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Commento 341 di Andrea Pacciani del 13/05/2003


Gentile Sandro Lazier,
leggere di dilagante conservatorismo nella architettura italiana contemporanea mi sembra un po paradossale e inutilmente vittimistico, mi piacerebbe fosse davvero cos;
Non c un professore, dico uno, in alcuna facolt di architettura italiana che insegna una materia vicina alla composizione architettonica tradizionale contemporanea; non c una rivista, dico una, che pubblica sparuti lavori di architettura tradizionale ben fatta da pochi stranieri; non esistono pi maestranze depositarie delle conoscenze di trasmissione orale su come costruire a regola darte con le risorse tecnologiche e i materiali locali; non ci sono professionisti che progettano secondo tradizione, ma autoreferenzialisti di gusto pi o meno raffinato che valicano dalla tradizione al kitsch; non esiste un P.R.G., dico uno, che consenta la ripresa del disegno urbano della citt storica nei nuovi insediamenti. Non esiste un concorso di architettura, dico uno, in cui la giuria sia disposta ad accettare un progetto tradizionalista.
Mi sembra il suo uno scenario, purtroppo, non rispondente alla realt anche se sono perfettamente delineati i due aspetti, da lei ben affrontati, del consenso dellarchitettura da parte del pubblico e del divario culturale con il pubblico, sono assolutamente rilevanti per lo scenario prossimo venturo dellarchitettura e della sua lettura faccio i complimenti.
Mi spiace solo che lei insista, come tutti i delatori della tradizione, con il concetto di falsit che si abbina a quello di architettura tradizionale se fatta oggi (che credevo di aver fugato con i miei precedenti interventi, in questo sito, cui rimando lettura un po pi accurata), mentre non c migliore elemento di espressione del proprio tempo e di contemporaneit dello stato dellarte della tradizione.
Secondo il mio punto vista la riflessione da farsi unaltra: come mai malgrado il sistema culturale-disciplinare-accademico-professionale abbia completamente sotterrato e sepolto ogni velleit allarchitettura tradizionale, eliminandone ogni traccia, tale renderla risibile dietro motivazioni intellettuali superficiali, come emerge dai punti di Puglisi, questa torna quale unico scenario possibile di consenso popolare e vicina ai suoi fruitori?
E troppo facile dare dellignorante al pubblico. un po come accanirsi contro il film da cassetta a difesa dellincompreso film dautore; io sono dellidea che un buon autore possa fare cassetta e la storia del cinema ne piena.
Difendiamo pure il funzionalismo in architettura contro le gratuit figurative che anche in quella tradizionale fanno male, ma non dimentichiamo che un edificio, una strada, un quartiere non devono solo funzionare ma anche avere a che fare con valori abitativi quali il senso di appartenenza ai luoghi, laspirazione alla rappresentazione della comunit insediata, lidentificazione e la partecipazione alla vita sociale. Credo siano questi alcuni degli aspetti che creano consenso e non risentono del divario culturale tra progettisti e fruitori e da quanto mi risulta non sono mai messi in primo piano nella architettura moderna.
Questi stessi valori radicati nella tradizione dellabitare sono di fatto nelle aspettative della gente nella loro vita quotidiana. Lo hanno capito i pubblicitari e gli scenografi da lei citati, ma anche gli autocostruttori e i produttori di materiali edili che tirano in questa direzione con risultati s risibili e posticci proprio perch vittime dellassenza della architettura tradizionale da quei contesti sopra citati.
Non si capisce invece perch i progettisti oggi si illudono che la modernit debba contenere questi valori automaticamente e chi non riesce a trovarceli, nelle citazioni e nellelaborazioni mentali degli architetti o arretrato culturalmente, o ha bisogno di un critico che glielo spieghi (questo pu andare bene per larte ma non per larchitettura!).

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