetto, alla sua reintegrazione con la citt. Se non si comprende e se non si parte da questo punto imprescindibile, inutile discutere.
Gehry e gli spazi interni: assoluta funzionalit. Siamo sullo stesso grado di chiarezza dellimpostazione delle funzioni propria di Erich Mendelsohn...ed ecco che lo ri-lega ad H.Finsterlin.
Gehry scrive pagine importanti proprio nel suo essere glamour? Ne scopra i rapporti con artisti quali Richard Serra, e tutti i pittori pop e vedr che di glamour non c proprio nulla. Dopo, solo dopo, analizzi la sua casa a Santa Monica. E dopo, solo dopo, e con un pizzico di Boccioni, scopra i significati del Guggenheim.
Per esempio andando questo link coffeebreak/20001108
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287
di Mara Dolce
del 16/02/2003
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Il Guggenheim di Bilbao e' stato anche glamour, ha fatto e fa tendenza nell'architettura , ha condizionato i cervelli degli spettatori-architetti verso il mondo della ricchezza e dello sfarzo, come sono le architetture di Gehry. La promozione e la spettacolarizzazione di questo edificio cosi' com'e' stata concepita a suo tempo, e' anche la dimostrazione che la cultura a volte e' moda e non sempre cosa seria.
Nonsolomoda mi sembra il contenitore adatto.
Tutti i commenti di Mara Dolce
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16/2/2003 - PaoloGLFerrara risponde a Mara Dolce
Dissento assolutamente dall'idea del Guggenheim da leggere oltre i suoi significati di reintegrazione edificio-città-territorio. Tutto il resto è "contorno", non commestibile.
Gehry "è" Santa Monica: lì arriva tutto il suo retroterra di esperienze in parallelo con l'arte; da lì ri-parte tutto. Ma non certo il glamour: quello è un'invenzione mediatica.
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286
di Carlo Sarno
del 14/02/2003
relativo all'articolo
Andrea Branzi sulla linguistica architettonica
di
Andrea Branzi - Bruno Zevi
"...se la qualit architettonica ancora sottintesa in qualsiasi forma urbana, ci dipende dal fatto che gli architetti applicano alle citt la logora nozione di forma urbana; il movimento moderno lha sempre combattuta, tanto che la settima invariante postula la reintegrazione edificio-citt-territorio..." risponde Bruno Zevi ad Andrea Branzi.
Si, mi sembra che il nucleo dell'argomentazione sia proprio qui : LA REINTEGRAZIONE EDIFICIO-CITTA'-TERRITORIO. Dice Bruno Zevi nel suo libro il Linguaggio moderno dell'architettura :"...crolla ogni distinzione tra spazio interno ed esterno , tra architettura e urbanistica , dalla fusione edificio-citt nasce l'urbatettura ..." e ancora "...la reintegrazione architettura -natura va operata scientificamente , sulla base di studi antropologici , sociologici e psicanalitici...". In parole semplici , Bruno Zevi tende alla reintegrazione architettura-urbanistica-vivere felice dell'uomo.
Il maestro dell'urbanistica organica italiana Luigi Piccinato gi dagli anni quaranta sulla mitica rivista Metron , portavoce dell'A.P.A.O. (Associazione Per l'Architettura Organica , nata nel 1945) , poneva la questione della reintegrazione della citt con il territorio e con la vita felice dell'uomo.
Ma ancor prima Frank Lloyd Wright poneva le basi della settima invariante zeviana , e il suo pensiero lo troviamo ben espresso nella sua ipotesi per Broadacre City e con le sue stesse parole , nel libro La Citt Vivente , il cui titolo gi un programma : "... la citt nuova non da nessuna parte se non ovunque . Lo spazio diventa vivente , per poter essere goduto e per poterci vivere ... Questo il nostro sviluppo , l'integrazione spirituale con la vita quotidiana . Semplice perch universale conservazione della vita , e la felicit ne la conseguenza inevitabile ... ".
Con la fiducia negli uomini che sapranno in futuro organicamente reintegrare la vita e l'abitare con l'architettura e il territorio, mi unisco al brindisi di Bruno Zevi alla vittoria della vita !
Carlo Sarno
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282
di Francesco Ceccarelli
del 10/02/2003
relativo all'articolo
Master digitale IN/ARCH: la replica di Luigi Prest
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Enrico Botta non fa troppi complimenti nella replica a Prestinenza Puglisi e risponde con durezza, ma gli argomenti ci sono eccome. Non credo sia altrettanto giustificata invece, l'interruzione di Puglisi.
Che questo master faccia acqua da tutte le parti e' piu' che evidente, perche' difenderlo ad oltranza? perche' i promotori non chiedono scusa per le gravi mancanze ed errori commessi?
E che c'entra il livello di questo master con i dottorati dell'universita'?
li vogliamo proprio mettere a confronto? Che ne dice Puglisi che lavora nell'universita'?
Tutti i commenti di Francesco Ceccarelli
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280
di Stefano Tesotti
del 07/02/2003
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Perdonate la mia ingenuit...ma qualcuno ha mai chiesto agli abitanti di Gibellina che citta' volessero ri-costruire, quale casa volessero ri-abitare etc. etc.? Per farla breve, non credo che la mia povera nonna, che ha sempre vissuto in una sobria casa campidanese (abitazioni tradizionali della piana del Campidano in Sardegna) si troverebbe a proprio agio in una abitazione lontana dal suo "immaginario".
Spero di essermi spiegato.
Con una grande stima per tutti coloro che collaborano a questo sito,
Stefano.
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279
di Paolo Fiore
del 05/02/2003
relativo all'articolo
Master digitale IN/ARCH: la replica di Luigi Prest
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Mi sorprende e mi delude l'ultima risposta di Luigi Prestinenza Puglisi, che chiude una discussione con punti di interesse ed interrogativi aperti e si nega a qualsiasi confronto.
Paolo Fiore
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325
di Mara Dolce
del 05/02/2003
relativo all'articolo
Medaglia d'oro?
di
Mara Dolce
Capisco che la menzione di Brizzi alla medaglia doro sia di tale ed oggettiva inconsistenza che si tenti debolmente di distoglierne lattenzione con pretestuose quanto puerili dichiarazioni del tipo siete cattivi e gelosi allindirizzo di chi solleva legittime ed aggiungerei doverose perplessit; ma andando oltre, il problema non solo Brizzi e la sua poco conosciuta(?) produzione critica.
Sembra da un po di tempo a questa parte, che una certa critica sia incapace di formulare giudizi di puro merito senza che questi siano fortemente condizionati e vinti dalle relazioni di amicizia, con risultati deludenti e di scarso interesse per larchitetttura .
Brizzi un apprezzato divulgatore dellarchitettura, ma non lo altrettanto come critico; il suo nome come finalista ingiustificato. Ma nel premio Medaglia dOro si tentata una forzosa operazione di alta sartoria, adattando al suddetto un premio che gli sta largo e gli cade male da tutte le parti. Perch?
Certo, tutto si pu fare, ma bene che si sappia che una parte consistente di pubblico non apprezza questo tipo di operazioni, che sicuramente non aiutano quellarchitettura italiana che gli stessi protagonisti di queste vicende affermano di voler risollevare.
Poi sarebbe doverosa una riflessione sulla seriet dei premi in generale e sulla Medaglia dOro in particolare interrogandosi sulla loro reale utilit .
Detto questo, la notizia di Brizzi finalista ad un premio di critica ha degli aspetti positivi: una speranza per tutti.
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324
di Vilma Torselli
del 05/02/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
Riferimento al commento n323
Egregio Fausto D'organ,
travolta dalla foga della sua dialettica dirompente, dallenfasi oratoria, dal vortice della spirale barocca di un discorso non sempre comprensibile, confesso che ci ho messo del tempo per realizzare che lei stava parlando con me.
Eccomi.
Dovrei probabilmente esordire con un educato: Forse non mi sono spiegata bene., preferisco invece dire: Lei non ha capito bene..
Semplifichiamo: io non ho MAI usato il temine archetipo, ho usato invece lespressione significati archetipici.
La differenza pu essere sottile, non certo irrilevante, e mi stupisce che lei, che ha sviscerato con tanta profondit lorigine etimo-filologica di un vocabolo mai scritto, non abbia colto il palese significato di una breve frase di importanza cruciale per la comprensione di un discorso che lei contesta forse senza aver letto.
Partiamo da una banale analisi logico-grammaticale secondo le regole della lingua italiana: significato, sostantivo, astratto, maschile, singolare, (dalletimo greco sinnifikantsa) concetto racchiuso in un qualunque mezzo di espressione (Nicola Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana), mentre archetipico , aggettivazione del vocabolo di cui lei fornisce cos puntualmente il senso, aggettivo attributivo che, in quanto tale, esprime una caratteristica saliente, una attribuzione, appunto, del sostantivo a cui si riferisce.
Nella fattispecie, laggettivo archetipico conferisce al sostantivo significato, qualunque esso sia , il significato (perdoni il bisticcio) di archetipo, senza che esso lo sia.
C una bella differenza tra archetipo e significato archetipico, la stessa che c, tanto per fare un esempio a caso, tra presunzione e persona presuntuosa: se dico di lei che una persona presuntuosa, voglio affermare il suo essere persona, che ha, tra le sue caratteristiche, come caratteristica principale, determinante, archetipica, quella di essere presuntuosa, non voglio parlare della Presuntuosit (archetipo) in assoluto n dire che lei la rappresenti, lei anche altre cose.
In ogni periodo storico, indipendentemente dalla sua estensione temporale, sono rintracciabili dei significati, anche in questo che stiamo vivendo, in cui lei continua a correre, a scoprire, a sbagliare., e se prendiamo per buona la sua analisi, se il significato che emerge come saliente per la nostra epoca la la "metastabilit", ecco, questo il significato archetipico che gli architetti di oggi coglieranno, quello che trasferiranno nelle loro opere, quello che chi verr dopo legger.
La mia spiegazione banalmente didascalica, sono certa che, questa volta, riuscir a capire cosa intendo dire, basta che si concentri quel tanto che le permetta di ascoltare i discorsi degli altri, specie di quelli a cui vuole dare una risposta o una lezione.
Vilma Torselli
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278
di Massimo Cosentino
del 04/02/2003
relativo all'articolo
Master digitale IN/ARCH: la replica di Luigi Prest
di
Luigi Prestinenza Puglisi
Ho seguito la polemica sul master In/Arch e, se posso dire la mia, mi sembra che in molti ci stiano facendo veramente una brutta figura. Enrico G.Botta e Mara Dolce si sono un p accaniti, ma le reazioni degli interessati hanno dimostrato che i motivi per indignarsi erano sostanziati.
Credo sia importante notare come molti dei "protagonisti" rimangano in silenzio: che non vogliano ripetere gli errori logico/dialettici che invece hanno commeso Maria Luisa Palumbo e Prestinenza Puglisi?
L'ultimo intervento di LPP credo dimostri la totale mancanza di argomentazioni valide a sostegno della posizione dell'In/Arch (al di la' delle altre cose che invece riguardano Prestinenza in modo piu' personale)
Fatto sta che ora le cose sono molto piu' chiare, quindi un grazie a Enrico G. Botta e Mara Dolce, e ad antiTHeSi per aver dato spazio alla discussione.
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277
di Fausto D'organ
del 03/02/2003
relativo all'articolo
Master Digitale
di
Mara Dolce
Parole Chiave(3) [CATEGORIE GENERATIVE]
[...] CAAD - (Computer Aided Architectural Design) plurizona fisica e non fisica, hardware e software, in cui è possibile manipolare, se si è predisposti mentalmente a farlo, unità di base, forme minime di senso; manipolazione che non dovrebbe fermarsi sul layer più esterno del processo, ma che dovrebbe compiersi studiando i modi della nascita dei nuovi sistemi di segni (intenzionali, artificiali o quant'altro) che affiorano sui gesti di un qualsiasi atto creativo che s'incuba nella macchina, interfacciandosi alla mente tramite un nuovo vettore linguistico (IDIOMA CAAD), in un flusso regolativo senza orientazione precisa. La piattaforma informatica può essere scelta quale habitat primigenio (CAAD d'ORIGINE) nel quale concentrarsi sul momento dell'ideazione di qualsivoglia impianto, sfruttare il software come catalizzatore delle personali energie creative a sostegno e stimolo dell'atto del generare (CAAD GENERATIVO); agire ed interagire promuovendo l'apprensione virtualizzata di più manifestazioni, visive_uditive_intereattive nelle quali si hanno presenti entità, taluni contenuti, senza affermare, sostanzializzare nulla di essi (CAAD CONCETTUALE): si lavora con termini mentali considerati in quei caratteri che si trovano nelle realtà esistenti e/o soltanto possibili.
O.B.M. - (Object Based Modeling) ambiente operativo su macchina, che permette all'utente di pensare entità complesse come composizioni di parti (primitive), oggetti separati organizzati secondo una struttura gerarchica. All'interno delle strutture gerarchiche esistono molteplici semi (segni 2D e 3D) ognuno modellato indipendentemente dagli altri con caratteri determinati e determinanti: i semi sono soggetti ad atti di combinazione (instance) per formare oggetti da coinvolgere, a loro volta, in combinazioni che generano classi. Il sistema O.B.M. è aperto, nel senso che permette la coesistenza di traiettorie diverse del processo creativo all'interno di un unico modello; il sistema O.B.M. è inoltre concatenante, nel senso che un cambiamento effettuato nel livello più basso della gerarchia (modifica dei caratteri di una primitiva) si ripercuote su tutti gli altri livelli del modello.
SCHIZZO - certo dell'inutilità della spiegazione di questo termine, mi appresto a proporne una ricollocazione: invece di pensare al flusso SCHIZZO CARTACEO -> SCANNER -> VETTORIALIZZATORE -> CAAD -> MODELLO, pensiamo per un momento alla possibilità, affascinante quanto spinta, di consentire all'espansione geometrica dell'idea per mezzo di punti e linee veicolanti infrastrutture 3D (...schizzare, appunto!), direttamente in ambiente informatico; non in un programma d'assistenza alla progettazione in cui tracciare una linea significa delinare un luogo di punti nel piano, generare un elemento 2D che può cambiare solo nel suo dominio 2D, ma in un motore geometrico in cui ogni ente è ente_vettore_3D: un software in cui si fanno schizzi coordinati nello spazio di modellazione, un software in cui ogni segno del pensiero creativo mantiene tutto il peso che gli ha dato la mente, acquistandone dell'altro una volta giunto nel cyberspazio di modellazione (nuovo flusso MENTE -> IDEA -> MACCHINA -> MODELLO).
PARAMETRICO - coagulo concettuale dell'O.B.M.; la modellazione digitale di entità offre una sorte di transfusione mente_cpu, uomo_macchina, segnata dalla commistione di gesti emotivi, sensazionali, romantici, sociali, economici, con interconnessioni dinamiche di dati numerici, cambiamenti di funzioni matematiche, inserimenti e disinserimenti di variabili: l'uomo crea, fantasticando e/o rincorrendo il soddisfacimento dei bisogni del committente e la macchina si occupa di dare ad ogni gesto espressione matematica, lavora per la conquista del controllo analitico delle trasformazioni grafiche. E controllo non significa unidirezionalità del prodotto digitale, ma condizione poligenica d'interattività in ogni fase di questa programmazione discendente che coordina l'uomo alla macchina. Controllo si traduce in sistematizzazione di geometrie ancora flessibili che conservano l'umanità di un atto creativo ed i valori aggiunti di un vettore informazionale. Uno di questi valori aggiunti è la parametrizzazione: il modello può essere codificato per mezzo di parametri a valore libero e liberamente variabile: il macroggetto (o i macroggetti) frutto primario del flusso creativo in atto, conserva uno stato d'indeterminazione (NO STILE NO TIPOLOGIA NO SCALA) proprio di un ecosistema dinamico di pensieri in maturazione (ENTROPIA dell'IDEA). Esso potrebbe diventare qualsiasi cosa; sta al creatore (e non alla macchina!) decidere come trattare la macrostruttura, scegliere quali valori inserire nelle caselle variabili di questa matrice morfogenetica che si chiama PROGETTO.
CONCETTO CATEGORICO - form
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276
di Fausto D'organ
del 02/02/2003
relativo all'articolo
Architettura o dell'antropologia?
di
Guidu Antonietti
L'ARCHITETTURA DIGITALE?
Ecco un inizio pericoloso! Urge un rapido disinnesco: l'architettura digitale un'etichetta. L'etichetta serve a due cose: catalogare e vendere. I responsabili dello spazio antiTHeSiano non vogliono vendere nulla, ma hanno accettato di offrire una zona di pseudocatalogazione; antepongo "pseudo" per manifestare quella che penso sia una sensazione di noi tutti (Paolo e Sandro in testa) riguardo alla flebilit della parola "catalogazione" in questioni come questa (flebilit che incita a sostituire "catalogazione" con "comunicazione"). Taglio corto, sforzandomi di scrivere in italiano e di non permettere che le mie lacune culturali (effetto della giovane et e dell'indole distratta) mutilino i miei pensieri, e affermo che le uniche architetture digitali che conosco sono i portali degli I.S.P. (i fornitori di servizi internet), alcuni siti web in tecnologia java, flash e vrlm, i videogiochi e certe installazioni modaiole d'arredo per interni (ed esterni) che senza elettricit sarebbero, purtroppo, mucchi di ferraglia giustapposta, costati un patrimonio. Tutti esempi in cui l'azione di etichettatura efficace per ambedue gli scopi (catalogare e vendere). La Casa, il Palazzo per uffici, il Museo, il Camposanto, il Parco, il Quartiere... sono architetture "altre" rispetto alle precedenti, sono urbatetture (un'altra etichetta) lapidee, metalliche, vetrose, ibride, ecc. I progettisti di architetture di tale natura, predisposti psicologicamente, culturalmente ed emotivamente (e necessariamente capaci di usare, con le proprie mani e la propria testa, i computers e le piattaforme software pi indicate allo scopo (senza "sfruttare" le mani e la testa di neolaureati smanettoni, magari freschi di Masters in Architettura Digitale!)) a innestare genomi informatici nei propri flussi creativi, tali progettisti, dicevo, daranno alla luce fabbriche con intime fibre digitali sostanzializzate in metri cubi di cls con Rck attentamente scelta, in quintali di maglie di BAM FeB44k giustamente conformate, in vetro, profilati di Fe classe 510, ecc. L'indotto dell'evoluzione digitale su architetture di tale natura si rintraccia nei modi di pensarle, comunicarle e costruirle. PENSARE COMUNICARE COSTRUIRE. Parole che portano sostanza. Sostanza: materia: ente vivibile, tastabile, odorabile, degustabile. Avrei piacere (e sono sicuro che cominciate ad averlo anche voi!) a fermarmi qui, perch sento di aver gi detto l'essenziale, ma un bastardesco istinto mi spinge a procedere. Certo del fatto che scopro l'acqua calda nel puntualizzare che "Casa" e "WebSite" (DOMUS e X-BOX) sono umanamente antiTHeTiche ma oggi geneticamente compatibili (OGGI GENETICAMENTE COMPATIBILI), vado avanti per nuclei sensibili, cio per brevi pensieri che necessiteranno di quel "parlare insieme" che pare non mi sia concesso (forse non ne ho diritto), ma che continuo a desiderare (senn avrei smesso da un pezzo di inviare commenti!); nuclei che ammalappena accenno a coagulare per partito preso, perch tutto 'sto "parlare da solo" mi sta creando frustrazione. [1NUCLEO] - LA DOPPIA REALTA' - [1]I software di progettazione sono una manna dal cielo per chi ha smesso di amare l'architettura, o per chi non ha mai imparato ad amarla! I cervelli positronici di Asimov sono ora realmente al servizio degli uomini che ambiscono a colmare i vuoti del loro essere nel mondo con i prodotti delle metafisiche elaborazioni numerico_binarie di un ammasso di rame e silicio. Progettisti che sorprendono se stessi a fare un lavoro al quale intimamente sentono di non poter offrire nulla d'originale, perdono letteralmente la testa per questi giocattoli multimediali che sfornano architetture a comando in molto meno tempo e con un'asettica precisione. Persone senza ingegno trovano il loro alter_ego tra le tendine di un'interfaccia di AutoCAD o del pi allettante e seducente ArchiCad; persone d'animo leggero si divertono a fingersi creativi imprevedibili accostando, su un foglio da disegno virtuale, ammassi di codici, di segni, di membra d'idee d'altrui menti; persone, che nulla hanno imparato da coloro che in questo lavoro "socialmente utile" l'hanno preceduti, pensano che dopo 20anni e pi sono tornati ad ammazzare il tempo con nuove versioni dei giochi di costruzioni della Lego e stavolta vengono pure pagati per farlo! Scenario raccapricciante!? Beh! cos che vanno le cose. Ed ecco apparire dappertutto nuove architetture tutte eguali, tutte egualmente prive d'amor proprio come chi le ha ideate, o fatte ideare da un Pentium fresco di fabbrica! Ed ecco altro spreco di spazio, spazio che poteva vivere meglio tra scenari che lo plasmassero in altro modo, spazio che poteva far vivere meglio coloro la cui esistenza da esso in qualche modo plasmata. [2]I software di progettazione sono una manna dal cielo per chi ha voglia di trovare altra espressivit per il proprio amare l'architettura, o per chi pensava che quest'amore potesse rivelare dei limiti interni! I cerve
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270
di Mara Dolce
del 31/01/2003
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Escusatio non petita...
di
Paolo G.L. Ferrara
Vorrei candidarmi ad essere querelata dall'In/Arch.
Sono sicura che ci divertiremo tutti moltissimo.
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271
di fausto d'organ
del 31/01/2003
relativo all'articolo
Escusatio non petita...
di
Paolo G.L. Ferrara
... :.-( ... e' soltanto una mia impressione, o la situazione sta assumendo i contorni di una commedia alla napoletana!? ... la ritroveremo un po' di serenità, quella appena sufficiente per permetterci di manifestare sensazioni e pensieri senza rischiare di sporcare la fedina penale? ... :.-( ...
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272
di enricogbotta
del 31/01/2003
relativo all'articolo
Escusatio non petita...
di
Paolo G.L. Ferrara
IL POTERE LOGORA CHI LO CERCA
Mi sembra che gli sviluppi della vicenda del master di architettura digitale organizzato dallIn-Arch stiano portando la discussione verso un tema che sta diventando a mio avviso sempre pi importante: cio la costruzione (o sarebbe meglio dire i tentativi di costruzione) di nuove nicchie di potere.
I centri storici del potere (e con questo intendo la capacit di influire sul successo o meno di individui o indirizzi culturali) sono sempre state le universit. Operando una semplificazione, si pu dire che per che con lavvento di internet la centralit del potere accademico si sia incrinata.
Dal momento che uno dei principali strumenti per il mantenimento del potere universitario sempre stato laccesso alla stampa ed alle case editrici, evidente che il nascere di internet ha reso molto pi facile per chi fosse escluso da tale meccanismo di costruirsi canali alternativi.
E stata questa la storia di architettura.it, ma anche di casaemmerda rivista che lanciai nel 96 e rimase on-line per brevissimo tempo, e di tutte quelle che sono venute dopo. Il problema allinizio (parlo degli anni 95-96) era il contenuto, cio fondamentalmente come fare per differenziarsi dalle riviste tradizionali (casaemmerda fa chiaramente il verso a casabella di cui voleva essere una rilettura parodistica). Latteggiamento allepoca era principalmente polemico (es. La Cucina di Harpo, rubrica su archit). Mancava per un contenuto in grado di dare maggior indipendenza ed eliminare il ruolo di referente giocato dalle riviste su carta.
Ecco che arriva larchitettura digitale, il contenuto che mancava. Giustamente incommensurabile con gli schemi critici adottati normalmente, metteva al riparo da qualsiasi possibilit di confronto. A quel punto si aveva un mezzo non controllato dal potere accademico, cio internet, ed un contenuto incommensurabile, cio sicuro, cio larchitettura digitale (qualsiasi cosa si intenda con questo termine). Mancava solo una cosa il pubblico, il consenso.
Pubblico che comincia ad arrivare alla fine degli anni novanta a fronte del successo internazionale di architetti digitali come Greg Lynn, Asymptote, Van Berkel, Oosterhuis, Nox, MVDRV, etc., e la rilevanza di scuole come Architetcural Association e Columbia University che hanno spinto fortemente (e ciss perch) il digitale.
Questo nuovo sistema di potere, ancora in fasce sia chiaro, si ormai configurato agli occhi dei pi come qualcosa di decisamente diverso dalla cosiddetta accademia. Forse a causa della sua freschezza si portati ad accreditargli simpatia e a pensare che infondo sia il bene, libero e democratico, contro il male, esclusivo e autoritario, dei professori universitari.
In realt non si tratta di cose diverse, e il caso del master dellInArch (ma vorrei ricordare che questo non il primo caso di iniziative discutibili di cui lInArch si rende protagonista, di qualche anno fa infatti lidea di pubblicare progetti su internet previo, ovviamente, pagamento. Iniziativa chiamata progetti in rete, su cui si svilupp una bella discussione sul gruppo di discussione it.arti.architettura, reperibile su google groups), questa vicenda dicevo, giustapposta allo scambio di corrispondenza tra me e Roberto Silvestri riguardo ad una certa sua condotta scorretta, rivela come in realt entrambi gli atteggiamenti, cos apparentemente diversi, abbiano finalit identiche: costituire un sistema di potere tale da poter determinare il successo di un individuo o di un indirizzo culturale al fine di sfruttarne possibili vantaggi economici. Tutto qui.
Nel caso di Silvestri il potere in gioco il pi classico dei poteri accademici italiani e cio Paolo Portoghesi, e della sua estensione fisica Marco Casamonti.
Portoghesi e Casamonti hanno una (se non ho perso il conto) rivista ciascuno, sono professori alluniversit. Questo gli ha permesso di sviluppare una rete di amici che fanno i turni in giurie di concorso, organizzano mostre o master a pagamento in cui invitano altri amici e a cui la gente si iscrive abbindolata dalla fama dei nomi presenti (fama in realt auto-attribuita da critiche favorevoli che gli amici si scambiano a vicenda, o premi che gli amici si attribuiscono in occasioni di biennali o quantaltro, esemplare linclusione di Paolo Zermani da parte di Paolo Portoghesi nel suo libro intitolato emblematicamente I Grandi Architetti del Novecento).
In alcune occasioni questo scambio di favori potrebbe uscire dalla legalit, ma evidentemente un rischio che vale la pena correre. Conseguenza di questo rilassamento dei costumi, chiaramente mutuato dai ben pi sofisticati meccanismi della politica o della massoneria, la totale inosservanza di livelli anche solo minimi di decoro e di correttezza.
Correttezza che se non fosse mancata avrebbe sicuramente fatto si che larchitetto Roberto Silvestri, vincitore con Marco Casamonti di uno dei dieci pr
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269
di Antonino Saggio
del 30/01/2003
relativo all'articolo
Escusatio non petita...
di
Paolo G.L. Ferrara
La discussione sui Corsi dell'InArch stata innestata, a quanto ne so, da un commento sulla mia Home page del 12 dicembre 2002 titolato "Nelle rete si acquista credibilit solo se si d (e non si prende)"
Oggi si trova qui
www.citicord.uniroma1.it/saggio/Avvenimenti/Giovedi/Giovedi.htm
L'idea che qualche membro dell'InArch ventili una querela , per me, incredibile e frutto certo di un'idea singola e soprattutto singolare.
In ogni caso ritengo che 'Antithesi' abbia portato avanti anche in questa occasione una linea di critica trasparente e costruttiva attraverso gli scritti dei suoi direttori e abbia dato uno spazio legittimo alle opinioni dei lettori come sua abitudine.
Sar felice di essere chiamato in qualunque occasione a dimostrare la seriet, la correttezza e l'utilit pubblica di 'Antithesi' che, appunto, ha guadagnato una solida credibilit in rete perch molto ha gi dato e nulla preso.
Tutti i commenti di Antonino Saggio
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268
di Gianluigi D'Angelo
del 29/01/2003
relativo all'articolo
Escusatio non petita...
di
Paolo G.L. Ferrara
non ho capito bene cosa c'entri Botta VS Silvestri con il master inarch... Enrico G. Botta secondo me non ha fatto niente di male nello scrivere ad alcune redazioni di riviste digitali per esprimere una sua opinione riguardo il titolo di un articolo di un quotidiano.. voi non avete mai scritto a nessun giornale per denunciare qualcosa.. per me questo un modo per interagire con i lettori e farli partecipare... non ci vedo niente di diabolico francamente... anzi pu essere visto come segno di stima e di legame verso una "testata". sul master inarch inutile prendersi in giro... la mancanza di borse di studio stata una scelta, perch se avessero voluto, non serviva scavare nei fondi Inarch per trovare i soldi necessari ma alzare di 200 euro l'iscrizione a quelli che pagano, d'altronde chi decide di spedere 4000 euro non ci ripensa a 4200. Non credete?
un saluto Gianluigi
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29/1/2003 - Paolo G.L.Ferrara risponde a Gianluigi D'Angelo
Caro Gianluigi, la nostra linea è chiara: pubblichiamo e discutiamo se abbiamo elementi per farlo. Se Botta fosse stato coerente, avrebbe dovuto richiedere la pubblicazione delle sue certezze sul caso Silvestri. A proposito: doveva essere una questione tra addetti ai lavori? Ok, ma chi ha deciso di pubblicare qualcosa sull'argomento? Eppure tutti sapevamo e tutti abbiamo lasciato cadere la cosa. Mi spiace, ma non accetto che mi si dipinga come chi fa dei distinguo su chi attaccare (arch. Palumbo) perchè senza potere e chi non attaccare (Portoghesi, Casamonti) perchè con potere.
E' da questo episodio che è scaturito il legame tra Botta e master In/arch, perchè anche lì ci sono stati episodi poco piacevoli nei confronti di antithesi.
Paolo
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266
di Saverio Scicolone
del 28/01/2003
relativo all'articolo
Ventate Accademiche
di
Giovanni Bartolozzi
Ho letto con interesse l'articolo di G. Bartolozzi sulla presentazione di una nuova rivista di Architettura. Concordo completamente con le opinioni e le critiche esposte da Bartolozzi e dico di pi. Mi chiedo a cosa serve una rivista che invece di fare chiarezza sul futuro dell'architettura insericce invece ulteriore confusione, sentite le premesse dei relatori. Essendomi laureato a Firenze nel lontano 1977 mi chiedo ancora se in questa Facolt la lezione di Michelucci e dei suoi allievi (Ricci, Savioli, Gamberini, ecc..) sia ancora presente o anche questa Facolt si sia fatta ,anch'essa ,infatuare da falsi profeti come Portoghesi, A. Rossi, Krier e i vari Natalini che, non contenti di aver fermato il percorso italiano dell'Architettura negli anni '80, pensano ancora di poter contagiare i giovani studenti delle nostre facolt. Forse riusciranno a farlo con qualcuno (che invece di studiare Architettura, avrebbe fatto bene ad iscriversi ad altre facolt) ma difficilmente riusciranno a coinvolgere i migliori di essi. Un antidoto per i pi volenterosi, leggete e rileggete Zevi, solo cos potrete innamorarvi veramente dell'Architettura. Grazie per l'ospitalit e scusate la franchezza.
Arch. Saverio Scicolone. Gela
Tutti i commenti di Saverio Scicolone
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265
di Carlo Sarno
del 26/01/2003
relativo all'articolo
L'architettura: chi ?
di
Sandro Lazier
Caro Sandro , dici bene :"... La verit che non ha pi significato misurare i valori con gli strumenti della critica tradizionale (di tipo fondamentalmente qualitativo e contemplativo) ma occorre rivedere le capacit di giudicare in un senso strategico, quindi non governato da paradigmi aprioristici, escludendo ogni possibilit di regole generali per giungere ad obiettivi ambiziosi. Sono crollati gli obiettivi, o meglio sono diventati molti, simultanei e spesso contraddittori. Infatti, ad esempio, non assolutamente vero che nei posti migliori vivagente pi libera e appagata. Allora occorre una ricerca svincolata e la soluzione dellincognita architettura diviene un problema di metodo : la progettazione non pu pi avvenire prima, definita e dettagliata (non si conoscono le regole), ma solo durante, aperta a tutti gli stimoli che devono integrarsi nel tempo di realizzazione di un evento. Solo in questo modo possibile affrontare la complessit dovuta alla simultaneit degli obiettivi. Questo modo di operare si chiama, appunto, strategia : una battaglia che avviene sul campo e non certamente a tavolino...".
Oggi occorre un nuovo modo di vedere e considerare l'architettura , non pi partendo da posizioni aprioristiche e vincolate ad uno starsystem propagandistico e ghettizzante . La cultura , mai come nel mondo contemporaneo , sente l'esigenza di un pluralismo aperto e capace di accogliere la crescita e trasformazione poliedrica della societ .
Non si pu continuare a vedere l'architettura contemporanea con gli occhi del passato , si rischia di bloccarla in schematizzazioni o formulazioni stilistiche che creano soltanto vuote diatribe e hanno come unico risultanto solo di allontanare sempre pi l'architettura dalla vera vita democratica e libera .
A tal riguardo mi viene in mente l'architetto Glenn Murcutt , un progettare "strategico" - per dirla come te , Sandro - che apre il fare dell'architettura al divenire della vita , recependo in se tutti gli stimoli interni ed esterni , in una architettura organica capace di restituire la complessit della vita senza forzature o plagio .
L'architettura deve abbracciare l'esistente come sostanza e non pi inseguire futili mode per futili spazi dove vivono esseri unidimensionali.
Tutti i commenti di Carlo Sarno
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260
di Simone Rolandini
del 15/01/2003
relativo all'articolo
Antisemitismo: oltraggio alla cultura
di
Cesare De Sessa
Sicuramente un buon articolo, ma vorrei solamente fare una precisazione se mi concesso, nei riguardi C.Chaplin.
Esso pur essendo il genio del cinema per 40 anni e considerato 'ebreo' dai nazisti, in realta non lo era, ma si fingeva solamente per sfida contro Hitler, infatti denuncia la sua non ebraicit, con una lettera personale a suo figlio Sidney ...
Vi ringrazio.
Saluti
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259
di Andrea Pacciani
del 14/01/2003
relativo all'articolo
Tradizione e Autorit
di
Sandro Lazier
Gentile Sandro Lazier,
Innanzi tutto la ringrazio per la pubblicazione del mio intervento sul vostro sito; apprezzo lo sforzo filosofico introduttivo alla lettura dei miei "appunti". Non so se sono stati ritenuti da lei "espressioni di originale intelligenza che fino ad ora non ho trovato nelle tesi dei tradizionalisti che ho incontrato" ma tant', hanno evidentemente prodotto sue riflessioni apprezzabili che in parte condivido pienamente.
Sottoscrivo in pieno quando arriva alla conclusione sul senso della tradizione: Passato e Presente stanno continuamente in tensione purch ognuno elemento di uno stesso disegno; il passato non un evento concluso che si deve congelare o superare, ma entra nel presente di cui parte.
Mi spiace che Le Corbusier e Mies non la pensassero allo stesso modo e purtroppo non si insegnano questi concetti nelle universit.
Tutta la storia dell'architettura invece stata fatta tenendo presente questo concetto di tradizione; la responsabilit di chi interveniva sul territorio era nella consapevolezza che non avrebbe visto le proprie opere terminate, nella consapevolezza che doveva completare quelle ereditate dal passato ancora incompiute, nella consapevolezza che quelle opere sarebbero state abitate da generazioni anche lontane nel tempo che avrebbero avuto a sua volta la possibilit di modificarle per adattarle alle sopraggiunte necessit.
Tutt'oggi questa responsabilit di fatto immutata anche se ci vogliono pochi anni a terminare un edificio: infatti sappiamo che oggi come allora le architetture nascono, si ampliano, si adattano e si modificano nel tempo alle necessit delle generazioni per restare vive, utili e meglio abitabili.
Ma dal dopoguerra in poi si costruisce con il mito della novit, con la speranza e l'illusione che questi edifici rimangano nuovi, integri e sfavillanti il pi a lungo possibile, sperando che al primo accenno di degrado sia gi arrivata la consacrazione museificatrice a capolavoro dell'architettura contemporanea dell'epoca costruttiva per salvarla dall'improrogabile inservibilit, dovuta alla inadattabilit alle successive generazioni.
I quattro quinti del patrimonio edilizio italiano stato costruito nell'ultimo mezzo secolo di storia - riporto dati di Paolo Marconi in suo recente intervento in un libro di Zanardi - (e poi si lamentano che l'architettura moderna non ha avuto ancora le occasioni per manifestarsi nella sua potenzialit), un quinto quello storico tramandato nei secoli fino a noi, costruito e ricostruito su s stesso, ampliato e adattato nel tempo secondo quei "pregiudizi nobili che hanno superato la prova della storia".
E' pleonastico chiedersi quale tra queste quantit edilizie sopravvivr ai secoli futuri e verr mantenuto nuovamente ed adattato alle nuove esigenze di vita e quale condannata alla sostituzione edilizia per "sopraggiunta invivibilit".
Non soltanto una questione di tecnologie costruttive (quelle tradizionali sono manutenibili e rinnovabili nel tempo, il cemento armato credo abbia una vita limitata a poco pi del secolo di vita) ma di invarianti: quelle del vivere quotidiano della gente, delle relazioni, dei rapporti tra persone luoghi e spazi che sopravvivono nei valori tradizionali e di cui non possiamo fare a meno.
Le vere tradizioni non sono immutate ed immutabili nel tempo, anzi sono aggiornate e necessarie come sempre.
Un esempio per sdrammatizzare: a casa mia per il pranzo di Natale si preparano i cappelletti in brodo secondo un'antica ricetta tramandata di madre in figlia. Sono certo che quelli di quest'anno, buonissimi, non sono di sapore uguali a quelli della mia bisnonna perch gli ingredienti e gli utensili non possono essere gli stessi di quelli di una volta e non escluso che qualche passaggio generazionale abbia arbitrariamente cambiato le dosi degli ingredienti (circa 15); cos come i cappelletti che si mangiano a qualche decina di chilometri dal mio paese sono leggermente differenti perch usanza aggiungerci il prosciutto crudo. Ma tant' i nostri cappelletti del 2002 non sono un falso storico di quelli di cent'anni fa che forse oggi troveremmo indigesti, sono buonissimi per il nostro gusto, si mangiano volentieri d'inverno, e credo che si continueranno a fare ancora per lungo tempo probabilmente adattandosi alle generazioni future senza essere stravolti nella loro essenza.
Per secoli si fatto cos anche in architettura sulla ricetta della antichit classica: oggi riconosciamo perfettamente un intervento rinascimentale, da uno manierista, da uno barocco, da uno neoclassico, anche sullo stesso edificio, poich anche la tradizione nel suo divenire segno del proprio tempo; fare oggi case tradizionali non vuol dire ingannare nessuno, significa semplicemente perpetuare quelle ricette o "principi nobili che hanno superato la prova della storia" perch di queste certa la positivit del risultato ed intatte sono le potenzialit compos
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14/1/2003 - Sandro Lazier risponde a Andrea Pacciani
Rispondo brevemente:
1. Dire che “ il passato non è evento concluso che si deve congelare e superare” non è intenzionale rispetto alla storia, bensì una condizione. Questo è il senso del pensiero gadameriano. Quindi, tutto il novecento, comprese le avanguardie “moderniste”, sono di fatto sensate e giustificate solo se lette storicamente, malgrado l’intenzione di queste di superare proprio il vincolo della storia. Se si crede nella tradizione si è costretti a reggere la propria fede sulla storia tutta intera, per cui non è lecito scomporla in parti a proprio piacimento, scartando quelle che non ci piacciono.
I “pregiudizi nobili che hanno superato la prova della storia” sono una ulteriore condizione che ci costringe al giudizio. Ma il giudizio è conseguenza di un’intenzione (becera o nobile che sia) che comunque non può deviare da un preciso momento storico.
Le persone, in generale, non conoscono la storia e non distinguono il neoclassico dal barocco.
Questo avviene perché non sanno leggere le intenzioni che hanno prodotto questa “forma” piuttosto che quell’altra, ma soprattutto non si chiedono, ad esempio, perché la libertà formale del barocco nasce nel momento peggiore della controriforma cattolica. Il tradizionalismo tende a fare di ogni erba un fascio, dimenticando le intenzioni e il lungo cammino di libertà formale e sostanziale che giunge fino ai nostri giorni. Se oggi la maggioranza della nostra popolazione si può infiacchire sulla parodia della nobiltà davanti ad un televisore al plasma, lo dobbiamo ai principi e alle battaglie di coloro che volevano cambiare la tradizione di un potere di pochi privilegiati sulle spalle di una moltitudine ignorante e priva di libertà. Ai bei tempi del declamato passato il novanta per cento della popolazione italiana era composta da contadini e muratori che sopravvivevano in miseria, se erano fortunati, fino a quasi quarantacinque anni. Anche allora, i benestanti che sapevano scrivere e che hanno scritto la storia, teorizzavano la tradizione classica e il conservatorismo. Tranne qualche “modernista” che disdegnava i privilegi e, paradossalmente, finiva condannato dall’opinione degli offesi. La tradizione rassicurava i deboli e garantiva i forti, negando i principi dell’emancipazione.
Quei principi, che hanno la forma e la sostanza della modernità (e non altra), paiono dimenticati come le loro intenzioni.
2. Il novanta per cento delle costruzioni del dopoguerra non è assolutamente moderno. Sono parallelepipedi, con stanze e stanzette, rivestiti in un modo anziché in un altro. Non c’è assolutamente nulla in esse della scomposizione spaziale di Le Corbusier o di Mies, sono solo scatole murarie con finestre ordinate e piani sovrapposti come nella migliore tradizione costruttiva. Il fatto che siano rivestite di metallo anziché di mattoncini non è discriminante. Non è accettabile una riduzione così banale del linguaggio moderno.
3. Da un punto di vista squisitamente filosofico la definizione “centro storico” è solo un paradosso linguistico. Si può circoscrivere la storia definendone una centralità? Il resto, a chi appartiene?
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321
di Rosario Di Petta
del 05/01/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
Ringrazio la collega perch un architetto dotato di sensibilit.
La stessa qualit sembra mancare a chi propone critiche gratuite ed infondate, purch siano in antitesi (con o senza h)...
A presto,
Rosario Di Petta
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5/1/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Rosario Di Petta
Peccato che Lei non sappia andare oltre il definire le mie critiche "gratuite ed infondate". Mi aspettavo che le avrebbe confutate con argomentazioni ben pù forti. Ma, in fondo, la Scuola a cui fa riferimento (Purini in primis), ha sempre scacciato malamente chiunque muovesse loro critiche, vanificando in larga parte le riconosciute potenzialità (vista la statura dei personaggi) che potrebbero dare al dibattito architettonico attuale, fossilizzandosi su posizioni intransigenti, ed autoescludendosi dal dibattito internazionale.
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322
di A. Simone Galante
del 05/01/2003
relativo all'articolo
Medaglia d'oro?
di
Mara Dolce
Marco Brizzi ha certamente una vasta rete di conoscenze, ma non si pu dire che non se la sia costruita con impegno concreto. Mi stupisce che antithesi si metta a pubblicare attacchi personali che vanno a discapito della testata. E poi, se scorriamo gli advicers del Premio, scopriamo nomi tra di loro collegati (Brizzi-Prestinenza, Centola-Casati, Bradaschia-Sacchi, etc), ma ci non significa che ci sia sotto un accordo...
Certo, non ci sono Saggio-Lazier-Ferrara...e magari non ci sono rimasti troppo bene...
Non voglio dire che avete pubblicato per invidie varie ma forse vi aspettavate di essere dentro gli advicers...visto che oramai antithesi conosciuta. Ma voi, facendo un gioco virtuale, chi avreste premiato?...
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5/1/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a A. Simone Galante
Nesuno, almeno qui, discute l'impegno profuso da Marco Brizzi nella diffusione della cultura architettonica. E, ancor di più, nessuno ne disconosce i meriti, ma se la mettiamo sulla questione di un "attacco personale", beh, questo non lo accettiamo, assolutamente. Ci si può accusare d'incapacità critica ma non certo di nasconderci dietro pseudonimi o altre forme di clandestinità ipocrita. Se e quando abbiamo avuto qualcosa da dire a Brizzi lo abbamo fatto senza indugi, così come con chiunque altro.
Le "coppiette" da Lei elencate sono una Sua indiscrezione...che non può malcelare dietro il disappunto del "trio" Saggio-Lazier-Ferrara. Non so il perchè dell'esclusione di Saggio (o del suo rifiuto), ma di certo so di quella nostra: semplicemente, non siamo al livello di personaggi quali Ciucci, De Seta, Frampton, Savi, Sowa. Il più è esserne consapevoli e, che Lei ci creda o no (ma chi se ne frega..!), lo siamo.
I premiati? Pierluigi Nicolin è degno vincitore, inubbiamente. Ma ai premi credo quanto agli asini che volano: J.Utzon ha vinto il suo vero premio nl momento in cui ha pensato l'Opera di Sidney, non certo adesso che gli hanno assegnato il Pritzker (davvero tempestivi...!). Nicolin svolge critica vera da decenni e non sarà certo una medaglia ad aumentarne credibilità e valore: basta il suo serio impegno.
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323
di Fausto D'organ
del 05/01/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
[arche-tipi stereo-tipi e...]
Semplifichiamo: l'archetipo il "primo esemplare", il "modello"; se preferite, l'essenza sostanziale infusa nell'inconscio collettivo che raggruma tutte le esperienze "del prima", e si manifesta come immagine primordiale ed elemento simbolico negli eventi "del poi"... dunque: sperare nella coagulazione di nuovi archetipi, che ci salvino dalle derive, a dir poco ingenuo! la deriva ci serve; essa ci sta dando aria diversa con cui respirare speranza; essa ci fa barcollare e ci devia, le "passeggiate architettoniche" sono terminate da un pezzo: ora si corre, si sbanda, si va fuori strada e si scoprono nuovi sentieri, percorsi e abbandonati in un istante; il flusso aperto da ogni lato e tutto imbevuto di scoperte eclatanti e silenziose, immense e piccole; non c' tempo per fermarsi a impacchettare "modelli" universali: nessuno, che io sappia, si arrischia a imbalsamare i fragorosi progettisti da voi citati, marchiandoli col timbro di consegna celere alla storia; la storia appena cominciata, e se a molti l'imprevista durata di questo tumultuoso preludio (una trentina d'anni o poco pi), procura senso di insicurezza e mancanza di "epidermiche certezze" alle quali attaccarsi per svolgere professioni parassite e appassite... beh! a costoro, penso, si possa dire soltanto - resistete, finch potrete; presto il vostro supplizio si annacquer - al di l di questi male abbozzati proclami rivoluzionari c' solo un punto da chiarire: ad oggi, nessuna opera architettonica con una quarantina d'anni nelle membra pu essere ritenuta "archetipo" della nostra societ, ad oggi, nessun progettista con una sessantina d'anni nelle membra pu essere ritenuto origine di formulazioni archetipe; perch ci si vuole a tutti i costi convincere della necessit di approntare la ricerca di "modelli" con cui andare avanti? avanti dove, poi!? io non sento bisogno di "modelli", ed io mi disperdo in un mare di menti che non hanno bisogno di "modelli", e se gli acclamati progettisti da voi citati vengono (forse) scoperti a "sbagliare", ad inrinarsi nei rapidi movimenti della loro corsa... bene! siamo tutti contenti per costoro: liberi da responsabilit verso una societ (fantasma) bisognosa di punti fermi, loro e noi altri, si continua a correre, a scoprire, a sbagliare, a recuperare terreno sul futuro in ristagno da un'ottantina d'anni! e poi, diciamocelo chiaramente, nel clima polemico che ci sorbiamo da tempo, la parola "archetipo" non viene certo presentata sul piatto d'argento: piuttosto la si confonde facilmente con quella di "stereotipo"... riduzione impoverita e vaga del nostro insieme di esperienze visive, tattili, in una parola, sensibili; forse non sono il solo a percepire la snaturata tendenza di alcuni a camuffare sotto sperati "modelli" altrettante anelate "forme convenzionali" da suggerire ed imporre "contro" ogni scelta personale; forse non sono il solo a percepire la voglia di alcuni (ancora troppi) di voler ripartire da statiche immagini mentali, astrattezze di pietra fissate nell'anima e non messe mai in discussione, roba dal significato immediato, la cui applicazione implica scarso lavoro di attenzione, di osservazione o di esercizio dell'occhio, della memoria e del cuore... molti "pigroni" vorrebbero ricominciare a "passeggiare in economia mentale": la questione non si pone! e cos, tra una scaramuccia e l'altra, malgrado gli sforzi di questi "occhi spenti", sempre pi sottile diventa il distacco tra "modello" (archetipo) e "modello fisso" (stereotipo)... secondo il mio umile sentire, in questo sta gi la sconfitta di chi nutre speranze di stabilit in un periodo storico in cui la "metastabilit" l'unica fonte di speranze.
cordialit. Fausto d'Organ]
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320
di Gianni Marcarino
del 05/01/2003
relativo all'articolo
Gehry, Hadid e Libeskind presi...Di Petta
di
Paolo GL Ferrara
Riferimento al commento n318
Gentilissima Vilma Torselli,
ho letto con interesse il Suo commento numero 318.
Mentre scrivo penso che gi citare il numero 318 determina qualcosa di oggettivo, non soggettivo.
Tuttavia sufficiente per definire qualcosa di veramente condiviso?
Il rischio quello di cercare, oggi, a priori, con la ragione e con la memoria un qualcosa che sia simbolo di tutti noi e fissare gli archetipi che in qualche modo devono rappresentarci. Chi li fissa oggi per noi? La deriva estrema di questo atteggiamento il regime; quando sono pochi coloro i quali decidono i simboli e le opere meritevoli di essere costruite , od abbattute. Il regime hitleriano, per riunire le coscienze dei tedeschi, cerc con ogni mezzo di definire la comune cultura del popolo germanico, attraverso le immagini unificanti della storia e della natura.
Verso quale fine.......La condivisione come difesa del branco ,come forza,come potenza.
Il nostro passato fatto di oligarchie, tirannie, lutti.....potenza.
Certamente l'individualismo, quando attualit, anche narcisismo, urlo, solitudine. Occorre farlo maturare e giudicare poi se l'autore ha colto pi di altri lo spirito del proprio tempo, le gioie e le paure di un'epoca......come nell'arte.
Ma se dovessimo trovare una cifra dell'oggi, essa forse sta proprio nella babele di solitudini, perse nel mare della comunicazione globale. Quale pietra, legno, mattone..plastica, oggi ci rappresenti, come si pu dire? Tra cento anni forse sar obsoleta anche la domanda, forse il bisogno di senso comune che ci ha reso comunit, si trasformer in qualcosa di diverso, di meno durevole, di non eterno......mutevole e complesso allo stesso tempo.
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292
di fausto d'organ
del 03/01/2003
relativo all'articolo
L'architettura va alla guerra. Fuksas diserta
di
Paolo G.L. Ferrara
L'architettura va al dolore: l'avanguardia di Libeskind.
Libeskind sa costruire sul dolore, sa costruire dal colore, sa costruire per il dolore. Ha affrontato (insieme a molti altri progettisti vaccinati) una dura prova portatrice di emozioni contrastanti (rabbia, pudore, violenza, tristezza, speranza, sconforto...); una prova in cui carnalit e spirito, simbolismo e materia, stanno avviluppandosi senza tregua e continueranno a farlo finch l'uomo avr memoria. Era richiesta la delicatezza di pensieri e la durezza d'atti, l'eleganza e la non ambiguit, l'affioramento della forza interiore e la sedimentazione amorevole su ci che non si pu pi celare. Nascer una "tomba" che ha la medesima scala evanescente delle debolezze umane, nascer una "casa" che ha la medesima scala delle conquiste futuribili di una societ rinascente, nascer un "nuovo cuore" che catalizzer brividi di paura e di potenza in ognuno di noi. Dopo migliaia di anni ecco, forse, una nuova piramide.
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251
di Arch. Pier Luigi Bardi (studio contronauti dell'architettura)
del 03/01/2003
relativo all'articolo
Ventate Accademiche
di
Giovanni Bartolozzi
Ah! finalmente qualcuno che parla degli zombie di firenze! che bello! non vedevamo l'ora. accogliamo e condividiamo pressoch tutto dell'articolo di giovanni bartolozzi! anzi, rilanciamo: noi, che di firenze siamo, altro non possiamo fare che raccontarvi alcuni aneddoti tutti fiorentini su alcuni zombie, che ancora si aggirano per le strade e per le aule delle facolt fiorentine e italiane. tra questi certo spicca il nostro Adolfo che il nome ha molto simile ad Arnolfo, ovvero, la rivista dei cattolici popolari studenti di architettura. Il problema Adolfo alquanto spinoso, ma a questo se ne aggiungono altri non da meno: ci riferiamo a tutta la cricca degli storicisti retrogradi e ultraconservatori che vede in facolt, primo tra tutti il giovane Paolo Zermani degno allievo di cotanto maestro (Paolo Portoghesi), passiamo poi una dolce "fanciulla" dal piglio alquanto autoritario e cattivello, ovvero la Professoressa Maria Grazia Eccheli, ignaro alter ego di Giorgio Grassi. Ci sono poi oscuri mentitori che si spacciano per altro da ci che sono e all'occorrenza, come la recente politica insegna, passano in men che non si dica, (come un Berlusconi transformer) dall'architetto digitale, all'architetto monumentale, all'architetto ultra storicista per tornare poi al personaggio pi amato: l'architetto presentatore televisivo (di pentole). E chi sono questi loschi figuri? E dove stanno? Ebbenes! Proprio qui a Firenze ne abbiamo alcuni esemplari di razza! E se ne stanno, beli belli a occupare importantissime cariche istituzionali e cul-turali. A peggiorare la situazione c' che tutto il potere universitario e politico a Firenze ce l'hanno proprio loro, per cui compiono fatti e misfatti indisturbati, come, ad esempio far vincere a iosa posti di ricercatore e di associato a tutti i loro adepti. Insomma un'invasione! e qei poveri tre gatti rimasti li a tentare una didattica e un'architettura sperimentale, eversiva e innovativa devono soccombere al ritorno degli zombie!
Al capo zombi per una cosa giusta gli scappata:
"Ma perch l'architettura deve essere trasparente e leggera? la leggerezza e la trasparenza hanno rilevato (forse rivelato?) la loro criminalit"
bene bene! la trasparenza rivela la propria criminalit vero, noi contronauti preferiamo sapere con chi abbiamo a che fare.
nelle indagini e riproposizioni degli storici c'e la perversione e l'occultamento di chi non riuscendo a proporre il nuovo si nasconde dietro una monumentale e solida architettura.
protetti e nascosti dai loro templi lapidei, non rivelano niente ne a noi ne a nessuno; non rivelano i loro inganni, i loro giochi di potere, i loro meschini sotterfugi perpetrati negli anni del vedettismo post moderno.
ai danni di una generazione di architetti che poco ha usufruito del diritto allo studio negli orridi anni '80 (quelli che oggi hanno 37/ 45 anni) e che, totalmente ignoranti si sono ritrovati a costruire pessimi edifici, gestire pessime riviste ed essere pessimi professori, insomma pessime persone.
Tra questi oltre al gi citato Paolo potremmo aggiungere il suo degno successore: il molto chiacchierato Casamonti. Ma si che lo conoscete, proprio lui, l'architetto un po' rampante e un po' subrette, un po' di destra e un po' di sinistra, pensatore (?) ma arrivista, bacchettone e moralista, digitale e storicista, cattivello e un po' buonista, che tutto ha fatto con la sua rivista. Sua...
Ma gli zombie ogni tanto si ritrovano: casamonti e natalini, terpolilli e pellegrini, eccoli qua al gran gal dell'Aid! ma noo! ancora!!! rieccoli qua, nella stessa formazione, a tentar la singolar tenzone:ecco che tra gli altri zombie anche il Gruppo Toscano rinasce mezzo tramortito, che se potessero sentire Michelucci e Gamberini si risotterrerebbero un'altra volta"!
grazie, i contronauti
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273
di Fausto D'organ
del 02/01/2003
relativo all'articolo
Master Digitale
di
Mara Dolce
Parole Chiave(3) [CATEGORIE GENERATIVE]
[...]CAAD - (Computer Aided Architectural Design) plurizona fisica e non fisica, hardware e software, in cui possibile manipolare, se si predisposti mentalmente a farlo, unit di base, forme minime di senso; manipolazione che non dovrebbe fermarsi sul layer pi esterno del processo, ma che dovrebbe compiersi studiando i modi della nascita dei nuovi sistemi di segni (intenzionali, artificiali o quant'altro) che affiorano sui gesti di un qualsiasi atto creativo che s'incuba nella macchina, interfacciandosi alla mente tramite un nuovo vettore linguistico (IDIOMA CAAD), in un flusso regolativo senza orientazione precisa. La piattaforma informatica pu essere scelta quale habitat primigenio (CAAD d'ORIGINE) nel quale concentrarsi sul momento dell'ideazione di qualsivoglia impianto, sfruttare il software come catalizzatore delle personali energie creative a sostegno e stimolo dell'atto del generare (CAAD GENERATIVO); agire ed interagire promuovendo l'apprensione virtualizzata di pi manifestazioni, visive_uditive_intereattive nelle quali si hanno presenti entit, taluni contenuti, senza affermare, sostanzializzare nulla di essi (CAAD CONCETTUALE): si lavora con termini mentali considerati in quei caratteri che si trovano nelle realt esistenti e/o soltanto possibili.
O.B.M. - (Object Based Modeling) ambiente operativo su macchina, che permette all'utente di pensare entit complesse come composizioni di parti (primitive), oggetti separati organizzati secondo una struttura gerarchica. All'interno delle strutture gerarchiche esistono molteplici semi (segni 2D e 3D) ognuno modellato indipendentemente dagli altri con caratteri determinati e determinanti: i semi sono soggetti ad atti di combinazione (instance) per formare oggetti da coinvolgere, a loro volta, in combinazioni che generano classi. Il sistema O.B.M. aperto, nel senso che permette la coesistenza di traiettorie diverse del processo creativo all'interno di un unico modello; il sistema O.B.M. inoltre concatenante, nel senso che un cambiamento effettuato nel livello pi basso della gerarchia (modifica dei caratteri di una primitiva) si ripercuote su tutti gli altri livelli del modello.
SCHIZZO - certo dell'inutilit della spiegazione di questo termine, mi appresto a proporne una ricollocazione: invece di pensare al flusso SCHIZZO CARTACEO -> SCANNER -> VETTORIALIZZATORE -> CAAD -> MODELLO, pensiamo per un momento alla possibilit, affascinante quanto spinta, di consentire all'espansione geometrica dell'idea per mezzo di punti e linee veicolanti infrastrutture 3D (...schizzare, appunto!), direttamente in ambiente informatico; non in un programma d'assistenza alla progettazione in cui tracciare una linea significa delinare un luogo di punti nel piano, generare un elemento 2D che pu cambiare solo nel suo dominio 2D, ma in un motore geometrico in cui ogni ente ente_vettore_3D: un software in cui si fanno schizzi coordinati nello spazio di modellazione, un software in cui ogni segno del pensiero creativo mantiene tutto il peso che gli ha dato la mente, acquistandone dell'altro una volta giunto nel cyberspazio di modellazione (nuovo flusso MENTE -> IDEA -> MACCHINA -> MODELLO).
PARAMETRICO - coagulo concettuale dell'O.B.M.; la modellazione digitale di entit offre una sorte di transfusione mente_cpu, uomo_macchina, segnata dalla commistione di gesti emotivi, sensazionali, romantici, sociali, economici, con interconnessioni dinamiche di dati numerici, cambiamenti di funzioni matematiche, inserimenti e disinserimenti di variabili: l'uomo crea, fantasticando e/o rincorrendo il soddisfacimento dei bisogni del committente e la macchina si occupa di dare ad ogni gesto espressione matematica, lavora per la conquista del controllo analitico delle trasformazioni grafiche. E controllo non significa unidirezionalit del prodotto digitale, ma condizione poligenica d'interattivit in ogni fase di questa programmazione discendente che coordina l'uomo alla macchina. Controllo si traduce in sistematizzazione di geometrie ancora flessibili che conservano l'umanit di un atto creativo ed i valori aggiunti di un vettore informazionale. Uno di questi valori aggiunti la parametrizzazione: il modello pu essere codificato per mezzo di parametri a valore libero e liberamente variabile: il macroggetto (o i macroggetti) frutto primario del flusso creativo in atto, conserva uno stato d'indeterminazione (NO STILE NO TIPOLOGIA NO SCALA) proprio di un ecosistema dinamico di pensieri in maturazione (ENTROPIA dell'IDEA). Esso potrebbe diventare qualsiasi cosa; sta al creatore (e non alla macchina!) decidere come trattare la macrostruttura, scegliere quali valori inserire nelle caselle variabili di questa matrice morfogenetica che si chiama PROGETTO.
CONCETTO CATEGORICO - forma attraverso cui la realt viene pensata: amore, dentro, fuori, tessuto, ornamento, aria, tempo, relazione, pena, mancanza,
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Commento
274
di Fausto D'organ
del 02/01/2003
relativo all'articolo
La soglia in dissolvenza
di
Paolo Marzano
Oltre La Soglia
[IL DIGITALE ARCHITETTONICO]
Ecco il breve tempo di un cambiamento di scena, tutto quello che esiste fra un passo e il suo successivo: paesaggi poligonali, pianure emotive con andamenti spezzati, sovrapposizioni e intersezioni dispiegate a ventaglio tra fiumi di bytes, deserti di riflessioni e oceani di funzioni lapidee. Il senso affiorante della distanza a mano a mano che ci si allontana da casa: la sorpresa e lo smarrimento emergono all'improvviso come da movimenti sotterranei, come minerali di sensi e idee proteiche. Una miriade di stati e opzioni offrono passaggi attraverso la societ del molteplice muovendo non per coerenze, ma per frizioni tra entit diverse: il viaggio del progettare chiarisce problemi nella ricerca di soluzioni, senza formulare alcunch. IL VIAGGIO LA META. Scopro Concetti: sentieri di coagulo dell'esplorazione progettuale; modi di operare: chiavi di decodifica interne al sistema finalizzate all'estrazione dal corpo CAAD di organi vivi, intrecci pulsanti di rifiuti e interessi, di intuizioni e rischi, lanciati in ogni direzione e poi raccolti nello spazio euclideo, senza imporsi un'unica strada o un solo destino, ma facendo esperienza del limite. Iniziare a riscoprire valori spaziali, espressivi, costruttivi, funzionali, senza vincoli di scala, di stile, di tipologia, aspirando a trovare soluzioni dentro maniere diverse di guardare alla progettazione architettonica. Usare il computer non in modo strumentale: nessuna elaborazione mentale e/o manuale lo anticipa; tutto avviene in esso: l'atto creativo gli nasce dentro. IL PRIMITIVO INFORMAZIONALE. Intravedo oggetti a reazione geometrica lanciati e unificati nello spazio, collegati da meccanismi di trasversalit percettiva e numerica. Forme primarie non pi intese in s e per s, tracce regolatrici di interrelazioni: sono "poche cose" geometriche, come gesti spaziali e frammenti di un universo minimale che ha il sembiante tangibile della semplicit. Si tratta di pezzi di un costrutto mentale che si ricompongono nel 3D euclideo, liberando variabili configurazioni formali. Elementi di grado zero che permettono di trasformare in spazio alcune qualit mutevoli dell'interazione uomo_macchina, uomo_cyberambiente. IDEA E CORPI DIGITALI. Uno slancio dinamico di linee e piani che non sono trattenuti da alcuna catena di significazioni statiche e che invadono lo spazio: parti libere di geometrie in incipiente mutazione e zone limite che trattengono la pressione dinamica dei segni. Un'architettura di enti filiformi alla quale affidarsi per sottolineare l'inizio e la fine di relazioni matematiche, la ricorrenza e la molteplicit di visioni geometriche, i passaggi dallo stato perfetto di oggetti platonici allo stato imperfetto del divenire. Percezioni rinascimentali che operano l'esplorazione dinamica di una composizione spaziale che si fa nell'atto stesso del guardare. Non ci sono isolati mattoni da costruzione, ma una fitta ragnatela cartesiana che relaziona parti di un intero sensibile alle esigenze di chi lo manipoler. IL MOVIMENTO COME TECNICA DI PROGETTO. Vivo il tentativo di mediazione tra uomo e cyberspazio, un tentativo fatto di scambi e manipolazioni di dati a tutti i livelli, non solo visivo. Il fine di "spazializzare idee", trasferirle dallo spazio iperdimesionato del pensiero alla spazialit tridimensionale della forma. Si lavora con la struttura informativa del processo creativo, sul modo in cui il pensiero pu proiettarsi nello spazio, virtualizzarsi ritrovandosi in diagrammi tridimensionali che manifestano e sostanzializzano interventi sugli oggetti veicolando atti sperimentali nel "reale immaginato". Fasci proiettivi diventano fasci di conoscenza traslata, di riscrittura geometrica: le parti certe e rassicuranti d'insiemi meccanici sono smontabili e collegabili ad ingressi e ad uscite multiple. Non ci sono presupposti per trasformazioni unidirezionali, ma strade poliverso selezionabili dall'inconscio e dal desiderio. La geometria booleana il mezzo che struttura l'evoluzione delle forme: la liberazione di molteplici risultanze tridimensionali, getta le basi di operazioni che coinvolgono oggetti in funzione del segno "+" o "-" attribuito a ciascuno di essi. Le operazioni booleane sono tre: la prima di incastro, la seconda di sottrazione, la terza di intersezione; le geometrie, con incastri sottrazioni e intersezioni, dettano la conformazione di nuovi spazi, scolpiti all'esterno esplosi all'interno, con sistemi che stabilizzano la memoria dinamica delle speculazioni prospettiche. Assisto a semplici e fondamentali "fatti spaziali" che sono coinvolti in opposizioni tra il dentro e il fuori, il chiuso e l'aperto, il negativo e il positivo; sono soggetti all'intervento sensoriale degli utenti di piattaforme software, utenti che innescano le proprie reinterpretazioni dell'universo semplice preesistente attivando sequenze di "altre" significazioni. Le operazioni geometriche, esteriormente arbitrarie, tr
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275
di Fausto D'organ
del 02/01/2003
relativo all'articolo
Master Digitale
di
Mara Dolce
Parole Chiave(4) [CATEGORIE GENERATIVE]
[...]UTOPIA - volenti o nolenti stiamo condividendo l'atto di apertura di una porta e se ci pensate bene l'apertura delle porte ha un qualcosa di mistico: ha il profumo dell'ignoto, d la sensazione di entrare in un momento nuovo, un nuovo aspetto della vostra vita. Comprende istanti di gioie pure: riscoperte, avventure, contatti insperati... L'apertura di una porta cambia e ridistribuisce le forze umane, pu nascere nei movimenti di una matita su un foglio bianco, nel passaggio del mouse su aree sensibili del nostro cyberspazio; pu cominciare sulla traccia che da un'infanzia di significati toccher pietre miliari dense di stimoli a procedere, segni d'una crescita verso la maturit, quale che sia il significato di questa parola. Un sogno, una primavera e come ogni primavera ha la sua gloria, una gloria potrebbe essere facile ammirare scoprendo che camminare sull'acqua non difficile, basta sapere dove sono i sassi.
INTEGRATO - unito a PROGETTAZIONE e ad ARCHITETTURA costituisce una locuzione basilare che poche volte si scopre scheletro di un'azione progettualarchitettonica; la chiave di volta che tiene su il palinsesto esecutivo del PROGETTISTA VERO; asserzione, questa, inattaccabile quanto adombrata dal bla bla generale. Nel ricordarla a me stesso e ai pi che distrattamente s'accorgono della presenza di questo commento in ambiente antiThesiano, ne amplifico alcuni (solo alcuni) contorni mescolando vecchi e nuovi ingredienti che testimoniano quanto l'architettare sia aaltianamente "trs difficile"... Dunque... Che cosa abbiamo... Ah! S...: Ricerche ed Analisi Contestuali, Concretizzazioni e Sperimentazioni, Verifiche e Reinvenzioni, Progettazione Generativa, Modellazione Virtual-3D, Pacchetti IperMediali Descrittivi, Progetti Preliminari, Progetti Definitivi, Progetti Esecutivi, Controllo delle Costruibilit Tecnico_organizzativa, Progetti Costruttivi, Organigrammi di Realizzazione, Schede di Produzione, Programmazione Operativa (analisi WBS, costruzioni PERT, CPM, GANTT, analisi Produttivit), Organizzazione e Gestione della Qualit (analisi Rischi, Piani di Controllo e Prevenzione, analisi Costi, Piani Tecnico_economici)... Oops!? Quasi dimenticavo... Analisi delle Funzionalit Strutturali e delle Tecnologie Edilizie del Passato, Studi di Restauro, Diagnosi e Consolidamento, Modellazione Numerica e Fisica, Analisi dei Sistemi e delle Tecnologie Moderne per il Restauro e il Risanamento... Riprendiamo un po' di fiato!? E mentre state intimamente ringraziando il cielo che esiste il computer, non fate finta di non aver letto!
ESTENSIONE - preso fiato dall'alto di questa pietra dominante che grava sui nostri stomaci, rilancio la serie di parole chiave; Sant'Agostino, uno dei massimi filosofi dell'antichit cristiana, definendo il tempo, parla di "exstensio animi" (estensione dell'anima). Secondo questo pensatore tutto casa e chiesa, il tempo esiste solo nell'anima, come percezione che l'anima ha del passato, del presente e del futuro. Adesso proviamo a estendere questa metafora anche all'idea che noi abbiamo dello spazio: non solo lo spazio fisico ad essere reale, ma anche tutti gli spazi che esistono e prendono vita proprio nelle percezioni che ne abbiamo. Cos entriamo (ammesso che ne siamo mai stati fuori!) nel "non_luogo" del delitto perfetto, dove l'unica cosa imperfetta e limitata risulta essere proprio la nostra immaginazione. Un mondo affascinante e diabolico si estende in noi, e lo schermo la nostra prima interfaccia d'immersione, ed ovviamente di interattivit, con una realt in cui non ci sono n apparenze n essere, non esistono "ombre" platoniche, ma trasparenza totale.
VELOCITA' - penso che vale la pena di credere fermamente alla necessit dell'apertura verso una societ che non pu limitarsi ad approfondire un concetto alla volta, una societ che deve recepire in contemporanea pi messaggi pregnanti anche molto diversi tra loro, una societ che usi i media come i cavalli di battaglia per una vittoria sull'alienazione ed il ristagno. Credere nell'energia di pensieri che nascono e crescono in una terra di emozioni ossigenate dall'alito perenne della sorpresa, un'ipersuperficie di concetti, forme ed emozioni che abbia un appeal inconfutabile per un target d'individui polimorfici e mai passivi. L'uso dei vettori multimediali nell'arte l'effetto di una poetica dell'avanguardia di un'era lontana dipendente dalla necessit dell'inconscio di fuoriuscire attraverso una performance creativa e di essere sensibilizzato da tecniche liberatorie. Le distanze si annullano, il libero accesso il paradigma, la rapidit la fibra che pervade ogni istante creativo: non scompariremo nell'infinito ma ci moltiplicheremo, non sar pi "uno" solo ma sar "due", "quattro", molti "miliardi".
ORGANO - si appronta il "codice genetico", si "architetta" il Dna di un ente che indagher a fondo la ricchezza dell'interazione tr
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Commento
250
di Fausto D'organ
del 01/01/2003
relativo all'articolo
Master Digitale
di
Mara Dolce
Parole Chiave(2) [CATEGORIE GENERATIVE]
[...]
TRA - proliferano sempre pi i collegamenti orizzontali tra le fantasie, gli atti del quotidiano abitare e le esigenze comunicative: la trasversalit appare come un imperativo categorico che diventa equazione per rappresentare la "iperdimensione" del vissuto; iper come alterazione, iper come qualcosa che si solleva dai conflitti del mondo, iper come liberazione e deterritorializzazione dell'oggetto e dei soggetti. Alle sostanze quotidiane si sostituiscono "i rapporti", alle forme della consuetudine si sostituiscono "le immagini": si stanno forse rifiutando i capisaldi della realt? Forse si sta solo cercando una diversa chiave di decodifica dei sistemi di conoscenza: si smaterializza per trovare l'essenziale. E l'essenziale si pu percepire "tra" una sostanza e l'altra, "tra" una forma e l'altra: in-between. La matrice interstiziale di ciascuna struttura reale dis-giunta dalla significazione l'ente n-dimensionale che pu inviluppare, in modo abitabile, soggetti e oggetti, deviare le percezioni e sovrapporre esperienze fisiche.
VIRTUALIT - essa un'estensione di tutto ci che realt come sostiene Gilles Deleuze. In essa e per essa prendono vita, in tempo reale, forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate su linguaggi. In essa si compie il delitto perfetto: in grado di realizzare i nostri sogni, facendoli rimanere ancora sogni, ma con maggiore corporeit. La virtualit sta nel desiderio e si desidera ci che ci manca (la mancanza virtualit). Con essa possibile soddisfare il bisogno di comunicare, esprimere desideri e, a volte, riuscire a realizzarli. La virtualit nasce dall'assenza, dal non potere, dai limiti: cresce ricreando legami, potenziando e liberando.
RETE - i computer collegati su internet formano una specie di intelligenza, una memoria collettiva: si utilizza un prodotto dell'uomo (il digitale) come strumento di una nuova dialettica interna alla struttura delle cose. La pervasivit trasversale delle tecnologie dell'informazione nuclearizza comunit virtuali che si scambiano inputs alla velocit di 300000Km/sec, velocit che, per, sar sempre inferiore a quella della "vicinanza", della comunicazione faccia a faccia, sintonizzata sulla rete della mentalit, dei modi di essere, delle sensibilit, rete interna all'ecosistema delle relazioni e degli incontri sociali. C', allora, un rapporto da affrontare: quello tra "globale/virtuale" e "locale/reale".
CORPO - si detto di esso che "limita le ambizioni architettoniche" e che, per contro, "l'architettura lo viola con la propria presenza". Ma, si pu vedere l'edificio come un "sensore" che ci mette in contatto col mondo? ...Si detto anche che il fantasma intrinseco del corpo ha una tendenza irrefrenabile ad espandersi, ad integrarsi a tutto ci che gli esterno. La sua pelle si estende all'interno dello spazio circostante cos che ogni azione, d'ora in poi, avr luogo "nel" corpo stesso. Mi viene da fare un'analogia coi balzi asimoviani: protendendomi ad un "nuovo edificio" che consente questa espansione sensoriale, il luogo in cui mi troverei diventerebbe un oggetto minuscolo, un ente in cui, cio, non esistono gli effetti relativistici dell'universo usuale. Da zona[r] (relativit) a zona[i] (iperspazialit). Il valore del movimento nella zona[i] zero (io non mi muovo); in rapporto allo spazio la mia velocit infinita. I miei occhi diventano le mie mani e i miei piedi. L'edificio non mi viola perch sono io stesso l'edificio. Io non ho limiti in esso, esso non ha limiti in me. E, allora, il camminare e il correre potrebbero essere intesi come casi particolari di un cadere in aree senza orizzonte, n orizzontalit? Il non equilibrio la vera base di un edificio?
CASA - muoversi, camminare, dormire, lavarsi, mangiare sono atti che comunicano; costruire una casa esprimere un messaggio, come lasciare delle tracce per farsi trovare. La casa. La stanza. Materia grezza ed imponente dello sviluppo urbano, elemento povero, forse, rispetto ai tanti Guggenheim che si vanno auspicando nei grandi concorsi internazionali. Elemento ancestrale di un uomo che tende a vivere in uno spazio chiuso, limitato, col bisogno di avere attorno a s una barriera che delimiti l'area che ha occupato, lo separi e lo protegga da un qualcosa che nel momento stesso in cui viene tracciato il confine diventa "altro", "diverso". Ma oggi ancora cos? I processi di smaterializzazione stanno aggredendo l'abitare alterando il rapporto tra identit del suo abitante e le condizioni al contorno (tecnologie, economie, tradizioni...)? Si sta modificando l'interazione tra spazio interno e spazio esterno? Si sta puntando forse all'"existenz maximum"?
NATURA - il rapporto con essa sta cambiando. L'uomo non le si riavvicina soltanto per creare una frattura dal mito industriale, ma per emularla come mai ha sentito di fare prima d'ora: i frattali, il D
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Commento 569 di Irma Cipriano
del 30/12/2003
relativo all'articolo Un'americanata a Venezia
di Mariopaolo Fadda
Le frasi strappalacrime e ad effetto ( anche se a me fanno l'effetto di un forte mal di pancia ) del tipo " Noi stiamo qui a parlare di cazzate - come la storia.. ( ! ) - mentre nel mondo ci sono bambini che muoiono di fame e di sete ed il terrorismo dilaga e saremo tutti dannati all'inferno perch siamo vili peccatori e al buco nell'ozono e agli esodi vacanzieri chi ci pensa ? " oltre a non andare pi di moda hanno stufato e sono assolutamente fuori luogo. Io credo che se si voglia intervenire su un Giornale di critica dell'architettura ( ed anche scritto in grande, come si f a non leggerlo? ) che parla tutto sommato di cose serie si debba fare i seri.
Se non si interessati agli argomenti, si pu anche fare a meno di intervenire. Non sta scritto da nessuna parte che si debba mangiare una minestra che non piace. Se uno poi malato di protagonismo e vuole a tutti i costi dire la sua anche se non ne capisce nulla e non in alcun modo interessato.. beh.. a questo punto ok il diritto ad esprimersi.. ma perch pubblicare certi commenti? E' poi anche questione di educazione e buon senso. Non entro in chiesa e mi metto a dire " Io sono atea e per me tutte le vostre parole sono vuote e prive di senso. Quindi piantatela e tornatevene tutti a casa " Al massimo cerco un confronto e di capire il punto di vista di un credente..Non si pu dire " E chi se ne frega ". Perch allora a me non frega niente di quest'opinione del tutto polemica e inconcludente. Critica dura s, ma costruttiva e sensata. Basta con le parole in libert. Non vi interessa quello che si dice qui? Ci sono tanti bei posti dove andare, altri siti da visitare. Fatelo. Non vi preoccupate. Non credo che molti sentiranno la mancanza dei vostri " ecchissenefrega " o di sentirvi citare i polli di Renzo ( mica male come argomento da portare avanti, no? Veramente ricco di opinioni e rimandi per cui si potrebbe discutere per mesi..! )
Non vi preoccupate per noi.. ce la caveremo .
P.S. : come si f a dire che l'argomento Fenice non riguarda il nuovo? Questo teatro non ha neanche un mese di vita..
Quando si dice la malafede..
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