Ultimi 25 commenti
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14830
di antonia briuglia
del 09/08/2020
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di
Sandro Lazier
Piano non ha demolito nulla, tanto meno il ponte Morandi e su questo non dico altro perch è drammaticamente recente ciò che è successo e le cause che lo hanno determinato. Piano ha donato una sua idea di ponte o viadotto che sia e il progetto non lo demolirei come farebbe l'autore dell'articolo. Nelle mie lezioni di architettura sui ponti contemporanei , la mia preferenza era per Calatrava ( ma anche su lui ce ne sarebbero di cose da dire) Questo ponte è semplicemente bello e sono tra coloro che ritengono la semplicità in architettura un valore . L'ho attraversato l'altro giorno e mi sono emozionata e non felice di ammirare un'opera di quella portata , perchè questo ponte/viadotto si porterà come testimonianza sempre e unicamente il ricordo di 43 morti che non potremo che piangere.
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14832
di Vilma Torselli
del 09/08/2020
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di
Sandro Lazier
Non so se avete notato, Piano, da perfetto tuttologo, dà uno spunto anche per la questione banchi scolastici, suggerendo di affidarne la produzione ai "Falegnami d'Italia". Che ci vuole?, saranno in tutto, così stima, circa 10.000, basta fare 10.000 ordini, affidare 10.000 commesse, coordinare 10.000 consegne, allestire 10.000 singole aule, controllare che ogni singola ditta rispetti la normativa...... il tutto in un paese tra gli ultimi ad utilizzare i mezzi digitali persino nell'uso del bancomat.
Auguri!
https://video.repubblica.it/scuola/l-idea-di-renzo-piano-per-i-banchi-della-scuola-post-covid/365286/365839?ref=RHPPTP-BH-I264018946-C12-P5-S2.4-T1
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14828
di Martino Di Benedetto
del 06/08/2020
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di
Sandro Lazier
Dal suo articolo emerge in modo esagerato non la critica all'architettura di un opera ma un profondo odio e disistima per l'autore, per cui la critica passa in secondo piano e quasi scompare. Io ritengo che fra colleghi, ma nemmeno tra persone, si abbia il diritto di usare quei toni cos offensivi. Naturalmente un mio convincimento non pretendo che lei lo condivida.
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14827
di Pietro Melis
del 05/08/2020
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di
Sandro Lazier
pietromelis.blogspot.com
lunedì 3 agosto 2020
RENZO PIANO: HA SFRUTTATO SEMPRE I LAVORI DEGLI INGEGNERI
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14826
di Massimo Belcecchi
del 05/08/2020
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di
Sandro Lazier
Sono pienamente d'accordo sul concetto di restauro, era un' opera bellissimala, dalle forme snelle e di vago sapore decò, con queli pilastri a "V" originali ed arditi.
Se poi si pensa all'epoca della sua realizzazione, stride ancor di più la pesantezza visiva del viadotto oggi progettato.
Mi sento anche di esprimere un senso di dispiacere per il più o meno velato biasimo nei riguardi dell'ing. Morandi la cui opera era un vanto della genialità italiana nel mondo.
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14825
di Sandro Lazier
del 05/08/2020
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di
Sandro Lazier
Riceviamo commenti anche duri, ai limiti dell'offesa personale.
Tendenzialmente pubblichiamo tutto, come nostra abitudine, ma il minimo che chiediamo ai commentatori è che siano dotati di sufficienti palle per mostrare chi sono.
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14823
di Punturiero Salvatore
del 05/08/2020
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di
Sandro Lazier
Il Ponte Morandi non è crollato perch era stato costruito male ma perch la manutenzione non è stata fatta a dovere...poteva durare molto di più ed era un'opera d'arte. Peccato aver cancellato il nome del vecchio Ponte che meritava di essere ricordato per l'opera che era e non per l'incidente.
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14822
di Giuseppe Scaglione
del 05/08/2020
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di
Sandro Lazier
Diciamolo pure, l'articolo è un inno all'invidia, invidia per chi non tollera il coraggio , invidia per chi non ricosce onestà intellettuale , invidia per chi non riconosce che che il vecchio ponte era il peggio del peggio del peggio dell'arroganza strutturale nascosta dall'intonaco di chi sapeva che sotto di esso il marcio covava fino all'ineluttabile conseguenza del crash che è peggio e ancora peggio del collasso.
Solo invidia.
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[Torna su]5/8/2020 - Sandro Lazier risponde a Giuseppe Scaglione
Invidia di cosa, scusa?
Di un viadotto bulimico?
Di un restauro mancato?
Io ho portato argomenti; tu cerca di fare altrettanto.
Riccardo Morandi è un pilastro dell'intelligenza italiana e vederlo messo sul banco degli imputati e vilipeso nel modo peggiore da un predatore di incarichi mi procura sofferenza, altro che invidia.
Le dispute da mercato no m'interessano. Voglio argomenti a difesa della stupidata di Piano. Ma argomenti architettonici, non psicologici e moralistici.
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14821
di Giuseppe Alagna impresa.
del 05/08/2020
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Senza vergogna
di
Sandro Lazier
Sono completamente d'accordo con quanto esposto nell'articolo il ponte Morandi doveva essere ricostruito nella parte crollata e consolidata nella parte rimasta ma è prevalsa una scelta scellerata dare ad un architetto genovese molto famoso la possibilità di cancellare un simbolo di grande architettura ed ingegneria per far posto alla megalomania dell'architetto genovese
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14808
di Phil pippins
del 12/05/2020
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Pandemia e paraculismo
di
Sandro Lazier
Ci vorrebbe una VERA rivoluzione creativa in risposta alla ottusa burocrazia che fa lievitare un decreto "di rilancio" a 800 pagine di panegirici mentali... Ma qui, ATTENZIONE... Come giustamente dici tu, il problema è la macchina pachidermica che sta lì sotto, intoccabile da conclamati ed autoreferenziali pedigree, indifferente alle sane distinzioni Dx/ sx e centro, purch tutto cambi xchè rimanga tutto uguale (favoritismo di amici degli amici degli amici, ma con chip di riconoscimento)...
In qst giorni pensavo... Forse la rivoluzione potrebbe partire da una semplice cosa: tutti a partita iva... Dato che ogni buona idea, ogni modifica sacrosanta tradotta in burocratese diventa altro... Perch si complica, si contorce ed alla fine ci strozza... tutti a partita iva così finalmente tutti potranno toccare il mondo reale, fatto di RESPONSABILITÀ... Avranno + soldi tutti insieme a "risultato ottenuto" - a patto che risolvino qualcosa - .. inizieranno a pagare da soli iva, previdenza, etc, etc... Nessuna garanzia, lavori se lo sai fare... Senza pedigree... E senza + influenzare gli altri... Un sogno?... UTOPIA?... Solo dopo qst si potrà ridimensionare o abolire gli ordini, il valore della laurea, arrivare a tentare di creare vere libere associazioni che non vengano "monopolizzato" sul nascere, etc... Xche' qst persone con il culo a caldo hanno anche tanto tempo a disposizione x rompere le scatole e far franare le migliori spinte innovatrici che noi troviamo nei ritagli di tempo... Basta... Tutti a partita iva!!!!
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14799
di marco ferri
del 24/03/2020
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Scuola, riviste e potere
di
Sandro Lazier
Non posso che essere non d'accordo, ma d'accordissimo con i suoi scritti, compreso quello a fondo pagina che saluta il collega Gregotti.
Da studente non l'ho mai sopportato troppo (secondo me un direttore di una rivista non può pubblicare i propri progetti, per decenza) da professionista continuavo a cercare nelle sue opere (non nei suoi scritti per lo più illeggibili) un qualche guizzo che mi facesse pensare ad un'architettura. Mi sono emozionato quando per il teatro degli arcimboldi ho visto una linea inclinata. Tanto che quando mi dissero che era di Gregotti pensai ad un errore. Pagine e pagine di libri articoli e saggi per produrre quadrati all'infinito come il peggior Ungers (che era 10 spanne sopra almeno).
La ringrazio
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14796
di Gerardo Manca
del 20/03/2020
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Scuola, riviste e potere
di
Sandro Lazier
Posso dire? Il tuo articolo non mi convince. Vittorio Gregotti è stato ossessionato nel corso della sua vita professionale (probabilmente prigioniero) da un rigore moralistico dell'architettura, intesa come processo logico. Una visione del progetto come prassi conseguente al rigore (presunto) dell'analisi urbana (tendenza). Gregotti era un sacerdote della metodologia progettuale, spiegabile. Aldo Rossi e Giorgio Grassi hanno scritto e lavorato molto su questi concetti. Condizione diffusa (in parte accettabile) nelle scuole di architettura di allora. Dobbiamo intenderci e discutere, io credo, intorno al tema dell'architettura, ovvero dobbiamo intenderla come disciplina o "estro dell"anima"? Desidero dire che è utile distinguere la metodologia didattica dal progetto di architettura. Con te concordo sulla mediocrità progettuale (insieme a molti altri architetti più o meno noti) di Vittorio Gregotti, quasi sempre impacciato, oscuro e ripetitivo, nella configurazione dello spazio costruito. Ciò precisato ho trovato il tuo articolo eccessivamente forte, talebano (scusami l'ingeneroso accostamento). Qui non alludo al giudizio (condivisibile) spregiudicato su Gregotti, ma alle tue convinzioni granitiche in difesa (diciamo cosi) dell'international style. La liberazione "dalle prigioni dell'etnia" mi diverte molto.
Tutti i commenti di Gerardo Manca
[Torna su]20/3/2020 - Sandro Lazier risponde a Gerardo Manca
Tolgo la kefiah e provo a risponderti.
Io non difendo l’Internatiol Style per quello che è stato (lui sì rigoroso e conseguente ad un’analisi funzionale ben precisa), ma per i valori che ha promosso e che ha riconosciuto indifferentemente a tutta l’umanità. Qui non si tratta di adottare un pensiero unico, ma valori unici, senza i quali si finisce dritto dove siam finiti, tra le destre più becere e volgari che non vedevan l’ora che scendesse qualcuno dal piano nobile ad aprirgli le porte della stalla, perché gli ricordava nonna e le belle tradizioni. Le analisi di Gregotti e compagni milanesi non sono mirate alla funzione pratica, reale, fisica, ma sono state assurdamente rigorose su presupposti (tendenza) del tutto arbitrari, spacciandole per razionali senza avere nessuna evidenza scientifica, la cui genesi è riferibile solo alla condizione nostalgica e onanistica dei suoi autori.
Se per stile internazionale intendiamo l’aspetto degli edifici, nessuno è stato più internazionale di Gregotti, A. Rossi o Grassi, o chi vuoi dell’avventura milanese, che han fatto gli stessi scatoloni in tutto il mondo. Se lo Zen tu lo portassi in Svezia anziché a Palermo, con tutto quel che occorre nelle infrastrutture, continuerebbe ad essere un capannone alienante, in barba al silenzio, alla leggerezza, al sembrare che ci sia sempre stato. O un’infinita caserma, se vuoi.
Con questi presupposti di nessuna verità oggettiva, spacciati per argomenti dotati di qualche ontologia, se tu monti un protocollo didattico come se dovessi diffondere la bibbia, non solo peccheresti di presunzione ma deformeresti irrimediabilmente le vittime delle tue gabole esistenziali.
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14795
di Sandro Lazier
del 20/03/2020
relativo all'articolo
Scuola, riviste e potere
di
Sandro Lazier
Per completezza, inserisco il testo del post a cui fa riferimento l'articolo all'inizio.
"Morto Vittorio Gregotti.
Un metrocubista di discreto talento capace di allevare discepoli nell'ideale della caserma, dove ha recluso le speranze ed i sogni di una generazione politecnica.
Con lui se ne va un altro pezzo di quella crosta accademica che ha negato, con la complicità di molti intellettuali, la possibilità alle giovani menti di riscattare il peggio della storia recente dell'architettura italiana, monumentale, greve e spocchiosa, malgrado le tante energie e idee apparse nel vasto panorama del dopoguerra. Idee alle quali quest'uomo, espressione più influente dell'accademismo, per esclusive ragioni di potere personale, ha sempre negato considerazione. Una condizione, questa, conservatrice e profondamente di destra, come dimostrano le sue architetture, dentro un vestito intellettuale di sinistra. Questa contraddizione è riuscita, nel suo lungo viaggio autoritario, ad aprire le porte al neofascismo moderno."
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14792
di Eugenio Tibaldi
del 26/02/2020
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Le Vele di Scampia
di
Sandro Lazier
Caro Sandro,
Il tuo messaggio mi raggiunge contornato e seguito da link dementi, messaggi di allarmismo e telefonate a cui non rispondo, in un penoso clima societario che mi pare avere il sapore della farsa grottesca. Gi, mi raggiunge mentre con i bambini e Mariasole siamo di rientro verso Torino per cui non lo apro subito.
Lo pregusto, so che un dono, un bel dono. Uno di quei doni che ti fanno sentire che qualche cervello funziona ancora, che le mascherine non hanno ostruito l'ossigeno a tutte le menti.
Amo i miei figli... ma l'idea di averli a casa tutto il giorno anche tutta la prossima settimana a causa di un'influenza mi fa impazzire, a scanso di falsi buonismi, mi piace fare il padre perch una parte della mia vita e non tutta la mia vita.
Ho letto il tuo articolo ieri sera, ed il dono si rivelato un viaggio, un meraviglioso salto in un ricordo che tenevo riposto in qualche zona del cervello.
Sono stato nelle Vele la prima volta nel 2003; ero a Napoli da due anni, sapevo che per entrare avevo bisogno di uno sherpa locale che solo il tempo mi avrebbe portato. Chiaramente ero affascinato da quei colli sporchi e meravigliosi per cui avevo letto molto, conoscevo le istanze progettuali, le opinioni del bar, i progetti artistici che le avevano coinvolte, ma solo nel 2003 Jenny (Gennaro), dipendente in nero della stamperia di pubblicit abusive in cui andavo a fare i miei banner, mi disse: qual' u problema Eug ti port io.
Detto fatto.
Il giorno dopo ero sulla sua smart nuovissima (auto molto ambita dai pesciolini piccoli). Ci fermiamo in un bar di Piscinola prima di arrivare, Jenny saluta, ci fanno i caff e prendiamo un vassoio di paste; pago senza chiedere. Jenny non cattivo, delle palazzine della 167 e sa fare un sacco di cose, ha fatto molti lavori nessuno legale ma ci prova, lui mi dice sempre che ci prova, ha un anno pi di me ed ha gi 3 figli, mi fa vedere le foto sull'Iphone (nuovissimo) mi chiede se ne voglio uno, specifica che non rubato, ma che fanno i contratti sulla testa dei tossici, pagano la prima rata e poi si tengono il telefono, per questo pu darmi anche confezione e caricatore e tutto. Lo ringrazio ma declino.
Arriviamo in una delle corti, c'era la fila di auto che paziente procedeva lenta e aspettava per comperare qualche tipo di droga, la forma lunga degli edifici sembrava perfetta per organizzare lo spaccio, oppure la genialit del popolo partenopeo che aveva interpretato quell'architettura rendendola azienda, a farla sembrare tale. Superiamo le auto, giriamo un po a passo lento, ogni tanto un motorino si avvicina, Jenny chiede qualcosa finch ci fermiamo e mi dice caccia i pastarelle .
Cos mi ritrovo a mangiare sfogliatelle e babb con un gruppo di 7/8 persone che parlano un dialetto strettissimo, che ridono e fumano forte, ricordo che avevo paura e non fingevo di essere disinvolto, non sapevo che per loro ero esotico, Jenny spiega che faccio l'artista, una specie di pittore che per pitt in copp fotografie e che desidererei fare un giro dentro.
Cos inizia, cininfiliamo in 4 dai portici per poi entrare nel corpo vero, viste da dentro mi sono sembrate un grande corpo squarciato nel centro, ferito con una sutura lenta fatta di scale in ferro da cui entrava la luce impietosa del mezzogiorno. Avremmo potuto essere a Caracas, o San Paolo o a NewYork (per questo amo di Napoli il suo essere internazionale sempre e comunque) ma eravamo a Napoli e l'audio c' lo ricordava in modo indubitabile: le voci si mescolavano alle radio tutte partenopee. Le case non erano tutte abitate; mi chiedono se voglio entrare in un appartamento; dico di no; spiego che voglio arrivare in alto sulla terrazza pi alta possibile; uno che molto chiatto dice che lui non viene e senza che nessuno dica nulla se ne entra in una casa. Noi saliamo con brevi interruzioni, chiacchiere, risate. So che parlano di me.
Arriviamo in punta e uscendo in piena luce tra rifiuti e guaina logora la vedo, l'altra vela, la gemella sfalsata e maestosa, e poi vedo quello che non sapevo di trovare: vedo la forma cancerogena della citt che discende la collina opposta al mare, che si insinua nella pianura, mangia i comuni di Melito, Arzano, Giuliano e molti altri in una linea continua di case e strade che arriva fino a Caserta.
Li fagocita con le loro identit trite e distrugge tradizioni ed usanze in cambio dell'appartenenza alla megalopoli, Tutte le stime sulla popolazione di Napoli sono ridicole quando guardi quel mare multicolore di ruggine e cemento, di disordine e luce, di puzza e paura di vivere.
Dopo un po che eravamo l, un ragazzo dice che dobbiamo scendere e mi chiede quando faccio le fotografie. Ringrazio e dico che le avrei fatte la prossima volta. La macchina che avevo nello zaino non uscita da l. Nella versione pi egocentrica del mio ricordo rimasta inutilizzata perch non serviva fare alcuna foto, nella realt tem
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14790
di Antonino Saggio
del 17/09/2019
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Attualit e simmetria in Terragni
di
Sandro Lazier
"Necessità dell'interpretazione"
Le interpretazioni critiche sulle grandi opere della umanità devono essere compiute più e più volte. Non vi è mai nulla di finito e di definitivo in una interpretazione per un insieme di ragioni: perch cambia il punto di vista temporale da cui le scriviamo, perch cambia l'ambiente culturale, perch noi stessi cambiamo e cambia il pubblico cui ci rivolgiamo e perch naturalmente siamo influenzati dalle interpretazioni che altri autori hanno compiuto.
Queso articolo di Sandro Lazier sul Novocomum di Giuseppe Terragni corrisponde bene a questa "Necessità dell'interpretazione" e ne costituisce un esempio metodologicamente convincente.
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14784
di marco ferri
del 16/08/2019
relativo all'articolo
Momumenti, Daverio e il cemento armato
di
Sandro Lazier
Carissimo Lazier, torno adesso da un viaggio in quel di Marsiglia e ho visitato (guarda caso) l'unità di abitazione di Le Corbusier; il percorso prevedeva gioco forza il passaggio da Genova e quindi i tre argomenti (cemento armato e restauro, Genova e il viadotto e i concorsi) trattati recentemente tornano tutti insieme.
Sono, premetto, un fan sfegatato di Piano. Leggendo le vicende genovesi ho una mia interpretazione di quanto accaduto: il Nostro vuole lasciare un segno indelebile nella sua città e quindi si adopera per "regalare" il progetto alla comunità.
Le autorità prendono la palla al balzo per derogare alle leggi vigenti e appaltare i lavori causa "emergenza". Confesso che sull'appalto e sulla gestione dei lavori conosco poco e rischio di dire inesattezze. Ma una cosa posso dire, ed è quasi banale: un'altra occasione sprecata.
C'era tutto il tempo per un vero concorso con un vero vincitore, cosa che da anni, lustri, praticamente non esiste più. Bastava farlo invitando architetti e ingegneri di provata competenza.
Sul linciaggio a posteriori dell'opera o delle opere di Morandi sono anch'io rimasto colpito da questa necessità di trovare a tutti i costi un colpevole (questo si molto italiano come modo) e dalla fretta e frenesia di bollare l'opera del Morandi come un capriccio di un visionario che, a guardar bene, manco i calcoli sapeva fare.
Come vede c'è un filo che collega tutto quanto: LC a Marsiglia riesce non senza difficoltà a far costruire la sua idea di città in miniatura, guarda caso in cemento a vista; Morandi qualche anno dopo sbalordisce il mondo con il cemento armato in trazione (apparente); Piano riesce con pochissime difficoltà a decidere (o a far decidere) che quanto c'era va distrutto fino alle fondamenta e il nuovo sarà più bello elegante e quant'altro: mai sia il concorso lo possa vincere un francese. E presenta un progetto preliminare, mi si passi, da quarto anno di architettura.
Che dire: mi viene da citare Flaiano anche questa volta: la situazione è grave ma non seria.
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14777
di Davide Ruttico
del 07/06/2019
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Formalismo o libert espressiva?
di
Sandro Lazier
Personalmente ho sempre inteso il formalismo in architettura come un metodo progettuale che predilige la forma dell'oggetto architettonico in quanto tale, tralasciando gli aspetti di firmitas ed utilitas alla quale un edificio deve comunque fare riferimento. Credo che l'opera di F.O. Ghery sia pi vicina all'arte che all'architettura e l'esempio riportato della lattina calza a pennello: se costruiamo un'opera d'arte abbastanza grande da poterci entrare, non significa che si stia facendo architettura.
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14773
di Andrea Pacciani
del 14/05/2019
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Brucia il tetto di Notre Dame a Parigi
di
Sandro Lazier
Ponte Morandi dov'era com'era s violet le duc com'era e dov'era no? Entrambe sono architettura storicizzata.... ?... La Tour Eiffel se si danneggia che ne facciamo? padiglione di Miss a Barcellona un falso storico come il
L'architettura moderna una pagina conclusa e storicizzata ormai stratificata malamente con i suoi pochi monumenti ed infiniti fallimenti.
Le sue regole e chiavi interpretative appaiono sbiadite e incomprensibili, anacronistiche legate a visioni storiche di progresso oggi superate nei fatti
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14769
di Paolo Aina
del 17/04/2019
relativo all'articolo
Brucia il tetto di Notre Dame a Parigi
di
Sandro Lazier
Non credo che in architettura esista il problema Vero/Falso gli edifici so no fabbricati e pertanto possono essere riprodotti.
Per ci che concerne le aggiunte, sostituzioni e interpretazioni che edifici di cos lunga durata hanno subito mi pare che si possa dire che sono tutte vere, perch sono entrate nell'immaginario collettivo.
D'altronde per quanto ci si possa documentare la verit della costruzione primigenia non si potr mai raggiungere perch essa non solo era il frutto di un'abilit che ci sfuggita ma sopratutto era il risultato di una mentalit a cui siamo completamente estranei.
Tutti i commenti di Paolo Aina
[Torna su]17/4/2019 - Sandro Lazier risponde a Paolo Aina
Sono perfettamente d'accordo. Falso e vero sono qualit che hanno a che fare generalmente con l'etica. Ma il falso storico ha una connotazione precisa, malgrado la si voglia confondere con la morale.
Per questo ritengo assurdo chiedere fedelt ad un rifacimento che materialmente non ha pi essenza.
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14767
di vilma torselli
del 27/03/2019
relativo all'articolo
Siamo in alto mare
di
Sandro Lazier
Renzo Piano sempre stato talmente occupato a promuovere s stesso che larchitettura da lui stesso prodotta sempre passata in secondo piano (o Piano), il che non so se un bene o un male.
Ultimamente, come si conviene ad un grande vecchio, parla di aria fritta con un sussiego e un impegno degni di miglior causa, proclamando con aria carismatica assolute banalit, ci mancava, per completare il desolante quadro, giusto la sponsorizzazione del libro suo e di suo figlio, entrambi alla ricerca della Perfezione, ovviamente nelle sue stesse opere. E chiss se lhanno trovata, almeno loro.
Tutti i commenti di vilma torselli
[Torna su]27/3/2019 - Sandro Lazier risponde a vilma torselli
Scusa Vilma per il ritardo con cui pubblico il tuo commento.
Ho avuto un problema con il server.
Un mio amico ha scritto una novella dove, per raggiungere la perfezione, devi attraversare tutti i vizi.
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14765
di giacomo bonarelli
del 21/03/2019
relativo all'articolo
Siamo in alto mare
di
Sandro Lazier
Ho letto con attenzione l'articolo e non mi sfuggita una vena polemica che condivido pienamente sul comportamento eticamente discutibile e scomposto del senatore Renzo Piano.
Ma le domando se in italia sia possibile continuare a "vincolare tutto"? nel crollo del ponte Morandi, il Tempo, ha fatto quello che da millenni fa su ogni manufatto creato dall'uomo, sana gli errori.
..nel salutarla, uso volentieri una sua citazione presa da un altro articolo:
"In architettura, quindi, la storia insegna che non esistono errori, ma solo scelte che il tempo provveder a sanare."
La leggo.
Tutti i commenti di giacomo bonarelli
[Torna su]21/3/2019 - Sandro lazier risponde a giacomo bonarelli
Mi scuso per il ritardo con cui ho pubblicato il commento. Purtroppo abbiamo avuto un problema col server.
Grazie per la lettura.
E' vero, gli errori, o quelli che riteniamo tali, alla fine il tempo se li digerisce tutti.
Cionondimeno toglie che sarebbe bene non farli.
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14760
di Alessandro D'Aloia
del 30/01/2019
relativo all'articolo
Sui concorsi di architettura
di
Sandro Lazier
Se si sostiene l'auspicabile abolizione dell'anonimato, il passo successivo l'abolizione della giuria, dato che questa pone il problema (probabilmente insormontabile) della propria competenza, e la sua sostituzione con la giuria fatta dai concorrenti stessi, certamente i soggetti che avendo lavorato al caso specifico sono i pi qualificati ad esprimersi sul progetto pi meritevole. Come pu funzionare? Semplicemente in base alla regola per cui ogni gruppo progettuale sceglie la migliore proposta (o le migliori), al di l della propria. Ci senz'altro possibile se la partecipazione non pi anonima. Si forma ugualmente una classifica e i progettisti sono spinti ad esercitare anche un ruolo da critici dell'architettura, in quanto conoscitori e quindi esperti della materia.
Se si pensa, per fare un paragone, che non accade mai di chiamare a giudicare l'operato di un medico, o di un'equipe medica, chi non ha competenze mediche, non si capisce perch l'operato dei progettisti possa essere giudicato da chi non progetta. Il problema dell'architettura oggi legato soprattutto alla quasi assoluta mancanza di una committenza all'altezza delle possibilit che la nostra epoca mette a disposizione sia in termini di tecnica che in termini di competenze. Allora per dare una possibilit all'architettura necessario dare pi fiducia agli architetti e probabilmente ripensare dalle fondamenta il codice degli appalti non solo per ci che riguarda i concorsi ovviamente. Il problema della formazione delle giurie lo stesso delle commissioni che giudicano le migliorie proposte in sede di gara d'appalto, processo, in generale, grottesco in cui il progetto da appaltare deve essere "migliorato" magari stravolgendo le scelte del progettista, ammesso che questi abbia potuto davvero progettare...
Tutti i commenti di Alessandro D'Aloia
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14759
di Giancarlo Leone
del 27/01/2019
relativo all'articolo
Sui concorsi di architettura
di
Sandro Lazier
Regolarizzare le idee mi incute terrore. Educhiamo i non Architetti allArchitettura.
Tutti i commenti di Giancarlo Leone
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14758
di Claudio Aldegheri
del 26/01/2019
relativo all'articolo
Sui concorsi di architettura
di
Sandro Lazier
Sono Claudio Aldegheri condivido quanto hai scritto e riportato; anch'io ho un'esperienza pluriennuale (di oltre 40 anni!) sui concorsi.
Si, avendo partecipato a un centinaio di concorsi posso dire che dal primo - fatto da studente di liceo nel 1974 - all'ultimo del 2014 c' stato un notevole cambio d'impostazione.
Nel 1982 ho vinto e realizzato il mio primo concorso da architetto: devo dire che trattandosi di un cimitero, completamente nuovo, non ci sono state difficolt premesso che ce n'era bisogno; il Sindaco ha rispettato il progetto vincitore (era addirittura di idee!); e nonostante le solite storie "politichesi" all'italiana, il Sindaco sempre pi convinto lo ha portato a termine (in realt non solo lui, ma anche le Amministrazioni dopo di lui, e anche questo un fatto importante. Nessuna Amministrazione successiva ha mai messo in discussione l'incarico).
Nel 2012 ho vinto (con Tecnicoop, ora MaTe) un altro concorso di progettazione per un ampliamento cimiteriale (con tempio crematorio) a Prato. Ma poi, per la solita storia dei fumi per i forni crematori, sotto elezioni, nessuno ha voluto sostenere il progetto e poi, con il successivo cambio di Amministrazione, l'incarico della progettazione non pi stato dato.
La principale trasformazione nei concorsi che noto la seguente: con la convizione - direi forse l' "esistenza" - del Committente (pubblico in questi casi) si raggiunge pi facilmente l'obiettivo della realizzazione.
Serve molto rispetto per chi progetta e per il risultato: che pu subire variazioni, ma non per l'incarico!
Attualmente la (brutta) politica si malamente impadronita di tutto ci che concerne la progettazione: e quindi le contestazioni intorno ai concorsi - spesso preparati e istruiti malissimo dagli uffici competenti - sono sempre pi utilizzati per strumentalizzazioni politiche e per ottenere voti e non certo per migliorare l'ambiente costruito e non...
Ma credo che questo ragionamento vada ulteriormente approffondito
Tutti i commenti di Claudio Aldegheri
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Commento 14831 di IVANO ROZZI
del 09/08/2020
relativo all'articolo Senza vergogna
di Sandro Lazier
Passare per oltre 40 anni sul vecchio ponte non mi ha mai dato la sensazione di passare su un'opera d'arte, semmai su qualcosa di precario, di molto precario. Se un qualcosa che si realizza per fungere a soluzione dovrebbe prima che bello o decantato essere sicuro, funzionale, duraturo . Il Morandi non era nulla di tutto ciò e lo abbiamo visto, purtroppo. Allo stesso tempo possiamo dire che è finita ormai da tempo l'epoca in cui le opere hanno un'anima , e forse non è del tutto sbagliato che così sia.
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