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Ci sono 8 commenti relativi a questo articolo

Commento 219 di Amerigo Quagliano del 30/10/2002


Vicenda Novoli: Firenze, purtroppo non Berlino.
Sulla ricostruzione fatta da Giovanni Bartolozzi della prima parte della vicenda Novoli a Firenze, vorrei rettificare alcune inesattezze.
In quanto collaboratore allora di Aldo Loris Rossi, sono stato partecipe insieme con altri al progetto e dell'entusiasmo che ci sostenne in quella coinvolgente avventura.
1- La Fiat e la Soc. La Fondiaria assicurazioni, sono state promotrici nello stesso momento di due distinti progetti.
La Fiat, unica proprietaria nel quartiere di Novoli, degli stabilimenti e dell'area di 32 ettari, invit nel 1987 diversi architetti, tra cui A. L. Rossi, all'elaborazione del progetto di sistemazione del complesso, che fu poi presentato nell'aprile del 1988 nel salone dei Dugento a Palazzo Vecchio.
Mentre la Soc. La Fondiaria, svilupp un altro piano, con altra equipe, diretto alla valorizzazione di un'area di ben 186 ettari, distante da Novoli, in localit Castello.
2- La causa che, di fatto, ha affossato il progetto Fiat-Novoli stato, come noto, e riportato anche da organi di stampa nazionali nonch da Bruno Zevi sulle pagine della rivista L'architettura, l'ordine, partito da Roma di bloccare tutto, dato dall'allora segretario del P.D.S. Occhetto, in ossequio ad alleanze politiche con i verdi, e che determin in seguito le dimissioni del Sindaco di Firenze, Massimo Bogianckino.
Da qui si deve partire per tentare di capire le vicende, a volte "misteriose", che determinano le "fortune" di un progetto di architettura contemporanea, che era ed innovativo, e che hanno aperto in questo caso, la strada a successive revisioni antimoderniste.

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30/10/2002 - Giovanni Bartolozzi risponde a Amerigo Quagliano

La ringrazio per le rettifiche apportate allo scritto su Novoli che, inevitabilmente, dovrebbero far riflettere tutti, sul destino toccato a questo progetto.
In realtà, Lei ha colto perfettamente il senso di quel “misterioso”, che era esattamente riferito al secondo punto, da Lei riassunto, e di cui io, forse sbagliando, ho preferito non parlare.
Come Lei giustamente ricorda, il prof. Zevi ha riportato questo sconcertante episodio su “L’architettura”, conseguentemente su “Sterzate Architettoniche”, e anche durante qualche intervista radiofonica: ricordando la “telefonata di Occhetto”.
Naturalmente, come avrà capito dallo scritto, ho preferito analizzare la vicenda puntando soprattutto sul notevole scarto esistente tra i due progetti, in contrapposizione agli articoli pubblicati su “Casabella”, poiché, fare luce su tutte le questioni politiche e burocratiche che hanno contribuito al deplorevole cambio di rotta, è cosa veramente complessa e “misteriosa” che, senza dubbio, ha inizio da quanto lei riassume, ma che purtroppo non si esaurisce lì: basti pensare alle pesanti manomissioni apportate al progetto di Ricci.
Grazie ancora

 

Commento 223 di Andrea Pacciani del 11/11/2002


Gentile Gioavanni Bartolozzi,
Non conosco bene come Lei tutta la storia del progetto di Novoli, ma conosco un p il progetto di Krier, il suo modo di lavorare e le ragioni che supportano le sue scelte che a mio avviso non sono bislacche come sembra dal suo intervento; Le consiglio la lettura del suo libro "Architettura scelta o fatalit" dove si evincono in maniera abbastanza chiara, comunque non sta a me difendere il progettista lussemburghese.
Sono un p sorpreso di come possa lamentare ancora nel 2002 la mancanza di opportunit dopo un secolo di architettura ed urbanistica moderna per realizzare la citt moderna. Non Le sembra che dopo un secolo di fallimenti bisogna cominciare a chiedersi se l'errore sta nel metodo? O nelle utopie che purtroppo non si sono rivelate attualizzabili? Credo che a volte nella vita bisogna avere l'umilt di sapersi rimettere in discussione ed il coraggio di ammettere gli errori commessi e ricominciare dalle poche certezze che abbiamo.
Credo che Krier abbia il solo difetto di aver detto basta alla sperimentazione modernista nel disegno della citt e, nella consapevolezza che nella citt storica si vive meglio che in qualsiasi periferia realizzata, sta cercando un metodo per riportare il disegno della citt in modo che i risultati si avvicinino a quelli consolidati nei risultati dei centri storici. Renzo Piano sostiene tesi analoghe con la differenza che Krier estende questo concetto anche all'architettura, mentre Piano forte della sua genialit compositiva, riesce a mantener viva la possibilit moderna ai suoi edifici.
Non si tratta di spazi antichi e falsi ma di strade, larghi e piazze che sulla scorta di una sperimentazione secolare e di scelte sedimentate nel tempo danno alle persone che vi vivranno pi garanzia di piacevole abitabilit di qualsiasi sperimentazione modernista di cui si teme l'ennesimo fallimento.
Credo che oggi in un mondo pluralista e intellettualmente no global oriented, non abbia pi senso un fondamentalismo moderno che governi la disciplina mondiale urbanistica e architettonica, ma bisogna invece dare spazio a nuove o vecchie alternative alle linee guida moderniste che ormai hanno il peso degli anni e degli insuccessi; quella tradizionale a mio avviso una scelta fatta per non sbagliare (e non poco), rispettosa del modo di vivere delle persone e non soggetta all'obsolescenza delle mode.
Non mi sembra anacronistico prendere il meglio delle citt che sono arrivate fino a noi e riproporle come modelli ancora attuali visto che sono ancora insuperate le qualit abitative che vi apportengono.
E' piuttosto anacronistico cercare ancora un posto a "tabula rasa" per una ennesima sperimentazione della citt moderna; purtroppo non siamo pi al tempo delle demolizioni "igienico-sanitarie" o post belliche dove sperimentare nuove teorie all'insegna del progresso.
Certo di aver seminato in Lei il seme del dubbio sull'unicit e l'ineluttabilit del "modello modernista"
A disposizione per un intervento pi completo sulle scelta tradizionalista e le sue potenzialit,
distinti saluti. Andrea Pacciani, Parma 11/11/02

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11/11/2002 - Giovanni Bartolozzi risponde a Andrea Pacciani

Gentile Andrea Pacciani,
Considerando che Lei propone il libro “Architettura scelta o fatalità” di Krier, mi consenta di ricordare che parliamo del più grande esaltatore e adulatore di Albert Speer, l’architetto-ministro di Hitler, per il quale ha progettato e costruito i più immondi monumenti nazisti.
Sostengo inoltre che il criterio adottato da Krier non sia risolutivo: Krier è solamente capace di guardare al passato, ma senza capirne il forte impulso creativo, sociale e umano.
Quanto al suo commento, rivelatore di una posizione diversa dalla mia, penso che non sia supportato da puntuali e specifiche motivazioni critiche riguardanti il caso particolare della vicenda Novoli.
Riguardo alle sue osservazioni, non credo per niente che nel centro si viva meglio di qualsiasi altra periferia realizzata. Sicuramente la periferia presenta dei problemi (e i centri storici ne hanno di più complessi) ma, a mio avviso, non sono quelli che Lei attribuisce alla sperimentazione che, peraltro, non ha mai trovato il giusto spazio nelle nostre periferie.
La periferia va capita, ma senza abbandonarsi alle solite lamentele e al solito inutile confronto con il centro storico.
Aggiungo, inoltre, che sono molto scettico nei confronti delle purtroppo ricorrenti espressioni: “Disegno della città” e “sperimentazione modernista”. Credo che la città non si disegni. Il disegno attiene al risultato, soprattutto nel caso della città, quanto alla sperimentazione, ben venga, ma non modernista, solamente sperimentazione.
Riguardo alle “potenzialità della tradizione” e ai suoi inviti nel riproporre modelli provenienti da tradizioni consolidate in nome di “una garanzia di piacevole abitabilità”, credo che sia veramente, per dirla come Schoenberg, l’unica strada che non conduce a Roma.
Questo, naturalmente, è il mio punto vista.
Grazie

 

Commento 226 di Gaetano Manganello del 14/11/2002


La vicenda Novoli emblematica di com' difficile realizzare in Italia, interventi di largo respiro nel campo urbanistico ; credo che il progetto attuale sia il cattivo risultato di un compromesso tra istanze progettuali diversissime, non esiste nessuna coerenza tra i risultati del workshop e il piano Krier. Ho visitato quest'anno la Biennale di Venezia e visto il plastico e i disegni di Novoli esposti al padiglione Italia; ho avuto la sensazione che tante energie progettuali siano state compresse in uno schema troppo rigido, fornendo quindi un risultato non adeguato ; sono tra quegli architetti che essendo presente sull'almanacco di Casabella del 2000 avrebbe potuto partecipare, se scelto, a un qualche progetto sul sito di Novoli. Da ex fiorentino (laureato a Firenze con Natalini) ne sarei stato lusingato, ma ho l'impressione che avrei speso delle inutili energie. Resto dell'avviso che in Italia per noi giovani architetti non ci siano le condizioni per fare buona architettura, soprattutto perch manca la committenza, sia quella pubblica che quella privata. E' una LOTTA CONTINUA contro tutti per affermare le ragioni del progetto di architettura ; fino a quando si potr resistere?
Sono appena tornato da un viaggio in Portogallo, dove ho avuto modo di constatare come in un paese economicamente simile se non pi arretrato dell'Italia si realizzino edifici di straordinaria qualit architettonica. Perch in Portogallo possibile e si realizzato quello che in Italia sembra un sogno proibito ?
Eppure in Italia, sono sicuro, esistono moltissimi bravi architetti ; lo sviluppo della vicenda Novoli pu dare una parziale risposta a questi interrogativi.
Gaetano Manganello

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Commento 227 di Andrea Pacciani del 15/11/2002


Riferimento al commento n225
Gentile Giovanni Bortolozzi,
che la periferia vada capita credo lo debba spiegare a tutti quelli che la abitano e non la hanno ancora capita. Tant' che spesso e volentieri gli architetti stessi progettisti di quei quartieri hanno lo studio professionale e se possono anche l'abitazione non certo in quelle periferie ma nei centri storici o isolati in bucoliche campagne; proprio perch hanno capito che sebbene i centri storici abbiano problemi ben pi complessi di quelli delle periferie (come lei sostiene) sono preferibili per le proprie attivit lavorative, residenziali e di divertimento, relazione ecc...
Credo non si possa nascondere che il mercato immobiliare con le sue offerte e domande e quindi i suoi prezzi sia un'espressione oggettiva sul valore in senso lato della qualit abitativa dei quartieri della citt (non credo che chi ha maggiori risorse economiche scelga i luoghi peggiori per viverci e lavorarci).
Che la sperimentazione non ha mai trovato il giusto spazio nelle nostre periferie mi sembra un'affermazione pretestuosa dopo quasi un secolo di architettura moderna. Mi sembra l'atteggiamento di chi non vuole vedere gli effetti disastrosi del saccheggio del territorio fatto nel XX secolo sostenendo in ogni occasione che il progetto stato inquinato da agenti esterni e i danni sono dovuti all'allontanamento dalla strada maestra.
Ma allora se questo modo di progettare patisce i danni del passare del tempo e dell'intervento di agenti esterni, perch continuare a sperimentarlo?
Non ci si vuole rendere conto che le citt sono invece organismi viventi che crescono, cambiano nel tempo, nelle persone, nelle politiche, nelle tecnologie e paradossalmente le citt storiche sembrano il tessuto urbano dove questi cambiamenti sono stati meglio assimilati in nome della qualit dei valori abitativi che capace di trasmettere. Non si tratta solamente di un valore storico museale di testimonianza del passato (il mercato non la premierebbe cos tanto) ma di un modo di interpretare la citt pi a misura di ogni singolo individuo.
E poi se sperimentazione deve essere e per di pi non modernista perch condannare sul nascere quella di Krier a cui si pu lasciare la possibilit di "trasgredire" con un progetto tradizionale, ma anche di sbagliare dopo gli innumerevoli tentativi falliti del passato; possibile che il primo progetto di Novoli fosse il progetto madre di tutta l'urbanistica contemporanea, ma se si vuole fare sperimentazione qualcuno il posto ogni tanto lo deve lasciare.
Occupiamoci piuttosto di prevenire sperimentazioni il cui contenuto un'astrazione mentale che si ispira pericolosamente a modelli mai realizzati; preveniamo la realizzazione di progetti che maneggiano geometrie mentalmente belle ma scollegate dalla struttura della fattibilit fisica. Non riponiamo nell'idolatria dell'astrazione la ricerca di un qualcosa di un nuovo che potr dare la svolta.
Ricordiamoci insomma che le persone che vivono la citt (progettisti compresi) non hanno bisogno per vivere di giochi sculturali o di astrazioni geometriche seducenti, ma di luoghi in cui sentirsi in sintonia con la propria identit e le proprie origini, in cui vivere con la propria famiglia e perpetuarne i valori; luoghi in cui non si devono sentire spaesati e inquilini occasionali, ma luoghi in cui vivere serenamente, a cui affezionarsi, e da trasmettere alle generazioni future.

Grazie per lo spazio concesso

Andrea Pacciani

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Commento 299 di Ruben Modigliani del 17/03/2003


"uno spazio (...) che lascer alle generazioni future unimmagine falsa dei tempi attuali"? Forse nutro troppa fiducia nella selezione naturale, ma sono convinto che nel giro di qualche decennio del disastro perpetrato da Krier non resteranno grandi tracce. Meglio per le generazioni future, alle quali invece auguro di poter continuare a vedere la Firenze immortale che seppe essere (con il suo coraggio, con la sua aggressivit, con il suo spirito pratico, con la sua rapacia commerciale, con la sua intelligenza etc) faro del proprio tempo.

Tutti i commenti di Ruben Modigliani

 

Commento 6106 di A. Barzagli del 10/03/2008


Che ignoranza Sig. Bartolozzi!

Verso la fine del suo articolo lamenta la mancanza di qualche inutile grattacielo: ma non lo sa che in U.S.A. sempre pi spesso i grattacieli vengo demoliti per essere sostituiti da nuovi quartieri? (ovviamente non mi riferisco a N.Y. City)

Non perdo nemmeno tempo a controbattere ad ogni punto del suo articolo, perch sarebbe capace di farlo anche un bimbo di tre anni.

Viva il NEW URBANISM !

UNITI CONTRO LO SPRAWL URBANO!

A. Barzagli

Portland, USA

Tutti i commenti di A. Barzagli

10/3/2008 - Giovanni Bartolozzi risponde a A. Barzagli

Il suo commento è molto costruttivo: è un vero stimolo allo scambio e al dibattito culturale, nei contenuti e soprattutto nei termini.
beato lei

 

Commento 6107 di renzo marrucci del 10/03/2008


Gentile Barzaghi
non capisco bene cosa vuol dire quando declama al nuovo urbanismo...ma che i grattacieli li vogliono i tecnologi per sbizzarrisrsi un p si sapeva anche in Italia. Disgraziatamente un rigurgito della cultura architettonica ma in linea con l'attuale cultura italiana fatta da economisti e tecnologi. In grave flessione gli architetti e le loro istituzioni culturali. Ci tocca come periodo storico e vorrei avere un passaggio dalla macchina del tempo a vedere come sar il giudizio dei nipoti dei nipoti . Gi si capisce a orecchio ... La storia ben diversa oggi da quella che si formava nel cinquecento, e troppe variabili inibiscono lo sviluppo e il corso delle idee e fino al punto che non il telento che prevale come prevaleva allora come forza naturale di selezione.
Caro Ferrara
il fenomeno delle "stars" e io aggiungo, la prego di capire, "o ballerine", comunque non dispregiativo ma ironico se vuole, figlio del sistema di comunicazione che abbiamo oggi, manipolato da chi ne ha la forza o il cinismo per cavalcare...tale la forza che non mi pare per nulla n naturale ne normale (pu esserci anche qualcuno che lo considera naturale da quel che sento in giro). Se si vuole credere nel valore positivo della vita e aver fiducia nell'uomo e nel suo futuro... Il rispetto del territorio andr oltre i gli interessi particolari di alcuni anche se non senza averne sacrificato un p. Viviamo una epoca da capire, e non la capiremo bene senza una particolare sofferenza.

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 6388 di marco ferri del 25/08/2008


Carissimo Bartolozzi, leggo solo ora questo articolo pubblicato anni fa. Lo condivido in toto come condivido quanto detto dal collega Manganello. Come diceva Le Corbusier, per fare una buona archiettura occorrono un buon progettista, un buon committente e una buona impresa...In Italia buoni committenti ce ne sono pochissimi. A Firenze non esistono. Mi viene in mente una situazione simile, Maastricht, e come stata gestita e conclusa. Ci voleva molto? Perch a Firenze l'autolesionismo cos forte?
Saluti

Tutti i commenti di marco ferri

 

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