L'orecchiabile esibizione di Botta alla Scala
di Paolo G.L. Ferrara
- 15/12/2002
Una volta c'era la "Milano da bere" (e poi si scopr che molti mangiavano anche...), e Trussardi pot rivoluzionare il famoso Albergo Marino alla Scala. Ci furono polemiche, che volevano Trussardi legato a Craxi e, per induzione, alla libert di fare quello che voleva di un edificio storico.
Anche nel caso della ristrutturazione della Scala ci sono molte polemiche.
Il 9 dicembre l'Ansa batteva:ancora battaglia sui lavori al Teatro della Scala di Milano:" le associazioni contrarie hanno voluto portare la questione del restauro all'attenzione della stampa internazionale, con una conferenza nella sede della Stampa Estera a Roma. E alla protesta si e' unita anche Articolo 21, che ha denunciato una informazione negata". Tra le prese di posizione pi accese, quelle di Lega Ambiente che -come dice il presidente Ennio Rota- sa bene "...che nulla potr essere come prima, ma siamo certi che si possa fare meglio di ci che fino ad ora la giunta ha fatto, se il sindaco disposto allascolto della citt e non solo all'ascolto dei suoi architetti e funzionari di fiducia, questo va bene per rifare gli impianti di riscaldamento e i bagni dei palazzi comunali, non per rifare il Teatro alla Scala".
Roberto Zaccaria, in rappresentanza di Articolo 21 , rincarando la dose, chiede il rispetto della memoria piermariniana: ''bisogna accendere i riflettori e pensare che la Scala non e' solo dei milanesi o degli italiani, ma anche di tutti quelli che vi si recano da tutto il mondo''.
Nel frattempo, il TAR della Lombardia dovr decidere se bloccare o meno i lavori cos come pensati da Botta. Sicuramente i tempi saranno brevi perch impensabile che la Scala possa restare incompleta per anni (mica siamo a Sciacca...), soprattutto se teniamo in considerazioni quante e che "voci" si stanno battendo per la sua causa (e dove li mettiamo i vip della "Prima"? Quanto potranno resistere agli Arcimboldi dell'estrema periferia milanese ?).
La caccia grossa dunque aperta ufficialmente. Dei contestatissimi lavori in corso alla Scala di Milano si conoscono i mandanti e gli esecutori; adesso si cerca un valido capo d'accusa per poterli fermare.
A posteriori. S, perch il danno -se davvero di danno si tratta- oramai fatto. Demolita la torre scenica del teatro milanese, non si pu tornare indietro di certo: sarebbe un altro vespaio di polemiche sul come ricostruire il demolito; n si pu pensare di rifare il progetto, magari incaricando un architetto agli antipodi rispetto i concetti di Botta: sarebbe una farsa.
Quel che deve fare davvero riflettere il vizio tipicamente italiano di gridare allo scandalo a misfatto accaduto -nonostante se ne sia a conoscenza gi prima che esso si materializzi.
Non ho di certo la foto in cornice di Mario Botta sulla mia scrivania ma, stavolta, corre l'obbligo di ammettere che della vicenda, dal punto di vista strettamente professionale, Botta l'unico incolpevole. Difatti, indubbio che l'incarico lo abbia ottenuto legalmente e che, lecitamente, abbia progettato come gli pareva.
Nelle stesse condizioni, Libeskind o Gehry avrebbero fatto ugualmente, dunque niente da dire sull'operato professionale di Botta. Ovviamente, le scelte architettoniche sono poi discutibili ma, prima ancora, ci sarebbe da meditare sul perch si arrivi sempre a posteriori a tirare fuori i problemi.
Premetto che sono assolutamente favorevole all'immissione di architettura contemporanea all'interno dei centri antichi e che le proteste dei difensori dell'integrit della Scala mi annoiano terribilmente. Gli argomenti addotti sono pretestuosi perch l'edificio del Piermarini forse uno dei pi anonimi ed insignificanti che esistano in tutta Milano. Lo salva solo il valore storico che ha assunto grazie alla sua funzione. Certo, non poco, perch il valore storico "memoria" ed assolutamente giusto preservarlo. Ma essendo quella del Piermarini un'architettura Neoclassica, a livello di volume architettonico di essa non conta che il fronte principale, progettato per affacciarsi in origine sulla stretta via Corsia dei Giardini (un dipinto di Angelo Inganni ci mostra la Scala com'era nel XIX secolo). La vecchia torre scenica non era altro che un corpo regolare coperto con tegole spioventi. Piermarini aveva distinto le funzioni (ingresso di rappresentanza, sala, torre scenica) attraverso caratteri ben precisi, senza pensare certamente a dare alla torre scenica particolare valenza architettonica.
Anche gli interni hanno subito parecchi rifacimenti, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. Gli odierni restauri stanno portando alla luce alcuni elmenti originari, cos come ci dice il Sovrintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Milano, Alberto Artioli: "abbiamo scoperto che, in origine, i pavimenti dei palchi erano in cotto: lo stiamo portando in superficie, anche se e' molto rovinato. Verra' recuperato''. E verr recuperato anche il pavimento in seminato dei corridoi. Saranno ripristinate le sete di rivestimento dei palchi (una volta ogni famiglia dipingeva la propria area dei palchi del colore che voleva; questo si che sarebbe un vero spettacolo!).
Ovviamente, il valore storico della scala non per nei seminati o nelle stoffe, bens nella sua funzione e nelle rappresetazioni che ne hanno fatto uno dei teatri pi importanti del mondo.
Vero che l'architettura acquisisce valore anche per la funzione e per gli eventi storici che in essa avvengono, ma al punto di vista squisitamente architettonico in rapporto allo spazio urbano, nel caso della Scala siamo a livelli bassissimi. Uno scatolone, n pi, n meno.
Eppure, Botta ha compiuto un'operazione che sembrava impossibile: aggiungendo uno scatolone dimensionalmente ancora pi grande, ha reso quello del Piermarini quasi innocuo, timido e, involontariamente, gli ha dato significanti.
E', forse, uno dei migliori esempi della mancanza di sensibilit di Botta per il contesto. Bello o brutto che sia, il ticinese non ci fa caso: inserisce i suoi corpi geometrici, li marca come oramai consuetudine, e stop.
Insignificante Piermarini, insignificante Botta: uno a uno e palla al centro.
La nuova torre scenica svetta oltre la copertura dell'edificio del Piermarini sino a toccare l'altezza massima di 32 metri. La motivazione funzionale, come spiega Franco Malgrande, uno dei coordinatori del progetto:" La torre scenica era stata concepita per scenografie dipinte che venivano piegate e portate via, oggi con allestimenti costruiti faticosissimo lavorare cos e dunque la struttura dev'essere alzata. L'altezza minima, viste le dimensioni della sala e del boccascena, di almeno trenta metri. Quella attuale di 27, ma vogliamo che i nostri tecnici lavorino con la massima tranquillit senza problemi".
Sar, ma la scelta di Botta di lasciare l'esistente diaframma esterno tra l'area della platea e la vecchia torre scenica -un fronte lineare con due torrette laterali- rende questo elmento una decorazione dello scatolone della nuova torre scenica. Falsificazione gratuita di un elemento che non separava platea e torre scenica, ma che ne era un punto di mediazione, soprattutto in merito alla regolarit della copertura della platea rispetto il frastagliato altimetrico della copertura della vecchia torre scenica. Un frastagliato altimetrico che andava a conglogbare anche l'edificato dell'ala laterale della Scala, con la quale, a livello zero, si unisce grazie alla continuit delle arcate del portico di facciata. La pulizia chirurgica di Botta agisce anche su questo edificio, adesso sovrastato da un volume a sezione ellissoidale che si pone al fianco della torre scenica, quasi per controbilanciarla.
Cubo e volume ellissoidale sono perfettamente in asse, vera e propria "scenografia" atta a creare un inquadramento prospettico sui quattro lati di Piazza della Scala. Del resto, persino l'imbocco della Galleria di Mengoni tradisce l'andamento diagonale per appiattirsi in linea ortogonale a Palazzo Marino e all'edificio del Piermarini.
L'edifico laterale alla Scala era fondamentale per il dinamismo della Piazza. Difatti, essendo il suo lato prospicente la piazza arretrato rispetto quello della Scala, ed essendo pi basso e meno lungo, si contrapponeva alla volont d'inquadramento della Piazza su quattro lati determinati, soprattutto se consideriamo il gioco di spinta e controspinta che si creava grazie all'aggetto porticato che serviva per la sosta delle carrozze. Ovvio, a livello terra non cambiato nulla, ma il fatto che svetti il nuovo corpo ellissoidale direzionato verso il fronte piazza detrmina che l'edificio esistente sia costretto a fare parte della Piazza Scala, quando, viceversa, il suo lato su via Filodrammmatici era quello che lo decontestualizzava, che ne dava singolarit, e che creava un punto di fuga spaziale importante.
La nuova torre scenica blocca la fuga prospettica su via Verdi; il volume ellissoidale la ridireziona verso la piazza: questo s che legame semantico...
Fulvio Irace, usando il termine di paragone Jean Nouvel, non trova l'intervento di Botta particolarmente infelice, tutt'altro: "quello che riuscito all'architetto francese Jean Nouvel con il suo vistoso raddoppio dell'Opra di Lione valutato dalla critica come "coraggioso" esempio di rimodellazione del preesistente, sembra precluso allo svizzero Botta che pur nell'imperiosit della nuova torre scenica, ha mostrato nei confronti del teatro milanese una maggiore cautela".
Ora, con tutto il rispetto possibile per le parole, che significa "maggiore cautela" in architettura quando si parla dell'inserimento del nuovo nell'esistente? Ha un senso paragonare interventi a Milano con interventi altrove? e che significa farlo prendendo a prestito Nouvel? che c'entra Botta con Nouvel?
L'impressione che si stiano -come al solito- creando due schieramenti contrapposti, difensori e denigratori, ma che tutto finir in un nulla di fatto.
Credo sia ora di finirla con le buffonate italiane: che il progetto di Botta venga portato a termine al pi presto l'unica cosa che (ormai, e purtroppo) conta.
Cos come i genovesi si sono abituati alla retorica del nuovo Carlo Felice di Aldo Rossi e Ignazio Gardella, i milanesi che osserveranno dall'esterno si abitueranno all'orecchiabile (dunque mediocre) esibizione di Botta (cos come si sono abituati agli offensivi grattacieli di Porta Garibaldi, alla Stazione Centrale, allo scempio di Largo Augusto, a Milano 2).
I milanesi che vi entreranno non saranno colti da malore, perch troveranno tutto al posto giusto: stoffe, decori, palchi e, soprattutto, il famoso lampadario. E magari si sentiranno per qualche ora sudditi di Maria Teresa d'Austria.
Via, c' di peggio...
(Paolo G.L. Ferrara
- 15/12/2002)
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Commento 234 di Pierluigi Di Baccio del 17/12/2002
Devo ammettere di condividere tutto o quasi di quanto scritto da Paolo G. L. Ferrara. Tuttavia, dal mio modesto osservatorio di studente d'architettura, vorrei solamente aggiungere che il confronto fra il progetto di Botta e quello di Nouvel per l'Opera di Lione inappropriato soprattutto perch risolto da Fulvio Irace a favore del ticinese. Ritengo utile dare un giudizio di valore, che Ferrara preferisce omettere: l'intervento dell'architetto francese ha una carica fortemente eversiva, in un contesto storicizzato, anche discutibile, forse, ma innegabilmente conduce a un risultato assai pi felice rispettoa al progetto di Botta. In quest'ultimo l'anonimato totale, la scelta dei volumi e il loro accoppiamento quasi incomprensibile: se davvero , come dice Irace, Botta si mosso con rispetto e circospezione, il risultato smentisce totalmente le intenzioni. Un atteggiamento pi energico sarebbe stato pi coerente, visto che comunque si tratta di intervenire pesantemente con nuovi volumi sull'esistente, e probabilmente avrebbe condotto a esiti pi degni (anche se forse in tal caso Botta, con tutto il rispetto, non l'architetto giusto allo scopo). Nouvel a Lione forse non ha fatto un capolavoro, ma ha realizzato gli stessi obiettivi di adeguamento funzionale e tecnico creando una struttura pulita e formalmente innovativa: una grande volta a botte in acciaio e vetro, oscurabile, al posto del vecchio tetto in legno "a nave roversciata" (tipo Basilica palladiana a Vicenza) che in quel caso era andato distrutto in un incendio. Inoltre a Lione stato ridisegnato tutto l'interno creando un complesso ben integrato vecchio-nuovo dotato per di forte personalit. Parlando per esperienza, si tratta di un'architettura che d emozioni nuove, il che mi sembra un risultato importante. Ovviamente si tratta del mio personalissimo parere.
Grazie per lo spazio concesso.
Pierluigi Di Baccio
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17/12/2002 - PaoloGL Ferrara risponde a Pierluigi Di Baccio
L'articolo non era rivolto alla critica fatta da Irace. L'ho riportata (parzialmente)perchè spero sempre che chi legge vada a recuperare quanto cito, affinchè possa farsi un'idea più generale rispetto quelle che sono le mie opinioni. La pluralità è fondamentale. Il non essere d'accordo con Irace o altri, lo è altrettanto.
Commento 237 di Antonino Saggio del 18/12/2002
L'articolo di Ferrara un esempio del motto: poche chiacchere, ma lavoro. Dissento per nelle conclusioni, ma vorrei essere convinto del contrario. Perch mai dobbiamo accettare il progetto di Botta dopo aver capito quanto deludente? E chi l'ha detto? La real politik perdente perch ci auto compromette. Dico invece che si deve bloccare tutto e invitare cinque bravi e se volete anche grandi architetti ad un rapido "avant progetto" (un architetto pu, con i suoi collaboratori proporre una strategia in un tempo ragionevole). I progetti saranno illustrati in una conferenza trasmessa dalla Tv (se si vuole dallo stesso Canale 5) e poi con un qualunque sistema di tele voto si decider. Magari vincer Mario Botta. A quel punto saremmo "democraticamente" rassegnati al volere della maggioranza di una ennesima fenice infelice.
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Commento 312 di Angelo Errico del 21/04/2003
Croce e delizia la vicenda della Scala. Non certamente la sola. Valga una lettura per tutte, "Grandi Peccatori, grandi cattedrali", in cui si analizzano le vicende storiche con le quali nei secoli, alcune cattedrali d'Italia, hanno visto rimaneggiamenti, sostituzioni, rifacimenti, per giungere a noi con il sentimento del recupero e del restauro in nome e per conto della memoria.
La lite la stessa, di sempre: quanto il nuovo con il vecchio possono conciliare una convivenza se non addirittura un matrimonio. Credo Zevi in un suo libretto da mille lire, riporta una considerazione sui templi buddisti, per i quali s'impiegano anni per costruirli, e un attimo per abbatterli, per poi ricostruirli. E' inconcepibile per noi occidentali questa pratica, che pi che un'arte dell'architettura sembra l'arte dei pazzi, ma tant', certamente pi profonda di contenuti e di riflessioni di quell'arte tipicamente nostra e nostrana, delle opere iniziate e incompiute, iniziate e sbagliate, iniziate finite e ridotte a ruderi pompeiani in un tempo risicato di anni.
Milano attraversa in quest'ultime sessioni di governo comunale (Polo delle libert con a capo il sindaco Albertini) un periodo in cui, ancor pi che la vittoria delle ideologie forti, o anacronistiche, o progressive, o che dir si voglia, impera e prospera la mancanza delle ideologie, per dar ampio spazio al servizio gratuito di cortigiani e imprenditori da quarto mondo, per consentir loro di creare opere e infrastrutture indegne; pensa probabilmente l'amministrazione che con il culto e la dialettica dell'immagine, dello spot, con lo sbandieramento del nome dell'architetto di grido - un vessillo usato per mettere a tacere chiunque - si possa dar mano ai lavori come quelli di piazza San Babila, di piazza Duca d'Aosta, di piazza Cadorna, per citarne alcuni, che fanno schifo persino agli extracomunitari.
La Scala resta per la sua mole, un esempio di critica e polemica d'attualit. Se pensiamo alle tante piccole opere che verranno demolite nel silenzio pi irreale, come accadr al mercato in stile liberty di piazza Wagner - coperto da un muro esterno in mattoni e rimasto intatto nell'involucro che ha consentito l'appropriazione dei posti di vendita abusivamente occupati a suo tempo - o al mercato di Quarto Oggiaro dell'arch. Arrigo Arrighetti - che ha ricevuto dallo statunitense Richard Neutra un encomio scritto a mano - poich nel suo piazzale sostano zingari e senza tetto, allora capiamoci: qui la questione non il Botta o il Nouvel di turno; la mancanza di una reale politica d'intenti, senza alcun controllo della cittadinanza, ancor prima di quelle da parte delle accademie e dei politecnici.
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Commento 863 di Francesco Finizio del 21/01/2005
L'intervento di Botta era quasi scontato, interessante sicuramente il nuovo palcoscenico piu tecnologico e adatto alle nuove esigenze artistiche, giuste le demolizioni di strutture ormai fatiscenti che si sono stratificate nei diversi periodi di restauri..e giusta ed espressiva la sistemazione,l 'invenzione dei due corpi l'elissoide e il cubo chiamato ingiustamente e volgarmente dai pi "lo scatolone" costruiscono una scenografia teatrale che proietta la facciata del Piermarini sulla piazza antistante, la rende leggera, la fa librare nel cielo come ali di gabbiano, due strutture semplici elisse e il cubo dialogano fra loro la curva e lo spigolo, la purezza dello schermo cubico e la curva frastagliata della torre creano un gioco di rapporti continui che purtroppo nessuno riesce a notare.......ma l'effetto pi suggestivo lo riscontra nel notturno ....le minuscole luci del cubo.....come stelle liberano le strutture dal loro volume riducendole a semplici schermi a semplici fondali.......secondo me l'intervento di Botta il risultato di un'attenta lettura sia storica che artistica del monumento....non porta novit ma riesce a rendere attuali e al passo con i tempi le stutture architettoniche facendo dialogare il nuovo con l'antico.
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Commento 864 di Beniamino Rocca del 23/01/2005
E' bravo, questa volta, Stefano Boeri che a proposito della critiche di Mario Botta ai futuri grattacieli della Fiera stronca il superprofessionista svizzero cos sulle pagine del Corriere della Sera di domenica 23 gennaio "... cos come si pu dare il colpo di grazia all'architettura di un antico e celeberrimo Teatro d'opera mentre ci si appella alla storia e al suo "contesto". All'architettura non servono anatemi generici, ma esperienze coraggiose e critiche puntuali".
Naturalmente c' chi continuer a guardare al cubo ed all'ellisse di Botta scambiandoli per " ali di gabbiano ", ma a qualche giovane architetto l'intervento di Boeri far sorgere qualche dubbio sull'architetto svizzero e sulla sua orecchiabile e sempre simmetrica architettura.
Il Piermarini, Milano ed i milanesi non meritavano quel " colpo di grazia", perch di questo si trattato .
Complice , al solito , la Soprintendenza ai Monumenti, la legge Merloni ed i suoi "Appalti Integrati" . Ma quello di modificare questa sciagurata legge voluta dai dipendenti pubblici ( eh s, proprio " il Responsabile di Procedimento" il novello "Principe" che la legge Merloni incorona), che il vero problema per fare buona architettura, oggi, non interessa nessun critico d'architettura, Domus in testa, purtroppo.
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Commento 1082 di Vulmaro Zoffi del 09/02/2006
Parliamoci chiaro e senza giri di parole fra memorie piermariniane torri sceniche e cavilli tecnici.
Quando nel mondo si cita il Teatro alla Scala si parla del suo Coro, della sua Orchestra e di Opera e Balletto.
Sono gli artisti il suo prestigio mondiale. Sono loro la Scala. La sua vera immagine internazionale. E penso al Corpo di Ballo: alla fatica delle ballerine, allo studio, al sudore e al sacrificio; alla sacralit di chi per l'arte sopporta quotidianamente il dolore, sorridendo, in punta di piedi. Si crede che un teatro sia il tempio della Musica e si crede che un grande teatro sia costruito per celebrare gli artisti che danno voce e forma alla Musica...
"Camerini piccoli, ballerini della Scala in sciopero. Dieci rappresentazioni cancellate. Il corpo di ballo della Scala incrocia gambe e braccia e fa saltare tutte le recite dell'Histoire di Manon in programma al Piermarini dal 10 ottobre in avanti. Problemi di spazi, di camerini e di spogliatoi. Troppo piccoli per ospitare gli 80 ballerini della Scala.[...]" (Corriere della Sera, Vivimilano, 29 settembre 2005). Sciopero fortunatamente revocato dopo qualche rassicurazione dell'incolpevole sovrintendente che ha promesso di adoperarsi alla soluzione dei problemi.
Sylvie Guillem (alla Scala ad ottobre 2005, ieri all'Arcimboldi), eletta toile dell'Opra di Parigi a soli 19 anni da Nureyev, ha rilasciato in questi giorni un'intervista: "[...]Che cosa pensa della nuova Scala? Che per gli artisti terribile. Si capisce subito che chi l'ha pensata non conosce il nostro lavoro. Ci sono solo due sale prove. Al piano del palcoscenico mancano i camerini perch sono stati adibiti a uffici. E' ridicolo. A Londra gli architetti vengono invitati a convivere con gli artisti per mesi.[...]" (Corriere della Sera, Vivimilano, 8 febbraio 2006).
Durante i febbrili lavori ai tempi dell'inaugurazione, in mezzo alle crescenti polemiche tecniche, gestionali, economico-finanziarie, qualcuno disse: ''bisogna accendere i riflettori e pensare che la Scala non solo dei milanesi o degli italiani, ma anche di tutti quelli che vi si recano da tutto il mondo''.
Gi. Si pensava a tutto e a "tutti". Ma non a Loro.
Ogni giorno, lontani dai riflettori, ottanta ragazzi - gli stessi che sorridono sul palco (quello almeno funziona) - sono costretti a faticare e lavorare in spazi ridotti, camerini angusti e disturbati dal suono dei confinanti ottoni. Reclusi da qui all'eternit del botticino, cos maledettamente resistente all'usura.
Non ci resta che sperare, fra qualche altro mese e qualche altra opera interna, che qualcuno riesca almeno a raffazzonare altro spazio in pi per Loro. Che qualcuno ponga definitivamente rimedio all'inadeguatezza delle soluzioni architettoniche; problemi che "non sono obiettivamente di pronta soluzione" (Lissner). S, perch anche gli orchestrali - in particolare una parte dei gi citati ottoni -, hanno lamentato le stesse carenze logistiche.
Questo - parliamoci chiaro - il disonorevole tributo di riconoscenza di certa "architettura" all'Arte.
Tutti i commenti di Vulmaro Zoffi
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