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7698
di Giannino Cusano
del 31/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Non c'entra nulla con l'articolo, ma colgo l'occasione per salutare una mia conoscenza "virtuale": Luigi Nucita.
Ciao, Luigi: piacere di vederti qui :)
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7702
di Renzo marrucci
del 31/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
In parole molto semplici : l'artista deve ritrovare se stesso, avere coraggio e rispondere al tempo con un linguaggio vero, non ricostruito da altri o dai mercati che lo stimolano. Manca di autonomia e ne manca sin dalle basi pi sensibili della scuola, oggi assai arretrata e falsa... Come se l'artista dovesse affidarsi agli altri per esistere... a chi detiene il potere sociale e culturale... per ogni artista una critico manager che lo guida all'affermazione... come un attore o tanti aspiranti attori alla ricerca di se stessi... Ma che bellezza ! Come se fosse una creatura da proteggere e da accarezzare... una delicata realt che, senza inserimenti in manovre pseudo culturali, non potesse vivere di vita propria. Innamorarsi o vivere male ? Asservirsi o vivere ai margini... Cos l'artista e l'arte non vivono pi, non esistono pi... se ne perde il valore oppure si trasforma in qualche ovattata condizione di ostaggio pseudo creativo. Cos viene strangolata la cultura e la cultura artistica e viene ridotta alla assunzione di mode, mancando la naturalezza e la forza dell' individualit umana. Difficile ma affascinate il tema, basterebbe che una parte ingorda della societ non vi ci mettesse i suoi sporchi piedi sopra... oppure per questo... ancora pi affascinate il tema e la sfida ?
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7697
di Vilma Torselli
del 30/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Sandro, immagino tu sappia che non era mia intenzione di sbarazzarmi delle tue parole "con tanta sicurezza e celerit". Certo anche per me la sintesi, obbligatoria in questa sede per non tediare a dismisura sia te che i tuoi lettori, non mi ha evidentemente aiutata ad esprimere a dovere il mio pensiero. Ma sostanzialmente non credo che ci si possa sbarazzare facilmente di un fenomeno (di cultura? di costume? di moda?) cos dirompente come il concettualismo, oggi riattualizzato alla luce della progressiva virtualizzazione delle azioni e delle relazioni umane nella societ moderna. Mi pare che sia proprio Baudrillard ad affermare che la realt morta, uccisa dal virtuale, ed stato un delitto perfetto.
Certamente ognuno pu auspicare ci che crede, sperare nel ritorno alla scrittura e alla lingua ed affermarne la necessit, questo non vuol dire esprimere un giudizio sulla contemporaneit, ma solo una speranza sui suoi futuri sviluppi.
La citazione che fa di Hopper, per la verit, mi sembra inopportuna, Hopper era talmente minutamente figurativo da essere definito precisionista, tutte le sue idee erano ben visibili nei suoi dipinti, racconti raggelati nelle sue atmosfere sospese, piene, appunto, di tristezza e solitudine, non doveva aggiungere altro, non c'era problema, essendo quanto di pi lontano dal concettuale.
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7696
di flavio Casgnola
del 30/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Se vedo un carrello della spesa allungato su un tappeto bianco, non mimporta il suo significato perch qualsiasi significato esso abbia analiticamente solo una realt fenomenica che mi arriva in forma distorta, una semplice tautologia imbrogliata. Minteressa molto di pi com costruito il carrello e com disposto sul pavimento, perch ci dice molte cose molto pi interessanti e coinvolgenti.
Mervigliosamente vero!
E a proposito che non cos facile sbarazzarsi del cadavere della realt, per continuare a dirla con Baudrillard: "New York suscita lo stupore di un mondo gi finito"
Il carrello della spesa giustapposto al tappeto bianco, le torri gemelle, il vuoto da esse lasciato, lo spazio fisico e quello della memoria. La realt sta in noi e la sua rappresentazione gi di per s scritta se poi chi la descrive usa gli strumenti del linguaggio fisico, metafisico, surreale o virtuale, in fondo poco importa, quello che importa veramente come lo f e, se nel farlo si muove in una dimensione che tocca le corde della pi profonda sensibilit, allora, forse, produce Arte. Commercializzabile o meno, non ha molta importanza...
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7695
di Vilma Torselli
del 30/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
". Lidea in se stessa [] un lavoro darte tanto quanto un prodotto finito. [] Nellarte concettuale lidea o il concetto laspetto pi importante del lavoro." ( Sol LeWitt Paragraphs on Conceptual Art, da Artforum, 1967)
E' innegabile che questo processo di dematerializzazione, dove la spiegazione dell'opera sostituisce l'opera stessa, abbia prodotto una frattura tra l'arte ed i suoi fruitori e sia responsabile dellinstaurarsi di una incomunicabilit imbarazzante: come scrive Luigi Baldacci nella sua raccolta I quadri da vicino pu oggi accadere che il destinatario del messaggio artistico, il pubblico, sia "assente o sconosciuto al portalettere", poich larte pare essersi arroccata su posizioni aridamente didascaliche, preda di una autoreferenzialit narcisistica dove viene a mancare lo spazio per quel processo identificativo senza il quale la fruizione dell'arte non possibile.
Tuttavia vorrei ripercorrere larticolo di Sandro Lazier e fare alcune osservazioni.
Sono daccordo sul fatto che lhomo faber abbia esaurito il suo tempo ed il suo ruolo lasciando sul suo cammino quelle che Sandro chiama tracce, orme, scrittura ecc. Ma non va dimenticato che le scritture sono necessariamente compatibili con i mezzi di cui si dispone per scrivere: la pennellata di Leonardo unica, come la martellata di Michelangelo, lunico modo per non perderle quello di conservare il prodotto oggettuale (al Louvre o in San Pietro) e andarcelo a guardare per leggerlo e per captarne lirripetibile aura. Per larte concettuale, che non usa pennello e scalpello e beneficia di straordinarie tecnologie avanzate, la procedura non pi questa poich ricorre ad altri mezzi di registrazione ed archiviazione delle tracce, non ha bisogno delloggetto perch si propone di conservare lidea che sta a monte, della quale la traccia sar un filmato, un video, un cd, un testo .. Il concettualismo sospinge ad un riesame radicale della natura dell'arte al di l della visibilit (e quindi della possibile mercificazione) del prodotto artistico e persegue, tra utopia e ribellione (quella che Sandro chiama provocazione puramente scenica), lidea di unarte-evento che, in quanto essenza concettuale e mentale, non pu essere posseduta e venduta.
Lintenzione quella di indurre una presa di coscienza di ordine intellettuale e mentale verso problemi di ordine sociale, esistenziale, culturale, filosofico.
Non unarte facile quella che vuol parlare direttamente al cervello senza la mediazione sensoriale e la seduzione del racconto, non a basso costo, visto che nessuno pu comprarsi le sedie della 'One and Three Chairs' di Kosuth o lorinatoio di Duchamp, unarte difficile che non ha prezzo.
Il rapporto dellarte con il mercato c sempre stato, tutti i grandi del passato, da Raffaello a Michelangelo hanno sempre prodotto i loro capolavori grazie a ricchi mecenati che attraverso le loro opere tramandavano la propria immagine o la storia della loro vita, penso alla Cappella Sistina, che non ci sarebbe se papa Sisto IV non avesse finanziato i lavori. Daltra parte, non cerano gallerie o musei o mostre-mercato che rendessero redditizio il mestiere dellartista, bisognava dipendere dai pochi ricchi disponibili, mentre oggi i canali del danaro sono solo pi numerosi e diversificati ed il mercato dellarte pi organizzato e strutturato, quindi pi perverso.
Spesso i tentativi per richiamare al racconto e alla scrittura compiuti da critici ed artisti volenterosi non sono altro che il tentativo di trovarsi uno spazio anche o soprattutto nel mercato grazie a discorsi frusti e gi sentiti che possono sembrare nuovi solo in antitesi al concettualismo: la Transavanguardia proprio un movimento costruito a tavolino grazie allabilit, la cultura e il potere di un critico giocoliere della parola quale Achille Bonito Oliva che cos la definisce " Transavanguardia significa apertura verso lintenzionale scacco del logocentrismo della cultura occidentale, verso un pragmatismo che restituisce spazio allistinto dellopera"
Una dichiarazione di estrema banalit travestita da novit.
Il minimalismo vuol esprimere concetti non necessariamente minimali, ma attraverso il minimo dei mezzi, il che innegabilmente la scelta pi adatta a riflettere il sostanziale minimalismo di ideali, sia quantitativo che qualitativo, nella societ contemporanea, in congruit con il concetto che ogni societ ha la cultura che si merita. E non si possono prendere le distanze dal suo minimalismo modaiolo come fosse una cosa che non ci riguarda, si pu solo impegnarsi per cambiarla, assieme allarte e allarchitettura.
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30/12/2009 - Sandro Lazier risponde a Vilma Torselli
Cara Vilma, ho troppa stima delle tue parole per pensare che tu possa sbarazzarti delle mie con tanta sicurezza e celerit.
Il mio discorso sul linguaggio sicuramente molto pi profondo di quanto le mie
modeste doti letterarie hanno saputo esprimere in questo articolo. Per questo
ti cito Jean Baudrillard (La scomparsa della realt): La critica ideologica
e moralistica, ossessionata dal senso e dal contenuto, dalla finalit politica
del discorso, non tiene mai conto della scrittura, dellatto di scrivere, della
forza poetica, ironica, allusiva, del linguaggio, del gioco col senso. Non vede
che la risoluzione del senso si trova nella forma stessa, nella materialit
formale dellespressione. [] Tutti hanno delle idee, pi di quante ne
siano necessarie. Ci che conta la singolarit poetica dellanalisi,
che sola pu giustificare chi scrive e non la miserabile oggettivit critica delle
idee. Lunica soluzione possibile alla contraddizione delle idee sta nellenergia
e nella felicit della lingua. Non dipingo la tristezza e la solitudine dice
Hopper cerco solo di dipingere la luce su questo muro.
Io credo che, per dirla con Baudrillard, per recuperare credibilit e attualit critica si debba inevitabilmente tornare al linguaggio e alla scrittura.
Se vedo un carrello della spesa allungato su un tappeto bianco, non mimporta il suo significato perch qualsiasi significato esso abbia analiticamente solo una realt fenomenica che mi arriva in forma distorta, una semplice tautologia imbrogliata. Minteressa molto di pi com costruito il carrello e com disposto sul pavimento, perch ci dice molte cose molto pi interessanti e coinvolgenti.
Dissento quindi totalmente dallaffermazione di Sol LeWitt. Lidea rimane unidea
e, come le parole, se inespressa, niente. La difficolt teorica della dottrina
di LeWitt sta nel fatto che impossibile qualsiasi evidenza al di fuori della
scrittura, opere sue comprese, che quindi cadono in inevitabile contraddizione
dal momento che non cos facile sbarazzarsi del cadavere della realt.
Sul mercato dellarte una precisazione. Ognuno di noi, architetto, ha avuto incarichi dove sono in ballo somme di denaro ben superiori a quelle che potrebbero permetterci lacquisto dopere darte anche importanti. Ci detto, nessuno di noi crede daver a che fare con dei mecenati ma con persone comuni di questa societ, fortunatamente priva di queste figure, seppure meritorie. Se larte concettuale deve la sua fama alla contrapposizione con quella borghese riservata a pochi privilegiati, perch tirarli in ballo per motivi di bottega finendo nella pi grande delle contraddizioni?
Per quanto riguarda la transavanguardia, il vero scacco al logocentrismo delloccidente la decostruzione del linguaggio, quindi la scrittura, non il ritorno allo spazio istintivo dellarte. Con buona pace di Achille Bonito Oliva.
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7690
di renzo marrucci
del 29/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Lessico di derivazione antica e lessico moderno ? E' una questione di lessico? Ma non una questione sull' avere punti di vista particolari o no! E' questione di capire che cosa l'arte oggi se cio sia un mezzo di importanza sociale oppure velleitaria. Se cio bisogna affidarsi alla testa degli eletti che ti dicono che cosa conta e che cosa non conta nella vita di un uomo... oppure la tendenza ancora quella di negare ad un uomo il diritto di dire pensare e riconoscere che cosa una cazzata da quello che invece cosa seria che contribuisce alla vita degli uomini...
Oggi un artista deve avere capacit individuali ed una forte sincera onest per vivere...o per morire... per essere un artista come del resto nella storia sempre accaduto.... E' la mancanza di questo che...
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7689
di Luigi Nucita
del 29/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Non avendo un pensiero originale mi affido ad un maestro, Carlo Ludovico Ragghianti
Naturalmente quasi inosservato il volumetto di Tullio de Mauro che ha per titolo Il linguaggio della critica d'arte (Vallecchi Firenze 1965 pp68), e lo esamina sia come linguaggio speciale o uso speciale di lingua, sia nella formazione storica del suo vocabolario, concentrando l'attenzione sulle "radici storiche, complesse e spesso assai profonde, della moderna critica artistica".
(...) l'autore constata che il lessico di derivazione antica orientato soprattutto verso la definizione di significati denotanti le diverse modalit figurative della loro esteriorit materiale o tecnica (pittura, scultura, architettura, plastica), ovvero denotanti entit elementi o caratteri ritenuti oggettivi (forma, linea, figura, composizione); mentre il lessico moderno " orientato verso l'individuazione di significati denotanti momenti o qualit della creazione artistica e della comprensione, considerati al di l della diversit di tecniche esecutive (arte, gusto, genio, artistico, espressivo)".
Il lessico riflette cio "la congiunta scoperta dell'unit delle arti e del primato della personalit creatrice dell'artista" nell'opera compiuta. "Nella conquista di concetti e significati coglienti gli elementi unitari e soggettivi al di l dell'oggettiva diversit delle tecniche esecutive, i motivi platonici hanno probabilmente avuto meno peso di quanto le dispute teoriche rinascimentali potrebbero far credere, come lecito indurre dall'assenza di loro riflessi sul piano linguistico...Bello per quanto sia parola di grandissima frequenza nel linguaggio corrente, ai margini del linguaggio critico ...Non bello o bellezza, ma arte, artista, forma sono le parole dominanti nell'uso linguistico della critica d'arte contemporanea: parole che, per i legami di affinit con altre parole delle lingue storiche, per i loro significati anche non estetici, alludono all'arte non in quanto platonica contemplazione o sentimentalistica eccitazione, ma in quanto operatrice e formatrice". (Arti della visione - Il linguaggio artistico 1979 Einaudi)
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7687
di giannino cusano
del 28/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Auguri a Lazier, a Ferrara e ad Antithesi tutta, commentatori inclusi.:
BUON 2010 (avevo erroneamente scritto 2910, ma, ripensandoci, l'errore era meglio della data corretta)
Ci stiamo precludendo persino la tragica grandiosit del nichilismo. Cosa seria, il nichilismo: qualcosa da distruggere l'additava. Non solo il trionfo dell'effimero; non solo la drammatica, progressiva sottrazione di valenza fino a sentire il respiro assurdo della vita senza aggettivi; non il consumo, che pur sempre conoscenza. Esserci sembra l'ultima parola d'ordine del non essere eletto a condizione generale: esserci ad ogni costo. A un evento come a un cocktail: c'ero anch'io! E dopo? Dopo il diluvio; venga pure il diluvio, io c'ero comunque, anche se non rester traccia di ci che stato.
Non l'artigianato, la questione, concordo con Lazier .Anche perch di artisti-faber pieno il mondo, checch ne pensino e dicano Beatrice e Sennet. Non pi neanche questione di sopravvivenza al disastro, perch nemmeno questo pi concepito come evento. Siamo al dopo_il_nulla, al dopo lo strizzaggio della parola magistralmente incarnato da Beckett. Arte facile = assenza di futuro. Non pi "dopo di noi il nulla", ma "noi dopo il nulla". Se tutto gi stato, nulla pu pi accadere/accaderci.
Si;: bisogna reagire. Pensarci e reagire mentre un nuovo anno arriva...
Buon 2910 :)))
G.C.
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7684
di renzo marrucci
del 26/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Oggi esiste l'arte in-temporanea o forse sarebbe meglio dire : temporanea... quella che si usa e si affibbia... pensando al valore che avr (se lo avr) per convenzione... stabilita dalla magnatocrazia che stipendia critici e ricerche affabulatorie... si possono anche inventare nuove correnti e stabilire batterie di facitori con un attenta organizzazione... e non significa complicare la vita ???
Janni ogni tanto ci coglie... simpaticamente!
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7679
di Leandro Janni
del 25/12/2009
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L'arte facile
di
Sandro Lazier
Se l'arte contemporanea facile, la vita (contemporanea) complicatissima.
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7676
di Renzo marrucci
del 22/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Io penso e credo che l'artista debba avere particolari convinzioni etiche e senza queste convinzioni la societ si perde nella idea del tutto... Io credo anche che certi studiosi abbiano fatto pi male che bene nella loro inconscia volont di potere...
Avere convinzioni etiche non significa agire secondo una idea precisa e
declamata... significa solo che l'arte necessaria all'uomo rispetto alla sua condizione di equilibrio che viene espressa nella vita e nella societ... come condizione indispensabile dell'individuo rispetto al mondo...
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7675
di Vilma Torselli
del 21/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
In arte non ha senso parlare di buono o cattivo, ma solo di bello o brutto, larte pu esprimersi liberamente senza autolimitarsi n finalizzarsi, pu essere bella e cattiva, brutta e buona, pu essere contemporaneamente bella e brutta, buona e cattiva, senza intenzionalit alcuna, senza scopo e senza utilit.
Ha ragione Eco, che per la verit compie un ragionamento pi articolato di come sembrerebbe nella citazione di Casgnola: "L'artista non ha convinzioni etiche, non servirebbero, larte comunque etica, suo malgrado e al di l delle sue stesse intenzioni (lintenzionalit condurrebbe ad un imperdonabile manierismo dello stile"): etica perch ha a che fare con i comportamenti umani, con la societ, con i costumi, etica perch, per tornare ad Eco, essa "metafora epistemologica di una persuasione culturale assimilata" ed in grado di definire il mondo come qualsiasi altro strumento conoscitivo del sapere del suo tempo.
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7672
di Flavio Casgnola
del 21/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Mi piace citare proprio Umberto Eco che conosco bene, ammiro molto e, spesso, non condivido, quando cita a sua volta: "L'artista non ha convinzioni etiche. Una convinzione etica in un artista un imperdonabile manierismo dello stile" (Wilde, Prefazione al Dorian Gray).
Sono felice di vedere che, almeno, sono riuscito a far riflettere su un argomento che si riteneva del tutto superato... e, come osserva con grande sensibilit Renzo Marrucci, Forse l'epoca del bello molto relativo sta riproponendo qualche cosa che ci fa sentire non dico nostalgia ma la mancanza di qualche cosa di profondo, o almeno di sensato che sta evaporando dalla vita di tutti i giorni...
esattamente quello che cercavo di trasmettere!
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7669
di Giannino Cusano
del 21/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Ne va della nostra civilt: bisogna tenerlo ben fermo. L'arte indagine e conoscenza che riguarda i nostri stati d'animo e che non vanno confusi con le pure passioni. E' nella natura stessa dell'arte, che non eticit ma da questa non pu prescindere, di riconquistarci all'espressione. Per eticit dell'arte non dobbiamo intendere un insieme di norme e dottrine, ma un pi profondo senso di unit psicologica della coscienza.
"Filosofia del linguaggio e scienza dell'espressione" aveva sottotitolato Croce la sua prima Estetica. Il linguaggio, qui, non quello di De Saussure, dei semiologi e dei linguisti, ma il linguaggio creativo. E non insieme di norme, Grammatiche e classi grammaticali ma, semplicemente, ci che le ignora e, quando se le trova contro, le distrugge. N pu fare altrimenti, per liberare nuovamente la propria stessa natura e la nostra capacit espressiva dall'afasia e dalla laconicit e povert percettiva e concettuale.
Non c' logico o filologo, per quanto freddo e pedante, che anche nel pi astratto ragionamento possa prescindere dall'espressione, perch non esiste concetto vuoto, ma solo espresso in forme. Chiunque voglia esprimere un qualsiasi concetto, per quanto arido, non pu fare a meno di avvalersi di parole, suoni forme e particolari simbolismi.
Non c' aspetto della vita in quanto espressione che non sia in qualche modo legato all'arte, se la vita stessa non vuole ridursi ad atto muto o peggio a meccanica ripetizione all'infinito di ci che giunto a noi gi confezionato e ripetuto fino alla noia. E' un altro aspetto della funzione liberatrice dell'arte: attraverso l'attivit creativa, di scacciare la passivit e l'inerzia. Guardiamoci intorno: quanti edifici, quartieri, citt si salvano dall'inerte, acritica, fatalistica accettazione dello "statu quo ante"?
G.C.
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7668
di Vilma Torselli
del 20/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Il concetto del bello (e del brutto) ha subto e subisce continue trasformazioni nel tempo, legato com ad un excursus storico-critico che parte dalla concezione platonica e classica di bellezza basata su proporzione ed armonia fino a giungere, oggi, al predominio di una voluta, provocatoria dissonanza formale che pare il linguaggio pi adatto ad esprimere la crisi della cultura contemporanea. Tanto che chi si occupa di comunicazione visiva si chiede se nellestetica moderna sia il brutto ad essere diventato la vera bellezza.
Umberto Eco ha scritto una interessante Storia della bellezza (2004) , a cui ha fatto seguito, per par condicio, una altrettanto interessante "Storia della Bruttezza(2007) partendo proprio dal presupposto che la Bellezza non sia mai stata, nel corso dei secoli, un valore assoluto e atemporale: la lettura potrebbe chiarire tante idee, specialmente a Flavio Casgnola.
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7667
di renzo marrucci
del 20/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Forse l'epoca del bello molto relativo sta riproponendo qualche cosa che ci fa sentire non dico nostalgia ma la mancanza di qualche cosa di profondo, o almeno di sensato che sta evaporando dalla vita di tutti i giorni...
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7660
di Flavio Casgnola
del 15/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Carissimo Sandro Lazier,
Credo proprio che, seppur su piani diversi, diciamo cose non cos distanti da come possono apparire a prima vista, evidentemente sono stato io poco chiaro.
Il tempo una variabile fisica solo e in quanto noi lo possiamo misurare in rapporto alla spazialit a noi comprensibile. In quanto tale, il tempo, senza collegamenti con il mondo fisico non esisterebbe. Mi voglio spiegare meglio; siamo noi a classificare la nostra storia secondo ere, fasi, periodi, epoche ed a determinare un percorso lineare dal passato al presente, ipotizzando il futuro, cercando di dare, quindi, un senso alla nostra precariet, appunto, temporale.
La Bellezza no.
La Bellezza qualcosa di assoluto ed infatti, non al suo tempo ma, pur sempre, nel tempo, apprezziamo lestetica di Van Gogh e non credo che sia solo perch i nostri canoni estetici sono mutati e nella sua scrittura riconosciamo segni capaci di mettere in moto sentimenti culturalmente sedimentati ma, anche, ed io credo soprattutto, perch lestetica di Van Gogh gi conteneva un valore assoluto e, come nelle scoperte scientifiche, solo oggi siamo in grado di decodificarlo compiutamente. Van Gogh che ha anticipato i tempi ed proprio per questo che oggi lo comprendiamo.
"La bellezza salver il mondo" afferma il principe Mikin nell'Idiota di Dostoevskij, in fondo l'umanit stata capace di una sola grande idea":
distogliere la mente dal dubbio che il caos assoluto sia legge universale.Ed in questo senso lo ha gi salvato. esattamente quello che l'arte ha fatto nel corso del tempo. Da Stonehenge, a Tikal, dal Partenone a Ronchamp dalla sesta sinfonia di Beethoven alla n. 40 di Mozart, misura e armonia convivono in una dimensione, per molti aspetti, trascendente ed in ogni caso, oltre il tempo. "Potenza dello spirito e della parola, che regnano sorridendo sulla vita inconsapevole e muta", diceva Thomas Mann.
In tutti i casi sono lieto di aver avuto modo di confrontare queste mie idee sullargomento con il suo pensiero che continuo a trovare sempre ricco di stimoli e acute riflessioni, anche se non sempre condivise.
Con stima e simpatia,
Flavio Casgnola
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15/12/2009 - Sandro Lazier risponde a Flavio Casgnola
Casgnola, mi creda. Il "bello assoluto" appartiene al passato. Lo lasci dove sta.
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7657
di Flavio Casgnola
del 14/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
A Vilma Torselli:
Tutto nasce dal significato delle parole, o meglio, dal significato che vi vogliamo dare.
L'estetica, in quanto disciplina filosofica rivolta alla conoscenza del bello naturale e artistico, ovvero di giudizio del gusto , tra le sensibilit umane forse la pi trascendente.
Volendo scomodare Immanuel Kant, nella Critica della ragion pura, la tratta come teoria della conoscenza basata, appunto, sulle sue proprie funzioni trascendentali per poi riprendere il concetto nella Critica del giudizio dove a proposito del "giudizio estetico" espone la sua teoria sul bello soggettivo e su quello naturale (oggettivo) che si esprime nel sentimento del sublime.
Cara Vilma, io volevo semplicemente dire che fare lArchitetto qualcosa di pi sottile e indefinibile di tutto ci che ovviamente automaticamente comporta.
Come scrive Pierluigi Panza: Il paradosso della societ della bellezza sopra ogni cosa e ad ogni costo (la nostra) quello di essere senza bellezza o, almeno, di averne smarrito i significati.
Letica legata al tempo, lestetica vi prescinde.
In tutti i casi ho apprezzato molto la tua difesa giacobina del valore etico del fare Architettura.
Tutti i commenti di Flavio Casgnola
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14/12/2009 - Sandro Lazier risponde a Flavio Casgnola
Lei dice: Letica legata al tempo, lestetica vi prescinde.
Ebbene no! Questa non pu passare indenne.
Lesteticit, se vuole, caratteristica senza tempo. Ma ha poco a che vedere con lestetica. La bella calligrafia piace a tutti in ogni tempo, ma non determina la qualit estetica di un testo. Credo sia ormai concetto assodato che lestetica, intesa come filosofia dellarte, abbia a che fare con la forma del sentire, indipendentemente dalladerenza di questa ad un concetto universalmente condiviso di bellezza. Larte contemporanea non ha pretesa desser bella n brutta. Deve sedurre, qui e ora. Altro che prescindere dal tempo. Pu piacere o meno, ma cos.
Altra cosa la scrittura (di un testo letterario, di un dipinto, di una scultura, di unopera darte in genere) che rinasce ogni volta che incontriamo. Converr che i canoni estetici di una modella del rinascimento divergano notevolmente da quelli di una modella contemporanea. Apprezziamo pertanto un quadro rinascimentale per la sua scrittura e non per la bellezza del soggetto rappresentato.
E se la scrittura continua a valere negli anni non per via della sua imprescindibilit dal tempo, ma per la nostra capacit di rileggere e rigenerare di volta in volta un sentire che si formato anche grazie ad essa.
A differenza dei suoi contemporanei, oggi apprezziamo Van Gogh perch appartiene al nostro patrimonio genetico formale. Se lestetica di Van Gogh avesse avuto caratteri oggettivi imprescindibili dal tempo, perch non stata apprezzata anche prima? Anche se i nostri canoni estetici passatemi i termini sono mutati, nella sua scrittura riconosciamo segni capaci di mettere in moto sentimenti culturalmente sedimentati. Il nostro mondo culturale, creato dal nostro rapporto (conflitto) con le cose di natura, in fondo quello che abbiamo voluto perch frutto di scelte successive e collettive. Arte ed estetica comprese.
Cos pi etico e politico di questo?
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7656
di Vilma Torselli
del 14/12/2009
relativo all'articolo
Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
A Flavio Casgnola:
LArchitettura in quanto tale una forma dellespressivit e creativit umana che prescinde dalla politica, se non per le implicazioni deboli legate alla pianificazione territoriale e, di contro dovrebbe influenzare la cultura, intesa come costume, ma solo per gli aspetti pi profondi legati alla sensibilit estetica.
Tutto il resto pura demagogia o, peggio, retorica.
Non sono daccordo, neanche in parte, e confesso che una delle poche volte, se non lunica (non uno scherzo, vero?), in cui sento affermare da un architetto che ci che fa vuole avere come risultato prioritario di influenzare gli aspetti pi profondi legati alla sensibilit estetica, (tutto il resto optional).
Dire che Fare gli architetti significa fare politica e cultura non vuol dire che larchitetto debba piattamente aderire alla pianificazioni (politiche) di chicchessia, mi sembrerebbe una lettura piuttosto semplicistica dellaffermazione di Sandro, cos come mi sembra oltremodo riduttivo dire che larchitettura sia un fenomeno di costume legato alla sensibilit estetica dei destinatari.
C un innegabile legame tra etica ed estetica (tra bene e bellezza) in base al quale
larchitettura che sollecita ed appaga la sensibilit estetica del maggior numero possibile di fruitori (dato che ogni architettura patrimonio collettivo), acquisisce automaticamente una valenza etica, altro che prescindere!.
(Se vogliamo discutere del rapporto etica-politica dobbiamo probabilmente spostarci su un altro blog).
Edoardo Boncinelli (Come nascono le idee, 2008) mette in risalto il carattere fortemente sociale della creativit , mezzo per soddisfare, in termini di novit e fruibilit, bisogni condivisi, e proprio la soddisfazione di bisogni, o se vogliamo, lassolvimento di una funzione, da sempre uno dei temi caldi se si parla di architettura. Soddisfare i bisogni dei fruitori vuol dire fare politica, direttamente o indirettamente, quando quei bisogni siano determinanti per il buon andamento della convivenza civile, sociale e comunitaria.
Voglio fare anchio un po di retorica e citare una frase di William Morris: "L'architettura abbraccia l'intero ambiente della vita, e rappresenta l'insieme delle trasformazioni operate sulla superficie terrestre in vista delle necessit umane" dove il fare architettura ha proprio il senso delloperare in vista dellassolvimento di bisogni (necessit umane) e funzioni.
In epoca di bipolarismo, anch'io trovo divertenti, oltre che provocatorie, le divisioni proposte da Sandro tra destra e sinistra dellarchitettura (ci manca solo unindagine per sapere se larchitetto con la canotta di sinistra e quello con la T-shirt di destra), divisioni che comunque sono paradigma di una situazione assolutamente realistica.
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7655
di andrea pacciani
del 14/12/2009
relativo all'articolo
Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Ma quanti convegni ci vogliono per sfatare il tab della giuria popolare nei concorsi di architettura? In rappresentanza o a sorteggio tra quelli che dovranno vivere in quell'oggetto di concorso.
Dalla magistratura impariamo che per i delitti con pene sopra i 24 anni,mi sembra, e i progetti di architettura sono ad essi comparabili per lunghezza della pena a cui i cittadini sono spesso sottomessi, decidono in nove: un presidente di giuria - un architetto togato, universitario (?) , due giudici a latere - due architetti laureati, 6 giudici popolari con minimo licenza media.
Salvo smentite dai pi esperti (non mi intendo della materia) tutti hanno parit di voto e quindi i giudici popolari possono a maggioranza smentire i giudici togati.
Aspettiamo il coraggio degli architetti a giudicare come in magistratura
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7646
di Flavio Casgnola
del 07/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Fare gli architetti significa fare politica e cultura.
Non sono daccordo, o meglio, lo sono solo in parte.
LArchitettura in quanto tale una forma dellespressivit e creativit umana che prescinde dalla politica, se non per le implicazioni deboli legate alla pianificazione territoriale e, di contro dovrebbe influenzare la cultura, intesa come costume, ma solo per gli aspetti pi profondi legati alla sensibilit estetica.
Tutto il resto pura demagogia o, peggio, retorica.
Sandro Lazier nel dire che questaffermazione vera quanto confusa e rischiosa, a mio giudizio, in un certo senso, rischia di ridurre il concetto a considerazioni del tutto legate a visioni ingessate della questione, ed allora...:. Fa supporre, infatti, che ci sia unarchitettura di destra e una di sinistra, unarchitettura conservatrice e una progressista. Il che evidentemente molto vero. Ma si d il caso che molti intellettuali di sinistra ragionino come architetti di destra e che architetti di destra, a dire il vero pochi, propongano progetti molto di sinistra. Larchitettura una bestia strana che tiene insieme conservatori di destra e di sinistra, per cui molti progetti di destra vengono promossi da eminenti personalit della sinistra.
Sullindole democratica dellarchitettura moderna si detto e scritto molto, non sempre adeguatamente. Tuttavia non cos arduo comprendere che unarchitettura composta dallesterno, posata e monumentale, oppure pittoresca ma con tutte le sue finestrelle in armonia col prospetto, costringa chi ci abita a subirne lordine e la disciplina; mentre unarchitettura apparentemente disordinata e casuale sicuramente concede a chi labita di vedere secondo desiderio e necessit, senza destinare nulla allarbitrio del prospetto. La prima evidentemente unarchitettura imposta, quindi di destra; la seconda, pi libera, di sinistra. Larchitettura popolare spontanea, tipica delle Alpi soprattutto occidentali, sintesi tra necessit interne e risultato esterno, una sublime architettura di sinistra, oggi paradossalmente difesa da accaniti conservatori di destra che in maggioranza votano a sinistra. I palazzotti neoclassici dellottocento, sorta di esperanto architettonico presente in ogni luogo della terra, come le multinazionali, tanto cari a molti intellettuali di sinistra, sono architetture di destra. Il dialetto, in architettura, sicuramente di sinistra, lesperanto di destra. Ma il dialetto tale perch strumentale alla cultura e alle necessit di un luogo. Se cambia la sua finalit, se da strumento diviene riferimento formale, inevitabilmente si scivola nel balbettio del tradizionalismo, perch senza adeguare il linguaggio, senza lintroduzione di neologismi si finisce nellimpossibilit di dare risposte ad una cultura che inevitabilmente cambia. E il balbettio profondamente di destra, nella sua pretesa di conservare ad ogni costo lidentit dentro un barattolo impermeabile, come se fosse marmellata.
Sembra quasi scritto da Giorgio Gaber.
Caro Lazier, ti faccio troppo intelligente e profondo per non ritenere che la tua sia solo unacuta provocazione e, in questo mi trovo assolutamente daccordo, di provocazioni, in una Cultura Ufficiale cos tanto conformista e banale come la nostra, ne abbiamo sempre assoluto bisogno.
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7643
di Renzo Marrucci
del 05/12/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
UNA PATRIA PI LARGA E PI GRANDE?
Difficile chiedere ai giovani di non lasciare lItalia
Come possono i giovani non andare via?
Cosa dovrebbero fare?! Rimanere a fare i bamboccioni, come un ministro della Repubblica li defin, con una punta di cinismo pseudo borghese di inizio novecento?
Chi studia e vuole affrontare la vita sui propri valori se ne va altrove, qui non trova che porte chiuse e la speranza senza opportunit e, se qualche speranza esiste, la trova solo nello stare in famiglia. E in quale tipo di famiglia? Non certo in una famiglia normale che oggi fatica a vivere Non certo in questa societ le cui crepe in cui infilarsi sono ormai ben sigillate..Non solo dalla precauzione di scelta, di accesso limitato e preconfezionato da partiti e societ, secondo crismi che possono essere definiti come minimo fuori misura In una realt in cui laccesso alle Universit diventato un problema per gli studenti e non pi possibile studiare ci che vorrebbero, se non attraverso peripezie ecc
Dopo anni di sacrifici nello studio anche i giovani pi impegnati trovano vita difficile in Italia e la ricerca del lavoro sempre pi frustrante
Siamo sinceri: che cosa ha preparato a questi giovani il sistema sociale e politico ? Per quale tipo di sacrificio si preparano ? Capisco bene lo spirito del Presidente della Repubblica Napolitano, ma come si fa a chiedere ai giovani di rimanere in Italia ? A quale costo? Un genitore che vuole il bene del figlio che deve fare: invitarlo al sacrificio in patria, oggi che la patria diventa pi larga e pi grande?
Chi non ha un riparo nella famiglia dove deve trovarlo ? Perch signor Presidente o signor ministronon formare delle case parcheggio per giovani cervelli come ultima possibilit prima dellespatrio? Almeno avremmo loccasione di vergognarci e non nascondere sotto al tappeto le nostre inadempienze, non trova?
E chi ha invece un cervello normale ed animato dalla pi umile idea di trovare un lavoro e farsi una casa e avere un futuro come deve fare ? Se poi uno che possiede altre capacit che deve fare? Formiamo anche qui una cassa per i giovani perch le banche pensano ad altro non trovate? Sarebbe davvero interessante uno specifico impegno
Si parla di cervelli, ma anche solo chi vuole lavorare se ne v come una volta, ma questa volta in patria larga, lEuropae per chi non vuole passare una sorta di umiliante eterno servizio presso Baroni e baronetti, capi e capetti di ogni specie e misura che fare?
Non sar il caso di osservare meglio la realt e navigarci dentro ai problemi di oggi,con pi realismo ?Lo domando anche a me stesso, ma io non ho che delle preoccupazioni
Come si pu chiedere ai giovani di sacrificarsi per la stupidit o limpotenza dei padri... senza un aiuto che non li condanni a seguire concorsi con la sporca abitudine di esser predestinati?...
Bisogna operare affinch in Italia ci sia giustizia e nella societ si recuperi il senso del valore... perch questo di cui non solo i giovani hanno bisogno pi di ogni altra cosa, per trovare e ritrovare un terreno in cui sia possibile sperare e lottare e non solo umiliarsi senza fine, nello sperare in una astratta e fatalistica idea dopo aver fatto il proprio dovere !
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7635
di pietro pagliardini
del 02/12/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Non voglio importunare pi di tanto, ma questo articolo di Marco Romano sul Corriere mi sembra che chiuda il discorso sui boschi in piazza.
http://www.selpress.com/cesar/immagini/021209R/2009120238826.pdf
Saluti
Pietro
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7634
di Renzo marrucci
del 01/12/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Piantare pi alberi in citt, ma ben venga, intanto conserviamo e curiamo quelli che ci sono come dovrebbe essere, dopo nulla esclude un
ripopolamento arboreo e una spintina al bianco capelluto assessore Cadeo, non male anche per distogliere dalla mania dei parcheggi che stanno infestando Milano mentre la Moratti non si accorge al di l di ogni logica urbana... Ma poi questo il problema da affrontare e a cui Renzo Piano da con il suo solito sorriso quarantaduedentesco, beato lui, il suo solare soccorso? Milano ha tutt'un tratto un disperato bisogno di alberi ? Di musica e di alberi ? Gi ma quando due stars si incontrano si fa spettacolo o mi sbaglio?
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7630
di Vilma Torselli
del 30/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Mi pare che Marrucci tratteggi con acuta efficacia la 'macchietta' del pi grande architetto vivente (cos ho sentito definire Piano), che Prestinenza Puglisi, con minor ironia e maggior conformismo definisce "il pi persuasivo e affascinante degli architetti presenti sulla scena internazionale" riconoscendogli in dote " straordinaria retorica neo-umanista e accortezza tattica e comunicativa da manuale" (Due sfide per Piano, 2007).
La stessa retorica del boschetto di Milano, la stessa che assegna un nome vagamente 'ambientalista' ,Vulcano Buono, ad un allucinante centro commerciale giocato attorno ad una piazza vuota di alienante squallore.
Se questo quello buono, figuriamoci quello cattivo ........
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7631
di pietro pagliardini
del 30/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Sul bosco incantato del mago Zurl vi segnalo questo articolo:
http://www.selpress.com/cesar/immagini/301109R/2009113037519.pdf
A me sembra, quella di Abbado, un vero e proprio ricatto ideologico in chiave conformista: volete la star? L'avrete solo se voi, gente di destra, magliari insensibili all'ambiente e al verde, vi inchinerete al Maestro e all'ideologo. Se abboccano affari loro, io non abito a Milano.
Bizze da primadonna...politicamente corrette!
Saluti
Pietro
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7627
di Renzo marrucci
del 28/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
..."Stupefacente che Renzo Piano"... ma che dici caro Pagliardini? Come se fosse la prima volta e ci fosse da stupirsi... Oggi la figura di un architetto se non quella di un attore non lavora o lavora male se non ha valore aggiunto... comunque il compiacimento o il conformismo cosa naturale, semmai obbligata o anche gratuita ma sempre accompagnata da Kilometri di parole gratuite o a pagamento ! Quando Piano spiega le sue riflessioni, non so se ci fai caso, in Tv oppure dietro da qualche bancone... c' vero sussiego malcelato con posa tipica del ruolo... quel ruolo appunto! Ormai si vende anche l'eskimo rosso, il sorriso o l'erre moscia con il quale partecipa alla sua grandeur... Ma non solo merito suo... la colpa vera di certi critici ammansiti e di mas media che hanno bisogno di costruire, di enfatizzare, di ingrandire l'immagine per vendere meglio, dicono, anche il prodotto italiano. Oggi la trovata architettonica solo marketing, globalizzazione e interesse diffuso e non c' da stupirsene purtroppo! Autorappresentazione e marchio... La miglior cosa non pensare con la propria testa, non previsto... se ci pensano gli altri...
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7626
di Flavio Casgnola
del 27/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
"La natura contro luomo e luomo contro la natura. La lotta delluomo stata quella, nella storia, di antropizzare la natura per vivere in armonia con essa. Il paesaggio la natura antropizzata."
Tutto vero solo che...Architettura, appunto quella con la maiuscola, "armonia" ed equilibrio, sforzo sublime di "limitare lo spazio" per renderlo leggibile (nella bellezza) ed utile all'uomo, sarebbe quindi interessante capire cosa si intenda, oggi, per utilit e bellezza.
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7625
di pietro pagliardini
del 27/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Sul boschetto in Piazza Duomo a Milano, e su tutti i boschetti in genere che molti vorrebbero collocare nei centri storici, sono assolutamente daccordo con Mario Galvagni. La citt contemporanea e luomo hanno s bisogno di natura al proprio interno, che siano parchi urbani, parchi di quartiere, intimi angoli di vicinato, giardini privati e quantaltro ma lo spazio pubblico storico non tollera boschetti.
La citt lo spazio antropizzato per definizione e la citt storica la citt per definizione, mentre il bosco natura alla stato puro, quella che luomo ha combattuto per ricavare spazio per s, per le sue citt, per lagricoltura e poi per la produzione; un bosco non pu dialogare direttamente con una piazza perch le due parti sono, filosoficamente, lesatto contrario: o vince luna o vince laltra. Quando una citt decade e poi muore viene risucchiata dalla natura che se ne riappropria, come si riappropria delle colline non coltivate o abbandonate, quindi collocare un bosco in uno spazio fortemente costruito e strutturato il simbolo di una sorta di minaccia alla sopravvivenza della citt. Del tutto diverso il caso di un bosco allinterno di un parco, perch assolve a molte funzioni essenziali per luomo, che parte della natura.
E stupefacente che Renzo Piano abbia dato credito ad unoperazione conformistica di pura immagine e senza alcun beneficio reale, fatta in ossequio ad unideologia che, esaltando una natura immaginaria, nella sostanza contro luomo e contro la sua storia fatta, come afferma Galvagni, di una lotta secolare non per affrancarsene, che non possibile n auspicabile, ma per dominarla e piegarla ai propri bisogni.
Anche quando io ero piccolo cera la festa dellalbero, con la relativa retorica, ma serviva ad esaltarne l'utilit per luomo e, soprattutto, non veniva piantato in piazza.
Saluti
Pietro
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7620
di Renzo marrucci
del 25/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
La paura quella di chi non accetta la C. Marchesi con la sua apertura spaziale. Aver paura del futuro e di ci che porta al futuro. La paura di affidarsi ad una spazialit veramente democratica e aperta. Parlo della paura delle persone... e di quelle che non hanno voluto manutenzionarla e lasciarla andare a s...
Chi convinto e chi si lascia convincere dallo stato di fatto attuale a cui si arrivati nella convinzione indurita di procedere alla demolizione. Se Sandro Lazier non tra questi non posso che esser lieto.
Saccente e leggero rivolto a quel numero di persone che vogliono demolire, a Pisa ci sono e son tante, per far posto a qualche cosa di pi appetibile al mercato evitando di consolidare l'idea di una citt che merita invece una scuola intelligente e all'avanguardia anche come architettura e innovante nel comportamento e nel rapporto tra allievi e studenti...
Mi scuso se a volte mi dimentico di spiegare cose che per me sono del vissuto personale e viscerale e mi pare che siano scontate ma dipende dalla forma dello strumento e di scrittura che mi incalza all'immediatezza e mi spinge forse nel criptico e forse solo nella passione.
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7619
di Renzo marrucci
del 24/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Quell' architettura stata ritenuta da alcuni come un corpo estraneo perch troppo innovativa... Ci piace scrivere INNOVAZIONE sulle targhe e riempirci la bocca con questa parola... ma poi ci tiriamo indietro quando qualcuno affronta e propone il tema nella realt... salvo poi fare tanti gridolini di falsa gioia su architetture delle archistar, concepite e realizzate a senso unico...
Troppa saccenza e leggerezza nel gestire e nel voler intendere il nuovo che, quando viene in termini pensato, crea le vere ipotesi nonostante tutto!
Quell' architettura, Cara Torselli non ha esaurito proprio un bel niente...
Se la si vede ora, la scuola, nello stato di abbandono in cui stata premeditatamente lasciata... si pu anche lasciarsi convincere, ma cos non .
Occorre metterci mano e venire incontro ai tradizionalisti in modo da farli lavorare con le loro idee, ma lasciar leggere l'idea di democrazia e di libert che l'architettura contiene ed esprime... in attesa che uomini dalla mentalit pi aperta e creativa possano agire e "saper vedere" la spazialit di un organismo e semmai utilizzarne lo spirito spaziale che l'architettura contiene...
Tutto questo se vogliamo andare avanti davvero e non fermarsi nelle controtensioni e incrostazioni, animate solo nella viscosit della paura. Occore pi che altro umilt e volont di affrontare in termini concreti il futuro...
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24/11/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci
Marrucci, lei a volte davvero criptico. Seguirla davvero difficile. Ma ci provo:
Quell' architettura stata ritenuta da alcuni come un corpo estraneo perch troppo innovativa... Ci piace scrivere INNOVAZIONE sulle targhe e riempirci la bocca con questa parola... ma poi ci tiriamo indietro quando qualcuno affronta e propone il tema nella realt... salvo poi fare tanti gridolini di falsa gioia su architetture delle archistar, concepite e realizzate a senso unico...
Fin qui tutto bene, ma una semplice lagnanza.
Troppa saccenza e leggerezza nel gestire e nel voler intendere il nuovo che, quando viene in termini pensato, crea le vere ipotesi nonostante tutto!
Chi sarebbe saccente e leggero, e nonostante cosa?
Quell' architettura, Cara Torselli non ha esaurito proprio un bel niente... Se la si vede ora, la scuola, nello stato di abbandono in cui stata premeditatamente lasciata... si pu anche lasciarsi convincere, ma cos non .
Convincere di cosa, che non in stato pietoso? Oppure, questione sulla quale concordiamo, che non da abbattere?
Occorre metterci mano quello che sosteniamo sia Torselli, che Cusano che il sottoscritto e venire incontro ai tradizionalisti in modo da farli lavorare con le loro idee ma non sono proprio questi che hanno avversato lopera rinunciando alla manutenzione? Venir loro incontro vuol dire, quindi, demolire ma lasciar leggere l'idea di democrazia e di libert che l'architettura contiene ed esprime ...la scrittura, appunto in attesa che uomini dalla mentalit pi aperta e creativa possano agire e saper vedere la spazialit di un organismo e semmai utilizzarne lo spirito spaziale che l'architettura contiene ... qualcuno che io ho individuato in Mario Galvagni.
Tutto questo se vogliamo andare avanti davvero e non fermarsi nelle controtensioni e incrostazioni, animate solo nella viscosit della paura. la paura di chi?
Occore pi che altro umilt e volont di affrontare in termini concreti il futuro... infatti! Pi concreti, coraggiosi e umili di cos?!
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7618
di giannino cusano
del 24/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
La forma segue la funzione voleva l'adagio razionalista. In realt, come delucida Gadamer, la funzione a consacrare la forma attraverso, sempre, una pubblica cerimonia.
Poi vennero espressionisti ed organici ad ampliare il campo delle funzioni e delle forme che ne sarebbero discese. Se le funzioni investono mille dimensioni imprevedibili, imponderabili e non preventivabili con algoritmi, la forma prismatica non razionale. Ancora il rito della consacrazione, duro a morire, di rimando stabil surrettiziamente che il significato di quello spazio in un uso sociale che quello, per cui mutando quest'ultimo il significato andrebbe perduto. Non si tratta di favorire vuoti formalismi e archetipici quanto inesistenti simbolismi formali e astratti. Si tratta di capire che i significati che possono traslare sul piano sottostante a quello dei significanti, fissandosi in nuovi rimandi, sono tanto pi numerosi quanto meno siano ovvi i significanti: le forme-cavit-significanti, le radici "semantiche".
Pochi anni fa, circa 4, ero ad Ivry: il primo brano abitativo di Jean Renaudie era un manufatto in abbandono e in degrado; intonaci scrostati, copriferro saltati, infissi malconci. Sembra che a un certo punto nessuno abbia pi voluto sentirne parlare e abitarci, nonostante l'entusiasmo dell'utenza iniziale, e sia stato man mano lasciato al suo destino di edificio vuoto. Da vari anni l'amministrazione parigina ha messo a punto per Ivry dei progetti di rinnovo ad ampio respiro e raggio, non a scala del singolo edificio.
Come sia, forse per eccessiva distanza da Parigi e dalle opportunit urbane sempre pi centralizzate che la capitale offre, il primo intervento di Renaudie ad Ivry era, qualche anno fa, in serie difficolt. Proprio per questo, forse, era coabitato da immigrati africani e cinesi. Si: non so oggi, ma allora convivevano mescolandosi nello stesso complesso, nei suoi ambienti collettivi e semipubblici, andavano e venivano per le rampe e i terrazzamenti antistanti i singoli alloggi.
Sul tratto a ponte che scavalca la strada campeggiava un'enorme insegna al neon con vistosi ideogrammi cinesi e traduzione francese: era un ristorante cinese.
Pi nulla pi dello stimolare la creativit repressa della gente attraverso forme che rifiutano il prisma chiuso, l'angolo retto e la ripetitivit? Pi nulla del "dare un giardino pensile a ogni abitante, anche al 12 piano? Certo: la rivoluzione dell'utenza e del suo senso spaziale iniziata a Ivry durata poco. Ma cinesi e africani hanno fatto propri e reinventato quegli spazi mescolandosi tra loro, con tutti i loro background culturali. Forse hanno trovato una valida alternativa, caotica e rimaneggiabile quanto basta, alle bidonville? E' da verificare. Ma una cosa mi pare certa: il segno scritturale, la traccia affiorante, polimorfa e dalle mille valenze aperte funziona lo stesso, in modi del tutto o parzialmente difformi dal previsto, per giunta con persone non provenienti dalla nostra cultura. Lo spazio stimola comportamenti.
Recuperare la scuola di Pellegrin sarebbe un'operazione di pura e povera filologia, noiosissima e pigra: l'ennesima consacrazione rituale per cui un quadro dovrebbe somigliare a Napoleone e varrebbe proprio perch "significa" Napoleone. Ma chiedersi quanto si presti a essere reinventata la scuola in quanto valore spaziale, a me pare una domanda molto seria e di tutt'altra e stimolante natura.
G.C.
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7617
di Vilma Torselli
del 24/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Renzo Marrucci,
mi pareva di aver capito che l'articolo di Lazier volesse affrontare il problema in termini pi generali, ma posso aver sbagliato. Secondo me ci su cui si dovrebbe discutere la 'demolibilit' di strutture diventate estranee non solo al contesto, ma alle loro stesse intenzionalit. Questo non viene determinato da infiltrazioni d'acqua o da scrostameto di intonaci, ma dal fatto che l'edificio non serve pi, essendo venute meno l'ispirazione sociale e la base ideologica che ne hanno informato il progetto.
Quindi, la manutenzione che lei auspica potrebbe certamente salvare la struttura, ma se "Il valore (dell'opera d'arte) non pi nella materia e nella forma che la costituiscono ma nel racconto che essa propone.", racconto esaurito e divenuto vuoto di significato, perch farlo?
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7616
di renzo marrucci
del 23/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Risposta a Vilma Torselli
Per quanto concerne la Concetto Marchesi di Pisa non un problema di architettura asfittica e fuori contesto da inquadrare come un serio problema di sperimentazione sbagliata... Entra il dovere di intervenire per renderla aderente alla realt del contesto nel rispetto della stessa architettura e non esiste un dovere di demolizioneper dar credito al rifiuto bigotto di adeguare interni ed esterni e manutenzioni tali per rendere pi fruibile quella realt. Realt architettonica che si cercato di mandare in malora evitandone la manutenzione che avrebbe dovuto ricevere. Ora esiste anche una cattiva intenzione da nascondere
Nulla in contrario ad abbattere qualche architettura che ha esaurito la sua funzione oppure intralcia la democrazia e la vivibilit e crea problemi di degrado civile e umano... Casi che gi ci sono in Italia e per i quali non si pensa nemmeno lontanamente all'abbattimento, n alla loro recuperabilit... Casi che ci saranno sempre di pi negli anni a venire, per come le cose si vedono andare avanti. Le cose vanno... C' un dibattito nella citt di Pisa che arrivato e si aperto a tanti architetti in Italia, partito proprio dalla fondazione Zeviana e che ha inquadrato bene il problema... Non si tratta di un ostinata ottusa polemica, ma di una polemica civile che reagisce al fatto che non concepibile e soprattutto non ammissibile che si mandi in rovina un architettura e le sue valenze, solo perch ci si rifiuta con ostinazione di apportare manutenzioni o modifiche idonee ad essere funzionali per una gestione di poca lungimiranza e visione. Il compito bisogna farlo in un bunker? Benissimo!
La scuola pu essere ripresa e migliorata funzionalmente secondo i livelli funzionali necessari, rimettendo in gioco le varianti vitali dell'architettura di Pellegrin.
Questo ci si rifiuta di fare contro ad ogni logica umana, sociale, economica e architettonica. Non facendo gli struzzi e rifiutando l'architettura che si risolvono i problemi... e questo accade anche nella vita, per questo il problema assume un forte significato e senso culturale .
Renzo Marrucci
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7613
di Vilma Torselli
del 21/11/2009
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Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Trovo che lidea di unarchitettura che, se non ha pi nulla da raccontare, possa/debba essere demolita sia estremamente moderna, oggi, quando la rapidit del divenire spinge inesorabilmente ogni forma espressiva verso il provvisorio, il superamento di s, secondo lidea che architettura sia non solo il costruito e labitato, ma anche il temporaneo, il precario, linstabile, leffimero eterno" direbbe Daniel Spoerri, artista concettuale del tableaux-pige.
La radicata opinione che larchitettura sia fatta per durare nei secoli, cosa che di fatto spesso accaduta, si scontra oggi con lidea che anchessa debba avere un ciclo vitale, decada e si consumi.
.ogni cosa dura il tempo che dura. Perch auspicare che un'architettura si conservi per l'eternit? (Massimiliano Fuksas, "Pi emozioni in periferia", intervista di Leonardo Servadio, L'Avvenire on line, 02.02.05).
E forse ci che intende Marc Aug in modo indubbiamente pi articolato e sottile, quando scrive: Larchitettura contemporanea non mira alleternit ma al presente: un presente, tuttavia, insuperabile. Essa non anela alleternit di un sogno di pietra, ma a un presente sostituibile allinfinito..
Il che tuttavia, mi sembra contrasti, quantomeno in termini pratici, con la possibilit che la scrittura abbia invece un suo valore atemporale e sia praticamente sempre attuale o attualizzabile e conservabile, con una prelazione di eternit. Voglio dire, come si fa a decidere quando si pu demolire (perch unarchitettura non pi in grado di servire materialmente una funzione) e quando invece valga la pena di conservare una testimonianza di scrittura anche quando il contenuto non ha pi efficacia o interesse?
Il colosseo non serve pi da parecchi anni, ma si deciso che la sua scrittura meritasse di sopravvivere alla sua funzionalit, a quanto pare, e stessa sorte potrebbe toccare alla la scrittura di Pellegrin. E per evidente che mancano criteri oggettivi per stabilire simili distinguo, specie se si parla di architettura recente, il che abbastanza grave perch unarchitettura demolita non si pu riabilitare come si fa con una critica negativa, una demolizione per sempre.
Nel dubbio, noi italiani abbiamo sempre optato preferibilmente per la conservazione, in nome della memoria o dellindifferenza o della incapacit di operare scelte, non so, applicando ci che Sandro propone, una riattualizzazione di strutture obsolete, ma di buona scrittura, talvolta con qualche evidente forzatura. Il che, sono certa, non sarebbe il caso della scuola di Pellegrin affidata a Galvagni.
Gi che ci siamo, vorrei aggiungere che non darei proprio per scontato che larte concettuale, in mancanza di interazione tra pensiero e cosa pensata abbia rinunciato a considerare limportanza della scrittura, anzi, larte concettuale nasce proprio come tentativo di far coincidere l'opera darte con l'analisi del linguaggio e del sistema in cui si colloca, con la scrittura, appunto, secondo un metodo non pi intuitivo, ma analitico-scientifico attraverso il quale comunicare un concetto. Non a caso nel suo 'Art after Philosophy' Joseph Kosuth parte dal pensiero di Wittgenstein, filosofo del linguaggio, per affermare lidea di unarte in cui gli oggetti non hanno altro scopo che definire s stessi, al di l di ogni pretesa soggettiva, estetica o contemplativa, per unarte senza cervello, estranea alla fisicit della materia.
L'arte ha a che fare coi significati e non con la loro forma, quella concettuale ignora la grammatica e predilige la logica del linguaggio, come un gioco che costruisce se stesso, la sua mancanza di referenzialismo non significa mancanza di scrittura, significa circolarit di un processo in cui il linguaggio diviene esso stesso arte.
In questo caso non c diversit tra pensiero e cosa pensata, la scrittura coincide con questa relazione di identit, ci che lartista concettuale vuol dire coincide con ci che dice.
Be, cervellotico, ma affascinante!
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7612
di Renzo marrucci
del 20/11/2009
relativo all'articolo
Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Credo di no! credo che sia da mantenere in vita a maggior ragione per la cattiva volont dimostrata dall' amministrazione nel non dare la cura e la manutenzione dovuta... invece di affrontare i problemi di gestione spaziale e funzionale interna ed esterna dello spazio architettonico. Cosa che non stata fatta con una sorta di volont e convincimento prederminato. Conosco quella realt e non la si voleva proprio per ragioni tradizionaliste, cio contro quella architettura. Ora il fenomeno culturale che sta dietro alla volont di liberarsene forte in senso etico e morale inadeguato, caro Lazier. Quell'architettura poi fondamentale in quello specifico contesto, in quanto portatrice di sfida mentale e funzionale e non vi dubbio... non si demolisce un' architettura perch non la si vuole... credo che il valore morale del fare architettura non debba avvalersi di cattive volont. Per questo, in questo volere l'abbattimento ci vedo involuzione e arroganza verso all'intelligenza e per me diventa forte una ragione culturale e sociale .
Per cui credo che sia un dovere dell'intelligenza difendere quella architettura e intervenire nelle sue criticit!
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7610
di Renzo marrucci
del 20/11/2009
relativo all'articolo
Conservatori del moderno e moderni conservatori
di
Sandro Lazier
Caro Lazier ,sulla Concetto Marchesi di Pisa il problema del conservare il moderno come l'antico non si pone. Il vero problema non cancellare un'architettura moderna in un contesto povero di sollecitazioni vive e di volerla capire, superando un clima culturale piuttosto farraginoso e legato al tradizionalismo anzichen. Una citt rimasta un p ferma sulla torre di Pisa e i suoi cm o mm di bella pendenza e al suo Camposanto e altro l... in quella iperconnotata piazza.
Su quella scuola verte una problematica culturale profonda grazie alla interessante opera di un architetto vivo e stimolante come lo era Pellegrin. Ci significa anche una possibilit di inserire, una volta tanto in questa citt, una nota critica di vitalit e di cultura democratica senza se e senza ma, e che in fondo in fondo lo assai poco se per tradizionalismo si torna indietro con la scusa di non saper capire e gestire una funzione per viscosit culturale, Caro Lazier.
La Concetto Marchesi non ha esaurito alcuna funzione architettonica e nulla che non possa essere normalmente riorganizzato e mantenuto con civile correttezza! Anzi tutta da riscoprire e da rivestire la sua funzionalit, ammesso che sia stata mai usata nelle sue valenze innovative, ancorpi attuali oggi in tutto il suo valore. Si spera solo che qualche mano e cervello un po' pi aperti vi vorranno porre attenzione. Quindi la sua demolizione da combattere culturalmente e in seconda istanza architettonicamente ! Questi sono temi veri per la cultura architettonica e di grande attualit che la politica viscosa e macchinosa e riverberante oggi le sue sonore incapacit, dimostrano con chiarezza la sua dissociazione dai temi della vita attuale.
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20/11/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci
Marrucci dice: Quindi la sua demolizione da combattere culturalmente e in seconda istanza architettonicamente!
Assolutamente no!
Questa una dottrina che non porta da nessuna parte. Se questopera vale tuttora, vale per la sua architettura. Solo ed esclusivamente per la sua scrittura architettonica.
Come si fa a dire che da allora nulla cambiato? Basta vedere il contesto attuale: questopera in totale sofferenza culturale e sociale, soffocata non solo dallincuria e dallanalfabetismo dello scatolame edilizio che la circonda, ma soprattutto dal rifiuto ideologico di comprendere che pu diventare altro da ci che avrebbe dovuto essere e non mai stato. Vederla in tale stato strappa il cuore a qualsiasi persona di buon senso. Quindi o si riesce a farla rivivere degnamente o la si sopprime per un puro sentimento di piet. Occorre essere laici anche nel confronto con le idee, non solo con le persone.
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7607
di Renzo Marrucci
del 16/11/2009
relativo all'articolo
IN/ARCH compie 50 anni
di
Sandro Lazier
Riflessioni sullarticolo di S. Lazier e sulla Biennale
Va benissimo il principio di non ingessare la Biennale con le archistar di cui, peraltro, si incomincia a capire il fenomeno... Sarebbe l'ora per anche di imparare ad utilizzare queste manifestazioni come attendibili nodi di scambio e di intreccio della cultura architettonica e urbanistica, europea ed internazionale, con temi e problemi reali, contingenti, all'ordine del giorno e del tempo che viviamo se possibile. Sarebbe questo un ottimo momento per interrompere il senso astratto della vetrina che questa manifestazione tende ad avere sempre pi platealmente.
La cultura non dovrebbe volare per conto proprio e dissociarsi da quello che il dibattito sulla citt e favorire l'uso strumentale a cui oggi sottoposta da investimenti economici slegati da un interesse seriamente umano. Sarebbe l'ora di slegare politica e cultura partendo da qui e cominciare a integrare le responsabilit sociali e umane del fare cultura con la realt che viviamo tutti i giorni. Pare poco ? Se pare poco significa che siamo indietro o fuori del tempo, che cio privilegiamo corsie differenziate dalla realt, trascinando la politica nel disinteresse della realt della vita che viviamo nelle nostre citt.
Rileviamo il pessimo servizio che la cultura presta alla citt, alla politica
in favore di una progressiva dicotomia tra senso dell uomo e interesse economico che oggi travolge ogni cosa e soprattutto gli uomini di cultura incapaci.
Non dovrebbe la cultura non essere una semplice appendice del potere?
Non dovrebbe invece mediare, arginare e suggerire criticamente il potere e lasciarlo alle sue responsabilitinvece che esserne il servo ubbidiente e accomodante ?
Recuperare il passo con il tempo considerato troppo difficile? Preferiamo allora separare la realt dalla vita e vivere la contraddizione come snobistico atteggiamento poetico da una parte, favorendo ogni calcolo deteriore da compiersi sul filo freddo di una condizione puramente affaristica? Lo stiamo gi facendo con i sindaci in prima linea sia che siano di DX che di SX. Oggi vi un comune disegno
nelle ideologie, rimaste solo come appendice e in realt sopraffatte dallegoismo e dalla nuda e cruda vanit.
Per quanto concerne gli architetti non credo alle dichiarazioni dell' Inarch anche se proclamate con certa apparente sincerit. Dal periodo di Zevi ad oggi nulla di consistente stato fatto in favore dellarchitettura italiana e credo che oggi sia troppo fuori della compromessa condizione culturale che il sistema archistar, privilegiato dai gruppi economici e dai poteri forti, ha coltivato mettendo in soggezione parte importante della scena sociale italiana, sia mediante i sindaci che li chiamano nelle loro citt evitando il confronto delle culture, sia dai ministeri per apparire svecchiati di una certa ruggine che deriva da una profonda incapacit di rinnovarsi. Quando la cultura viene imposta dallalto si uccide ogni possibilit di semina e tutto ci che nasce localmente sul territorio che sempre stata la nostra salvezza. Nessuna possibilit o opportunit al confronto locale, nessun confronto che linfa vitale e che viene invece affranto e distrutto e non tutelato nella consapevolezza civile della ricerca del valore dei nostri giovani e degli architetti, estromessi da una cultura del concorso malata e corrotta, mossa solo da interessi che prevaricano il territorio.
Dal tempo di Zevi a questa ultima dichiarazione Inarch il tempo volato e appare facile fare relazioni sulla carta e affermare buone intenzioni, ma in assenza di un tessuto culturale che sia in grado di sostenere il dettato dei propositi enunciati.
Sandro Lazier dice alcune cose giuste che vanno seriamente considerate, ma i conti con la realt e con le citt chi li deve portare avanti? Chi deve rendersi conto della realt? Non basta una dichiarazione di buone intenzioni ma serve la coscienza di individuare il tessuto politico e culturale in cui queste parole cadono che del tutto impreparato a sostenerle. Formare i giovani in un contesto in cui sono pi che altro Materia difficilmente impiegabile a che serve? Che cosa che non va? La formazione? Se non ci sono intenzioni di applicare i comportamenti che rimangono nella teoria della formazione Le Universit sono i sistemi pi controllati della societ dalla politica quella politica che non vuole aprire la formazione e che inventa per avere un primato verbale, teorico, costruito dalla forma
Cos la Biennale diventata una sorta di salotto fuori della realt, dove sognare possibile per pochi elettima mentre la realt riempie la citt dei cittadini di
edifici irresponsabili, cancella inesorabilmente i luoghi e le identit senza trasformarle, arricchirle e facendo emarginare i suoi cittadini.
Vedremo anche come la gentile esponente del mondo giapponese interpreta la vetrina di questa Biennale e se ci
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7604
di renzo marrucci
del 16/11/2009
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Kazuyo Sejima direttore della Biennale 2010
di
La Redazione
Presente ! Si! eccome! Altro che aria fritta cara Torselli... Si continua a far vetrina e salotto mascherato... si vede che alla grande parte degli architetti piace di pi seguire le onde che si ripetono in sequenza facili facili pi che pensare a far riflettere e proporre i veri problemi della citt e della ricerca architettonica che alla deriva di questa societ... pi bacchettona e ipocrita che mai... e che serve a chi ci campa e ci prolifica con buona pace di chi non ha il coraggio di affrontatare i temi di questa societ.
Le Sejima sar senza dubbio una gran brava donna ma credo che avergli dato la Biennale rientri proprio nel clima ovattato di effervescenza pi totale che tanto piace per far fare una gita a Venezia...
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7600
di Vilma Torselli
del 15/11/2009
relativo all'articolo
Kazuyo Sejima direttore della Biennale 2010
di
La Redazione
Scusate, non c' nessun altro, oltre me, che abbia rilevato nel contenuto l'alta percentuale di aria fritta?
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7599
di pietro pagliardini
del 13/11/2009
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Architetti, crisi e architettura
di
Sandro Lazier
Devo dire che i convegni, salvo rari casi, sono una sicurezza, nel senso che non producendo novit di sorta ci concedono un rassicurante senso di tranquillit. Anche questo non sfugge alla regola, salvo su un punto che, devo ammettere, raro ascoltare. Ma procedo con ordine.
Sulla formazione sono daccordo con Sandro Lazier, anche se con motivazioni diverse: non nemmeno da ipotizzare in regime ordinistico. Se la professione fosse organizzata con un sistema associativo nel quale ogni architetto potesse scegliere se e a quale organizzazione aderire, allora la formazione sarebbe una libera scelta e niente da dire. Ma essendo impossibile non essere iscritti allordine se si intende esercitare la professione di architetto, la formazione diverrebbe obbligatoria e, tenuta dagli ordini stessi, diventerebbe ipso facto una mera operazione burocratica, economica e di auto alimentazione del potere dellordine sulliscritto. Si dica allora che non esiste la libera professione, come ad esempio i medici di base cui poco rimasto di libero, e che diventiamo tutti funzionari convenzionati con lo stato, se non dipendenti. Potrebbe essere comodo di questi tempi diventare architetti condotti, con relativo stipendio, ma non ci fa fare un passo avanti.
Non sono invece affatto daccordo sui timori di Lazier che fonda la professione di architetto su basi creative ma questo un altro discorso che sarebbe lungo affrontare, anche se concordo sul fatto che una disciplina (che non esiste in verit e ce ne sarebbe bisogno) non pu essere affidata, al solito, ad un organismo obbligatorio come lordine. Comincio a credere che anche la scuola obbligatoria, anche se fondata su motivazioni nobili, sia una violazione della libert individuale e delle famiglie, figuriamoci se posso essere daccordo con lobbligo delleducazione permanente per gli adulti e gli anziani!
Vorrei poi ricordare a Lazier che la formazone non figlia dellultimo anno del governo conservatore, ma un cavallo di battaglia della sinistra che, con le sue varie organizzazioni, sindacati in prima linea, ha fatto di questa uno dei business del secolo. E anche lEuropa non scherza quanto a contributi economici in tal senso. Dunque mi permetta di dire che la sua analisi in questo punto profondamente sbagliata. Purtroppo il governo non sufficientemente conservatore e ha il difetto di avere assimilato molti dei vizi di quello progressista, dato che il business evidentemente non ha partito.
Il punto veramente nuovo quello del confronto e della competizione. Sentir dire: Essere rivali nella ricerca della qualit, essere rivali nel confronto culturale e delle idee, confrontarsi sui risultati e sui successi significa essere attori di un mondo di valori positivi. In quel mondo a cui a volte guardiamo persino con dolore non sono pi bravi di noi. Lo sono diventati, perch hanno scelto di sfidarsi sul terreno delle idee e non sul terreno dei fatturati o addirittura su quello delle vanit che rappresentano il gradino pi basso della dignit umana perduta. Perfetto ma, non per volere a tutti i costi fare distinguo, anche il fatturato conta, eccome. Non riconoscere un valore economico al nostro lavoro, e quindi non confrontarsi anche su di esso in una logica di leale concorrenza, significa condannarci a guardare agli altri ancora con dolore. Significa non riconoscere le differenza tra uno studio e laltro e quindi ritornare allassurda concezione insita nel sistema ordini stico che tutti siamo uguali. Non cos. C chi pu fare ottimi progetti a costi inferiori di altri; una condizione di assoluta normalit in un sistema economico come il nostro. Continuare nel lamento delle tariffe (tranquilli, le stanno reintroducendo) significa restare nellambito di un sistema corporativo e protetto fuori dalla realt. Diverso il caso di porre limiti ai ribassi, ma la parola ribasso non ci pu fare paura.
Dove invece non seguo affatto Lazier in quella lunga e artificiosa definizione di ci che di destra e ci che di sinistra. E come la metropolitana che sarebbe di destra e la tramvia di sinistra. A Firenze posso dire che la tramvia venuta proprio male e pare che anche lalta velocit interrata non prometta bene: sono di sinistra ma le hanno sbagliate proprio tutte.
Oppure Larchitettura una bestia strana che tiene insieme conservatori di destra e di sinistra, per cui molti progetti di destra vengono promossi da eminenti personalit della sinistra ovviamente reversibile e varrebbe lo stesso. Meglio evitare queste schematizzazioni.
Saluti
Pietro
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7574
di Rosalia Teri
del 03/11/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Gentili signori, mentre cercavo delle foto su Gibellina mi sono ritrovata davanti questo articolo che sinceramente non saprei definire. Seppur il mio commento arriva con un ritardo di sette anni, ritengo sulla base della conoscenza di Gibellina, di Salemi, di Partanna, di Santa Ninfa, ecc.. (una conoscenza sempre limitata, perch avere una visione completa e poliprospettica di questa realt difficile, anche se la vivo quotidianamente!) che questi territori oggi dopo quarant' anni dal sisma risultano indefinibili in quanto ancora troppo presto per dare un giudizio univoco su ci che stato o non stato fatto. Prima di giudicare dovremmo pensare che cosa pu ancora accadere in futuro in questi Centri. Bene, la risposta che non lo sappiamo!
Non possiamo avere la sfera magica e prevedere che cosa accadr, ma se vogliamo possiamo intervenire nel presente per cercare di valorizzare tutto ci che la met del novecento in senso artistico-monumentale ha concentrato in questi territori, cercando attraverso una manutenzione costante, attraverso una conservazione programmata di salvaguardare questo patrimonio, anche se c' stato imposto con forza, cercando di renderlo fruibile e comprensibile a chi lo visiti.
Ricordiamoci sempre, e la storia ci insegna questo, che i grandi artisti spesso rimanevano incompresi fino alla loro morte e a volte anche anni e secoli dopo, per poi essere riscoperti nel futuro.
Vogliamo citare lo scempio che stato fatto da G. Patricolo nell'Ottocento nelle architetture e negli apparati decorativi barocchi di Palermo, considerandoli di poco valore?! eppure noi oggi andiamo a visitare le chiese e gli oratori che si sono salvati... il barocco siciliano, Giacomo Serpotta, ecc.. ecc.. stanno sulla bocca di tutti!! in poche parole stato RIVALUTATO! eppure l'ottocento appena un secolo fa!
Detto questo, spero che il mio commento vi possa aiutare a riflettere e che sia da stimolo costruttivo per la realt in cui viviamo.
Grazie.
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7573
di Giannino Cusano
del 02/11/2009
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IN/ARCH compie 50 anni
di
Sandro Lazier
Importantissime e sintetiche, le osservazioni di Lazier. Personalmente non so cos' l'impegno etico, se non perch pi se ne parla, pi se ne dichiara la crescente lontananza. Perfettamente d'accordo: via gli ordini in un quadro di nessun valore legale dei titoli di studio. Che peraltro ne sono gi sprovvisti in via di fatto.
Caro Lazier, condivido in toto l'articolo, quanto meno come impianto su cui innestare qualcosa. Si sono spostate le basi stesse della nostra cultura, credo. Con gli choc petroliferi degli anni '70 entriamo in quella che Angus Maddison defin "et delle incertezze negli obiettivi" e dalla quale non siamo per nuulla usciti, anzi: ci siamo sempre pi infossati.
Anche il mondo dell'economia, con cui occorre fare i conti, necessita di profondi cambiamenti, legato com' alla vecchia modellistica matematica della fisica classica. E i risultati si sono visti con la crisi mondiale recente, apoteosi del matematismo finanziario.
Noi esseri umani trasformiamo energia, territorio ed ecosistema quanto altri mai. Mi pare che abbiamo dato la nostra impronta a qualcosa come il 30 o il 40 % delle terre emerse; accresciuto di circa 1/3 la concentrazione di CO2 dall'inizio della rivoluzione industriale; utilizziamo met delle risorse idriche del pianeta; abbiamo in pochi decenni .raddoppiato la quantit di azoto fissato derivante da fertilizzanti: l'elenco sarebbe assai lungo.
Non esiste scelta tecnica neutra, cio che non sia culturale. Lo sappiamo, come sappiamo che non esiste economia al di fuori di scelte e responsabilit culturali precise Dunque ci tocca fare responsabilmente delle scelte e pretendere che si scelga tra alternative. Che si esca dal limbo suicida di processi dati per automatici e acquisiti ai quali si sommerebbe solo come optional il valore aggiunto della cultura architettonica: questo equivale, in realt, solo a una sua re-stilzzazione, cio riduzione a orpello.
Et informatica: giusto, un'aggiunta ineludibile al discorso di Zevi. Le promesse e possibilit della "terza ondata" sono davvero incredibili. In merito, ho sempre fatto un solo appunto alle illuminanti osservazioni di Alvin Toffler ed questo: se non scegliamo questa opportunit offerta dall'era elettronica e non spingiamo perch le sue promessse si traducano in realt sufficientemente generalizzate, temo che l'avvento della societ dei "prosumer" e delle "ad-hoc-crazie" possa avvenire tra secoli. E non ce lo possiamo permettere.
Dobbiamo scegliere, nonostante le incertezze che sembrano paralizzare anche la vita culturale ogni giorno di pi, e spingere in avanti. E in questo, l'architettura moderna, segnatamente organica, ha moltissimo da dire, incitare, spronare. Anche, specialmente nei suoi rapporti con democrazie sempre pi "senza democrazia", con assetti di vasti territori sempre pi decisi da pochi tecnocrati che solo apparentemente demandano ad eserciti di delegati col voto nazionale e soprattutto europeo.
Quello che in pericolo oggi, in questo clima di demoralizzazione, la produzione e ricchezza di idee che servano a centrare i problemi e gli obiettivi di oggi per andare oltre e non rimanerne succubi o laconicamente invischiati nell'immutabile reale..
E' in pericolo l'idea stessa di progetto, cio di progresso, e l'unica fonte realmente inesauribile di risorse: le idee che contano e servono a prefigurare futuro. Il resto solo architettese e piacevole trastullo da salotto o da tavolo da disegno.
Un cordiale saluto,
G.C.
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7570
di Manganello Gaetano
del 01/11/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
di
Leandro Janni
Il ponte sullo stretto come priorit mi sembra inaccettabile, in un territorio privo delle primarie infrastrutture, rete ferroviaria e autostradale, si vuole assolutamente realizzare un ponte che sconvolgerebbe il sistema paesaggistico dello stretto, in primo luogo con le opere complementari di collegamento al suolo delle due sponde!
Meglio pi aeroporti, pi autostrade, pi ferrovie, che un ponte che colleghi il nulla al nulla.
Siciliani svegliatevi !!! , ora di reclamare per la Sicilia uno status coerente con la sua storia e la sua millenaria cultura. Basta con le false promesse, vogliamo che il nostro territorio sia valorizzato e che vengano demolite tutte le oscenit che deturpano la nostra isola. Valorizziamo la Bellezza, e per evitare equivoci, scrivo che il Bello non soltanto l'antico, ma anche il contemporaneo se espresso da una sensibilit artistica. Alla Sicilia serve un'architettura contemporanea di qualit, non la museificazione del suo territorio. Serve un sistema di pianificazione territoriale che oltre a una rigorosa tutela avvii una nuova progettualit; servono nuove leggi e in primo luogo serve una nuova classe politica, pi autonoma e meno sottomessa ai governi nazionali.
Serve un sistema meritocratico per la promozione di una nuova classe dirigente.
La realt quella delle tragedie annunciate, del territorio devastato e a rischio idrogelogico; adoperiamoci per le vere priorit, le false lasciamole alla propaganda della brutta politica.
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7569
di antonino Saggio
del 30/10/2009
relativo all'articolo
IN/ARCH compie 50 anni
di
Sandro Lazier
Un discorso serio, questo di Sandro Lazier. E di questi tempi... La seriet di questo articolo ad esempio nella centralit della cultura e sin'anche di una scelta "linguistica" dimostra come a volte il web superi per profondit di riflessione la carta stampata. Ne riprova il catalogo prodotto dall'InArch medesimo in questa occasione. Un volume che accanto a contributi di indubbio spessore problematico, come quello di Pica Ciamarra o storico allinea anche vacui chiacchericci, ricordi di comprimari, addirittura pettelegozzi.
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7561
di Leandro Janni
del 22/10/2009
relativo all'articolo
Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
di
Leandro Janni
Gentile Vilma Torselli,
pensavo di essere stato chiarissimo - a proposito del PONTE - nell'ultimo commento inviato.
Pertanto, la pregherei di rileggerlo - il mio ultimo commento - con sufficiente attenzione e senza pregiudizi.
Un saluto molto cordiale e a presto
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7560
di Pietro pagliardini
del 22/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
di
Leandro Janni
Vilma, davvero questa volta ci troviamo d'accordo, anche se con qualche distinguo. Il ponte come la ruota, vai a capire chi l'ha inventato per primo. Il gesto di un bambino che butta un sasso in un ruscello per superarlo senza bagnarsi le scarpe contiene gi in s l'idea di ponte. Il ponte, prima che un significato simbolico, che grande, una necessit, oggi come ieri. Il ponte sullo stretto non sfugge a questa regola: tra un'ora e mezza di tempo (se va bene) e 5 minuti (se va male) non c' gara possibile. Quanto costa (tra tariffa traghetto e tempo) fare un trasporto da Milano a Reggio e uno da Milano a Messina, e viceversa?
Quanto incide nella mentalit del turista un viaggio di dieci ore, a rischio di attese pi lunghe allimbarco, rispetto ad un viaggio di 8 ore e mezzo? Non c gara, proprio non c gara.
Qual' il problema dunque? Tralasciando i soldi, le difficolt tecniche, le VIA, la qualit del progetto, il "ma prima necessario che...", il governo che lo ha deciso, e quant'altro, a me sembra che il primo problema stia nel fatto fondamentale se i siciliani lo vogliono oppure no.
Quando dico siciliani non mi riferisco ai politici ma ai cittadini comuni. Un ponte che unisce lisola al continente non un ponte qualsiasi perch credo sia capace di modificare la percezione del continente.
E anche se mi sbagliassi, ed possibile, tuttavia credo che i siciliani dovrebbero esprimersi, a meno che non labbiano gi fatto e io non lho saputo, ed anche questo possibile. Sono loro che ne godrebbero i vantaggi o ne subirebbero gli effetti negativi.
A quel poco che so non c grande entusiasmo, non so se per il ponte in s o per lo scetticismo sulla sua realizzazione.
Vilma, quel manifesto non so se sia uno scherzo, e allora sarebbe divertente, o se sia serio, e allora sarebbe delirante. Non perch vuole salvaguardare il nostro paesaggio, ma perch tale salvaguardia non pu essere cos assoluta, generalizzata e ottusa. Esiste una gerarchia di valori da rispettare.
Inoltre chiaro che le infrastrutture sono una necessit e le grandi opere di ingegneria (ponti, dighe, ferrovie, ecc) non si distinguono per lo stile antichista o modernista ma proprio per la loro qualit e coerenza specifica tecnica e strutturale. Salvo non siano gratuite, un po come i viadotti di Calatrava a Reggio Emilia, in cui le dimensioni degli archi mi sembra appartengano pi al genere architetto che vuole lasciare il segno che ad una necessit. Insomma, mi sembra che vi sia molta sovrastruttura superflua.
Ciao
Pietro
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7559
di Vilma Torselli
del 22/10/2009
relativo all'articolo
Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
di
Leandro Janni
Se vogliamo essere precisi, Leandro Janni, leggo nei suoi articoli:
" .... ineffabili affermazioni del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli a proposito del ponte sullo Stretto: Spero che al massimo per gennaio i primi lavori a terra possano partire, spero anzi che il via possa esserci gi a dicembre (Opere faraoniche e tragedie annunciate). Ora, io in quel 'ineffabili' ci leggo una presa di posizione critica, oltre che ironica. Sbaglio?
"Mentre non mancano, a quanto pare, risorse economico-finanziarie, per mandare avanti opere faraoniche come il ponte sullo Stretto ....... di vero e di concreto, per la realizzazione di questa inutile e faraonica opera ..... il parere che il ponte sullo Stretto rimanga una priorit, sembra sostenuto ormai dal solo ministro Matteoli " (Opere faraoniche e tragedie annunciate 2). Mi sembra che la sua posizione sia chiara ed inequivocabile. Sbaglio?
........ Il ponte ha da farsi e si far ..... Che leventuale realizzazione della mega-infrastruttura andr a sconvolgere il paesaggio di uno dei luoghi pi belli e delicati del nostro Paese, non considerato degno di attenzione......." (Opere faraoniche e tragedie annunciate 3) Qui c' poco da commentare, e anche da sbagliare.
Che tutto ci concordi con la sua affermazione "Io non sono mai stato ostile all'idea di un PONTE" me lo deve, questo s, spiegare bene, non vorrei sbagliare per l'ennesima volta.
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7558
di Leandro Janni
del 21/10/2009
relativo all'articolo
Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
di
Leandro Janni
Io non sono mai stato ostile all'idea di un PONTE che, in modo mirabile e superbo, possa collegare - stabilmente - l'Isola alla Penisola. Anzi!
Io sono contrario all'ipotesi che conosciamo (per mezzo di un colorato e ben noto plastico in scala) di un banalissimo e datato mega-ponte strallato, nell'area dello Stretto. Tutto qui.
Mi d ovviamente un certo fastidio il fatto che qualcuno provi a farmi passare per ottuso fondamentalista dell'ambiente. Ma in fondo, nella vita, c' di peggio!
Ovvero: l'ineffabile, ipocrita vacuit dei sostenitori del nulla.
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7555
di Vilma Torselli
del 21/10/2009
relativo all'articolo
Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
di
Leandro Janni
Visto che, gira e rigira, del ponte si finisce sempre per parlare, vorrei capire come mai tanta ostilit verso un'intenzione, quella di unire fisicamente seppure artificialmente, due sponde della stessa nazione, che ha rappresentato da sempre il sogno urbanistico di chi si affacciasse su quelle sponde, dai romani che costruirono sullo stretto, in mancanza di meglio, ponti di barche a Carlo Magno a vari re di Sicilia, Oggi che il sogno realizzabile, ci sono le tecniche, ci sono, pare, i soldi, no, non va bene, continuiamo con le barche.
Faccio mia una "PROPOSTA DI LEGGE PER LA SALVAGUARDIA E LA PROTEZIONE DEL PAESAGGIO PERFETTO ITALIANO" redatta da una sedicente Sezione californiana di Italia Nostra (Santa Monica, CA) e segnalata gi nel 2004 da Mariopaolo Fadda proprio sulle pagine di Antithesi in occasione del rigetto del progetto di Niemeyer (noto sabotatore di paesaggi perfetti) per l'auditorium di Ravello.
Cito per esteso gli articoli pi significativi:
Art. 1. Lintero territorio italiano viene proclamato, ai sensi della presente legge, paesaggio perfetto.
Art. 2. Il paesaggio di cui allart.1 dovr essere salvaguardato e conservato nella sua integrit. Un Piano Paesistico Nazionale, dalle Alpi alla Sicilia, dalla Sardegna alle Puglie, dovr essere predisposto entro 40 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Sino allapprovazione del PPN, e con effetto retroattivo, sono indistintamente e tassativamente proibite, in tutto il territorio nazionale, costruzioni moderne di ogni genere ed espressione. Qualora, per imprescindibili situazioni locali, si rendesse necessario procedere con un intervento contemporaneo, il giudizio definitivo sul progetto verr demandato ad una apposita commissione, composta da 999 membri di cui un terzo nominati da buoni padri di famiglia, un terzo da Italia Nostra ed un terzo dai sindacati del settore agricolo-pastorale. La commissione, presieduta dal Presidente di Italia Nostra, decider allunanimit. In caso di disaccordo tra i membri il progetto si intender respinto.
Art. 3. Al fine di ripristinare le condizioni originarie del paesaggio perfetto, ed ai sensi dellart. 2 della presente legge, sono consentite, sotto la diretta supervisione dei Soprintendenti ai Beni Ambientali, di concerto con il Presidente di Italia Nostra, demolizioni di edifici di qualsiasi genere (chiese, palazzi comunali, stazioni ferroviarie, ecc.) che siano sorti in danno al paesaggio di cui allart. 1. Il ripristino del paesaggio dovr essere attuato con la metodologia scientifica del comera, e dovera. In mancanza di documentazione inoppugnabile si proceder per analogia con paesaggi delle stesse caratteristiche.
Art. 4. ... omissis ...
Art. 5. Ai Soprintendenti ai Beni Ambientali, vengono conferiti, con la presente legge, pieni poteri per lintero territorio italiano e per tale ufficio saranno forniti delle pi sofisticate attrezzature per combattere guerre intelligenti, nonch dei pi tradizionali mezzi di coercizione: carri armati, portaerei, mezzi anfibi da sbarco e corpi speciali dassalto. Il Governo attiver anche le procedure per lattribuzione dello status di caschi bl ai soci di Italia Nostra.
Art. 6. .... omissis ....
Art. 7. autorizzata in via del tutto eccezionale la creazione di liste di prospcrizione dei sostenitori degli inserimenti moderni nel paesaggio perfetto. Per la tenuta della lista verr creata, con separato provvedimento, unautorit Garante. Al Garante spetter il compito di tenere aggiornata la lista e trasmetterla periodicamente ai Soprintendenti ed al PDA per i provvedimenti di loro competenza.
Art. 8. .... omissis .....
Art. 9. ..... omissis .....
Art. 10. Con la presente legge si d mandato al Governo perch attivi le procedure nazionali ed internazionali per proclamare, sotto legida dellUNESCO, il territorio della Repubblica Italiana .
La proposta di Fadda, se convertita in legge, potrebbe venire incontro alle richieste di Italia Nostra, Paese Loro, Il Sole che Sorride, L'arcobaleno che Ammicca, Il Movimento per l'Abolizione dei Terremoti, Leandro Janni e tutti quanti si adoperano per la salvaguardia del Paesaggio Perfetto, naturalmente senza ponti.
Saluti
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7550
di Matteo seraceni
del 21/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Io credo che quello del "piano casa" sia un falso problema: la mentalit italiana ad essere fallace.
Vorrei ricordare gli innumerevoli condoni (fatti da governi sia di destra che di sinistra che di centro) succedutisi negli anni, le speculazioni edilizie, le opere iniziate e mai finite (tanto per citarne una, la Salerno-Reggio Calabria), ecc.. ecc..
Il problema pi antico di quel che sembra; non nascondiamoci dietro un dito: il popolo italico pronto a vendere la propria terra, il futuro dei propri figli ed i propri ideali in cambio di qualche soldo e della possibilit di avere un minimo tornaconto.
Mi piacerebbe vivere in un mondo senza palazzinari, speculatori e falsi professionisti; ma vivo in Italia.
Credo che la prima cosa da fare sia piuttosto dare una speranza a chi ancora crede che si possa fare della buona architettura in un contesto come questo...
A presto
Matteo
http://arching.wordpress.com
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7526
di Leandro Janni
del 19/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 3
Ovvero
di
Leandro Janni
Sempre a proposito del controverso "ponte sullo Stretto", mi sia concessa una inevitabile, doverosa considerazione di tipo formale, stilistico. PROGETTUALE.
Insomma: ci siamo mai veramente chiesti - designer, architetti e ingegneri - perch dovremmo accettare che venga realizzato, o quantomeno concepito, un PONTE cos banale e datato, in uno dei luoghi pi straordinari, densi e seducenti della Terra?
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7523
di Renzo marrucci
del 17/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Il ponte sullo stretto
Davvero interessante che i verdi si scandalizzino tanto per il ponte sullo stretto di Messina quando dimenticano, per esempio, quello che avviene a Salerno per lennesimo crescent post fascista o leninista che dir si voglia al segno di unarchistar o di quello pi o meno analogo che avviene a Milano con city life con quella scorta di grattacieli tentennoni con previsto museo a tazza che oltretutto provincializzano irrimediabilmente limmagine di Milano secondo una svolta allincontrario e non certo per migliorare la vita dei cittadini. Eppure i verdi compaiono e spariscono e non si sa bene il perch Nessuno che si interessi agli scempi di Roma delle giunte scorse e via dicendo Silenzio assoluto compreso il silenzio sulla questione delle recenti esperienze napoletane sulla mercificazione dellimmondizia e come dimenticare la leggendaria fioritura di ogni sorta di immondizia sulle strade e sugli spazi pubblici di citt campane? E come mai questo interesse verso unopera pubblica che potr innescare qualche cosa di nuovo nella vita di unisola tenuta allesterno? Ora si interessano tanto al ponte? Sar che si risveglia lanima per un romantico Caronte? Sar per una nota di agreste mitologica memoria intrisa di sentimento nostalgico ? Oppure la preoccupazione per una futura pagina che non sigli troppo lera della sinistra dello scontento?
Renzo Marrucci
Milano, 15 ott. 2009
da Patrimonio sos
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7518
di Leandro Janni
del 15/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Il Piano casa un condono preventivo.
Il Piano casa attribuisce ai privati la scelta di ampliare labitazione, in deroga alla pianificazione urbanistica che, con un complesso procedimento amministrativo fatto anche di partecipazione pubblica, stabilisce limiti alla propriet per assicurare, secondo lart.42 della Costituzione, linteresse pubblico delluso equilibrato di un bene limitato come il territorio. Questa deroga alla pianificazione, determina una profonda modificazione nei rapporti tra bene pubblico e interessi privati. La stessa modificazione dei condoni edilizi, cambia solo il rapporto tra la legge e lintervento edilizio: nel caso del condono viene prima lintervento edilizio e poi la legge, nel Piano casa il contrario. In tutti e due i casi c un aumento del consumo del suolo e del carico urbanistico in contrasto con il piano regolatore generale, vale a dire che viene alterato il rapporto tra numero di abitanti e quantit di servizi. Il Piano casa, secondo i suoi sostenitori, andrebbe incontro alle esigenze del figlio che si sposa e invece di comprar casa amplia quella dei genitori, con la conseguenza che, considerato che si prevedono ampliamenti del 20% degli edifici uni o bi-familiari (oltre alle demolizioni e ricostruzioni fino al 35%), nelle zone con questa tipologia di edifici (si pensi alle tante villettopoli cresciute intorno alle nostre citt) ci determiner un aumento del numero degli abitanti, mentre rimarranno immutate le strade, i parcheggi, le fognature, le scuole, gli uffici pubblici, il verde pubblico, le reti di gas, luce e telefono, ecc.
Per queste ragioni, a difesa della pianificazione pubblica del territorio, sin dallinizio - e oggi ancor di pi, dopo la tragedia di Messina - Italia Nostra si opposta al Piano casa, indipendentemente dal fatto che a proporlo ed attuarlo fosse il Governo o le Regioni, indifferente anche al fatto che alcune Regioni ne abbiano mitigato la portata. Italia Nostra, dopo aver presentato nelle scorse settimane un reclamo alla Commissione europea per violazione del diritto comunitario, impugner innanzi al TAR le deliberazioni dei Comuni sul Piano casa e sollever la questione di legittimit costituzionale della legge regionale per violazione di diversi articoli della Costituzione, in particolare dellart.42. Senza contare che non risulta che i Comuni, nellapprovare a loro volta il Piano casa, abbiano tenuto conto dellart.78 del Testo unico enti locali che prevede lastensione dei consiglieri comunali nei casi in cui sussiste una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interesse del consigliere o di parenti o affini entro il quarto grado. Siamo sicuri che non c alcun consigliere comunale, o parente o affine del medesimo, al quale faceva comodo ampliare la villetta?
Questo sotto il profilo giuridico, mentre per quello economico, se nel Piano casa evidente linteresse dei cementieri, meno sicuro quello dei costruttori che gi oggi hanno serie difficolt a vendere i tanti edifici costruiti sullonda della bolla immobiliare (chi li acquister se, in piena crisi delledilizia, i figli che si sposano amplieranno la casa dei genitori?), mentre linvenduto e il disabitato, con adeguati incentivi, potrebbero risolvere il reale fabbisogno abitativo.
Un interesse opposto hanno invece i settori del turismo, dellagricoltura, delle energie rinnovabili e di quelleconomia verde che si va affermando nel mondo. La devastazione del nostro territorio e paesaggio, vera ed irripetibile ricchezza del nostro Paese e del nostro turismo di qualit, non la via di uscita dalla crisi economica, ma il definitivo e irrimediabile affossamento della nostra economia e della capacit dellItalia di attrarre talenti e ricchezza. Per superare la crisi serve un diverso modello di sviluppo, non il Piano casa, non altro cemento. Quel modello al quale sta lavorando Obama negli Stati Uniti e quello che ci incoraggia a perseguire il Presidente Napolitano quando dice facciamo della crisi unoccasione perch lItalia cresca come societ basata sulla conoscenza, sulla valorizzazione del nostro patrimonio culturale e del nostro capitale umano.
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7520
di Pietro pagliardini
del 15/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Mi spiace, ma lei non risponde alle mie domande perch non vuole leggere ci che scrivo. Credo,a questo punto, sia sinceramente inutile continuare ad offendere le nostre rispettive intelligenze.
Noi due siamo (stia attento, ho detto SIAMO) lo specchio della catastrofe italiana: da una parte un potere culturale e politico in disfacimento totale che arriva ad appellarsi ad Obama (il quale palesemente non c'entra un piffero con le nostre beghe) come ultima speranza possibile cui riferirsi, nell'impossibilit di trovarne una credibile in casa propria, dall'altra una forza grande che per costretta a muoversi a spintoni e spallate, nell'impossibilit di poter discutere serenamente dei mali che ci affliggono.
Lei non contro il Ponte in s, non una ragione ha addotto, lei contro ogni cosa proposta da Berlusconi, io non sono a favore del Ponte, di cui anzi nutro dubbi, ma sono costretto a difenderlo di fronte al vuoto di motivazioni contrarie che sento.
Se continuassimo a scriverci finiremmo coll'offenderci inutilmente perch non ci capiremo mai e non c' alcun motivo plausibile per farlo.
Quindi lei continui a credere di essere uno strenuo difensore dell'ambiente e un paladino della "legalit", io continuer, ma non con lei, a fare domande, sperando di ottenere qualche risposta coerente con l'argomento.
Saluti
Pietro
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7519
di renzo marrucci
del 15/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Fra le tante cose che il piano casa diventer ci sar anche quello... Ma chi non pu chiudere il balconcino di casa o aggiungere una stanza perch non in villa o in villini vari potr sempre ricorrere alla speranza di farsi una villa al mare o in montagna...
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7517
di Renzo marrucci
del 14/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
In Italia si diventa burocrati senza accorgesene caro Janni... che vuole farci, la cultura che abbiamo tutti qui in italia... il paese dei documenti. I documenti certificano e noi abbiamo il culto della certificazioni. I documenti elevano e noi abbiamo il culto dell'elevazione. Dov' possibile andare senza i documenti che certificano e dimostrano e comprovano ed elevano??
Il culto nasce da un atavico complesso di inferiorit indubbio! Noi italiani leggiamo quello che scritto sui documenti con un certo qual senso di consistenza fisica e psicologica perch negarlo? Noi siamo la patria degli esposti,delle petizioni e delle autocertificazioni, con mille volte scritto i rischi che si corrono a dichiarare il falso e non solo... quanti funzionari si dimenticano che la tua domanda incompleta dopo settimane o mesi di ritardo?! Le burocrazie... e le leggi per rendere pi agevole che cosa? un amore profondo per la legge che regola, come elemento regolatore. Per regolare una legge facciamo un'altra legge e poi una leggina per sveltirla, e poi un decreto per miglio
rarle e poi aggiungiamo tre commi e li leviamo, e poi li riscriviamo peggiorandone il senso e poi e poi e poi ... Mi dica Lei... che cosa? e Lei credeva di esserne immune? Che Dio ci aiuti, ne abbiamo davvero bisogno, altro che storie! Ma con quale credibilit... In Italia basta essere presidente di qualche cosa che il tarlo della burocrazia ti si attacca alle mani, si abbarbica nel cervello. Siamo il popolo delle dichiarazioni e lei non lo sapeva? Ma in Sicilia si ha la fortuna di vivere lontano da Roma e dalla burocrazia e poi da che cosa? Noi siamo burocrati anche quando ci avveleniamo il sangue contro la burocrazia... c' lo abbiamo nel sangue, Janni... ecco perch viviamo e sopravviviamo a suon di pasta
sciutta e vino, formaggio buono e beni culturali allegati...
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7516
di Vilma Torselli
del 14/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Sono d'accordo con Pietro (una volta tanto!), il problema sta a monte. Se, come scrive Janni, "negli ultimi anni questo territorio stato offeso, violentato da unurbanizzazione aggressiva e dissennata, che ha stravolto i delicati equilibri ambientali e paesaggistici. Numerose sono le inchieste della magistratura che riguardano abusi e speculazioni edilizie perpetrate in aree torrentizie", concentrarsi sul piano casa un p come guardare la pagliuzza e dimenticarsi della trave.
Se il disastro incombeva da anni per una scriteriata gestione del territorio perch gli stessi cittadini, diretti interessati e oggi direttamente danneggiati, non hanno scelto di farsi governare da politici corretti e capaci, ma hanno scelto di barattare licenze abusive e demolizioni mancate contro voti.
Non avremo politici con una coscienza civile finch non saremo cittadini con una coscienza civile.
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7513
di Pietro pagliardini
del 13/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate 2
di
Leandro Janni
Mi scusi se insisto sig. Janni ma ho da farle un'altra domanda (non mi scambi per con Repubblica che ne ha fatte molte di pi):
Lei dice che scriteriato aumentare del 20% le cubature delle abitazioni, una catastrofe ambientale, un grande "consumo di suolo", come va di moda oggi dire. Pu anche darsi che lei abbia ragione, non posso confutarlo perch non conosco la situazione siciliana ma.... le stesse cubature approvate con legittimi strumenti urbanistici, ancorch regolari (cio contrattate politicamente) diventano per ci stesso buone?
Non le sembra che siamo sempre al solito scambio tra metodo e merito, tra forma e sostanza, tra luogo comune e pensiero?
Caspita, Repubblica fa scuola anche tra i suoi ex lettori
Saluti
Pietro
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7507
di Leandro Janni
del 11/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Carissimo Pietro (Pagliardini),
considerato il tono e i modi della discussione, ripondo - mi auguro con adeguata ironia - utilizzando una citazione tratta dal film "RADIO DAYS", di Woody Allen: "Lo sapevo che non ti saresti inasprito!"
Un'ultima cosa, ci tengo a dire: a me - che ho sempre lottato e presentato decine di esposti e denunzie contro l'opacit, l'inerzia, l'ignoranza e il malaffare dei tecno-burocrati istituzionali - "piccolo burocrate" non lo aveva detto mai nessuno. Cosa dire? C' sempre una prima volta!
Ma questi, probabilmente, sono gli effetti di certo, contemporaneo berlusconismo. Ovvero: il ribaltamento assoluto della verit; la divisione, la lacerazione, IN DUE, del Paese. Persino "il PONTE" divide!
Un cordiale saluto
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7506
di Vilma Torselli
del 10/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Ci informa Leandro Janni: Il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo ..... ha espresso la volont di adottare un atteggiamento intransigente verso labusivismo ........, evviva, bont sua!
Dobbiamo ringraziarlo perch fa rispettare leggi dello stato? Ma non sarebbe un obbligo (da svolgere in silenzio e senza proclami)?
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7505
di gigi corazzol
del 10/10/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
sono stato a gibellina in visita il 6 ottobre 2009. vivo a pedavena (bl) ero a trapani per fare due o tre giorni di mare (ryanair).
trovo le considerazioni di ferrara fresche come scritte ieri.
a santa ninfa poi ho visto in zona artigianale un falansterio giallo rosso e blu suil quale non mi riuscito di saper niente. il ragazzo (gentilissimo) dello zanzi bar (uno dei luoghi pi onirici in cui mi sia trovato in vita mia (ho 64 anni)) mi ha detto che vuoto. che lo sempre stato. a gibellina vecchia non sono riuscito ad arrivare. troppe frane, mi ha spiegato un meccanico. se non ti accompagna uno del posto non vi si arriva.
nessuna "critica" da nordista gabanello. ammutolito e basta.
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7504
di renzo marrucci
del 10/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Ben venga il Ponte caro Janni. Ben venga un passo pi vicina la Sicilia all'Italia e far bene a tutti. Da troppi decenni l'italia ha smesso i panni delle grandi opere civili e non fossealtro per questo sarei in accordo.
Tutto il resto e quasi noia.... Io ricordo le mezze giornate passate sullo stretto per fare due km. di mare... un autentico settecentesco dramma alla italiana da sud Italia. Credo nella comunicazione reale pi di quella virtuale caro Janni. Rimetta i remi in barca e aspetti il Ponte per una sicilianit meno rinchiusa, meno gelosa e pi aperta... non potr che fare bene...
Un ponte che un ponte e non la cultura degli spot architettonici che st attraversando l'italia in modo insulso e politicizzato.
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7503
di Pietro pagliardini
del 10/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Mi scuso per un errore di battitura che potrebbe fare pensare a chiss cosa:
RE non un acronimo di qualche brutta parola n significa Regolamento Edilizio solo uno strano errore non spiegabile al posto del quale avrebbe dovuto esserci: "prefiche", per cui la frase corretta :
"Ebbene se fosse stato realizzato e domani accadesse qualcosa di analogo a quanto accaduto a Messina non dubito ci sarebbero le solite prefiche a gridare alle stelle sull'abusivismo edilizio".
Pietro
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7495
di Leandro Janni
del 09/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Cosa (mal)fatta capo non ha.
Il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, a seguito della tragedia di Giampilieri, di Scaletta Zanclea e di altri centri abitati del Messinese, ha espresso la volont di adottare un atteggiamento intransigente verso labusivismo e di porre in essere interventi seri ed efficaci per ridurre il dissesto idrogeologico. Parole importanti e impegnative dunque, da parte di Lombardo, pronunciate in una regione come la Sicilia dove, abusivismo, permessi facili, e interessi illeciti legati al mattone e al cemento, alimentano una fetta delleconomia isolana. Un primo segnale positivo e apprezzabile arrivato: il presidente Lombardo ha congelato il disegno di legge sul Piano casa, in discussione allAssemblea Regionale Siciliana. Non possiamo non ricevere con soddisfazione tale decisione.
Noi, cosiddetti "ambientalisti", avanziamo tre proposte di modifica al disegno di legge sul Piano casa: 1) proponiamo che venga posto un limite chiaro e rilevante alleventuale aumento della cubature edilizie; 2) proponiamo che vengano totalmente escluse dal Piano casa siciliano nuove costruzioni edilizie nelle aree a rischio idrogeologico e nelle aree protette; 3) proponiamo che vengano esclusi dal Piano casa interventi su immobili non residenziali.
Con lattuale versione del Piano casa siciliano evidente si rischia di dare il via a unulteriore, scriteriata esplosione cementizia su tutto il territorio regionale. Nel Piano attuale non c alcuna indicazione esplicita che escluda incrementi di volume negli edifici esistenti nelle aree a rischio idrogeologico, o in zone importanti e delicate, dal punto di vista ambientale e paesaggistico, quali i parchi. Inoltre, il Piano attuale consente di allargare o sopraelevare abitazioni di tutte le dimensioni, senza specificare, con chiarezza, il limite di cubatura. E ancora, sono possibili interventi edilizi persino negli immobili non residenziali (ad esempio, nei centri commerciali, nei capannoni artigianali, ecc.) e nei fabbricati di pertinenza adiacenti alle abitazioni (ad esempio, nei i fabbricati agricoli).
Ancora una volta affermiamo che, per tutelare lambiente e per rilanciare leconomia in modo sostenibile, pi che un Piano casa serve un PIANO TERRITORIO. Ovvero: messa in sicurezza, manutenzione ambientale, valorizzazione della pianificazione urbanistica e paesaggistica, realizzazione di qualificati interventi di restauro urbano e di architettura, realizzazione e compimento delle opere infrastrutturali necessarie. Noi ci auguriamo che le recenti dichiarazioni del presidente Lombardo rappresentino unassunzione piena di responsabilit e determinino, nellIsola, uninversione di tendenza nei processi degenerativi e involutivi del territorio.
POSCRITTO.
Prendo atto che certi tecnici si rifiutano di pensare, di ragionare. E d'altronde, il territorio cosa complessa. Taluni, poi, ai "luoghi comuni" preferiscono i "non luoghi" della mistificazione e della propaganda: berlusconiana, e non. Auguri!
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7502
di Pietro pagliardini
del 09/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Ottobre 2001. Vado in Sicilia, a Noto, con un amico geometra, entrambe invitati da un suo amico. Ci chiede di fare un progetto di lottizzazione in un'area C adiacente alla sua abitazione. Svolti i preliminari di rito, si conviene che eseguir il progetto ma senza seguire gli aspetti burocratici, date le difficolt dovute alla presenza di altro proprietario in piccola quota, recalcitrante per alzare il prezzo e dato che le dimensioni dell'intervento non erano tali da giustificare i costi di una prestazione a distanza di oltre 1000 chilometri.
Terreno in posizione notevole ma.....con un piccolo problema: pendenza circa 15% e forma allungata ma non lungo le curve di livello quanto in direzione della massima pendenza. Sopra la strada a monte un insediamento storico cresciuto intorno ad un convento.
Torniamo a casa, faccio il progetto, lo invio e, dopo avere avuta qualche notizia sulle difficolt con l'altro proprietario i legami si allentano e, ad oggi, non so se mai andato avanti n se sia mai stato realizzato.
Ovviamente mai visto un euro ma in compenso ho fatto un viaggio e mi sono divertito a fare un progetto e a sognare che qualcosa di mio rimanesse a Noto, anche se non proprio nella splendida citt barocca.
Ebbene se fosse stato realizzato e domani accadesse qualcosa di analogo a quanto accaduto a Messina non dubito ci sarebbero le solite RE a gridare alle stelle sull'abusivismo edilizio.
E INVECE NO, SAREBBE TUTTO LEGITTIMO E AUTORIZZATO E CONFORME AL PRG, regolarmente redatto da pi di un architetto, con relazione geologica allegata, immagino, approvato da un consiglio comunale e suppongo dalla regione. Tutti i crismi della legittimit.
Due domande al nostro ambientalista ideologico:
- perch la sinistra ha perduto il senso di realt e scambia il metodo per il merito, la forma per la sostanza, i luoghi comuni per il pensiero?
- perch invece che argomentare e rispondere alle mie eccezioni preferisce ancora buttarla sui luoghi comuni e, senza alcuna ironia, scivolare nella pura offesa?
Ah gi, dimenticavo, non basta cambiare nome e colore per perdere l'antico illiberale vizio di denigrare il "nemico".
Lei solo un piccolo burocrate e mi ha proprio scocciato.
Pietro Pagliardini
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7501
di Leandro Janni
del 09/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
A proposito di "opere faraoniche e tragedie annunciate", mi permetto di citare un recente commento di Anna Donati.
Le Grandi opere (quelle dannose, quelle inutili, quelle non prioritarie e quelle comunqie sbagliate), i quattrini e il potere che producono; il resto vada a ramengo. Terra, 8 ottobre 2009.
Anche il capo dello Stato, dopo la tragedia annunciata di Messina, intervenuto con parole molto nette: prima di realizzare opere faraoniche bisogna mettere in sicurezza il territorio. E tutti hanno pensato al Ponte sullo Stretto di Messina, lopera simbolo del governo Berlusconi che costa 6,3 miliardi di euro. Nemmeno le esortazioni di Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, hanno indotto una seria riflessione nel governo, quando ha detto che per rendere sicuro il nostro territorio e mettere un freno al dissesto idrogeologico servono 25 miliardi di euro e che bisogna smettere di costruire in modo abusivo parti di territorio e citt. Niente da fare, non servono i morti e non servono gli autorevoli interventi: il governo Berlusconi tira dritto sul progetto del Ponte sullo Stretto e non ritira il famoso Piano casa di cementificazione selvaggia, dellurbanistica fai da te.
Tanto, il ritornello ricorrente, Ponte, Piano casa, dissesto idrogeologico e tragedia di Messina sono cose diverse, che non centrano, e il ripeterlo in modo ossessivo la miglior prova della relazione. Il governo ha ammesso di non avere i 25 miliardi necessari (come una manovra finanziaria) e che quindi il Ponte sullo Stretto pu andare avanti perch in fondo costa solo 6,3 miliardi, che per il 60% verranno da fondi privati. Proprio in questi giorni scaduto il mandato del commissario straordinario Pietro Ciucci, luomo del Ponte che anche amministratore delegato della Societ Stretto di Messina e presidente di Anas, che aveva il compito di presentare il nuovo piano finanziario evitando le forche caudine del Cipe.
Secondo le prime indiscrezioni uscite dai giornali, il progetto preliminare costa 6,3 miliardi di euro, sono prenotati 1,3 miliardi da Fintecna (ma erogati di anno in anno secondo le disponibilit della Finanziaria, come ha voluto il ministro Tremonti); il 40% dovrebbe provenire da risorse pubbliche e il 60% da capitale privato da ricercare sul mercato. la solita favola che abbiamo contestato e vissuto con la Tav e le concessioni autostradali: che i privati siano disposti a rischiare capitale proprio per grandi opere. Niente di pi falso, e lalta velocit ferroviaria, come in tutto il resto dEuropa, stata pagata interamente con soldi pubblici e anche nel caso delle autostrade si intervenuto con proroghe delle concessioni (per incassi sicuri) e con garanzie pubbliche di subentro alla scadenza delle concessioni.
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7494
di Pietro pagliardini
del 08/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Non volevo commentare l'articolo che ha la caratteristica di mettere insieme una serie di osservazioni tutte giuste, tutte ripetute migliaia di volte, tutte cos piene di apparente buon senso da poter anche essere in realt una serie di luoghi comuni cos lunghi da non poter essere riuniti neanche con un ponte lungo quanto quello sullo stretto. Non volevo commentare per non fare il solito bastian contrario, ch alla lunga viene pure a noia. Poi ho letto i commenti di Vilma Torselli e quelli di Enzo Marrucci e mi sono fatto coraggio: vuol dire che arriver buon terzo.
Anch'io credo che confondere il ponte con il dissesto idro-geologico appartenga alla serie del "ci sono ben altri problemi" che venuta proprio a noia perch, non fosse altro, denuncia una certa incapacit italica, generalmente comune alla stampa, di restare sul pezzo. A scuola un atteggiamento del genere comportava in italiano un brutto voto per essere andati "fuori tema".
Tornando al tema, pur dichiarando di saperne ben poco di dissesti idrogeologici, direi che nel caso specifico ci sono pi cause ed effetti:
- una cosa l'intubamento del torrente, con annesse costruzioni praticamente sopra lo stesso (e pare anche regolari e facciamola finita con l'abusivismo perch la legittimit giuridica non ha niente a che vedere con la sostanza delle cose), che in caso di eventi straordinari (esistono gli eventi straordinari, anche se sembra duro ammetterlo) bloccano il deflusso dell'acqua con conseguente esplosione del condotto e ovvio allagamento;
- altra cosa la frana su cui sono davvero ignorante ma che, a occhio e croce, causata anche dall'abbandono delle campagne, con conseguenze interruzione della micro-regimazione delle acque, che il contadino faceva con sapienza e fatica, e dal disboscamento, probabilmente causato dagli incendi.
Questa non vuole essere una giustificazione per chi avrebbe dovuto mettere in sicurezza la collina ma ci indica che quello che avvenuto a Messina pu avvenire ovunque in Italia e, come ha gi detto qualcuno, mi pare Vilma, non realistico pensare di "mettere in sicurezza" tutto il territorio nazionale.
Nessun governo, per ricco che fosse, pu permetterselo e, se potesse permetterselo, non dovrebbe fare altro e allora apparirebbero altre emergenze. Negli USA esistono migliaia di ponti tutti appartenenti alla stessa categoria, che sono a rischio crollo, eppure neanche loro sono in grado di "metterli in sicurezza" tutti insieme.
Quindi un minimo di senso della realt, invece della solita indignazione di maniera, non farebbe niente male: c' il terremoto, muoiono persone, la colpa di chi i: del nostro patrimonio edilizio che non stato adeguato sismicamente. Insomma, la priorit alla sismica. Avviene una frana e la priorit si sposta alla sicurezza idrogeologica.
Una priorit variabile come il tempo, la nostra.
Proposte? Non ne ho, sono l'unico in Italia a non avere proposte, come sono uno dei pochi in Italia a non fare l'allenatore della nazionale di calcio al posto di Lippi, perch non mi piace il calcio.
Per le denunce tanto indignate quanto scontate mi sono venute a noia, come la gita fuori porta per pasquetta, l'esodo di ferragosto e "le stagioni non sono pi quelle di una volta".
Saluti
Pietro
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7493
di Renzo marrucci
del 08/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Se non si vuol far fare il ponte sullo stretto un conto, e tra le tante ragioni per non volerlo ci sono tanti sostenitori che la met potrebbero bastare a bloccarlo...
Tragedie come questa sono, se permettete, un'altra cosa, e col ponte non ci azzecca nessuna zecca... lasciatemelo dire gentilmente...
Questo genere di tragedie sono di una Italia all'ordine della cronaca, per motivi sulla cui ragione ogni volta si fa un gran parlare in tv e sui giornali, ma poi non si muove nessuno... a partire dagli stessi luoghi ove queste tragedie accadono. Un giorno segue l'altro in una fatalit sconcertante e allora ci si sveglia e a chi tocca tocca... e qualcuno lo sente accadere per ovvio atavico culto della tragedia. Amministratori con la faccia di marmellata e parole profuse freddamente in tutti i dialetti. Domandiamoci a quale scuola appartengono e poi domandiamoci se davvero esistono i responsabili e devo ammettere anch' io che non c' mai stato vero zelo nel cercare di scoprirlo, anche da parte della stampa ... se non attraverso qualche titolo subito, e poi scoop in TV. Libert di stampa anche in eccesso ma... su altre questioni... Credo a chi sostiene che viviamo una civilt dalla faccia di marmellata, senza alcuna voglia di umanizzazione. Ricorrere o pensare di ricorrere ad una urbanistica sostenibile, in questo nostro contesto, mi sembra davvero un sogno pericoloso. Ancora di pi...
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7492
di Leandro Janni
del 07/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
"Opere faraoniche e tragedie annunciate".
Ovvero: "Opere annunciate e faraoniche tragedie".
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7491
di Vilma Torselli
del 07/10/2009
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Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Sul fatto che il territorio italiano necessiti di essere 'messo in sicurezza' non ci sono dubbi, sul fatto che possa essere messo in sicurezza ci sono dubbi (anni fa ho visto rimpolpare con iniezioni di cls la rocca di tufo su cui sorge Orvieto e mi venuto da ridere), sul fatto che non si debba costruire (abusivamente) su aree torrentizie o faglie franose ci dovrebbero essere certezze.
Forse, specie a Sarno e a Messina, bisognerebbe cominciare dalla elementari ad insegnare ai bimbi che se fai una casa abusiva in zona sismica o alluvionale, pu essere che la perdi per catastrofe naturale, perch mai lo stato te la dovrebbe ripagare?
Certo te lo dovrebbe quantomeno impedire, demolirla con le ruspe una volta che l'hai fatta, forse aveva intenzione di farlo se, come ho sentito, ci sono un migliaio di provvedimenti antiabusivismo recapitati ad altrettanti abusivi.
Forse la natura solo arrivata un p prima della burocrazia.
Quanto al ponte sullo stretto, che personalmente non ritengo indispensabile, mi pare che si finanzi con altre partite di bilancio, con contributi europei che non si potrebbero utilizzare diversamente (per esempio per la messa in sicurezza del territorio) e che andrebbero quindi persi. O sbaglio?
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7480
di giovannella berni
del 27/09/2009
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Regalo di Natale 2008. A Marco Casamonti
di
Paolo G.L. Ferrara
Scopro in ritardo questa storia, ma con molto piacere.
Volevo sottolineare, per chi non fiorentino, che trattasi di un architetto molto malvoluto, esplicitamente perch scarsissimo in nuovo e in architettura, ma dotato di largo portafoglio per comprare un certo tipo di territorio, che evidentemente piace a chi compra e fa esistere quel terriorio. Della sua cattedra, non so, non ho notizie ed esperienze,
diciamo che nell'ambiente fiorentino a sud di Milano, direi che le dicerie dei colleghi sono che fino a qualche anno fa i grossi studi campavano in questo modo. Penso che occorrerebbe insistere nel realizzare modalit di trasparenza di concorsi e appalti, ma il problema inquietante che ancora non si capisce quanto il problema di base sia ancora rappresentato da giurie e commissioni che decidono per un vecchio nuovo, dovuto al fatto che sono scarsamente dotate di persone veramente abilitate al giudizio.....
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7444
di renzo marrucci
del 22/08/2009
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Difendere la tradizione dai tradizionalisti
di
Sandro Lazier
Si potrebbe dire che tra gli uomini c' sempre chi si chiude troppo nella realt dei padri e tende a fissar le regole per difendere qualche cosa che comunque difficilmente difendibile... forse chiss... una molla che vedo scattare spesso anche negli insospettabili. Sovviene nell'appartenenza a qualcosa ... alla terra, alla citt e a tutto ci che ci costruisce.
Il tentativo di difenderla troppo la tradizione, la fa ricadere nella imbalsamazione dei suoi contenuti e allora occorre capire il perch in quanto, comunque, nella continuit deve evolversi anche e necessariamente lo spirito di osservazione e il senso critico che se ci porta nel presente elaborando il futuro... ci consente anche di orientarci nell'altrettanto vivo e confuso, spesso elugubrante, speculativo, opportunista falso senso del futuro...
Il passaggio dal senso della tradizione e della storia al presente che viene giorno dopo giorno cio il futuro... troppo spesso vissuto come una noia, una cosa da superare a tutti i costi... una frenesia che non si cura spesso di avere o cercare una vera coscienza. E' forse questo che procura molta confusione? L'intuizione non sempre qualche cosa che andando avanti porta dietro il meglio di noi?
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7438
di Vilma Torselli
del 17/08/2009
relativo all'articolo
Difendere la tradizione dai tradizionalisti
di
Sandro Lazier
Ci sono luoghi comuni che possiedono una straordinaria forza seduttiva, un potere evocativo tanto radicato quanto ingannevole, uno di questi lidea di tradizione. Intimamente connessa al concetto di identit e quindi di differenza, la tradizione vista come una componente statica della cultura di un popolo, alla quale parametrare la modernit ed al tempo stesso la propria appartenenza etnica. In realt non vi nulla di pi instabile della tradizione, che non solo una tessitura di secoli di avventura.", ma essa stessa unavventura in fieri, un impasto indistinguibile di nuovo e vecchio in continua lievitazione, un processo collettivo ed individuale variabile ed imprevedibile al quale arbitrario attribuire le caratteristiche fisse e precise di uno o laltro momento storico . Cosa vuol dire seguire la tradizione? Quali i riferimenti da tenere presenti, di cent'anni fa, di duecento? C un periodo nel quale individuare e fissare la tradizione?
Mi viene in mente un paragone che ho letto da qualche parte, secondo il quale stabilire un momento significativo al quale far riferimento per la definizione della tradizione e dellidentit di un popolo un po come scattare la foto di gruppo di una indisciplinata classe di bambini, in continuo movimento, che si scambiano di posto, che mutano la disposizione, il numero, lespressione .. Qual lo scatto che veramente li rappresenta? E una volta fissati in una foto, quei bambini ci si possono veramente riconoscere?
Oggi, in epoca di globalizzazione, laltra faccia di una medaglia che esibisce con compiacimento una visione ecumenica ed universalizzata della realt planetaria, il timore del diverso espresso demagogicamente come difesa delle radici culturali, come difesa di una cultura glocalizzata alibi per una crescente attenzione verso il locale e i localismi in genere, camuffati, appunto, da valori tradizionali: per citare, Sandro, parole del tuo articolo, In quest'ottica la tradizione viene vista pi come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identit collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali."
Bobo, artista immaginativo con una grande manualit e con lanima ecologica di attento osservatore della natura, rimasto vittima di un regolamento pittoresco e, nella sua ingenuit, anche un po' fanatico che non concepisce neanche lontanamente che, in oltre mezzo secolo, la tradizione, anche quella della Val dAosta, possa aver accolto neologismi, ibridazioni e legni clandestini, appropriandosene e quindi assimilandoli in quella che, fra qualche anno, sar chiamata tradizione. Lidentit collettiva meglio rappresentata da regole e comportamenti da documentare e tramandare fedelmente ai posteri o da chi, pur figlio di quella terra, sta nel mondo con la sensibilit di oggi e distilla poesia assemblando con passione e fantasia uno dei materiali pi amati dalluomo (specie valdostano) sin dallinizio dei tempi senza distinzione di essenze?
Quanto allimbarazzo degli organizzatori del concorso che sono fermi al 54, direi che si sono persi un pezzo di storia del 900, il quale va incontrovertibilmente verso una unificazione dei linguaggi e labolizione di categorie quali arte, artigianato, arti minori, arte applicata, design ecc. ( altrimenti che ci stanno a fare le Arts and Craft, il liberty, la Bauhaus ?). Lespressione creativa arte, persino sotto forma di ruota di bicicletta o lattina di campbells soup.
Ora, che vuol dire quel titolo Mostra-Concorso dellartigianato valdostano di tradizione, volto agli artigiani del settore tradizionale ed equiparato (surreale! Vorrei proprio vedere come si fa lequiparazione)? E corretto ed adeguato ai tempi imprigionare unespressione comunque artistica in categorie cos riduttive? Non , oggi come oggi, unanacronostica forzatura e la deroga un peccato solo veniale, anzi magari un'utile indicazione verso un ammodernamento del regolamento?
Ovviamente non posso/voglio entrare nel merito di scelte che non conosco sufficientemente a fondo, comunque consiglierei a Bobo di ritentare lanno prossimo, col tempo e con la paglia maturano le nespole, vuoi che non maturino pure gli organizzatori di concorsi?
Ps: se passo da quelle parti, chieder anchio il mio pennarello colorato e cercher di individuare il clandestino. Si vince qualche cosa?
Vilma Torselli
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7437
di PIETRO PAGLIARDINI
del 17/08/2009
relativo all'articolo
Difendere la tradizione dai tradizionalisti
di
Sandro Lazier
Commentare questo articolo difficile, almeno per me, perch a discorrere di tradizione in senso generale corro il forte rischio di scadere nel luogo comune. In questi giorni poi di campagne politiche estive sullinno nazionale e sui dialetti da insegnare a scuola il rischio rischia di diventare certezza e d ragione, in fondo, a chi dice la tradizione viene vista pi come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identit collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali."
Di primo acchito, invece, mi viene da pensare che difendere la tradizione dai tradizionalisti sia, questo s, un artificio retorico un po subdolo per appropriarsi delle armi dellavversario e con ci annullare lavversario stesso. Questo non sarebbe un problema, visto che non c nessuna guerra personale in corso, se non fosse che a perdere sarebbe proprio la tradizione stessa e larchitettura rimarrebbe in mano a coloro che la ignorano (la tradizione). Se infatti la tradizione non la difendono, o non ne sono capaci, i tradizionalisti come possono farlo coloro che scientemente lhanno cancellata in quanto ritenuta inutile e sorpassata fino al punto di ricominciare daccapo e fondare in laboratorio una nuova architettura?
Come pu candidarsi ad esserne autentico custode e interprete chi crede che luomo del nostro tempio sia altro dalluomo di appena un secolo fa, quasi avesse subto una mutazione genica e per questo gli ha cancellato e azzerato ogni riferimento (architettonico, spaziale e urbano) non tanto alla tradizione, se banalizzata a livello di pro-loco, ma al patrimonio culturale accumulato dalluomo nel corso di secoli di lavoro e di ingegno per adattare l'ambiente al proprio benessere fisico e psicologico?
Ma detto questo non posso eludere il problema di come la tradizione possa innestarsi nella contemporaneit affinch non inizi la marcia verso la disumanit.
Intanto dico che quanto Benjamin afferma, pu essere tranquillamente rovesciato nel suo contrario In ogni epoca bisogna cercare di strappare il presente al conformismo che in procinto di sopraffarlo e rimanere altrettanto vero, dato che davvero raro trovare maggior conformismo, direi fino alla noia, nella tiritera continua della creativit, dellesaltazione dellinvenzione e del rinnovamento! Dunque occorre non fidarsi troppo delle parole, specie quando sono double-face.
Inoltre vorrei evitare ogni discussione sul nuovo e sul vecchio. Adorno mostra di dare grande importanza a questi due termini che, in realt, non esprimono nessun giudizio di merito ma sono pura qualificazione temporale. E un vizio, a mi avviso grave e questo s conformista, quello di contrapporre il nuovo al vecchio, anche questo speculare a quello di coloro che rimpiangono il tempo che fu. E un po il contraltare di le stagioni non sono pi le stesse; mitizzazione dellieri e mitizzazione delloggi, memoria deformata la prima, negazione della memoria la seconda. Vizio diffuso in ogni campo, in politica soprattutto, dove in realt porta sempre a rapidi e disastrosi fallimenti proprio per la mancanza di merito e valore nel concetto di nuovo in s; diventa addirittura pericoloso in campo bioetico dove la marcia verso la disumanit cominciata da tempo e dove, per mancanza di memoria, si va inesorabilmente verso azioni che fino a non molto tempo fa evocavano esperimenti mostruosi su innocenti e che erano rappresentati tutti in nella figura di un medico diabolico; il tutto giustificato con la necessit del nuovo (allora nuova razza, oggi nuovo uomo).
Dunque il temine tradizione in campo architettonico, di cui anchio faccio largo uso, assolve alla funzione di comunicare una distinzione con il pensiero architettonico dominante (mi riferisco a quello del mondo culturale, degli architetti, dei media, delluniversit, di quello, cio, che appare e che forma e informa i presenti e futuri architetti) e, in questo senso, serve anche ad esercitare una contrapposizione tra gruppi. Io, poi, a questa contrapposizione credo particolarmente, ne sono addirittura un fautore, per due motivi fondamentali:
il primo perch non pu esserci dialogo equilibrato tra una maggioranza bulgara e una piccolissima minoranza carbonara;
il secondo perch appartengo ad una generazione che porta il marchio indelebile della politica e difficilmente riesco a fare astratte disquisizioni non finalizzate ad un risultato, a breve, a medio o lungo termine che sia.
Dunque assumo il termine tradizione come mio, pur sapendo che si porta dietro una serie di scorie negative, per farmi capire meglio, per distinguermi da altri. Ma anche per il fatto che certamente migliore e pi vero del termine antico. La differenza tra architettura antica e architettura tradizionale fondamentale, perch la prima esprime, prima di tutto una datazione consolidata e non pu prescindere da uno stile architettoni
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7416
di Antonio Rossetti
del 13/08/2009
relativo all'articolo
La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Mi meraviglia che nessun commento ricordi l'attenta, minuziosa
e pi che valida ricostruzione del Chiado di Lisbona fatta da Alvaro
Siza. La situazione era simile a quella dell'Aquila, li si tratt di un
incendio, ma le distruzioni furono moltissime. Nessuno stato a Lisbona ? La domanda nasce spontanea : Siza non un archistar ?
O non vero che tutte le archistar producono soltanto oggetti che
andrebbero pubblicate su Vanity Fayr e non sulle riviste di architettura?
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7368
di giulio pane
del 23/07/2009
relativo all'articolo
Sabato fascista e 11 settembre, simbolo e memoria
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Ferrara,
leggo il suo non pi nuovo articolo e m'incuriosisce la citazione del puntuale giudizio di Zevi ('Il miraggio...'), ma non vi trovo indicazioni bibliografiche, e neppure mi riesce di rintracciare quel periodo negli scritti di lui.
Vuole essere cos cortese da darmi qualche riferimento, se le ancora possibile? Grazie.
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23/7/2009 - Paolo g.l. ferrara risponde a giulio pane
Caro Pane, Zevi ne parla a proposito di un convegno del 1968 sulla figura di Terragni. Il testo tratto dall'articolo "La qualit come disobbedienza civile", pubblicato in "Cronache di architettura" (Raccolta di moltissimi articoli scritti tra il 1954 e il 1981), volume n.13, articolo n. 730, pag. 112.
Comunque sia, la Sua osservazione sar per me d'insegnamento nell'inserire sempre i riferimenti bibliografici.
Anzi, colgo l'occasione per scusarmi con i lettori di questa mia leggerezza.
Cordialit
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7356
di Leandro Janni
del 18/07/2009
relativo all'articolo
Il caso Gela
di
Leandro Janni
Caro Marrucci,
siamo un paese decandente, confuso. Pensare costa fatica ed energia.
Cambiare lo stato delle cose, poi, impresa titanica. Complicatissima.
Eppure, non abbiamo altra scelta.
Un cordiale saluto,
L. J.
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7353
di renzo marrucci
del 15/07/2009
relativo all'articolo
Il caso Gela
di
Leandro Janni
Certamente! E' proprio cos! Janni ha ragione!
Ma non si pensi che devono essere gli architetti a contribuire su questo piano. Urbanisti ed architetti che sono le prime vittime di una cultura arretrata e, quando non arretrata, opportunistica e mercantile nella stragrande maggioranza dei casi.
Se un sindaco pensa al rilancio della propria citt, nella maggioranza dei casi pensa a chiamare una archistar, prefigurando la pubblicit sui giornali come comporta l'aver chiamato kukkas o Kakkas, Hocola o Zizza quando non addirittura Bambas; perch magari il professorino della locale scuola di architettura glielo dice assicurando un ritorno di immagine, almeno per la durata del suo quinquennio... Poi se va a finire come a Venezia che per un a passerella a scheletro un po ritoccata da 4 milioni di euro si arriva a.. qual l'ultima cifra? Oltre i dieci milioni di euro o di pi, non ricordo bene, non riesco ancora a capacitarmi... ma certo la pubblicit costa, questo lo sappiamo...
Chiedere sensibilit agli urbanisti poi una chimera da corrierone dei piccoli... Avete mai sentito come parlano? Se non ti fanno crescere i calli stando a sedere, bisogna capire dove ti fanno del male...
Il guaio che manca la cultura, cio la capacit di capire quello di cui si parla ed un senso critico fondato sulla conoscenza delle cose. La mancanza di cultura rende estranea la partecipazione responsabile. La separazione tra cultura e materia, tra teoria e realt, tra coscienza e citt e via dicendo...
Lei Dr. Janni potr parlare e scrivere benissimo dei problemi reali, ma sar del tutto ininfluente se omette di comprendere che un piano urbanistico non materia che deve stare fuori dalla sua conoscenza ma deve potere avere strumenti per giudicarlo e capirlo... solo allora il senso critico sar operativo e former confronto consapevole o altro sulle cose reali e gli architetti urbanisti avranno dei riferimenti forti con cui sperimentarsi nelle loro capacit e andare a fondo, senza fermarsi alle regolucce striminzite della materia debole dell'urbanistica, che molti vogliono far passare come una sorta di scienza, chiudendosi dentro un linguaggio estraniante e incomprensibile che serve solo a dei politici senza capacit, per i quali non e non sar mai neppure una disciplina E' semmai, il piano urbanistico, il frutto sperimentale della coscienza dell'uomo e come tale passibile di essere e di dare anima alla capacit sociale dell'uomo e della citt, solo se recepito in oggettive condizioni culturali poich solo allora consente di formare lo svolgersi delle riflessioni in una reale e sensibile presa di coscienza dei problemi.
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7347
di christofer giusti
del 08/07/2009
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Acqua al mio mulino
di
Silvio Carta
Se pu essere di consolazione posso dirle che quegli entusiasmi, quegli slanci, quelle passioni, sarebbero state messe a dura prova anche da tante ottuse e asfittiche facolt di architettura: pretenziosi corsi, lezioni di sedicenti, pomposi, nonch noiosi e inutili, cattedratici, i cui programmi di anno in anno vengono allungati, a m di broda, da parrasiti ricercatori.
Niente arte caro amico, bei tempi quelli del liceo artistico, ma ad architettura niente arte. Meglio i numeri dia retta!
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7346
di maurizio serra
del 08/07/2009
relativo all'articolo
Acqua al mio mulino
di
Silvio Carta
Siamo cresciuti insieme caro Silvio percorrendo tutte le salite (e discese) che la nostra carriera universitaria ci ha riservato. Oggi abbiamo quasi 30 anni, da 4 -5 siamo nel mondo del lavoro, io ho intrapreso la carriera dell'ingegnere d'impresa (cos vengono definiti quelli come che lavorando in grosse imprese di costruzioni e che costruiscono le grandi infrastrutture) e tu sei un architetto..architetto critico ingegnere!!
L'essenza del tuo articolo sta in ognuno di noi...basta cercarla e coltivarla quotidianamente! Noi siamo l'esempio e come noi tanti altri...
Un abbraccio
Maurizio
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7345
di Renzo marrucci
del 06/07/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro studente, io non credo che ci sia un particolare disinteresse per le persone palermitane in quel progetto, semmai una sostanziale incapacit di capire con umilt la funzione organica che deve avere un architetto rispetto allambiente in quanto tale e allambiente urbano della citt. E proprio, in effetti, una religiosa convinzione, quella di essere in grado di imporre linguaggio e gusto dove intervengono molti architetti, comunque e ovunque. Parlerei di scarsa umilt e anche di un certo delirio teorico che fa perdere il contatto della realt.
Prendiamo lesempio di geni come F.L.W e Michelucci (cito questi due che ho a cuore, ma molti altri potrei citarne), lo sforzo di ambientarsi e comprendere la realt del luogo per integrare l opera nel contesto, intenso e preoccupato, proprio per corrispondere ai cittadini il senso della vocazione di architetti e comunque il timore di non riuscirci una linea di tensione di alta qualit creativa che sempre presente nella loro anima, come una costante dellimpegno umano.
Quindi il disinteresse non mirato a quei cittadini palermitani o romani, milanesi o altro ma generale e dipende da una visione errata, forse egoistica e cruda della realt e del pensiero, di un pensiero, chiamiamolo cos, diffuso anche dalla scuola e del resto, molto comune, come comune di fatto il disinteresse da parte di molta architettura e urbanistica verso il cittadino inteso proprio come uomo.
Voglio includere in questo commento una citazione da Luis Sepulveda nel suo Le rose di Atacama: Quelluomo che dispone sulla spiaggia i suoi amuleti protettori,
le pietre verdi e azzurre che terranno il fiume al suo posto, quelluomo mio fratello, con lui guardo la luna che ha tratti si mostra tra le nuvole inondando dargento le chiome degli alberi.
Un caro saluto allo studente
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7339
di christofer giusti
del 30/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Era relativo ad un altro articolo il commento di Stefano Sanfilippo ma bene si adatta anche a questo.
Altro che arte sig Lazier! in Italia per fare l'architettura (l'arte per la vita per eccellenza)devi fare il geometra e poi avere il babbo con l'impresa (una delle possibili opzioni), allorra si che puoi avere l'occhio clinico, che puoi esprimmere dei giudizi. Vox populi!
Si guardi intorno Lazier e mi dica quanta architettura (arte) vien s, specie di questi tempi, mi dica quale ruolo ha un architetto (inevitabilmente mediocre..si intende) che voglia essere realmente tale, che l'architettura la voglia fare, senza impelagarsi in politica, con gli ordini, con l'universit, di questi tempi e in questo nostro bel paese.
Tutti i commenti di christofer giusti
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7338
di Stefano Sanfilippo
del 29/06/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Salve sono uno studente di architettura, di palermo ma studio ad agrigento, volevo rilasciare la mia testimonianza su gibellina dopo ke l'ho visitata con il corso di storia del arte,onestamente sono rimasto basito e un po sconvolto, non avevo mai visto un paese cos abbandonato a se stesso, e suonava ridicolo l'elogio mosso verso gibellina da parte delle prof.io credo di capirne di edilizia, mi sono diplomato geometra, poi mio padre ha l'impresa, quindi un po di esperienza l'ho aquisita, quindi penso di poter esprimere il mio disgusto nei confronti di chi ha fatt tutto ci.perch servito solo a far arricchire pochi collusi, e fare fallire un paese ke avrebbe potuto rilanciarsi. secondo me si sarebbe dovuto impostare un altro tipo di piano di lavoro, dare la priorit ad opere di primaria importanza.io mi chiedo chi dobbiamo seguire, ci inculcano giorno dopo giorno pensieri e pensieri di architetti ed utopisti ke poi si rivelano, in base alle testimonianze, dei galeotti collusi ed opportunisti.certo dobbiamo prendere il meglio delle persone, ma con quale faccia andiamo ad elogiare durante l'esame, un gregotti ke se ne fotte umanamente parlando delle persone palermitane , costruendo lo zen...(vedi intervista alle iene) iocredo di essere pienamente d'accordo con quello ke ha scritto sig ferrara , onestamente a gibellina non ci tornerei mai pi...
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7334
di Vilma Torselli
del 27/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Allora, Christofer, commento breve ma pieno di contraddizioni: societ inetta, e va bene, un manipolo di intellettuali (e qui mi chiamo ovviamente fuori, il mio target sono le casalinghe di Voghera) impegnati nel risveglio delle 'insensibili coscienze', e fin qui non mi sembra criticabile, che per lo fanno con 'alterigia' sentendosi i 'pochi eletti', e a questo punto non ci capisco pi niente........
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7331
di christofer giusti
del 26/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Sig. Lazier piuttosto che parlare dell'utiit o inutilit dell'd'arte, io parlerei dell'inettitudine di una societ che orientata a non riconosce in essa pi alcun valore e alcun ruolo. E ben poco sembra riescano a fare, sempre che lo vogliano fare davvero, un manipolo dl intellettuali impegnati a risvegliare delle inesistenti e del tutto insensibili coscienze. L'impressione, a onor del vero, che vi sia in voi l'orgoglio e l'alterigia dell'essere detentori di sensibilit e coscienze ad appannaggio di pochi eletti, assai rare e in via di estinzione se non del tutto estinte.
Tutti i commenti di christofer giusti
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26/6/2009 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
Giusti, se lei conoscesse la mia personale storia non mi direbbe le cose che dice. Cosa sa di me per pensare che io faccia parte di una lite qualsiasi? Io non sono detentore di nulla se non della mia libert di esprimere opinioni e considerazioni. Non sono intruppato in nessun reggimento accademico per cui non devo render conto a nessuno; in accademia poi, in quanto anarchico ed eretico, non ho neppure preso i voti.
Per quanto riguarda questa societ, essa non peggiore di quelle che lhanno preceduta. La mia generazione la prima in Europa che non ha conosciuto guerre e fame. Non poco. Ma bisogna far meglio perch tutti hanno la responsabilit di lasciare il mondo migliore di come lhanno trovato.
Sono considerazioni semplici che implicitamente chiedono il nostro impegno personale per le cose che conosciamo e per cui siamo portati. Un impegno schietto, serio, generoso e faticoso, che lei non pu definire snobistico.
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7328
di christofer giusti
del 24/06/2009
relativo all'articolo
Da mille a centomila concorsi d'architettura
di
Beniamino Rocca
E' ancora in attività sig. Rocca?
mi dica, a distanza di 6 anni dal suo condivisibilissimo articolo e dalle sue più che condivisibilissime soluzioni, mi ritrovo ancor oggi a rimurginare sulle stese cose!
le risulta che sia cambiato qualcosa in questa, mi passi il termine, merda di paese?
nel frattempo i cosiddetti giovani hanno sei, dico sei, anni di più sul groppone...sarebbe forse il caso di includere anche quelli di mezza età.........che ancor oggi si illudono di poter fare l'architettura, e non solo blaterare o scribacchiare di essa sbavando dietro Libeskid, Ghery, Eisenman etc..........?
Mi dica che azioni ha intrapreso o si sono intraprese in questi 6 anni? cosa si è mosso? non mi pare francamente che le cose siano nemmeno minimamente cambiate!
I concorsi sono sempre in forma IPOCRITAMENTE anonima, persino quelli di progettazione a preselezione in base a curriculum qualitativi (e cioè che vertono sulla presentazione di opere, realizzate o meno,di qualità, analoghe al tema di concorso), prevedono il confezionamento degli stessi, con foto e riferimenti scritti, ma in forma "rigorosamente"....anonima, come detta la legge!!!!! ma è mai possibile vivere e lavorare in un paese del cazzo (e scusi di nuovo il termine) come questo?
L'anonimato è solo una fregnaccia, una truffa!
Le commissioni? ora c'è la nuova moda di nominarle dopo la consegna degli elaborati. Ma chi ci crede? visto chi viene sempre e incredibilmente selezionato tra gli "anonimi", in mezzo alla moltitudine di fessi (TRUFFATI), c'è da pensare che gli accordi tra gli uni e gli altri (giurati e, a vario titolo, premiati) precedano il tutto!
Tutti i commenti di christofer giusti
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7315
di Antonio Attin
del 23/06/2009
relativo all'articolo
Ancora sull'abolizione dell'ordine degli architett
di
Sandro Lazier
RACCOLTA FIRME ON LINE PER REFERENDUM ABROGATIVO DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
Gli ordini professionali costituiscono un impedimento alla libert professionale e al libero accesso alla professione, limitazioni che si ripercuotono poi sul cittadino in costi e qualit dei servizi. Dall'Ordine dei giornalisti a quello dei medici, queste corporazioni hanno il solo scopo di amministrare e difendere privilegi acquisiti, soprattutto dai loro dirigenti.
La richiesta dell'abolizione degli ordini non giunge solamente dal cittadino in quanto consumatore e utente, ma anche da molti professionisti che a quegli ordini -loro malgrado- devono versare ingenti contributi, senza ricevere in cambio alcunch. l'Ordine professionale costituisce una sorta di consorteria medievale con tendenze vessatorie verso i propri iscritti. Noi del Movimento Libertario consideriamo il nostro impegno per abolire gli ordini professionali uno dei nostri compiti basilari e siamo certi che se fosse possibile una campagna di stampa su quello che costa per finanziare i medesimi, uno per ciascuna categoria e per ogni provincia, tutti i professionisti (ed in particolare la classe medica e gli odontoiatri) ci appoggerebbero al 100%. Tutti questi sono soldi sottratti alla pensione dei professionisti, che in Italia di poco pi alta della pensione sociale.
Se tutte le sedi venissero chiuse, si risparmierebbe una enorme somma in acquisizioni, affitti, manutenzione delle sedi, spese di impiegati e quant'altro, e si potrebbe devolvere l'importo risparmiato all'aumento della umiliante cifra che i professionisti percepiscono attualmente come pensione.
Siamo certi che non vi sono motivi validi per cui gli Ordini professionali non possano essere aboliti. Ad esempio, un medico neo laureato potrebbe, per esercitare la professione, iscriversi in Comune e all'ASL competente. Queste due istituzioni potrebbero dargli tutto ci che l'Ordine Professionale d loro, cio niente. Per verrebbero smantellati dei centri di potere che nutrono in maniera vergognosa le ambizioni personali di tanti personaggi dediti solo ad attivit burocratiche di cui la maggioranza dei medici non ha assolutamente bisogno.
Siamo certi che il pi grande ostacolo al progresso della scienza il monopolio che ne fanno gli esperti, tra i quali si crea una rete (il cosiddetto establishment) che controlla i fondi per la ricerca, le pubblicazioni, gli incarichi accademici, le royalities per i test ed i farmaci, e mira a mantenere la sua posizione dominante di successo evitando ed impedendo, per quanto loro possibile, che altre idee, altre soluzioni, altre teorie possano filtrare scalzando le loro.
La censura c’, e mentre una volta i "dissidenti" venivano fisicamente eliminati, oggigiorno lo stesso effetto viene ottenuto escludendoli dal circuito scientifico e mediatico che conta. Viene incoraggiata la raccolta di dati, una massa di dati sempre crescente, mentre scoraggiata la loro elaborazione critica!
Anche l’Anti-TRUST BOCCIA gli ORDINI… La recente indagine di Catrical sull'attuazione della Legge Bersani, conferma che la "Liberalizzazione" e' ferma....per lo strapotere delle varie lobbies (medici, notai, avvocati, ingeneri, giornalisti ecc.) che all'interno dei loro "ordini" hanno poca trasparenza, prezzi ALTI, e troppe barriere all'ingresso... E proprio per la loro esistenza BLOCCANO l’economia e giovani, e cosi facendo disattendono alla applicazione della legge; ecco perch l'Anti-TRUST si e' interessata anche a loro.
I vari ordini, per mezzo dei loro "rappresentanti" replicano che l'applicazione della legge, dequalificherebbe i loro "ordini" e metterebbe in discussione la "qualit" dei servizi erogati.
Ma proprio per la mancanza di qualit e per i loro alti costi, che le varie unioni consumatori, prima tra tutte l’ ADUC, stanno reclamando a gran voce, l'abolizione di tutti i loro "privilegi".
Tutti gli operatori dei vari "ordini" dovrebbero essere obbligati all'esecuzione della legge pena lo scioglimento dei propri ordini. Ma la maggior parte di questi fa resistenza. Si tratta di 13 ordini che hanno mostrato una scarsa propensione ad accogliere quelle innovazioni che possano aumentare la concorrenza ed il libero mercato dei beni e dei servizi. Per costoro la liberalizzazione delle parcelle, la pubblicit sui servizi che offrono e la costituzione di societ multidisciplinari per rendere pi articolata e concorrenziale l'offerta, sono considerati ostacoli allo svolgimento dell'attivit.
L'Antitrust ha "messo diversi puntini sulle i" ed ha anche dato suggerimenti al legislatore oltre che agli specifici ordini. Ma come SEMPRE avviene in questi casi, crediamo si tratter di parole al vento. L'interlocutore non ha mai mostrato alcuna intenzione di ascoltare suggerimenti che rimettessero in discussione il proprio potere di corporazione. Sordit che riguarda sia gli ordini che i legislatori.<
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7325
di Renzo marrucci
del 23/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Dispiace di non essere pienamente con voi ma alcune incomprensioni sviano il discorso. Pazienza, per me non ripetitivo ma spinge il cuore ed il cervello a capire. Mi dispiace davvero che il limite tra arte seria e poco seria sia cos frainteso. Prendi pezzi di discorso e lo metti tra vir
golette come se fosse la frase da incriminare e condannare... il tuo modo? Va bene ma allora leggi con calma per favore... e disteso... sempre che sia possibile e capisco che non sempre possibile. Tuttavia per me il limite esiste anche se non posso indicarlo come se fosse un recinto con filo di ferro montato su tralicci... Lo sento dentro di me e poi lo razionalizzo... gli do parola e lo identifico e ogni volta diverso e ogni volta profondo...
Quello che dici della mia esperienza di quando ero ragazzo non posso elevarlo ad arte solo perch nel mio ricordo gioioso di vita e perch ilsuo valore nel racconto e nel ricordo rievocato... Letteratura se entra nel filo di una realt e ne parte espressiva... ma non in s amore per l'uomo, almeno in quanto non esprime pienamente valore sulla sua esistenza e sulla sua crescita sensibile... Ecco come arte io la definirei poco seria... in quanto si fonda sulla esaltazione di un gesto a cui si offre un valore che non c' oltre quello di un virtuoso funzionalismo....
Ora basta certamente... se diventa ostile l'argomento!
Comunque mi dispiace.
Salvatore Di Giacomo? Stupendo Poeta!
Caro Giannino io avevo, fino a qualche mese f, una moglie meravigliosa
mente napoletana... E sono molto legato a quella realt.
samente napoletana...
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7324
di christofer giusti
del 23/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Mi spiace davvero di non poter approfittare della vostra opera di redenzione...
Lazier le posso assicurare che io ...di impianti (e la invito a riflettere sulla scelta stessa del termine)..tendo a non averne alcuno, piuttosto mi fa specie che sia uno come lei, zeviano e contro le regole imposte, ad anteporre una simile prevenuta teoria alla verifica della stessa.
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7323
di Renzo marrucci
del 23/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Certo che sono ovviet... anche quella di essermi dimenticato una "e", lo . Ma sicuramente non ovviet quello che scritto dopo... s, a volte non ci si capisce, ma non un problema, l'importante che uno ci rifletta sopra... bont sua... o forse per lei anche quest un' ovviet ? Cosa vuole che mi importi se il termine accreditato, ho sentito dire tante di quelle sciocchezze di cui la met potrebbero bastare a farmi cambiare treno... ma si vede che avendo fede riesco a essere capace di convivere... e di vivere...
E poi per me, l'arte difficile per chi sostanzialmente non la capisce, la sente perch la vuol sentire, ma in realt non l'arte che cerca... La societ piena di chi non la capisce, ed per questo che c' chi se ne approfitta.
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7322
di Giovanni de luigi
del 23/06/2009
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In difesa di un critico nevrotico
di
Sandro Lazier
Mi trovo pienamente d'accordo con le critiche alla recensione del Prof. Della Pergola qui formulate.
Quello che traspare che l'articolo sia stato scritto senza avere approfondito a dovere il pensiero di Zevi, oltre che con poca attenzione all'uso di una corretta terminologia.
Saluti,
Giovanni
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7319
di Vilma Torselli
del 22/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Renzo Marrucci, Arte dotata di aurea sacrale?
il termine aura sacrale a cui ricorre Eraclito-Cusano, accreditato, nella storia dellarte, da autorevoli studiosi della materia e non la deve scandalizzare pi di tanto. Ci che lei ribatte sono ovviet (L'arte vita e per questo sincera e profonda, quando seria... ecc.), il mondo non affatto semplice, larte lo ancora meno.
Cos laura? Non sar io a darne una definizione, basta leggersi Walter Benjamin. Il concetto sottile, punta sullaspetto emotivo della fruizione dellopera darte, ma ha una sua inscalfibile credibilit: aura lirrepetibilit, lhic et nunc, la percezione di manipolazioni tecniche individuali (dellartista) e perci uniche ed inimitabili, laura una specie di timbro di autenticit, legata allopera in quel luogo ed in quel tempo.
Penso che non sia il caso di addentrarsi pi di tanto in un argomento che forse esula dal tema principale e che coinvolgerebbe altri temi caldi (il restauro, la riproducibilit, il falso ecc) in grado di produrre altri 50 commenti.
Unosservazione da casalinga di Voghera: si mai chiesto perch, potendo, tanta gente va al Louvre a vedersi la Monna Lisa, che pure lopera pi riprodotta al mondo e si pu vedere stampata anche in Lapponia?
Per sentire laura, per spiare la crespatura delle pennellate fatte dalla mano di Leonardo, cogliere qualche incertezza, qualche ripensamento, per vedere la leggera patina che secoli di storia hanno steso sullimmagine, per rendersi conto che la sorgente di tutte le riproduzioni sparse per il mondo quella, lunica, e sta davanti ai loro occhi e capire che per quellemozione valeva la pena di arrivare fino a l.
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7318
di giannino cusano
del 22/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
segue (X MARRUCCI)
quell'incanto (aura) sta nel fatto che quei versi non possono essere espressi in altro modo e in altre parole: non si pu fare altro che ripeterli cos come sono. Non c' nessuna finalit e nessun contenuto "esterno": forma e contenuto non sono due entit ma una sola: la forma crea il contenuto e viceversa, allo stesso istante in cui sorge l'espressione.
Ma se voglio dimostrare una tesi o deliberatamente indurre delle reazioni, la cosa cambia. Faccio prosa, letteratura, ("Non pi poesia dopo Auschwitz!") ma sempre di arte si tratta. E l'arte delle avanguardie ha puntato anzitutto a indurre reazioni nel pubblico e studiarle per sollecitare l'azione. "Amo il suono che non parla ma agisce" (Cage). Rifiutando di essere acritica e avalutativa, vuole fondare mezzi espressivi (linguaggio) che siano prima di tutto valutazione critica della realt: nuovi linguaggi, perch i vecchi -aulici, accademici, classicisti, ideologici- sono obsoleti e spesso si sono levati a celebrare orrori.
Se ne pu pensare bene o male, ma di questo si tratta, mi pare: di spostare le basi stesse della nostra cultura per farle calzare il pi possibile alla vita e svincolarle il pi possibile da celebrazioni ideologiche. Non ti piace? Non ti piace: legittimo. Ma decenni di storia dell'espressione (arte) sono l a testimoniare che le cose sono andate a grandi linee cos. . Ci sar un perch, se quasi tutti gli artisti hanno iniziato a "sentire" e cercare di rappresentare diversamente la realt, senza abbellirla "ad arte", o no ?
Eraclito-G.
PS: ora, per, basta: temo che il discorso stia diventando ripetitivo, cio noioso.
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7320
di GianNino Cusano
del 22/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Giusti scrive:
"Signor Cusano, io non aborro proprio niente,ho solo osato dire, velatamente, che, essendo lei uomo e come tale avendo lei delle debolezze, la sensazione che, oltre all' innegabile opera di onesta e interessantissima informazione e stimolo alla ricerca e approfondimento, lei inceda ben volentieri nel mettersi in mostra e nel porsi in cattedra.
Ma va questa presa come un offesa? e perch mai?
continui dicuramente nelle citazioni. io personalmente le apprezzo molto. "
e chi le ha detto che io la reputi un'offesa? E' evidentemente una sua presunzione ( nel senso che lei lo presume) a farglielo pensare.
Lei, dal primo momento che intervenuto in questo discorso, non sembra aver avuto nulla di meglio da fare e da dire se non sottolineare la sua "irritazione" e spostare il discorso su un piano personale che marginale rispetto a temi ben pi importanti e interessanti che non le persone che li portano avanti.
E infatti parla di umane debolezze, che ovviamente non risparmiano nessuno. Se sui difetti umani, che intende spostare l'attenzione per distoglierla da argomenti ben pi seri, tenga per presente che le umane debolezze non risparmiano nemmeno lei.
Non ultimo un suo certo attegiamento che trovo "arrogante" (da ad-rogare: chiedere per s ci che non si poi disposti a concedere ad altri), termine che denota proprio l'atteggiamento (e badi bene: parlo dell'atteggiamento, non della persona) di chi ad ogni costo rivendica per s pi meriti di quanti gliene spettino: nel suo caso, appunto, quello di scendere pretenziosamente sul terreno personale senza accettare, per, che gli altri poi facciano lo stesso con lei.
Se il termine le da fastidio mi spiace molto, ma lei che ha scelto questo terreno. Di che si lamenta, ora? Se ha un termine ugualmente significativo che la irrita meno, lo adotter volentieri. Insomma, in nome di cosa lei pu giudicare l'altrui "mettersi in mostra e in cattedra", se non del goffo e preventivo tentativo di mettersi al riparo dall'altrui giudizio sulle sue debolezze umane? Se l' cercata scegliendo un piano ben misero di discussione, mi pare.
E la disinvoltura con cui insiste mi sembra pari solo all'inconsistente contributo sule cose che finora ha portato. Ma di che parliamo? Di che desidera che si parli? Difetta forse di argomenti? Se cos, la capisco: fa parte delle umane debolezze. Se cos non , ragioni e argomenti delle cose, da persona seria, che ama le cose, non delle persone, che nulla interessano e contano.
La saluto,
G.C.
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7317
di giannino cusano
del 22/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Caro Renzo, scrivi :
... (snip) ... L'arte vita e per questo sincera e profonda, quando seria... non tende trappole logorroiche o pseudo-accademiche o ortodonzie professorali, per liberi di fare quello che si vuole!
dunque, distingui tra arte "seria" e arte poco seria. Ma quand' che l'arte seria? Quali opere concrete fai coincidere con l'arte "seria"? L'arte vita, certo, ma vita anche la giustizia, la logica, la matematica, il lavoro, un panettiere che impasta il pane, un taxista che porta la gente in giro, una squadra di operai in una fabbrica. Cosa distingue tra loro queste varie forme di vita ? Non si capisce, da ci che scrivi.
Prosegui:
Siccome l'arte vita, spiritualit, poesia e anche amore...
anche la religione spiritualit e anche lo sguardo e il canto di una madre per il suo neonato pu essere amore pieno di poesia, ma di qui a farne un'antologia ce ne corre. Qual la differenza? Quando quello sguardo e quel canto diventano espressione artistica?
La gara a chi fa pip + lontano, ovviamente, non l'hai vissuta come fatto artstico, ma quando diventa, nel ricordo, nostalgia dell'infanzia e dell'innocenza e di un mondo di cose "semplici" andate perdute, quell'evocazione confina con una dimensione artistica, dal mio punto di vista. Non lo ancora, ma le somiglia. L'arte non predica valori: valore in s. Ma che genere di valore, distinto da altri come i valori morali o quelli di sana e buona convivenza o quelli di operosit o di equit?
La parte sul futurismo, Mir ecc. confesso di non averla capita molto.
Salvatore Di Giacomo, per me uno dei massimi poeti italiani il cui solo torto fu di aver scritto in napoletanom, per cui non tutti lo comprendono, qui ci mette di fronte a una scena banalisima, che a tutti pu esser capitato di vivere. Ma come ce la fa vivere ed osservare?
*********************************
PIANEFFORTE 'E NOTTE
Nu pianefforte 'e notte
sona luntanamente,
e 'a museca se sente
pe ll'aria suspir.
E' ll'una: dorme 'o vico
ncopp' a sta nonna nonna
'e nu mutivo antico
e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle 'ncielo!
Che luna! E c' aria doce!
Quanto 'na bella voce
vurria sent cant!
Ma sulitario e lento
more 'o mutivo antico;
se fa cchi cupo 'o vico
dint' a ll'oscurit.
Ll' anema mia surtanto
rummane a 'sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta
ncantannose a penz
***************************
per chi non capisce il napoletano, in italiano sarebbe all'incirca (ma gi l'incanto si perde):
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte / suona lontanamente / e la musica si sente / per l'aria sospirar. // E' l'una, dorme il vico / su questa ninna nanna / d'un motivo antico / di tanto tempo fa. // Dio, quante stelle in cielo! / Che luna! E che aria dolce! / Quanto una bella voce / vorrei sentir cantare! // Ma solitario e lento / muore il motivo antico: / si fa pi cupo il vico / dentro l'oscurit. // L'anima mia soltanto / rimane a 'sta finestra. / Aspetta ancora. E resta / incantandosi a pensare.
Tutti i commenti di giannino cusano
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7316
di christofer giusti
del 21/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
.A miglior specificazione
..Insomma, Lazier, si potrebbe dire che l'atto del pisciare nell'orinatoio sia stato in s determinante e indispensabile alla percezione dello stesso non pi o non solo come orinatoio ma come oggetto di riflessione "altra" da se stesso.
L'atto dell'orinare diviene quindi indispensabile per approcciarsi nel modo giusto all'oggetto e alla sua percezione come opera d'arte.
Il dischetto su cui dirigere il getto impetuso d'urina, la porta para spruzzi...
Elementi di riflessione si, ma solo se attivati dall'atto dell'orinare, ne converr!
Lei o chi per lei (Diego Cane), inconsapevolmete entrato nei locali adibiti a servizi igenici, per poi scoprire solo nell'atto "vitale" della minzione, che in realt si trattava di locali espositivi a tutti gli effetti e che lei stesso era opera d'arte attiva.
In quell'edificio, magari nemmeno un museo, in quei locali a cui meno attribuiremmo una tale nobile (o ignobile, Cusano docet)) funzione, ma forse proprio perch cos pi vicini alla "vita", si spegne e accende l'arte con gli atti pi "miseri" della nostra esistenza:cacare e pisciare.
E' cos!
E dopo il suo ansimante e istintivo peregrinare per corridoi, nel momento topico, pur essendosi improvvisamente reso conto di essere capitato in un luogo cos ispirato, non lo ha esplorato in tutti i suoi preziosi contenuti?
Non ha per caso dato un'avveduta ,,,guardata anche ai cessi (WC)?Chissa quali interessanti e rivelanti riflessioni avrebbero potuto attivare!
Lei, o chi per lei (Diego Cane), ha inconsapevolmente pisciato in un "reverse ready-made" pensando che fosse "solo" un orinatoio,per poi scoprire in esso un ready-made di cui l' urina era assolutamente parte integrante e indispensabile per la sua stessa attivazione e comprensione....
Un vero peccato, che non dovesse anche cacare.
:azier, vuole la mia età? ho 56 anni, ma mi sento assai più giovane.L'eta nagrafica non conta....
Tutti i commenti di christofer giusti
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21/6/2009 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
L’età anagrafica conta eccome. Infatti, se lei avesse dichiarato d’avere vent’anni o giù di li, sicuramente avrei perdonato la sua cafonaggine rispetto al tema trattato. Fino a quarant’anni, si dice, ad un uomo si perdona tutto.
Ma visto che di anni ne ha 56, mi pare inutile qualsiasi speranza di riabilitazione culturale. Non credo che pochi commenti potranno minimamente dirozzare il suo impermeabile impianto intellettuale. Sarebbe tempo sprecato. Come pisciare controvento o cacare a testa in giù, per usare metafore a lei più comprensibili. Per cui, per me, argomento chiuso.
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7312
di christofer giusti
del 19/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Signor Lazier...ma che importanza vuole che abbia? se vuole mi pubblica e se non vuole non mi pubblica! per parte mia cerco di prenderla con ironia per sopire il malumore, e d'altronde guardi qui che fiorir di commenti intorno a questo burlone.
Tutti i commenti di christofer giusti
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19/6/2009 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
Non le ho chiesto la luna. Mi basta un numero. Quello dei suoi anni.
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7311
di christofer giusti
del 19/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Mi consenta ancora questo ultimo "stimolo" per le esigenti cellule grigie vostre, diciamo per uno scarso 1-2% su 100, non di pi...
Signor Lazier, ha fatto gol prima o dopo aver immortalato ed elevato ad arte il suo personale R:MUTT 1917?
importante, secondo il mio fare arrogante (qualcuno, tra l'altro...mi spiace signor cusano, non ricordo chi, ritiene artisticit-genialit e arroganza come binomio indissolubile, e ben inteso la qual cosa non mi piace chissach).
Perch, giustamente lei sig. Lazier, dice: l'artista non vede,guarda"...io le credo sulla parola e le dico per che per ..guardare uno deve porsi in condizione...diciamo cos, di disposizione alla riflessione e/o contemplazione.
E, specie se la vescica e bella piena, e quindi la minzione lunga, con sgrullo o non sgrullo che gi di per s distoglie, la creativit ne beneficia.
Sarebbe quindi il caso di dire che l'ispirazione non venuta n prima n dopo ma...durante!
altrimenti sig Lazier vorrebbe dirmi che andato al cesso non per sua impellente necessit fisiologica, ma perch qualcuno le aveva segnalato il tal particolare pisciatore nel tal edifcio olandese?
oppure aveva scambiato la sala da bagno per una delle sale museali?
e quest'ultima considerazone potrebbe essere di ulteriore stimolo...intellettuale, anche in considerazione di quanto lo stimato sig.Cusano dice sull'origine dei musei: la sala museale che diviene un cesso pubblico, il luogo dove si ammazza l'arte e la si butta nel cesso! gia ma questo effettivamente forse nessuno l'ha ancora fatto, se ne riparler allora...
Rispetto invece al concetto di "reverse ready made" pare proprio che un artista,che non poteva che essere italiano, (non so chi e non so quando...mi spiace per i miei deficit)abbia pensato bene di fare diventare arte l'atto di pisciare nella fontana di Duchamp.
Questo non porter alcun arricchimento nella mente di tutti voi, ma non nemmeno detto che debba farlo.
Signor Cusano, io non aborro proprio niente,ho solo osato dire, velatamente, che, essendo lei uomo e come tale avendo lei delle debolezze, la sensazione che, oltre all' innegabile opera di onesta e interessantissima informazione e stimolo alla ricerca e approfondimento, lei inceda ben volentieri nel mettersi in mostra e nel porsi in cattedra.
Ma va questa presa come un offesa? e perch mai?
continui dicuramente nelle citazioni. io personalmente le apprezzo molto.
Tutti i commenti di christofer giusti
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19/6/2009 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
Scusi Giusti, quanti anni ha?
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7310
di Renzo marrucci
del 19/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Risposta a Giannino detto Eraclito
Arte dotata di aurea sacrale?
Un ci si capisce! Suvvia, un po di ragionevolezza! Devi per forza radicalizzare? Spingere all'estremo e cos via... caro Giannino...Quando parlavo dei buoi davanti dietro al carro, non lo intendevo il "carro" che intendevi tu... Chiss come mai...
Si perde la semplicit nel mondo, si ragiona per convenzioni e non si pi liberi... Per non ci rifletti un attimo vai gi sparato nelle tue ombre e ti ci attorcigli...
Ma quale Arte dotata di aurea sacrale?! L'arte vita e per questo sincera e profonda, quando seria... non tende trappole logorroiche o pseudo-accademiche o ortodonzie professorali, per liberi di fare quello che si vuole!
Siccome l'arte vita, spiritualit, poesia e anche amore... ma non uno sputo per terra, neanche quando arriva a cinque o sei metri e potr semmai entrare in quel guinnes dei primati... poi il mercato pu far dire a qualcuno che arte e farci scrivere qualche volume sopra, se ne trovano assai, e magari anche una trasmissione pettegola, narcisistica e teatrineggiante, pronta a fare breccia su un folto pubblico di casalinghe o qualche banchiere ignorante che se la crede... tra questi poi ci cascano in tanti purtroppo! Ora, c' bisogno di capirci qualche cosa dentro a un quadro e in una scultura, non bastano pi gli scritti che certificano... Siccome lha detto tizio aumenta il prezzo
I valori si sfumano nel nulla e nei discorsi retorici che oggi vanno tanto di moda.
C chi ha bisogno di chiarezza. Oggi vi lesigenza di recuperare qualcosa di importante dell'uomo che andato calpestato, messo fuori uso... Ecomostri riempiono le nostre piazze che perdono qualit e socialit, perdono se non ti piace la parola identit, trovane unaltra
Abbiamo (hanno) sputato sul futurismo quando era una nostra espressione di grandezza nel mondo... diciamo una bella ricerca nostrana, nell'imbecillit generale di tanta critica d'arte vacua, viziata, faziosa. Adesso ci ritornano i rigurgiti del futurismo dallamerica tramite le superstar le archistar o ballerine che dir si voglia, balla pure con loro se senti la musica non cambia molto... E siccome ritornano gli echi dagli americani o postamericani... tutti contenti? Liberi di stare nella rete amico mio e se ci vuoi stare stacci... Un po mi dispiace.
Riguarda Mir, Matisse, Picasso oppure altri che come loro erano dentro il mondo e sono nel mondo ancora mentre noi (loro) si perdono nelle stronzate andando a casa pieni di parole e teorie balzane e taluni messi in trono pieni di soldini come accade in questi contesti attuali Dove i giovani brancolano nelle accademie con risultati devastanti
Non hanno saputo fare una rappresentazione seria del futurismo neppure oggi, ne hanno parcellizzato e sfumato limportanza attraverso una serie di minuscole mostre senza incidere, senza rappresentarlo nella sua importanza.
Nello spirito sciocco delle mostre e mostriciattole che si fanno senza il criterio di una coscienza che vada appena fuori della provincia
Tutti i commenti di Renzo marrucci
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7309
di giannino cusano
del 19/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Signor Giusti, la ringrazio per la stima, che ricambier al 100% assai volentieri quando vorr portare un contributo pi sostanzioso alla discussione, pro o contro: cosa di cui sono certo che lei capacissimo. Non siamo in un'arena: credo sia bene precisarlo non per lei o per me, ma per chi legge. Quindi, onoriamo il confronto e le idee, quali che siano, purch idee. Il resto, sono solo piccoli inciampi su strade a volte necessariamente accidentate.
Con cordialit,
GianNino- Eraclito
Tutti i commenti di giannino cusano
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7308
di christofer giusti
del 19/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Invio un commento al video in inglese trovato su YouTube (http://www.youtube.com/watch?v=d2Y5mUJiaZI&feature;=related) sempre a proposito di Duchamp e, in particolare, proprio sull'opera ispiratirce (fountain)....
Duchamp had another concept of the readymade called the "reverse readymade." His example is using a Rembrandt as an ironing board.
By urinating in Fountain, the Italian artist was simply making Duchamp's piece into a reverse readymade, reversing it from a work of art into a useful object, but ironically back to a use for which it was originally created--a brilliantly Duchampian gesture!
Tutti i commenti di christofer giusti
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7307
di christofer giusti
del 19/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Signor Cusano, a lei va tutta la mia ammirazione e stima per come e cosa scrive. Tra l'altro, non vorrei dire, anche se non si direbbe leggere piace anche a me, anche se, lo devo ammettere, certe letture seppur caparbie, mi risulatno faticose e lunghe.....Ringrazio lei e Lazier, cos come Marrucci e Torselli,per aver potuto contribuire a suscitare in voi materia di dibattito.
Effettivamente signor Cusano, avevo usato le parole "tempi di merda" nel mio commento foriero dei vostri, (cos come pure cesso, pisciatoio, etc). Nell'usare questo vocabolario l'intenzione non era certo quella di essere cafone o scandalizzare, quanto piuttosto proprio di focalizzare bene con le parole, e quindi, anche nello scrivere, in senso artistico(?), l'alta "qualit" dei tempi in cui viviamo. Ma Lazier ha pensato bene di pubblicare la versione da me stesso e ironicamente mondata. A lei le possibili conclusioni.
Signor Lazier, sar che l'immagine piccola ma ammetto di essere stato superficiale e di non aver fatto caso n alla porta n al dischetto.
Ma, mi dica, lei ha fatto gol prima o dopo l'ispirazione artistica?
Tutti i commenti di christofer giusti
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19/6/2009 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
"Ma Lazier ha pensato bene di pubblicare la versione da me stesso e ironicamente mondata. A lei le possibili conclusioni."
Lazier apprezza, evidentemente, l'ironia.
"Signor Lazier, sar che l'immagine piccola ma ammetto di essere stato superficiale e di non aver fatto caso n alla porta n al dischetto."
L'artista non vede, guarda
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7306
di giannino cusano
del 19/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Marrucci, tu e qualcun altro qui aborrite le citazioni e trovate irritanti certi toni. Se avete la pelle delicata, non strofinatevi sugli alberi, allora. Ma ci si guarda un po' allo specchio? Ci si chiede, per caso, con che toni si esordisce, prima di additare quelli di chi ci replica? Una volta questa si chiamava arroganza, ancorch sotto le mentite spoglie del comune e sano buon senso. Non so se si chiama ancora cos: forse hanno fatto un lodo apposta, un ddl approvato in fretta e furia ricorrendo alla fiducia. Ma allora dtelo: non ne sapevo nulla.
Ora, visto che siamio in tema di aborrimenti, dal canto mio si sappia che aborro invece i facili sarcasmi con i quali esordisce chi non vuole alcun confronto ma finge di cercarlo solo per mettersi preventivamente al riparo, fuori e al di sopra, dalla parte di chi giudica e pretende di non esserlo a sua volta, salvo poi additare negli altri esattamente questo atteggiamento nel goffo tentativo di mascherare il proprio.
Qual il confine tra arte e vita? Tu, Marrucci, lo sai individuare con precisione e certezza? Il dadaismo, il ready-made, Duchampo, Fontaine (l'orinatioio) ci hanno lavorato molto tendendo ad annullarlo o a sondarne gli incertio confini. Non sono solo questo, evidentemente, e non solo il dadasismo. Si sono scritti tomi sull'argomento e francamente non mi va di sprecarci altro fiato n di menzionarli, per ovvie ragioni.
Dettto questo. se l'arte uscita dai musei, se ha investito i paesaggi diventando land-art, se tornata tra la gente con gli happening e le performance, questo lo si deve anche al dadaismo e a un generale rifiuto di ogni visione edonistica, legata a equivoche e vecchie estetiche fondate sul piacere. Anche l'arte concettuale, a mio parere, mira a far riflettere e rifiuta questa dimensione di puro abbandono, salve restando le centratissime -a mio parere- osservazioni di Vilma Torselli. Basta andare a guardare le opere di Joseph Konuth, che coni il termine, per capirlo: non ci vuole certo la zingara. E poi dice che uno cita: ma di che parliamo, altrimenti? Di aria fritta?.
Lazier ha centrato benisimo altri aspetti della questione: lo spiazzamento derivante dal fatto che un oggetto di uso comune, messo tra parentesi da un artista e collocato in un contesto per definizione "artistico" (l'orinatoio in un museo, per es., o la foto di un orinatoio con mini-campo di calcio su una rivista di arte e architettura) scatena le reazioni pi disparate perch induce e frustra il tentativo di leggerlo con la stessa aura sacrale e metafisica dell'opera tradizionale. Non poco, scatenare queste reazioni: concordo con Lazier. E' l'ironia, l'arte come gioco e dimensione che rifiuta il dramma. E l'utilit dell'arte per la vita. Cosa che attiene molto all'architettura: e Duchamp, ne sono convinto, era un architetto. Pu piacere o no, ma questo .
I musei nascono in circostanze storiche precise per denotare la terrificante potenza militare e di saccheggio dei grandi Imperi a cavallo tra '700 e '800. E per esibirne la munificenza, anche. Non un marxista-leninista a sostenerlo e dimostrarlo, ma non dico chi per non urtare suscettibilit alcuna.
Nel fare questo, i musei hanno messo l'arte tra parentesi alienandola dalla vita quotidiana, dov'era sempre stata. Altro che amore per l'arte: amore per il dominio e l'eccidio. Con le conseguenze che tutti possono vedere.
Quanto alle preoccupazioni di chi paventa performance a base di pubblici sfoghi intestinali e svuotamenti di vesciche al cospetto del pubblico, quando si verificheranno ne riparleremo. Ma parlare di cose mai accadute, mi pare francamente ridicolo. I "passaggi al limite", per cui, con gli orinatoi "al limite" si legittimerebbe di tutto, anche pip e feci in pubblico, denotano solo una mentalit autoritaria che non considera e valuta il fatto in s ma suoi paventati sviluppidel tutto immaginari. per cui dovremmo star qui a rassicurare e sedare le paure preventive di chi ipotizza pure irrealt.
Padronissimo chi vuole di credere ancora nell'arte dotata di aura sacrale, messa fuori dalla vita in appositi templi: per carit, ci mancherebbe. Ma c' anche altro.
E allora stiamo ai fatti, invece di agitare i nostri fantasmi di comodo spacciati per verit: i fatti sono fatti, i fantasmi sono fantasmi.
Serena giornata, Marrucci.
Eraclito-GianNino
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7299
di Renzo Marrucci
del 18/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Ma! Giannino? Ancora non hai capito che io sono un tipo che cerca di portare il complesso al semplice e naturale della vita? Cerco ahime! levar lo scuro, per quanto possibile... naturalmente! che questa vita tanto breve disgraziatamente!
Ora io penso sempre pi spesso a quando s'era ragazzi e si faceva a gara a chi la faceva pi lontano... Cosa vuoi che me ne freghi di quella casa che fa i cessi o di quel tipo che ci rimugina sopra? Il krauss e il buon M.Duchamp e altri...
Bisogna riportar le cose alla propria natura per non smarrirsi troppo nella selva contorta dell'inutile... Tirare o spingere l'utile? che cosa meglio? Stare dietro il carro o avanti? Ma non mi dire che preferisci starci sopra al carro per piacere!
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7300
di Renzo marrucci
del 18/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
L'arte un cosa seria e ci salva dal cinismo dell'uomo e dal suo cattivo gusto impositivo e da tutte le mistificazioni mercantili che oggi invadono letteralmente il nostro mondo rendendolo sempre pi povero. L'arte una condizione di salvezza quando vera e ci aiuta a capire.Quando sentita e ci comunica il sentire, lo trasmette a noi appunto tramite il sen
tire di uomini pi uomini di altri. Il resto son fregnacce... Spot e balle varie e se noi non le possiamo impedire possiamo per capire. Capire fa vivere!
Ci sono momenti storici di confusione e di manipolazione ma, si pu manipolare solo se il menefreghismo vige legato a delle opportunit e a menti sottilmente perverse in senso interessato, che non rispetta e non ama l'uomo. Si potrebbe fare nomi e "cagnomi" dirrebbe il mio amato Tot... Ma servirebbe a farsi dei nemici e aumentare il caos o la con
fusione che dir si voglia. Sarebbe meglio che la scuola italiana capisse l'importanza dell'arte e si rendesse conto della cretinata fatta sulla storia dell'arte e sullo stesso settore da politici responsabili per incompetenza grave e rimediare meglio... Finch uomini modesti ci governano, finch uomini incapaci ci governano, capaci di far solo parole... il fiume diventa carsico ma rispunta fuori non appena il sole o la luce ripigliano la natura illuminate che gli propria.
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7297
di marco arioldi
del 18/06/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
L'archistar francese in un'intervista rilasciata al Cesar risponde su come ricostruire L'Aquila
Le archistar a LAquila? S ma lo facciano gratis, solo cos potranno dimostrare
quanto amino l'Italia e non solo d'agosto. L'archistar francese Rudy Ricciotti
interviene sulla ricostruzione abruzzese post-sisma e risponde alla provocazione
del sindaco Massimo Cialente con un'altra provocazione: "Se - ha detto Ricciotti
- gli architetti di fama internazionale hanno veramente qualcosa da dire a proposito
di questo dramma, e se amano lItalia non solo durante il mese di agosto, allora
che lavorino gratuitamente". Ma non certo una boutade, quella dell'architetto
francese. In un'intervista di prossima pubblicazione rilasciata alla rivista 'Cesar',
Centro Studi Architettura Razionalista (www.cesar-eur.it), presieduto dall'arch.
Cristiano Rosponi (con il prof. arch. Lon Krier presidente del Comitato scientifico),
Ricciotti approfondisce il dramma aquilano affrontando la ricostruzione dal punto
di vista architettonico e morale: "Il trauma de LAquila tale che non pu venire
slegato dalla coscienza violenta della sua ricostruzione. Il sisma e la ricostruzione
hanno in comune la brutalit inferta alla memoria. Qui la questione che si trova
ad affrontare il sindaco de LAquila, Massimo Cialente, legata al necessario
processo di speranza. In questo contesto, tirannico, il ricorso alle archistar
la migliore risposta? Quello che sembra prioritario piuttosto cercare di fare
in modo che gli architetti italiani possano venire in contatto con il reale atto
intransigente: latto della ricostruzione". Ricciotti ha vinto numerosi premi
tra i quali il Grand prix national darchitecture 2006, chevalier de la lgion
dhonneur, e officier des arts et des lettres. In Italia vincitore del progetto
per il nuovo palazzo del cinema di Venezia, in Francia, a Parigi per il Louvre
ha progettato la ristrutturazione del Palazzo della Corte Visconti al Louvre.
"Il mondo dei progettisti italiani - ha aggiunto - manca di lavoro ed disilluso,
visto che non mette pi le sue competenze al servizio del proprio Paese. Questa
unopportunit unica di avvicinare larchitetto al suo popolo. Tale necessit
non n demagogica, n romantica, un vero progetto per ricostruire una coesione
sociale intorno al mestiere dellarchitetto. Lappello alle star della professione
di architetto si dovr confrontare con la questione etica, con la questione dellidentit,
con la questione economica, e per dire le cose in maniera chiara, con la questione
morale".
" impensabile a mio avviso - ha osservato - che ci sia una presa in ostaggio,
estetica, del dolore; questa piuttosto una questione politica. Se veramente
dovessero venire coinvolte delle archistar, queste dovrebbero confrontarsi con
le pi umili necessit, con i budget pi modesti e con i programmi pi urgenti,
come la ricostruzione delle abitazioni per le famiglie. La bellezza sempre utile
ma la priorit va data allefficacia sensata".
Siamo fieri che il Centro studi di architettura razionalista
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7304
di Renzo marrucci
del 18/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Per devo dire che la mia esperienza di quando ero ragazzo non la ritenevo arte, speravo si capisse. Se me la metti in arte allora vuol dire che proprio non ci siamo. Allora che cosa arte? Tutto arte..anche sputar per terra o pi lontano di altri... Mi sembra davvero una cosa strana... Ho l'impressione che non si parli la stessa lingua?
Ti chiedevo di parlare del pisciatoio ma non per tergiversare o altro...
ma che centra la casa che li f... desideravo che sviluppassi il ragio
namento su basi critiche magari per definirne la ragione e l'utilit che
porta come azione sociale che si evolve attraverso uno studio che oggi risolve nel design ma non nell'arte! Arte una ricerca pura, profonda, che non si accontenta e che non si chiude nello stantio di un egoismo chiuso... cio di una funzione in s che si esaurisce con l'uso e con una certa forma...che pu variare nel tempo... pi o meno edonista oppure aristocratica. L'oggetto non arte anche se puoi dargli il compasso d'oro o di platino rientra in una categoria di utile pratico e fisiologico, funzio
nale alla societ e all'uomo. Io credo che l'arte possa informare il desi
gn, animarlo ecc... ma che rientri in una sfera pi pura e alta e una vera e prorpia educazione alla vita intesa come principio e ideale. Per cui non capisco il tono che hai voluto prendere, mi dispiace!
Non ti cito articoli e non ti espongo bibliografie solo perch appesantirei troppo la discussione, poi proprio perch aborro l' uso professorale che non mi piace, distaccato e alto da cui per principio mi astengo. Se si vuol capire mi fa piacere altrimenti pazienza...
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7302
di giannino cusano
del 18/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Caro Renzo,mi hai invitato tu (7287) a parlare un po' del pisciatoio.
Ora che ho risposto alla tua sollecitazione (7299) mi scrivi che non te ne frega nulla. Magnifico. Dico davvero :)
E hai aggiunto:
.. penso sempre pi spesso a quando s'era ragazzi e si faceva a gara a chi la faceva pi lontano...
E dunque, ci voleva Duchamp. Vedi che anche fare pip pu essere arte?
Poi scrivi:
Bisogna riportar le cose alla propria natura per non smarrirsi troppo nella selva contorta dell'inutile... Tirare o spingere l'utile? che cosa meglio? Stare dietro il carro o avanti? Ma non mi dire che preferisci starci sopra al carro per piacere!
Mi piace andare a piedi e senza carri.
L'ho capito perfettamente, che ami e cerchi il semplice e naturale: non parlerei nemmeno con te, se tu non esprimessi una passione.
In nome del comune amore per il "naturale" (il "semplice" te lo lascio) ti invio un articolo sul Pacific Trash Vortex:
http://www.inerba.org/Salute-e-Ambiente/Pacific-Trash-Vortex-|-Cinque-milioni-di-chilometri-quadrati-di-rifiuti-nell-oceano-pacifico.html
Nessuno se ne occupa, ovviamente, essendo in acque internazionali: dunque, non di responsabilit e competenza specifica di uno stato o dell'altro; tutto sommato, del tutto "semplice e naturale" che le cose vadano cos :).
Un saluto cordialissimo
Eraclito-Giannino
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7298
di giannino cusano
del 18/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Infine, To(o) Giusti e Marrucci (&Torselli):
il brano di Croce che ho postato (comm. n.7285) mi è tornato alla mente
proprio dopo aver letto il n. 7279 nel quale Giusti, dopo essersi chiesto se
fare pipì e cacca può considerarsi opera d'arte (e direi proprio
di si) si rivolge a Lazier concludendo: "mi scuserà, ho letto l'articolo,
ma mi sono fatto prendere dall'immagine, che vuole farci, sono un lobotomizzato
figlio di questi tempi di feci". Centratissimo! Anche se al suo posto avrei
scritto, omettendo la foglia di fico, "figlio di questi tempi di merda".
Anche Marrucci coglie un dato importante, quando (n. 7291) risponde alla sempre
pimpante Torselli "direi che oggi è il contesto economico che si
serve dell'arte in un modo che definire vergognoso mi sembra anche un eufemismo."
Se li rileggete e poi tornate al brano da me postato (n.7285) vi accorgerete
che dite esattamente quello che sosteneva Croce già nel 1913, sia pure
con molto maggiore articolazione.
Ma insomma, cosa ci si aspetta da un artista? Che salvi il mondo? Illusione romantica! Che si occupi di temi "edificanti"? Illusione moraleggiante! Ambedue nulla ha a che vedere con l'arte. Sempre Benedetto Croce scriveva, nello stesso saggio, a pag. 69: "L'artista è sempre, moralmente incolpevole e filosoficamente incensurabile, se anche la sua arte abbia per materia una morale e una folosofia inferiori: in quanto artista, egli non opera e non ragiona, ma poeteggia, dipinge, canta, e, insomma, si esprime; se altro criterio si adottasse, si tornerebbe a condannare la poesia omerica, come facevano i critici italiani del '600 e quelli francesi del tempo del XIV Luigi, arricciando il naso innanzi a ciò che essi chiamavano il «costume», agli eroi litiganti, chiacchieroni, violenti, crudeli, mal educati. "
Il tema proposto da Lazier ci rimanda a una polemica interna al romanticismo, per nulla sopita perché attualissima: quella della concezione dell'«arte per l'arte» opposta al'altra dell'«arte per la vita». Dissidio dal quale l'architettura, essendo "della" vita, è in larga misura immune, ma di questo ci sarà occasione di riparlare, spero.
Cosa fa un artista? Esprime "sentimenti": passioni, modi di sentire. La Torselli mi corregga se sbaglio, ma penso che Dino Formaggio avrebbe detto "emozioni", indicando con ciò la stessa cosa dei "sentimenti" crociani. Non sentimenti al naturale, per cui se mi pestano un piede e faccio "ohi" quell'espressione immediata non è, con ciò, opera d'arte. Lo diventa se in qualche modo osservo quei sentimenti e, inizialmente avvolto nel loro turbine, a un certo punto me ne distacco e ne estraggo un'immagine. La materia prima con cui lavora l'artista, quindi, è comune a tutti gli esseri umani. Il modo in cui la trasfigura in opera, però, è un'altra questione.
Ora, sappiamo tutti che "dolore", "nostalgia", "gioia" (pensiamo a certe poesie di Baudelaire) , "rabbia" (penso ad alcuni versi "politici" di Carducci, per es.), "pessimismo" (Leopardi) e così via appartengono a buon diritto alle passioni o emozioni o sentimenti. Ma "crudeltà" (Artaud, Bene), "freddezza", "indifferenza", "prepotenza", avvertire la vita "senza fede in Dio e nel pensiero" (Maupassant, grande esempio di poeta, fu maestro in questo) non sono forse e a buon diritto "sentimenti" ? Dunque, se parliamo dell'indifferenza dello scolabottiglie di Duchamp o della freddezza della musica delle scuole di Vienna e poi di Darmstad, stiamo ancora parlando di modi dell'espressione: di arte, a tutti gli effetti. Arte "indipendente" (per l'arte) e insieme "per la vita", che incita all'azione per mutare e riconsiderare la vita perché altro non trova, a sua disposizione, in una realtà, appunto, "di feci" . E' colpa dell'arte? Evidentemente no.
Mediterei su alcune piccole lezioni:
ancora Duchamp:
http://www.youtube.com/watch?v=xIbye75demM
John Cage:
http://www.youtube.com/watch?v=2aYT1Pwp30M
http://www.youtube.com/watch?v=q2tNeoMKyq8
Perché l'arte si trova costretta, oggi, e non da ieri mattina, a sottrarsi
alla propria tradizionale "aura&q;
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7303
di giannino cusano
del 18/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Signor Giusti, visto che del Mr. s' appropriato lei, preciso che non sto al di sopra o al di sotto: in questo mondaccio ci sono calato fino al collo tanto quanto lei. Ognuno ci sta in un modo, evidentemente. Io con le mie letture, che mi aiutano a cercare di capire di che mondo si tratta e in che modo posso, nel mio piccolo, coontribuire a cambiare qualcosa.
Mi rendo conto che tra veline e Grandi Fratelli non si riesce pi a vedere in prima serata, che so, Eduardo De Filippo e non si sa pi cosa farsene, delle letture, ma rappresentano il mio sistema di coordinate. Antiquato, lo so: vintage, demode, ma il solo modo che ho per supplire a una tv largammente inguardabile: un ripiego; faccio di necessit virt: ognuno si diverte come pu.
Citazioni non per sfoggio o amore manieristico della citazione ma come rinvii a concetti e discorsi gi espressi e sviluppati da altri; quindi: 1. chi legge stia tranquillo che non li ho inventati o espressi io, e quindi mi pare giusto dare quei concetti ai loro legittimi proprietari; 2. perch chi vuole pu prendersi la briga di controllare e approfondire di persona; 3. perch tutto questo mi pare onesto.
Del resto, mi passi anche questa, ch una pi una meno non cambia molto, Flaiano diceva che "leggere facile. Il difficile dimenticare ci che si letto". E mi riesce proprio difficile, perch a me -che non sono nato "imparato"- leggere serve. A lei no? Se cos, si reputi fortunato. :)
Cordialmente,
G.C.-Eraclito
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7301
di christofer giusti
del 18/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
In effetti l'impressione , con tutto il rispetto, che Mr Cusano ami "porsi al di sopra";ora che la levatura dipenda dallo stare sul carro, cosa anche probabile, oppure stare in cattedra poca differenza potrebbe fare.
Ammiro in Mr cusano le citazioni colte che spesso leggo volentieri, ma ripeto, la citazione delle stesse, a sfoggio talvolta irritante di superiore eloquenza, mi suonano come l'adoperamento di...ready made..da usarsi secondo opportuit. Tali citazioni oltre allo sfoggio, pur interessante, di se stesse, non eludono il problema, sempre che problema ci sia! Come dice mrs o miss Torselli, che ringrazio per il suo intervento, anch'esso indubbiamente interesante e che, s, condivido, nell'arte concettuale appunto nel concetto, nel progetto-processo mentale che precede la fisicit dell'oggetto che va ricercata l'opera d'arte, tale elaboarzione mentale sar poi inevitabilemte diversa a seconda del fruitore dell'opera stessa e della sua capacit di porsi delle domande e darsi delle risposte, siano esse di natura emozionale siano esse di natura logico razionale.
Alla fine di tutto ci per, ripasso e master in storia dell'arte compreso, si assoda il fatto che uno scenario come quello da me paventato sarebbe possibilissimo, un oggetto costituto da wc o orinatoio unitamente all'happening dell'artista o di altro individuo reale o virtuale,ripreso nell'atto di defecare o orinare in essi, potrebbe a buon diritto essere opera d'arte!
Non disdegnerei poi nemmeno la componente "manieristica" della citazione vera e propria, oltre alla componebte vintage dell'antico orinatoio duchampiano (che brutto quello ripreso da lei sig. Lazier!), oppure quello delle vecchie scatole di latta del Manzoni.
E che dire poi del concetto di opera d'arte nell'opera d'arte.
Chiedo scusa per il disturbo.
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18/6/2009 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
Tirato in ballo devo alcuni chiarimenti.
Nessuno si pone sopra le cose con le parole. Le parole sono il solo strumento per manifestare il pensiero. Quando questo alto, le parole sono alte e le citazioni aiutano. Pretendere una maggiore semplicit o elogiare la stessa, come fa Marrucci, questa si che metafisica che non ha niente a che vedere con larte e le cose di questo mondo. Il mondo non semplice e non facile raccontarlo. Personalmente sono grato a chi, come Cusano e Torselli, dedica tempo, pazienza e fatica a parlarne e discuterne pubblicamente.
Lorinatoio fotografato non in un museo ma in un vero bagno pubblico in Olanda. La porta da calcio e la pallina sul dischetto del rigore hanno una funzione precisa: costringere gli utenti ad una concentrazione che eviti loro di produrre schizzi a casaccio. Utile, e geniale.
Fotografato e messo in un museo, o sulle pagine di un giornale che parla darte, perde la sua funzione e diventa un racconto immaginario, zeppo di riferimenti, relazioni, illazioni, turbamenti, rabbie, volgarit, emozioni. Vi pare poco?
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7286
di christofer giusti
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Signor Cusano,
questo lo scriveva Croce nella XX edizione.
Lei ne riporta il testo per intero, ma ne condivide anche il contenuto o, visto che sono passati cinquanta e pi anni dalla formulazione di tal pensiero crociano, avrebbe da dire di suo, espresso con parole sue?
Tutti i commenti di christofer giusti
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7295
di giannino cusano
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
PS: x Mr. Giusti
ho voluto citare da un testo di Croce di 96 anni fa per 2 ragioni:
1. Croce aveva gi allora, 96 years ago, perfettamente inquadrato, mi pare, natura e linee di tendenza dell'arte e delle avanguardie contemporanee: la sollecitazione all'azione pi che alla contemplazione ecc. Nel 1913 le piantine (cubismo, futurismo, dadaismo ecc.) erano gi cresciutelle e i giochi di fondo erano tutti sostanzialmente fatti. Il che non significa che dopo non accaduto pi nulla: al contrario. Significa solo che il cambio radicale di prospettiva era avvenuto;
2. a quasi un sec. di distanza c' chi ancora non ha compreso criticamente (il che non implica approvazione piuttosto che riprovazione, ma consapevolezza in ambo i casi) ci che un composto signore, che peraltro di arte si occupava solo di striscio, aveva gi compreso un sec. fa. Qualcosa non mi torna ... :)
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7294
di giannino cusano
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
PS. X Renzo Marrucci
ORINATOI: fossi in te non mi fossilizzerei ancora sui cataloghi Ideal-Standard, che conosciamo a memoria: tenterei un passettino ulteriore.
Col tuo permesso, vorrei consigliarti, di Rosalind Krauss, "Passaggi. Storia della scultura da Rodin alla Land Art" edito da Bruno Mondadori nel 1998 in edizione italiana. Un po' datato, lo so, non proprio il massimo della novit o del "nuovismo", ma almeno, ormai diventato un classico: nulla di terrificante. Del resto, puoi consolarti: negli USA molto + vecchio, dato che uscito nel 1976. Un ritardo non sempre uno svantaggio :)
Per inciso, giova notare alcune affinit tematiche tra il libro della Krauss e quello coevo (1976, ed. italiana del 1979: con la Francia abbiamo fatto pi in fretta) di Jean Baudrillard, "Lo scambio simbolico e la morte": affinit davvero sorprendenti.
Infine, ti regalo questa intervista a Marcel Duchamp:
http://www.youtube.com/watch?v=E0D1Q2NUQGU
che trovo molto istruttiva e interessante.
Ciao,
Eraclito-Giannino
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7293
di giannino cusano
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Mr. Giusti, ha scritto:
"Signor Cusano,
questo lo scriveva Croce nella XX edizione.
Lei ne riporta il testo per intero, ma ne condivide anche il contenuto o, visto che sono passati cinquanta e pi anni dalla formulazione di tal pensiero crociano, avrebbe da dire di suo, espresso con parole sue? "
Per la verit questo lo scriveva Croce gi dalla prima edizione, del 1913. Dunque sono passati non 50 ma 96 anni, ma quel testo mi pare quanto mai lungimirante e attuale nelle linee di fondo. Non ho riportato il testo per intero, ma solo un piccolo periodo. E' evidente, infine, che ho fatto mie quelle parole. Il che significa ... gi: chiss cosa significa (?) :)
Smile, Mr. Giusti: smile :)
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7292
di giannino cusano
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Caro Renzo, hai scritto:
"Verrebbe qualche battuta sarcastica di fronte alla difesa dell'arte contem
poranea di Giannino detto Eraclito. Pu essere che sia proprio un pisciatoio a salvare il mondo? Non me la sentirei di poterlo escludere... "
e per forza: con le stronzate ogni giorno pi copiose che si sentono in giro :)
Ciao,
Giannino-Eraclito
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7291
di Renzo marrucci
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Gentile Torselli, va bene che l'arte ha bisogno di un contesto economico
ma direi che oggi il contesto economico che si serve dell'arte in un modo che definire vergognoso mi sembra anche un eufemismo....
Per cui un p come il carro messo davanti ai buoi...
Quando a Volterra da ragazzo li vedevo passare su per quelle salite di pietra arrancando sotto i colpi di frusta del contadino vociante...avevo una gran simpatia per loro che osservavo bianchi e dignitosi e impegnati
a fare e a fare fare bella figura...
Spingere meglio che tirare?
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7290
di Vilma Torselli
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Renzo Marrucci, la funzione dellarte in quanto, come lei scrive, stimolo verso interrogativi a quanto pare esistenziali alla ricerca di risposte para-artistiche e filosofiche mi sembra gi meglio di niente, in grado di attribuire allarte una qualche utilit. Credo tuttavia che il dibattito attorno allarte, specie moderna, sia in gran parte ozioso: larte non un oggetto, che ogni tanto ci possiamo rigirare tra le mani per scoprirne cambiamenti e deterioramenti, non una capricciosa signora che a volte ci seduce e a volte ci respinge a seconda del suo instabile umore,"arte tutto ci che gli uomini chiamano arte (Dino Formaggio,L'arte come idea e come esperienza, Mondadori, 1990), semplicemente il prodotto degli artisti, ai quali anche Croce, come ricorda Cusano, se i miei ricordi scolastici non mi tradiscono, delega il potere e la capacit di saper esprimere intuizioni di valenza collettiva e morale nella forma pi adatta. E vero che Croce, per ragioni anagrafiche, si perso gli ultimi 50 anni del 900, forse avrebbe corretto il tiro.., comunque la sua posizione in merito di estrema modernit, ripresa anche da un grande storico-critico dellarte quale Gombrich.
Quanto ai critici e storici, usando parole di Alessandro Tempi "possiamo dire che la funzione critica oggi fa molta paralogia e poca ontologia, ci offre ragionamenti e spesso sofismi intorno a qualcosa chiamata arte, ma non ci dice perch quel qualcosa effettivamente arte [.] Larte (lungo il corso del 900) si trasforma in una qualit immateriale, un effetto di pensiero, uno spostamento insieme fisico e concettuale di qualcosa da un piano allaltro dellesperienza. E a questo punto che il lavoro dei critici diventa indispensabile, se non altro per decodificare ad uso del fruitore linguaggi altrimenti incomprensibili, anche se questa operazione, lei osserva, forse toglie gli strumenti per questa crescita della sensibilit artistica e poetica.
La funzione della critica dovrebbe essere provvisoria e transitoria, dovrebbe tendere a portare il pubblico a non avere pi bisogno dei critici, ma questo nessuno lo vuole, n il pubblico, che per pigrizia o ignoranza spesso preferisce lesperienza vicaria, mediata, impersonale e delega volentieri ai critici la funzione interpretativa, n i critici stessi, per unovvia questione corporativa.
Anche se la societ (non meglio identificata) non fa nulla per elevare il senso critico dei cittadini , si pu sperare tuttavia nella futura estinzione della razza dei critici darte quanto nel futuro avvento di un pubblico meno impreparato e indifferente.
Per il discorso sulla realt economica, mercantile del mondo dellarte, per quanto possa apparire immorale il fatto che larte possa/voglia/debba essere una macchina per fare soldi e che il mercato ed il commercio dell'arte prevarichino oggi limportanza dellarte stessa grazie soprattutto a figure-chiave di professionisti ed operatori (critici, galleristi, mercanti, collezionisti ecc.), oggi, nel nostro "regime della comunicazione", i reali produttori degli eventi artistici e forse degli artisti stessi o di veri e propri movimenti, va fatta una considerazione: da sempre larte stata connessa al potere economico, dato che re, papi, principi, signori e la loro disponibilit finanziaria hanno condizionato la possibilit che un artista si potesse esprimere e si potesse far conoscere grazie a quella elegante e un po ipocrita forma di munificit che si chiama mecenatismo. Il quale, ..se da una parte [.] garantisce quella tranquillit economica cos spesso, anche drammaticamente, inseguita dagli uomini di cultura, dallaltro prevede una diretta committenza per il suo riconoscimento, la sua gratificazione politica e sociale che non pu non limitare la libert dellartista [.]. (Floriana Calitti)
Ci ha configurato due punti di vista opposti tra chi vede nel mecenatismo una promozione delle arti come "virtuosa" manifestazione della liberalit e magnificenza del principe [] e chi invece considera una produzione "asservita" di letteratura encomiastica un prezzo troppo alto da pagare per la prodigalit del mecenate. (idem)
Questo per dire che la demonizzazione dellarte moderna e contemporanea ( brutta, venale, incomprensibile ecc.) esprime una visione facile e parziale di un fenomeno che accompagna la vita delluomo sin dai suoi albori e che andrebbe valutato pi oggettivamente nel complesso del suo divenire storico.
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7289
di Renzo marrucci
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Verrebbe qualche battuta sarcastica di fronte alla difesa dell'arte contem
poranea di Giannino detto Eraclito. Pu essere che sia proprio un pisciatoio a salvare il mondo? Non me la sentirei di poterlo escludere...
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7287
di Renzo Marrucci
del 17/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Ciao Giannino, parlaci un p del pisciatoio... lo trovi molto sensuale oppure onirico? O come lo trovi ? Io stimolante ma ... alla bisogna... e se non lo dovessi trovare alla bisogna :assai doloroso e forse problematico.
Lo dovessi trovare in un museo penserei di avere sbagliato sala ma su
bito mi ripiglierei... L' effetto arte? Ma se fosse molto bello nella sua idea assurgerebbe a mito? Cio a idea fondante? staccandosi dalla funzione che sarebbe? Se stesso oppure ?
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7285
di giannino cusano
del 16/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
IN DIFESA DELL'ARTE CONTEMPORANEA
L'arte contemporanea, sensuale, insaziabile nella brama dei godimenti, solcata da torbidi conati verso una malintesa aristocrazia che si svela ideale voluttuario o di prepotenza e crudelt; sospirando talora verso un misticismo che altres egoistico e voluttuario; senza fede in Dio e senza fede nel pensiero, incredula e pessimistica, -e spesso potentissima nel rendere tali stati d'animo,- quest'arte, che i moralisti vanamente condannano, quando sia poi intesa nei suoi profondi motivi e nella sua genesi, sollecita l'azione, la quale non volger certo a condannare, reprimere o raddrizzare l'arte, ma a indirizzare pi energicamente la vita verso una pi sana e profonda moralit, che sar madre di un'arte pi nobile di contenuto e, direi anche, di una pi nobile filosofia. Pi nobile di quella dell'et nostra, incapace di rendere conto non solo della religione, della scienza e di s medesima, ma dell'arte stessa, la quale ridiventata profondo mistero, o piuttosto tema di orrendi spropositi pei positivisti, neo-critici, psicologi e prammatisti, che finora hanno rappresentato quasi soli la filosofia contemporanea, e che sono ridiscesi (per riacquistare, certo, nove forze e maturare nuovi problemi!) alle forme pi bambinesche e pi rozze dei concetti sull'arte.
Benedetto Croce: Breviario di Estetica (Laterza, Bari, XX edizione,1982 - Piccola biblioteca filosofica, pag. 76)
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7283
di Renzo Marrucci
del 15/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Come ci sono oggi tendenze culturali ma che in realt sono, a mio parere, para-culturali o pseudoculturali che invadono il campo dell'arte a piene mani, c molta disponibilit verso la curiosit della fantasia umana. Non che queste tendenze siano fasulle nella loro realt, in quanto spingono verso interrogativi che impegnano, comunque energie umane qualificate nel tentativo di capire, esplorare e rispondere in tono appunto para-artistico e filosofico.
Questo atteggiamento viene chiamato arte ma in realt pura speri
mentazione, a volte assai coraggiosa, su contenuti artificiosamente sostenuti con la sfida alla ragione... Il rischio che poi lo sforzo viene inevitabilmente assorbito e pagato non solo dall'artista ma dalla societ intera, attraverso interlocutori che fanno da mediazione e garanzia... come critici e storici e via dicendo... Si assumono il rischio fazioso evidentemente, ma che gli consente di scommettere su sfide iperboliche a volte con sperimentale ardire sostenuto per da una realt economica, mercantile senza la quale
L'abuso sulla coscienza che fruisce il dato prioritario e costante, spesso viene caricato anche dalla realt pubblica sulle persone che, perplesse accettano l'opera d'artista, senza spiegazioni e spesso rinunciando ad averle...
La societ mantiene il divario, la separazione... e non fa nulla per elevare il senso critico dei cittadini, anzi forse toglie gli strumenti per questa crescita della sensibilit artistica e poetica. Per questo a volte viene lo sconforto a domandarci a cosa serva larte e se sia utile
Larchitettura delle archistar si rifugia nellincomprensibile, sostenuta da chi usa il potere mediatico per affari cio nel nuovo, esageratamente esibito, che vale solo con la complicit del richiamo, un valore preciso quando esercitato sulla curiosit umana e sociale
Renzo Marrucci
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7284
di Vilma Torselli
del 15/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Christofer Giusti, lei un abile provocatore, quasi quanto Marcel Duchamp e Piero Manzoni, e la sua provocazione andata a segno, per ci che mi riguarda, tant che le sto scrivendo.
Bisogna per dire che i suoi spiazzanti abbinamenti sono in realt falsi sillogismi, specie quando si chiede se premesso che sia arte orinare e defecare, che siano arte feci e orina, lecito abbinarle a orinatoio (fontana) e WC?, come dire se lorinatoio arte, lo pure latto dellorinare?
Gi molti artisti del passato, da Rembrandt a Goya, sono stati, per il loro tempo, grandi provocatori, da Caravaggio che ritraeva provocatoriamente come sante le puttane delle sue osterie a Michelangelo che usava il non-finito per ridicolizzare le regole del classicismo rinascimentale, inoltre nellarte classica sono innumerevoli le rappresentazioni di ammazzamenti, crocifissioni, decollazioni (penso a La Tour, Tiziano, Caravaggio), eppure credo che lei non si sia mai chiesto se la provocazione cambiava in qualche misura il valore del loro messaggio o se il fatto che Goya abbia dipinto celebri fucilazioni renda artistico anche latto del fucilare.
In realt credo che lei sappia benissimo che, dopo la Monna Lisa baffuta di Duchamp (titolata, a proposito di provocazioni, con lacronimo L.H.O.O.Q. , Elle a chaud au cul) la vera essenza dell'opera sta nell'idea che la precede e il progetto, il gioco sottile dell'intelligenza, la formazione del pensiero sono i veri prodotti artistici, l'opera non che pretesto, traduzione materiale di un discorso e di una riflessione concettuale.
E a proposito degli interrogativi che lei esprime con tanta divertente ironia, sappia che larte fatta proprio per suscitare domande, non per dare risposte.
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7279
di christofer giusti
del 13/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Ma, orinare si pu considerare un happening artistico? arte?
e ancora, se l'orinatoio arte (vedi foto dell'articolo e rimando a Duchamp) ci si pu orinare dentro? artisticamente parlando, si intende!
Dopodich si potrebbe passare al WC, e al suo connubio con le feci (di manzoniana memoria, si intende).
Se ne potrebbero aprire un p di scatole e buttarne il contenuto nel WC, purch quest'ultimo sia opera d'arte riconosciuta e quindi sia degno delle feci di Piero Manzoni.
Lo vuole firmare lei, Lazier, un bel WC, c' solo l'imbarazzo della scelta: tra pezzi d'alto design e modelli dozzinali, ma poi perch dozzinali? ecco, forse uno di questi ultimi, tutto sta a disgiungere forma da funzione, oggetto da contesto, immagine da connotazione.
Per poi ritorniamo alla domanda originaria: premesso che sia arte orinare e defecare, che siano arte feci e orina, lecito abbinarle a orinatoio (fontana) e WC?
ai posteri l'ardua sentenza.
mi scuser, ho letto l'articolo, ma mi sono fatto prendere dall'immagine, che vuole farci, sono un lobotomizzato figlio di questi tempi di feci.
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7270
di renzo marrucci
del 06/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Pensierino piccolo piccolo di tarda mattinata...
L'arte utile se la si capisce... altrimenti e un pretesto sulla buona coscienza di chi non la capisce...
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7269
di tina rusciano
del 06/06/2009
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Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Che manchi una cultura architettonica, anche tra gli "addetti ai lavori" non una novit. Manca spesso tra i cosiddetti cultori della materia quando questi si limitano ad una seppur fruttuosa, critica di quanto fatto da altri, perch la conoscenza serve per elaborare nuove realt o migliorare quelle gi esistenti. Utilizzare quanto si appreso solo per condannare qualcosa o qualcuno un processo incompiuto di miglioramento potenziale dell' oggetto della nostra critica. Occorre essere propositivi, utilizzare la propria cultura ed esperienza personale per innescare un processo migliorativo senza temere di eccedere troppo di presunzione.
Manca una cultura architettonica tra coloro che detengono l' impalcatura economica e dirigenziale di aziende di piccole e medie dimensioni che non riescono a comprendere l' importanza di rinnovare nella struttura e nella forma le proprie sedi amministrative, i propri laboratori, officine, stabilimenti, e l dove lo fanno, l' unico scopo che li anima un rinnovamento del loro profilo aziendale atraverso una rinnovata "immagine architettonica". Appartiene a tempi ormai remoti l' intento di un mecenate dell' industria italiana, di nome Olivetti, che vedeva nell' architettura, o meglio, nella ricerca architettonica, un potente mezzo di miglioramento delle condizioni di lavoro dei suoi dipendenti, non solo nei luoghi di lavoro, che dovevano esser pi sicuri, pi luminosi, in sostanza pi confortevoli, ma anche dei luoghi del vivere quotidiano, come le case in cui i suoi operai avrebbero abitato.
Eravamo in un periodo in cui il dibattito culturale intorno al tema dell' housing sociale era molto acceso, vero, ma erano anche i tempi tortuosi della ricostruzione post- bellica!
Ci dimostra che l' architettura pu anche avere un minimo di vita autonomia rispetto al contesto economico ma non rispetto al contesto sociale, di cui ne una delle espessioni pi palesi.
E in quella che stata battezzata come la "societ dell' immagine, dell' estetismo", naturale che un programma come nonsolomoda si limiti ad analizzarne i soli contenuti estetici dell' architettura, comprensibile, ma non giustificabile.
Spetta agli "addetti ai lavori" educare, con i mezzi in loro possesso, i pi alla cultura architettonica, ad un modo di costruire che non sia solo forma e non sia solo funzionalit, ma l' una espessione dell' altra.
Per la maggior parte delle persone "profane" in materia, progettare una casa vuol dire scegliere i rivestimenti esterni ed interni, arredarla; in maniera differente dalla loro estrazione economica e cuturale, ma difficilissimo far comprendere loro che una casa non "ci che ci mettiamo dentro", ma l' insieme dei suoi componenti strutturali, impiantistici, le caratteristiche del suo involucro etc...
Ma non colpa loro, e non colpa neanche dei produttori televisivi se non esiste ancora un programma che affronti seriamente l' architettura, in tutte le sue tematiche.
Chi lo seguirebbe? Un pubblico di nicchia, ancora pi in penombra di quello che vanta Fabrizio Pasquero e non avrebbe senso.
In primo luogo perch le esigenze di una televisione commerciale, seppur in "terza serata" non coincidono con quelle di un esiguo salotto di interessati, ma soprattutto perch non cos che si diffonderebbe la cultura del "buon costruire", chiaccherandone tra pochi colti o dicenti tali.
Biosogna somministare dapprima l' architettura a piccole dosi, moltiplicando le rubriche all' interno anche di altri programmi, in altre riviste anche non specialistiche, anzi soprattutto.
Il fatto che quelle riviste e quei programmi televisivi (come lo stesso nonsolomoda) abbiano un "taglio" non stettamente architettonico non vuol dire che debbano puntare verso il basso in temini qualitativi, la semplificazione non deve mai coincidere con uno svilimento.
Senza poi avere la pretesa di argomentare architetture da "archistar", spesso lontanissime da qualsiasi nostro concittadino o cercare solo architetture che abbiano anche particolari pregi artistici.
Roberto Pane scriveva: "l' architettura arte quando lo , cio assai raramente".
E' proprio i parametri con cui valutare una buona architettura su cui bisogna focalizzarsi: compatibilit, sostenibilit, rapporto con il contesto, qualit strutturale, sicurezza, fruibilit degli spazi interni e dei percorsi esterni, etc....
Piccole dosi, ma quotidiane (o pi o meno) e di qualit: vera.
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7268
di christofer giusti
del 06/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Insomma, esimi Lazier, pagliardini, Cusano, ve la dite e ve la fate.....a proposito di appartenenze...
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7267
di giannino cusano
del 04/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Scrive Lazier che gli interventi di Pagliardini su Antithesi "sono uno stimolo e una risorsa."
Nel mio dissenso da moltissime delle cose che scrive Pagliardini, la considerazione fatta da Lazier mi trova d'accordo. Guai se ci si appassionasse tutti allo stesso modo e delle stesse cose.
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7266
di pietro pagliardini
del 04/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
A Sandro Lazier.
La ringrazio molto e le dico che quando parlavo di tono ultimativo mi riferivo esclusivamente a questo specifico articolo e non lo avevo inteso come esteso al giornale.
D'altronde mi sarebbe anche dispiaciuto perch io faccio il provocatore, educato ma rompiballe, e, nei limiti del poco tempo disponibile, non ho mai rinunciato a provocare qui, dove di materia del contendere non ne manca affatto.
La saluto
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7265
di renzo marrucci
del 03/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Piazza de campo a Siena. E o non la pi bella piazza del mondo?Mi piace la domanda e voglio pormela qu, sotto l'occhio di chi legge...
Beninteso io che son nato a Volterra la pi bella piazza del mondo mi sembra proprio la mia piazza dei Priori. La ferrigna piazza dei Priori come ebbe modo di definirla Cesare Brandi in alcuni suoi scritti. Ferrigna per il modo serio e conserto di definire il suo spazio contornato di edifici concatenati, costruiti serrati con la pietra locale, il panchino. Una pietra che prende il suo tono dall'atmosfera del giorno. Una gamma cromatica che si esalta e rivela il suo cuore umano e caldo quando piove e la pietra bagnata diventa colorata di giallo oro ambrato venato e macchiato di bleu trattenuto. Una Piazza che io amo definire umana. Come un uomo brusco e arcigno che capace di diventare comprensivo e tenero, ironico e dolce, loquace e chiuso...Insomma una piazza che ti stimola e ti contiene e ti trattiene e se non fosse per il modo sbagliato con cui viene usata manterrebbe sempre un grande carattere spaziale e infinito ad ogni uso...
Ho descritto solo un p il carattere di questa piazza per dire come questo genere di piazze, realizzato nella storia e dalla storia esprima sempre un carattere spaziale e umano che sempre profondamente espressivo del tono, dell'anima della citt, della radice terrioriale di cui questa piazza ne un luogo, il luogo espressivo e profondo.
Piazza del campo uguale! Nel senso che nella sua diversit esprime la sua specifica realt di piazza teatro, di piazza luogo dello spazio teatrale, rappresentativo della realt della identit urbana e territoriale. Realizzata in una cavea naturale rispettata e amata si contornata e racchiusa in s. Teatro naturale di se stessa. Appunto come piazza bella e accoglie
nte. Provate a prendere un caff seduto in uno di quei tavolini sulla fascia alta che non un loggione ma un piano di spazio sospeso... si st l e si sta fuori della realt, sospesi nella identit senese fatta di scuri e di chiari, piccoli e grandi, di quinte e di intercalari dove le persone sono attori e protagonisti nella semplicit. L'architettura fatta per l'uomo e diventa citt, luogo urbano dove bello stare e pu sembrae bello vivere oggi. Molte piazze sono cos, ma non proprio cos. Queste sono due capolavori di piazze e non sono rappresentative anche se hanno edifici tipici della rappresentazione urbana ma che si fonde con la realt, con la personalit e carattere fortemente diverso e intenso...dello spazio che inventano con i propri materiali e dislivelli e proprie ottiche, senari e visioni e colore naturali ed estremamente impersonificanti il territorio rispettato nel costruito, reso sicuro amabile e protetto. Mantenendo la propria anima che comunica al cittadino... e soprattuto a chi la cerca un'anima... da portare con se... e da...... nelle citt dove torniamo...
Si parlava di utilit dell'arte?
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7264
di pietro pagliardini
del 03/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
A Sandro Lazier.
Poich ormai a me sembra che le relative posizioni siano chiare e la sua risposta improntata ad un tono decisamente ultimativo, le scrivo non per un inutile ping-pong su cose ormai dette quanto per il fatto che lei mi attribuisce una deriva relativista (deriva termine odioso perch sprezzante e di condanna morale totale, fatta da chi si erge a censore e supremo giudice, ma io voglio credere che in questo caso sia solo una semplificazione linguistica).
Ora singolare che lei che riconosce pari valore al sentimento di appartenenza nei confronti dei luoghi di vita sia agli abitanti di una parte di citt fortemente strutturata come il centro storico che agli abitanti di sgangherate e spesso squallide periferie, addirittura a luoghi di emarginazione quali lo Zen, possa attribuire a me lidea del relativismo (contrariamente a quanto fanno i pi che mi attribuiscono lesatto contrario e con fondatissime ragioni). E la prego di non equivocare tra appartenenza e pari dignit delle persone la quale ultima ovviamente non per me in discussione.
Immagino, per dire, che larchitetto Gregotti, che vive e lavora in un bel palazzo antico nel centro di Milano, non stabilirebbe lo stesso sentimento di appartenenza con la sua residenza e il suo studio se si trovassero allo Zen. E se Gregotti fosse costretto dai casi della vita allo Zen, credo farebbe di tutto per andarsene prima possibile e tornare nel suo bel palazzo, come ciascuno di noi daltronde, e, una volta tornato, forse proverebbe anche una certa nostalgia per i bei tempi allo Zen; ma questa non appartenenza bens un'espressione importante della mente umana che in genere tende a selezionare e valorizzare il meglio del passato, ed chiaro che anche allo Zen, essendo vissuto da uomini, si possono trovare lati positivi (specialmente se ci abitano gli altri).
Io stabilisco quasi sempre una scala gerarchica di valori che lei nega e chi stabilisce gerarchie di valori tutto pu essere meno che relativista.
Cordiali saluti
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3/6/2009 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Lultima cosa che vorrei offendere i miei interlocutori, lei in particolare. Mi creda. Cerco di dibattere le idee, solo questo.
Il termine deriva, per me che ho scritto di Dbord e dei situazionisti, non ha nessuna accezione negativa. Anzi, termine che indica instabilit, perdita di controllo, provvisoriet; tutte condizioni che mi seducono.
Ho poca simpatia, per, per il relativismo perch fonda ragionamenti rigorosi e intransigenti su fondamenta permissive e indulgenti (con lalibi delluomo e della sua causa). Io credo che la logica pura, telaio portante di tutti i nostri ragionamenti, non abbia in s nessuna morale; e questo la rende immune da qualsiasi gerarchia valutativa. Il concetto di appartenenza fondamenta debole per sostenere tutto il ragionamento che lei ne fa seguire. Questo il significato che do alle parole derive del relativismo che lei contesta. Sono sicuro dellonest, correttezza e universalit dei suoi ragionamenti; non ritrovo stesse qualit nei fondamenti.
A Gregotti fu effettivamente chiesto perch non abitasse lui stesso lo Zen che aveva progettato. Rispose che quello era quartiere per operai, dichiarando in tal modo un senso di appartenenza altro ma con gli stessi difetti di quello che lei propone. Gregotti non creava architettura con il fine della universalit dei valori ma con quello della particolarit. Una assurdit per chi si dice razionalista convinto, relativista di fatto. Ma questi sono i frutti dellinganno postmoderno e storicista.
Zevi al contrario, che relativista non era, invitava spesso gli architetti e gli intellettuali a vivere nelle periferie, cosicch le architetture progettate avrebbero sicuramente beneficiato di stimoli diversi.
Nessun moralismo quindi, Pagliardini. E nessun tono ultimativo. Solo amor di sintesi, forse eccessiva.
I suoi interventi nel giornale sono uno stimolo e una risorsa.
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7263
di giannino cusano
del 03/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
In riferimento all'ultimo commento di Pagliardini, non riuscir a essere breve: i temi in gioco sono molti e complessi. Io la vedo cos:
1. Freud era un neurofisiologo. Inizialmente parl di istinti (istinkt) alla base del comportamento umano, ma presto rivide la questione introducendo il concetto di pulsione (trieb). La differenza che mentre l'istinto deterministico e negli animali induce comportamenti definibili e prevedibili, la pulsione plastica: non d luogo ad alcun meccanicismo perch ogni pulsione pu avere esiti assai differenti, dipendenti da fattori imponderabili come la cultura del soggetto e non, atti di invenzione e di fantasia ecc.. Lacan, freudiano eretico al punto di essere espulso dalla Societ Psicoanalitica Francese per aver tenuto una serie di seminari commissionatigli dalla stessa SPF, chiar molto bene questo punto. Ci che distingue l'essere umano dall'animale, in questa prospettiva, esattamente la differenza tra pulsione (eminentemente umana) e istinto. Sempre Lacan, e non a caso, fece la sua tesi di laurea sulla paranoia, perch a tutt'oggi -che io sappia- si ignora qualsiasi corrispondenza neurofisiologica con la paranoia: in soldoni, non c' psicofarmaco adatto al caso . E' tuttora un fenomeno eminentemente psicologico.
Nemmeno io mi intendo di neuroscienze, ma il fatto che esista una base neurofisiologica al nostro comportamento non mi pare che debba necessariamente riportarci indietro di oltre un secolo al positivismo ottocentesco. Se i ferormoni, insomma, non determinano meccanicamente l'innamoramento, credo che abbiano una parte in questo processo assai complesso e ricco di fattori anche culturali disparatissimi.
2. percezione: mi pare che gi la Torselli abbia avvertito chiaramente, forse in un commento precedente forse nello stesso articolo su Piazza del campo, non ricordo, che la percezione non un fenomeno passivo.
Il punto fondamentale. La percezione un fenomeno attivo ed gi giudizio sulla realt. Sono in una stanza, sto scrivendo, percepisco questo fatto e percepisco me stesso in mezzo a una serie di arredi, libri, oggetti, rumori, odori, coluri ecc. In questa percezione ho gi selezionato una serie di elementi che ai miei occhi la caratterizzano: ho emesso un implicito giudizio sul mio essere seduto qui e sugli oggetti che mi circondano. Non c' nulla di oggettivo, in tutto questo, perch non detto che un altro al mio posto produca la stessa fantasia o, se lo fa, non affatto detto che la fondi sugli stessi elementi su cui si fonda la mia ecc. ecc. Non c' nulla, peraltro, che possa impedirmi di immaginarmi a New York, in un grattacielo di Manhattan, o in un monastero sulle rive del Gange. Queste trasposizioni forse ammettono delle spiegazioni, peraltro non semplici e che quasi certamente variano da persona, ma certo non sono deterministiche o meccanicistiche. Questa indistinzione tra reale e irreale, che mi consente di vedermi dall'esterno, o addirittura di immaginarmi altrove, un atto conoscitivo alogico di fantasia o intuizione, o meglio di intuizione-espressione, perch i due termini sono la stessa cosa: non esiste intuizione vuota o inespressa in parole, colori, forme ecc. che rompe un ordine presente per un'alterit non prevedibile che rilegge in modo inusuale la mia situazione e gli oggetti che ho intorno. Questo non fa ancora arte, ma con essa ha una forte attinenza. E' certamente un'esperienza. Che esistano leggi della percezione cosa assai dubbia, almeno da quando, negli anni '60, un nutrito gruppo di psicologi statunitensi guidato da Franklin Kilpatrick, sulla scia del pensiero di John Dewey, in particolare estetico (v. L'arte come esperienza, ed. La Nuova Italia) si propose di capire meglio come si formi un'esperienza. Invece di partire da oggetti e di studiare la loro percezione in vari soggetti, si part dalle percezioni e si comprese che le stesse percezioni possono essere determinate da oggetti reali molto diversi tra loro e che non hanno nulla a che vedere con ci che veniva percepito. Gli esperimenti andarono da semplici oggetti a studi sulla dinamica del movimento degli oggetti, dei soggetti e di ambedue simultaneamente e sono raccolti in un interessantissimo libro edito da Bompiani, La psicologia transazionale, dove il titolo allude al fatto che in ogni percezione noi compiamo una serie di azioni mentali per nulla passive: mercanteggiamo, anzi, con la nostra esperienza precedente, con il nostro sistema di aspettative, col nostro stato emotivo ecc. per tentare di ricondurre il fatto nuovo di fronte al quale siamo messi a fatti desumibili dal nostro vissuto pregresso: operiamo, insomma, delle transazioni. Ci mise abbondantemente in crisi le psicologie tradizionali e oggettive della percezione, a partire proprio dalla Gestalt Theory. Non mi pare affatto trascurabile che quando Galvagni parla di Gestalt ecologica assuma che la nostra percezione dell'ambiente vari c
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7262
di pietro pagliardini
del 02/06/2009
relativo all'articolo
Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Vilma, non si tratta di non scalfire le mie convinzioni (per inciso, dubito che qualcuno riuscirebbe a scalfire le tue), si tratta di due sensibilit diverse. Ho stampato il tuo commento per capirlo meglio e mi sono reso conto che, in modi molto diversi, non diciamo cose molte diverse.
Capire le basi neurofisiologiche della percezione non certo nelle mie capacit n in quelle di nessun architetto. Forse non neanche nelle capacit dei neurofisiologi verso i quali io mantengo, con tutto il dovuto rispetto e la massima invidia possibile per la loro conoscenza, una bella alea di dubbio sulle loro certezze, quando ve ne sono. Ad esempio: si dice che una delle ragioni dellinnamoramento consista nellodore rilasciato da ormoni e se quellodore, del quale non siamo coscienti, si conf tra due soggetti scatterebbe quella che chiamiamo attrazione tra due persone. Pu darsi sia cos, non ho motivi per dubitarne in assoluto, non ho controprove per dire che non pu essere ma il meccanismo mi sembra un pochino pi complicato di come viene descritto, basti pensare a quanto conta la vista e, recentemente, a come possa scattare lattrazione dalla semplice chat. E pensare che le basi dellinnamoramento potrebbero essere, per molti versi, analoghi a quelli di altre specie animali,mentre la poesia, la creativit, la coscienza di s caratteristica propriamente umana. E vero che adesso si tendono a scoprire negli animali tutte le caratteristiche che li rendono pi simili alluomo, mentre prima si tendeva a trovar ci che ci differenziava dagli animali, la qual cosa la dice anche lunga su quanto la scienza sia abbastanza indirizzabile e tenda ad adattarsi al clima culturale della societ, anche se io credo si possa ammettere qualche differenza esista tra uomo e animale.
Ben diverso il caso della psicologia della percezione, dove esistono prove empiriche, i test, che mostrano uniformit di comportamenti in un certo numero di soggetti divisi per varie classi dappartenenza. Ho letto in un bel libro, Il Tao e Aristotele, di Richard Nisbett, che i cinesi hanno un approccio alla realt priva della classificazione in categorie; i cinesi, cio, non conoscono il concetto di bianchezza, per esempio. Ovviamente conoscono il colore bianco ma per esprimere il concetto di bianchezza fanno una circonlocuzione che li porta al confronto con un fenomeno della natura, ad esempio la neve. Eppure i cinesi hanno un cervello che credo sia esattamente come il nostro. Come sta? Sta che la loro cultura si sviluppata in un modo diverso dal nostro: stesso cervello, diverso modo di porsi rispetto al mondo.Mi pare ovvio che in una cultura come questa il concetto di bellezza sia diverso anche se probabile ci sia una base comune a tutti gli altri esseri umani.
Con questo voglio dire che, non trascurando affatto le diversit genetiche, la componente culturale fondamentale. E per tornare allargomento, quando io parlo di regole non intendo dare una spiegazione a quelle regole, intendo dire che c chi le ha studiate ed in grado di riprodurle e di applicarle. Non un fatto meccanico e matematico, non c garanzia assoluta di risultato, non una scienza esatta, ma chi le sa applicare bene commette meno errori di chi agisce con la sua fantasia e, dato che statisticamente di fenomeni o geni, diceva Zevi, ne nascono uno ogni 500 anni, molto meglio applicare quelle che sperimentare molte baggianate e affidarsi a s stessi. Questo metodo non inibisce la creativit la quale, nei pochi che la possiedono per davvero, riesce ad emergere in ogni modo.
Ho riletto, su tuo consiglio, Kevin Lynch, e ho riletto Rudolf Arnheim (La dinamica della forma architettonica) e in entrambi i casi ho trovato indicazioni e analisi utili, ma direi a frammenti, e comunque, specie in Lynch, una conferma assoluta di certo concetti muratoriani, quali ad esempio le nodalit. Ma niente di paragonabile a quella strutturatissima teoria, verificata leggendo la citt e non intervistando la gente (quindi pi oggettiva), di Caniggia, la quale, a sua volta, trova un'altra conferma nella teoria delle reti urbane di Salngaros.
Quanto a a quellaura inimitabile di Piazza del Campo, nata proprio da quella cultura diffusa e spontanea, organica alla societ stessa, che sapeva contemporaneamente adattarsi ai luoghi e farlo con un altissimo senso estetico, non critico e consapevole ma naturale perch condiviso e omogeneo alla societ. Perch accadeva questo e come farlo riaccadere? Mi fermo qui, non so dire altro, non pretendo di farlo. Ma non lo fai neanche te, in effetti; ti poni domande, ti interroghi e vuoi capire.
Non c differenza tra te e me nel fatto che attribuiamo quel risultato straordinario allinsieme e non alle parti e quando io parlo di edifici specialistici non sono affatto in contraddizione perch la specialit non consiste nellautore e nemmeno in qualche particolare dote dell'edificio se non nelluso diverso per il quale ledifici
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2/6/2009 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Un paio di punti, credo, stabiliscano tra noi una differenza di sostanza.
1
Mi spiace ma se c una cosa indubbiamente certa che non v nessuna poesia senza ricerca e sperimentazione. Che come dire che una poesia vale sicuramente il rischio di un milione di baggianate. Non vero che applicando con ordine regole derivate dalla tradizione si corrano meno rischi; al contrario, si ha certezza di non arrivare mai a qualcosa di autenticamente poetico. Non c bravura che tenga. Senza il motore del tradimento, che vera tradizione (e non vero il contrario), non c storia nellarte.
Il gusto evolve per scatti violenti e arroganti, ogni volta azzerando irriverentemente il codice che lo ha preceduto. Non c nessuna continuit formale se non lalternarsi disarmonico e sregolato di tensioni contrapposte. Larte vive pericolosamente nellaritmia e per questa ragione appare sempre insolente e arrabbiata ai contemporanei. La regolarit luccide.
Tanta architettura minore (sono daccordo con Vilma che lopposizione edilizia-architettura sia solo un pretesto accademico) prova di quanta energia vada investita per arrivare a poche opere degne di elogio. Gehry nutre la sua poesia nella desolazione di una moltitudine di periferie tutte uguali. Senza periferie, niente Gehry.
2
Appoggiare le proprie tesi sul senso di appartenenza - concetto dal peso specifico incerto, relativo al soggetto che lo esprime atto che sconfina nella retorica, intesa quale forma di suggestione priva di argomenti razionali e oggettivi.
Di tale senso ogni individuo ha il proprio. Questo indubbio. Credo che anche chi nato e vissuto in periferia, non solo in centro antico, solo in questa trovi il senso della propria appartenenza. Persino chi nato e vissuto nel tanto vituperato Zen di Palermo, sono sicuro che in esso trovi il proprio senso dellabitare. Anche per costoro la citt lopera artistica pi grande che sia stata creata dalluomo, anche se non possiede grandi eccellenze o singolarit architettoniche o opere darte.
Quindi va bene tutto. Larchitettura contemporanea, bella o brutta che sia, come lantica, bella o brutta che sia. Purch ci appartenga individualmente.
Io non credo e non amo le derive del relativismo, antropologico in questo caso.
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7261
di giannino cusano
del 01/06/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Mi rendo conto che la storia oggi non pi molto di moda, tra approcci fenomenologici che pure hanno la loro importanza, e recuperi (a mio parere eccessivamente generalizzanti) di temi cari a Georges Bataille piuttosto che a Walter Benjamin o a Friederich Nietzsche, volti a screditare qualsiasi approccio storico in nome dell'eterno ritorno e della preminenza dell'immagine come "traccia" inconscia e sempre riemergente del rimosso, ma non per questo trovo lecito buttare al macero tout-court qualsiasi chiave di lettura di matrice storica.
Se "ogni poesia d'occasione", come ripeteva Sartre, credo quindi che la questione di Siena e di Piazza del Campo vada anzitutto inquadrata nel concreto del suo divenire storico. La piazza parte anzitutto del sistema ternario Duomo-foro Boario (poi piazza Mercato)-Campo. Sono i tre caratteristici poli (religioso, commerciale e civico) che vertebrano tutte le citt medievali. Sappiamo anche che queste seguivano schemi o tipi ben identificabili : lineare, fusiforme, radioconcentrico (vera invenzione tipica dell'epoca), a lisca, a scacchiera ecc. applicati caso per caso in modo assai duttile in rapporto alla conformazione del suolo e a un abbozzo di vita comunitaria che evolveva sulla base di ben definiti canovacci.
Nessuna assiomaticit urbanistica, ma parlare di regole a me sembra che possa risultare ambiguo, per noi che veniamo dopo il Rinascimento. Piuttosto, parlerei di un metodo flessibile assai pi razionale di qualsiasi rigido ordine geometrico; un linguaggio della continuit capace di amalgamare nell'assieme ogni singolo episodio. E che pu e deve essere letto, almeno in via di tentativo, assumendosene tutti i rischi.
Osservava giustamente Ranuccio Bianchi Bandinelli che il peculiare senso spaziale senese nasce dalla particolarit di un sistema di strade il cui impianto base quello delle Siene dei borghi e castellari pi o meno chiusi ciascuno in s dei sec. XII e XIII, che poi verranno reintegrati nella Siena dei mercanti e degli artigiani. Ma non fino a cancellare il carattere di strade a elementi chiusi che, invece, il Rinascimento e l'et barocca tender ovunque a trasformare con aperture verso punti focali prospettici.
Dunque, a Siena si parla un linguaggio che non prevede edifici messi in mostra come fondali o terminali a strade n strade realizzate a bella posta in funzione di singoli edifici. C', piuttosto, un sistema ininterrotto di circuiti e superfici stradali che si sviluppano per fluenze capaci di interrelare cammino umano e curve di livello. E che non va minimamente confuso con quello delle quinte ondulate del Barocco, perch queste configurano, anche in relazione alla difusione delle carrozze, sistemi di direttrici esplodenti in fuochi, secondo la logica della "sorpresa" e spesso della persuasione occulta, del tutto ignoto alle aggregazioni descrittive, rapsodicche e narrative del mondo medievale e senese.
Le tre piazze di Siena, di cui il Campo fa parte, nascono da un preciso programma di decentramento urbano e di apertura del mercato sull'hinterland e di una razionale connessione della citt con la via Francigena. Anche il programma di urban redevelopment da cui nasce il decentramento non segue alcun rigido disegno aprioristico ma una metodologia duttile e, insieme, assai rigorosa. La nuova pianificazione prese l'avvio, che io sappia, nel sec. XIII per interrompersi solo con la peste del 1348.
Il polo civico del Campo intensifica questo discorso di superfici avvolgenti facendole confluire e intersecandole nel pi importante spazio comunitario della citt. Anche la torre del Mangia non sembra configurarsi come fulcro o coagulo visivo, focale, quanto come episodio pragmaticamente assunto per puro gusto della verticalit. A questa logica descrittiva di superfici appartiene anche la pavimentazione cava della piazza, su cui si lascia semplicemente affiorare l'andamento stesso del terreno. Dunque, doppio cavo (invaso + pavimentazione della piazza) pulsante a valenza fortemente temporale e del tutto avulso dalla pi tarda dinamica barocca.
Questo procedere per fasce e superfici continue che gradualmente, inglobando edifici ed episodi di ogni genere, dalle vie compresse sfociano nella bolla dilatata della piazza mi pare un carattere distintivo di Siena e della forte intensificazione della sua vita civica nella piazza del Campo.
Non so e non mi sento di decidere se si tratta della pi bella piazza del mondo, perch le piazze di Spagna o del Quirinale, gli invasi di Pienza, piazza delle Erbe e della frutta a Padova o piazza dei Miracoli a Pisa sono altrettanti episodi poetici (pi che di edilizia/architettura , parlerei di prosa/poesia) e dove c' poesia non c' quantit ma solo diverso e forte carattere. Tentare di captare l'individualit di ciascuno di questi episodi, ci che fa di ciascuno un unicum distinto da ogni altro, non ci gara
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7260
di Vilma Torselli
del 31/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Pietro Paglliardini, puoi anche fregartene della neurofisiologia, della psicanalisi, dellemotivit, della comunicazione subliminale ecc., per siamo fatti cos, analizzare larchitettura per quello che senza voler conoscere luomo, che lha inventata, un esercizio monco che dar risultati parziali e inesatti.
Ogni azione creativa compiuta dalluomo trasmette un messaggio, comunica qualcosa, consciamente o inconsciamente, volontariamente o involontariamente, che lo voglia o no, tutto, dallarte allarchitettura, allo scarabocchio di un bambino al disegno di un folle, dalla scrittura nella sua componente grafologica allimpaginazione di un testo, dal disegno pi elaborato alla nota della spesa ( la mia per esempio dice che sono una persona piuttosto distratta con un senso dellordine del tutto personale).
Anche nel fare una capanna, un tetto che ripari dalla pioggia, quattro mura, si trasmette un messaggio, e tutte le volte che si delimita uno spazio (lo spazio racchiuso di Zevi) e gli si attribuisce una funzione si fa architettura: in questottica la differenza tra edilizia e architettura appare del tutto artificiosa mentre la definizione di emergenze specialistiche sembrerebbe inevitabilmente delegata a valutazioni marcatamente soggettive (di chi?), il che non mi sembra coerente con la tua posizione.
Scrive Salvatore Zingale: Gli spazi della vita sociale sono un campo semiotico e dialogico che richiede una nostra risposta in termini di scelta di azione: che cosa dobbiamo fare per trovare la strada? Questo campo composto di luoghi e percorsi, mete e direzioni. immaginabile come un reticolo di schemi duso inscritti in quel tessuto o testo architettonico che lo spazio costruito.
I segni dello spazio semiotico raccontano un senso, definiscono degli schemi che dobbiamo trovare ed interpretare per interagire con quegli spazi. Tutta la nostra vita si svolge in spazi semiotici, architettonici o urbanistici, quelli delle nostre case, dove lo spazio comunica il nostro vissuto, quelli delle citt, dove siamo continuamente chiamati a dialogare con lambiente, dove continuamente chiediamo informazioni per orientarci e rispondiamo interpretandole: lo sguardo, unocchiata allinsieme (guardare, ancora guardare) il primo mezzo di contatto e quanto pi buono il contatto ( quindi non si parla solo di esperienza visiva ma anche di coinvolgimento empatico e affettivo, ci che ti fa sentire a casa), tanto migliore la cognizione dellambiente.
Le citt sono veri e propri discorsi (Roland Barthes, Umberto Eco), dove lo spazio urbano non pu per essere letto autonomamente perch non pu prescindere dallarchitettura (la quale invece pu essere autonomamente valutata), dove niente sperimentato singolarmente, ma sempre in relazione alle sue adiacenze, alle sequenze di eventi che portano ad esso, alla memoria delle precedenti esperienze. (Kevin Lynch, L'immagine della citt, 1960).
Se la cortina architettonica che contorna linvaso a cielo aperto di piazza del Campo si articola in una serie di segni inseriti in un sistema autonomo, viceversa il sistema urbanistico non ha significato senza quel contorno.
Louis Hjelmslev scrive che lelemento urbanistico un tutto formato da elementi solidali fra loro e tali che ciascuno dipenda dagli altri e non possa essere quello che se non in virt delle sue relazioni con essi, la tensione tra spazio urbanistico e spazio architettonico, le reciproche connessioni di vuoto e pieno, che fanno di quella piazza una entit autonoma di dipendenze interne potrebbero rappresentare una possibile risposta ed un efficace canale di comunicazione non verbale tra passato e presente, oppure i significati originari, ammesso che fossero in questi termini leggibili, sono irrimediabilmente persi e ci che sperimentiamo una loro interpretazione attualizzata?
La spontaneit che tu proponi come chiave di lettura non risolve il quesito, ci che emerge da unanalisi anche superficiale e sommaria come la mia mi pare sia la necessit di cercare risposte in campi disparati e in discipline apparentemente lontane, non ci sono, se ci fermiamo limitatamente al campo dellarchitettura e dellurbanistica, regole per porre le condizioni di base che facciano scattare la molla della poesia, per conoscere lopera delluomo bisogna indagare luomo.
So che non scalfir le tue convinzioni, ma il bello della discusssione il disaccordo
ciao
Vilma
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7259
di pietro pagliardini
del 30/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
A Sandro Lazier
Probabilmente correr il rischio, ma lo affronto volentieri, di incartarmi in inutili sofismi per cercare di spiegarmi meglio e di farmi capire.
Se la domanda : esistono regole per produrre l'arte, in assoluto, io non le conosco e mi tiro indietro. Io azzardo una risposta alla domanda se esistano regole per produrre piazze artistiche come quella di Siena.
Lei scrive: "Nel suo eccessivo pragmatismo le sfugge che il violino non la musica e la casa non larchitettura" e in questa frase c' la differenza (non una parolaccia differenza) fra il nostro modo di pensare. Per me che da giovanissimo sapevo suonare il violino, ma stupidamente l'ho abbandonato molto presto, nel prendere oggi questo strumento tra le mani ne colgo le forme morbide decisamente umane, la pregevole opera del liutaio, l'attenzione e la delicatezza con cui questo deve essere trattato ma non raggiunger mai il fine per cui quello strumento nato, cio la musica. Posso certamente imbracciarlo, mi ricordo ancora la tecnica, posso perfino accennare a far scorrere l'archetto sulle corde ma non ne uscir mai musica, solo suoni, gracchianti e privi perfino della necessaria continuit. In nessun modo riuscir ad utilizzare quello strumento per lo scopo per cui stato prodotto.
La casa, viceversa, non richiede nessuna particolare capacit per essere "utilizzata", contrariamente a quello che scriveva Le Corbusier, il quale voleva insegnare alla gente ad abitare. La musica richiede tecnica, la bella musica richiede arte. Abitare non richiede nessuna tecnica o apprendimento ma un fattore antropologico e prima ancora genetico. Abitare quasi come respirare e nessuno ti insegna a respirare, semmai, se hai problemi, ti insegnano a respirare meglio, come nel caso della balbuzie o a chi per aver molto fumato ha perso capacit polmonare.
Ma lei parla di Architettura e non di edilizia, cio di case, e, mi par di capire, attribuisce all'Architettura e solo a quella il dono dell'arte. Le cito un brano di Gianfranco Caniggia, non per fare sfoggio di conoscenza, ma solo per non appropriarmi di pensieri altrui:
La divisione un tempo usuale tra oggetti architettonici e oggetti edilizi, tra opere maggiori e minori sussiste, con lavvertenza che col termine edilizia si deve intendere il contesto generale del costruito, che certamente il maggior protagonista dellambiente antropico e della sua storia civile. Il termine architettura pu restare riservato a quelle opere che dalledilizia sono derivate, in seno al costruito, come emergenze specialistiche.
Anchio tendo a non esagerare con questa esaltazione dell'Architettura perch l'edilizia ad aver fatto la storia dell'uomo e lo stupore che si prova in Piazza del Campo, della quale sfido chiunque a citare al volo il nome di qualcuno che ne sia autore, in tutto o in parte, deriva dalla sua forma apparentemente regolare, ma non perfettamente simmetrica, che sembra progettata ma non lo , almeno non nel senso che intendiamo noi, in quanto nasce dalla presa di possesso del territorio da parte della citt, nel senso di "civitas", attraverso i suoi statuti e regolamenti: cio una grande opera collettiva. Lo stesso si pu dire dei suoi palazzi, alcuni dei quali assolutamente unici, altri, invece, a ben guardare, assolutamente consueti e neanche dotati di particolare ricchezza decorativa. Quell'autentico gioiello di piazza, quella conchiglia irregolare i cui disegni a terra corrispondono esattamente a linee di compluvio convergenti in un fuoco, che una caditoia, esprimono un concetto di arte che assolutamente spontaneo e connaturato ad una societ organica (verso la quale, si badi bene, io non nutro nessuna nostalgia o rimpianto, essendo ben felice di essere nato in una societ imperfetta ma aperta che mi consente molti gradi di libert).
Ma lei dice di non credere che quella Piazza abbia seguto regole e piuttosto sia dovuta al caso unito alla determinazione. Io non posso e non voglio escludere che vi sia una componente casuale. Casuale potrebbe essere l'orografia del luogo, per non casuale la scelta del luogo, che il punto di convergenza o di tangenza di una serie di strade importanti; non casuale che abbia la forma a conchiglia, perch gli edifici seguono al meglio le curve di livello, non sono casuali le linee di pendenza della piazza, studiate per fare convergere le acque in un punto preciso senza andare ad allagare il Palazzo Pubblico che fungerebbe da diga, non casuale la forma a spicchi, come dicevo prima. Non certamente casuale che il Palazzo Pubblico con la splendida torre, improntata ad una raffinatezza, snellezza ed eleganza cos consustanziale al paesaggio, laccento dialettale, il carattere stesso dei senesi, si trovi proprio a Siena, solo 60 chilometri da Arezzo, la mia citt, dove per non potrebbe assolutamente essere mai nata, tanto questa citt pragmatica come me, rude ed essenziale, poco raffin
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7258
di giannino cusano
del 29/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
giusto porsi domande ... quante domande (!?)
... ascoltare sentire ascoltare sentire ascoltare sentire ...
Daniel Variations, My name is Daniel Pearl di Steve Reich
http://www.youtube.com/watch?v=7Z7U-R3kYbk
bye
Eraclito
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7257
di renzo marrucci
del 28/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Gentile sig.ra Torselli
capire per me vuol dire entrare nelle cose, siano quello che siano e poi ti accorgi se le senti o no! Capire e sentire ci che ci relaziona e che ci fa crescere. La si pu fare molto complessa, ma non il caso Ci fa scegliere e partecipare e ci da la possibilit di conoscere, confermare ecc rimanere fuori di quella emozione o ragione ecc o condividerla, farla propria, crederci. Di fronte ad un quadro oppure ad una scultura come ad un architettura Avendo un minimo di linguaggio, si entra dentro al tema o alla funzione e se ne pu apprezzare e o rifiutare la soluzione o la emozione ecc Sentirla estranea Se di fronte ad un paesaggio naturale si prova attrazione il registro nella misura della propria sensibilit, ma anche perch abbiamo gli elementi per capire e sentire quella realt ed apprezzarla rapportandola alla propria attitudine. E una questione di educazione per tutti avere elementi idonei ad esercitare il proprio discernimento critico. Tale discernimento cresce, come soffoca senza educazione e conoscenza e con educatori inadatti Oggi purtroppo di educatori inadatti ne sono piene le scuole (Sic) Di venditori di parole ne sono piene soprattutto le TV e via dicendo
Se io capisco un quadro posso valutarlo nella sua comunicazione emozionale e se mi prende dice esprime, parla sia che abbia valori formali riconoscibili o no!
Una cosa nuova, fuori dalla convenzione, senza codici formali, pu benissimo essere riconosciuta nella nostra coscienza e comunicare il suo valore e poi essere tradotta da chi ci arriva primaMir per esempio di fronte al quale vedo sempre molte perplessite via dicendo. Una buona opera di spiegazione avrebbe portato pi avanti il mondo e via dicendoCapire, come recepire coscientemente, non vuol dire condividere.
Puoi capire e non condividere. Puoi capire e condividere. Capire viene prima e poi entra la tua sensibilit, esperienza ecc che ti porta a condividere nei gradi della tua sensibilit a recepire. Capire il primo atto razionale che ti collega al mondo e permette di avere percezione della tua realt vitale, chi sei e cosa sei nel contesto in cui sei. Qualcuno disse: conosci te stesso Poi la scelta di aprire le braccine verso ci che ti tocca, che senti, che ti stimola ecc ecc
Una volta la mia povera mamma guardandomi forte negli occhi mi disse : hai capito o no! E io tutto compito, agitando la testolina, dissi di si! In realt avevo paura di prendere degli scapaccioni e sul momento non seppi dire altro
Quando mi pass il timore cominciai a capire qualche cosa
Apprezzo personalmente quello che scrive, ma credo che oggi ci sia molta confusione orchestrata e micidiale e non sta scritto da nessuna parte che gli si debba dare credito. Io in arte, come in architettura mi fido di quello che vedo e che sento. Pu darsi che sia limitato, ma larte non va confusa con lo sperimentalismo e se qualcuno lo gabella facendo esercizio della retorica, io posso farci poco. La carenza critica di questa nostra societ non favorisce la selezione tra i valori, e allora che altro fare? Nella buriana c solo chi ci guadagna, ma non la societ.
La ringrazio per Bruciafoco
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7256
di Vilma Torselli
del 28/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Pietro, conoscendoti, frequentando il tuo blog ed avendo spesso dialogato con te, trovo il tuo commento del tutto pertinente con il tuo pensiero generale, con il tuo caratteriale pragmatismo, specie quando, in estrema sintesi, definisci larte non finalizzata allottenimento di uno scopo preciso.
Hai ragione su tutto, certo larte non ti ripara dalla pioggia e non ti d un tetto, unattivit senza un perch, una componente accessoria dellarchitettura.
Ebbene, devo dire che non ho mai inteso parlare dellarte in questi termini, tanto meno sostenere che pu aiutarti nella vita pratica o nel perseguire precise finalit o avere determinata importanza nel definire unarchitettura: non ho difficolt a convenire che tutto ci larte non lo pu fare (n lo vuole).
Tenendo conto che intendo per arte quella visiva, il punto da cui sono partita un altro: mi sono chiesta perch sia luomo di Lascaux che quello del terzo millennio siano cos affascinati da una cosa che li induce semplicemente a guardare, ad esercitare la vista. Naturalmente, tutto si pu guardare, un paracarro come un tramonto, ma larte usa un trucco accattivante e geniale, la bellezza, dotandosi di un significato estetico, un valore aggiunto costituito dal fatto di essere bella, nellaccezione pi ampia del termine e compatibilmente con le sue mille varianti nel corso dei secoli. Guardare, perch?
Voglio citare brevi parole di Adriano Sofri tratte dalla sua recensione di un libro di Semir Zeki ormai divenuto classico, La visione dallinterno (Bollati Boringhieri, 1999): Noi vediamo, dice Zeki, per conoscere il nostro mondo. (Ho visto dunque so, dicevano i greci: e la stessa radice in vedere e in idea). La premessa che gli artisti possono prendere in conto solo le caratteristiche della natura che il loro cervello attrezzato a vedere. Non avvertono i raggi ultravioletti, e dunque non li riportano sulla tela, bench i fisici sappiano indagarli. Le api, sensibili allultravioletto, potrebbero trasferirlo nelle loro opere darte - e magari lo fanno. Questa apparente ovviet, con la consapevolezza che la visione sia il pi efficace mezzo di conoscenza del mondo, , secondo Zeki, trascurata dai neurologi come dagli artisti. Si continua a pensare che la visione sia un processo passivo - unimpressione sulla retina, trasmessa da questa a una zona della corteccia visiva che la riceva e decodifichi, e non piuttosto un processo in cui il cervello specializzato interviene attivamente. Mirando la conoscenza ad astrarre lessenziale dai dati contingenti disponibili, il sistema visivo, dice Zeki, molto pi evoluto del linguaggio verbale, acquisto ben pi recente
Ora, il punto chiave mi sembrato proprio questo, il fatto che larte sia sopravissuta alla selezione che la natura opera abbandonando nel corso dellevoluzione le caratteristiche inutili e sia stata conservata tra le attivit che luomo continua a svolgere e perfezionare. Se vedere vuol dire conoscere il nostro mondo e la conoscenza del mondo vuol dire migliorare le possibilit di sopravvivenza della specie, allora tutto ci che migliora, affina ed arricchisce la nostra capacit di vedere (o guardare) inevitabilmente utile, sia al singolo che alla specie.
Larte quindi non ci aiuta a costruire una casa, ma ci aiuterebbe a migliorare la nostra conoscenza dellambiente-mondo, il che comunque correlato con le attivit che vi si collocano (compresa quella di costruirci la casa).
Sicuramente il discorso preso molto pi alla lontana di quanto il tuo pragmatismo vorrebbe, voglio dire che la necessit dellarte non sta nel guardare un quadro di Mir piuttosto che uno di Picasso per trarne un piacere fine a s stesso, ma nellesercitare una delle nostre abilit conservandola al meglio grazie allarte.
Pi o meno, cos la penso io
Un saluto
Vilma
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7255
di pietro pagliardini
del 28/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Vilma Torselli sa bene quanto io, nel mio caratteriale pragmatismo, sia lontano da una visione della realt e del mondo in genere impostata sulla neurofisiologia e, tanto meno, sulla psicanalisi. Certo, mi rendo conto che riferirmi a dati caratteriali e poi affermarne linconsistenza sia una bella contraddizione ma io la risolvo serenamente pensando, con convinzione, che certe contraddizioni rendano pi affascinante e completa la nostra vita. E poi una contraddizione logica non comporta necessariamente laffermazione di una non verit assoluta ma pu significare che i termini di confronto, o almeno uno dei due, siano sbagliati. Ma vengo al punto.
Non ho mai pensato che larte possa avere una funzione utilitaristica in se stessa in quanto arte; larte esprime certamente un bisogno e una necessit umana, se anche gli abitanti delle caverne, che avevano problemi ben pi pressanti e quotidiani dei nostri cui pensare, si sono messi a fare inutili disegni di animali sulle rocce. Laspirazione allarte qualcosa di simile allaspirazione al sacro, un modo per penetrare nel segreto della natura fornendo una risposta irrazionale a ci che rimane oscuro e dunque irrazionale. Pretendere di rispondere alla domanda perch larte come sperare di dare risposta alla domanda perch la religione. La domanda deve essere posta ma sapendo che non esiste la risposta definitiva possibile, e non perch qualunque risposta suscettibile di falsificazione, ma perch non potr mai assurgere a teoria falsificabile, tanto meno confermabile. Non siamo nel campo nella scienza e voglio proprio vedere la neurofisiologia, quando avesse raggiunto livelli di attendibilit e riuscisse a spiegare il come, che la risposta della scienza, cosa ci racconterebbe del perch. Quindi facile prevedere unattesa molto lunga, visto che le scorciatoie illuministiche o marxiane sulla religione hanno mostrato tutto il loro essere atti di fede esattamente simmetrici a quelli della religione, ma molto pi tristi e aridi.
Proprio per essere larte non finalizzata allottenimento di uno scopo preciso, il confronto tra il violino e ledificio, o lo spazio urbano, per quanto intrigante, non mi sembra del tutto pertinente. Si pu vivere senza violino ma non senza casa, come si pu vivere senza grandi domande sul chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo?, ma non si pu vivere senza la domanda come faccio a costruire una casa?. La componente artistica ovviamente presente in ogni forma di architettura, dato che, in fondo, per ripararci dagli agenti atmosferici abbiamo bisogno di ben poco, oltre a quattro mura e ad un tetto ma mi sembra che il passaggio e levoluzione continua dalla caverna aa che cosa non lo dico per non dovermi fermare a qualche decennio prima di oggi dato che oggi siamo al design, esprima pi che altro una componente simbolica e percettiva in cui larte centra ma espressa sotto forma di decorazione, di aggiunta anche utilitaristica tesa a migliorare la qualit del proprio ambiente di vita, che la casa e la citt.
Allora come sta, unaltra contraddizione? Larte utilitaristica oppure no? Continuo a credere (sottolineo credere) che larte non sia utilitaristica mentre larchitettura s. Continuo a credere che larchitettura abbia regole sue proprie, mutuate dalle forme della natura, con precise procedure costruttive molto razionali ma non razionaliste che non richiedono, anzi, gli effetti esaltanti della cocaina, molto utile e diffusa invece nellespressione artistica. Direi anche che larte unespressione prettamente individuale e individualista mentre larchitettura opera collettiva, sia nel senso che deve essere condivisa (o subta) dai suoi fruitori sia, prima di tutto, costruita da una molteplicit di soggetti, dei quali larchitetto solo uno anche se importante. Un buon disegno darchitettura un buon inizio ma non architettura, solo un buon inizio. Senza lopera dei costruttori larchitettura non esiste. Il termine cantiereesprime bene questo concetto.
Per questo Piazza del Campo, espressione collettiva di tanti gesti individuali, ci appare ed poetica. Per questo, sicuramente, le opere oggi esaltate hanno poco dellarchitettura, perch sono lespressione esasperata di un creativo che potrebbe anche lavorare sotto gli effetti di stupefacenti, tanto c qualcun altro, dopo, che ci pensa a fare larchitetto.
Pietro Pagliardini
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28/5/2009 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Per Pagliardini.
La domanda non perch larte ma esistono regole per produrre larte? Domanda teorica che ha tutti i requisiti per essere falsificata. E quindi confermata nella sua negazione.
Si pu vivere senza violino ma non senza casa. Nel suo eccessivo pragmatismo le sfugge che il violino non la musica e la casa non larchitettura. Violino e casa sono solo strumenti che si possono usare - bene o male - simultaneamente senza necessarie subordinazioni. Larte viene dopo e la sua realizzazione immune da priorit etiche.
La componente artistica ovviamente presente in ogni forma di architettura (bench) esprima pi che altro una componente simbolica e percettiva in cui larte centra ma espressa sotto forma di decorazione, di aggiunta anche utilitaristica tesa a migliorare la qualit del proprio ambiente di vita, che la casa e la citt. Allora come sta, unaltra contraddizione? Larte utilitaristica oppure no? Continuo a credere (sottolineo credere) che larte non sia utilitaristica mentre larchitettura s.
Mi pare che la contraddizione che anche lei ammette nella sua affermazione sia parecchio grossa per potersene liberare semplicemente riconoscendola. Oltretutto, la decorazione strumentale, come il violino o la casa di cui prima, per cui da sola pu accedere alla poesia senza necessit di appoggiarsi allarchitettura. La decorazione una cosa; larchitettura unaltra. La decorazione figurativa; larchitettura spazio.
Continuo a credere che larchitettura abbia regole sue proprie, mutuate dalle forme della natura, con precise procedure costruttive molto razionali ma non razionaliste che non richiedono, anzi, gli effetti esaltanti della cocaina, molto utile e diffusa invece nellespressione artistica.
Anche qui lei dice come costruire il violino, non la musica del violino.
Per concludere, credo che Piazza del Campo di Siena non abbia assolutamente seguito le regole che lei cita ma che, come spesso avviene anche per le scoperte scientifiche, sia una miscela di caso e determinazione, in cui, senza regole, lo spazio ha meravigliosamente riconciliato gli uomini con le contraddizioni del proprio tempo.
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7254
di Vilma Torselli
del 28/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Certo, Renzo Marrucci, sempre e solo secondo me, non ho verit apodittiche da proporre!
Non posso che invidiare le sue certezze e le idee chiare che ha sullarte, avendo oltre tutto un passato di scultore passato allarchitettura, peccato che non ce ne faccia partecipi.
In realt, se avessi voluto controbattere il suo primo commento con maggior precisione, avrei dovuto partire da pi lontano, e chiederle cosa intendesse per capire.
Infatti, parlando di arte visiva e preferibilmente di arte moderna, che per noi moderni dovrebbe essere la pi interessante, il verbo capire pi elastico che mai, almeno a partire dagli ultimi decenni dell 800. E allora che lavvento della fotografia comincia a mettere in crisi la possibilit di capire, quando nasce la pittura impressionista e il racconto, la narrazione, la rappresentazione realistica cominciano a sgretolarsi. Fino ad allora, nella stratificazione dei molti significati possibili di unopera, il racconto dei fatti, la raffigurazione mimetica della realt erano un punto fermo di comprensione immediata ed accessibile anche alle casalinghe di Voghera: limmagine, il paesaggio, le fattezze di un volto le capiscono tutti.
Ma quando ci si accorge che la fotografia pu raffigurare la realt (era stato questo, fino ad allora, lo scopo, seppure ingannevole, dellarte figurativa) meglio, pi fedelmente, pi rapidamente e a minor costo di quanto faccia la pittura, larte visiva piomba nel bel mezzo di una grave crisi di identit dalla quale non uscita ancora oggi.
Larte costretta a rifondarsi annullando il suo passato, cerca nuove motivazioni al suo stesso esistere e si volge allanalisi e alla rappresentazione dellanimo umano, delle passioni, delle pulsioni interiori (il contemporaneo Freud fa la sua parte!): nasce lespressionismo, che travolge come un fiume in piena regole e canoni, prospettiva, proporzioni ........ Certo, lanimo umano non si pu fotografare, non ci pu essere concorrenza, ma non si pu neanche raffigurare secondo liconografia classica.
Larte cerca nuove tecniche, nuovi mezzi e inediti linguaggi espressivi lungo itinerari creativi inesplorati, diventando aniconica, astratta, informale, in una inarrestabile marcia di allontanamento dalla figurazione che lha condotta oggi al concettuale pi radicale, dove non richiesta neanche la presenza dellopera.
Ecco, ora cosa c da capire? Che elementi abbiamo per capire il messaggio che lartista di oggi ci invia in modi talvolta criptici? E poi, cos importante capire, dal momento che non ci pu essere ununica, inequivocabile lettura di un concetto?
Cito ancora Gombrich quando dice: "Che rapporto ha l'arte con il sapere, che senso ha parlare delle possibilit di comprendere un capolavoro? Non sapremo mai che significato potesse avere per il suo creatore, perch anche ammettendo che ce ne abbia parlato pu essere che in realt fosse ignoto persino a lui. L'opera d'arte significa dunque ci che significa per noi, non c' altro criterio".
Mancando il racconto, eliminata la necessit della lettura razionale, ci resta come arma solo la nostra intelligenza emotiva per tentare di capire un messaggio che coinvolge direttamente il nostro emisfero cerebrale destro, che vuole trasmettere non pi unemozione suscitata da una realt narrata, ma lemozione in modo diretto, senza mediazioni di senso e di significato.
In questo territorio, ci si addentra con la mappa costruita in base alle nostre conoscenze e alle nostre esperienze precedenti [] - tuttavia - [......] con una bella espressione della Programmazione NeuroLinguistica possiamo dire: la mappa non e' il territorio, e ognuno di noi costruisce mappe diverse dello stesso territorio e anche mappe diverse da momento a momento, in base al nostro grado di attenzione, ai nostri bisogni, alle nostre motivazioni."
Nella sostanziale, soggettiva indeterminazione dellapproccio all'opera d'arte come sistema comunicativo dobbiamo mettere in conto infinite variabili nella decodificazione del messaggio che rendono quanto mai plurivoco il significato dellatto di capire. Per questo ho riconosciuto nel suo coraggio una dose di 'eroica' incoscienza!
ps 1: mi scuso per la didascalicit del testo, ma non sapevo come altrimenti farmi capire
ps 2: adoro Bruciafoco!
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7253
di Renzo marrucci
del 28/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Quando dico che l'arte utile non dico che utilitaristica e nella diffe
renza c' la spiegazione. Utile per vivere, pensare e essere nonostante tutto. Qualcuno ha detto che la bellezza salver il mondo... Si dice sempre qualche cosa per incoraggiare... io non lo so se lo salver perch c' sempre qualcuno che ti dice: ma quale bellezza? A me piacciono le cose tutte verdi o le cose gialle e rosse e come fai a discutere... Bisogna prima educare senza imporre... Conosco scultori che saldano tubi e profilati dell'industria e pensano di rappresentare il mondo. Pittori innamorati della pittura che non si sentono compresi...E via dicendo... ma spero gli faccia bene. Uno mi fece capire che non bello ci che bello ma che bello che bello che bello... Io dico che l'arte qualche cosa di infinatamente vitale che cerca relazione con l'intorno, con il prossimo che ami in una forma completa e totale... e ci permette di condividere partecipare e amare. Entrare nell'infinito delle cose e comunicarlo... e se non lo comunichi devi non capirlo perch allora sei condannato alla solitudine e alla sofferenza a prescindere dal valore... Ci non esclude che tu possa realizzarti lo stesso. Fare, l'arte un fare purissimo, decantante e trascinante quando riesci a comunicare i tuoi sentimenti e i tuoi pensieri e farli condividere. L'arte se arte unisce e non divide. La perdit di rapporto divide, la pazzia pu essere amata ma divide, la sensibilit unisce quando vera... L'ideale deve esser, per me, una fonte sincera e non una scusa...
Caro Giannino... leva l'ombre e non le mettere... ora spero mi capirai di pi.
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7251
di giannino cusano
del 27/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Caro Renzo, quando si parla di "inutilit" dell'arte credo che si intenda che l'arte non svolga una funzione eminentemente "utilitaristica".
Ci non toglie che l'arte abbia un ufficio nelle attivit umane, tanto che non si conosce civilt o et della storia priva di espressioni artistiche come non se ne conosce una che non abbia i propri modi di organizzarsi per il sostentamento (ativit utilitarie).
Non a caso l'articolo di Lazier conclude:
"Ma in generale concordo con Vilma Torselli e con lesigenza capitale di unarte inutile.
Pi inutile e sregolata , tanto pi ci necessaria."
il che mi pare perfettamente logico e condivisibile.
Ciao,
Eraclito
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7250
di Renzo marrucci
del 27/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Secondo Lei, gentile Sig.ra Torselli, appunto secondo Lei. Io, per quello che posso dirle, credo in quello che dico. Capita di cambiare o perfezionare posizione e sentimento di fronte a certe opere, certo, la vita corre e anche noi andiamo dietro a quello che amiamo.
Ho un idea chiara di quello che Arte. Su poche cose credo di avere chiare le idee, ma capita che questa mi sia congeniale. Mio padre era un artigiano, mio zio faceva l'animalista in bottega con il mio babbo. Son cresciuto tra i loro piedi, mettevo le mani sui ritagli di pietra sin da quando ero bambino, che per questo ora sono cosparse di ricordi e cicatrici. Lasciai la scultura per andare a studiare architettura a Roma.
Che cosa sar l'arte per me? Non che la possa interessare tanto, ma io lo so! Sar incosciente? Ma che bello, che bello, che bello! Constatando quelli che oggi non so se si ritengano veramente coscienti... mi sento sempre meno incosciente...
Una volta incontrai per strada a Volterra, dove sono nato, Bruciafoco, che era un signore ricoverato ma sempre in uscita dall'ospedale psichiatrico, che girava per le strade di Volterra e senza inibizione alcuna rimproverava pi o meno tutti, eccetto bambini e le ragazze. Avevo ventidue o pi anni e quella volta mi vide, si avvicin a me con fare amichevole e mi disse : te! con codesta faccia vedrai... e c posto anche per te! Io li per l rimasi perplesso, era noto per le sfuriate che faceva e se anche venivano prese come barzellette facevano un certo effetto, ma questa volta con una brusca tenerezza che mi stup...e mi fece riflettere... Scene vive per le vie di Volterra. Teatro della vita.
Ora anche lei mi da dell'incosciente... ma non avr un po dell'anima di Bruciafoco? Che ora ci guarda, dal suo posto lass...
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7249
di vilma torselli
del 27/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Secondo me, egregio Marrucci, bisognerebbe a monte di tutto stabilire cos larte e quindi dove e come dobbiamo cercare la sua eventuale utilit.
Ma anche preso per buono che sia/possa essere utile, lei dice bisogna imparare a capirla necessariamente, una affermazione che affronta con coraggio e forse un po di incoscienza uno degli interrogativi pi sibillini della storia delluomo (e dellarte) dopo i classici "chi siamo? da dove veniamo? dove andiamo?": capire larte possibile? E soprattutto necessario?
Perch per decidere se possibile capire bisogna anche decidere se possibile spiegare, e quindi se possibile stabilire una relazione univoca tra spiegare e comprendere, condizione che sola pu rendere feconda l'opera di decodificazione di un linguaggio, nella fattispecie quello artistico, secondo un 'senso', quest'ultimo inteso come categoria comune e unificante tra chi spiega l'arte e chi la capisce.
Se poi si ricorda ci che afferma Gombrich, che cio non esiste una 'cosa' chiamata arte (lui aggiunge che esistono solo gli artisti), e che "l'opera d'arte significa dunque ci che significa per noi, non c' altro criterio", lei vede come le cose si complichino e come appaia difficile sia capire che spiegare.
Quanto poi al fatto che larte sia utile quando segue un percorso serio, lineare, e non si rivolge alla sola elite, mi sento con tutta tranquillit di dire che: 1) larte non pu n vuole seguire un percorso n serio n lineare (basti pensare ai movimenti avanguardisti del 900 che della non-linearit fanno la loro bandiera). 2) larte non pu n vuole rivolgersi n ad una elite di intellettuali n alle casalinghe di Voghera, queste categorie sono semmai nelle intenzioni dei critici darte, non degli artisti, larte si rivolge, come lei giustamente afferma, agli uomini in senso lato, di ogni forma e colore, lingua o vissuto.
Perch larte emozione (la vibrazione di cui parla Lazier nel suo articolo), prima di tutto com-passione, empatia, intuizione, ed anche se sembra alla moderna neurobiologia che la fruizione estetica abbia basi biologiche comuni e reali (il che spiegherebbe perch tutti o quasi provano sensazioni simili davanti allo stesso capolavoro), ci avviene in un cervello che diverso per ogni uomo, ed anche nello stesso uomo in momenti differenti: pensi dunque come pu essere arduo 'spiegare' o guidare con opportune 'istruzioni per l'uso' un percorso cos aleatorio e indefinito quale quello dell'emozione.
Perch larte irrazionalit, abdicazione a quella che Lazier chiama la propria struttura logica e culturale, , paradossalmente, labbandono di una precisa coscienza artistica, spericolata incursione nelle aree di conflitto e contestazione delle regole comuni
una volta spiegato e capito, l'irrazionale non sarebbe pi tale ...... e l'arte, una volta spiegata, continuerebbe ad essere arte?
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7248
di renzo marrucci
del 27/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Arte sempre utile.
Bisogna stabilire che cosa si intenda per utilit. Non cos scontato dal momento che ci sono pubbliche vendite e pubbliche dimostrazioni e che anzi lesercizio dellattivit culturale e visiva oggi si esprima e divulghi in cos tante forme
Si pu ancora affermare che oggi l'arte sempre utile a qualcuno e in tutti i sensi.
Per il resto bisogna imparare a capirla necessariamente. Ne ho viste e sentite di tutti i colori e anche in bianco e nero riferendomi ad esperienze, in questo settore, sino ad oggi e osservo le nuove cose con divertente curioso interesse sapendo dove fermarmi.
C da credere che abbia dato pi contributo, per esempio, Gianna Nannini, con il cantare i maschi innamorati confondono le curve di Mir Di tanti saggi di storici e critici dellarte oggi, per la comprensione del suo mondo fantastico e creativo
Come Montanelli nella storia facendo innervosire i parrucconi dei vari istituti di storia. Capire la cosa pi importante oggi. Larte utile in quanto ci insegna che c sempre un modo migliore per capire e far capire avendo rispetto degli altri, e mi riferisco agli uomini in senso lato, di ogni forma e colore, lingua o vissuto.
Larte utile quando segue un percorso serio, lineare, e non si rivolge alla sola elite. Quanto che mai oggi tranne limbecillit che utile solo a sprazzi e talvoltanasce dalla esigenza di comunicare al mondo. Comunicare appunto e non necessariamente solo morte ed infelicit, sofferenza e vita e felicit e tutto il resto che sia parte del vissuto delluomo e del suo pensiero e della sua storia in rapporto a se stesso e al mondo. Larte questo e per questo un fatto fondamentale di civilt studiarla e farla studiare. Non solo migliorer il mercato dellarte ma anche luomo e tutta la sua societ.
Appunto larte utile pi che mai oggi....
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7243
di vilma torselli
del 26/05/2009
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Utilit e inutilit dell'arte
di
Sandro Lazier
Grazie, Sandro, dell'attenzione al mio scritto, e grazie soprattutto per l'interpretazione acuta e pertinente del suo senso, trovarti d'accordo mi di grande conforto!
Divertente il siparietto Lazier-Libeskind che ci offre una versione umanizzata di una indiscussa archistar spaesata in quel di Alba e riportata ai livelli di assoluta normalit di un turista qualsiasi, forse anche un po' rintronato da insolite degustazioni e dalla temperatura insostenibile di "una piattaforma tipo bolla" poco confacente al clima di questi giorni.
Ogni esperienza ci lascia qualcosa, Libeskind se ne ricorder certamente!
Vilma
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7232
di giannino cusano
del 22/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Caro Renzo, hai scritto
"Elucubrazioni caro Giannino, elucubrazioni... solo elucubrazioni poco chiare e molto ombrose. Ombrose appunto perch poco chiare... "
con questo caldo, un po' d'ombra non guasta :)
A ogni buon conto, d'ora in avanti mi firmer Eraclito (detto "l'oscuro")
Ciao,
Eraclito - Giannino
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7231
di Renzo marrucci
del 22/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Elucubrazioni caro Giannino, elucubrazioni... solo elucubrazioni poco chiare e molto ombrose. Ombrose appunto perch poco chiare...
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7230
di giannino cusano
del 21/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Caro Zappal, mi pare perfettamente legittimo il suo entusiasmo per Fuksas. Mi pare altrettanto legittimo che ci sia chi non lo condivide. Personalmente, penso che Fuksas non abbia senso della "forma" e che la "nuvola " sia un pasticcio, da questo punto di vista. E', del resto, legittimo che un sindaco lo chiami come consulente per la ricostruzione (e non certo del solo centro storico, dal momento che sono state colpite zone periferiche e che il tema de L'Aquila a me pare pi vasto di quello del solo centro storico) ma altrettanto legittimo essere critici per questa scelta, se non la si condivide. E senza dover per questo sentirsi dare degli imbecilli.
Il punto non questo, a mio parere, ma coinvolge quella che qualcuno ha chiamato "l'altra tradizione". (quella organica, nell'accezione pi ampia del termine), ormai quasi totalmente negletta e rinossa nel contesto odierno. E' in nome di questo, mi pare, che alcuni criticano la scelta del sindaco de L'Aquila: in nome di un amore diverso: con una scelta oggettuale differente.
Non c' dubbio, dal mio punto di vista, che nel contesto globale attuale si sia creata una situazione per cui alcuni architetti (detti "archistar", termine che non mi piace e tendenzialmente non uso) vivono ormai di rendita, di una spinta inerziale sulle cose fatte, monopolizzando di fatto (o costituendo in oligopolio) la domanda e l'offerta mondiali di architettura e di fatto il concetto stesso di "modernit". Non c' dubbio, per, sempre dal mio punto di vista, che architetti validissimi e creativi come, ad esempio, Lucien Kroll siano totalmente emarginati. E' un fatto; come un fatto che Kroll non cos fotogenico. Ed un fatto che l'immagine stia surrogando l'architettura: intendo "vissuta" e fruita "in diretta".
Allora, sempre per me: benissimo Hadid e quant'altro, ma se la massima parte degli interventi di una certa importanza sono ormai galvanizzati dalla produzione serializzata di immagini patinate, da architetture "da bere" prima che "da vivere", forse qualcosa non funziona e forse qualcosa si inceppato nella pluralit di possiblit e scelte che siamo in grado di mettere in campo. E questo, a mio modo di vedere, sempre un segnale preoccupante. Ed bene, per me, che ci sia chi preoccupato, si chiede perch e confuta quelle scelte.
Non ho mai ragionato in termini di "buona-" o "malafede": non m'interessa. Da laico, si tratta di categorie che volentieri lascio ai gesuiti e alle loro (immoralissime) "direzioni di intenzione". Dunque non mi interessa discutere in termini di frustrazione o di invidia. Benissimo la faziosit, se sa riconoscere e onorare quelle altrui. Sminuire, per quanto con i pi nobili intenti, con simili argomenti i propri avversari non migliora certo le motivazioni di chi lo fa. Abbassa solo il livello del confronto e deteriora e svaluta anzitutto le ragioni di chi mette in campo simili discorsi.
Il problema non "vincere" con argomenti purch siano: difatti, ci sono sconfitte onorevolissime e vittorie e successi che non lo sono affatto. Il problema, a mio avviso, cercare di capire in che realt viviamo. Perch l'arte (architettura inclusa) insieme percezione della realt e immagine del possibile. E se le opzioni si riducono a una o a un paio, e a formule bell'e pronte, il dubbio che qualcosa di fondo non quadri a me viene. A lei no?
Cordialmente,
G.C.
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7228
di renzo marrucci
del 21/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Car Zappal, nessuno gli nega di credere alla politica dei premi e delle menzioni che gratificano soprattuto chi le d o qualcuno o qualche cosa d'altro dietro... Ma lei per quello che mi riguarda uno che crede ai premi e comunque e per fortuna libero di crederci e dischienarsi dove vuole... Che vuole il mondo vario e la coda lunga...
Ha mai visto lei dove girano i denari? Quanta spontaneit e creativit...
Ma che bellezza ! he! Zappal ?
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7227
di maurizio zappal
del 21/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Era molto libero Wittgenstein, quando pens che se non si ha nulla da dire meglio tacere!
O altrettanto, Non temer mai di dire cose insensate [sciocchezze!]. Ma ascoltale bene, quando le senti! E ancora, Il mio scopo quello di insegnarvi a passare da un'assurdit mascherata a quella che palesemente tale! Oppure Le nostre pi grosse stupidaggini possono essere molto sagge!
Certo, Lei Lazier , dir senzaltro che Wittgenstein era uno sciocco o meglio che io non sono Wittgenstein ma sono certo che Lei non Fuksas!
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21/5/2009 - Sandro Lazier risponde a maurizio zappal
Mi spiace deludere la sua sprovveduta perfidia ma, circa Fuksas, confermo entusiasticamente le sue certezze.
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7223
di giannino cusano
del 20/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Pagliardini, lei sta certo argomentando in risposta a qualcuno, ma non si capisce a chi. di sicuro, non a me.
Ho spiegato e rispiegato il mio punto di vista, ora basta: penso che chi ci legge abbia compreso benissimo. Poi, si pu essere d'accordo o meno; ci mancherebbe. Mi preoccuperei del contrario :)
Saluti,
G.C.
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7222
di maurizio zappal
del 20/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Nella cornice della terza edizione della "Medaglia D'Oro all'Architettura Italiana", ospitata presso la Fondazione Triennale di Milano, stata assegnata la "Medaglia d'Oro all'Opera" a Massimiliano e Doriana Fuksas per il progetto Zenith Music Hall di Strasburgo, che con i suoi 10.000 posti a sedere, considerata la sala da concerti piu' grande d'Europa. Gli architetti Fuksas hanno inoltre ricevuto la "Menzione d'Onore - Spazi e Infrastrutture Pubbliche", per il progetto Complesso Parrocchiale S. Paolo di Foligno. Luned 18 maggio 2009 alle ore 11.30 alla Triennale di Milano si svolta la premiazione della Medaglia dOro allArchitettura Italiana 2009 e sono stati assegnati i premi speciali e le Menzioni dOnore. La Triennale di Milano con la PARC, Direzione Generale per la qualit e la tutela del paesaggio, larchitettura e larte contemporanea, ha bandito la terza edizione del Premio Medaglia dOro allArchitettura Italiana, evento con cadenza triennale che intende promuovere e riflettere sulle nuove e pi interessanti opere costruite nel Paese e sui protagonisti che le hanno rese possibili.Sin dal 1923, anno di istituzione della Prima Esposizione Internazionale delle Arti decorative con sede presso la Villa Reale di Monza, la manifestazione venne accompagnata e solennizzata con lassegnazione, agli espositori, di premi e medaglie che testimoniassero la qualit dei prodotti e dei lavori presentati. La Medaglia dOro allArchitettura Italiana punta alla promozione pubblica dellarchitettura contemporanea come costruttrice di qualit ambientale e civile, e insieme guarda allarchitettura come prodotto di un dialogo vitale tra progettista, committenza e impresa e si pone come riflessione attiva sul ruolo del progettista e delle sue opere puntando alla diffusione pubblica in Italia ed allestero di un nuovo patrimonio di costruzioni e idee e insieme verificando periodicamente lo stato della produzione architettonica nel Paese, gli indirizzi, i problemi ed i nuovi attori.
Bene, tutto ci pari pari riportato dal sito della triennale e da channelbeta.
Lor signori che avete grandi curricula e opere realizzate, certamente , da fare invidia a Fuksas non vi sentite un p ridicoli nel vostro parlare apparentemente profondo e "salottiero" tutto insensato, uno scorrere di titoli da matre penser?Ah la libert della rete! Tante volte credo che sia stata la scoperta (la rete!) per frustrati e "ignoti". Insomma siete un'entrata sleale e scadente su Cristiano Ronaldo!
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20/5/2009 - Sandro Lazier risponde a maurizio zappal
Zappalà, se non le piace la libertà in generale - e quella della rete in particolare - basta evitare di praticarla. La rete è piena di sciocchezze, della triennale e sue. Basta saper scegliere. La libertà, tutto sommato, è questo: poter scegliere.
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7219
di vilma torselli
del 20/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Allora, signor sindaco, se ho capito bene lei delinea due vie alla ricostruzione, entrambe pericolose e nefaste: una che fa del territorio un palcoscenico per le sperimentazioni selvagge di un manipolo di vanitose archistar "che spesso supportano quelle holding immobiliariste ammantando con accattivanti messaggi figurativi grandi operazioni di speculazione", l'altra, altrattanto temuta, che sbriciola la torta tra un nugulo di archigeometri "incolti tecnici allo sbaraglio che, brandendo una abilitazione professionale dalle incerte origini, occupano quelle posizioni che il mercato delledilizia e dellurbanistica ancora lascia per le loro attivit".
Come sempre, sta nel mezzo una via virtuosa, quella che vedrebbe impegnati silenziosi operatori culturali e centinaia di piccoli architetti che sarebbero in grado di fare presto e bene.
Forza, signor sindaco, nomi, cognomi, referenze, curricula ....... lei, la sua giunta, i suoi elettori, la sua ventennale esperienza ..... cosa vi impedisce di farvi sentire ed imporvi? Al di l delle lamentele e delle catastrofiche previsioni, Il potere politico siete voi!
Quanto a Sgarbi, che lei cita ad esempio ma che di architettura non che ne capisca molto, specie di quella moderna, direi che si sempre dimostrato talmente prevenuto 'a prescindere' verso il nuovo che il suo parere, fatta salva la facile presa del suo accattivante eloquio, oggi totalmente squalificato.
Saluti ed auguri
Vilma Torselli
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7218
di pietro pagliardini
del 20/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Gianni Cusano, ora mi tira fuori i templari, Leonardo e quant'altro: ma lei davvero vuole confondere le acque!!!
Non siamo mica in TV con il mago che tira fuori il coniglio dal cappello, dato che nel suo commento non faceva affatto riferimento alle strampalatezze in cui i vari assessorati alla cultura e le pro-loco eccellono ovunque, quanto, semplicemente e genericamente ai palati facili dei turisti generici di fronte alle nostre belle citt (storiche), visto che quello era l'argomento e non l'esoterismo imperante o che altro.
Ma voglio ammettere che lei lo pensasse davvero quando l'ha scritto e le rimasto in mente piuttosto che andare in tastiera.
In questo caso devo desumere che lei apprezzi i normali turisti, che immagino abbiano il livello culturale medio degli italiani. E immaginiamo anche che i vari assessori rinsaviscano, lascino perdere fantasie esoteriche e Leonardesche e si dedichino a ragionevoli attivit culturali legate al territorio o comunque pertinenti con la cultura artistica o tecnica locale.
Crede lei, a queste condizioni, che un bell'edificio di Fuksas nel centro storico de L'Aquila sarebbe la scelta giusta? Non le viene il dubbio che farebbe il paio con i templari dato che entrambi sono almeno fuori contesto? Perch critica i templari, che non c'entrano niente e apprezza l'astronave di Fuksas nel centro storico, che c'entra di meno?
Sono certo che avr colto la palese affinit tra le due scelte.
Quanto al fatto che a lei piaccia o non piaccia Fuksas, mi sembra del tutto irrilevante per l'oggetto del nostro discorso, dato che qui non parliamo dell'opera omnia di un architetto, ma di un Fuksas nel centro storico di L'Aquila, non altro.
La pianificazione. Intanto le dico che non ho la pi pallida idea di quali colori siano le varie giunte Lucane, n comunali n regionali. E' una mia ignoranza ma non sto a seguire la politica delle migliaia di comuni italiani. E anche sulle regioni...non sono ferratissimo, dato che mi basta e avanza la mia. Ora, il termine "pianificazione", usato da un architetto, non un termine qualsiasi ma , per l'esattezza, una scoria.
Lei potr citare tutti i padri nobili che vuole ma il mio giudizio era sul termine e sul tono usato dal figlio.
Quando un architetto (perch io immagino che lei sia architetto) adopera la parola pianificazione, generalmente ha una visione dell'urbanistica che pretende di voler governare tutti i processi territoriali, economici e tutte le dinamiche sociali e comprenderli in un piano del quale l'architetto, chiss perch e con quali competenze, il demiurgo.
Le parole, certe parole, hanno un significato preciso e lei non pu fare finta di non saperlo. Gli architetti-urbanisti che parlano di pianificazione generalmente fanno un mestiere altro da quello che dovrebbero fare e, in genere, hanno un retro-pensiero che vede la presenza dello stato in maniera poderosa nei processi socio-economici. A me sembra che di stato ne abbiamo anche troppo in questo paese e, in genere, non ha mai dato buona prova di s. Siamo abbastanza stufi di architetti che pianificano e, a forza di pianificare, ci hanno lasciato le meraviglie che sappiamo.
E se anche lei fosse "in buona fede" come si dice e pensasse ad una roba seria (non fatta perci da architetti) inutile andare a cercare esempi stranieri perch, se non se ne accorto, siamo in Italia, dove, ad ogni pianificazione si formano svariati Enti i quali servono solo a distribuire denari ovunque fuorch dove servono. Se non si reso ancora conto di questo sar il caso che si aggiorni e si guardi in giro.
Ma, dato che il tema ricostruire L'Aquila e tutto il ragionamento parte da un articolo in cui si parla di Fuksas chiamato dal Sindaco di quella citt per il centro storico, e ripeto centro storico (di questo ha parlato quel geniaccio del Sindaco), mi fa la santa cortesia di spiegarmi cosa c'entra la pianificazione in tutto questo? Mi spiega perch ricostruire un centro storico "com'era e dov'era" dovrebbe portare alla rovina gli aquilani e gli abruzzesi in genere?
I casi sono due: o lei andato oltre le sue intenzioni e si figuri se io ho problemi a non capire che in internet capita a tutti, oppure quella era la sua intenzione, nel qual caso riconfermo in pieno la mia diffidenza e il sapore tutto retr di questo modo di pensare (ha visto, ho usato retr, cos non si arrabbia).
Saluti
Pietro Pagliardini
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7217
di Renzo marrucci
del 19/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Io credo che bisogna darsi una calmata con questi architetti, andrebbero ridimensionati e invitati a vedere e capire meglio la societ vivendo di pi nelle loro confortevoli abitazioni e meditare... sono strapieni di lavoro e lo svolgono in modo che non da ritenere accettabile nella societ di oggi. Bisogna ridare fiducia alle forze interne e alle generazioni locali. Bisogna finirla di favorire i grossi che sono solo grossi e non hanno nulla da darci in pi di quello che potremmo avere rilanciando un professionismo diffuso serio e coerente con il territorio. Globalit per chi non ha identit ma non per chi, come noi, in italia, l'identit un pregio di cui andare orgogliosi, a cui necessario ispirarsi e sviluppare ricerca. Occorre pensiero e ricerca vera e solo con il professionismo libero oggi possibile rilanciare la ricerca.
Non sono in sintonia con la faciloneria morbida e possibilista... che ricerca il capolavoro del genio preconfezionato dalla TV O DA CAMPAGNE DI PESSIMO GIORNALISMO PRECONFEZIONATO come una sorta di CATARTICA medicina terapeutica DEL GUSTO formato nello sperimentalismo acido di tecnologia e astrusit di superficie... non credo alla strategia spottistica delle archistar che taluni baggiani identificano come una sorta di sperimentalismo liberatorio mentre invece... mentre invece asservimento vero e distaccato alla tecnologia per la tecnologia. Asservimento a mentalit immobiliaristica e economica che specula sulla crisi della citt.Che non si interessa dei bisogni umani ma che ricerca clamore con artificio patinato e folcloristico. Inutile dirti che la tecnologia di questa gente funzionale ad una certa sperimentazione virtuosa e citazionista che fa la ribalta di un mondo superficiale e pericoloso per il cittadino e per la nostra cultura umana.
I consulenti archistar non servono per fare spettacolo dove lesigenza reale e contingente, ma per fare spettacolo montato ad arte, funzionale alle campagne elettorali sulla povera gente. Mi riferisco alla gente che essendo in crisi di senso critico , anche a causa del trauma del terremoto, pu credere si possono risolvere i problemi con la bacchetta ed il cilindro nello spettacolo in citt, e poi lasciando alla vita di rivelare unimmancabile squallido senso del futuro.
.
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7215
di giannino cusano
del 19/05/2009
relativo all'articolo
La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
PS - to Pagliardini
ripeto per l'ennesima volta : NON SONO UN AMMIRATOREN DI FUKSAS. Come devo dirlo? In aramaico ? Il planning c'entra eccome: si pu prefigurare "per induzione" , con progetti (urbatetture) che abbiano un campo di elaborazione sufficientemente ampio e comprensivo. Il che non implica necessariamente megastrutture o cose del genere. E mi pareva di aver fatto un esempio comprensibile, sulla Lucania post-terremoto. Ma Byker (anche se solo di 9000 abitanti) un esempio metodologicamente altrettanto incisivo. Se vuole una lista di esempi, gliela mando volentieri con la bibliografia su New Deal & affini :)
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7214
di giannino cusano
del 19/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Pagliardini scrive:
""Turisti dal palato facile": evidentemente Giannino Cusano preferisce architetti dal palato fine tutti in visita osannanti e plaudenti alla nuova L'Aquila di Fuksas!"
e su questo punto prendo atto di non essermi, forse, spiegato bene: in queste guerriglie ideologiche e sostanzialmente fessoidi, ma proprio abbondantemente fessoidi, scattano riflessi pavloviani terribili e non intendo lasciarmici coinvolgere. . Ma proprio per questo, vediamo di chiarire: quando parlo di "turisti dal palato facile" intendo persone alle quali viene venduto per "storia" un mix ributtante di luoghi comuni e semileggende "fantasy" spacciate per documenti di cultura. E' quello che rischia di accadere, per es., ad Acerenza, dove si tenta di accoppiare innaturalmente alla storia della locale Cattedrale romanica il mito dei Templari (dei quali non c' traccia alcuna n documento storico in tutta la regione) spacciando il tutto per "verit storica" e facendo di tutto ci un polpettone ributtante e avvelenato per mungere finanziamenti pubblici (complice, probabilmente, qualche capetto politico della Regione) o quello di un non meglio identificato "Leonardo" che sarebbe stato rinvenuto in cirostanze non meglio chiare in loco e sul quale non si riesce a sapere nulla di pi, bench sbandierato ai 4 venti come il ritrovamento del secolo. Voyager ci andrebbe sen'altro pi cauto.
Voglio dire, caro Pagliardini, che quando della storia e della cultura si fa un uso tanto disinvolto e buffonesco, fino a svilirle e a svenderne l'aroma artificiale e fino a rasentare operazioni di recupero in centro storico di dubbia correttezza persino filologica, si rende un pessimo servizio alla collettivit (ai contribuenti) e per giunta col loro danaro.
Ora, Pagliardini, per puro caso a me interessano i contenuti, non chi li propone. E infatti la giunta regionale lucana, parzialmente coinvolta nell'operazione mistificatrice, di centro sinistra: eppure, a suo dire, sarei un "comunista" . E non a caso, la mia amica "A." (che non nomino perch non gradisce) una valente (e nota in campo europeo) storica medievalista lucana, con centinaia di pubblicazioni serie e documentate, politicamente di area di centro destra (guarda un po'!) incazzatissima e impegnata a smascherare l'operazione non per ragioni politiche ma perch, nota e stimatissima anche negli ambienti degli Annales francesi, non ne pu pi di andare per Convegni europei e sentirsi ogni volta sfottere con risolini ironici "be'? che avete scoperto di nuovo, 'stavolta, sui Templari in Basilicata?"
Ecco l'uso distorto del passato al quale mi riferivo parlando di "recuperi" per turisti dal palato facile: scadono nel brand anch'essi, se non inquadrati in una solida prospettiva.
Se lei sta ancora all'equazione "pianificazione (o planning ovvero programmazione) = comunismo (o NEP staliniana)", la informo che rimasto indietro di almeno 80 anni. Se tanto digiuno di, si informi. Se vuokle le mando un'ampia bibliografia. Nel frattempo, sulla netta distinzione e disgiunzione "liberismo/liberalismo" e non pregiudizialmente a sfavore dell'intervento pubblico in economia, pu leggere alle pagg. 263-267 il saggio "Etica e politica" (ed. Laterza, Ba). Il saggio di quel noto leninista e mangiatore di bambini noto come Benedetto Croce, mio principale maestro e riferimento dall'et di 16 anni assieme a Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi e Piero Gobetti. Tutti pericolosi leninisti. .
E giover certo rammentarle la frase: "il mercato non soddisfa bisogni ma solo domande" di quell'altro Che Guevara di Luigi Einaudi.
Sul resto del suo commento, stendo un velo pietoso: se lei non arriva nemmeno a capire che politiche di planning e riequilibrio territoriale sono politiche produttive e largamente adottate da decenni in paesi a democrazia liberale e parlamentare come USA, UK, Francia, paesi scandinavi, Germania occidentale, Olanda ecc. e che queste servono a creare sviluppo sociale ed economico, se la prenda solo con Pagliardini.
Ma sono fiducioso che prima o poi lo capir, con un po' di applicazione. Nelle more, intanto SI INFORMI ! come diceva Tot :).
Un saluto,
G.C.
Non solo, ma crede ancora alla "pianificazione", proprio quella vera, con le decisioni del piano quinquennale e con tanto di soldi veri! Quella, la informo, rimasta solo in Cina, dove vanno alla grande con l'economia ma con i diritti civili e sindacali non stanno messi troppo bene.
E cos, con la pianificazione, invece del dov'era com'era, la Lucania sarebbe risorta!
Per, per fare la Cina non bastano mica i comunisti al potere, ci vogliono anche i cinesi. Quindi non mi sembra esportabile la pianificazione in Lucania e, per questa volta, il comunismo dovr restare in un solo paese, al massimo due.
Scusi Cusano, ma cosa c'entra il dov'era com'era con l'emigrazione?
Mi sembra ch
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7213
di giannino cusano
del 19/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Caro Renzo, credo che il sindaco de L'Aquila abbia chiamato Fuksas come consulente, o come coadiutore nel coordinare interventi e azioni, non come progettista unico e totalizzante. Fuksas ha indubbia esperienza di interventi a scale non proprio minute. Poi, certo: se ne pu discutere.
Uno come Piano, a mio parere, avrebbe offerto maggiore duttilit e inventiva di strumentazione, e certo questo di mettere insieme energie plurali (locali e non) per focalizzare obiettivi e metodiche un ruolo nel quale Bruno Zevi sarebbe stato imbattibile, ma le sedute spiritiche raramente danno esiti..
Se, poi, in Italia avessimo istituito o ci decidessimo una buona volta ad istituire delle "Agencies" governative ad hoc per il "planning" (non uso il termine, del tutto equivalente, di "pianificazione", altrimenti i soliti male informati di cui pullula il Paese mi danno dello stalinista) sarebbe l'optimum. E forse a L'Aquila si ancora in tempo.
Ma , tutto sommato, quelllo che il Sindaco tenta di fare, credo. Almeno, con una certa approssimazione: vedremo.
Il planning si pu incardinare anche partendo dall'architettura e dal basso, non necessariamente da grandi disegni onnicomprensivi che quasi mai funzionano. Un po' a spizzico , insomma, o per "trial and error", come sosteneva quel maoista integralista e fanatico di Karl Popper ;)
Un caro saluto,
G.C.
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7212
di renzo marrucci
del 19/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Caro Giannino io non ho nessun dubbio che una pianificazione sia necessaria all' Aquila soprattutto per non addizionare volumetrie a caso. La tua riflessione in s io non la contesto. Sono indignato che il sindaco di Aquila pensi in questa fase ad un architetto specifico... E di quel tipo...Perch? qualcuno mi spieghi il motivo della scelta... E' arrivato un Angelo notturno o diurno? Se qualcuno non lo vuole spiegare a me... poco conto... lo spieghi a tutti! forse anche meglio. Come riflessione mi pare allucinante e di poca levatura culturale e sociale... e mi fa
molto temere sul futuro dell'Aquila. Pensare a fuksas per le scelte urbanistiche mi pare allucinante (stavo per scrivere alluvionante ma ci poteva stare). Se proprio gli vuoi far fare qualche cosa dagli da fare
un albergo o una pista da ballo turco cipriota oppure qualche ninnolo volatile in qualche piazza nuova... ma che per favore che non siano nuvole... che se ne pu pi e poi non le sa fare... quelle belle son tutte lass...
Io credo che occorra scrivere poco ma bene e chiaro a costo di essere stringati e specialmente su questo mezzo interessante ma con proprie specifiche condizioni. Direi che lo strumento offre un ottimo esercizio per arginare e contenere la retorica vuota e elugubrante che magari molti architetti ,e non solo, abusano, e in altre realt ci vanno a nozze. Ma sono mie idee e rispetto pertanto le altre...
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7207
di giannino cusano
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Caro Renzo Marrucci, temo che ti sia sfuggito un passaggio. Scrivi, infatti:
Si dovrebbero risparmiare elugubrazioni pseudointellettualoidi di fronte alla chiarezza del sindaco dell'Aquila. Ancora una volta un sindaco che ha capito tutto, speriamo che chi ha fatto promesse abbia il coraggio di mantenerne almeno un p. Fate ricostruire ad architetti locali, fate con corsi seri semmai... ma tenete fuori per cortesia pseudo cervelloni spottizzati... fate della vostra terra orgoglio per ricostruire e ridare dignit ai suoi abitanti e non altari pubblicitari di sacrificio per la vostra vanit.
Abbiate fiducia nei vostri concittadini e dategli la voglia di rifare con le loro mani.
Non so se ti chiaro, forse andavi di fretta, ma il sindaco de L'Aquila non si chiama Vito Corte (autore dell'articolo "L'Aquila non roba da Archistar") ma Massimo Cialente e ha appena invitato Fuksas a collaborare per ricostruire la citt. Ora, non mi pare un'idea da cestinare a priori, bench io non sia tra gli estimatori di Fuksas.
In mancanza di un serio inquadramento territoriale, procedere prefigurando urba-tetture a me pare una soluzione interessante perch consente di operare a scala pi ampia "induttivamente", di fare il piccolo pensando al grande. Non illudiamoci che col rinnovo urbano e con la crescita "zero" sia morta la pianificazione: tutt'altro. E' un errore che la cultura architettonica ha commesso a partire dagli anni '70 e che sta pagando carissimo ancora oggi. Modifichiamo pure il metodo, ma non perdiamo di vista gli obiettivi.
So bene cosa vuol dire "ricostruire" senza porsi altri problemi (quelli che chiami con disrezzo "elucubrazioni") e ti assicuro che la resa allo statu quo non una soluzione ma l'autocelebrazione della sconfitta. La mia regione, la Lucania (o Basilicata) nel solo anno passato ha perso 9000 abitanti per emigrazione, passando da 600.000: a 591.000 a fronte di una spesa complessiva per tutto il bacino irpino-lucano di 50.000 miliardi di lire per inutili infrastrutture e zone "industriali" fantasma per ladrocinio manifesto di soldi e contributi.
50.000 mld di lire: quanto l'Europa dette pochissimi anni dopo alla Russia per aiutarla a rilanciare la sua economia. Questi sono i risultati del "dov'era e com'era" invece del coraggio di elaborare un rilancio dei comuni terremotati. E ora si brandizzano i centri storici residui, ridotti a simulacri di una vita che non c' quasi pi, vendendo bufale in luogo di storia e cultura, a turisti dal palato facile. Sono le conseguenze dell'incapacit politica di pensare con un po' di lungimiranza e di inventiva. Non c'era, infatti, alcun bisogno di alterare alcunch: si poteva persino ricostruire "con le proprie mani" paesi di 2-3000 abitanti.
Ma in 15 minuti, dai cocuzzoli su cui stanno tuttora arroccati e agonizzanti quei paesini, si giunge alle fondo valle: e l occorreva lo scatto per immaginare dei nuovi centri comunitari e di servizi che servissero pi comuni e li organizzassero in sistema, li ricomprendessero in una cornice nuova virtualmente accorpandoli in comunit di 10-15.000 abitanti e pi, capaci di nuova vita che poteva rivitalizzare anche colture locali e campagne e senza rinunciare a uno solo di quei centri storici. Questa fu sempre la mia ipotesi (e non solo mia). E invece nulla: niente di niente. Tutto dov'era e com'era, per il consenso del giorno dopo. E il territorio s'impoverisce e si spopola.
Semplifichiamo, caro Renzo, semplifichiamo per non avere noiose "elucubrazioni": stiamo morendo di semplicit e semplicismo e nemmeno ce ne rendiamo pi conto.
Un caro saluto,
G.C.
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7211
di Renzo marrucci
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Forse dovevo spendere pi parole ma se si seguiva la logica dei com
menti si capiva bene. La chiarezza del sindaco di cui non ho fatto il nome era proprio quella del sindaco dell'Aquila per la scelta di un architetto che con l'Aquila non entra un fico secco! non il Corte sia ben chiaro e di cui condivido lo scritto. Chiarezza poi si fa per dire! Per dire ironicamente il massimo della confusione e anche di pi e oggi molto diffusa. Direi una chiarezza allucinante nella sua miopia e limitatezza, disarmante ! e mi auguro che ci ripensi o lo facciano ripensare... Si vede che la notizia mi ha cos scioccato che mi son mangiato le parole... ora spero di essermi spiegato.
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7205
di Renzo marrucci
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Si dovrebbero risparmiare elugubrazioni pseudointellettualoidi di fronte alla chiarezza del sindaco dell'Aquila. Ancora una volta un sindaco che ha capito tutto, speriamo che chi ha fatto promesse abbia il coraggio di mantenerne almeno un p. Fate ricostruire ad architetti locali, fate con
corsi seri semmai... ma tenete fuori per cortesia pseudo cervelloni spot
tizzati... fate della vostra terra orgoglio per ricostruire e ridare dignit ai suoi abitanti e non altari pubblicitari di sacrificio per la vostra vanit.
Abbiate fiducia nei vostri concittadini e dategli la voglia di rifare con le loro mani.
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7204
di maurizio zappal
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Da channelbeta
Il Sindaco de L'Aquila Massimo Cialente invita Massimiliano Fuksas a collaborare alla ricostruzione della citt, il famoso architetto italiano risponde :<<...Questo un onore e sono questi i casi in cui si pu capire quanto utile il lavoro che facciamo. Acoolgo l'invito del Sindaco de L'Aquila che, posso dire, ha anticipato i miei forti desideri>>.
AAACercasi :"architomato" (larchitetto del pomodoro e della melanzana), "eco architetto", " riciclarchitetto" e architetto a responsabilit sociale illimitata! Esperto in "architettura delle bidonville, in architettura delle banlieues, in architettura del gecekondu, turco (del tipo zen palermitano!).
...ma fatemi il piacere...!
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7210
di Pietro pagliardini
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
"Turisti dal palato facile": evidentemente Giannino Cusano preferisce architetti dal palato fine tutti in visita osannanti e plaudenti alla nuova L'Aquila di Fuksas!
Non solo, ma crede ancora alla "pianificazione", proprio quella vera, con le decisioni del piano quinquennale e con tanto di soldi veri! Quella, la informo, rimasta solo in Cina, dove vanno alla grande con l'economia ma con i diritti civili e sindacali non stanno messi troppo bene.
E cos, con la pianificazione, invece del dov'era com'era, la Lucania sarebbe risorta!
Per, per fare la Cina non bastano mica i comunisti al potere, ci vogliono anche i cinesi. Quindi non mi sembra esportabile la pianificazione in Lucania e, per questa volta, il comunismo dovr restare in un solo paese, al massimo due.
Scusi Cusano, ma cosa c'entra il dov'era com'era con l'emigrazione?
Mi sembra che lei confonda un po' le carte. E' lecito che lei apprezzi Fuksas e che non lo veda male come animatore di eventi architettonici nel centro storico di L'Aquila, ma le giustificazioni che porta avrebbero potuto essere pi semplici e dirette, senza tirare in ballo la pianificazione, in cui, tra l'altro, non vedo nemmeno come possa rientrarci Fuksas.
Saluti
Pietro Pagliadini
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7208
di giannino cusano
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
PS: x Marrucci
dovrei, ovviamente, dilungarmi di pi sulla questione "ricostruzxione lucana post 1980".. Citt di una certa dimensione, come Potenza (capoluogo regionale) avrebbero dovuto fortemente decentrare i servizi a scala teritoriale verso la superstrada basentana, drenando i flussi dall'esterno e interfacciandosi in tempi rapidi con gli altri nuclei di servizi lungo la stessa fondovalle. Comuni interni come Muro Lucano, Savoia, Brienza, Marsico Tito, Acerenza, Vaglio, Vietri di Potenza ecc. avrebbero formato altrettanti poli reintegrati di riequilibrio.
I problemi a L'Aquila, a grandissime linee, non mi paiono qualitativamente molto diversi. Pi circoscritti dimensionalmente, questo si: ed un vantaggio. Questa pu essere un'occasione: e non per archistar ma per l'Abruzzo. Altro che elucubrazioni :)
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7209
di rosario ferraro
del 18/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Maledetti (super)architetti! Ma solo per parafrasare il fortunato titolo di un libro di Tom Wolfe che qualche anno fa ha diviso e, in un certo senso, scandalizzato il mondo dell'architetura. Potenza dei ricorsi storici, a dire il vero poco "ri" e molti "cors". L'articolo di Vito Corte chiaro e, credo, condiviso dalla grande maggiranza dei "mestieranti" dell'architettura, eccetto le Stars, ovvio.
Ma, un passaggio, sempre che abbia ben capito, colpisce nel segno ed quello in cui si dichiara il rapporto, spesso insano, tra architettura e politica, o meglio nell'articolo viene citato come esempio infelice "l'archietto-politico", roba da bestiario, e sono d'accordo con Vito Corte. Ma ....... Ma se l'architettura una casta, prech lo , non c' dubbio, quella che sta in alto tende sempre a sopraffare la sottostante, e cosi via. Il terremoto una sciagura, la ricostruzione una pastura, mi si dia licenza scappata la rima, e da che mondo e mondo il leone lascia gli avanzi agli ...... a quelli meno .... a quelli pi .... insomma, a queli che praticano male l'arte della caccia.
A proposito, quello che avviene quotidianamente nelle nostre citt o all'interno delle amministrazioni, o nei concorsi di architettura, (tralasciamo gli Ordini Professionali, non il caso) non sono forse compromessi politici? Non sono sopprusi?
Oggi alcuni architetti "guru" mettono in guardia dalle minacce dello starsystem e dagli effetti speciali. Non compiono peccato di invidia o magari l'hanno compiuto nei tempi andati? A scanzo di equivoci, e perch non voglio siano interpretate male le mie parole, dico che lo scorso luglio sul Corriere della Sera apparso un articolo di Rem Khoolas che lapidava le archistars (lui non lo mai stato!?) e a dirittura lo scorso febbraio alle Lecture di Berlino ha rincarato la dose (che Disciplino) sembrava quasi un avvertimento messiatico: "memento mori" (vedi F. Irace, "L'archistar in Crisi", Il sole24ore di febbraio).
In conclusione speriamo che questa volta a L'Aquila politici, amministratori ed architetti si passino la mano sulla coscienza e non ci stupiscano ancora una volta con effetti speciali.
Grazie per la pazienza
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7203
di giannino cusano
del 17/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Egregio Sindaco, parto dalla fine. Scrive:
La ricostruzione e la riparazione dai danni del terremoto, la prevenzione e la gestione del patrimonio edilizio italiano (e in questo una grande porzione patrimonio artistico e monumentale) non ha bisogno di alcune star che stupiscano con effetti speciali. e sono perfettamente d'accordo, anche se ritengo la questione ben pi .complessa di come solitamente tendiamo ad affrontarla.
E a met del suo articolo aveva scritto, infatti: Oggi tutti gli architetti sono cinici attuatori di subliminali strategie di potere attuate da altri? Oggi tutti gli architetti sono grevi ed incolti tecnici allo sbaraglio che, brandendo una abilitazione professionale dalle incerte origini, occupano quelle posizioni che il mercato delledilizia e dellurbanistica ancora lascia per le loro attivit?
Voglio pensare che non sia cos, solo cos.
Voglio pensarlo anch'io e voglio includere in questo pensiero, a titolo quanto meno cautelativo, anche le "archistar". Cautelativo in senso, per cos dire, "garantista", anche se non siamo in un,aula di tribunale.
Se, poi, alla parola "architetti" dell'ultimo periodo citato sostituiamo "politici" (e restando al di qua di ogni facile populismo o qualunquismo, come si diceva una volta) mutando pochi titoli accessori, potremmo riscriverlo senza che la domanda perda minimamente senso:
Oggi tutti i politici sono cinici attuatori di subliminali strategie di potere attuate da altri? Oggi tutti i politici sono grevi ed incolti professionisti (della politica) allo sbaraglio che, brandendo una abilitazione elettorale dalle incerte origini, occupano quelle posizioni che il mercato (del voto), delledilizia e dellurbanistica ancora lascia per le loro attivit?
Voglio pensare che non sia cos, solo cos.
Mi sembra, insomma, che le generali responsabilit del malaffare e del cattivo evolversi dei territori italiani siano ben altrimenti diffuse e che centrare tutto il discorso suill'architettura e gli architetti, archistar o meno, possa essere terribilmente riduttivo. E' un discorso lungo, lo so, ma proprio per questo prima si (ri) comincia e meglio . Mi pare che lei sia sindaco ed architetto: ottima premessa, al di l di ogni illusione neo-platonica su chi debba governare la polis.
C' un punto, insomma, che mi preme fissare preliminarmente: un punto per me irrinunciabile. Un terremoto non , in s, una disgrazia o una causa di guasti da riparare. Un terremoto anzitutto l'evidenziatore estremo (spesso, purtroppo, dagli esiti tragici) di mali consolidati e incancreniti ben prima, molto in anticipo sul sisma, e spesso e volentieri da decenni. Mali che affliggono citt e territori, in parte preventivabili. Credo che se dimentichiamo questo e ci poniamo solo nell'ottica di ricostruire, incappiamo davvero in una forbice tremenda: dov'era e com'era o archistar? Isozaki e Hadid o Sgarbi e Toscani? Milano o Salemi? E se, invece di "brand" contro "tradizione", si trattasse di guerra tra opposti brand, in cui anche "storicit" e "identit" altro non fossero che "da bere" anch'esse? E' un dubbio, ovviamente.
Un terremoto come quello de L'Aquila, infatti, ha evidenziato ancora una volta ci che tutti, in Italia, sappiamo perfettamente: non c' una cornice programmatica e territoriale in cui inserire la ricostruzione dopo il sisma perch non c'era nemmeno prima. Il sisma non ha interrotto il processo attuativo di un futuro comunitario: ne ha semplicemente, tragicamente evidenziato il vuoto pregresso. Forse per quello ci turba tanto non solo la notizia dei morti e feriti e senza tetto, com' giusto, ma in modo tanto coinvolgente anche la questione della "ricostruzione". Che rimarr sempre avviluppata tra fautori dell'effetto speciale (quanto inutile, evidentemente) e comprensibili fautori del "no, grazie: mi tengo tutto com'era!".
Tertium non datur, senza una strategia che non abbia finalmente bisogno di sbattere la faccia contro la catastrofe per capire che nodi antichi sono venuti al pettine. Per riecheggiare Vittorini, temo che non ci serva a molto una cultura che curi i mali senza prima averne messa a punto una in grado seriamente di prevenirli. E che sia l'ora, in Italia, di cominciare seriamente a rifletterci sopra.
Grazie per la pazienza,
G.C.
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7201
di renzo marrucci
del 16/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Sarebbe un'altro terremoto, una solida presa per i fondelli... Ma questa volta senza morti veri... almeno questo!
Il berlusca durante una delle sue discese abruzzesi non aveva proclamato che avrebbe dato lavoro agli abruzzesi?
E' possibile che sotto casco qualche idea gli sia uscita un p bollita?
Speriamo di no! E mi auguro di no!
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7200
di pietro pagliardini
del 16/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
Signor Sindaco (e anche architetto?) pur non essendo d'accordo con le statistiche di cui lei parla, essendo invece convinto da una ultra-trentennale conoscenza della categoria professionale degli architetti che la stragrande maggioranza sono archistar in potenza, non posso che complimentarmi con lei per non appartenere a quella altrettanto grande categoria di sindaci teste vuote e senza memoria che fanno della propria citt una passerella di scemenze progettate da nomi pi o meno famosi.
Sar il fatto che il cane che morde l'uomo non fa notizia, ma ultimamente mi sembra che siano sempre gli uomini a mordere i cani.
Saluti
Pietro Pagliardini
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7197
di vito maria mancuso
del 15/05/2009
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La ricostruzione a L'Aquila non roba da Archista
di
Vito Corte
come sempre la storia maestra di vita, come sempre al centro c' il principe. pi il principe colto pi l'architetto ha mansioni di completezza, di imago urbis da poter decifrare nel corso del tempo. qui, ora, oltre al tempo scandito da un ologramma sbiadito c' il principe televisivo di hady ti sorridon le stelle e ponticelli su finti ruscelli. quale migliore occasione x vendere e renderne profitto di appalti sospesi tra griffe e rotocalchi? chi tra i "liberi" battitori del costruire potr competere con lo stupore del miracolo italico in tempi di crisi? poveri amici abruzzesi per voi prevedo grandi casini.
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7181
di Renzo marrucci
del 04/05/2009
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Piano C.A.S.E. : Complessi Antisismici Sostenibili
di
Massimo Pica Ciamarra
Residenza, poi campus o viceversa
Condivido, questa volta, il breve e incisivo articolo sui campus di M.P.C.
Quello che da temere in modo preoccupante, proprio che questa tempestiva volont di precipitarsi nel campo dei nostri aquilani a promettere, si trasformi nella realizzazione di nuovi villaggi a doppio uso, con scartamento ridotto della vivibilit. Se da una parte buona cosa dimostrare vicinanza e interessamento con le parole, poi occorre applicarsi costantemente affinch questo interessamento sia corris
posto e tradotto sinceramente nei termini pi giusti e appropriati che sia possibile, in modo che il trauma possa essere storicizzato, ma non eternizzato sul territorio e nella coscienza delle persone che lo hanno vissuto.
Infatti, la necessit ora non solo del bene strumentale della casa com era nel primo momento della paura, ma ora una formula di civilt da concretizzare. Non nego che si possano realizzare ed escogitare doppie funzioni, ma nella valutazione accorta dei contenuti progettuali e urbanistici, in modo da non ritrovarci sacche di edifici, frutto di una tecnica sapiente quanto diseducativa e frustrante qualit edificata.
In altre parole, occorre formare dei luoghi di vita capaci di generare identit e assimilarsi nel territorio, senza creare fratture dispersioni sociali e culturali come le rigidit annunciate nellarticolo di M.P.C. , con le progettazioni annunciate e impostate su rigide formule economico-funzionali. Nella creazione di queste nuove strutture occorre riferirsi alla dimensione della organizzazioni di luoghi capaci di generare vita comune, come nella socialit identitaria e culturale degli abruzzesi. Quindi non aride formule, destinate a perpetrare frustrazione post terremoto e tracce somatiche e traumatizzanti sul territorio.
Non quattro mura allineate e coperte con aree razionali e anonime per ricoverare abitanti ma soprattutto luoghi umani in grado di continuare il senso di identit sociale e culturale nel rapporto che la citt storica ha dato come patrimonio civile agli abitanti dell'Aquila.
Lo sforzo non quindi solo quello di progettare o inventare schemi sulle quantit da distribuire sul territorio ma fondamentalmente creare, avendo presenti le qualit da rigenerare, la carica e lo spirito sociale e comunitario con una urbatettura di qualit che motivi gli abitanti a continuare a vivere in questa parte affascinante della terra di Abruzzo.
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7176
di Matteo seraceni
del 29/04/2009
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Un?idea per la Ricostruzione: proposte per l?e
di
La Redazione
Al di l dei duemila euro per il "concorso", il tutto mi da il sentore di "cassa mediatica" per far apparire il proprio marchio: come al solito si sfrutta una situazione critica e tragica per farsi pubblicit (ma questo vale anche per i politici che spendono migliaia di euro in sicurezza e tribune per i discorsi "sul campo" e poi gi gi fino al tg1 che sbandierava lo share sui servizi del terremoto).
A chi rivolto il "concorso"?
In fondo siamo professionisti e non bambini delle elementari che inviano i disegni colorati ai loro compagni d'Abruzzo che stanno nelle tendopoli per farli sentire meglio.
Che valenza pu avere un "concorso" che prospetta "baracche d'autore" (come le chiama Marrucci), in cui magari c' pure un frigo pieno di margaridas, quando la popolazione costretta a dormire in macchina?
Penso sia una idea inutile, frivola e poco sensata.
..
..
..
Quasi quasi partecipo.
Matteo Seraceni
http://arching.wordpress.com
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7175
di renzo marrucci
del 28/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Nessun fiume ha un alveo e una corrente determinata... ma di solito una infinit di storie e di accidenti, di anime e di tante altre cose... semmai il fiume fosse il riferimento... ci potremmo riconoscere tanti caratteri e tratti...tante e differenti omogeineit... Perfino la sua stessa esistenza in funzione di...
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7174
di giannino cusano
del 28/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
PS: X Renzo
il "tempo che viviamo", qualsiasi tempo, non un fiume con un alveo e una corrente predeterminati. Ogni tempo ricco di rigurgi ti retrogradi ma anche, e ben di pi, gravido di ferrmenti positivi, contrastanti, ricchi di potenziale e spesso trascurati e tacitati. Si pu e si deve andare controcorrente, se si comprende che nella societ ci sono valenze censurate e vitali: dar loro forma e voce doveroso.
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7173
di giannino cusano
del 28/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
X Renzo
Caro renzo, le parole a volte ingannano, sono scivolose. "Continuit", poi, una vera saponetta sciolta in acqua sul pavimento. Se intendi "continuum spaziale", ti seguo bene. E alcuni tuoi disegni pubblicati su "archiportale" lo chiariscono meglio di mille discorsi. "Continuum" non indica un fatto gformale ma di contenuti: di forma-(in quanto)-contenuto.
Pi in generale, ripensando, nel cinquantenario della scomparsa del genio di Taliesin, allo splendido "Frank Lloyd Wright. A study in architectural content" (studio sui contenuti architettonici), di Norris Kelly Smith, non posso fare a meno di considerare una cosa: vero che Wright compie fin dalle "Prairie" una serie di operazioni in apparenza "formali", ma in realt -e lo dice pi volte esplicitamente- si tratta di scelte di contenuto, prima di tutto.
Riprende le case dei pionieri in quanto, s, rappresentative di un "costume". Ma un costume che rappresenta anzitutto il momento pi coraggioso e genuino, lo stato nascente della democrazia statunitense. Scelta dichiaratamente controcorrente rispetto alla societ "affluente", richiamo alla sorgente delle frontiere della nuova libert, allo spirito della Dichiarazione d'Indipendenza e della Costituzione. Richiamo tuttora efficacissimo, quando in USA si dimentica questo carattere innovatrivo dell'Unione, agganciato saldamente a una matrice biblica e liberale.
Naturalmente, Wright modifica profondamente gli shemi tipici delle case pionieristiche: unifica i camini in un unico camino-fulcro, che anche il cuore della vita comunitaria, e di l fa scaturire dinamicamente tutti gli spazi della casa. Reinventa il tetto come "riparo", come richioamo alla terra e, prolungandolo oltre i "confini" della casa, lo imparenta indissolubilmente all'orizzonte: dall'interno verso l'esterno. Come la libert, che deve nascere sempre dall'interno e mai pu essere elargita dall'esterno. Tutte queste operazioni e invenzioni (lo sottolineo con forza) architettoniche hanno, al contempo, intense valenze formali, di vita, di spazi e di contenuti.
Allora mi chiedo (pubblicamente): come mai oggi sembra o divenuto tanto difficile occuparsi di "contenuti" in architettura, se non in termini cos generici da risultare, il pi delle volte, all'atto pratico, astratti, vuoti, e praticamente assenti? .
Bye,
G.C.
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7172
di Renzo marrucci
del 28/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Non si pu essere contrari al tempo che viviamo ma critici un dovere esserlo, almeno per chi voglia esser controtendenza a ci che ridicolizza il bisogno di chi vive appunto il tempo che viviamo e abbia coscienza del tempo che vivremo compreso quello dei figli. Sembra che non ci si esprima mai abbastanza. Internet un mezzo che consente il dialogo ma rivela le sue lacune, come ogni altra cosa che crei spazi diversi dal naturale del resto... Io per esempio son contrario alla falsa modernit, ma solo quella che sfrutta la voglia di diverso che vedo nella massa... un p come la pasticca inutile, quella che ti illude... prescritta dal medi
co furbo o molto esperto. In architettura oggi cos e per capire occorre una solida infanzia vissuta a contatto dei materiali e delle cose vere, de
gli affetti e della prima amicizia che poi ti porti dietro. Per me cos. Occore anche una grande aderenza alla semplicit profonda della vita e questa considerazione che mi viene dall'interno e sempre con grande affetto, la faceva mio padre, nato e morto a Volterra con grande coerenza e continuit organica a quella terra antica dove ha lavorato sempre la pietra degli etruschi e bevuto quel vino che sapeva scegliere e... non le brodaglie... Non posso neanche pensare che fosse morto vecchio, al contrario mor giovane nelle idee e con pensieri profondi che mi rimugi
no ancora nella testa senza risposta... avendo appunto vissuto fino a ot
tantadue anni e passa la vita.
E cosi sar, sono portato a pensare, che l'architettura fatta con "amore" o la voglia di risolvere... per non dire parola "amore" impegnativa e rite
nuta a torto, oggi, da molti, un po melensa... Oggi occorre far ciccia si sente in giro da pi parti da chi comanda e dai pi triviali, mentre altri usano altri segni e linguaggi. Distinguere la modernit dalle "fetecchie" dirrebbe tot. Dall'eccesso di narcisimo acritico e arrogante dico io... Che striscia nel tempo che si vive ma che forma, inizia a formare, i propri anticorpi critici, come una sorta di risveglio, come capita, non sempre purtroppo, nelle cosiddette migliori famiglie... Noto con piacere che si parla della Chiesa? di San Giacomo, l'interrogativo mi scivolato e qualche cosa mi impedisce di toglierlo... Sembra fatta per togliere la fede o insinuare dei dubbi atroci a chi la frequenter... Ma solo perch vi una sostanziale elugubrazione intellettualoide campata in aria, sospesa, come quella scatola inscatolata evoca. Ma la massa di cemento esibito che sciocca per la mancanza di mediazione sensibile e non solo per l'interruzzione traumatica con l'umilt di una tipologia che ricorda la casa, una grande o piccola celebrante casa... che dura da reiventare... Allora si vola, ma senza l'ali dove voli? Ti ritorna tutto indietro purtroppo. Falsa modernita? Nuovo medioevo cementizio? L'angolo retto
al posto dell'ogiva e via le vetrate meglio i cannocchiali corridoio?
Retorica di retorica? La tipologia delle chiese nella storia, quella di una casa preparata per la celebrazione della vita e per ringraziare della vita... la dico a soldoni... anche per chi scettico... comunque un segno di bellezza e anche di accoglienza interiore nella citt...
Comunque non solo Fuksas ha non averlo voluto capire... Gi da tempo questo argomento delle nuove chiese preoccupa... forse non lo ha proprio compreso e quel che peggio, con lui, anche altri da imma
ginare... purtroppo! Mi sa che dovrete verniciarla di bianco come ha fatto Meyer e, questa volta, con l'aggiunta di fiorellini e alberelli rosa !
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7171
di giannino cusano
del 27/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
X il sig. Pacciani
grazie per la precisazione. Fuksas non nelle mie corde. Personalmente non vedo nella chiesa di Foligno una sorta di eclettismo storicistico, ma poco male. Forse calza molto meglio la chiave della rilettura pop del razionalismo additata dalla Torselli, ma questa mi sembra una cosa affatto diversa da un'opzione eclettica.
Probabilmente intuisco meglio da dove nasce certa diffusa avversione per la cosiddetta modernit: da alcune sue versioni per me non particolarmente significative. Ma la modernit, al pari dell'architettura, non una bella signora. Forse per alcuni una velina, ma anche questo non centra la realt di itinerari plurali, polidirezionati e senza denominatori comuni.
Bye,
G.C.
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7170
di Vilma torselli
del 27/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
In realt, Andrea Pacciani, ho usato quella definizione non in senso spregiativo, almeno dal mio punto di vista, volendo significare l'accattivante valenza oggettuale del cubo di Fuksas, che minaccia di diventare pi famoso di quello di Rubik.
Il mio commento senza'altro una semplificazione un p provocatoria, cos come lo pu sembrare la scelta progettuale di Fuksas, che in genere non apprezzo particolarmente.
Il suo tentativo di mediare tra slancio espressionista e ingabbiatura cartesiana mi ha richiamato certe immagini di Claes Oldenburg (Clothespin, Trowel, Spoonbridge and Cherry o se vogliamo il milanese Ago e filo) dove l'oggetto gigantesco diventa archetipo di un'idea platonica di 'oggetto'.
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7169
di andrea pacciani
del 27/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Mi sono dimenticato che dovevo al sig Cusano una spiegazione su cosa intendo per eclettismi storicistico-moderni:
Facendo un caso di cronaca di questi giorni la Chiesa di Foligno di Fuksas ne la miglior espressione. Prendendo in prestito sempre un commento di Vilma Torselli (ha un'efficacia nelle definizioni invidiabile) da altro blog
"una rivisitazione in chiave pop del razionalismo lecorbusiano"
Ovvero un esercizio fuori tempo, decontestualizzato territorialmente ma soprattutto socialmente, storicamente ; insomma unedificio che fatto 50 anni fa avrebbe anche avuto una sua credibilit, ma oggi peggio di un post-moderno ritardato....
Aspetto dalla redazione un commento su questo capolavoro
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27/4/2009 - Sandro Lazier risponde a andrea pacciani
Questa redazione ha dato prova nel tempo di non apprezzare le opere di Massimiliano Fucsas, ritenendole incapaci dinterpretare con sufficiente complessit il tema spaziale, da noi ritenuto fondamentale per le opere darchitettura.
Questa carenza, che lautore tende a sostituire con una compiacente suggestione retorica e narrativa, motivo primo dindifferenza ambientale.
Non crediamo che la chiesa di Foligno sia estranea a tale giudizio e parlarne non giova a nessuno. Nemmeno ai suoi pi accaniti detrattori o a quelli che la usano per le loro speculazioni antimoderne.
La chiesa sullautostrada di Michelucci e quella di Le Corbusier di Ronchamp sarebbero bersagli pi seri e meno agevoli per tali critiche
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7167
di renzo marrucci
del 26/04/2009
relativo all'articolo
Un'idea per la Ricostruzione: proposte per l'emerg
di
La Redazione
Interessante la partecipazione di Cucinella come membro giudicante della giuria, avr preferenze per una sorta di razione Kappa della residenza...
Il concorso di Exarch ( il contrario di "in") davvero calzante con il tema del terremoto di Abruzzo e se non vado errato ripete una vecchia idea di venti o trenta anno or sono? Ma poi resa di grande attualit e tempestiva... Le baracche d'autore son sempre baracche d'autore se poi le facciamo disegnare da qualche superstar ci si vivr bene dentro...
Una volta L'(in)arch aveva intelocutori perch aveva una certa passione... e quindi anche una certa attenibilit... ora i tempi son cambiati e... non bisogna demordere...
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7166
di giannino cusano
del 25/04/2009
relativo all'articolo
Un?idea per la Ricostruzione: proposte per l?e
di
La Redazione
Scrive Antonino Saggio, che saluto:
"L'InArch una volta aveva la forza di chiamare il Ministero o la Protezione civile e obbligare loro a fare un concorso ed assumersi delle responsabilit. Oggi mette duemila euro con altri per avere questa medaglietta di latta (.. snip ...). "
questa mi sembra un'osservazione giustissima.
L'In/arch nacque e oper sempre con lo scopo di contribuire a chiudere il (wrightiano) triangolo architetti-imprese-committenti per spingerlo a divenire sempre pi un circolo virtuoso. Oggi opera ancora cos? La domanda non retorica: se dico che non conosco la ripsosta, dico la pura verit.
Buon 25 Aprile
G.C.
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7165
di renzo marrucci
del 25/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Risponderei cos
Sul concetto di continuit credo che non ci sia sofisma in quello che sostengo. Se mi si dice che occorre dimostrarlo anche con le opere, allora capisco di pi e questo sino ad oggi, parte di che ho vissuto nelle mie esperienze. Naturalmente non ho la natura del sofista. Sono nato in una citt in cui continuit ed integrazione sono organicamente realizzate. Questa concezione organica rapportabile anche allarchitettura di oggi, che non ha necessit di una particolare autonomia e non c bisogno neanche di tante elucubrazioni prendo a esempio Michelucci e non solo.
Questa riflessione nasce dalla consapevolezza grave della realt in cui si addiziona volume nella citt, che vedo crescere in modo disorganico e irrazionale. Peggio, aggravando lesistente in una forma che sento destinata ad accumulare invivibilit e non tensione creativa o altro e a cui sono contrario. Non vedo nel progetto rispetto per chi la vive, ma un certo cinismo nel lavoro di gran parte degli architetti attivi. Sar una impressione? Ognuno pensa a lasciare il suo segno, ma quale segno? Il sentirsi protagonista vissuto male, riscontro un senso di superiorit derivata da arrogante convinzione. Non mi convince! Naturalmente non sono solo gli architetti i responsabili, la crisi dentro la citt e nei suoi operatori. In quale altro modo sarebbe possibile spiegare il cinismo con cui la periferia viene lasciata a s? A produrre esseri umani svantaggiati in volumi assurdi e il centro che esagera nella sua deformante visione mercantile. Manca il controllo della cultura architettonica e la societ, con la sua visione morale e politica complice.
Per me, continuit e integrazione sono valori semplici e chiari nella loro complessi
t, ma ogni volta mi rendo conto che viscoso parlarne.
Si deve imparare dalla storia per non calpestarla o violentarla e non esserne schiavi. Per andare avanti davvero si devono affrontare le realtE difficile, e me ne accorgo bene, ma non ci sono fughe artistiche per un architetto vero Un albero cresce e diventa quello che diventa (una magnifica manifestazione di vita) con lintera storia dei suoi traumi, le sue cicatrici, che son segno di dolore vissuto e assimilato e di mutilazioni che sono la sua sapienza e la sua bellezza, il suo fascino e per cui mi incanto e mi compiaccio della sua esistenza e per la sua funzione che mi necessaria. Tutto ci avviene nella organica continuit del suo principio interno, che poi quello di crescere e di esistere, di respirare, andare sempre verso la sua natura ... Per me un grande esempio di continuit e di armonia con gli altri, e le sue vicissitudini naturali diventano la sua storia, nulla si rifiuta ogni cosa si affronta La legge che c' dentro di lui organica, cos i traumi sono linfa naturale e funzionali alla sua crescita.
Quando vedo per esempio una periferia come Ponte Lambro, vedo che l'insediamento umano non organico, non ha connesioni n spazialit aperte e organizzate che ne connettano il tessuto. Persino la chiesa e la parrocchia una sorta di bunker progettato in modo orribile. E una realt lasciata crescere senza una legge interna, come tanti episodi interrotti, senza relazione tra edificio e spazio e edificio. Traumi e valori critici non vengono assorbiti Tutto resta desolato e interrotto e cos l'uomo che quello spazio vive.
Passare dal progetto alla realt tecnica vuol dire per me riorganizzare quegli spazi, dopo avere capito che cosa manca, per avere lautosufficienza vitale e necessaria a potersi sentire e riconoscere in quella qualit, per guardarsi in faccia e sentire la voglia di comunicare, scambiare parole... passare dal segno sulla carta al valore preso e compreso della realt, magari seguendo un tracciato di riflessioni che si integrano e si perfezionano, osservando e studiando. Questo io lo faccio nel mio mestiere e, quando vedo i segni che si concretizzano, procurano la gioia di chi quello spazio vive o torna a vivere mi sento pienamente realizzato dal mio mestiere.
Cercare di formulare risposte che integrino, che valorizzino la spazialit in cui riconoscersi armonia, si cio ristabilita una continuit tra uomo e ambiente con dei valori che integrano il dinamismo e la provvisoriet in quel momento si realiz
zata quella continuit tra tensione e spazio e vita... Tra uomo e spazio e ambiente ... e credo sia questo il mestiere dell'architetto...
In questo senso potrei citare alcune opere di Michelucci (e F. L.W. ma anche di molti altri ma non tutti organici) che nato e vissuto a pochi km da dove io sono nato. Opere che rivelano, nella loro ricerca una forte essenza organica connessa alla spiritualit dell'uomo e dell'ambiente. Potrei citare Galvagni nella sua ricerca didat
tica per esempio
Adesso non mi si dica che sono michelucciano per favore, perch questo accadeva gi molto prima di M. e di solito accade dove l'uomo vive
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7164
di Antonino Saggio
del 25/04/2009
relativo all'articolo
Unidea per la Ricostruzione: proposte per lemerg
di
La Redazione
L'InArch una volta aveva la forza di chiamare il Ministero o la Protezione civile e obbligare loro a fare un concorso ed assumersi delle responsabilit. Oggi mette duemila euro con altri per avere questa medaglietta di latta.
Non ho tempo voglia pazienza di verificare se la parola "concorso" usato in tale superficiale contesto abbia una validit tecnico-giuridica o sia come i migliaia di titoli di cui oggi si abusa con un uso improprio, tanto siamo ormai tutti assuefatti a tutto.
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7154
di Renzo marrucci
del 24/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Il ritorno al passato un errore grave come quello di un "nuovo" narcisista... fine a se stesso... ma cos difficile coprendere che cosa sia la continuit? Andare avanti in coerenza? Mi domando come si faccia a non capire che la frenesia del nuovo contro l'intelligenza della vita? I problemi nuovi sono coerenti con il crescere e le risposte devono essere coerenti e se possibile anche di pi. L'idea di rompere con il passato una sorta di complesso di inferiorit non maturato... crea sempre difficolt... Nessuno demonizza, e specialmente io, ma di fronte a tante elaborazioni sotto i nostri occhi, si capisce che la vanit sia una sorta di tarlo presentuoso che trova nella pseudo comunicazione una sorta di terreno di cultura... per diventare una specie di virus...
Oggi sentirsi terrone una sorta di non senso... anzi perfino un po snob... Ma uno si sente come desidera in fondo...caro Giannino.
Si potrebbe parlare di falso nuovo... Di perfido saccheggio della storia ecc... cio di ci che non risponde ai problemi della citt ma che illude sull'operazione e dato che il tempo denaro e coincide con gli interessi temporali di alcuni (che aumentano), sempre un affare di fronte all'ingenuit collettiva. Poi tutte queste cose realizzate o in via direalizzazione, dopo grosse erogazioni di denaro... imprese sempre associate a nomi di architetti pubblicizzati... rimangono a frustrare la vita dei cittadini a riempire le pagine di strombazzanti riviste e giornali... e a rendere, in definitiva, ingestibile la citt. Ma la paura che centra? Si tratta di coscienza dopo aver visto e capito...
Spuntano adesso delle pubblicazioni che cominciano a fare una certa chiarezza e una di J0hn Silver: le architetture dell'assurdo. La condivido solo in parte, per me il fenomeno per certi aspetti anche pi grave.
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24/4/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci
Marucci dice: "ma cos difficile coprendere che cosa sia la continuit?"
Tutti sanno cos' la continuit. Ma questa non appartiene alla storia dell'uomo e non serve alla sua vita, n a quella biologica n a quella sociale. La discontinuit, il rinnovamento continuo, l'incertezza, questi s sono gli argomenti della nostra storia. Un continuo e costante conflitto tra regola e tradimento. Senza questa tensione non avviene nulla. Senza questa tensione non c' adattamento, evoluzione e quindi non c' sopravvivenza. La vita ha bisogno di calore e il calore solo disordine, discontinuit. Il nuovo a tutti i costi, anche forzando il linguaggio? In queste condizioni (fisiche, oggettive) assolutamente s! Serve alla sopravvivenza. La continuit la fine, peggio del ritorno al passato.
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7160
di giannino cusano
del 24/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Non sar breve!
Mi pare che la discussione, a parte eccezioni, rischi di introvertirsi sullo specifico, per non dire su una sorta di inesistente autonomia, dell'architettura. E semplicficandosi eccessivamente.
Pacciani ha ragione quando parla di tematiche ecologiche ma a mio avviso sbaglia quando confonde la modernit, e segnatamente la "cultura" della modernit, con l'efficientismo del capitalismo industriale e finanziario e con il vortice consumistico che certo mettono in serio pericolo l'ambiente.
Forse c' bisogno che ricordi che Norberto Bobbio ha lavorato una vita sulla felice intuizione che il capitalismo ha, per la prima volta nella storia umana, scisso economia da politica (in senso lato) ponendo cos il termine "societ" in una nuova dialettica interna, ptrima del tutto ignota. Dunque, democrazia e capitalismo, e pi in generale cultura e capitalismo (o, oggi, consumismo) sono due corni di una dialettica complessa e conflittuale, in senso generalmente positivo. Basta rileggere Wright, del resto, per capire che aveva compreso perfettamente la questione. Che non di efficientismo ,acchinistico o economicistico-finanziario ma di prospettive politiche, culturali, spirituali. La stessa dialettica, del resto, non sfuggita agli economisti e uomini di cultura pi attenti, meno "settoriali" e certo pi moderni del XX sec. (alcuni anche del XXI) come, per es., Paolo Sylos Labini o Giorgio Ruffolo.
Dagli anni '80 in qua, a mio parere, e questo mi pare un nodo forte del problema, mentre il mondo dell'industria e della tecnologia andava avanti, il mondo della politica e della cultura non riusciva a tenere il passo con nuove politiche di riequilibrio sociale e ambientale. Con Reagan si disse che il mondo aveva inesorabilmente virato a destra. Non credo sia cos, ma si detto. Il corno politico, culturale, progettuale della societ si indebolito, mentre capitalismo e societ dei consumi e dello spreco hanno continuato imperterriti a "crescere" senza forma e senza delimitazioni di sorta. Il nostro stesso io si indebolito e rintanato in prospettive sempre pi minimaliste e laconiche: dopo i rischi della guerra nucleare, tuttora non sopiti, anche se meno acuti di un tempo nella percezione comune,. dopo le delusioni seguite alla "belle poque" degli anni 1945-1973/76 (prima crisi petrolifera) in effetti pian piano la svolta a destra c' stata. Nel senso di un calo di fiducia generalizzato, in Occidente, verso la possibilit di riformare i nostri sistemi nel senso di una societ pi a misura d'uomo.
"Psicanalisi della situazione atomica" di Franco Fornari del 1970. ma gi nei primi anni '80 si scrivono libri di taglio totalmente diverso, come la cultura del narcisismo" (1\981) di Christopher Lasch. Che aveva lucidamente compreso che la partita si iniziava ormai a giocare nel senso della sopravvivenza psichologica, prima ancora che materiale. E sempre lasch, nel 1984, propone una lettura della situazione che mi pare estremamente significativa ne "L'Io minimo: la mentalit della sopravvivenza in un'epoca di turbamenti". C' una diffusa mentalit del "si salvi chi pu" -alimentata anche da molto terrorismo psicologico di certo catastrofismo ecologista- che rende sempre pi scettici nei confronti di progetti sociali comuni.
Tutto sommato la "belle poque" 1950-'73 aveva retto, vero, sull'illusione dell'inesauribilit delle risorse (e gi Peccei e il Club di Roma avvertivano di fare attenzione), cio sul volano del petrolchimico, ma questo non basta. C'era anche una sorta di equilibrio o compromesso tra capitalismo manageriale e umanesimo socialdemocratico, in senso lato, o umanistico-rifornatiore che negli anni '80, per ragioni che sarebbe lungo analizzare, si ruppe a livello mondiale. Quello che da tempo sta prendendo piede in occidente una mentalit da assediati: specie dopo l'11 settembre, ma non solo.
E se il Moloch della crescita illimitata (Moloch contro cui si sempre scagliata tutta la cultura urbatettonica moderna: altro che storie!) negli anni del tramonto delle ideologie rimasto l'unico vero residuo ideologico perfettamente integro e trasversale a destra come a sinistra, proprio continuare a credere pi o meno inconsapevolmente in questo Moloch porta poi alle crisi di sconforto e di pessimismo generalizzato quando le cose non vanno come previsto. Ma da chi? Da quelli che in generale potremmo chiamare "futurologi", in realt gli arspici del tempo presente. Che siano economisti, sociologi, architetti, urbanisti, tecnologi, poco cambia.
Come sempre, anche gli arspici di oggi si dividono nelle due eterne categorie dei catastrofisti e degli iperottimisti. E regolarmente toppano previsioni: perch non c' nulla da prevedere. Perch dietro l'angolo non c' nulla e nel "corso degli eventi" non c' alcun senso inscritto se non quello che sappiamo e osiamo metterci noi oggi oggi.
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7159
di Renzo marrucci
del 24/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Giannino, l'umore una cosa bella e spero che mi ritorni presto!
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7158
di giannino cusano
del 24/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Renzo, scrivi:
Oggi sentirsi terrone una sorta di non senso... anzi perfino un po snob... Ma uno si sente come desidera in fondo...
ma andiamo, su: era solo una battuta. Tanto sul serio, ormai, i tempi ci hanno abituato a prenderci? Un po di humour, per favore :)
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7157
di renzo marrucci
del 24/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Pacciani, solo per essere chiaro...
Rinascita della tradizione come segno di continuit? Ma allora bisogna leggere con attenzione, per cortesia, almeno il possibile! Nessuna rinascita della tradizione ! continuit vuol dire andare avanti, ci siano o non ci siano i problemi o le crisi e se ci sono si lavora per superarli con aderenza al senso della realt... al senso della storia con logica attitu
dine o consenquenzialit e che non vuol dire smettere la tensione o addormentarsi ! Semmai il contrario! Nella logica della vita vi dina
mismo e creativit come il suo contrario e come il peggio, si tratta di arginare il peggio, il non creativo o almeno di capirlo! Non ho detto che continuit significhi dormire il sonno della beatitudine e per capirlo basterebbe leggere i miei commenti o i miei articoli... Ma forse va bene anche scrivere come sulla spiaggia? Pazienza si riscrive.
Per me, spero di essere riuscito a spiegarmi... continuit vuol dire tens
ione morale e sacrificio e lotta all'imbecillit simulata e naturale.
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7156
di Renzo marrucci
del 24/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Intesa come dice Lazier la continuit come giocare con le parole e poi con la vita. Io semplicemente la intendo come continuit a vivere, mettendo a frutto l'opera migliore dell'uomo, affinch la vita possa esprimersi in un consorzio umano dove i problemi giusto che ci siano, ma quelli veri... quelli che ti porta a vivere... I problemi o la crisi sono impliciti nella continuit, ma siamo noi che dobbiamo capirlo... Considerarla come noia o come la morte... mi sembra molto personale e in questo caso non rientra nella mia idea di vita e di ricerca. A ciascuno il suo...
Se La citt si rende sempre pi invivibile, si creano condizioni di morte e di degrado della cultura... Credo che bisognerebbe non continuare a coltivare l'errore, perch l'errore il culto dell'errore... La vita non solo questo, ma l'aspirazione al bene comune, appunto aspirazione...
Nella mia vita per esempio, i maggiori e pi gravi problemi sono derivati dalla mediocrit e dalla cattiveria e giuro che la continuit per me cre
scita che non esclude per nulla i problemi, ma sostengo che bisogna impedire almeno (sic! )a quelli pi stupidi e inutili e evitabili... di renderci questa meravigliosa avventura almeno pi umana...
La continuit, ho sempre sostenuto questo, un flusso che non esclude anzi ammette la crisi e la ricerca per la sua soluzione...
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24/4/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci
Marrucci parla di problemi veri che larchitettura dovrebbe risolvere ma sottovaluta il fatto che il suo problema principale, dellarchitettura intendo, quello linguistico, rigorosamente teorico.
Il resto in mano alla tecnica, che padrona assoluta della storia e nessuno ne discute le capacit. Finalit e mezzi forse, ma non la dote di darsi traguardi precisi e raggiungerli con precisione.
Ci che danna gli architetti non quasi mai cosa dire ma come dirlo. Poi le cose possono anche complicarsi compenetrandosi, ma il problema principale rimane sempre quello di dover riempire con dei segni un foglio bianco.
Sul concetto di continuit bisogna evitare i sofismi.
Continuare, persistere nellincoerenza non porta alla coerenza. Se si incoerenti per tutta la vita non si pu, per questo, chiamarsi coerenti. E viceversa.
Cos come, rivolgendomi a Pacciani, la pretesa continuit e coerenza della tradizione storico-architettonica persiste nella sua coerenza anche quando questa si dice incoerente rispetto a chi, ad essa, si oppone. una semplice questioni di segni: due negazioni confermano.
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7155
di andrea pacciani
del 24/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Lazier dice e sottoscrivo:"La discontinuit, il rinnovamento continuo, l'incertezza, questi s sono gli argomenti della nostra storia. Un continuo e costante conflitto tra regola e tradimento. Senza questa tensione non avviene nulla. Senza questa tensione non c' adattamento, evoluzione e quindi non c' sopravvivenza. La vita ha bisogno di calore e il calore solo disordine, discontinuit. Il nuovo a tutti i costi, anche forzando il linguaggio? In queste condizioni (fisiche, oggettive) assolutamente s! Serve alla sopravvivenza. La continuit la fine, peggio del ritorno al passato."
Ma quello che non vedete che l'unico segno di discontinuit che si pu dare a questo periodo storico dell'architettura quello catartico, anche forzando il linguaggio e un nuovo periodo classico alle porte inevitabile come dopo il gotico fiorito o dopo il Rococ; guardate Dubai o le torri di Milano o qualsiasi altra recente terra di conquista della modernit in cui questa si potuta esprimere senza il giogo del passato e dell'identit dei luoghi; siamo orami ad un capolinea della modernit del secolo scorso, siamo esattamente al Rococ della modernit al gotico fiorito del razionalismo. Chiamarlo espressionismo contemporaneo o sperimentalismo un alibi che si scioglie come neve al sole.
Mi sembra miope vedere in una rinascita della tradizione un segno di continuit con il passato! sono passati cent'anni di sperimentazioni del movimento moderno e delle sue derive. Girate per le citt ad occhi aperti e la normalit, la continuit e la tradizione (quasi oserei dire) sta in un edilizia che per quanto malespressa figlia dell'accademia degli ultimi cent'anni.
La discontunuit oggi l'ecososteniblit a cui l'agonia della modernit non riesce a dare un volto o una faccia presentabile (i giardini verticali, le doppie pelli o altre amenit sono risibili....).
Ribadisco che oggi avanguardia, ci che fa male all'autorit costituita dell'archistatment, e quindi nel suo pardosso di conservatore, proprio il principe Carlo. Forse involontariamente, dapprima paladino di un modo conservatore di intendere l'architettura, oggi depositario dell'unica via d'uscita per l'architettura dall'implosione autoreferenziale e dall'assorbimento da parte di altre discipline quali il design o l'arte gi agonizzanti degli stessi problemi...
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7149
di giannino cusano
del 23/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Lazier, grazie dei chiarimenti. Pienamente d'accordo che "Siamo come gli antichi perch, come loro, si vuole essere moderni. La modernit, quindi, appartiene a tutti i tempi."
"Non temporizzabile perch non la si pu appiccicare ad un perdiodo storico definito."
D'accordo anche su questo. Solo, ho il sospetto che ci sia anche l'altra met: cio che i suoi problemi e contenuti-forme mutino e siano, perci, in s temporalizzati. Per es., nulla di pi borrominiano della Palazzina di Passarelli in via Campania o dell'Habitat di Safdie a Montreal (e pensare che c' ancora chi parla di astoricit del Movimento moderno!) ma quel riportare Borromini all'attualit credo sarebbe stato completamente diverso 50 anni prima o dopo quelle due opere.
Bye,
G.C.
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23/4/2009 - Sandro Lazier risponde a giannino cusano
S. Credo anch'io che l'esito dell'architettura non possa appartenere a nessun tempo. Credo altres che, per primo, Zevi abbia compreso come, senza un buon motore, nessuna architettura pu dirsi tale solo per la sua forma. Il motore dell'architettura una costante (quindi senza variabile temporale) tensione morale verso il rinnovamento, che appartiene ai protagonisti di ogni momento della storia. Questo credo sia il succo della frase.
PS: abbiamo inserito la carta del Machu Picchu del '78
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7150
di Renzo marrucci
del 23/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Si lo capisco, ma da questo mezzo che interessante per la vivacit che permette, poi rischia di diventare pesante anche per chi legge... E bisogna pensare,almeno io penso, posso anche sbagliarmi chiaro, che se si riesce a dare stimoli e ad ottenere stimoli... gi interessante. E a dire il vero stimolante il mezzo. Pi che terrone sei passionale, ma questo un pregio. La passione oggi rara e va stimolata negli altri semmai.
Leggere la citt quello che hai fatto quando scrivevi di Roma. E si va avanti a prendere coscienza di come formata la citt, perch solo osservandola con gli occhi di un uomo, si capisce dove consente la vita e dove la soffoca... dove si sviluppa aggregazione e perch, dove si vive bene anche se gli edifici non sono il massimo... In altre parole non avere la sindrome del capolavoro che ti spinge sulla strada abbagliata, falsamente intellettuale. Capire le cose semplici ci aiuta a capire le cose meno semplici e a riconoscere dove si sbaglia e dove altri sbagliano... Io ci provo sempre e mi piace, devo ammetterlo.
Uno volta mi sono trovato ad assistere alla presentazione da parte di R. Piano a Ponte Lambro( periferia di Milano), di un progetto residenziale commisionatogli se ben ricordo dall'Europa. Mi sono infiltrato in quella sala dalla grande curiosit ben sorvegliata e ho ascoltato il mago magistrale mentre interrompeva, come se fossero dei registrati collaboratori... i suoi due giovani architetti... Dire che ne ho riportato una impressione fortemente deludente poco perch il progetto non nasceva a Ponte Lambro, ma nel suo studio... nonostante mandasse i suoi a giro per questa realt... appariva come una sorta di scena di fronte al sindaco e alla sua giunta l radunata a ricevere il dono e in una sorta di gran segreto...
Il progetto era formato da due volumi rettangolari paralleli distesi, con gruppo di scala al centro che li raccordava... ero allibito per la sceneggiata.
Ricordo che Piano tir fuori lidea dellarchitetto condotto che sta in mezzo ai mutuati a recepire le difficolt chiacchere, parole senza passione, distaccate e formali
Ponte Lambro ha bisogno di essere ricreato, ritrovato, riorganizzato in forma umana, sociale e nei volumi esistenti( come tanta periferia italiana) non ci voleva molto a capirlo, solo predisposizione a recepire e saper leggere il brano di citt. Bisognava leggere la citt, o il pezzo di citt e capire cosa manca, per eliminare il disagio e farne un luogo dove vivere, dove poter stare accanto agli altri e perch non funzionasse e per quale motivo produce degrado e smarrimento sociale... Niente di tutto questo...
Caro Giannino leggere la citt vuol dire capirla umilmente e personalmente ...avere pazienza e non farla capire ad altri su commessa. Ricordo bene la lezione che ne ho tratto e che mi spavent la leggerezza della risposta...
Se non sono riuscito a spiegarmi ora ci ritorno sopra...
Renzo Marrucci
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7153
di giannino cusano
del 23/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
X Renzo: PS
col termine "passato" intendo qui un patrimonio di soluzioni e forme avulse dai loro contenuti, impunemente prese alla lettera e in prestito per operazioni "friggi e mangia", acrtitcamente catapultate nel contesto attuale, senza minimamente comprendere la situazione odierna. Questo saccheggio formalistico della storia un'operazione consumistica ben peggiore del male che dichiara di voler combattere.
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7152
di giannino cusano
del 23/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Renzo, ti sei spiegato benissimo.
Due soli appunti (o dis-appunti):
1. scrivi: "Pi che terrone sei passionale, ma questo un pregio!"; grazie; solo che per me il pregio maggiore essere "terrone" :)
2. il nuovo: la vita va avanti e pone problemi che il giorno prime non immaginavamo nemmeno. Affrontarli con strumenti obsoleti significa solo non centrare i nuovi problemi e stravolgere anche vecchi equilibri: un discorso del tutto generale, peraltro. Non solo architettonico o urbanistico.
Qual stata la novit dell'architettura e dell'urbanistica organica, tra le altre? L'impegno sociale. E hai ragione quando rivendichi un'architettura e una citt fatte "per l'uomo" (sottintendo "di oggi", perch quello ottocentesco o feudale possiamo solo sforzarci di immaginarlo). Penso che abbia ragione persino Eusebio d'Inghilterra, in alcune motivazioni e moventi (poi, direi proprio che con questa storia delle citt violente, voraci e disumane .secondo me si esagera).
Ma pu, la terapia, saltare a pie' pari la complessit dei problemi come oggi si presentano e, rifugiandosi nel bel tempo che fu, sperare di essere efficace? Io penso decisamente di no. I fenomeni, peraltro, non sono ingovernabili perch sono complessi -assunto che spesso induce nell'illusione che semplificando l'immagine della realt semplifichiamo anche la realt, a tutto vantaggio del demagogo di turno-: sono ingovernabili per anomia e per carenza di vera tensione progettuale. Che come dire tensione morale.
Dunque il "nuovo" significa capire che siamo entrati, da qualche decennio, in una dimensione in grandissima parte sconosciuta ai nostri avi. Se il futuro non pi quello di una volta , nemmeno il passato lo : e non pu, in quanto tale, aiutarci. Pu solo essere (ri)assunto in una cornice inedita. O gireremo a vuoto. E' in parte vero, secondo me, che le archistar si aggirano in una dimensione narcisistica. Ma chi ripropone un banale ritorno alle cose buone e genuine del villaggetto sereno di un tempo non mi pare, francamente, da meno: anzi! Credo che si tratti di due chiavi altrettanto inutili: perch destinate a porte che o non ci sono o non menano da nessuna parte.
Cordialit,
G.C.
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7151
di Renzo marrruci
del 23/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Il "nuovo" in s non vuole dire niente rispetto ad un sistema che vive.
La risposta ad un problema se tale risolve e allora il nuovo, contiene cio li elementi che servivano alla vita e allasua funzione per andare avanti, migliorando l'uomo. Il nuovo in s pu essere sbagliato e non risolvere ma aggravare, come spesso succede oggi. Imposto da chi crede senza capire ,distrugge anzich costruire eppure magari crede di costruire...Il nuovo pu avere forme e aspetti accattivanti, esere ben pubblicizzato ma una volta realizzato essere controproducente in fatto di educazione e affezzione, di tutto ci che serve alla vita per progredire e anzi induce alla regressione perch sradica e non promuove nuove forme di vita accettabili ecc... Il nuovo in s non basta, non sufficiente, deve poter aderire, essere necessario al proseguimento della realt e migliorarla... Un architetto serio a questo deve tendere... un dovere morale...
Due scarpe nuove non sono migliori se sono di un numero o di fattura diversa dal tuo piede... Camminar non queste scarpe peggiora la sos
tanza della tua vita. Scusa il paragone che mi venuto ma calza...
Leggere la citt come aderire sempre alla necessit e risolverla... e questo esprime l'idea del Nuovo, seriamente ed autenticamente nella continuit del mondo, e quindi della citt che ne una espressione prima
ria.
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7139
di Renzo Marrucci
del 22/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
W il quasi Re!
Caro Giannino fai pure il disegnino perch non si capisce bene quello che dici. Principi e Re, Imperatori o Consoli oppure Contesse e materassi... Dicono quello che dicono, ma se affermi che il nuovo tutela l' antico, non solo devi fare il disegnino, ma lo devi anche spiegare bene! I casi in cui il cosiddetto nuovo (a piacere?), cio alquanto "a-specificato", tuteli l'antico, a parole fa effetto e nei fatti... fa tragici danni spesso irreversibili. Si parla della maggioranza dei casi e ovviamente di ambiente urbano come di architettura e territorio
Si va dalla borsa merci di Pistoia di un certo G. Michelucci, che aveva il pallino raro del nuovo accanto allantico e nella natura e cos la capacit di andare avanti... contro l'insofferenza di capire l'architettura storica di quella parte di architetti che credono di essere la vetta del mondo e di imprimere il propriocome dire: aristocratico, altezzoso, incriticabile segno? A tutela non solo dellantico.
Se reclamava lo scarpaio o se preferisci lo scudiero del principe, cosa dici gli avrebbero riso in faccia? Nessuno se lo sarebbe curato? Se invece contesta lui in persona allora gli rimproverano di usare il suo aristocratico piglio? Farlo per i canali non giusti e balle varie? Ammesso che possa avere, il Carlo, una certa antipatia per certi architetti "super-archi-travi-star", non certo il solo che sente il peso di una sovraccaricante, manipolante cordata da sistema globale... che impongono e non presentano n amano discutere e solo presenziare... e quale sarebbe il torto eventuale? l'aver manifestato senza peli sulla lingua il proprio pensiero? Altri lo avrebbero fatto in modo pi ragionato e convenzionale... ma sempre critiche a denotare non una dichiarazione di continuit nella citt, cio una ricerca architettonica di materiali e qualit, ma uno strapotere convenzionale di segni archi-super-travi-star, che il Carlo non ha.... sebbene Principe e quasi Re, condiviso! Almeno qualche volta fa bene allorecchio caro Giannino in questa nuova epoca di fagocitato extramedioevo a pagamento che, direttamente, il quasi Re dica quello che pensa... e andrebbe bene si facesse di pi e spesso in giro... Re o chiunque altro.
Non dimenticare che il Carlo, quasi Re, non propriamente solo-quasi-Re ma anche cittadino che dalle sue frequentazioni trae per il proprio giudizio critico. Lo scarparo, o lo scudiero, nonostante lepoca pseudo-evoluta... non spessissimo si pronuncia e forse anche perch non conoscono i canali giusti?
Renzo Marrucci
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7138
di giannino cusano
del 22/04/2009
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Un' idea per la Ricostruzione: proposte per l?em
di
La Redazione
Finalmente si respira un po' d'aria buona: ottima iniziaiva!
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7140
di giannino cusano
del 22/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Renzo, mi sa che tenter di fare il disegnino e,ad Antthesi piacendo -che ancora una volta ringrazio per lo spazio che mette a disposizione di tutti- credo che prender ad esempio Roma dopo il 1870. Devo acquistare un nuovo scanner, perch il mio glorioso hp, nonostante il vetro invece della plasticaccia e nonostante lenti e prismi di tutto rispetto, fa i capricci. Cosa ovvia, visto che lavora indefesso ormai dal lontano 1992, ma insomma: tant'. Un po' di pazienza, per favore :).
Come sia, anticipo, a grandi linee, cosa intendo con "solo creando il nuovo si pu preservare l'antico". Le vicende di Roma sono, come per gran parte delle citt italiane -con pochissime eccezioni- emblematiche e contrassegnate, a grandi linee, da un errore di fondo enorme. Che questo: di fronte ai nuovi problemi posti dal drastico cambiamento di dimensione e di organizzazione della citt nuova, si interviene non inventando un organismo di tipo inedito e consono ai problemi dei tempi, ma "espandendo" il centro storico. Illudendosi, cio, che la citt potesse configurarsi "per parti" (ricorderai certo le inani teorizzazione di Aldo Rossi sulla citt "per parti") appoggiando le esigenze della nuova vita urbana sostanzialmente sulla vecchia struttura. E, sostanzialmente, andando a rimorchio del mercato edilizio con piani per lo pi di ordinaria amministrazione, invece di indirizzarne gli esiti verso un organismo consono alle mutate condizioni di vita.
Il primo risultato stato di soffocare il centro storico entro cinture concentriche di raggio sempre pi ampio, invece di capire che Roma si espandeva "naturalmente" verso Est. Il secondo e conseguente risultato, stata l'impossibilit di ogni decentramento di funzioni incompatibili con la citt storica; il terzo la necessit (del tutto gratuita) di procedere a sventramenti sempre pi massicci del centro storico. Perch? Ovvio: perch espandendo la citt tutt'attorno al centro, nasce il problema di consentire al traffico veicolare di attraversare il centro stesso per connettere tra loro le nuove espansioni.
Iniziamo subito con gli sventramenti ottocenteschi e si prosegue, poi, con quelli sempre pi invasivi del primo '900 e del fascismo. Si dice che quegli sventramenti avessero una logica: verissimo, a partire dalle premesse che ho rapidamente delineato. Il punto che le premesse erano sbagliate. E quali erano? Forzare l'antico a farsi carico dei nuovi aspetti della vita moderna, stravolgendolo, invece di "inventare" il nuovo organismo facendo s che il vecchio centro rimanesse un quartiere dell'intera ciitt, questa s investita delle nuove dinamiche, invece di farsi carico di problemi che non poteva affrontare e risolvere. E' semplice, mi pare. le ripercussioni sono enormi: si guardi l'Oratorio dei Filippini, per es. Lo sventramento di corso Vittorio ha totalmente alterato la lettura della sua facciata e reso incomprensibile il celebre angolo con via dei Filippini. Quella facciata e quell'angolo erano stati pensati per una visione ravvicinata e di scorcio, mentre ora risultano sfocati e appiattiti dall'ampio invaso antistante. E' solo un piccolo esempio. Perch si arriva a questo? Per creare una via a scorrimento veloce che attraversasse il centro connettendo il quartiere Rinascimento ai nuovi nodi di largo Argentina e al sistema viario di piazza Venezia e, di qui, via dei Fori Imperiali-Colosseo-Circo Massimo-EUR, da un lato, via Nazionele-terme di Diocleziano-Termini dall'altro. Non era affatto necessario arrivare a questo. Si pensi, ancora, alle enormi manomissioni del quartiere di Tor di Nona o a corso Rinascimento. Si era giunti persino a pensare di distruggere le testate di piazza Navona -crimine riuscito solo in parte- per farne un'altra arteria a scorrimento veloce. Tentativo, per fortuna, fermato sul nascere.
Gran parte della storia urbana della capitale post-1870 costellata da una selva di progetti per l'ammodernamento e il rifacimento del centro storico, che erano nient'altro che suoi stravolgimenti. Era necessario? Per nulla: bastava pensare seriamente la citt nuova. Si pensi che entro questa cornice il Brasini immagin persino di collocare in centro storico la nuova sede del palazzo Littorio: una piramide tronca gigantesca che avrebbe dovuto superare quasi del doppio l'altezza di San Pietro. E si pensi, ancora, alle zone archeologiche e al parco dell'Appia antica. L'equivoco romantico di restituirle alle letture del Gregorovius o di Stendhal era perdente e impraticabile, perch comunque vi arrivavano i fischi dei treni, i rumori del traffico e vi si vedevano sull'orizzonte i profili della citt post-unitaria. Cosa si fece? galvanizzati dal mito di riportare il parco dell'Appia ai tempi romantici, non si sa perch, e stante l'impossibilit del sogno, non si procedette, per es., a una sistemazione adeguata del verde che il pi possibile prendesse atto delle nuove condizioni e dei nuovi problemi venutisi a profilare. Si
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7142
di Renzo marrucci
del 22/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Il nuovo allora non tutela la citt
Ma questo dimostra che se non si sa leggere la citt e non solo la citt storica... si distrugge e basta o si altera rovinosamente il rapporto con la continuit funzionale e ambientale della citt. Ma se questo l'assunto che non si capiva... allora per me accettabile. Gli slogam assai pericoloso farli perch fungono da pretesto... un formidabile pretesto alla committenza di oggi per interrompere lo sviluppo della citt e farlo cadere in catalessi con i numerosi segni di architetti filo archi-super-travi-star... Con le loro architetture nuovissime che se ne fregano della citt e del cittadino ma ci tengono molto alla loro narcisistica performace... Dire che "il nuovo tutela la citt" senza spiegarlo non , abbi pazienza, igienico, ma crea condizioni che aprono le porte alla "tumulta" equivoca della peudo architettaglia d'assalto che imperversa, in una disastrosa autostima, a danno non solo della citt ma di tutti.
La continuit organica, pensata, rispetta la qualit urbana senza arroganza e non solo il modo di evolvere la funzione della citt nei suoi aspetti umani e sociali, ma consente un dialogo che si riversa nell'architettura e quindi nell'uomo, ne ascolta i bisogni e li interpreta con sensibilit che speciale matrice del vero nuovo che si rapporta sempre a ci che vive... e a ci che ci consente di vivere nell'armonia... Questo tipo di nuovo una tutela, o se vuoi ragiona con la citt e non ne scarica i valori distorcendoli o disinnescandone il contenuto come oggi accade in ogni luogo a dirla fuori dai denti. Se la commitenza oggi deresponsabilizzata grazie alla politica e si disinteressa al contesto, nella sua massima parte, ne risente la citt e la cultura della citt, e in buona sostanza siamo noi tutti che ci perdiamo. Oggi cos la nostra citt cresce Lasciamo perdere luoghi comuni caro Giannino Non una questione di veline
renzo marrucci
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7143
di giannino cusano
del 22/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Caro Renzo, scrivi:
"Oggi cos la nostra citt cresce "
e per molto tempo cresciuta vorticosamente. Questo, da un secolo e mezzo in Italia, un fatto nuovo. Non lo si affronta con metodi calibrati su una citt che cresceva poco e lentamente.
prosegui:
" Lasciamo perdere luoghi comuni caro Giannino Non una questione di veline"
chiss perch i luoghi comuni sono per lo pi quelli degli interlocutori, quasi mai i nostri. Ho portato fatti e mi aspettavo altrettanti fatti a smentirmi, non astratte e preconfezionate enunciazioni teoretiche.
Quanto agli "slogan", dipende: se sintetizzano un pensiero, servono eccome.
Ma ti ringrazio per il tuo intervento: tutto sommato mi fa venire il dubbio che il famoso "disegnino" sarebbe con ogni probabilit fatica e fiato sprecati, tanto miope, degradato e ridotto ai minimi termini il dibattito .nel nostro Paese. Cio depresso, in tutti i sensi: morale, ideale e dei contenuti.
Non mi sorprende che siamo agli esibizionismi da archistar, se non siamo stati capaci di po' pi alto il livello e il costume generale. Quegli esibizionismi sono una conseguenza, non una causa. E ci accaniamo a combattere il sintomo senza cercare di guardare oltre.
Cmq, caro Renzo : amministriamo l'esistente! Tiriamo a campare! Sull'incarico e il consenso del giorno dopo, magari conditi di facili e incolti populismi, brindando alla sconsolata e desolante celebrazione dell'ideologia della sconfitta e dello sfascio alla tavola imbandita dal marchesino Eufemio. A me pare un banchetto funebere. Lascio volentieri ad altri i Krier e mi tengo altrettanto volentieri il buon, "vecchio" Piccinato, ancorch riattualizzato. Purtroppo, sono inguaribilmente astemio, da questo punto di vista :)
Chi vivr vedr :)
Un caro saluto,
G.C.
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7145
di Beppe Rinaldi
del 22/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Vorrei commentare l'articolo e non entrare in polemica con chi gi intervenuto.
Prendo atto del fatto che questi archistar, Piano compreso, non si pongono affatto il problema di come intervenire nella citt per renderla vivibile agli abitanti, e con strumenti sostenibili (che non siano cio inutilmente faraonici).
Non si pongono affatto il problema di criticare nei fatti e con sapienza- loro che potrebbero permetterselo- quest'uso criminoso (nei confronti della Comunit) della rendita.
Nossignori, loro narcisisticamente si autocostruiscono, con i soldi dei palazzinari (pardon investitori) sparsi per il mondo, la citt a loro (frammentaria e tossica) immagine.
Mettendo in difficolt citt e cittadini.
Anche loro, a loro modo, tengono famiglia.
E questa sarebbe architettura?
Ma a chi vogliamo darla ad intendere?
Loro (valga per tutti Fucksas con lo stadio in area Fondiaria e Casamonti con Fondiaria, sempre a Firenze) hanno dimostrato di avere molto a cuore il fare l'architetto del principe (della rendita).
E qui mi si vengono a criticare le "ingerenze" di un vero principe in una "supposta" "grande" architettura?
Io direi primaditutto di guardare la trave nel nostro (anzi, nel loro) occhio.
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7146
di renzo marrucci
del 22/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
In un commento non facile argomentare per varie condizioni e anche il tempo sempre di profilo. Non ho creduto opportuno farlo ma lo far con pi calma, in un altro momento, che la questione non finisce con l'ultimo rigo purtroppo. Cio dovevo argomentare la continuit organica di una citt o di qualche citt per essere anche io fuori dal luogo comune
e vero? Ma... caro Giannino io sostengo che si deve essere contro ten
denza al modo di fare in uso tra pessimo committente e superarchistar o mi sbaglio? ( finanziaria, o altro che gli assomigli..)E se questo ora una sorta di sistema o modo di fare che viene imitato dai precursori della "tumulta" e del "si pu fare ci sono le tecnologie" come se fosse una sfida in astratto dimenticandosi di tuto il resto come lo fa il Fuksas, il Piano, la Hadid e aiutetemi voi nella filastrocca noiosa di questa sorta di pseudoartisti dello spettro della multinazionalit architettonica... che ha dimenticato l'uomo o lo ripete nei concetti stereotipati che gli sono ormai noti... Io penso a chi fa il mestiere dell'architetto con amore e con grande difficolt, che crede sia necessario progettare per la felicit dell'uomo sotto forma di cittadino abitante della citt... o del paese o del territorio... Io penso a chi non conosce il luogo della sua progettazione e lo conosce dai filmati e dalle foto o per racconti vari... Io penso a chi ci v su quel luogo e cerca di capirne le peculiarit e le esigenze di chi ci vive e elabora con l'architettura che vi esiste risposte praticabili e coerenti con i materiali e la vita che vi scorre. Quando vedo organizzazioni umane mi fermo e ci rifletto e mi chiedo come funzioni e quale sia stata la magia che le fa funzionare e che l'architetto ha scoperto e cercato senza presumere di cambiare o considerare l'uomo come una marionetta da infilare nei pertugi di spazialit immaginata sulla carta e neanche spesso voluta.
Che cosa la modernit se non una risposta concreta al presente nei problemi che palesa e che affliggono l'uomo? Poi verr il capo d'opera ma certo non attraverso la sponsorizzazione di qualche acciaieria o altro...
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7147
di giannino cusano
del 22/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Scrive Lazier:
Nino Saggio in un intervento al Convegno di Zevi sulla paesaggistica (Modena 19/09/1997)
(snip) Ma io l'ho capito una volta [cos' la modernit] , veramente, quando con le sue domande a trabocchetto, mi disse "Ma insomma, che questa modernit? ...". E io: "Certo non temporalizzabile" e lui: "... la modernit quella che trasforma la crisi in valore".
Zevi interviene. "Ma non mia!".
Ho bisogno di un supplemento d'informazione: non ho capito a cosa si riferisce quel "ma non mia!": alla frase? alla modernit, in quanto magari trasforma la crisi in valore? Non ho compreso proprio lessicalmente.
Come sia, trovo vero che Siamo antichi perch abbiamo il problema della modernit. (ma questo non vale, penso, solo per l'Italia): cio della flagrante e perenne realt dei problemi che abbiamo davanti, oggi e per il futuro, come ce l'aveva Borromini all'Oratorio dei Filippini o a Sant'Ivo, lo scavatore dei sassi, l'abitatore e affrescatore delle caverne o dei nuraghe o Arthur Dyson. E dunque, nemmeno x me si pone il problema di sapere se + moderno Wright o Arnolfo di Cambio.
Penso, poi, che la cultura non serve a nulla, se non ci aiuta a centrare gli ostacoli che abbiamo davanti e ad abbattere i concetti morti.
La modernit non temporalizzabile perch, a mio parere, non ha bisogno che qualcuno la temporalizzi: intrinsecamente temporalizzata o non . Non le si pu, credo, imprimere la variabile "tempo "dall'esterno come si applica una crema rassodante.
Bye,
G.C.
PS - sommessa domanda: su Antithesi non riesco a trovare la carta del Machu Picchu. O non ben visibile, o non c'. Nella seconda ipotesi, non sarebbe utile pubblicarla anche qui, bench la si trovi anche in altri siti?
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22/4/2009 - Sandro Lazier risponde a giannino cusano
"Ma non mia!" riferita alla frase. Infatti di Baudrillard.
Siamo come gli antichi perch, come loro, si vuole essere moderni. La modernit, quindi, appartiene a tutti i tempi. Non temporizzabile perch non la si pu appiccicare ad un perdiodo storico definito.
Per quanto riguarda il concetto di crisi, mi pare oggi accettato generalmente. Nei processi ripetitivi (tautologici) della natura (biologia) o dell'uomo (comportamenti sociali) solo le differenze (anche piccole) producono cambiamenti (anche grandi). Differenze dovute ad errori di riproduzione. Errore, quindi, crisi che si trasforma in valore.
La carta del Machu Picchu, in effetti, non l'abbiamo mai pubblicata. Provvederemo al pi presto. Grazie
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7148
di giannino cusano
del 22/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Renzo, sono un passionale terrone d.o.c. e me ne vanto. Ogni tanto, pur senza incazzarmi, mi accaloro non poco se cose che a me sembrano naturalissime, quasi scontate, mi pare siano recepite un po' distrattamente. Ma una mia impressione. E' che .vorrei pi contraddittorio, argomenti e calore per poter andare oltre. E vorrei che anzitutto le contraddizioni interne ai discorsi di cisacuno venissero evidenziate e minate senza piet: solo cos, credo, si cresce tutti.
Cmq non importa: abbiamo tempo..
Una cosa devo chiedertela: dici che il problema non il "nuovo" ma quello di saper leggere la citt. Mi spieghi la differenza? Io non riesco a vederne.
Grazie,
G.C.
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7144
di Sandro Lazier
del 22/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Modernit:
Nino Saggio in un intervento al Convegno di Zevi sulla paesaggistica (Modena 19/09/1997)
Come abbiamo capito da Zevi, noi siamo antichi: noi architetti italiani siamo antichi. Lui vive con Lanfranco, ha parlato due minuti fa con Terragni, i nuraghi sono dietro l'angolo. Ma abbiamo capito un'altra cosa: siamo antichi, noi italiani in primis, perch abbiamo il problema della modernit, e questo nessuno come Zevi ce lo ha fatto capire. Siamo antichi perch abbiamo il problema della modernit. Sappiamo che modernit non un concetto temporalizzabile. Il problema non se pi moderno Michelangelo o Libeskind, il problema non Libeskind o Lanfranco, chi il pi moderno? Se il problema della modernit non un concetto temporalizzabile, allora che cos' la modernit?
Io, come molti di voi, conosco a vari livelli il Professore da tantissimi anni, e quindi in qualche maniera tutti abbiamo sentito questo problema. Ma io l'ho capito una volta, veramente, quando con le sue domande a trabocchetto, mi disse "Ma insomma, che questa modernit? ...". E io: "Certo non temporalizzabile" e lui: "... la modernit quella che trasforma la crisi in valore".
Zevi interviene. "Ma non mia!".
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7135
di giannino cusano
del 21/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Permetta, Pacciani: lei si rivolge a Lazier, cui certo non voglio fare da difensore (non ne ha bisogno e risponder lui stesso, se lo riterr) ma la faccenda non riguarda solo Lazier, evidentemente.
Lei scrive:
... Carlo mi sembra proprio che proponga e non neghi come fanno i modernisti....
Sue posizioni previlegiate in ambito della cultura architettonica dominante tra le Lobby immobiliariste, accademiche e editoriali non vedo poi dove siano, anzi....
Tolleranza rispetto alle differenze mi sembra che manchi da parte dei modernisti verso chi sostiene l'architettura tradizionale...
Viene spontaneto chiedere:
1. che intende con "modernisti"?
2. tolleranza per lei significa tollerare qualsiasi imbacillit venga in mente a un signore, per definizione "d'alto ingegno " solo perch "d'alto lignaggio" o diritto di critica, di dissenso e persino di satira e di sarcasmo?
Mi passi il parallelo, le assicuro privo di qualsiasi ironia: che le assonanze, a volte, riecheggiano con prepotenza. Anni fa, durante il noto processo e non credendo alla versione ufficiale, indossai a lungo una t-shirt con su scritto in bella mostra "I love Pacciani!". Ricorder la storiaccia toscana dei "compagni di merende", no?.
Ora, non posso certo indossarla di nuovo per lei: primo perch non imputato di alcun delitto, e nessuno per fortuna le imputa alcunch, secondo perch la trita e frusta faccenda di "modernisti" vs. "tradizionalisti" mi suona come una pessima imitazione di una pappina Mellin buona per tutte le occasioni. Che come dire per nessuna; e solo con i poppanti, naturalmente.
Ripeto: solo creando il nuovo si pu tutelare l'antico. Si spiega, si capisce abbastanza da s, o devo fare un disegnino?
Con totale dissenso,
G.C.
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7131
di andrea pacciani
del 21/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Finalmente una buona notizia! grazie per la segnalazione.
Direi che questa sollevata d'armi dell'intelligentia dell'architettura modernista una vittoria senza precedenti per il Principe di Galles!
Da sempre snobbato per le sue tesi oggi considerabili all'avanguardia, intesa come opinine controcorrente allo stato di predominanza culturale, evidentemente oggi comincia a fare paura a qualcuno.
In un periodo di implosione autoreferenziale della cultura architettonica dominante, le lobby immobiliari globali delle archistar si sentono minacciate dalle pressioni di un personaggio che oltre Poundbury e una manciata di volenterosi seguaci alla ricerca di far vivere bene le persone in luoghi decorosi, non ha costruito niente in confronto e non ha possibilit di ingerenza nella cultura architettonica istituzionale ed accademica (gli hanno anche chiuso tempo fa anche un'universit dove voleva si insegnasse architettura tradizionale).
Mi sa perci che pi che Carletto l'ha fatta nel letto, sono le archistar che se la fanno addosso! coda di paglia? giganti d'argilla? che le cose stiano cambiando? che le lobby immobiliariste delle archistar comincino a pensare di scaricare qualcuno? troppo presto per crederci, ma se son rose....
Tutti i commenti di andrea pacciani
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21/4/2009 - Sandro Lazier risponde a andrea pacciani
Mi spiace ma il vostro, suo e di Pagliardini, concetto di democrazia pecca dequilibrio. Infatti, non c nessuna simmetria tra proporre ed ostacolare. Larticolo dice reo di aver utilizzato la sua posizione privilegiata per bloccare il progetto.
Nessuno di noi vuole impedire al principe di costruire per s, o per chi vuole seguire le sue teorie, le case in stile neogotico o rococ. Cosa che invece lui puntualmente fa usando la sua influenza non per proporre ma per negare.
Sottoporre al giudizio pubblico le opere da realizzare? Mi sembra populismo, sintende nel senso pi nobile del termine, quello che ha una concezione essenzialmente virtuosa della volont popolare, unica titolare di valori sociali particolari, ai quali vanno per sacrificate virt universali come la ragione astratta e la conseguente autonomia del pensiero.
Democrazia, secondo me, soprattutto tolleranza e rispetto delle differenze. Che vuol dire lasciar parlare tutti senza proibizioni. Se non piace, non obbligatorio ascoltare (o guardare).
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7132
di giannino cusano
del 21/04/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l?ha già
di
Teresa Cannarozzo
X Zappal
Non si capisce perch e con chi tu ce l'abbia, ma non mi pare ci sia alcun obolo da pagare.
Chi crede, racconta o ha raccontato la propria esperienza. Io ho osservato per lo pi due tipi prevalenti di reazione: 1. negazione dell'accaduto continuando imperterriti a fare ci che si stava facendo un attimo prima del sisma, come se nulla fosse accaduto; 2. senso di terremoto e sgretolamento interiore, di fallimento totale della propria esistenza.
Quanto ai dati sul sisma di Santa Lucia, o di Carlentini, del 13 Dicembre '90, per averli basta andare sul sito di un qualsiasi osservatorio sismologico straniero, se non ci si fida di quelli italiani. Dubito, per, seriamente che tutti gli osservatori del mondo si mettano d'accordo all'istante per alterare i dati e minimizzare i danni.
Fisheries & Oceanis Canada riporta questi dati (rilevati dall'USGS -U.S. Geological Survey) relativi ala stima degli "Tsunami Hazards" (http://www.pac.dfo-mpo.gc.ca/sci/osap/projects/tsunami/js/decades.pdf):
1990, December 13. A 5.3 Ms (5.5 Mb) (USGS) earthquake at 00:24 UT near Sicily, Italy, caused at least 18 fatalities and 300 injuries. The most damaged cities were Augusta, Carlentini, Lentini, Melilli, Militello, and Priolo Gargallo. At Augusta, sailors observed an anomalous wave offshore. In the Augusta district called Contrada Granatello the road along the coast was flooded by a wave. At Catania small submarine landslides were reported, and, at Agnone Bagni, close to Augusta, bathymetric changes as large as 50 meters were reported. Lo Guidice and Rasa, 1990; De Rubeis et al. 1991; PDE.
Validity 4.
dove Ms=Magnitudo di superficie, Mb= Magnitudo di volume.
So benissimo che il sisma fu minimizzato, dimenticato e sostanzialmente i danni non furono mai finanziati. Qui serve, credo, una precisazione: la scala MCS (Mercalli) fenomenica: misura gli effetti di un sisma (=intensit), non la sua energia effettiva (Magnitudo), per cui la stessa Ml (Magnitudo Richter) pu produrre effetti molto diversi da zona a zona, in funzione della natura e dello stato dei manufatti e della natura del sottosuolo.
Mi risulta pure che Augusta sede di insediamenti petroliferi sui quali occorrerebbe riflettere seriamente (insisto: in un quadro di seria pianificazione territoriale, una buona volta in Italia!). Pochi anni fa feci il giro dell'isola partendo da Palermo e passando per Trapani, tappa alle Egadi, poi di nuovo Trapani-Sciacca, sosta di 10 giorni a Noto, poi -grosso modo- Caltagirone-Siracusa-Catania-Palermo. Di Sciacca, per inciso, sulla splendida spiaggia ricordo un ristorante sul mare dove, dopo un lungo bagno in mare, ho mangiato delle sarde a beccafico davvero indimenticabili. E' di un bergamasco, mi pare, con moglie del posto, ma non ricordo il nome del ristorante. E' abbastanza famoso, cmq.
Come sia, venendo al discorso "architettura": sono dell'avviso che SOLO CREANDO IL NUOVO SI PUO' TUTELARE L'ANTICO. Spero, con l'aiuto delle maiuscole, di aver chiarito una volta per tutte il mio pensiero. Ma questo per me non vuol dire buttar via i "presepi" e restare sordi alla loro lezione storica. Se il nuovo irrinunciabile, dal mio punto di vista il "nuovismo" sempre un grosso rischio.
A presto,
G.C.
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7137
di giannino cusano
del 21/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
X Pacciani.
Ha scritto:
... 1) per modernisti intendo ... gli architetti che dal primo movimento moderno fino agli ultimi eclettismi storicistico-moderni, o agli ultimi sperimentalismi, credono ancora nel potere salvifico del nuovo e nella tabula rasa rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio come si fatto per secoli nella storia
Che gran confusione.
1. modernismo" un movimento cattolico, dissidente ed eretico, che alla fine dell'800 tent di aprire la chiesa ai problemi che i nuovi tempi ponevano, invece di rimanere illusoriamente trincerata nei tab della Controriforma. Successivamente, il M. divenne anche un movimento letterario e architettonico formalistico ed eclettico, visto che si occup di stili e non di contenuti. Indubbiamente, il M. interseca l'Art Nouveau e predispone un formidabile congegno pop che influenza, in qualche modo, anche la ricerca di Gaud: quanto meno, gli consente di intrecciare diversi in una fortissima visione unitaria e per nulla eclettica. Ma la statura creativa di Gaud certo debordante rispetto ai miscugli stilistici del M. e di Domenech y Montaner. Ora: io non sono cattolico e nemmeno cristiano, quindi non posso essere modernista; ergo: il discorso non mi riguarda. Moderno si, invece: e questo lo rivendico senza mezzi termini.
Eclettismi storicistico-moderni? E che roba ? Me lo spieghi, per favore: sicuramente un mio limite, ma non ne ho mai sentito parlare. Perdoni l'ignoranza, sa com': lei cos tollerante :)
Potere salvifico del nuovo? Il nuovo non un capriccio, non nuovismo: credo che le sfugga che dalla prima rivoluzione industriale in poi si pi volte spostato il cuore stesso dei nostri problemi sociali e questo, assieme a un'accelerazione mai vista prima, ha imposto la ricerca di risposte efficaci alle quali la riduzione a stile dell'architettura e della citt non poteva fornire risposte adeguate. Sto parlando di contenuti. Quanto alla tabula rasa rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio come si fatto per secoli nella storia, anche questa una frase a dir poco criptica, oltre che astorica e fuori tema. Penso che lei sappia che Richard Rogers o renzo Piano sono impegnati in prima fila sul tema della sostenibilit. E penso che lei dovrebbe sapere che questo uno dei cardini centrali della modernit, in particolare del movimento organico.
Detto questo, vengo alle insulse imbecillit di Carlo e di Krier, che cosa affatto diversa dal chiamarli imbecilli. Se dicono sciocchezze, dicono sciocchezze: c' poco da fare. Magari sono le persone pi intelligenti del mondo, ma in quel momento dicono corbelleria. Altro giudicare un concetto, altro giudicare le persone. Se insistono, per, farebbero meglio ad occuparsi d'altro.
Ora, in termini demografici lo sa quante Poundbury ci vogliono per coprire il fabbisogno urbano di Londra? Circa 1500. Per Tokyo, da 1600 a Poundbury a 2000, secondo che il calcolo si faccia sulla popolazione notturna o diurna; pi o meno lo stesso per New York o Citt del Messico e cos via. E pensiamo, con Poundbury, di affrontare i problemi della dimensione e della crescita urbana? Poundburyu pi o meno grande come Vignanello, delizioso paesino della Tuscia. Che bisogno c' di farne altre? Se uno desidera, si trasferisce in paesini come Vignanello: ce n' a iosa, in Italia. Ma davvero i problemi di Roma, Milano, Napoli, Genova pensiamo di affrontarli a colpi di Poundbury o questo solo un modo evasivo e narcotizzante di far finta di aver risolto che quei problemi o che non esistano?
Mi creda: la citt-giardino, con tutti i suoi limiti, una risposta molto pi efficace, nonostante tutto. E se il marchesino Eufemio d'Inghilterra, che evidentemente vive fuori dal mondo della gente comune , di quelli che tutti i giorni vanno in fabbrica o in ufficio a guadagnarsi il pane, avesse lontanamente immaginato che il Movimento moderno annovera Howard tra i suoi maestri, forse avrebbe fatto miglior figura come urbanista e peggiore come comico. Su Krier stendo un velo pietoso: non colpa sua, temo: proprio non ci arriva. Solo che a un architetto -o sedicente tale- non si pu certo perdonare di ignorare cosa sia la polemica anti-urbana di Lewis Mumford, di Frank Lloyd Wright o di Jane Jacobs e di che portata e spessore siano i temi delle risposte da loro elaborate e le battaglie che hanno innescato sulla citt-territorio. Per tacere di Garnier, L.C., Erskine, Safdie, Renaudie.
La verit, caro Pacciani, che qui c' chi, col Movimento moderno, si batte giorno per giorno nel vivo dei problemi, rischiando di persona sconfitte e centri, e chi invece si trastulla con paesini-outlet spacciati per soluzioni al nulla. Perch si tratta, per lo pi, di evasive fughe dalla realt.
Auguri,
G.C.
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7134
di andrea pacciani
del 21/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Gentile Sandro Lazier, capisco il tentativo di difendere la giovane redattrice che ha letto ingenuamente la notizia alla rovescia...., ma se vogliamo entrare nel merito:
Carlo mi sembra proprio che proponga e non neghi come fanno i modernisti....
Sue poiszioni previlegiate in ambito della cultura architettonica dominante tra le Lobby immobiliariste, accademiche e editoriali non vedo poi dove siano, anzi....
Tolleranza rispetto alle differenze mi sembra che manchi da parte dei modernisti verso chi sostiene l'architettura tradizionale...
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7136
di andrea pacciani
del 21/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
A domande rispondo anche se i suoi modi non mi invogliano certo a farlo
1) per modernisti intendo semplicemente gli architetti che dal primo movimento moderno fino agli ultimi eclettismi storicistico-moderni, o agli ultimi sperimentalismi, credono ancora nel potere salvifico del nuovo e nella tabula rasa rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio come si fatto per secoli nella storia
2) La credibilit, o imbecillit secondo lei, del principe Carlo in temi di architettura nascono da un libro da lui scritto nel lontano 1989: A Vision of Britain: A Personal View of Architecture; quindi il patrocinio (non i soldi) per la costruzione di un villaggio tradizionale nella periferia di Londra che si chiama Poundboury, raro successo di vivibilit nei sobborghi di Londra. La costituzione di un albo all'interno del RIBA di architetti tradizionali, l'obbligo di una % di insegnamenti all'interno delle facolt inglesi di architettura tradizionale; Tutto il movimento del New Urbanism in USA (CNU) e INTBAU nel resto del mondo che costruiscono secondo questi principi, credo siano ottenuti non certo per lignaggio, piaggeria nei suoi confronti ma da 20 anni di opinioni condivise e quasi sempre senza alcun eco reale nel dibattito architettonico
Quanto a : solo creando il nuovo si pu tutelare l'antico un opinione che rispetto, ma non condivido: la storia dell'ultimo secolo la smentisce con i fatti.... e forse qualcuno tra i piani alti comincia ad esserne stufo di questa storiella se le archistar cominciano a temere il principe Carlo, mai ammesso prima d'ora ad un pari livello di confronto critico architettonico dal mondo delle archistar.
Il buon critico non pu negare che qui la notizia, non nel contenuto della dialettica o dall'esito del dibattito inglese su quell'intervento, quanto nel cambio di scala di uno dei partecipanti. Fin adesso considerato come da lei un imbecille, Il Principe Carlo viene assunto ad interlocutore reale nel dibattito, perch si vede che la sua voce comincia a dare fastidio e a sentirsi troppo; e adesso tocca loro prenderlo sul serio.... ma rifletta che non ha niente a che fare con il lignaggio, purtroppo per lei, ma sui contenuti.....
tralascio per educazione ogni commento su magliette e pappine
con cordialit
Andrea Pacciani
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7133
di giannino cusano
del 21/04/2009
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'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Carlo: il marchesino Eufemio del XX sec.
Questo non ha nulla di Carletto e manco di Pierino: dice di quelle cretinate da far rabbrividire. Anni fa scrisse un saggio, "Good and Bad Manners in Architecture", che ebbe il merito certo di ridare attualit ai celebri, sferzanti versi di Giuseppe Gioacchino Belli:
A d trenta settembre il marchesino,
d'alto ingegno perch d'alto lignaggio,
di nel castello avito il suo gran saggio
di toscan, di francese e di latino.
Ritto all'ombra feudal d'un baldacchino,
con ferma voce e signoril coraggio,
senza libri prov che paggio e maggio
scrivonsi con due g come cugino.
Quinci passando al gallico idioma
fe' noto che jambon vuol dir prosciutto,
e Rome una citt simile a Roma.
E finalmente il marchesino Eufemio,
latinizzando esercito distrutto,
disse exercitus lardi ed ebbe il premio.
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7130
di pietro pagliardini
del 20/04/2009
relativo all'articolo
'Ed io che sono Carletto l'ho fatta nel letto...'
di
la Redazione
Ringrazio per l'invito:
" infatti essenziale in una democrazia moderna che giudizi privati e pressioni lobbistiche da parte del principe non vengano usate per deviare il corso di un progetto di pianificazione aperto e democratico che tuttora in corso".
Bene, benone: cosa vuol dire progetto di pianificazione aperto e democratico? Che il progetto verr messo ai voti dalla popolazione nell'ambito di una scelta? Se s, sono pronto a scarificarmi in una strenua e non incruenta battaglia accanto ai firmatari.
Se qualcos'altro una presa in giro. E sembrerebbe cos perch si parla di "ampia consultazione locale" gi fatta, un'espressione che detta in Italia puzzerebbe di bruciato (ma pu anche darsi che in GB non sia cos).
Crede qualcuno che lor signori siano disposti a sottomersi ad un giudizio popolare autenticamente libero e democratico dietro espressione del voto, come giusto che sia in una scelta importante per la citt, che appartiene a tutti, al proprietario dell'area, all'architetto, anche al principe Carlo in quanto britannico e soprattutto ai cittadini?
Lady Enrica Orsini do you know the italian expression "Valore civile dell'architettura" or, if you prefer, "Architettura come arte civica"?
Ma quanta sincera indignazione da parte della scrivente l'articolo, per avere il principe compiuto un reato di....lesa maest ai danni degli "architetti pi bravi del mondo"!!! Scorrer sangue blu in questo scontro, comunque andr a finire.
Ma chi li ha messi sul podio pi alto questi "architetti pi bravi del mondo"? Un sistema di consenso "democratico" e non opaco e per questo si intima anche al principe di comportarsi ad armi pari, oppure un apparato mediatico-culturale e finanziario poderoso, oltre alle loro indiscusse doti, i cui volti noti sono solo gli architetti?
Perch mai il principe, che immagino abbia qualche conoscenza in giro per il mondo, dovrebbe starsene in disparte e non provare a fermare un genere di architettura che a lui, lecitamente, appare sbagliata? Anche il Principe un suddito della Corona, anche se il secondo in grado.
Io, che non sono moralista, non mi scandalizzo del fatto che un architetto usi tutti mezzi leciti per assurgere ai massimi livelli e per restarci, ma che addirittura si arrivi a fare anche del moralismo distinguendo tra le pressioni lobbistiche buone e quelle cattive.......questa poi davvero grossa!!!!!!!
Ma addirittura si arriva a volergli impedire di esprimere anche i giudizi "privati"!!!
Zitto, principe, non commenti con nessuno, neanche con sua moglie!!!
Come se non fosse arcinoto il suo giudizio pubblico sull'architettura!
Qui davvero si raggiungono i vertici della farsa!
La realt che io leggo in quell'appello un errore per i firmatari e un segno di (relativa) debolezza.
E, francamente, non mi strappo i pochi capelli rimasti, semmai me li taglio cos non mi rizzano quando leggo appelli del genere.
Pietro Pagliardini
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7129
di maurizio zappal
del 20/04/2009
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Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Sono, un "terremotato", tra gli altri! E, s, anche a me capitato! Uno scampato, ai "calcinacci" della notte del '90, per grazia ricevuta da "S. Lucia" (secondo i cristiani!), il 13 dicembre in "Val di Noto"! Terremoto, definito dai "cronisti" e dai grandi "sismologi" Italiani, di serie "b", magnitudo 5,1 della scala Richter, con una durata di circa 45 secondi e soltanto (sic!) 17 morti! E con una paura di serie "a", dato che, per quanto mi riguarda, dopo una "cagnara" di animali, un silenzio/assordante, un boato/sordo, una parete polverizzata ai piedi del mio letto, uninterminabile manciata di secondi con "urli" incontrollabili di mia moglie, mi venne un attacco di "colite", fulminante! Certo, mobili e suppellettili erano stati sconvolti da forze di sovrumana potenza che neanche un maestro di "arti marziali" avrebbe potuto sprigionare! Ma la mia solida "disciplina" mi sostenne a dare, quasi quasi, pi aiuto agli altri che ai miei familiari (che si aiutavano gi tra di loro). Ognuno ha la sua "storia" e mi sembra banalmente infantile guardare chi se la vanta, chi misura la lunghezza della dignit di fronte al "dolore"! E se questo tipo di credenziali pare debbano essere lobolo da pagare per essere ammessi a discutere di "architettura", pazienza -mi verrebbe da dire: anch'io, l'ho scontato e, quindi, mi assicuro della concessione dellautorizzazione a discutere! Certo, sui dati di quel terremoto, per, non sono pochi ad avere forti dubbi o perplessit. Il territorio dellasse Catania-Siracusa, attualmente risulta classificato S-9 vale a dire "zona sismica di secondo grado" mentre secondo la carta sismica nazionale risulta classificato S-11 cio "zona sismica di primo grado". In base a tale classificazione non sarebbe stato possibile costruire insediamenti chimici e petrolchimici in una zona a cos alto rischio, ma poich proprio sul territorio di (Catania/Siracusa) e delle vicine Priolo e Melilli sorge uno dei pi grandi poli petrolchimici d'Europa, per il quale gli esperti in seguito al terremoto del 13 dicembre hanno temuto il peggio ed a causa di questo timore sin dal primo momento stato imposto il blak-out sull'informazione, pu serenamente farsi strada l'idea che, per ragion di Stato, (cos come per l'epicentro) non sia stata detta la verit neanche per l' intensit! Inoltre, qualcuno, si aspetterebbe che dopo unesperienza cos traumatica (quella della parete polverizzata che non auguro di provare a nessuno, neanche agli archi-antropologi) la mia visione dellarchitettura contemporanea sia cambiata di una virgola! Vi assicuro che neanche allindomani del mio terremoto avevo dubbi sulla mia identit/non identit e formazione culturale! Insomma, sul mio sentirmi pi uomo/uccello che uomo/albero (il riferimento va a Baudelaire, che non piace agli architetti!) ero e sono, ancora, pi pronto a progettare edifici terremotabili! E ritornando sullarchitettura, di cui nessuno vuol parlare, io, per intenderci, mi riconosco sempre pi nel pensiero e nelle opere di Eisenman che nel Palladio. Per cui tutte le oscenit narrate di ricostruzione (dove?!) in situ o di deportazione fuori le mura, mi lasciano basito! Cio, se una ricostruzione passa (passava!) per le mani di Portoghesi, di Gregotti, di Purini ovvio che bisogna immediatamente chiamare gli infermieri, perch sappiamo e conosciamo bene le loro mani (da legare). Insomma, larchitettura fatta dagli architetti e se questi sono scarsi o altro, viene fuori una citt scarsa o altra! Esister la citt, il presepino con il bue e lasinello, lidentit intranseunte ma senza architettura o con larchitettura dei nanetti! E mi pare che stiamo andando per lennesima volta in questa direzione! Va bene, continuate con la retorica dellarchitettura della partecipazione, delle cooperative miste (abitanti e professionisti) e con lintellettuale organico e vedrete che ci porterete a nulla o a qualcosa che somiglia sempre ed esclusivamente allaborto che riusciamo a fare dopo queste tragedie! Il modello cui guardare sono nelle costruzioni di Dubai, di Osaka, di Shangai, di Berlino, eccetera, nel futuro della storia e non nel ricovero dei vecchi paradigmi architettonici ed urbanistici della storia dei morti, di quei morti che sono stati i viventi del passato. Volete capire che non saremo "liberi" fino a quando non ripuliremo il nosto presente dal "paludoso" passato. Quel passato- storico che vi conforta e che vi fa scegliere il cabotaggio (il "mareggiare a vista") piuttosto che avventurarsi per oceani! E che non vuol dire banalmente non avere memoria ma utlizzarla secodo appercezioni contemporanee!
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7128
di pietro pagliardini
del 20/04/2009
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Berlusconi e il Piano Casa per chi ce lha gi
di
Teresa Cannarozzo
Giannino Cusano, non sar stato breve ma stato sicuramente efficace.
Pensare che lei non ha fatto che dire semplici, elementari dati di verit e trarne logiche deduzioni ma, di fronte al reality -terremoto messo in scena da TV e giornali le sue parole appaiono come una verit rivelata.
E' sempre pi difficile per tutti riuscire a filtrare le notizie per coglierne elementi di verit in mezzo alla massa strabordante di informazioni.
Sono molto pi scettico sulla sua convinzione che in questo paese possa funzionare una pianificazione e una programmazione come lei la immagina e come sarebbe teoricamente auspicabile.
Ma questa differenza, culturale ed istintiva, del tutto irrilevante rispetto all'importanza delle cose da lei scritte.
Pietro Pagliardini
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7124
di Vilma Torselli
del 19/04/2009
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Etica e disegno della citt
di
Leandro Janni
Ci che si evince dallarticolo, almeno secondo la mia personale lettura, che etica ed urbanistica siano due aspetti distinti della societ, che bisognerebbe far convergere ed integrare il pi possibile, avendo letica fortissime implicazioni sul nuovo disegno della citt .
In realt, credo, tra i due termini non c differenza, la citt etica il risultato della eticit (da ethos=costume) dei suoi abitanti, non necessario cercare convergenze, etica e citt sono la stessa cosa, luna applicata ai fondamenti programmatici e razionali del progettare, laltra ai risultati concreti della messa in atto degli stessi. Paradossalmente si potrebbe dire che la citt sempre etica, in quanto specchio della civilt che la produce, espressione tangibile della moralit, per usare un sinonimo, dei suoi cittadini.
Il concetto di bene comune non sempre stato lo stesso, variando a seconda delle epoche e in rapporto allidea del bene e del male cos come definita ed accettata nel codice di regolamentazione dei rapporti comuni in ogni tempo.
La citt di oggi discende dallidea di citt degli ultimi decenni, dagli anni Cinquanta ad oggi, quando la priorit condivisa, e quindi letica corrente, era quella di dare ad ogni famiglia italiana una casa, era lepoca dei facili arricchimenti privati, ma anche quella eroica del cooperativismo (di tutti i colori, dal rosso al bianco passando per tutte le sfumature intermedie), dopo la quale lItalia ha raggiunto un primato di cui non c certo da vergognarsi: la nazione in Europa nella quale maggiore il numero di abitanti che abitano una casa di propriet.
Oggi quel record ci presenta il conto, periferie inumane, inquinamento, cattivo utilizzo delle risorse, insufficienza delle infrastrutture ecc., cosicch oggi la priorit diventata unaltra, quella visione nuova dellurbanistica integrale e dellarchitettura sostenibile in linea con il pensiero contemporaneo (ecologico, sistemico, organicistico, olistico).
Cambiamenti sociali, climatici, tecnologici, economici hanno configurato una nuova idea di etica, modellata sui tempi, il che non significa migliore di quella di altri periodi, solo diversa, non significa creata o imposta ex-novo all'occorrenza, ma discendente per una naturale evoluzione da quella passata.
E passibile di cambiamento in futuro.
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7123
di giannino cusano
del 19/04/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l?ha già
di
Teresa Cannarozzo
Non sar breve.
Gli argomenti, giustamente, s'incrociano. Non conosco Gibellina, conosco un po' l'Aquila e il suo territorio. So che una citt di fondazione della met del XIII sec. nata come conurbazione di oltre 80 borghi o Castelli per ferma volont della popolazione, stanca delle angherie di feudatari di pochi scrupoli morali e ratificata abbastanza presto dalla monarchia sveva. Per inciso, la fine del regno normanno-svevo ha coinciso, per me, con l'inizio della fine del mezzogiorno d'Italia, da quel momento monco della Sicilia, data per ragioni strategiche agli Aragona, mentre per le stesse ragioni la parte peninsulare andava agli Angi. Questo nuovo doppio regno, nato monco e smembrato, rester per secoli sospeso tra Mediterraneo ed Europa senza poter compiere vere scelte strategiche efficaci e di lungo respiro. Ma chiudo la parentesi: porterebbe troppo lontano.
Le vicende de L'Aquila sono state tutt'altro che pacifiche, nel corso dei secoli. Lotte esterne ed intestine, aggressioni militari ora dei Durazzo ora del papato ne scandiscono frequenti momenti tragici. Il senso di identit di questi borghi, passati nel tempo a 99, rimasto molto forte fino a tempi recenti, ma ignoro se lo sia tuttora.
Ha ragione Lazier, a mio parere, quando afferma che il futuro quello che conta di pi. Sono un terremotato del 23 Novemvre 1980: so bene cosa vuol dire trovarsi in una manciata di secondi improvvisamente privi di qualsiasi prospettiva di vita. Come terremotato, sono un fortunato. Non solo perch nato in una famiglia benestante, ma perch la mia vita si era ormai trapiantata da Potenza a Roma. Come sia, la notte tra il 24 e il 25 viaggiavo con una enorme Peugeot presa in prestito in cambio della mia minuscola A112 per portare gi un carico di plaid e pane fresco raccolto in gran fretta con l'aiuto di amici pittori e scultori con i quali avevo improvvisato un centro di raccolta nella piccola galleria d'arte di fronte a casa mia.Era il loro ritrovo abituale e lo frequentavo spesso e volentieri. L'auto era zeppa e continuava ad arrivare roba che non sapevo pi dove mettere. Viaggiai di notte ma la speranza di trovare poco traffico fu sconfessata gi sulla A1 da interminabili colonne di mezzi militari e civili. Questi ultimi con le targhe pi disparate: Bologna, Firenze, Milano, Torino, Trento. E dimentico tantissime sigle non meno presenti.
Pensavo, guidando, a quanto strana l'Italia: anarcoide e individualista fino al menefreghismo pi esasperante, all'imprevidenza pi incosciente e allo scarso senso delle conseguenze organiche delle proprie individualistiche spavalderie, ma generosa nelle tragedie e grande nei funerali, specie collettivi. Quasi solo in quelli, per la verit. Pensai che tra le due cose ci fosse un nesso diretto e inscindibile di causa ed effetto. Non sono riuscito a cambiare idea. Anzi: me ne convinco ogni giorno di pi. Come sia, non immaginavo che quel viaggio si sarebbe tradotto in 18 anni di esperienza lavorativa maturata in zona sismica di prima categoria.
Dai sopralluoghi ingrati e frettolosi nelle case del centro storico a quelle nuove in cls. armato, a caccia di lesioni sospette, che dovevano concludersi in un "SI" o un "NO" ("agibile" o "bnon agibile") pitturato sul portone d'ingresso con vernici per strisce stradali messe a disposizione dall'ANAS, ingrate perch molti supplicavano, alcuni piangendo :-Scriva agibile. per carit di Dio, altrimenti dove andiamo a dormire stanotte?" fino ai pochi lavori svolti di ristrutturazione e adeguamento sismico. Passando per i 2 Convegni "Dal design all'habitat" organizzati nell'81 e nell'82 dall'In/Arch a Bari, nell'area della Fiera del Levante, regista l'instancabile Bruno Zevi, per focalizzare nuove idee per il rilancio del Mezzogiorno attraverso la ricostruzione. C'erano nomi come Luigi Pellegrin e Leonardo Ricci, per citarne solo due. Ma i politici erano, al solito, alquanto distratti. Mi feci un'idea che, anch'essa, doveva rimanere nella mia testa, per quanto in ogni occasione rivendicata con forza. E gi i sindaci degli oltre 280 comuni coinvolti precisavano a gran voce di volere la ricostruzione "com'era e dov'era".
Ecco: "adeguamento". Perch la L.219/81, poi Testo Unico del '90, imponeva l'adeguamento sismico e funzionale degli edifici, non solo la riparazione o ricostruzione di quelli danneggiati o crollati. E questo un primo punto da fissare bene in mente. Non significa nulla, infatti, dire che le case danneggiate sono il 30 o il 50 %. Bisogna anche prevenire, una buona volta, in una zona come quella aquilana ancora catalogata come sismica di seconda categoria quando, con ogni probabilit, pi realistico che passi alla prima.
Il florilegio immondo della stampa e dell'informazione nostrana ha, in questi giorni, raggiunto livelli sciacalleschi mai visti. Noi abbiamo un giornalismo che nel suo complesso , tecnicamente, fascista nell'anima: e sia detto senz
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7126
di Massimo Pica Ciamarra
del 19/04/2009
relativo all'articolo
Etica e disegno della citt
di
Leandro Janni
Ottimo articolo questo di Leandro Janni.
Lo commento riprendendono con qualche variazione considerazioni sul post-terremoto contenute nel mio "SUSSULTO: rifondazione del progettare" (sul sito INARCH).
"Etica e disegno della citt" possibile. Tutto ruota intorno allidea di progetto, ed anche a norme e procedure che regolano le trasformazioni fisiche degli ambienti di vita e quanto su questo incide: dai processi formativi di chi progetta, alle effettive integrazioni interdisciplinari; dalladeguatezza delle risorse, alla velocit complessiva dei processi attuativi. In Abruzzo sono crollati edifici completati in trentanni, con sovrapposizioni di progettisti, direzioni lavori, imprese esecutrici. Escono in piena evidenza cose note: sovrapposizioni normative, disattenzioni, superficialit, carenza etica.
Progettare/costruire/trasformare richiede competenze e conoscenze: risposte culturalmente e tecnicamente attente a domande intelligenti, oltre che a regole chiare ed evolute. A chi governa, richiede soprattutto vera capacit di visione.
"Etica e disegno della citt" chiedono anche una sostanziale revisione normativa che ponga al centro la qualit del progetto. Quindi che si distacchi dalla cosiddetta Merloni e suoi derivati; che cancelli le degenerazioni indotte dalla Bassanini che incentiva non programmazioni, verifiche e controlli, ma progetti spesso banalizzati; che elimini concorrenze feroci su tempi e costi accentuate dalla Bersani; che non si lasci illudere dal DdL Bondi e spazzi via equivoci e luoghi comuni; che introduca il progettista unico per tutte le fasi di progetto e direzione dellopera; che rifugga dai semplificatori terribili; che definisca la qualit degli interventi negli aspetti misurabili (sicurezza, energia, emissioni zero, ecc.) purch forti di quelli non misurabili (appartenenza al paesaggio, allambiente, qualit delle relazioni con i contesti, ecc.); che garantisca precisi ma giusti tempi di elaborazione di progetto e di attuazione delle opere.
Vi un apparato da svecchiare e una fiducia da rigenerare: oggi intorno alla stessa idea di progetto e di qualit vi enorme confusione, equivoci di significato, ignoranza delle conseguenze di regole e procedure. E invece proprio nella qualit dei suoi progetti che ogni societ esprime il suo desiderio di futuro, la sua capacit di gestirne i processi, di determinare levolversi e il miglioramento delle sue condizioni di vita.
"Etica e disegno della citt" auspica interesse per gli spazi "non costruiti", auspica un costruito al di l di egoismi e narcisismi: il vero "modello nuovo" non pu che rintracciarsi attraverso interventi che rispondano alle motivazioni che ne sono all'origine, ma che abbiano come primo obiettivo quello di immettere un "dono" nel contesto in cui si collocano.
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7127
di giannino cusano
del 19/04/2009
relativo all'articolo
Rapporto da una periferia territoriale:
la Val
di
Teresa Cannarozzo
Ho trovato ottimo e assai ben documentato questo rapporto. L'ho riletto atentamente, pi volte. Come pi volte ho visitato la meravigliosa terra di Sicilia, ma selettivamente, come mio solito, per cui quasi niente Belice, niente Gibellina. Poco male: ci sono concetti che si possono comprendere bene anche senza specifiche conmoscenze di merito. A patto, naturalmente, di leggerne i grandi tratti e le strategie che prefigurano, Non c' futuro possibile se si pretende di saltare a pie' pari il passato: occorre anzituto leggerlo con grande attenzione per capire cosa tuttora vivo. Tra by-passare in toto il passato in nome di una malintesa modernit e scimmiottarlo saccheggiandone a piene mani stili e non digerite forme, come fa Portoghesi a Poggioreale, non c' differenza alcuna, perch il passato in ambo i casi trattato da questione definitivamente chiusa, dunque priva di continuit col presente e col futuro e di qualsiasi possibile, vera innovazione.
Credo che uno dei passaggi chiave cui dedicare molta atenzione sia
Forse bisognerebbe riflettere di pi sul fatto che la somma di tanti edifici anche interessanti non produce automaticamente la citt, che il frutto di un processo di stratificazioni culturali, appropriazioni identitarie, relazioni sociali, scambi, economie, appartenenze.
Ecco: non s'impianta "citt" con la bacchetta magica. Questo delirio di onnipotenza ha ben poco a che vedere con l'architettura. E forse ha contribuito assai a posizioni retrograde successivamente risorte nell'Italia intera, per la sfiducia che ha indotto negli animi tanto velleitario "disegno" avulso da qualsiasi riflessione creativa sulla storia viva. Ed di storia che abbiamo bisogno: di cognizione di causa della situazione presente, d come si sia venuta formando, se vogliamo spingerci costruttivamente, cio creativamente, oltre.
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7125
di Renzo marrucci
del 19/04/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Teresa Cannarozzo comincia diventarmi simpatica... ci va gi duro con il piano casa. Lei cosa farebbe? Il piano casa per chi non ce l'ha? Lo dica chiaro e semmai ci dica anche come lo far o lo vorrebbe fare...visto che v gi di penna che proprio un piacere... Il mestiere dell'urbanista ripiglia quota rispolverando vecchi concetti nonostante gli scempi perpetrati nelle citt italiane ed il fallimento dell'urbanistica italiana... tutto sommato, meglio far finta di nulla... Questo il tempo giusto.
Berlusconi vuol fare l'Aquila 1 e poi l'Aquila 2 e via di seguito con 3 e 4... e va a portare la lieta novella nelle tendopoli come fosse il Messia che viene dopo il recente terremoto in terra d'Abruzzo. Come se poi gli esempi berlusconiani di edificazioni immobiliari a Milano abbiano portato qualit urbana... Solo alcune qualit private... Nessuno entra dentro al problema per cautela oppure per timore reverenziale? Ci sorprende vero ma bisogna ammettere che ha portar speranza si sempre a tempo... ma sarebbe bene andarci piano con tutti gli interessi che una realt come la ricostruzione della citt dell'Aquila smuove e sveglia tra centro storico e il resto della citt...e non si sa dove e come finir. Cautela e seriet sarebbe opportuno e rimandare gli spot alla fase dei fatti e non delle parole... ma non per far i saggi o altro... solo perch in Italia quando si voluto fare presto non stato peggio o mi sbaglio?
L'Aquila deve essere ricostruita come era prima del terremoto, ne pi ne meno applicando la sicurezza che deve essere applicata in quei territori a rischio sismico... molto chiaro e semplice... senza andar a sollevare
gli aspetti pubblicitari di una ricostruzione secondo principi da mercato immobiliare, che non sono propriamente opportuni nel caso della citt abruzzese piena di storia e senza grandi aspettative di incremento abitativo.
Tutto ci per non rischiare di farci rimanere male chi ha gi sofferto e infliggere anche l'umiliazione di una campagna pubblicitaria del tutto inutile.
Questo si dice perch i meccanismi della macchina statale o regionale non sono certo nelle condizioni di dare la massima garanzia possibile viste le esperienze pregresse e quelle ancora in atto. Per cui la misura cautela seriet e coerenza... almeno dove possibile... e aver memoria... attitudine poco italiana mi dicono...
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7118
di pietro pagliardini
del 18/04/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Mi sembra che Leandro Janni abbia confuso il "principio di realt", con la realt, e il Piano Casa con la ricostruzione dell'Abruzzo.
Il primo un errore di concetto, il secondo un errore di metodo e di obbiettivi.
Il principio di realt quel principio che consente alle mente di aderire alla realt delle cose e di non scambiare i propri desideri con quello che realmente avviene o potrebbe avvenire, di non scambiare cio i propri sogni, le proprie aspettative con la realt degli accadimenti.
Il terremoto una tragica realt ma, rispetto al Piano Casa almeno, non richiede affatto un ritorno al "principio di realt" da parte del governo, e questo per il motivo che il suddetto Piano nato s per "rianimare l'attivit edilizia", come dice giustamente Janni, ma con la piccola differenza che un'operazione a costo zero per lo stato, dato che mette in gioco solo una quantit consistente di piccoli capitali privati attualmente giacenti "sotto il mattone".
La ricostruzione un'opera colossale il cui attore principale non potr che essere, invece, lo stato, prima di tutto mettendo a disposizione ingenti capitali, non so come reperibili.
Direi che il principio di realt c'entra ma solo nel senso che Janni non lo applica affatto alle diverse situazioni che mette a confronto nel suo commento, applicando cio i suoi desideri, cio il non fare il Piano Casa, alla realt sbagliata, cio le scelte da fare per la ricostruzione in Abruzzo.
Pietro Pagliardini
Tutti i commenti di pietro pagliardini
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7117
di Leandro Janni
del 18/04/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Nelle nostre vite confuse, disperse e troppo spesso ormai virtuali, il principio di realt irrompe, a volte, con dolorosa e imprevedibile forza. E il caso del terremoto manifestatosi nel cuore dellAbruzzo, proprio durante il controverso dibattito, nazionale e regionale, sul cosiddetto Piano casa.
Ad ogni modo, se il dichiarato fine del piano (casa) voluto dal premier Berlusconi quello di rianimare lattivit edilizia (che si dice mortificata dalla generale crisi), non v dubbio che la ricostruzione di LAquila e dei minori insediamenti della sua corona offra una occasione, e insieme una responsabilit, di dimensioni straordinarie. Il restauro dei monumenti e il sistematico recupero degli insediamenti storici, messi in doverosa sicurezza sismica, dovranno attivare, e certamente per tempi non brevi, una vasta imprenditorialit di elevata qualit e ad alto tasso di occupazione.
Se si considera, poi, la imponente entit dei danni al patrimonio edilizio, anche pubblico, dellAbruzzo, si deve constatare che neppure i fabbricati pi recenti (che avrebbero dovuto adeguarsi alle normative antisismiche), come scuole e ospedali, hanno saputo opporre resistenza al sisma. E allora non certo arbitrario risalire a una allarmante condizione generale e alla dimensione nazionale di una responsabilit e di un compito che non possono essere elusi. Sicch si impone una strategia fondata su un ordine di incontestabile priorit, in un Paese interamente esposto, pur se in misura differenziata, alla vulnerabilit sismica. Converr dunque orientare la ripresa delle attivit imprenditoriali edili, non gi alla espansione-sopraelevazione della casa di chi gi ne dispone, ma alla priorit assoluta della messa in sicurezza dei luoghi nei quali Stato, Regioni, Province, Comuni adempiono ai servizi essenziali alla vita comunitaria, come innanzitutto scuole e ospedali. Un programma nazionale di dimensioni colossali, immediatamente attivabile, cui debbono essere destinate le necessarie risorse (anche distolte da meno urgenti impieghi) e che impegner per ben oltre un decennio la qualificata imprenditorialit delledilizia.
Tutto questo, ovviamente, valido, proponibile anche e soprattutto in una regione come la Sicilia. Ma, ci chiediamo: sapranno i nostri politici e amministratori regionali, anche alla luce delle recenti tragiche esperienze, contenere, limitare la costante, inesorabile, devastante cementificazione dellIsola e invece promuovere, attivare il risanamento, il rinnovamento qualitativo del patrimonio edilizio esistente? Sapranno, i nostri politici e amministratori, attivare una programmazione-pianificazione e una progettualit capaci di governare la complessit e valorizzare la bellezza? Sapranno, i nostri politici e amministratori, opporsi alla mistificante, fuorviante prassi delle opere faraoniche (su tutte il Ponte sullo Stretto) e condurre la Sicilia verso i territori moderni, auspicabili dello sviluppo sostenibile?
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7116
di enzo messina
del 18/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Gentile signor Ferrara,
la mia mail sull'articolo-commento da lei inserito, voleva e vuole soprattutto essere una reazione ad un atteggiamento secondo me molto presente nella nostra mentalit di denigrare e sostanzialmente guardare il famoso bicchiere sempre vuoto.
Non entro in merito nella polemica architettonica-stilistica di Gibellina e dei suoi monumenti in quanto onestamente non ne ho gli strumenti, ma ci che mi va di sottolineare che in fin dei conti il paese di Gibellina e soprattutto i suoi abitanti non se la passino cos male come lei sembra far evincere da quanto scrive.
Addirittura lei sostiene che a Gibellina sia diffice "trovarvi ragazze". Be allora io sono da considerare un caso raro, una specie di evento, in quanto mia moglie proprio di Gibellina.
Le posso pure dire che dall'alto della mia piccola esperienza, ed avendo vissuto per qualche anno nella ricca e ridente Emilia, le posso assicurare che anche l ho visto dei paesi che paragonati come dimensioni a Gibellina non offrivano niente di pi.
Gentili saluti
Tutti i commenti di enzo messina
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7114
di renzo marrucci
del 18/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Personalmente trovo commovente il Signor Messina. Agli altri dico che la Sicilia una bella terra e andrebbe visitata di pi magari passando da Gibellina e augurandole tutto il bene possibile...
Tutti i commenti di renzo marrucci
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7107
di maurizio zappal
del 16/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Per Sandro Lazier
Lazier, lei usa le armi a suo piacimento!
Mentre si adopera con la censura, propone patti di non belligeranza!
Una maniera tutta "identit" italiana!
Si vede che non ha familiarit nella progettazione a "quattro mani" e non capisce dove finiscone le prime due e continuano le altre e viceversa!
Ma siamo tutti grandi e vaccinati, per cui le sue illazioni mi solleticano, soltanto!Anzi, significano (le illazioni) che le difese vacillano e i "gols" entrano a tempesta! E' sempre in nome di quella "identit" ,di cui siete boriosamente orgogliosi che cercate la soluzione, dagli altri! Le competizioni "truccate"! e se, la proposta, non quella che avete gi in mente non la comprendete! insomma, miserabilit e "volpismo" tutte Italiane. "Per il resto non ho niente da dire oltre quanto gi detto".
Per Pietro Pagliardini
Pietro, se ti avessi voluto offendere, "...ti avrei tagliato la carne con tutto l'osso" (da Pietrangelo Buttafuoco-Fogli Consanguinei - 2003 ed. Ar), nel gergo dei galantuomini!
Mi dicono che ti prepari al restauro dell'Aquila con la sabbia dell'Adriatico!
Tutti i commenti di maurizio zappal
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16/4/2009 - Sandro Lazier risponde a maurizio zappal
A parte la solita mia caricatura, non capisco cosa sta dicendo.
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7104
di Sandro Lazier
del 16/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Per Tino Vittorio
Ribadisco centrano, da centrare, verbo transitivo, che significa colpire nel centro e, in senso figurato, cogliere con precisione. Credo che chi non soffra di una pedanteria rudimentale riesca persino ad apprezzare sfumature e differenze. Ma lei usi cosa crede, poco importante. E direi di posare il fioretto. Non il caso di farsi del male con litaliano.
Per il resto il suo commento dice: Lei, architetto, deve fare la casa che piace a me, secondo le mie convinzioni, le leggi e i materiali costruttivi pi sexy. Lei scherza. Mi ha forse scambiato per il maestro di cerimonie di Luigi IVX? Se ha gusto e convinzioni proprie si compri un po di riviste pornopatinate e la casa sexi se la faccia da solo. A lei serve un domestico eccitato, non un architetto la page come me.
Inoltre, per quel che riguarda la seduzione, sappia che, da buon namedropper, non nutro nessun interesse per i tromboni di terza fila. Detto questo, se vuole continuare ad intervenire perch tirato in ballo inopinatamente da un amico, veda in futuro d'essere informato e propositivo almeno quanto sa essere arrogante.
Per Maurizio Zappal
Se non ce la fa a respirare da solo, la prossima volta ricorra a qualcuno che darchitettura abbia almeno un refolo. Questo che ha portato, finora, di cosa dovremmo fare in Abruzzo, non ci ha detto sostanzialmente nulla.
Tutti i commenti di Sandro Lazier
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7108
di enzo messina
del 16/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Paolo G.L. Ferrara,
pur non essendo di Gibellina, ma conoscendola molto bene, insieme ad altri paesi, vorrei soffermarmi su alcuni concetti da te espressi.
Punto numero uno, mi pare che il tuo atteggiamento nei confronti di Gibellina sia assolutamente negativo e di parte. Se uno vuole vedere tutto nero, lo faccia pure, ma abbia l'onest intellettuale di dirlo chiaramente. Ti posso assicurare che la maggioranza degli abitanti di Gibellina sono contenti di stare in questo paese. C' uno spazio abbondante per tutti, (non esistono problemi di parcheggio). si pu dunque passeggiare tranquillamente per il paese o farsi una sana corsa, senza il pericolo che qualcuno ti falci con la macchina. I bambini hanno a disposizione anche loro ampi spazi senza particolari problemi di smog. Inoltre essendo il paese pianeggiante facilita tutto ci.
Tu dici che in paese non c' nessuno. Sfido io ad andare in altri paesi alle tre del pomeriggio o alle dieci di sera d'inverno e trovare persone per strada. Certo se fai il paragone con centri pi grandi o citt, be allora come voler paragonare una ferrari con una 500.
Tu il paragone lo devi fare con paesi che hanno su per gi la stessa dimensione o popolazione di Gibellina(S.Ninfa, Salemi,Vita,Calatafimi...)
Inoltre un consiglio, prova a venire d'estate (luglio-agosto) a Gibellina, ti posso assicurare che di sera nei locali (big-ben,caffe 2000...) c' davvero un movimento di persone notevole.
E' vero probabilmente non un paese dalle grandi prospettive, ma ti posso assicurare che nemmeno negli altri paesi si trova lavoro immediatamente o ci sono aziende industriali evolute...
L'emigrazione un fenomeno comune a tutta la Sicilia e soprattutto alla provincia di Trapani.
Posso inoltre dirti che tutto sommato il gibellinese preferisce restare nel proprio paese piuttosto che spostarsi in citt. E mi sembra pure logico!
Prova a costruire una casa a Palermo! Ci vuole il doppio se non il triplo dei soldi rispetto a Gibellina.
Inoltre tu hai visto le case che hanno a Gibellina,la piu piccola di 150-200 mq. Prova ad affittarti una casa a Palermo...
Tu inoltre parli delle opere d'arte di Gibellina come dei catorci da buttare. Ti posso assicurare che se lo stato mandasse pi soldi ai comuni, gli interventi di ricostruzione si farebbero, ma con la crisi che c' si tira a campare. Nonostante questo i turisti ci sono.
Insomma alla fine, vorrei consigliarti di non essere cos catastrofico nei tuoi giudizi ed esaminare le cose per come stanno e con attenzione.
Penso che dire che tutto sbagliato , tutto da rifare, non porta asssolutamente a niente.
Non abitiamo mica in Sudan...
Cordialmente
Enzo
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16/4/2009 - Paolo GL Ferrara risponde a enzo messina
Caro Messina, visto che l'ha citata, sono certo che Lei sappia molto bene cosa significhi "onest intellettuale". Dunque, inutile scomodare Adorno o Popper, etc.
Piuttosto, avrei piacere che Lei s'interessasse su Danilo Dolci, che il mio unico, vero punto di riferimento. Pensi un p: se hanno tacciato Dolci di mancanza di onest intellettuale, figuriamoci se io non possa accettare tale Sua opinione!. Vede, la mia onest intellettuale tale che sono consapevole che tra Dolci e me ci sono milioni di anni luce di
differenza. Puttosto, l'onest intellettuale dovrebbero averla gli architetti e gli artisti allorquando sanno di andare a costruire/esporre solo ed esclusivamente per il proprio interesse, senza curarsi per nulla di tutte le parole nel vuoto che propagandano allorquando si parla di "pianificazione dal basso", "rispetto delle tradizioni culturali", etc.
Cordialit e aspetto il Suo parere su Dolci.
PS.
Vivo a Milano ma sono di Sciacca, e ci vado spesso. A GibellinaNuova ci sono stato in qualsiasi giorno della settimana, a qualsiasi ora, in qualsiasi stagione.
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7111
di Vilma Torselli
del 16/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Ma vi rendete conto? Se tutta l'animata discussione che ci ha impegnato nei giorni scorsi partita da Gibellina, o meglio dall'idea che abbiamo di Gibellina, e se Enzo Messina ha invece ragione (n c' motivo di dubitarlo) ....... vuol dire che abbiamo discusso con tanta foga sul vestito dell'imperatore mentre lui se ne andava in giro tutto nudo?
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7112
di Antonino Saggio
del 16/04/2009
relativo all'articolo
Galvagni all'universit di Genova
di
Sandro Lazier
Ho visto alcuni dei video di Galvagni..quelli delle nuvole, quelli del mare ... ricercandoli, nuovamente, ho trovato invece questo interessante video di un recentissimo lavoro comune di Sandro e Mario. E' una chicca, visto che sono la terza persona che l'ha visto in linea!
http://www.youtube.com/watch?v=e97k6wWbI0Y
A me pare bellissimo che le collaborazioni culturali siano anche collaborazioni di pensiero e di progetto! Tra l'altro personalmente l'idea di una Roma colosseizzatta, ruderizzata, mi sembra plausibile quando applicata alla qualit dell'architettura di questo paese e a quanto di poco incisivo la Darc ha promosso.
Anche questo di Mario e Sandro un modo di dire, forse, che abbiamo veramente perso moltissimo la pazienza (io parlo di staffe, in senso tanto concreto e strutturalmente pertinente che, ovviamente, metaforico).
Sandro e Mario, se possibile mandate il link ai video, sono interessanti e naturalmente, questo il libro di LAra Vinca Masini curato da Sandro Lazier e Paolo Ferrara sull'opera di Galvagni
http://digilander.libero.it/galma/La%20ricerca%20silente.htm
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7113
di pietro pagliardini
del 16/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
No Vilma, perch dici questo? Non abbiamo perso tempo, tanto ognuno di noi avrebbe detto quello che ha detto sulla ricostruzione a prescindere dal fatto se Gibellina sia abitata o disabitata!
Figuriamoci: se due che conoscono bene Gibellina non si trovano d'accordo sul fatto se ci sia gente o meno (dovrebbe essere un dato piuttosto oggettivo), avremmo mai noi potuto cambiare la nostra idea di ricostruzione che poi vuol dire la nostra idea di citt, di urbanistica, di architettura, di visione del mondo?
Sulle sfumature, forse, ma sulla sostanza neanche a parlarne: nessuno sarebbe arretrato di un passo.
Nessuno di noi credo, e senza offesa se qualcuno convinto di essere cos laico da pensare il contrario, disposto a rinunciare ai propri convincimenti:
-c' chi ritiene, come me, che la ricostruzione del centro storico, debba essere "qui e uguale", perch ritiene l'identit e l'appartenenza al luogo elemento antropologico e biologico dell'uomo, e trova in una caso cos drammatico una situazione emblematica per verificare quei convincimenti;
-c' chi ritiene invece pi significativo, anche come segno di fiducia e di speranza nel presente e nel futuro, di sostituire ci che caduto con progetti nuovi e, come forma estrema, di lasciare tracce dei ruderi come ricordo della tragedia e dei lutti.
Per decidere (non per sapere) se ha ragione Ferrara o Messina temo dovremo andarci di persona e farci anche noi la nostra soggettiva idea, recandoci l con il nostro pre-costituito giudizio.
Da quello che ho visto dalle foto, e confrontandolo con il caso Friuli, propendo fortemente per il giudizio di Ferrara e, d'altronde, come possibile pensare ad una citt progettata da "il meglio degli architetti"?
Quest'idea poteva andare bene in presenza di un Principe, di un Papa dei secoli scorsi, non certo in una democrazia dove, il meglio o il peggio in questo campo non lo pu decidere un gruppo di esperti, un Presidente di Regione, una casta di critici, o chi altro delle istituzioni materiali o immateriali ma i cittadini. Marco Romano scrive che "la democrazia non ha lo scopo di perseguire scelte razionali cio oggettivamente giuste.....ma di prendere decisioni nella sfera collettiva riconoscendo a tutti la dignit dei loro desideri individuali...a prescindere dal loro merito".
Dunque la scelta per la ricostruzione una sola: sottoporre ai cittadini abruzzesi pi scelte argomentate, mettendo sul piatto pro e contro e lasciare a loro la decisione.
Sar quella giusta.
Pietro Pagliardini
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7102
di Renzo marrucci
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Sono nato in una citt storica che ha in comune con l'Aquila una forte identit storica e paesaggistica e naturalistica e se clicca un p ci arriva da solo. Per la polisapienza metropolitana che mi attribuisce le dir che godo volentieri con due fette di pane e mortadella, una bella birra e... magari "io" un bel bicchiere di vino rosso... specialmente se mi trovo nell'ambiente giusto altrimenti potrebbero anche andarmi di traverso...
E' proprio partendo dal piccolo centro che si capisce fino in fondo l'importanza dell'identit e qui non un problema di sapienza, mi perdoni... ma ben di altro... e mi dispiace che non lo capisca e tuttavia sono convinto che anche lei lo pu capire... se ci si impegna... naturalmente!
E facendo le esperienze giuste.... sia detto con il massimo della gentilezza, caro signor T.V.
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7100
di tino vittorio
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Per Lazier,
C'entrano e non centrano. Io non c'entro, non sono del ramo, ma vorrei centrare il bersaglio. I piani regolatori li fanno gli urbanisti, vale a dire i portatori dei saperi e dei bisogni qualificati della citt (inclusi i farmacisti ed esclusi quegli ingegneri che ritengono sia urbanistica l'elenco delle circolari e delle leggi e dei decreti, il calepino-bignami della giurisprudenza edilizia). Le case le fanno gli architettii secondo le loro convinzioni? Non ne sono convinto. Sono convinto che ognuno ha le sue convinzioni che non surrogano competenze. Lei, architetto, deve fare la casa che piace a me, secondo le mie convinzioni, le leggi e i materiali costruttivi pi sexy e che l'architetto deve conoscere (e sopportiamo che non conosca l'Eneide)nella lingua di Virgilio). E non pensi di sedurmi solo perch sbrizzia qua e l termini la page, nomi da namedropper o citazioni da Terenzio. Firmato : Out of the blue (caduto dal cielo)
Per Marrucci.
Paesanamente ricordo a lei che sull'identit la bibliografia adeguata la trova in saperi quali la storiografia e la psicanalisi. Lei non l'uno n l'altro. So che un architetto di polisapienza. Sar, anche,il contrario del paesano Lei e allora provi a dirmi quale fotogramma della sua vita dal primo giorno ad oggi quello della sua identit. L'identi nel mio paese si definisce alla fine e non all'inizio. All'inizio c' un trauma,nel mezzo mille e mille punti e fatti e amori e dolori risate, panini e birra, alla fine si tirano le somme, si congiungono i punti e si forma l'identit. Alla fine del mio paese, mio caro metropolitano. Qualcuno ha scritto che la fine (l'identit) la perfezione dell'origine. Pu essere questa definizione un compromesso accettabile?
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15/4/2009 - Sandro Lazier risponde a tino vittorio
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7099
di Sandro Lazier
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Per Tino Vittorio.
Senta Vittorio, lei non pu piovere dal cielo e scombinare le carte a suo piacimento. Stiamo affrontando un tema abbastanza complicato e il suo intervento non aiuta nessuno perch non dice come, secondo lei, si dovrebbe ricostruire. Quello che ha scritto sembra mirato solo a ristabilire titoli e competenze tecniche degli architetti, colpevoli a suo dire di interessarsi di cose che con larchitettura centrano poco. Secondo me lei sbaglia, e dovrebbe felicitarsi quando un architetto riesce a parlare con lei di Joyce, di Baudelaire, dell'Impero Ottomano di filologia romanza o di Hegel o di Spinoza o di Polibio perch sicuramente non sar solo un coglione che sa mettere quattro mattoni uno sullaltro. Ma quello che lei vuole sembra proprio questo. La sua considerazione per la categoria mi sembra peccare dingenuit e generosit.
Non vero che il dove e il perch di una costruzione non dipendono dallarchitetto. I piani regolatori chi li dovrebbe fare, il farmacista forse? Se lei possiede o acquista un terreno sul quale possibile edificare, qualcuno ha gi scelto per lei, di solito lamministrazione comunale con laiuto di un progettista.
Infine, mi preme ricordarle che nel progetto di un bravo architetto c la sua personale concezione del mondo e del tempo che sta vivendo, condizione particolarmente avida di rarit cognitive che si possono trovare solo fuori del proprio pascolo abituale. Pertanto se deve farsi la casa, si rivolga a chi vuole, destra o sinistra non importa, ma se lincaricato conosce anche Camus, meglio.
Per Maurizio Zappal
Mi perdoner se ho modificato il suo commento. Ho tolto riferimenti antipatici e offensivi che non servono niente e irritano soltanto. Per il resto non ho niente da dire oltre quanto gi detto.
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7098
di Renzo Marrucci
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Si rivolga a chi crede Gentile Tino V. ma, quale che sia l'architetto, si dovr agire nell'ambito di norme e programmi e criteri urbanistici che dovranno essere studiati e quindi applicati per riformare identit... E se saranno seri qualche cosa di interessante ne verr per tutti ! Anche da criticare e valutare, come giusto che sia, per fare una passo avanti e non kilometri indietro... La sua gentile Finocchiaro forse la prende un po troppo alla lontana ma si pu capire... L'importante che ci si avvicini a capire che i problemi di identit sono alla base di ogni realt sociale ed urbana e spezzarne la qualit-organica di cui Lei (mi perdoni) profila una visione un p paesana e superficiale (come f del resto anche il politico Finocchiaro da ci che lei riporta) e senza considerazione del fatto che soprattutto i terremoti, purtroppo, nel loro potere stravolgente, se cambiano le persone... rinforzano la voglia di ritornare a riconoscersi in un contesto culturale e urbano... di cui l'appartenenza formata dal carattere organico delle relazioni... da una forza di continuit visiva e funzionale somatizzata e pi o meno come capita in una comunit o famiglia... sguardi truci o d'amore che siano!
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7097
di maurizio zappal
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Lazier e Vilma, mi sforzo! le tesi paventate, chiare chiare, erano, sono,(boh?): "qui, qualcuno vuole fare un trucco nuovo e qualcun altro, uno falso! Rapido e leggero, il pimo, (new town!), lungo e pesantissimo, il secondo ("restauro" del "terremotato")"!
La mia terza via era, (boh?):"Demolirie completamente il "demolito" e ricostruirlo come e con la tecnologia che ci consente, l'oggi!"!
Lazier , senza restauro! Vilma demolire tutto e senza "patacche", con tanta carne e pesce! e con L'architettura degli architetti ...contemporanei!
Ora vi chiaro?
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7096
di tino vittorio
del 15/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Non vorrei ricominciare dall'uovo, ab ovo, ma sarebbe il caso di chirarire i fondamentali, gli elementi elementari. Una casa la costruisce un architetto sul terreno del proprietario. L'architetto non stabilisce il dove , delibato dal sismologo o dal geologo, ma il come. Il come e non il perch. Insomma l'architetto non un filosofo, non uno psicologo, non un letterato, non un grammatico, non tante altre cose surrogate dall'architetto che non vuole o non sa essere architetto. In questo forum si parla di Joyce, di Baudelaire, dell'Impero Ottomano. Io non sono del ramo. Ma quale titolo ha un achitetto per parlare meco di filologia romanza o di Hegel o di Spinoza o di Polibio? Ancora: ieri l'onorevole Anna Finocchiaro, da me amata, sosteneva a Ballar che bisogna ricostruire L'Aquila non soltanto nello stesso sito terremotato ma anche con lo stesso vicinato, in modo tale che, stendendo i panni alla finestra dal proprio davanzale, il terremotato sopravvissuto possa incrociare lo sguardo familiare (ferocemente familiare?) del vecchio vicino. Infatti, ad ogni trasloco ad ogni cambio di residenza o di domicilio ci si porta appresso tutto il condominio, cani gatti ed uccellini compresi. Inoltre: io non sono del ramo ma mi sento anarco-individualista, ho un terreno su cui costruire una casa. Mi rivolgo ad un architetto che avr convinzioni di Sinistra (come Fuksas o come Gregotti che costruisce per gli operai allo Zen palermitano cimiteri concentrazionari ma che si guarda bene dall'abitare lui - che ci tiene a dirlo- non operaio). Mi rivolgo, dicevo, ad un architetto di Sinistra che -invece di progettarmi una casa secondo le mie esigenze spazio-cromatico-censitarie - mi fa prediche politiche, pensando di essere in salotto fra colleghi filosofi, economisti, sociologi, linotipisti ed un p farmacisti. Che si fa? Chiamo il medico? o Camus?
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7095
di Renzo marrucci
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Gibellina l'esempio squallido di come non si deve fare... Ma pu esserci anche di peggio a ben vedere... Ci sono sperimentazioni senza vincolo della storia, teoriche e allucinanti e... realizzazioni pratiche tutte da capire... Essendo Aquila in Italia dove il rapporto con la storia ormai realt universale... Cio che riguarda il mondo! Abbiamo il dovere di recuperare L'Aquila secondo il suo cuore urbano e la sua anima proprio per continuarne la memoria semmai senza trascurare certe nuove intelligenti possibilit che si sposano nella realt pratica della memoria. L'identit pu essere salvata ricostruendo la storia senza pensare al "falso" che concetto ampiamente superato dall'importanza di una volont umana e identitaria della consapevolezza della coscienza del ruolo, anche storico, esercitato tra gli abitanti e la cultura di quella regione e via dicendo... Il Presidente del consiglio dice la sua ma poi gli fanno capire e si adegua... non il caso di storcere troppo il naso e la sua voglia di fare pu essere molto utile... La citt storica va rimessa in condizioni di essere se stessa... la memoria importante e la ricostruzione scienza oltre che cultura e il bravo Aug ha diritto di dire quello che pensa ma si va avanti per fortuna... e pu anche, inoltre, pensarsi di impostare la crescita meglio di come previsto e con regole e strumenti urbanistici pi operanti e mirati. E speriamo che ci accada... che non assolutamente detto... Speriamo che gli interessi che posso
no accalcarsi su questa nobilissima citt e cultura... non ne riducano in polvere l'identit abruzzese...
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7094
di Vilma Torselli
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Maurizio Zappal, mi sono riletta il suo primo commento ed estraggo quello che mi pare il succo pi pregnante: Demolire completamente il "demolito" e ricostruirlo come e con la tecnologia che ci consente, l'oggi! Gi ,rovine e ruderi (chiese, ospedali, palazzi pubblici, chiese) . Citt nuova nel vecchio sito! .. Un'architettura fatta da archistars ma anche e soprattutto da architettura fresca e giovane, .. mininimale ma non banale, fatta di materiali contemporanei come il vetro, letfe, lacciaio, lo zinzo, il titanio, la resina, il corian, leterno legno e il giusto cemento! Allora, la sfida del riscatto passa attraverso il coraggio del cambiamento e non del ripristino filologico/falso "
Confesso che neppure io vedo la terza via, a meno che lei non voglia intendere una mediazione un po pasticciata tra le due (modernismo/passatismo).
Citt nuova nel vecchio sito (pronta a crollare di nuovo al minimo movimento della faglia di 15 chilometri che spacca in due il territorio), architettura di archistar ma anche di giovani, fatta di materiali nuovi ma anche di quelli vecchi insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte: non c un po troppa aria fritta, per uno che, 'molto "seriamente" ', (sic!), unico in un gruppo che cazzeggia del pi e del meno, si ritiene all'altezza di dare un fattivo contributo alla causa?
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7103
di pietro pagliardini
del 15/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
A Maurizio Zappal non volevo replicare perch lui vuole zinco, carbonio, vetro, corten, ecc.manco fosse un campionario di una mostra di prodotti per l'edilizia. Al SAIE pu trovarne moltissima tutta insieme di questa architettura. E nel suo superomismo vede tante architetture quanti architetti epper le vuole anche belle senza poter dire quali sono belle; e come potrebbero essere belle o brutte se ognuno ha la sua? Ah, gi quelle dello zinco, del corten, del vetro, magari delle ceramiche di Sassuolo o del cotto Impruneta!
Rispondo per, perch volgarit del tipo "restauro del terremotato" se le tenga per s e non le attribuisca a me. Una cosa l'ironia, e Maurizio sa bene quanto so stare al gioco nel farla e subirla, altra la volgarit, quella vera e senza parolacce.
Pietro Pagliardini
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7085
di maurizio zappal
del 14/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Lazier, senta io non proclamo! Non ho n il ruolo n l'altezza!
Ho semplicemente detto che c' una "terza" via! La ricostruzione di L'Aquila in chiave contemporanea nel suo stesso sito! E certo non lo dico da "antropologo" del post moderno! Lo affermo da architetto contemporaneo e non come postmoderno, lantropologo della contemporaneit! Lei forse ha qualche problema con i "serissimi" Kraus e Baudelaire? Io li trovo molto pi contemporanei dei "tromboni" che "straparlarno" apparentemente profondo, ma chiaramente oscuro! "Accorati" a parole, di ridicola filosofia und sociologia a quattro un soldo, tutto insensato, di un "passatismo" falso del "piangiamoci addosso"! Ribadisco che senza architettura non c citt o meglio c la citt senza architettura, ci sono le grotte sulla roccia, i sotterranei in superficie, ricetto animalesco di soddisfacimento immediato dei bisogni primari, pasto crudo! Ho esortato, nel mio piccolissimo, di fare risorsa della disgrazia! Cosa devo fare di pi ? Le devo mostarare le mie "lacrime " per avere rispeto da lei? faccia uno sforzo intellettuale che c' anche un'altra maniera di vedere la faccenda!!!
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7084
di maurizio zappal
del 14/04/2009
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Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Pare, al solito che la partita sia "passatisti contro modernisti"! I giocatori in campo sembrano,da troppo tempo, sempre gli stessi! E ovviamente, la partita "truccata" ! Nel senso "cosmetico", naturalmente! E certo, il giuoco che mi piace, in questo mare di " balle" l'ironia per sdrammatizzare! Parafrasando K. Kraus, la cosmetica la scienza del cosmo urbano, qui, qualcuno vuole fare un trucco nuovo e qualcun altro , uno falso! Rapido e leggero, il pimo, lungo e pesantissimo, il secondo. Probabilmente, per me, tutto ci a che fare con l'architettura urbana! E c sempre unarchitettura urbana- E se manca apparentemente, presente come architettura deficiente, da deficienti! Mi sembra quindi abbastanza ovvia la soluzione che un architetto "ar/tificiere" debba perseguire per L'Aquila. Demolirie completamente il "demolito" e ricostruirlo come e con la tecnologia che ci consente, l'oggi! Gi ,rovine e ruderi (chiese, ospedali, palazzi pubblici, chiese) che opprimono e offuscano l'animo! Diamo una nuova opportunit a L'Aquila! Non lindecenza che fuorisce dal "decoro" formale, non la rendita formale della casa degli avi! Citt nuova nel vecchio sito! Citt che risorge perch risorger larchitettura!Larchitettura non solo dellazzardo ma azzardando un metodo da noi(Italia!) non perseguito! Un'architettura fatta da archistars ma anche e soprattutto da architettura fresca e giovane, (fatta finalmente anche dai giovani e azzardosi architetti "aquilotti!), mininimale ma non banale, fatta di materiali contemporanei come il vetro, letfe, lacciaio, lo zinzo, il titanio, la resina, il corian, leterno legno e il giusto cemento! Allora, la sfida del riscatto passa attraverso il coraggio del cambiamento e non del ripristino filologico/falso delle "volute e dei cagnoli! Una citt dove gli uomini, parlando di architettura che non lo pi, perch non hanno gli strumenti culturali di controllo, usano l'espressione " non pi quella di una volta", merita di essere rasa al suolo!L'Aquila, non perdere questa occasione di passare alla "storia", come la citt pi contemporanea d'Italia!!!! Non esiste una forma di citt definita e definitiva, tutto in movimento e in trasformazione ed questa la realt della globalizzazione, come aveva gi scoperto il "grande" Baudelaire che nella stupenda poesia "Il cigno, da I fiori del male" ci regala la consapevolezza di cosa la contemporaneit! Luomo albero si trasformato in uomo uccello, e poetizza La forma d'una citt cambia, ...pi in fretta del cuore di un mortale."
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14/4/2009 - Sandro Lazier risponde a maurizio zappal
Scusi Zappalà ma non riesco a seguirla completamente. Al di là dei proclami, il problema affrontato mi sembra abbastanza grave da pretendere un confronto approfondito e serio.
Se non altro per rispetto verso chi ha perduto tutto e sicuramente in questo momento è poco disposto agli entusiasmi della cosmesi.
Per quanto riguarda poi le ammucchiate delle archistars avrei qualche riserva. Nemmeno tanto piccola.
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7089
di maurizio zappal
del 14/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Ringrazio Vilma Torselli della sua segnalazione!!!!!!! E ahim, devo riscontrare che non c' nulla di valido in questo dibattito. Ognuno parla di quel che ha in testa, interloquisce con "l'amico" o "l'amica,"! Citando archi/sociologi, archi/antropologi , archi/filosofi! Ritenevo, questo si ,molto "seriamente" ,di dare un piccolo contributo alla causa, scrivendo della "terza via". Ma, subito, l'elemento di presunzione penosa dell'architetto, rappresentante dello Zeitgeist, viene fuori, vi scappa dalla mani! A questo punto ve la dico tutta! Fondamentalmente (e sono serissimo, sapendo bene quello che dico!), per me, non esiste l'architettura contemporanea, come non esiste la storiografia contemporanea, in quanto ogni spazio ed ogni storia hanno peculiarit proprie e forma degli agenti, degli abitanti. Storiografia ed architettura sono modi di rappresentare lo spazio "temporale" e territoriale. Esistono tecniche di elaborazione costruttiva (che devono essere le pi concrete contemporanee!) o di costruzione storiografica. Esistono architetti con la loro percezione dello spazio, con le loro idiosincrasie, con la loro intelligenza, con le loro tecniche costruttive. Insomma, ogni architetto contemporaneo un'architettura! Quindi se abbiamo questo "patrimonio" ce lo meritiamo!!!Se una citt brutta perch manca larchitettura e quindi gli architettti!!!!Se una citt verr fatta male perch non ci sar stato un archittetto a pensarla/progettandola ma un antropologo, un sociologo, un filosofo!Al contrario di Lazier , io non ho alcuna riserva mentale e professionale su tanti "geniali" architetti (vi piace chiamarli archistars e pazienza!) che se vedono un antropologo, un sociologo, un filosofo, sparano a vista e chiamano la neuro postmoderna !Insomma uno manco inizia a fare una "terza" proposta che gi si trova il prof. Roberto Grandi (del quale sconosco il book progettuale! chiedo venia!) dietro l'angolo! Ma vi sentite, voi, seri?
Tutti i commenti di maurizio zappal
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14/4/2009 - Sandro Lazier risponde a maurizio zappal
Zappalà, tralasciando inutili commenti e venendo alla sostanza, lei continua a citare la terza via ma non ho ben chiaro quali sono, per lei, la prima e la seconda.
Mi sembra abbastanza evidente e scontato che, siccome la città non è scesa del tutto, si cercherà di recuperarne il più possibile, restaurando e ricostruendo le parti mancanti o danneggiate degli edifici recuperabili. La trama ed il tessuto cittadino non dovrebbero essere messe in discussione. Qui si discute di come dovrà essere costruito il nuovo al posto del vecchio che non c’è più. Per conto mio dovrà esserlo con il linguaggio che ha maturato il nostro tempo. Per altri dovrebbe rifare il verso a ciò che c’era prima del terremoto. È a questo punto che mi sfugge la terza via.
Io apprezzo e ammiro il suo entusiasmo per il contemporaneo, ma se vuole portare beneficio alla causa non può dirci che siamo tutti cazzoni perditempo (anche i suoi alleati) che sparano fregnacce perché l’architettura basta e avanza a sé stessa. Questa convinzione è più o meno la stessa che ha generato Gibellina nuova con il contributo delle archistars di allora. Mi pare che il risultato non sia stato poi così esaltante. Conoscere qualcosa oltre l’architettura tout court, come un po’ di storia per esempio, non è disdicevole come lei sostiene. Se non altro aiuta a non ripetere gli stessi errori del passato.
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7087
di andrea pacciani
del 14/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Mi scuso in anticipo con Vilma Torselli ma mi pi facile esprimere la mia opinione modificando le sue frasi:
Parlare pertanto di persistenza dellidentit dei territori individuare, in un processo dinamico inarrestabile, il perdurare di invarianti tipologiche linguistiche, tecnologiche, urbane e architettoniche che hanno decretato il miglior successo dell'antropizzazione di quel posto.
Ricostruire comera e dovera vorrebbe quindi dire riprodurre e consegnare ai posteri non un preciso momento storico, ma molti momenti della vita della citt, non necessariamente i pi significativi e il pi pregevole, in cui i cittadini dell'Aquila si riescano ad indentificarsi, sentirsi in luoghi che gli appartengono e che amano vivere, che in una sola parola si chiama "Topofilia" (googolare per approfondire)
Rinuncio a spiegare a chi non vuol capire che il "falso storico" un problema che non esiste e anche su questo sito stato gi trattato (mi sembra per la Fenice e il campanile di venezia se non ricordo male...).
Molto realisticamente e amaramente mi aspetto una ricostruzione dell' Aquila ancora in mano all'esercizio delle mode architettoniche contemporanee, un po' stortignaccole, camuffate da un po' di legno e vetratate schermate ecocompatibili e bioarchitettoniche, con un po' di pietra locale a vista e giardinetti con panchine scomode che fanno da evocazione alla tradizione locale.....
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7086
di Vilma Torselli
del 14/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
A Maurizio Zappal vorrei segnalare ci che afferma Roberto Grandi, docente e prorettore dellUniversit di Bologna, che si occupa di sociologia dei processi culturali e comunicativi, in occasione del Convegno Larchitettura del movimento (Bologna, maggio 2006), secondo un concetto difficilmente non condivisibile, quello della citt intesa come realt in continuo divenire o, come dice con felice espressione, a identit variabile:
. La citt pertanto la risultante di un processo di costruzione che intreccia di continuo lapporto individuale con quello collettivo, avendo di conseguenza unidentit variabile. Parlare pertanto di persistenza dellidentit dei territori assai aleatorio, perch significa individuare, in un processo dinamico inarrestabile, un preciso momento storico cui assegnare unessenza particolare, relativizzando tutto il resto, arbitrariamente:..
Ricostruire comera e dovera vorrebbe quindi dire riprodurre e consegnare ai posteri un preciso momento storico, nel caso specifico quello temporalmente corrispondente allevento terremoto, e ci che verrebbe tramandato sarebbe quindi uno solo dei molti momenti della vita della citt, non necessariamente il pi significativo e il pi pregevole, solo quello pi traumatico, scelto casualmente da una imprevedibile Natura.
Come vede, non si tratta di una semplice partita tra "passatisti contro modernisti" n del ripristino o meno di "volute e cagnoli, si tratta di definire come leggere la storia di una citt, sapendo, come ci insegna la moderna storiografia, che la storia non una scienza esatta, a volte bugiarda, a volte solo reticente, sempre manipolabile e alterabile, sia dalluomo che dai terremoti.
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7076
di pietro pagliardini
del 14/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
A Vilma Torselli e a Sandro Lazier
Rispondo a entrambi in un colpo solo, vista una certa omogeneit delle obiezioni.
Sull'amore come autenticit e dono avrei qualcosa da dire, non potendo escludere nell'amore una dose di possesso ed egoismo, sentimenti anche questi profondamente umani. Come dice Terenzio: Homo sum: nihil humani a me alienum puto.
Ma non voglio trasformare un serio sito d'architettura nella posta del cuore.
Le obiezioni che fate sono intriganti e prometto di rifletterci con attenzione. Il tempo e la calma aiutano a capire meglio.
Alcune considerazioni per le voglio fare.
Una di cronaca. La TV dice stasera: circa il 30% degli edifici sono inagibili. E' tanto. Per corretto anche dire: circa il 70% degli edifici sono agibili. E' tanto anche questo.
Lo so che le citt sono nate in funzione dell'opportunit offerta dal luogo rispetto alle necessit prevalente del momento: difesa, scambi, agricoltura, ecc. Ho letto anche che L'Aquila una citt di fondazione nata nel '200, come scelta di riunire pi castelli per motivi difensivi. In questo senso certamente venuta meno la necessit iniziale quindi, voi dite, oggi c' la necessit di garantirsi dal terremoto e dunque spostiamo 70.000 abitanti o forse molti meno in una nuova citt di fondazione in un luogo pi sicuro, visto che oggi possibile fare micro-indagini sismiche e trovare in zona luoghi pi sicuri.
Domando: perch spostarli solo di un po'? Spostiamoli perbene dove ancora pi conveniente e sicuro, magari in una zona a rischio sismico molto inferiore. Io lo so perch non lo pensate, perch sapete che sarebbe una sciocchezza sradicare un tessuto produttivo, ma non pensate che sia anche un errore sradicare un tessuto sociale ed umano? Non sarebbe questa soluzione una migrazione forzata come quelle imposte nell'ex Unione Sovietica? S lo sarebbe e credo lo pensiate anche voi.
Cosa c' di qualitativamente diverso nello sradicare gli abitanti dal centro storico lasciandolo rudere?
Comunque noi esprimiamo il nostro parere, diamo il nostro contributo al dibattito, ma sapendo che saranno i cittadini de L'Aquila a prendere la decisione. Qualunque sar, sar quella giusta, perch la citt appartiene a loro, singolarmente e collettivamente. Questo vero sempre, ma in questo caso ancora pi vero.
Ora io non posso fare a meno di leggere nella vostra obiezione una visione molto romantica di una citt di rovine nelle quali la memoria viene sicuramente sublimata, esaltata e tramandata per generazioni. Del rudere ognuno pu immaginare ci che vuole e l'immagine che ne ricaver potr anche essere migliore della realt. In questo senso nel rudere non ci sarebbe "pi verit" che nella ricostruzione bens "molte verit".
Anche in questo caso sar la collettivit a decidere, che sia cittadinanza o comunit religiosa, nel caso della cattedrale e delle chiese. Pi facilmente il Ministero dei Beni Culturali.
Alla visione romantica si affianca una visione realista, quella che si esprime bene nell'espressione che gli uomini si giudicano dai frutti e non dalle radici. E' vero e anch'io sono d'accordo, ma quando i frutti si vedono, non quando si ipotizzano.
E' vero che i frutti, che ancora non ci sono e non potrebbero esserci, potrebbero essere migliori di quelle radici distrutte. Lo saranno certamente dal punto di vista della sicurezza, sia che si cambi luogo sia che il luogo resti lo stesso. Le conoscenze per farlo non mancano in entrambe i casi.
Le case non crolleranno pi, al massimo si lesioneranno, come ammesso dalle norme.
Ma che sapore avranno questi frutti? Saranno simili a quelli di cui ci siamo nutriti fino ad oggi nelle nostre citt oppure saranno migliori?
Chi pu dirlo!
Non sar che i cittadini de L'Aquila, oltre ad idealizzare i monumenti che non ci saranno pi dovranno idealizzare anche i borghi, le strade, le piazze, le cortine delle case, le chiese, la prefettura? Certo non idealizzeranno l'ospedale (peggio non sar possibile) ma dovranno andare la domenica in una chiesa tutta bianca simile ad una palestra o avranno un bel comune in acciaio e vetro e una bella piazza pavimentata come uno show-room senza edifici intorno, cio una non-piazza scaturita dal Photo Shop del vincitore di un bel concorso?
Non mica per polemica, ma i frutti potrebbero essere anche questi. E allora il rimpianto sarebbe davvero grande. Altro che Gibellina!!!!
Io non sono affatto contrario, tutt'altro, all'idea di new-town in s, a prescindere dal caso specifico di Abruzzo. Ma questa idea mi piace per due motivi:
-il primo che parte da un giudizio chiaramente negativo della citt contemporanea, dalla presa d'atto di un fallimento evidente cui il Cav., nella sua esuberanza, risponde dicendo: "adesso si cambia registro, si fanno 100 citt nuove";
- il secondo, conseguente al primo che le 100 o 50 o 10 ci
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7075
di Vilma Torselli
del 13/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Le rovine non hanno altro avvenire se non lo sguardo che vi posiamo sopra. Tra i loro passati molteplici e la loro funzionalit perduta, ci che lasciano percepire una sorta di tempo puro, al di fuori della storia, a cui sensibile l'individuo che le contempla, come se questo tempo puro l'aiutasse a comprendere la durata che scorre in lui. (Marc Aug, Narrazione, viaggio, alterit, 2005)
Pietro, abbiamo gi discusso innumerevoli volte su questo tema e rischierei di ripetermi. Direi che Sandro Lazier ha espresso un pensiero che condivido in pieno e che non avrei potuto esprimere meglio, sono assolutamente convinta della necessit del cambiamento e non di una conservazione a tutti i costi, anzi penso addirittura che certe distruzioni (fatte dalluomo o dalla natura) possano essere occasione e pretesto di coraggioso rinnovamento.
Le citt antiche sono nate per ragioni utilitaristiche e non sentimentali, Milano lhanno fatta l non perch fosse un gran bel posto, ma perch era un crocevia di rotte commerciali, cos come altre citt sono state edificate lungo le vie dacqua per facilitare i trasporti, o su colli aguzzi per renderne pi agevola la difesa dai nemici ecc. veramente oggi "appartenenza" e "identit" di una comunit discendono da questi valori? O non si collocano, invece, nella cultura comune sedimentata nel tempo, nella comune memoria storica, nel sentimento di empatia che tutti i cittadini dellAquila proveranno, in futuro, davanti alla cattedrale distrutta o ai resti delle case in frantumi? La memoria assicura la persistenza del sentimento di appartenenza, la condivisione di un destino e di un passato comune costituisce una comune identit, non un villaggio riprodotto tale e quale a prima, o una chiesa riedificata ad uso turistico.
Scrive ancora Marc Aug ( Rovine e macerie. Il senso del tempo, 2004).
Le macerie accumulate dalla storia recente e le rovine nate dal passato non si assomigliano. Vi un grande scarto fra il tempo storico della distruzione, che rivela la follia della storia (le vie di Kabul o di Beirut), e il tempo puro, il tempo in rovina, le rovine del tempo che ha perduto la storia o che la storia ha perduto
La follia della storia o, come allAquila, quella cieca della natura hanno prodotto solo macerie, ci vuole il tempo che diventino rovine se vogliamo che ci sia storia.
Ma nel frattempo, la vita altrove, in una zona possibilmente meno a rischio, in edifici antisismici, in una ricostruzione nella quale ciascuno far del suo meglio, perch non ci si debba in futuro vergognare, tutti, e Gibellina sia servita a qualcosa.
(Be, lasciatemi sognare.)
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7070
di Pietro Pagliardini
del 13/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Vilma, tu poni la domanda a Renato Rossi, ma anch'io desidero risponderti.
C' un dato sicuro nelle citt: la loro permanenza nel tempo, qualunque evento accada, terremoto, eruzione, inondazione, e quant'altro. Se cos non fosse non ci sarebbero molte citt perch pochi sono il luoghi al mondo che non tradiscono l'uomo almeno una volta. Eppure dpo ogni evento l'uomo ricostruisce e riparte.
Pensa a Pompei. Pensa a Catania. Pensa ad Assisi. Pensa all'area del Pacifico o dell'Oceano Indiano.
O alle condizioni, che a noi appaiono impossibili, di aree geografiche come l'Afganistan, o le vaste aree desertiche asiatiche e africane. La fame e la guerra costringono a scappare ma non le calamit o le condizioni naturali per quanto impervie siano.
Noto stata ricostruita qualche chilometro pi a valle, rispetto al luogo d'origine, dopo il terremoto che l'ha distrutta nel '600, e ci ha dato quella splendida citt che conosciamo, ma in quella occasione credo abbia inciso una scelta d'autorit.
Ma oggi la sua Cattedrale e i suoi palazzi sono stati ricostruiti identici dopo l'ultimo terremoto. E chi avrebbe voluto perdere Noto?
L'attaccamento degli uomini ai propri luoghi di origine io credo sia una sorta di meccanismo biologico e/o psicologico che permette di andare avanti, di tenere duro e di progredire. Di vincere e dominare la natura, in quel rapporto di odio-amore che c' tra l'uomo e l'ambiente in cui vive.
Come spiegare diversamente l'attaccamento di quella gente che non vuole lasciare casa? Solo interesse economico?
La casa la storia di ogni famiglia e di ogni persona e, quanto pi violentemente si cerca di cancellare quella storia tanto pi forte il desiderio di riappropriarsene.
Quindi ricostruire uguale a se stessa l'Aquila o Onna o qualunque altro paese non fare un falso (ammesso che la parola falso sia giusta, e per me non lo ) tanto pi su una faglia, ma rispettare i sentimenti di "appartenenza" e "identit" di una comunit e dei singoli alle proprie radici, ai propri affetti.
Ho gi scritto in un altro commento che "appartenere" ad un luogo non molto diverso che appartenere alla/alle persona/persone che si amano.
Non si cambia chi si ama davvero, anche se il nuovo si presenta migliore.
A rigore di logica buona parte della California dovrebbe essere preventivamente abbandonata, invece che attendere il Big One, eppure la California un motore di cultura e di economia mondiale.
La new-town pu essere una opzione in pi ma che il centro storico con le sue chiese, i suoi palazzi e le sue case debba essere ricostruito credo sia un imperativo morale prima che una scelta di architettura.
L'aspetto architettonico a mio avviso assolutamente secondario rispetto a quello simbolico di ricostruzione di una memoria collettiva e individuale.
Fosse stato per me, a New York avrei ricostruito le torri gemelle come erano, io che non sono un entusiasta dei grattacieli. Tanto se devono essere sostituiti da altri grattacieli.....!
Saluti
Pietro Pagliardini
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13/4/2009 - Sandro Lazier risponde a Pietro Pagliardini
Caro Pagliardini,
ovviamente lascio a Vilma Torselli la diretta risposta al suo commento. Ma anchio avrei qualcosa da obiettare.
Mi sembra che quello che lei chiama attaccamento delle persone, smerciandone il significato come fosse quello di un sentimento nobile come lamore, in verit sia solo consuetudine, abitudine al quotidiano. Cambiare radicalmente la propria vita sicuramente molto difficile e doloroso. Per questo nessuno lo vuole fare. Per farlo tuttavia, al contrario di cosa lei sostiene, occorre proprio quellamore che lei mette troppo vicino al possesso (di cose e persone, come dice nel commento). Lamore desidera innanzitutto il cambiamento, non la conservazione. Solo per amore si d un calcio al passato e alle sue convenienze materiali e sentimentali.
Quando un sentimento, come quello che lei descrive e scambia per amore, impianta la sua virt sulla preoccupazione di perdere le proprie radici, di fatto si fonda su timore e paura, emozioni che con lamore hanno poco a che vedere. Perch lamore ha bisogno di fiducia, di autenticit, e pretende di distinguere il vero dal falso. E poi, suvvia, gli uomini si giudicano dai frutti, non dalle radici. Chissenefrega delle radici se i frutti sono squisiti.
Agli abitanti dellAquila e dintorni adesso servono rapidamente i frutti, non le radici. Serve loro lidea di un futuro immediatamente utile alla speranza, alla sicurezza e alla serenit dei loro figli. La memoria del passato pu aspettare, purch la si conservi nella sua autenticit, con tutte le sue ferite. Infatti, c pi verit nel rudere e nel frammento di un edificio che nella sua ricostruzione. Ci pensi bene.
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7057
di Vilma Torselli
del 11/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
A scanso di equivoci, dico subito che assolutamente condivisibile lo sdegno, la critica, la stroncatura e tutto quanto il dicibile sull'esperimento Gibellina, tuttavia vorrei chiedere al signor Rossi che scrive "L'Aquila deve tornare dove era e come era.... ", cio una citt pericolosamente fondata su una faglia, in stile falso antico come una Poundbury italiana?
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7052
di Renato Rossi
del 11/04/2009
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Ho sentito parlare di Gibellina Nuova dopo il terremoto dell'Aquila. C' chi vorrebbe costruire una "new town".. questo articolo deve servire da monito. L'Aquila deve tornare dove era e come era....
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7041
di Renzo marrucci
del 06/04/2009
relativo all'articolo
Galvagni all'universit di Genova
di
Sandro Lazier
Il fiato a volte pesante e conviene tenerlo dentro prima di ammorbare...
Calvani a Genova e perch? Io me lo domando sapendo che la furbizia ha cento e mille code vive e forse anche troppo vive...
Su Calvani mi sono gi espresso e non posso che continuare a dirne bene se ci utile. Si capisce! Ma non con un incontro con lui che si lavano i panni al lavatoio. Questa maniera di fare per riguadagnarsi... mi turba e non pu che turbare...
La politica possiede un coefficiente di veleno che pu inquinare anche usando il bene per il male... Questo aspetto feroce e io non posso evitarlo nelle mie riflessioni, non ce la faccio...
La ricerca di Calvani dovrebbe essere fatta metodo e metodo anche l'umilt con la quale si partecipano i propri studi e non basta ai ragazzi sentire una conferenza o una lezione pur interessante che sia... sarei stato contento che l'invito si fosse risolto in un ciclo di lezioni, in un corso o qualche cosa del genere per lasciare buona traccia nella crescita dei ragazzi. E ci mi pare la cosa pi importante!
Cio riconoscere il metodo come condizione necessaria per arrivare alla qualit, ognuno secondo se stesso. In mezzo a questo can can dell'autostima che... diventa mostroridicolo dell'esaltazione di ogni cazzata... arrivando al fanatismo per le vie, appunto malsane, della aggressivit ideologica e visiva pi tronfia... vestirsi cio di un credo fittizio... diventa come lavarsi alla marana e non alla sorgente ... che praticamente ci di cui hanno bisogno le nostre scuolette universitarie...
Sia detto senza offesa per nessuno naturalmente!
Renzo Marrucci
Qualcuno dir che... meglio di niente ? Ma se nel niente si conclude...
allora ?
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7038
di renzo marrucci
del 05/04/2009
relativo all'articolo
Rapporto da una periferia territoriale:
la Val
di
Teresa Cannarozzo
L'articolo articolato della Cannarozzo poteva essere anche pi lungo e articolato e senza dubbio continuare ad avere "formale" ragione... Poteva trattare anche delle ragioni per cui gli "asini" hanno volato e dove invece hanno pesantemente zoppicato... non soltanto raramente qualcuno si alzato da terra... probabilmente si capisce che volare l'unica possibilit o alternativa? Teresa cannarozzo probabilmente lo s ma vola anche Lei, elegantemente, sulla realt storica, urbanistica e territoriale siciliana.
Un cordiale saluto
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7031
di Francesca Mosca
del 05/04/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce lha gi
di
Teresa Cannarozzo
Condivido in toto le considerazioni della Cannarozzo,
e mi sale una rabbia mostruosa quando vedo alla tv i soliti politici nei soliti salotti che cercano di convincere gli "italiani"sulla bont e sull'urgenza improcastinabile di tale Piano Casa.Ma la cosa che pi mi addolora che il 44%degli italiani ci crede.Forse che gli asini volano?Sembrerebbe di s.
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7011
di giannino cusano
del 02/04/2009
relativo all'articolo
Galvagni all'universit di Genova
di
Sandro Lazier
Visto che nessuno fiata, vediamo di rompere un po' il ghiaccio.
Non credo e non ho mai creduto negli artisti "incompresi". A ben guardare, i cosiddetti "geni incompresi" sono immediatamente capiti. E pi a fondo. di quanto non si sia disposti a lasciar trapelare. La ragione semplicissima: ammettere di aver compreso vuol dire riconoscere di dover cambiare qualcosa nei nostri comportamenti, nelle abitudini, negli atteggiamenti e orientamenti mentali di ogni giorno. Vogliamo capire di far parte di un tutto di cui la Gestalt Ecology una chiave di lettura/scrittura? Che non siamo noi, il/al centro dell'universo? Che questo ha proprie leggi che non possono essere by-passate o stravolte a nostro piacimento? E vogliamo capire, altres, che la "comprensione" di quelle leggi ci colloca in una posizione non pi centrale, certo, ma di staordinario e nuovo interesse, in cui l'invenzione la nostra vera attitudine "naturale" ?
Non so se sono centrate o meno, quanto a interpretazione. Ma mi paiono domande importanti che il lavoro di Galvagni ripropone (o suggerisce) sistematicamente in ogni sua manifestazione. Domande perfettamente comprese e comprensibili da chiunque: tanto da venir censurate con l'alibi della "incomprensibilit".
Il lavoro di Galvagni, peraltro, dimostra ci che tutti sanno almeno per vaga nozione intuitiva: che tra arte, scienza, filosofia, religione non ci sono n mai ci sono state barriere che non fossero forzose, artificiali.
Non sorprende che i giovani vi prestino tanta attenzione, perch suona davvero un'altra musica rispetto al fatto che la realt di ogni giorno non sembra mai stata disorganica quanto oggi.
C' non poca materia su cui ragionare. E credo che sia ora di scrollarsi di dosso un bel po' di accumuli di pigrizia e di pessimismo.
Grazie ancora, Galvagni!
G.C.
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7009
di giannino cusano
del 01/04/2009
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Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Va bene, Maurizio: non avevo afferrato l'humour. Capita, in Rete :)
Grazie per la segnalazione, ma "Adesso l'architettura!" non l'ho letto. Credo che per scrivere, per es., "Theodor Adorno e l'architettura" non serva tanto prendere alcuni scritti in cui lui parla delle Filarnonica berlinese o del razionalismo ma che sia pi interessante e aiuti molto di pi cercare di capire il suo pensiero complessivo, specie in relazione alla musica.
Dire "...l'uomo non la misura di questa struttura architettonica.." mi pare assai differente da "...l'uomo non pi al centro dell'architettura...".
Certo che sono per la libert architettonica. E penso che le invarianti di Zevi siano la "struttura" stessa di questa libert e del mutamento, perch sono un anti-codice. Costrinogno a non cullarsi sul gi acquisito ma a porsi ogni volta i problemi da capo, a ripensare sempre tutto alla radice.
Non mi ben chiaro a chi ti rifersici con liquidazione ad un "fossile" che certa "Nuova critica architettonica " per me, "I Saranno Famosi", fa dell'architettura contemporanea e per esempio di Berlino,dopo la caduta del muro!. Il movimento moderno vivo, vegeto, plurale e addita mille itinerari possibili.
Gira gira, torno sempre in compagnia di autori come Carlo Ludovico Ragghianti, Cesare Brandi, Lionello Venturi, Hans Sedlmayr, Alois Riegl, Luigi Picinato ... E, ovviamente, Zevi. Sono un accanito riletore. Questo non significa che non leggo autori pi vicini a noi (doveroso precisarlo, altrimenti mi tacciano di retrodatato) ma ho sempre l'impressione che si siano persi qualche pezzo per strada. Intendo i vari Frampton, Muchamp, Urussov. Trovo Koolhaas un ottimo crtitco, peraltro: molto intelligente e incisivo.
Berlino mi pare molto interessante. Ha ripreso vita dopo una lunga e terribile stagione. Alla fine degli anni '80 sono stato in molte citt della Germania, in Danimarca e Svezia, ma non ho mai visitato Berlino, quindi la conosco poco, a parte quello che scrivono le riviste. Vorrei andarci quanto prima.
A presto,
G.C.
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7008
di maurizio zappal
del 31/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Giannino, cos mi pare di non essere pi elementare della scuola, cerchi di stanarmi in un campo ribadisco e mi sembra evidente che mal maneggio! Di quel che tu non hai incontrato, passeggiando a pag. 195 di Adesso l'architettura (j. derrida -prima ed. 2008 -Scheiwiller), disquisendo del lavoro di Eisenman, "...l'uomo non la misura di questa struttura architettonica..." , lo trovi. Tanto per la precisione ma non ci tornerei pi!Non mi sono, naturalmente, ben espresso sulla tua relationship con la Torselli ma dai ,era per sorridere un p! Gi ci sono tanti pontificatori! Penso che siamo dello stesso "partito" della libert di esprimersi in architettura! E volevo solo ribadirlo! Mi piacerebbe sapere ,invece e non me la bocciare tout court, cosa pensi sulla liquidazione ad un "fossile" che certa "Nuova critica architettonica " per me, "I Saranno Famosi", fa dell'architettura contemporanea e per esempio di Berlino,dopo la caduta del muro! Tutto qui, se ne hai voglia e tempo! Sinteticamente of course!
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7000
di Renzo marrucci
del 30/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Inarch ecumenico... sembra una cattedrale... dice e non dice? Oppure dice? Sembra che dica? Exarch? Bisognerebbe fondare exarch...
Un caro saluto
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7006
di giannino cusano
del 30/03/2009
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Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Caro Zappal, guardi che "cazz(uol)eggio" anch'io. Specie con la filosofia, la decostruzione e Derrida, che certo mastico un po' da selvaggio.
Credo che sia sulla parola "struttura" che occorre intendersi. Se analizzo una (tra infinite) possibile "strutturazione" dell'opera e del modo di pensare gli spazi del Borromini non faccio certo dello strutturalismo; cerco solo di afferrare ed evidenziare cosa individua e differenzia il suo lavoro da quello di chiunque altro. Formulo un'ipotesi di lavoro e dichiaro preventivamente le condizioni alle quali l'ipotesi decade.
Il problema, mi sa, nasce quando si tenta di congelare qualsiasi mutamento col pretesto di aver individuato la "struttura" immutabile, eterna e intangibile di una citt. Lo dico meglio: al di l dei linguaggi che volta a volta la investono, lo strutturalismo metafisico sosterrebbe che esiste sempre un "linguaggio dei linguaggi" che sottende la struttura urbana. Quindi, adeguandoci ad esso saremmo in sintonia col contesto. E' vero? Penso, col post-strutturalismo e contro Aldo Rossi e Krier, che sia profondamente falso.
Allora, forse, la domanda di Derrida : quale struttura individua possibili campi di aperture, rotture e mutazioni anche rispetto al passato, invece delle statiche regole del mimetismo col presunto contesto? Infatti pare anche a me che la citt altro non sia che questa cronica e dinamica trasformazione. Che non pu essere congelata in una visione statica, .perenne e metafisicamente strutturalista (le fissioni semantiche di Levy-Strauss, l'eterno ritorno per es. di piramidi, sfere, prismi ecc.)
N mi pare di aver impostato il discorso su "mi piace" o "non mi piace" la decostruzione, ma di aver cercato di intendere meglio che lezioni, sempre cazz(uol)eggiando, se ne possano ricavare. E ritengo che siano molte. Non ultima, l'insistenza sulla coincidenza di attivit creativa con attivit critica.
Sull'affermazione per cui "l'uomo non pi al centro dell'architettura" non so cosa dire, perch non l'ho incontrata in Derrida: un mio limite, sia chiaro.
Ma se partiamo da un punto di vista un po' pi laterale, a me pare di intuire qualcosa di importante. E, credo, una sua conversazione, sottotitolata in italiano, chiarisca abbastanza bene il tema dell'Altro e dell'Alterit come l'affermazione di fondo che precede qualsiasi domanda (in filosofia e non solo) e che fonda la domanda e con essa la "traccia". Questo credo collimi col tema della "non presenza", dell'uomo non pi al centro dell'architettura ecc., ammesso che lo sia mai stato.
La conversazione all'URL:
http://www.youtube.com/watch?v=zxMHXST56Pw
Cordialmente,
G.C.
PS: il Guggenheim di Bilbao a mio avviso un capolavoro. Ma trovo che Gehry sia una figura esorbitante rispetto al decostruttivismo, pur assorbendone temi e tensioni. Come l'impressionista Cezanne era molto pi articolato, complesso e debordante rispetto al puro e semplice impressionismo.
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7004
di maurizio zappal
del 30/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Al di l degli intellettualismi affascinati e intriganti che mi riguardano e ci riguardano, una riflessione incompetente (nel senso della filosofia!), intendo farla! Questa bella disamina pi para- filosofica, che architetturale, scusate il disturbo "cazzuolesco" (che attiene alla cazzuola!), sbatte sempre con il problema "babelico" che "lega la struttura di una citt alla [sua]storia "! E mi riallaccio sempre a derrida che quando esprime il concetto "luomo non pi al centro dellarchitettura", certo , a mio parere, non intende che nella "citt" contemporanea stia scomparendo l'uomo ovvero il senso di abitabilit umana! Il pensiero-visione d'altro spessore! E il quesito non se piaccia o no il decostruttivismo! O meglio, se piace pi a Cusano o alla Torselli! La domanda quindi: larchitetto che agisce oggi sulla citt deve tener conto della disarticolazione spaziale anche in termini di rivoluzione spaziale? Segnica, formale, estetica , materica, archetica e tecnologica? E per me, millevolte , si! Ora, per tanti dotti, intellettuali e antropologi (alla La Cecla! per intenderci!) abbiamo raggiunto il non sense degli interventi architettonici nella citt! Dalle archistars alla signora maria tutto un pur! E c qualcun altro che osa dire che siamo alla catastrofe!!!Che c imbarazzo a proporre soluzioni architettoniche in aree urbane complesse e via dicendo! Il tema pare essere l architettura mediatica! Che non comprendo pienamente cos!Ora, minquieta abbastanza , che ci si sforzi a definire la citt quando chiaro a tutti, persino agli storiografi che la citt rimane un insieme aperto, incompleto non saturabile affinch possano convivere questo benedetto nuovo e quanto rimane del vecchio!!!Insomma e chiudo mentre derrida ci lascia in eredit la sua definizione di citt che deve restare aperta al fatto che essa sa che non sa ancora che cosa sar, qualcun altro, neanche abbiamo iniziato a vivere la contemporaneit e la rende un fossile! Insomma, mi pare che guardando il museo di Bilbao, gi ci si ponga come davanti ad una cartolina ingiallita, del secolo trascorso! Credo che i riferimenti siano chiari !Credo che ci sia una terribile incapacit di distinguere lastrazione e il fatto concreto che diventa la vera scelta della CITTA MODERNA! Ci anche una critica alla sinistrista demagogica visione conservatrice delle nostre citt! Il senso di libert sempre ritenuto qualcosa di proibito che attiene pi allarte che allarchitettura! Insomma la civilt occidentale , per dirla con Kraus, dimostrare che tra unurna e un vaso da notte c differenza e che in questa differenza soltanto ha il suo spazio la civilt. Ma gli altri, i positivi, si dividono in quelli che usano lurna coma vaso da notte e il vaso da notte come urna. Questa si, mi pare bella!
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6995
di Massimo Pica Ciamarra
del 29/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Caro Pagliardini,
non mi sembra che INARCH si sia dichiarato favorevole al Piano Casa. N che io personalmente abbia assunto una posizione schematicamente contraria cos come appare dal commento 6909. Questa volta non abbiamo ritenuto doverci apoditticamente schierare (nellottobre 2003, sul condono lo feci a nome INARCH cfr.Antithesi). Oggi viene definito Piano Casa qualcosa che sembra non esserlo: un provvedimento di cui si parla, di cui si legge, che viene smentito. E un provvedimento misterioso che a volte sembra promettere anche cose infami. A volte invece sembra aprire opportunit, sembra rendere possibili iniezioni di qualit in alcuni nostri disastrati contesti.
Il recente documento INARCH ha nel titolo un punto interrogativo: fornisce suggerimenti, auspica un provvedimento che possa produrre effetti positivi. Annuncia confronti aperti per tentare di sciogliere nodi irrisolti.
Un saluto cordiale
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6994
di pietro pagliardini
del 29/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Mi riferisco al commento di Leandro Janni.
Questa sua frase: "E allora gli obiettivi debbono essere indicati in progetti di Regioni ed Enti locali, impegnati nel compito di responsabile pianificazione" sotto l'apparente buon senso e condivisione del progetto nasconde in realt l'affossamento di ogni slancio che, guarda caso e contrariamente a quanto logica vorrebbe, viene dal centro e non dalla periferia.
E' una semplice questione di linguaggio, intendiamoci, e pu darsi che mi sbagli, ma quando ci sono frasi cos sento odore di funzionari regionali, sommi esperti nell'esercizio del niente apparente, in realt espertissimi nel "governare" il territorio mediante leggi e norme di cui si apprezzano le conseguenze nel Bel Paese.
E' quella "pianificazione responsabile" che frega tutto il discorso: pianificazione un pessimo e screditato termine;
responsabile, nel suo essere palesemente ovvio, un omaggio rituale al politicamente corretto, l'esatto contrario cio di quanto vuole essere il Piano Casa; esattamente il linguaggio delle leggi urbanistiche regionali, zeppe di aggettivi che mascherano il vuoto. Gli obbiettivi sono gi nel piano casa e senza tanti aggettivi; regioni e comuni dovrebbero orientarli in senso virtuoso, ci di cui dubito fortemente sulla base dei risultati ad oggi.
Ci che disarma constatare l'incapacit di vedere la realt se non attraverso la lente delle leggi delle quali i cittadini sono considerati sudditi privi di ogni capacit di azione autonoma. Vorrei solo segnalare che sono i cittadini a dare corpo e sostanza alla legge e non viceversa e, non a caso, l'Art. 1 della Costituzione recita:
"La sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Diciamo che di questo articolo in campo urbanistico si considera solo la seconda parte e mai la prima. Fortuna che la legge del '42 prevede almeno le osservazioni ai piani, unico strumento legale di difesa, di proposta e di protesta.
Per ampliare del 20% la propria casa unifamiliare, non occorre una mobilitazione nazionale di architetti e funzionari regionali, basta individuare i luoghi intoccabili e poco pi, pena lo scadere nel ridicolo.
Vale sempre e sempre di pi, purtroppo, il motto summum ius summa iniuria e, per restare nelle frasi celebri, aggiungerei la pi profonda e calzante, quanto la pi disattesa: "il sabato stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato".
Pietro Pagliardini
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6993
di Leandro Janni
del 29/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Scontato dunque che il piano casa (in materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni) non pu essere varato per decretazione durgenza, la Conferenza Unificata Stato Regioni ha ieri avviato un confronto per una diversa soluzione, non solo costituzionalmente corretta. Se la ripresa dellattivit edilizia offre un contributo rilevante al rilancio delleconomia, in questa sola funzione non pu certo giustificarsi e non pu non essere guidata verso obiettivi di utilit sociale, per corrispondere ad un effettivo bisogno delle nostre citt. E allora gli obiettivi debbono essere indicati in progetti di Regioni ed Enti locali, impegnati nel compito di responsabile pianificazione. Il bisogno primario della casa ben pu essere dunque soddisfatto attraverso adeguati piani di recupero e riqualificazione del pi degradato patrimonio edilizio esistente e di conversione di aree riscattate da cessate funzioni.
Un grande progetto nazionale che si opponga allulteriore consumo di territorio e diretto a conferire pi elevata qualit ai nostri insediamenti.
Un progetto che non pu quindi affidarsi esclusivamente alle risorse private, ma esige un consistente sostegno finanziario pubblico: finalmente unopera veramente grande per una migliore condizione urbana.
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6991
di giannino cusano
del 28/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l?ha già
di
Teresa Cannarozzo
X Pagliardini
direi che l'In/Arch possibilista, pi che favorevole in toto. Vede (e sono d'accordo) nello snellimento delle procedure burocratiche un elemento positivo e "guarda con grande interesse ad alcuni aspetti del cosiddetto piano casa che il Governo intende proporre nei prossimi giorni" ma avverte anche che "la citt non una sommatoria di edifici che hanno rispettato le norme. Resta quindi il nodo della qualit dell'ambiente, del paesaggio, dello spazio urbano. Delle dotazioni di spazi urbani di qualit, della congruenza con attrezzature e servizi. Dell'opportunit di introdurre anche squilibri nei processi di trasformazione se accendono processi successivi. In altre parole di come la collettivit riesca ad assicurare un interesse generale in singoli interventi."
E conclude la nota che "L'INARCH promuover con immediatezza dei confronti aperti per affrontare questi nodi irrisolti."
E' una posizione, quella dell'In/arch, che mi pare in linea di massima condivisibile.
G.C..
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6990
di Pietro Pagliardini
del 28/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Sommessamente e per quel che pu valere segnalo che INARCH si dichiarato favorevole al Piano casa.
http://www.professionearchitetto.it/news/notizie/9229.aspx
Di opinione simile Luigi Prestinenza Puglisi.
La Regione Veneto ha anticipato tutti facendo suo il Piano Casa.
Lo dico cos, per informazione, e i tre casi non sono da prendere come esempi necessariamente da seguire. Sono per segnali di attenzione.
saluti
Pietro Pagliardini
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28/3/2009 - Massimo Pica Ciamarra risponde a Pietro Pagliardini
Caro Pagliardini,
non mi sembra che INARCH si sia dichiarato favorevole al Piano Casa. Né che io personalmente abbia assunto una posizione schematicamente contraria così come appare dal commento 6909. Questa volta non abbiamo ritenuto doverci apoditticamente schierare (nell’ottobre 2003, sul “condono” lo feci a nome INARCH – cfr.Antithesi). Oggi viene definito “Piano Casa” qualcosa che sembra non esserlo: è un provvedimento di cui si parla, di cui si legge, che viene smentito. E’ un provvedimento misterioso che a volte sembra promettere anche cose infami. A volte invece sembra aprire opportunità, sembra rendere possibili iniezioni di qualità in alcuni nostri disastrati contesti.
Il recente documento INARCH ha nel titolo un punto interrogativo: fornisce suggerimenti, auspica un provvedimento che possa produrre effetti positivi. Annuncia confronti aperti per tentare di sciogliere nodi irrisolti.
Un saluto cordiale
Massimo Pica Ciamarra
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6989
di giannino cusano
del 28/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
x Renzo Marrucci
Caro Renzo, quali che siano le ragioni, ho l'impressione che si sia tentato di fondare il quotidiano su un'avanguardia. Col risultato di corrompere l'avanguardia e di straniarsi dal quotidiano al solo scopo di esorcizzarlo.
Colpa dell'avanguardia? O, piutosto, di una sorta di incoscienza epidemica e collettiva per cui (hai perfettamente ragione) si pu impunemente sciupare perch tanto, poi, ci pensa il mondo dei consumi, dello spreco e delle risorse illusoriamente illimitate, a riallineare le cose? Ognuno per s, Peppe per tutti.
Morire a 74 anni? Che muori a fare, se poi 'sto mondaccio non cambia un po'?
A presto,
G.C.
PS: chi Peppe non lo so, ma ho il sospetto che possa far comodo immaginare che ci sia e provveda a dare un senso alle nostre cose. Ah, povero Spinoza ...
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6988
di giannino cusano
del 28/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
X Matteo Seraceni
Sono d'accordo su tutta la linea. Credo che, ovunque e comunque si operi, da qualunque punto di osservazione e operativo, occorra attrezzarsi per un nuovo rilancio del movimento moderno. Pochi e chiari punti.
Ce la farem(m)o? Non lo so: lo sapremmo solo tentando
Cordiali saluti,
G.C.
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6987
di renzo marrucci
del 27/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Riflessioni a perdere
Morire a settantaquattro anni non poi troppo male. Ci metterei la firma e parlo per me naturalmente! Viva chi va oltre e con la mia benedizione.
Caro Giannino sei forte! Per le categorie con cui dividi gli architetti bisogner ritoccarle di almeno una cinquantina di posizioni... perch tra corporei e concettuali non ci sono differenze o sono cos minime... Si tratter di perdere aria da punti diversi ma sempre aria perduta ci sar... Aria con sonoro pi o meno articolato ma pur sempre aria...e non c' bisogno di fraintendersi tutto cos organico e naturale. Le archisuperstar o le stararchitet o gli architetti da seduta televisiva o da rotocalco spettacolar-popolare ( si pu cambiare le parole che, come vedete, non calza un tipo quanto una moda) piacciono a chi ha da spendere il denaro degli altri e a colpire l'immaginazione di chi immaginazione non ha... e come dice J. Silber : un po di meno a chi spende il suo e a chi capisce e ci va con i piedi per terra... Quindi finch il denaro pubblico foraggia, amici carissimi, c' e ci sar decostruzione o la dematerializzazione o la cementificazione o la mineralizzazione ecc... e la voglia di andare al kilometroalato (grattacieli)... vedete un p come vi viene la parola. Quando si spendono i soldi con attenzione si bada al sodo, cio si cerca quello che effettivamente ci vuole ed necessario e questo non implica che il prodotto debba essere modesto o non essere un vero capo d'opera. I mezzi contati e la responsabilit sono ancora una realt su cui si misuran le cose. Chi ha posizione far sempre la festa, ci sar ancora ma chi vivr vedr, come si suol dire... La ricerca cosa seria e umana, sa pensare all'uomo e non alle cose che si vogliono fare per mutato senso della responsabilit o per il rincoglionimento di alcuni... Io considero l'artista sempre fondamentale alla nostra societ e la sua libert ci permette di viverne il senso... ma proprio per questo utile e ha senso nella societ... lo vogliono emarginare e svuoltarlo di senso? Ci stanno riuscendo benissimo! Trasferitelo sempre laddove l'uomo deve vivere e sviluppare la sua disponibilit organizzata alla vita e allora sar cosa che non . In questo mondo tutto ci che passa nella realt deve o dovrebbe essere criticamente mediato
Renzo Marrucci
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6984
di Matteo seraceni
del 27/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Convengo con lei che l'esperienza spaziale non pu ridursi a semplice metafora del corpo, ed infatti col mio articolo volevo solamente aprire nuove prospettive di dialogo in una critica architettonica che si nutre oramai di stereotipi e slogan.
Noto con piacere che ha colto i riferimenti al concetto di Einfuhlung e concordo col fatto che occorre(rebbe) in architettura riferirsi principalmente al vissuto personale (mentre ad esempio, per altre arti, come il cinema o il teatro, questo aspetto marginale, poich la mediazione dell'apparato filmico o teatrale coinvolge comunque aspetti non intenzionali che rispecchiano le modalit con cui cerchiamo di comprendere gli altri).
In ogni modo non andrebbe sottovalutata la forza di un tale strumento operativo che, come afferma Husserl, costituisce la condizione di possibilit della comprensione dell'altro, del mondo e di noi stessi.
Ribadisco inoltre che non era mia intenzione ridurre la produzione architettonica a semplice metafora dell'alienazione contemporanea (anzi, penso a questa metafora come aspetto non voluto dall'architetto, che probabilmente spesso si ferma a pure speculazioni estetiche; ma questo non riguarda solo l'architettura: quante volte in pittura si possono ritrovare i caratteri del tempo in cui nata un'opera senza che l'artista ne fosse coscientemente partecipe?).
Anch'o ho visitato attentamente Gaudi ed il Guggenheim di Bilbao e concordo col fatto che nessuna immagine progettuale pu sostituirsi a tale esperienza: in particolare mi sono accorto di come Casa Batl non sia un'opera di frivolezza estetizzante, ma sia generata dallo spazio interiore che si proietta all'esterno. Mi spiego: mentre la maggioranza degli architetti ancora pensa alle stanze di una casa come "scatole" al cui interno posizionare mobili e persone, Gaudi ribalta completamente la prospettiva e crea spazi "attorno" alle persone; non la "vita" ad essere rinchiusa dentro una scatola, ma la "vita" stessa a conformare l'edificio architettonico.
Quindi ovvio che le "lamiere deformate" hanno valenza spaziale, ma - a meno di non ritenere l'intera costruzione frutto del caso - occorre riferire questa valenza a ci che viene vissuto al di sotto di esse.
La ringrazio sentitamente e spero che la critica di queste pagine non rimanga un'isola per pochi.
A presto
Matteo Seraceni
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6975
di Vilma Torselli
del 26/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
X Giannino Cusano
PS: s, ho visto, e me ne compiaccio.
Buona giornata
Vilma Torselli
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6976
di Andrea Pirisi
del 26/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Io mi permetto di fare solo un appunto: guardando la mia citt e pi in generale la provincia mi chiedo se ci sia davvero bisogno di altre case. Ovunque mi guardo attorno e vedo fabbricati vuoti, persino in centro storico. Allora perch non favorire il recupero dell'esistente invece che consentire la nuova costruzione di cubature?
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6980
di Matteo seraceni
del 26/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Scrivo questo mio appunto non per entrare nella spirale senza fine di polemiche innescate dall'articolo, ma per esprimere la mia vicinanza al pensiero di Vilma Torselli (in particolare il commento 6961:io l'ho capito benissimo, con buona pace di Cusano).
Mi ha stupito il fatto che anch'io, il 13 marzo, in un piccolo articolo sul mio modesto blog (http://arching.wordpress.com/2009/03/13/il-sonno-della-ragione-genera-mostri/), mi stavo interrogando sul ruolo che ha il "corpo" oggi in architettura.
Penso quindi non soltanto che "il corpo, in quanto presenza fisica umana, non pu essere escluso dal pensare" come afferma Tschumi, ma cercare di eliderne la presenza non fa altro che "comprimere" tutto quello che "viene messo da parte" e che prima o poi sar pronto a riesplodere.
Concordo anche con Cusano quando afferma che "non si pu cavarsela con meccaniche operazioni di smontaggio e rimontaggio degli edifici, per quanto interessanti, perch restano esteriori, applicate": se ogni aspetto fortemente connotato all'interno del linguaggio architettonico si rischia di perdere di vista le funzioni primarie di un organismo architettonico.
In ogni modo, tanto di cappello ad un pensatore che come pochi ha saputo "infiammare" il dibattito culturale in epoca contemporanea.
A presto.
Matteo Seraceni
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6981
di giannino cusano
del 26/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
X Matteo Seraceni
Buon per lei che ha capito benissimo il commento della Torselli (6961). Io - e con mia buona pace ugualmente- non ho compreso i richiami al corpo fatti dalla Torselli, o almeno la loro necessit nell'economia del discorso, per la semplice ragione che ho sempre sostenuto l'ineliminabilit dell'esperienza "fisica" dello spazio.
Per mia didascalica comodit, peraltro, ho sempre distinto gli architetti in "corporei" e "concettuali", pur senza confini nettissimi, all'atto pratico. Ma non importante e non mi dilungher su questo.
Sulla presenza ho sempre detto, e lo ripeto ora, che in quanto esperienza dello spazio ineliminabile anch'essa, ma quando la decostruzione ci parla di elisione della presenza siamo certi che questo che intende? O, almeno, che pur intendendo questo, in realt non prenda un abbaglio e non additi invece, volutamente o no, un problema meno superficiale? Io non sono affatto sicuro che intenda questo. E, anzi, direi che sono ormai certo del contrario: per mie deduzioni, sia chiaro. Fallaci, ovviamente, fino a prova contraria. Le cose sono anche quel che ci leggiamo dentro.
E' che bisogna intendersi: se ci si riferisce all'architettura come metafora del corpo, il suo articolo (http://arching.wordpress.com/2009/03/13/il-sonno-della-ragione-genera-mostri/) pu anche trovarmi a grandi linee d'accordo, salvo alcuni passaggi peraltro non central.
Ma converr che l'esperienza spaziale non metafora del corpo n ad essa pu ridursi. E' un ineludibile "essere l": entrare, attraversare, percorrere, uscire, guardare, udire, annusare, piegarsi, salire, a volte comodamente a volte no, ora con passo regolare e cadenzato, ora senza ritmo o metro predefinito, come in tante irregolari rampe gradonate o scalinate medievali. Nulla che possa esaurirsi nei termini metaforici dell'Einfuhlung. Alla quale teoria, peraltro, non utile rinunciare, purch se ne colgano confini e limiti. Pu, anzi, essere un utile strumento di lettura a patto che il sostantivo resti lo spazio vissuto di persona, non in fotografia o in immagine. E il rischio, in questa apoteosi dell'immagine patinata, che anche la critica finisca per esercitarsi allo stesso modo, sia pure per stroncare. E su questo punto dell'esperienza spaziale lei, nell'articolo sul suo blog, avverte molto chiaramente i suoi lettori.
In immagine, infatti, non possiamo far altro che leggere un edificio come un quadro o la traccia di un'intenzione programmatica realizzata. Nulla di male, ma finch non lo visitiamo l'essenza di un edificio ci sfuggir sempre. Nulla di male, ma la spazialit pittorica altra cosa dallo spazio architettonico. E nulla di male se poi la pura visibilit gi stata ampiamente e magistralmente collaudata, in architettura, da un maestro come Giulio Carlo Argan. Letture non del tutto convincenti, a mio parere, le sue, ma spesso illuminanti, se colte nei loro limiti puro-visibilisti.
Metafore di lamiere attorte, di corpi senza pelle, di separazioni esterno-interno violentate e squassate? Certo: una chiave di lettura possibile. E condivisibile, in parte, perch alcuni sentono di vivere in un'epoca di questo genere. Forse un tentativo di liberarsi da un Super-Io troppo esigente, ma di questa lettura in chiave francofortese-adorniana non sarei tanto sicuro. Il punto su cui vorrei attirare l0'attenzione : quelle lamiere attorte, quei pavimenti che si fanno pareti e di qui soffitti, che aprono visuali insospettate, hanno o possono avere valenze spaziali? E quando? O sono solo e sempre metafore della condizione di alienazione contemporanea, cui si tenta di sfuggire bevendo la bottiglia d'un fiato e fino in fondo?
Insomma: cercherei di non cadere nella trappola della lettura dell' operazione progettuale prima di sperimentare di presenza gli spazi di un edificio. Ho visitato attentamente Gaud, vari anni fa; il Guggenheim di Bilbao, pi di recente e, ancor pi recentemente ville Savoye e i brani urbani di Renaudie a Ivry: le esperienze di quegli spazi-segni possono solo essere inalate di persona. E il pi delle volte sono sorprendentemente spiazzanti rispetto a qualsiasi discorso su di essi e sulle loro recensioni e immagini stampate. Com' giusto che sia.
Allora: forse quella del crollo un'immagine ricorrente, al giorno d'oggi. Crollo e dis-facimento del corpo, o crollo imminente dell'edificio in bilico perch siamo in un'epoca decadente o percepita come tale da alcuni di noi. Ci non toglie che, al pari della cosiddetta sala dei paradossi statici di villa Adriana a Tivoli o di San Carlino, della cripta di Santa Coloma de cervell o di Ronchamp, anche tuffarsi nella crisi senza farsi illusioni pu produrre autentici capolavori o schifezze, secondo i casi.
Forse alcuni approcci sono nichilistici, e ben venga una loro critica ideologica o in nome di valori che personalmente riteniamo
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6979
di renzo marrucci
del 26/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Caro Pagliardini allora vuole farmelo dire ancora? Chi che si candida a rigenerar bellezza? ( rilevare una sincera innoqua ironia per piacere) Attraverso il piano Berlusconi? Ma i cari architetti... nostrane superstar, a partire dagli ospiti di fratel Santoro, e via dicendo, cio l'autore di nuvole romane all'Eur , oppure l'arzillo Gregotti della Bicocca o la signora Aulenti, autrice dell'infiocchettamento francesizzante di piazza Cadorna... Il "Piano" dei grattacieli intrinati e via di seguito... a crescere o decre
scere per l'imbigottimento di qualche amministratore che ripescher archistar e substar...a piacere... Bellezza a diffusione con il piano Berlusconi? Il territorio italico non poteva rimanere bello a lungo, sarebbe stato innaturale... Sar l'economia italiana a guadagnare? Ma naturalmente in funzione della persuasione o della pi o meno sua
dente retorica che, illuminati critici galoppatori simpatizzanti di partito, sapranno far fiorire al momento della bisogna... Poi ci saranno altri o chi ti pare ( si fa per dire naturalmente), poich saranno le regioni a poter disporre e a imporre da come vedo che va la faccenda... Ah! Eppoi geometri e non solo, ma come dice Lei Caro Pagliardini. L'importante che la torta abbia il suo bilancino secondo le regole non scritte ma tenute bene a mente... tanto, che vuoi che sia?
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6970
di pietro pagliardini
del 25/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
A me sembra che Andrea Pacciani abbia sintetizzato al meglio il senso e il significato profondo di questa proposta (per ora): presa d'atto del fallimento dei "principi e delle regole dellurbanistica che hanno sempre avuto il fine di mediare linteresse privato e linteresse pubblico", come dice l'articolo, evidentemente non trascurando la mediazione al ribasso, per non dire peggio. E Pacciani accenna anche al recupero di dignit da parte dei cittadini oppressi da politici e architetti con leggi tanto assurde quanto inefficaci, atte solo ed esclusivamente, attraverso la "mediazione", al controllo sui cittadini stessi piuttosto che sul territorio e sulla citt, che infatti versa nelle condizioni che ognuno pu ammirare.
Di quale urbanistica c' il rimpianto? Non sarebbe mica male spiegarlo. L'urbanistica degli standard, quella che ha prodotto, grazie al travisamento che ne stato fatto dagli architetti, gli splendidi quartieri PEEP delle nostre citt? Quali sono i vantaggi che andrebbero perduti per la citt? Quale sarebbe questo patrimonio che oggi andrebbe dilapidato? Magari riuscire a demolire e riconfigurare interi piani di zona di stampo nettamente e consapevolmente sovietico!
Forse la chiusura delle logge con alluminio e vetro? ma se sono gi tutte chiuse e riccamente incamerate all'uso interno! Forse la contrattazione decennale per la redazione di un PRG, diluita nel tempo per accontentare (mediare pubblico e privato, si dice nell'articolo) quelli che ci sono da accontentare ma confondendo le acque con inutili, faticosi, ipocriti dibattiti pubblici?
Qual' il danno che provoca all'ambiente un ampliamento del 20% di una casa di civile abitazione di propriet di una famiglia che desidera una stanza in pi, nel rispetto delle varie leggi vigenti?
Quanto alla demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico norma ormai gi presente in diversi PRG italiani e l'unico difetto riscontrabile ne la difficile applicazione dato il frazionamento della propriet. Per quale motivo se lo fa il Comune va bene e se lo fa il Governo (o forse questo governo? il dolore per la scelta di Nomisma farebbe pensare di s) no? C' logica in un ragionamento simile? Questa una forma particolare di perequazione ma, detta cos sembra assumere una sua nobilt, detta che "ti faccio demolire fabbricati scadenti per ricostruirli con un incentivo volumetrico" (altrimenti che interesse ho) diventa sordida speculazione.
Certo, ha ragione M.P. Ciamarra a rivendicare un controllo qualitativo del progetto, cio a rivendicare il ruolo delle commissioni edilizie, perch l'architettura, in quanto arte civica, richiede, come ha sempre storicamente richiesto, un giudizio collettivo e condiviso, del quale la CE un surrogato, ma se regioni come la Toscana, dichiarandone nella propria Legge Urbanistica la non obbligatoriet, per "semplificare", ne ha di fatto consentito la scomparsa, cosa c' da scandalizzarsi con la proposta in corso? Invece che lamentarsi, se ne chieda l'obbligatoriet del giudizio in tempi certi, pur lasciando la certificazione o DIA che dir si voglia.
Io penso che, se invece che lanciare grida di dolore, in verit non numerose n forti, la cultura urbanistica italiana avesse colto questa legge come un'opportunit per rimettere al centro questa disastrata e screditata disciplina e per riaprire finalmente un dibattito a livello nazionale (grazie ad una legge nazionale e non a 21 leggi diverse scarsamente comunicanti tra loro), avrebbe dato prova di reale interesse per le sorti della citt, del territorio e del grande patrimonio culturale di cui disponiamo. Ma che cultura quella capace solo di gridare allo scandalo, imporre vincoli e controlli senza riuscire a fare proposte!
C' sempre tempo mi auguro, ma per ora queste grida di dolore mi sembrano solo perpetrare logiche alquanto estranee alla disciplina e piuttosto inclini al pregiudizio, snobbando, al solito, i bisogni e i desideri dei cittadini, ritenuti evidentemente gli ultimi soggetti titolati a decidere sulla citt.
Pietro Pagliardini
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6974
di pietro pagliardini
del 25/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Gentile Marrucci, le sue domande e i suoi dubbi sono pi che legittimi perch, come lei dice "Il denaro fagocita la speranza della felicit".
Io per distinguerei tra il 20% delle mono-bi-tri familiari e il resto. Questo sar terreno di conquista per geometri, non ho dubbi. Ma cosa possiamo farci? Per evitare che i geometri lavorino dobbiamo forse impedire l'aumento di una stanza? E se invece fosse appannaggio degli architetti siamo proprio sicuri che avremmo miglior risultato? Non si tratta qui di fare architettura (si fatta sempre poco in Italia, diciamocelo, il grosso a dir poco scadente), si tratta di rispondere a bisogni e desideri elementari e legittimi e di fare anche, ahim, girare soldi subito.
Quanto alle demolizioni e ricostruzioni distinguerei tra le trasformazioni in loco e quelle con spostamento della volumetria altrove, ammesso che sia consentita dal decreto, come lo in alcuni piani vigenti e in corso di approvazione.
Per quelle in loco ipotizzabile che, a parte grandi aree dismesse, dove immagino e spero che le Regioni e/o i Comuni potranno prevedere piani urbanistici (da approvare in tempi non storici), si tratter probabilmente di demolire e ricostruire fabbricati scadenti e fatiscenti e, anche se non nascessero capolavori da rivista la situazione non potr che migliorare. E' comunque auspicabile che non ne possano essere interessate le aree agricole.
Pi complesso invece se vi fosse la possibilit di trasferire le volumetrie altrove. In questo caso, immagino, e sottolineo immagino perch ancora non dato sapere, che non potr essere compiuta e se lo fosse dovrebbe avvenire allinterno delle aree gi edificabili e/o edificate, con un aumento dellindice e non dovr certo essere ammesso il trasferimento "a scelta" del privato, tipo in aree agricole.
Comunque per questi trasferimenti, oltre una certa cubatura, riterrei necessario lobbligo di piani attuativi.
Ma, aldil delle ipotesi, delle congetture, delle speranze e delle paure insisto nella mia idea che la cultura urbanistica di questo paese, ammesso esista e non sia ridotta solo allurbanistica legale, quella cio delle norme fini a s stesse, figlia neanche pi della politica ma delle burocrazie regionali, prima e comunali, poi, ha bisogno di una scossa, di una rivoluzione culturale. E' direi la situazione del paese in genere che necessita, in ogni campo, di strappi, di stop and go bruschi, di forzature per uscire da decenni di contrattazione e di tavoli su tutto, che hanno sfiancato le energie e ci sta avviando verso la decadenza.
I "tavoli" sono sempre stati il modo migliore per insabbiare prima e spartire poi. La verit nuda e cruda questa e il paese lo ha compreso.
Non pi tollerabile sopportare il divario tra i lamenti ipocriti e, a mio avviso anche molto poco documentati per non dire ignoranti, di una parte della cultura ufficiale che fa finta si tratti di una cosa seria e la realt delle cose che invece semplicemente degradante. E chiaro che queste considerazioni estreme ed estremistiche non tengono conto di episodi virtuosi che pure ci saranno, ma le semplificazioni servono meglio a comprendere la realt.
Marrucci, dove si vede questa bellezza di cui parla qualche politico che andrebbe distrutta, se non nei centri storici, nelle campagne e in pochi altri luoghi? Quando giriamo in auto o a piedi per le citt ne vediamo davvero molta di bellezza diffusa?
Ma se da tutte le parti un lamento sulla bruttezza, gli scempi, la pessima architettura, gli abusi, i condoni ecc. come fa, improvvisamente, ad uscire dincanto la bellezza, buttata l, di traverso, tanto per dire no e, sostanzialmente, per difendere un pacchetto di voti di riferimento di coloro che sono deputati al controllo e che ovviamente rischiano di vedere ridotta la loro ragione di esistere!
La conservazione dello status quo giova solo ad una casta numerosa, protetta e proterva che ha ormai preso in mano le redini dellurbanistica e delledilizia, spesso con lavvallo della cultura accademica, e che si muove indipendentemente dalla politica, se non come forza di condizionamento.
Sento in questo momento in TV un Governatore che dice "ci pu essere accordo ma non devono essere ammessi cambi di destinazioni d'uso": tipico cavallo di battaglia di coloro che vogliono il controllo sull'economia, cio sugli imprenditori. Questa l'urbanistica.
Pietro Pagliardini
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6973
di Leandro Janni
del 25/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
I controversi progetti edificatori del presidente del Consiglio Berlusconi : 1) Piano casa; 2) Piano casino; 3) Piano casotto. Forse.
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6972
di giannino cusano
del 25/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
X Vilma Torselli
Sono tranquillissimo, grazie. Anche per carattere. E anche, dicono, persona di spirito e spiccato sense of humour: cosa che, naturalmente, a volte passando da parlato a scritto pu anche non trapelare.
Non ho idiosincrasie per la parola "forse". Su particolari argomenti e figure che tuttora mi appassionano particolarmente, forse con i dubbi ho iniziato tanti anni fa. Lei che ne dice? Su questo mi conceder il beneficio del dubbio?
dicevo: dubbi ritestati e reiterati fino al punto da portarmi a pochissime e pure conclusioni. Personali, ovvio. Capita anche questo, per via. Per cambiare le quali, occorre convincermi: a volte succede, altre no.
E comunque una cosa certa: non mi ben chiaro il suo punto di vista sulla decostruzione. Forse non ho ben compreso il suo commento (6961), forse per una volta lei non si spiegata nel modo migliore. Che ne dice? Un fifty / fifty potrebbe andar bene?
A ogni buon conto, se vortr essere cos cortese, un supplemento d'informazione da parte sua mi sembra auspicabile.
Cordialmente,
G.C.
PS: ha visto quanti "forse"?
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6971
di renzo marrucci
del 25/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Riflessioni a perdere
Chi potr aggiungere una stanza alla sua casa? Quali gli edifici da abbattere per essere ricostruiti con un'aggiunta di cubatura? Io non lo nascondo, ma sono curioso di vedere con quali criteri si realizzeranno queste due semplici e prensili indicazioni.
Chi e come decider quali sono le volumetrie da abbattere? Non che non ci siano edifici terribili in giro, ma sar divertente vedere come si decider nel merito. Si sa che basta creare il pernio.. ma poi il discorso chi lo ferma o chi lo controlla?
Salter fuori che nella stragrande maggioranza delle citt italiane si abbatteranno edifici terribili e se ne ricostruiranno di migliori? Almeno a parole le buone intenzioni contano? C' gi chi si candida a far sognare il bello che verr... sar una sagra della bellezza? E della compassione verso chi aspira ad una camera in pi?
O tuttalpi servir a chiudere una terrazza o un terrazzino per farci l'angolo cottura? Sar utile per ospitare la giovane moglie del figlio o viceversa, in attesa di una casa propria?
Ci sono gli ingredienti giusti per una soap-opera TV in cui buttarsi per far parte della partita... Le archistar nostrane affilano disponibili le armi nella liturgia della rico-decostruzione Si fanno avanti e con loro gli altri... per avere, creare lavoro certamente! Nasceranno commissioni zeppe di professori professorali o di politici o tecnici galoppanti? Sar l'ennesima spolpacciata ai danni del solito cittadino?
Sono solo semplici dubbi, questi che assalgono nei momenti scuri, nella percezione sconcertante della perdita di valori a cui si assiste e di cui non interessa nulla a nessuno? ..Il denaro fagocita la speranza della felicit rendendola un sogno inarrivabile, gonfiato dalle parole. Ma allo
ra? La speranza di sposare uno dei figli di Berlusconi? Che fine ha fat
to? Ma basterebbe anche una nipote di Prodi?...
renzo marrucci
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6966
di giannino cusano
del 24/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
PER AVINO, LAZIER, TORSELLI
Mi unisco a Lazier nel ringraziare Avino per aver scatenato questo meraviglioso putiferio :)
Lazier scrive (n. 6965) Dico a Giannino Cusano che ho molto apprezzato il suo riferimento a Carmelo Bene ... Il mio intervento non intendeva essere sfavorevolmente critico... ecc. ecc. Grazie: non importante, credo, se il tuo intervento volesse o meno essere critico. E' importante che induca, come ha fatto, approfondimento e riflessione.
Occorre, invece, tornare pi puntualmente sul commento 6961 di Vilma Torselli.
Non metto in dubbio la correttezza filologica dei riferimenti di cui si serve per commentare il lavoro di Carmelo Bene. Solo, per, che se ci si limita a smontare una personalit creativa nelle sue componenti base, ci resta il vuoto e non si distingue pi Bene dalle sue eventuali componenti, peraltro tutte da provare.
Posso ben leggere Borromini come uno che smonta e riassembla ordini giganti, riseghe da cupole del Pantheon, cornici ondulate, ecc., ma con questo non avr chiarito n la peculiarit delle sue invenzioni n la differenza, se c', per grado e qualit di Borromini dai suoi meri ingredienti costitutivi.
L'eventicit di Bene affatto diversa dall'happening, dalla performance, dalla body art e dallo stesso Cage, che peraltro amo molto. E sopra ogni altra cosa tutto fuorch non programmabile, perch Carmelo Bene progettava meticolosamente e nei minimi dettagli i suoi spettacoli. E fu accusato persino di essere ripetitivo, da serata a serata: come se la ripetizione fosse un delitto e non, invece, la vera trasgressione.
Perch solo una cosa che non pu essere detta altrimenti, deve solo essere ripetuta.
Spettacoli, cmq, che erano la sistematica e pi radicale sottrazione alla tirannia della struttura che io abbia avuto modo di conoscere. E il punto non mi pare nemmeno di 'interdisciplinariet: semplicemente, la convergenza di tutti i fattori nel farsi della scena una brillante reinvenzione del teatro della crudelt di Artaud, che mi pare altra faccenda.
Ho gi detto mesi fa, qui in Antithesi, che la presenza in architettura a rigore ineliminabile e l'ho ripetuto di recente, aggiungendovi tutte le arti figurative e teatrali. Dunque, quando la Torselli scrive Luomo, sempre luomo, artefice e fruitore, onnipresente ed ineliminabile.Impossibile quindi ogni esclusione dellutente mi pare si rivolga a terzi, non a me.
E' un'ovviet, dire che ogni esclusione dell'utente impossibile. E chi ha mai detto il contrario? Ed un'altra ovviet dire che, per quanto si faccia, il corpo, in quanto presenza fisica umana, non pu essere escluso dal pensare, fare e fruire larchitettura, attivit eminentemente umana, fatta dalluomo per luomo, quindi doppiamente ed inevitabilmente autoreferenziale. Impossibile quindi ogni elisione della presenza
Certo: anche qui, ho mai sostenuto il contrario? E dove? Se si pensa di confutare la decostruzione cos, credo che non si va molto lontano.
Pu darsi che forse Derrida non fosse troppo convinto della validit della decostruzione in architettura, pu ben darsi che i tanti sospetti che la Torselli dissemina (non derridianamente) nel suo commento siano fondati, ma fino a prova contraria restano dei forse e dei sospetti che , per ora, a mio parere non assurgono a rango non di prove, ma nemmeno di indizi. Impressioni rispettabilissime, per carit, ma impressioni. E poi, chissenefrega di Derrida, se non era convinto! Mica sono un suo esegeta: di Derrida faccio quello che mi pare creativamente giusto fare, non ci che la filologia mi comanda di fare.
Allora riepiloghiamo: ho sempre detto, e lo ripeto, che a mio parere la decostruzione non una semplice operazione di smontaggio e rimontaggio di testi. Se cos fosse, non ci sarebbe stato bisogno di incomodare tanto lavorio quanto ne ha smosso lo stesso Derrida. Qualsiasi autore di parodie smonta a rimonta testi senza bisogno di essere pensatore o filosofo.
La questione del logocentrismo riguarda, dal mio punto di vista, il fatto che la scrittura si stacca dal parlante e vive di vita propria, sottraendosi al dominio e al controllo del parlante, anzitutto. Si costituisce cos in segno. E questo, mutatis mutandis, vale in letteratura, in architettura e nelle arti tutte. Ne La disseminazione (Derrida) c' una lunghissima sezione -la farmacia di Platone- dedicata al Fedro che chiarisce molto bene la questione. Anche un messaggio scritto presuppone che qualcuno lo legga e, mentre viene letto, che qualcuno lo abbia scritto. La differenza rispetto al logos detto e parlato sta nel fatto che destinatario e parlante non sono presenti: chi ha scritto il messaggio poteva voler dire tutt'altro, pu essere un mentitore o essere morto nel momento in cui io leggo e magari il messaggio una richiesta di soccorso di un naufrago da un'isola desert
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6968
di Vilma Torselli
del 24/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Si tranquillizzi, Cusano, mi sono solo accodata allargomento che lei ha portato avanti con ampie argomentazioni, non volevo rispondere in particolare a lei (ci sarebbe voluto ben altro impegno), non volevo tacciarla di essere lesegeta di Derrida (come le venuto in mente?), non volevo scalfire la sua granitica (super)valutazione di Carmelo Bene (ma non le sembra un argomento un po off topic per insisterci tanto?), sul quale vorr essere cos equanime da lasciare intatte le mie personali convinzioni, non intendevo confutare due sue espressioni (..(Come) si dice in spazi questa elisione della presenza? - comm.6938) e ( porsi in termini di esclusione dell'utente - comm 6949) ma semmai rafforzarle.
Vorrei, questo s, consigliarle una lettura meno scolastica dellarte moderna e poi, visto che la parola forse la inquieta, aggiugerei una breve meditazione su una frase pescata in rete che mi piace molto: "Se un uomo parte da certezze, terminer con dubbi; ma se si contenta di cominciare con dubbi, terminer con certezze." (Francis Bacon)
Ancora saluti
Vilma Torselli
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6967
di Renzo marrucci
del 24/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Per quanto riguarda lo spazio di piazza del Campo a Siena, dico volentieri la mia opinione alla luce dell' integrazione architettura citt e territorio.
Lazier, forse, semplifica un po' troppo. Lo spazio di piazza del campo vive della sua architettura per come stata pensata e costruita e con il materiale che si vede nelle facciate, che poi facciate non sono ma oganici riferimenti alla citt, che nello spazio della piazza si rappresenta.
Materiale e colore e scuri profondi come continum materico-spaziale e funzionale che si estende alla citt. Consistente spazio temporalit scandita nel ritmo organico del territorio che produce spazio organico umano, in un felice rapporto integrato alla forma cavea del terreno, in cui la citt si incontra con i suoi tre crinali, in un realt rispettata, amata e assecondata dal genio locale. Esempio di continuit e di profondit umana che F.L.W. ammirando, riport nella felicit del suo cuore di architetto.
Quale spazio pi caratterizzato di quello? Spazio urbatettonico in tuti i sensi. Da studiare e da capire alla luce della realt odierna. Quando si vuole capire il tipo di perversione o sbandamento che stiamo attraversando sufficiente andare a prendere un th o un bicchiere di vino in quella realt spaziale... in cui tutto architettura... e gli edifici sono una sola cosa, un contrappunto di pieni e di vuoti come individuo spaziale che fondendosi, accarezza il cuore e l'anima di chi vuole farsi rigenerare.
Si pu osservare ammirati come una cartolina, piazza del campo, e cercarne gli elementi che la connotano, uno per uno e allora si scopre cosa vuol dire integrazione spazio temporale e citt territorio, e se si vuole si pu anche non decifrare la cifra o il valore architettonico peculiare degli elementi che lo compongono, non cambia nulla. E' una risposta come altre, da studiare nella sua magia instancabile e eterna per capire anche, per esempio che cosa un luogo umano e urbano e che cosa l'architettura che non deve distinguersi, ma fondersi in un comune linguaggio che pare quello della modestia ma appare invece, per magia umana esplodente, un luogo della pienezza e della forza organica della spiritualit umana.
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6963
di giannino cusano
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Ottimo e sostanzioso intervento di Vilma Torselli, che ringrazio.
Si, penso che l'assenza del "parlante" abbia attinenza anche col "farsi" dell'esperienza sotto i nostri occhi e in modo non predeterminato. Trovo interessanti, per esempio, certi spazi di Koolhaas, in cui non distingue tra percorsi e luoghi di arrivo e nei quali le strutture non seguono alcuna maglia regolare, in modo che ciascuno, muovendosi, possa farne un'esperienza personalissima tracciando volta a volta i suoi personali percorsi "nomadi" -anche interiori - dipendenti solo da ci che sul momento attrae ciascuno di noi. Magari la prossima volta sar tutto molto differente.
Pi in generale, credo che l'esperienza piena di libere "derive" nello spazio, del lasciarsi andare ala sua magia, sia possibile a partire da una frattura fondamentale col senso univoco dell'opera, da cui nasce un tipo di abbandono attivo all'esperienza.
Sono ovviamente incentivi, suggerimenti a immaginare che ho ricavato. Anche leggendo Derrida, o guardando certo teatro e non altro. Non sono, ovviamente, un filosofo o un critico, quindi ho un vantaggio notevole sui pensatori di professione, perch tutto quello che aiuta la mia immaginazione a me va bene.
Penso anch'io che la decostruzione non sia un supporto sufficiente per "costruire" di per s, dalle fondamenta e di sana pianta un'architettura.
Come la rottura della scatola neoplasticista pu essere un incentivo enorme a immaginare in modo "altro" dal solito, anche la decostruziione secondo me pu esserlo. In modo forse meno diretto, architettonicamente, pi complesso e anche molto mentale, ma stimolante.
Gli esempi pi validi, a mio giudizio, sono quelli di chi, a suo modo, ha assorbito tensioni decostruttiviste in ambiti operativi del tutto differenti, come arricchimento espressivo. Ho citato il generosissimo Behnisch e il suo approccio fondamentalmente "funzionalista", potrei citare Biagio Marcello Guido: un organico, senza ombra di dubbio, che per con la decostruzione ha aggiunto attrezzi assai interessanti alla sua gi nutrita cassetta dei ferri.
Almeno, io cos vedo la questione. Apertissima, ovviamente, a mille altre soluzioni :)
G.C.
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6952
di Tommaso MARTIMUCCI
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l?ha già
di
Teresa Cannarozzo
..questo articolo mi sembra che colga nel segno gli effetti che questa stronzata che berlusconi sta attuando provocherebbe sul territrorio italiano.
penso che berlusconi,o meglio tutti gli apparati professionali che costituiscono l'enturage tecnico di supporto del presidente,non immaginano che con questo decreto si scaverebbero una fossa profonda entro il quale il precipitare ,se non si accorgono che quest'azione sfigurerebbe il volto del nostro territorio Italiano....!!!,
sia da un punto di vista estetico sia fisico nel senso di crolli di solai balconi e tettotie.
Senza fare il catastrofista ma in questi tempi economicamente difficili, quanti interventi edilizi veramente spenderanno negli oneri relativi alla sicurezza dei cantieri?...Cio gli operai italiani o sicuramente polacchi-rumeni-albanesi (nulla togliendo alle loro capacit!) veramente indosseranno le impicciose imbragature di sicurezza durante i lavori di chiusura di un muro di un balcone sospesi a sbalzo dal 6 piano di un'edificio?
Da questa parte invece,cio tutti i tecnici professionisti geometri ingegneri addetti ai lavori chissa a quali compromessi dovranno scendere nel confrontarsi con l'etica del mestiere, per molti di questi forse quest'etica non esiste perch penso che senn quest'idea non gliel'avrebbero sussurrata nelle orecchie del "Presidente".
Spero nei professionisti nel senso alto del termine,in tutti coloro illuminati vicini alle amministrazioni comunali e regionali ma sopratutto nei Cittadini che hanno a cuore e che lottano e difendono tutti i giorni il loro territorio dagli agenti inquinanti di ogni sorta...penso sia il momento di esprimere un'opinione forte a riguardo!
tommaso.
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6958
di Renzo marrucci
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Se un piano casa sar interessante e aiuter gli italiani
Atrimenti perpetrer l'andamento esistente con buona pace della coscienza italiana. Da questo stato di cose nessuno pu tirarsi indietro, nessun pseudo moralismo consentito a architetti ed urbanisti la cui opera si aggiunta alla realt odierna e soprattutto non ci si riscatta cavalcando fantomatici proclami di rischiosa cementazione. La cementazione in corso all'interno delle nostre citt nessuno la vede e la osserva? Quali i criteri attraverso cui si presume di essere migliori e di salire in cattedra? Sarebbe bello poter leggere autocritiche sull'operato di architetti e super-architetti dalle grosse dimensioni dello studio ma sarebbe come siglare la propria scomparsa vivente in questa cultura architettonica in cui la critica sta ormai scomparendo oppure viene messa in vendita al miglior offerente. Quale prova di moralismo attendere dalla cultura architettonica italiana?
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6959
di renzo marrucci
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Per la seriet di una legge
Naturalmente con la necessit di far fronte al problema grave della recessione economica, si dovrebbe anche andare incontro alle necessit degli italiani che vivono le esistenti importanti problematicit urbane. Tutto ci senza schienarsi alle necessit di "portar grasso" ai gruppi economici gi molto attivi e agguerriti all'interno delle nostre citt, con proposte e realizzazioni allucinogene e bollite. La cementificazione possibile non dovrebbe essere peggiore di quella gi esistente... anche se garbatamente paventata da alcune archistar nostrane, pi o meno superstar... o da fantomatici e criptici urbanisti della cazzuola sempre aulicamente nostrana.
Peggio di come ... francamente difficile supporre.
Se il progetto di legge viene incontro ai problemi della citt e dei cittadini sar un colpo di salute evolutivo alla nostra cultura edilizia e economica, altrimenti si rimane nel mosto a fermentarecon addebito di nuove decomposizioni realizzate.
Certo, non bisogna creare ulteriori escamotage o vizi di cui siamo gi pieni nelle nostre amministrazioni e determinante sar il loro comportamento discrezionale nell'applicazione della legge. In Italia c' tanta architettura minore che non meno importante di quella cosiddetta monumentale o maggiore vincolata per Decreto. Questa architettura minore, che non concerne solo i Centri Storici, dovr essere opportunamente tutelata nella sua realt e bisogner definire le valutazioni specifiche, per non incorrere in una "lavatura" sciagurata che rischierebbe di essere consentita dalla leggerezza o dalla superficialit di un Decreto legge non particolarmente curato. In Italia si molto bravi a far passare leggi firmate da qualcuno che lo consenta. Opportunamente normata questa possibilit e organizzate opportune fasce e tipologie di rispetto, sar possibile avere un campo di azione interessante dove applicare norme per un effettivo rilancio economico del settore edile e anche di sperimentazione possibile. Sar cio possibile, quindi, esercitare un campo di azione critica serio e costante, responsabile, anzich allargare generici proclami di suggestiva preoccupazione morale occorre essere attivi e propositivi nei contenuti.
Renzo Marrucci
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6960
di anna marzoli
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l?Tha già
di
Teresa Cannarozzo
Condivido le preoccupazioni espresse in questo articolo, ma mi fermo all'espressione -"Si tratta insomma di misure a favore di un segmento sociale, economicamente dotato, in grado di migliorare (si fa per dire) la propria condizione abitativa" - che invece considero assolutamente non veritiera. L'intervento si rivolge proprio a chi invece possibilit economica non ne ha e con pochi costi, rispetto a quelli che rappresenterebbe l'accensione di un mutuo prima casa, avr possibilit di avere una camera e cucina per vivere, se non altro, non sotto lo stesso tetto di mamm e pap. E guarda caso Berlusconi c'ha preso pure stavolta, perch tutto gli si pu dire al presidente, tranne che le cose le fa senza pensare mai a raggiungere un obiettivo, che in questo caso sar rappresentato da un ulteriore fetta di nuovo elettorato che andr a rafforzare ancor di pi il suo potere. Mi chiedo per cosa abbiamo fatto noi nel frattempo, e per noi intendo attuale opposizione, il tanto declamato popolo della sinistra, per evitare questo. Siamo stati a guardare i "buchi" di un PRG che ha permesso la trasformazione di zone abusive in bidonville autorizzate. E dove sta il DM 1444 in quelle zone???Dove?? Ci preoccupiamo ancora dell'estetica dell'architettura e ci facciamo venire i capelli dritti al pensiero dell'infisso in alluminio anodizzato e il portichetto del villino del vicino chiuso con vetrate e rimaniamo a fare la faccia schifata di fronte a chi non ha capito che l'architettura un fenomeno sociale e che siamo degli egoisti perch non dobbiamo pensare solo a noi stessi ma al nostro quartiere, che si impoverir perch avr quei 6.66 mq in meno di verde ! Ma per favore!! Dove eravamo quando si richiedeva un intervento forte sulle case popolari? sono stufa di stare qui a guardare l'immobilit: l'unica cosa che continuiamo a fare criticare senza agire.
E voglio dire un'altra cosa:
semmai questo decreto diventer attuativo, voglio trovarmi di fronte al giovane architetto che rifiuter il lavoro di ampliamento che gli proporr il cliente, perch per motivi etici "non ci sar possibile accettare l'incarico", nonostante la scarsit di lavoro e la difficolt estrema di portare avanti la nostra professione in maniera decorosa. Ci voglio proprio stare l davanti quando accadr, spero solo da spettatore e non da architetto, perch c'ha fregato anche in questo il Presidente, e per questo, tanto di cappello!
Tutti i commenti di anna marzoli
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6962
di giannino cusano
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l?ha già
di
Teresa Cannarozzo
L'articolo mi trova d'accordo. Merita riflessioni supplementari.
Una costante della vita pubblica italiana da pi di 50 anni -a essere buoni- la dannazione dell'emergenza: alibi permanente per eludere i problemi strutturali del Paese. Urbanistica, territori, edilizia non fanno eccezione.
Pochi esempi: emergenzialista fu, di fatto, la Legge per i Piani di Ricostruzione postbellica, alias Legge Ruini (1 marzo 1945, n. 154) che, di portata limitata ai primi interventi, escluse ogni possibilit di guardare i problemi in termini generali e sistemici, risolvendosi in un danno diffuso. Gli strumenti ordinari per la pianificazione (all'epoca, la legge per la tutela delle bellezze naturali del 1939 e la 1150 del 1942, in s buone leggi se prodromiche ad altro, e varate in notevole ritardo ) erano gi largamente insufficienti. La Ruini, infatti, fu l'esplicita ammissione di questa carenza. Mai colmata nei decenni successivi, sempre in nome della cronica emergenza che tale rester anche per i posteri dei posteri se mai si metter mano a una riforma degna di questo nome. Non cos accadeva nella grandissima maggioranza degli altri paesi europei, che si posero il problema della ricostruzione e globalmente della congruit e revisione degli strumenti disponibili gi dal '42-'43, a conflitto in corso. Oggi in Italia siamo a formule stravaganti, come il pianificar facendo dell'ultimo P.R.G. di Roma: a testimonianza non dell'insipienza dei suoi progettisti, persone di valore e che certo sprovvedute non sono, ma delle condizioni sempre pi vischiose in cui si opera qui.
Non sono urbanista, ma per il pochissimo che mi tocca occuparmene resto dell'avviso che Luigi Piccinato costituisca tuttora un validissimo e sicuro (e, ahim, trascurato) ancoraggio. Una delle sue lezioni fondamentali che in urbanistica, a differenza che in aritmetica, cambiando l'ordine dei fattori (= delle priorit) il prodotto cambia. E di brutto.
C' chi, per esempio, con la solita logica a spizzichi e bocconi, afferma che i centri storici non saranno minimamente danneggiati dal decreto in via di approvazione. Non vero. E non perch costoro mentano, ma perch non si rendono conto -ed assai peggio di una menzogna- delle interazioni sistemiche che faranno s che aumenti indiscriminati di cubatura nelle aree non centrali abbiano pesantissime ripercussioni proprio sui centri storici, indipendentemente dal fatto che siano o no direttamente coinvolti nei nuovi aumenti volumetrici.
Credo non ci sia bisogno di dilungarsi, salvo sottolineare un altro problema che non mi pare sia stato evidenziato abbastanza. Sentivo qualche sera fa il Ministro Matteoli dire che le soprelevazioni sarebbero comunque soggette a calcoli statici. Ovvio, in teoria. In pratica, per nulla: perch, solo per fare un esempio, rapportare a quelle odierne le resistenze caratteristiche dei calcestruzzi confezionati qualche decennio fa, segnatamente prima del 1970-'71, operazione quanto mai dubbia e problematica, tanto sono mutati i criteri di campionatura dei provini in cls.a. E' solo un esempio: ce ne sarebbero un'infinit, a testimonianza del pressappochismo cronico della nostra classe politica. Anni fa, dopo il terremoto umbro, il notissimo Antonio Di Pietro disse in TV che la soluzione era semplicissima: bastava fare una legge per la quale gli edifici dovessero resistere al nono grado della scala Mercalli. Roba da sganasciarsi dal ridere, se non ci fosse stato da piangere a un litro a lacrima.
Allora: oltre ad opporsi giustamente -ma, temo, senza esiti significativi- a questo ddl, che che in piena continuit col cronico emergenzialismo nazionale e che l'unica speranza che lascia che le persone con soldi bastanti per produrre gli incrementi di cubatura previsti siano davvero pochissime, non si pu pensare di integrarne gli esiti con provvedimenti che pongano, in prospettiva, un argine all'emergenzialismo?
Credo che se con questa operazione si gettassero le basi per una seria e pubblica informatizzazione del patrimonio edilizio esistente, un grosso passo avanti si farebbe. Una sorta di Pubblica Anagrafe dell'edilizia e dell'urbanistica italiane dovrebbe prevedere una reale cartolarizzazione informatica, consultabile on line da chiunque, delle infrastrutture, delle urbanizzazioni, degli edifici, della loro cubatura, delle destinazioni d'uso, delle condizioni energetiche, statiche e manutentive degli immobili. In modo puntuale. E si potrebbe cogliere l'occasione per partire esattamente dalle asseverazioni previste per gli interventi cosiddetti anti-crisi. Avremmo, cos, il vantaggio di poter proiettare negli anni venturi il quadro che ne verr fuori. Preventivamente, perch l'iscrizione in questa anagrafe informatizzata sarebbe contestuale alla presentazione delle prossime D.I.A. nonch delle future richieste di nuovi permessi di costruire.
Si potrebbe poi gradualmente, ma con prec
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6964
di andrea pacciani
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Questa legge la dimostrazione di quanto ormai l'architettura e l'urbanistica siano lontane dalla gente e quindi dai politici che li rappresentano.
E' il risultato di 50 anni di scollamento tra i bisogni della gente e leggi urbanistiche mirate a tradurre in regole gli insegnamenti teorici e inapplicabili del movimento moderno, dallo zoning in poi.
E' la ribellione dopo decenni di fallimenti di regole di architettura e urbanistica che non hanno fatto meglio di una deregulation senza scrupoli; tanto vale, avr pensato il nostro Cavaliare, azzerare i cartelli burocratici locali, togliere il potere ai tecnici per darlo agli utenti finali confidando che non sapranno fare peggio degli strateghi accademico-palazzinari.
Il potere economico e decisionale dell'establishment degli architetti e urbanisti ha sopraffatto quello dei politici e questa legge un tentativo dei politici per ristabilire le gerarchie, minacciando gli architetti di ci di cui hanno maggiormente paura: che siano gli utenti finali a scegliere dove e come voler vivere nella propria citt.
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6965
di Sandro Lazier
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
A questo punto dobbiamo ringraziare Luca Avino per averci dato modo di riaprire una riflessione su un argomento che a nessuno sarebbe venuto in mente in questo momento di rilassamento mentale pressoch generale.
Dico a Giannino Cusano che ho molto apprezzato il suo riferimento a Carmelo Bene, perch mi ha acceso un paio di lampadine sulle quali sto ancora meditando. Il mio intervento non intendeva essere sfavorevolmente critico. Intendeva solamente chiarire a me in primo luogo e poi ai lettori- lambito della riflessione filosofica e la sua possibile influenza sulle questioni dellarchitettura. Al solo scopo di evitare confusione, visto che ce n gi tanta.
Vilma Torselli ha magistralmente essendo unesperta di arte moderna particolarmente attenta e capace risolto il problema della presenza lasciandoci per senza una soluzione decisiva. Capisco i suoi dubbi e le sue disillusioni (vedi larticolo Remix su www.artonweb.it) che affidano allarte lunica possibilit di redenzione Ri-editando linguaggi estetici e teorici di diversa provenienza, [larte] perviene cos ad una interpretazione anzich ad una produzione di nuove forme, elaborando protocolli alternativi per rappresentazioni e strutture narrative gi esistenti (Stefano Chiodi, Alias n.31 / 08-2005).
A me pare tuttavia che la rinuncia al nuovo, al grado zero, alla scrittura ex novo non possa essere la strada migliore per interpretare e dare risposte attuali. Il postmoderno ha sostanzialmente fallito lasciandoci in eredit un conservatorismo nemmeno nostalgico e decadente, ma addirittura convinto di occupare posizioni davanguardia. Avanguardia dei gamberi, direbbe Zevi.
Ma dove sta la novit della scrittura? Dove cercarla? Ricordo il mio primo viaggio a Siena, a piazza del Campo. Lesperienza dello spazio che se ne fa unica e ci fa capire quanto questo sia essenziale allarchitettura e non ne sia accessorio. Ruotando lo sguardo dal centro della piazza, non c fabbrica di un qualche rilievo architettonico alla faccia di Aldo Rossi e dellarchitettura della citt non ci sono materiali pregiati n tantomeno composizioni armoniche e simmetrie. Possiamo mentalmente sostituire gli edifici, scambiarli, inserirne di nuovi, ma il risultato resta di per s lo stesso. C un catino, una torre ed edifici intorno. Tornando a casa racconteremo di un posto meraviglioso ma non sapremo descriverne larchitettura.
Non questa astrazione? Centra luomo in tutto questo? E quale uomo? Quello solenne e dritto della prospettiva centrale rinascimentale? O quello contrito e genuflesso dei borghi medievali?
Questo intendo quando parlo di novit della scrittura. Essa possibile.
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6961
di Vilma Torselli
del 23/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Approfittando delle ampie argomentazioni fornite da Giannino Cusano, tornerei su Carmelo Bene, indubbiamente un fenomeno singolare e circoscritto della nostra cultura non solo teatrale, ma aggiungerei che andrebbe inquadrato in un discorso pi generale, ed in un certo senso pi generico, con un occhio di riguardo ai tanti fenomeni dellarte moderna che in qualche modo lo riguardano e lo contaminano, happening, performance, environmental art e persino body art, arti che accadono, plurivoche, non programmabili, interdisciplinari, comportamentali, giungendo fino dalle parti di Allan Kaprow, Mattew Barney, Dennis Oppenheim e tanti altri, senza dimenticare ci che della musica ha fatto John Cage.
E magari senza dimenticarci nemmeno di Luigi Pareyson, teorico della formativit' , che invoca per larte un fare critico, intellettualmente attivo, che si interroga lungo il suo procedere , che mentre fa inventa il suo modo di fare.
Pu essere questo ci che Cusano intende per sottrarsi alla tirannia della struttura?
Quanto al resto, Bernard Tschumi scrive: "Il corpo sempre stato sospetto in architettura: perch ha posto i propri limiti alle ambizioni architettoniche pi estreme. Disturba la purezza dell'ordine architettonico. Equivale a una pericolosa proibizione", e suggerisce una rilettura modernizzata delle categorie vitruviane venustas-firmitas-utilitas che le muti in linguaggio-materia-corpo, dove il corpo suggerisce sia laspetto utilitaristico e funzionale dellarchitettura che la sua esperienza edonistica e sensoriale.
Come dire che, per quanto si faccia, il corpo, in quanto presenza fisica umana, non pu essere escluso dal pensare, fare e fruire larchitettura, attivit eminentemente umana, fatta dalluomo per luomo, quindi doppiamente ed inevitabilmente autoreferenziale.
Impossibile quindi ogni elisione della presenza.
quando si pensa allarchitettura, si pensa ad unarte abitata, con un corpo umano che si muove al suo interno e larchitettura che si adatta ad esso scrive Bassam Lahoud, daltra parte lo stesso Derrida dice che larchitettura (cito ancora dallarticolo di Luisella Piscottu) " anche un'attivit o un impegno della gente che legge, guarda questi edifici, entra nel loro spazio, si muove nello spazio, sperimenta lo spazio in modo diverso. E cos conclude riferendo il pensiero dello stesso Derrida: Secondo Derrida, Eisenman e Tschumi hanno dato prova che quella decostruttivista una strada percorribile; anche le loro creazioni sono fatte per essere abitate, per dare riparo, tuttavia, dietro consiglio di Derrida, quello che bisogna chiedersi "non soltanto ci che costruiscono, ma come noi interpretiamo ci che essi costruiscono".
Luomo, sempre luomo, artefice e fruitore, onnipresente ed ineliminabile.
Impossibile quindi ogni esclusione dellutente.
Tuttavia sul fatto che ci possa essere un parallelo stretto tra critica del logocentrismo e decostruttivismo (del linguaggio architettonico) resta sempre qualche dubbio, condiviso forse dallo stesso Derrida.
Il quale, invitato nel 1986, con Eisenman, proprio da Bernard Tschumi a collaborare alla stesura di un progetto di giardino nella "promenade cinmatique" a Parigi, progetto poi rifiutato dalla committenza e mai realizzato, scrive un libro, si direbbe senza eccessiva convinzione, Adesso larchitettura, addentrandosi in un campo di speculazione nuovo con una certa cautela, se a pag.198 scrive: Io non so molto bene che cos un parco. Che cos un parco? Una citt? Queste non sono questioni filosofiche astratte. Parlare di un parco urbano ancora pi problematico. Chiederei di rivedere tutto.
Alimentando il sospetto che i supporti teorico-filosofici del decostruttivismo siano veramente poco sostanziosi.
Saluti
Vilma Torselli
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6950
di mASSIMO pICA CIAMARRA
del 22/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Condivido lintervento di Teresa Cannarozzo: il piano casa dovrebbe essere tuttaltro, si preannuncia un DL che non lo sfiora, che ha oggetto e scopi diversi. Sostiene densificazione del sistema edilizio ed autocertificazioni, pone quindi la questione quantit/qualit ed su questa che urge riflettere.
Di per s densificare non preoccupa: non sinonimo di bassa qualit. Tanti gli esempi di alta densit e riconosciuta qualit, tanti gli esempi di aree a bassa densit e di bassa qualit: e viceversa. Elevare la densit pu agire su riduzione del consumo di suolo, accessibilit ad attrezzature e servizi, incremento delle relazioni sociali. Facilitare la densificazione e incentivare la sostenibilit energetica in linea teorica positivo per il sistema urbano e territoriale: ma -in assenza di logiche di sistema- la sommatoria di azioni individuali rischia di produrre effetti peggiori della cosiddetta legge ponte(1967). Non vale accettare la crescita con squilibri, sapere che ladeguamento degli strumenti urbanistici sar successivo: manca unimmediata revisione di regole e tempi.
Le autocertificazioni: dove il controllo degli interventi ridotto a sola verifica di congruenza normativa, sono opportune sostituzioni del permesso a costruire, contrastano la lentezza di apparati burocratici obsoleti. In assenza di Commissioni per la Qualit -cio di forme di intelligenza collettiva- ci si riduce a quella individuale. Ma si pu continuare in assenza di giudizi qualitativi? I comuni saranno sommersi da autocertificazioni da verificare in tempi brevi: come farvi fronte? Pu immaginarsi un garante per ogni quartiere? Il diritto individuale alledificazione prevale su tutto? Anche se un intervento inquina la qualit ambientale, ove esiste, o se non ne immette?
La qualit urbana non si produce per norma, mancano modi per misurarla, rispecchia la cultura di una collettivit e lazione sui processi formativi di lungo periodo. Il DL preannunciato nella sostanza riguarda gli interventi privati. In attesa di strumenti urbanistici agili ed adeguati, nellimmediato dovrebbe almeno spingere perch ogni autocertificazione sia accompagnata da fotomontaggi/immagini virtuali, espliciti i rapporti con il contesto, motivi il rapporto fra quanto in programma e ambiente circostante, paesaggio e preesistenze che caratterizzano il contesto di intervento. La superindividualit significativo fattore della qualit del costruito: contrasta interventi che si limitino a soddisfare egoismo del committente e narcisismo del progettista.
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6949
di giannino cusano
del 22/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
CHIARISCO (x Sandro Lazier)
Caro Lazier, siamo sostanzialmente d'accordo, sia pure con alcuni miei dubbi del tutto generali. La mia sulla presenza voleva essere una provocazione, spero utile, non contro la decostruzione ma contro alcuni suoi facili epigoni.
Decostruzione che in architettura non , a mio avviso, lontanamente paragonabile a un movimento come quello organico o razionalista, inclusivi di densi progetti sociali ampi, globali. Piuttosto, va commisurato ad avanguardie come De Stijl o il Costruttivismo russo in quanto pone l'accento su problematiche assai puntuali e specifiche, ma non per questo trasxcurabili.
E la riprova, secondo me, la fornisce Behnisch, l'unico architetto che credo potrebbe restare decostruttivista per i prossimi 100 anni senza fare una grinza, come Mendelsohn rimase espressionista tutta la vita di contro alla precaria durata del movimento. Behnisch pu permetterselo, a mio avviso, in quanto la sua matrice fortemente funzionale, nell'accezione pi ampia e rigorosa del termine, glielo consente senza mai venir meno, senza cedimenti di sorta. Semplificando molto, direi che Benisch sta alla decostruzione = Mendelsohn sta all'espressionismo.
Non c' dubbio che la prassi di arti come il teatro, le arti figurative e l'architettura presuppone un pubblico e delle presenze. Quello che intendevo sottolineare con un paradosso (felice o meno, ciascuno lo valuti come crede) , appunto, la differenza tra testo e scrittura.
E un esempio semplice mi pare che renda bene: se, scrivendo, recito mentalmente un testo come se lo stessi dicendo ad altri, evidente che quasi sempre ne scaturir una scrittura concepita come trascrizione di un discorso detto. Scrittura che, dunque, dissimuler il proprio carattere di scrittura dietro l'apparenza di testo raccontato. Con tutto ci che ne segue in termini di ermeneutica, perch per quanto si voglia, quel carattere di scrittura come costitutiva del segno non sar mai del tutto eludibile. Dov' la novit, allora? Tutto sommato non c', perch si tratta di una questione ben nota da tempo. Solo che -secondo me- prima appariva frammischiata ad altre, mentre con la decostruzione a me pare che venga evidenziata direi quasi chirurgicamente. Gi con Flaubert, alla met del XIX sec., si fa evidente la rottura della falsa unit del linguaggio letterario, per esempio, ideologicamente assunto come uguale per tutti, mentre solo quello dell'aristocrazia e della Corona francese che tenta di imporsi come unica e indiscussa verit. E con l'Ulisse di Joyce arriviamo, a mio avviso, al clou di un processo di rottura della falsa monoliticit della lingua, non immune dal passaggio attraverso le parolibere futuriste. Non mi soffermo sulla scrittura joyciana, che tutto meno che testo.
Torno all'architettura: ho sempre detto che la decostruzione un sintomo per me positivo, ma un sintomo. E qualche dubbio sull'operare architettonico cos come ci stato tramandato dai pionieri e dai maestri me lo insinua. Ed chiaro, concordo: non si pu cavarsela con meccaniche operazioni di smontaggio e rimontaggio degli edifici, per quanto interessanti, perch restano esteriori, applicate. Cos' il nuovo mi riesce difficile definire, perch l'architettura pu egregiamente parlare sulle proprie forme senza rifare il verso a s stessa e senza manierismi. Borromini e Gaud sono l a dimostrarlo: e certo furono nuovi, ma tutti calati uno nel linguaggio genericamente detto rinascimentale, l'altro in quel capitolo dell'Art Nouveau detto Modernismo catalano, con le sue combinatorie e contaminazioni. Delle quali gaud non si accontenta minimamente, sia chiaro.
Posto che la questione del parlante e della presenza in architettura non pu, a mio avviso, porsi in termini di esclusione dell'utente e di edifici fini a s stessi, anche vero che a mio parere c' e non solo di mera prassi operativa. Riguarda, piuttosto, 3 assenze proprie della scrittura: del parlante, del destinatario e del referente, che non sono propriamente empiriche ma riguardano, per esempio, una certa pretesa di sentenziosit del messaggio dell'architetto, che pu essere frainteso e stravolto. Scrivo un edificio che affido a destinatari che non conosco: posso continuamente preoccuparmi della sua corretta interpretazione o fermer il procedimento prima che un simile problema si ponga? E', mi pare, un'accezione in parte inedita del non-finito e tutta da sondare e inventare. E certo non pu essere fatta di segni "deboli" o manieristici, perch la scrittura costituisce il segno o scade in "testo": perfettamente d'accordo.
Ora, e non a caso, nel 1989 dopo una conferenza di Libeskind all'In/Arch , Zevi afferm che la decostruzione individua l'ottava invariante dell'architettura moderna: quella della vulnerabilit. Certo, tutti possono sbagliare e Zevi non fa eccezione. Certo, la decostruzione a mio avviso finita o degenera in moda, senza suppo
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6948
di Vilma Torselli
del 22/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Trovo assai curioso, signor Avino, che lei consigli di leggere attentamente "Della Grammatologia" proprio a me che, cosciente dei miei limiti di semplice architetto, non sono intervenuta direttamente nel dibattito e non ho espresso alcun giudizio personale, avendo invece citato pari pari due fonti senz'altro pi autorevoli di me e probabilmente anche di lei: Luisella Pisciottu, docente di filosofia, e Andrea Tagliapietra, professore ordinario di Storia della filosofia.
Consigli direttamente a loro di leggersi attentamente "Della Grammatologia", e se lo legga pure lei, attentamente, mi raccomando.
Saluti
Vilma Torselli
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6941
di Renzo marrucci
del 21/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Non per nulla igenuo... anzi!
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6940
di Sandro Lazier
del 21/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Rispondo a Giannino Cusano e Luca Avino.
Io credo che quando un filosofo decreta la preminenza di un evento rispetto ad un altro lo faccia dentro gli angusti, freddi e rigorosi confini di un sistema di pensiero neutro. Non c spazio per la retorica dellinterpretazione e dei significati che sono invece lanima del teatro, dove solo il coinvolgimento emotivo dei presenti a stabilire le regole della pratica teatrale.
Se c verit nella finzione di unopera di teatro e certamente c non sta di sicuro nella prassi. Tutti infatti riconoscono in questa la finzione degli accadimenti che mette in scena.
Il problema della presenza quindi strumentale alla speculazione filosofica per dimostrare lindipendenza della scrittura da qualsiasi interpretazione successiva. Infatti, qualsiasi ragionamento conserva la sua neutralit quando non inquinato dal soggetto che interpreta. Lo sa bene chi ha tentato di sollevare i filosofi dellermeneutica da quella provincia filosofica in cui serano cacciati.
Liberare le parole, quindi, non vuole solo dire liberarle dalla contingenza, ma vuol dire soprattutto liberarle dal tranello metafisico in cui lavevano costretta lo strutturalismo filosofico e le sue conseguenze.
Quando parliamo di scrittura occorre allora mettersi prima daccordo sul fatto che parliamo principalmente ed astrattamente di segni, non di testi con un senso compiuto. Purtroppo, ma questa una mia impressione personale, tutta larte contemporanea, compresa larchitettura, sembra oggi pi preoccupata di come porsi e raccontarsi (la prassi) che della maturit e novit dei segni che la esprimono. Metafore, allusioni, allegorie e tanta retorica ma poche novit di una qualche sostanza segnica. Pensare, come accaduto in questi anni, che nessuna novit fosse possibile, che fosse finito il tempo della ricerca e ci si dovesse accontentare di comporre, scomporre e ricomporre i segni del tempo teatralizzando ogni evento, non servito a capire e vivere coscientemente il nostro tempo tradendo quel ruolo, questo s storicizzato, che lumanit ha affidato allarte.
Distinguiamo quindi in modo netto verit e falsificazione. Per farlo occorre tornare dalle frasi alle parole perch, come dice Derrida, una volta scritte queste vivono da sole. Hanno in loro la forza del segno, che viene sempre e comunque prima. Sar ingenuo, caro Avino, ma cos.
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6934
di Avino luca
del 21/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Invio le mie scuse pi sentite a chi di dovere perch avevo inteso nel modo peggiore le due parti dell'intervento preso in considerazione . Ad ogni modo, signora Vilma Toselli, penso che l'autore dell'articolo sia solo un po' ingenuo, visto che la decostruzione del logocentrismo non tanto un'inversione di gerarchia tra parola "parlata" e scritta, ma l'affermazione che la scrittura opera gi al cuore della voce in forma di archiscrittura. Legga attentamente "Della Grammatologia", trover l le risposte.
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21/3/2009 - Sandro Lazier risponde a Avino luca
Si sbaglia Avino continuando a confondere suoni e parole sprofondando nuovamente nella metafisica.
L'archiscrittura concerne i segni e i segni non hanno nessuna voce.
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6938
di giannino cusano
del 20/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Commento di Avino (n.6922) confuso e, per fortuna, succinto: sfida a trovare in Derrida un solo testo in difesa del logocentrismo come riprova del fatto che il filosofo non avrebbe mai sostenuto la superiorit della parola scritta su quella parlata. Ma non avrebbe dovuto, Avino, ricavarne esattamente il contrario?
E poi, superiorit in cosa ? A me parso sempre chiaro, anche negli articoli apparsi su Antithesi, che per Derrida la superiorit della scrittura consiste nella possibilit che essa d di conoscere ed esperire il linguaggio in quanto tale assai meglio della parola detta, con i suoi continui inciampi nella metafisica della presenza. Tema eminentemente heideggeriano. E vasto, perch questa della presenza questione da meditare attentamente.
Va comunque colta l'occasione per confondere un po' le acque. E mi pare il caso di rammentare l'immenso e geniale lavoro di Carmelo Bene, che proprio derridiano non era ma certo col post-strutturalismo andava a braccetto 25 ore su 24. Strana circostanza, scaturisce dal paradosso di Carmelo Bene. Perch lui, con la sua macchina attoriale, fa un teatro dell'indicibile e inenarrabile, del non raccontabile, dell'accadimento, dell'attimo presente nel quale il testo conta nulla. Contano, piuttosto, le crepe, le derive, le pieghe del linguaggio nelle quali si annida la lingua non ancora occupata dal potere. Precluso ogni approdo diretto e univoco all'evento teatrale, ad esso ci si pu accostare solo zigzagando su rapidissime, brevi e labirintiche spezzate.
Gi: no al teatro di testo, si al teatro di scena. Ma questo non implica proprio la svalutazione dello scritto? Non reclama la presenza incessante dell'attore-autore-tramite di eventi? Conoscendo il suo lavoro, la risposta pu essere solo un secco: no!. E Bene non perdeva occasione per parlare di de-pensamento teatrale, per dire ho passato la vita a prendere a calci in culo me stesso, teatro togliere di scena. E infatti aveva ideato un Amleto di meno, ma tutto sommato ogni suo lavoro era un di meno, un che di "tolto a " , un sottrarre e sottrarsi alla tirannia della struttura.
Approccio deleuziano pi che derridiano, ma, a me pare, inclusivo di una forte carica decostruzionista: e non solo perch Bene citava spesso, e mai a sproposito, Derrida.
Dunque, no al testo in quanto il teatro (e fortemente artaudiano) scrittura (della crudelt: musica, parola, scene, rumore, suono concorrono senza distinzione) che si fa - mentre si fa - sotto gli occhi degli astanti: in-scrizione nel non ordine di una lingua autre, scrittura di intoppo, scrivere come inceppamento. E in una dimensione differente dall'autofarsi espressionistico, animato da immanente energia e quindi sospettabile di essere ancora tutto preso in una forma di presenza. La morte di Dio, infatti, pensabile ancora nella dimensione creazionista, mentre di un Dio immanente nessuno che lo volesse potrebbe mai liberarsi.
Bene era il teatro come eventicit, sempre presente sulla scena in quanto producibile solo per auto-elisione del testo, della trama. Questa mi pare la dimensione centrale della decostruzione anti-logocentrica. Niente Logos o demiurgica mediazione col senso vero dell'opera.
E allora, ri-de-pensando Carmelo Bene: in architettura basta o centra il problema dire che la fine della "metafisica della presenza" significa che l'essere umano non pi la prima istanza di cui preoccuparsi pensando lo spazio? La fine del logocentrismo davvero la fine di un'architettura centrata sulla presenza umana in nome di una scaturita da dati oggettivi, scritturali, legati all'ecosistema anche nl deserto e in assenza di persone? (Come) si dice in spazi questa elisione della presenza?
G.C.
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6929
di vilma torselli
del 18/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Il senso dell'articolo di Lazier mi sembra largamente condiviso.
Se vogliamo, possiamo anche leggerci questa pagina:
http://www.giornalediconfine.net/n_2/art_6.htm
l dove Luisella Pisciottu scrive "La sua posizione [di Derrida] si configura come una lotta al logocentrismo, a quel privilegio che la tradizione della metafisica occidentale ha sempre accordato alla "fon", alla voce come luogo della vicinanza assoluta tra significato e significante: nella voce il corpo sensibile del significante sembra cancellarsi nel momento stesso in cui viene espresso; l'atto che anima l'intenzione immediatamente presente a s.
L'epoca della fon l'epoca dell'essere nella forma della presenza. Ci ha comportato inevitabilmente una condanna della "gramm", della scrittura come deriva e perdita del senso..."
Oppure anche l'articolo di Andrea Tagliapietra, Addio a Derrida, filosofo della differenza
(http://www.giornalediconfine.net/tagliapietra_rassegnastampa...)
l dove si legge "All'origine del linguaggio, suggerisce Derrida, non sta la voce, il risuonare della "parola detta", ma la scrittura, un'archiscrittura che ci consente di accedere all'essere non mediante lo schema della presenza - la parola sempre, almeno all'inizio, una parola pronunciata -, ma attraverso quello della differenza, della presenza-assenza che la scrittura custodisce. ...".
Con buona pace di Dio e di tutti i santi!
Vilma Torselli
Tutti i commenti di vilma torselli
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18/3/2009 - Sandro Lazier risponde a vilma torselli
Grazie Vilma.
Il link al testo di Luisella Pisciottu al quale ti riferisci era già inserito in fondo all'articolo criticato da Luca Avino.
Ma, secondo me, il nostro non l'ha nemmeno visto.
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6921
di Renzo marrucci
del 16/03/2009
relativo all'articolo
Una proposta per la tutela del paesaggio in Sicili
di
Leandro Janni
Proprio ieri sera Report ci allibisce con la maniera siciliana e le sue pillole di probit urbanistica non diverse dalle abitudini gi osservate per esempio a Roma, con la giunta dei molto eloquenti due ultimi sindaci...(Alemanno pare un dilettante in oratoria speriamo sia professionale in altro). In Sicilia le coste sono importanti e non meno le citt che vi si affacciano... Bisognerebbe cantare "bello e impossibile" di Gianna Nannini... oppure scriverne un'altra simile a quella della "camera a gas"
...s perch meglio cantare come nella migliore tradizione italiana per
esprimere un sogno o un desiderio irrealizzabile... Con buona pace di Soru ma anche nostra...
Tutti i commenti di Renzo marrucci
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6922
di Luca Avino
del 16/03/2009
relativo all'articolo
Muore il filosofo della decostruzione
di
Sandro Lazier
Quindi Derrida sosterrebbe la superiorit della parola scritta sull'oralit? ma davvero? che dio abbia piet di voi!!
Trovatemi un solo testo in cui Derrida interviene in difesa del logocentrismo e sar pronto a scusarmi con chiunque.
Tutti i commenti di Luca Avino
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16/3/2009 - SAndro Lazier risponde a Luca Avino
Scusi Avino, sa leggere?
Nel testo scritto: "Contro il dominio "logocentrista" della metafisica tradizionale e della sua critica ermeneutica o strutturalista". Non c' scritto a favore.
Comunque, per chiarire:
"Una comprensione della nozione derridiana di diffrance - argomento di una famosa conferenza tenuta il 27 gennaio 1968 e poi compresa in "Margini" - non pu che partire dal suo statuto di "scrittura", dal modo in cui la parola stessa viene scritta, prima e piuttosto che dal suo contenuto "concettuale": la sua "concettualit" anzi tutta nella sua scritturalit. La diffrance innanzitutto quel "lavoro" silenzioso che la scrittura opera al di l di ogni possibile concettualizzazione. Il termine francese usato da Derrida volutamente scritto con la "a" anzich con la "e", come sarebbe la sua forma corretta (diffrence). Questa "violenza grafica" non ha conseguenze fonetiche percepibili, e perci intelligibili: con ci Derrida intende segnare uno scarto dal fonologocentrismo, ovvero dal privilegio del logos nel sistema concettuale dell'Occidente, di cui diretta conseguenza - o addirittura causa - l'uso della scrittura fonetica." Diego Fusaro su www.filosofico.net, Jacques Derrida.
Oppure:
"Secondo Derida, quindi, il carattere fondamentale della filosofia occidentale il logocentrismo o fonocentrismo , fondato sulla metafisica della presenza, nel senso indicato dall'ultimo Heidegger. A suo avviso nella tradizione occidentale sino a Heidegger incluso, la voce gode di un primato in virt del fatto che essa percepita e vissuta come qualcosa di presente e di immediatamente evidente: nella parola parlata sempre immanente il logos. La scrittura, invece, caratterizzata dall'assenza totale del soggetto, che l' ha prodotta: il testo scritto gode ormai di vita propria. Compito della grammatologia , dove "gramma" assunto nel senso originario greco di lettera scritta dell'alfabeto, di mirare alla comprensione del linguaggio a partire dal modello della scrittura, non del logos. La forma scritta, sottraendo il testo al suo contesto di origine e rendendolo disponibile al di l del suo tempo, ne garantisce la sua decifrabilit e leggibilit illimitata. Su questa base si rende possibile quella che Derrida chiama la " differance ", un termine da lui coniato che include i due significati del verbo differire." Antonino Magnanimo sempre sullo stesso sito web.
Sembra che il buon Dio debba rivolgere a lei le sue premure. Non crede? Intanto si scusi pure.
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6920
di Leandro Janni
del 15/03/2009
relativo all'articolo
Una proposta per la tutela del paesaggio in Sicili
di
Leandro Janni
Architetti - contemporanei - inesorabilmente attratti da "agilit" e "velocit". Come le mosche con la marmellata (e con altro...). Come gli adolescenti con le discoteche, le moto e lo sballo.
La complessa bellezza del paesaggio - intellegibile, sperimentabile soltanto attraverso una lenta osservazione, contemplazione, fruizione - , ad essi, preclusa.
Tutti i commenti di Leandro Janni
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6916
di renzo marrucci
del 11/03/2009
relativo all'articolo
Agilit e velocit
di
Massimo Pica Ciamarra
Risposta a M.P.C.
Dalla realt si prende lo spunto per svolgere riflessioni e considerazioni e fin qu a me pare normale. Cio, si osserva come vanno le cose e se le cose che vengono realizzate, o che sono in previsione di essere realizzate, rispondono alle esigenze e a quali esigenze... Se poi questi programmi o leggi che siano sono esposte alla considerazione... allora cosa vuol dire? Che si vuole collaborazione? Oppure che cosa? Altrimenti si assiste ad un certo trionfo dell'imbecillit (che a me non pare normale) che ha forza di diffondersi tramite le televisioni o giornali in genere (eccettuati forse alcuni che si sforzano) provoca un appiattimento tale che fa gioco all'interesse del momento, e a chi, ovviamente, in grado di gestirlo e in definitiva di tramutarlo in soldoni e potere.
Se la critica oggi appiattita al seguito delle correnti di potere anche per merito della scuola che, anche lei, caro professor M.P.C. in qualche modo esprime, nei suoi due articoli, e per forma e contenuto.
Si scambia il contenuto con la forma e questo capita anche in architettura e non solo. Si ragiona al presente come se fosse infinito, mentre si evita di parlare dei problemi che attanagliano questa professione oggi e domani saranno ancor pi gravi (sic!). Il futuro lasciato alla tecnologia che guida il progetto e gli architetti
gli corrono dietro con affannosentono che cos non v ma che vuoi fare La scuola non ha pi rapporti che con una realt decaduta filtrata e arroccata su quel poco prestigio che ancora gli resta.
Quando parlo di architetti non parlo di lei o delle archistar, ma degli architetti che
saranno e quelli che spendono ci che rimane del loro povero narcisimo che gli tocca ancora per un mestiere in rapido declino... Che non riesce a trovare un ruolo e forse non lo vuole pi per stanchezza e mancanza si senso collegiale. In questa societ tutto marcia di fronte a interessi che non vedono e riconoscono ruoli che non siano istituzionali, la libera professione in balia di questi in vario modo. La professione un intermediazione povera e meschina e lo sta diventando sempre di pi. Lei parla di rivoluzione? Ma dove? Le commissioni edilizie sono il filtro degli interessi politici e di quelli sociali assoggettati. Che cosa altro sono? Filtri della qualit e di quale ? Non vede come cresce la citt
Dove si finanzia comanda il cinismo che viene riflesso dalle Amministrazioni che invece dovrebbero... Se la gara trovar le parole che presentino interessi in modo che non siano imposizioni dove e come si svolge l'intelligenza oggi? Larte retorica ritorna di moda, B. Zevi sosteneva che oltre ad essere rappresentanza di quello che non c, ma che si pu immaginare come esercizio Il nuovo barocco delle star si esprime con lo spettacolo e linformazione sottilmente manipolataMa non ha vissuto tanto, purtroppo, da poterlo vedere e applicare bene
Le commissioni edilizie... Gli assessori, ci dica cosa sono le commissioni edilizie nei comuni italiani... se lo desidera naturalmente! E quale il ruolo dell'architetto nella societ italiana visto che siamo qui, ben dentro questa realt nella quale passiamo i nostri anni Se Lei, come qualsiasi, impegnato a vivere e a produrre
potr porsi queste domande? Dare delle risposte poi pertiene alla differenza tra il coraggio personale e l'interesse ? Oppure c' una terza via? Che quella che cercano tutti coloro che devono, come si dice : tirare a camp e che quella dell'ac
cettazione passiva, e magari poi emarginare coloro i quali non accettano l'ipocrita formale fraseggio di alcuni che nella politica vivono il loro interesse professionale?
Non si tratta di far rivoluzioni caro M.P.C. si tratta di ragionar su ci che esiste anche per non perdere la stima di se stessi.
Si tratta di far capire, per esempio al Buon Bondi che non ci sar qualit con la sua legge, se non si ha il coraggio di riconfigurare i ruoli della professione oggi al di la degli interessi politici e delle ipocrisie di stato. Si tratta in fondo di capire che senza coraggio il Ministro lo pu fare chiunque con le chiacchere e noi lo sappiamo bene
Si tratta appunto di rivedere la figura dell'architetto e quella delle altre professioni tecniche senza le masturbazioni che di solito sostituisco
no la ragione nella scuola e nella societ, che non rispondono pi n sul piano ideale n sul piano professionale, e tanto meno culturale.
Ci sono delle righe di Biondillo romanticamente scritte su ci che ti darebbe lo studio dellarchitettura che io trovo stranamente assurde quanto commoventi per la scuola di oggi e forse utili allultime righe dell introduzione di Metropoli per principianti.
In questi tempi che viviamo le idee non si misurano pi con il metro dell'uomo, ma dell'interesse che lo sacrifica.
Mi dispiace per la lunghezza.
Renzo Marrucci
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11/3/2009 - Massimo Pica Ciamarra risponde a renzo marrucci
Caro Marucci, non replico perché condivido quanto riesco a capire del suo lungo dire, tranne il sentirmi attribuire dell’accademico.
Privo di ruoli significativi di questo tipo (cfr.: “fuori-dentro l’Università” www.pcaint.eu/news 2007) rifuggo (forse senza successo) da “toni professorali”. Superando lo sconforto per l’evidente insuccesso, continuo a riflettere per la sostanziale, profonda, mutazione di regole che sempre più sviliscono ed ammorbano il lavorare nei nostri contesti e rendono improbabili qualità diffuse. Se siamo in tanti a crederci, costruiamo coesioni, esprimiamo brevemente condivisioni e dissensi.
Credo che le prime prevalgano.
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6909
di pietro pagliardini
del 10/03/2009
relativo all'articolo
Agilit e velocit
di
Massimo Pica Ciamarra
Contrariamente a M.P.Ciamarra io vedo un'opportunit nella, per ora, bozza di legge.
Intanto va detto che, se e quando la legge nascer, non avr effetti operativi immediati perch la materia di competenza regionale, quindi star alle regioni farne un uso corretto.
Qui la cosa si complica perch ad esempio la Toscana, la mia regione, ha demandato ai comuni la possibilit delle commissioni edilizie, cosa che a molti comuni non parso il vero eliminare, sia per le DIA che per i Permessi di costruire.
Praticamente ci significa che le Commissioni edilizie possono purtroppo essere date per perse. Non che queste abbiano sempre dato buona prova di s, ma qualche piccolo o grande scempio lo hanno evitato. Poi hanno fatto anche clientelismo a vantaggio dei membri stessi, e questo le ha rese invise agli architetti e hanno allungato i tempi, e questo le ha rese invise alla gente.
in realt una Commissione che dovrebbe esaminare solo l'aspetto squisitamente progettuale, senza nemmeno entrare nelle normative varie, di tempo ne farebbe perdere ben poco ma il fatto che gli architetti non amano essere giudicati, perch vogliono mano libera, per cui niente da fare un'altra volta.
A questo punto il mio parere che solo regole urbanistiche, tipologiche e morfologiche (non solo numeri e calcoli e verifiche, ecc) diverse per zone possano costituire un freno. Ma anche qui ostacoli non mancano perch occorre condividere una visione della citt e, inoltre, al solito gli architetti vogliono essere liberi di essere "creativi".
Ma la nuova proposta di legge a mio avviso una grande opportunit per:
- ripensare la citt entro se stessa, la densificazione, senza espandersi ulteriormente nel territorio;
- iniziare a fare operazioni di rinnovamento urbano con strumenti efficaci, e Dio sa se ce ne bisogno;
- ridefinire i limiti fra citt e campagna, oggi indistinti in mezzo a zone ibride che hanno i difetti della citt e i difetti della campagna;
- non ultimo, perch l'urbanistica deve dare risposte ai cittadini,consentire a chi ha bisogno, e sono tanti, di un ampliamento a casa propria, di non dover soffrire le pene dell'inferno e alla fine non farne di niente o cambiare casa (cio costruirne un'altra).
Non cogliere questa opportunit, almeno di discussione, reagendo come se fossimo in presenza di un condono edilizio vorrebbe dire reagire in maniera ideologica e abbandonare questa legge proprio in mano a quella speculazione che si condanna. Io credo che il grande merito di questa proposta sia quello di rimettere al centro del dibattito la citt e di ridare la parola al mondo della cultura.
A me sembra il caso di non reagire con il riflesso condizionato contro la speculazione ma di fare proposte generali (e non potrebbe essere diversamente, visto che ogni regione poi dovr adattarla alla sua realt ma anche al suo "colore") e vedere come riuscire a cogliere quanto di buono potrebbe, e dico potrebbe, esserci in questa proposta.
Saluti
Pietro Pagliardini
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6905
di Renzo marrucci
del 09/03/2009
relativo all'articolo
Agilit e velocit
di
Massimo Pica Ciamarra
Agilit e velocit scusi! Ma per andare avanti, oppure indietro?
Avere una visione del futuro possibile... sarebbe bello! Ma tutte le volte che questa visione apparsa o anche solo balenata, il risultato stato contraddittorio e sempre comunque interrotto o realizzato con il predominio pi del male che del bene. Allora ci rivolgiamo alla storia per vedere la continuit e l'organicit dello sviluppo che non ci riesce pi imprimere se non a chiacchere. Certo, se le leggi che regolano lo sviluppo della citt sono fatte sull'interesse del rilancio della economia... Aumentare gli affari con la scusa di far lavorare, che viene fatta avanzare come prima ragione per realizzare le altre... Il problema della casa, per esempio, da quale punto di vista pensato? L'idea di un grande disegno che tutto inquadri ora una grande bufala? La vita come procede? per grandi disegni oppure per realt che avanzano e imprimono l'esigenza di una necessit di vivere, di lavorare, di avere possibilit? Basterebbe avere una concezione organica della vita e della realt per poterne rispettare la sequenza e le regole che cambiano solo formalmente, ma nella sostanza permettono all'uomo di essere e di realizzarsi. L'idea di un progetto potente e omnicomprensivo un palliativo ideologico per sognatori invecchiati, superato dai ritmi della storia e della vita. Occorre invece saper comprendere il senso organico della vita e del suo mutamento...come la citt deve ospitarla e quindi regolarne la crescita senza compromettere l'esistente o annientarlo, come succede adesso.
Tutto ci pu accadere con la discussione, il dibattito, con l'apporto delle forze pensanti che vogliono partecipare, che sentono l'esigenza di parteci
pare, facendo emergere una competenza vasta e larga che coinvolga altre realt sensibili; che estrometta o collochi il calcolo progettuale della economia e della impresa nella posizione che gli compete, che la spartizione poi comunque ci sar... ma dopo aver pensato e progettato secondo il bisogno, e non prima ancora. E la mente distorta che pensa le leggi e il linguaggio distorto degli urbanisti che distruggono la citt perdendo la ragione tra retini e segni senza coscienza . Occorre ritrovare una nuova idea di ragione e di pensiero ispirato allo sviluppo della citt, pi semplice e pi profonda, al tempo stesso aderente alle necessit che oggi caratterizzano i problemi dei cittadini nello sviluppo urbano e rispetto all'uso del territorio. Meno parole degli urbanisti e maggiore coinvolgimento di architetti e uomini di cultura, che il problema sia al centro e non la scusa... uomini che sappiano pensare in termini attuali e fuori dalle regole di una urbanistica politicizzata, obsoleta e di evocazione pseudo-razionalista.
Renzo Marrucci
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9/3/2009 - Massimo Pica Ciamarra risponde a Renzo marrucci
I due miei ultimi interventi si intrecciano l’un l’altro, auspicano discontinuità, rifondazione, azioni rivoluzionarie. I miei interlocutori vi colgono difetti simultanei e contrapposti: nostalgia di futuro talmente forte da apparire utopica; ambizione di concretezza talmente spinta da apparire piatta.
Concordo: l’introduzione delle SuperDIA ha sancito la rinuncia alla qualità dell’edificare. Ma le Commissioni Edilizie sono inutili se non hanno la forza di vietare interventi che rispettano le norme o di proporre anche deroghe (brutta parola, spero non generi equivoci) per progetti non ossequiosi ma che accendano qualità. Per una collettività che abdica e vuole tutto appiattito su congruenze normative, bastano timbro e firma del progettista come “notaio”: non sospetto disonestà, sotterfugi e furbizie, credo (utopisticamente) in rigorosi controlli forti di norme chiare, semplici e poche.
Concordo: se approvato, il Disegno di Legge che si sta delineando produrrà danni. E’ ovvio: una banale sommatoria di espedienti corrode, certo non può esprimere una politica territoriale ed urbana.
Ma continuo a credere che se qui oggi gli interventi di qualità sono miracoli è anche perché le regole vigenti li rendono improbabili. La qualità diffusa sarà sempre una chimera senza tensione utopica e azioni concrete per l’unità concettuale di quanto regola la continua trasformazione dei paesaggi, per legare costruito e non-costruito, per evitare la dicotomia piano/progetto.
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6904
di ANDREA PIRISI
del 09/03/2009
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Agilit e velocit
di
Massimo Pica Ciamarra
Il concetto di responsabilizzare il professionista per velocizzare i processi burocratici e diminuire i tempi dattesa tra la presentazione del progetto e lapertura del cantiere gi stata da tempo introdotta con la D.I.A., che in alcune regioni (es. Lombardia) una SuperD.I.A., che pu sostituire in tutto e per tutto il Permesso di Costruire.
Tuttavia questa sorta di accelerazione dei tempi burocratici servita solo ad aumentare in maniera esponenziale il concetto del si fa quel che si vuole (o quasi) tanto non controlla nessuno e cos in effetti potrebbe essere. Contribuendo alla diffusione di piccoli (a volte non troppo piccoli) abusi.
Il professionista presenta ogni cosa per far contento il committente e, il comune non controlla, e quando lo fa non si metto certo a denunciare il professionista che ... tiene famiglia... gli ordini e i collegi fanno finta di niente e cos la qualit architettonica e del paesaggio italiano peggiora sempre di pi.
Ma proprio vero che la velocizzazione debba passare per unassenza di controllo da chi proposto a farlo o forse non sarebbe pi semplice modificare le leggi e i regolamenti, magari uniformandoli dove si pu, dare poche norme e pi chiare in modo che chi progetta non ha problemi a capire fino a dove pu spingersi e chi preposto al controllo non sommerso di pratiche dove deve verificare di tutto e di pi a volte anche stando attento ai sotterfugi utilizzati dal progettista per nascondere qualche piccola irregolarit?
Credo che la burocrazia debba essere sempre pi ridotta, ma credo anche che si debba cambiare la mentalit dei progettisti che soddisfare il committente non si preoccupano degli scempi e della bassa qualit della loro progettazione.
Poche regole, ma chiare e molta ma molta pi professionalit rispetto del paesaggio, umilt da parte di chi preposto alla modifica dellambiente che ci circonda e che rimarr ai nostri figli.
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6903
di giovanni avosani
del 09/03/2009
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Agilit e velocit
di
Massimo Pica Ciamarra
Come sempre accade in Italia ci si attiva in situazioni emergenziali, agendo in modo spontaneo, poco riflessivo, con una visione a breve termine.
La riformulazione delle regole urbanistiche e burocratiche trova sempre concordi i professionisti che con queste lavorano quotidianamente.
Conosciamo benissimo la situazione Italiana.
La questione prevalente : ha senso darsi regole, cambiare regolamenti senza avere una visione del futuro possibile?
Si concretizzano due ipotesi:
La proposta coscientemente non crea una discontinuit con il presente stato delle cose, si accontenta di fare un favore alle categorie imprenditoriali (gi ampiamente sostenute nel corso degli anni) veicolando lidea di introdurre innovazioni sostanziali, rendendo legale quanto prima era considerato abuso, ma soprattutto toglie potere decisionale e pratico alle autorit locali.
La proposta ingenuamente cerca di rimediare al problema casa, sentito nellultimo anno ma che in Italia si trascina da almeno un decennio a causa di gravi mancanze strutturali e decisionali.
Io credo che la visione di questo governo purtroppo sia chiara e concreta, la proposta definita piano casa che poco ha di un piano, non cambier sostanzialmente la situazione esistente, non permetter laccesso alla casa alle fasce deboli (in quanto viene dimenticata lERP), garantisce continuit agli imprenditori edili e delegittima la capacit previsionale e politica degli enti locali.
Resta il rammarico legato allennesima occasione persa, come al solito lestremo campanilismo autoreferenziale allItaliana, non ci permette di vedere e capire quanto in Europa avvenuto nel corso degli ultimi decenni, dove spunti programmatici e procedure sono facili e funzionali, ma
dove i governi hanno una "vision" sul future del proprio paese degna di questo nome.
Giovanni Avosani
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6902
di renzo marrucci
del 09/03/2009
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All'architettura italiana serve una legge?
di
Massimo Pica Ciamarra
Caro Pagliardini non ci sono distanze di nessun genere.
Se fossi stato saggio non avrei avuto la enorme disgrazia che ho avuto di perdere recentemente la mia unica e fondamentale compagna di vita.
Se fossi stato saggio non avrei avuto l'ingenuit di espormi alla cattiveria di alcuni...
Dico anche anche non ci sono due modi di vivere e fare e vivere la pace perch mi sembrato che lei volesse discutere su questo argomento...
Dico anche che di tuttologhi in porpora piena l'italia che va a ramengo...
Io amo invece chi si assume la responsabilit di quello che scrive e dice e si espone senza dover dimostrare di conoscere prima lo scibile... Riconoscere gli errori io lo ritengo un atto di nobilt e di giustizia e di onest che rispetto con tutto me stesso...
Non mi faccia l'irritato... non sono persona che offende e neppure che prende distanze...
Caramente
Renzo marrucci
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6897
di pietro pagliardini
del 08/03/2009
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All'architettura italiana serve una legge?
di
Massimo Pica Ciamarra
Caro Marrucci, mi perdoni ma le devo confessare che non ho capito proprio quello che ha detto.
Sull'umanit io non ho detto di avere una visione diversa dalla sua, che non conosco in verit, ma ho solo detto, e lo ribadisco, che sono certo che ci sono punti di vista e sensibilit diverse, in generale intendo e non tra me e lei che, ripeto, non conosco o tra me o qualche altro in particolare.
La pace, la guerra! Boh? Non capisco proprio cosa intenda dire. Ma pu darsi che abbia letto con un occhio solo.
Per il suo buon senso, se le fa piacere, ritiro il mio avventato giudizio. Non cambier certo la mia vita ma vedo che lei ci tiene molto a tenere le distanze e io lo assecondo di buon grado.
Cordiali saluti
(anche cordiali sar troppo?)
Pietro Pagliardini
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6889
di Renzo marrucci
del 06/03/2009
relativo all'articolo
All'architettura italiana serve una legge?
di
Massimo Pica Ciamarra
Capita di leggere con un occhio solo anche a Pagliardini. Tono professorale e sparso... Non significa pensieri sparsi mi creda.
Ad ogni modo basta rifletterci un tantino di pi e se ne accorger certamente. A volte si parla di tutto anche per non parlare di niente... Si salvano gli interrogativi nello scritto lungo di M. P. C. caro Pagliardini...
Lei ha in mente una citt pi umana della mia? Umana con la guerra ma attraverso la bandiera della pace? Faccio per dire non se la prenda.
Una citt pi umana che cosa altro potrebbe essere se non una citt pi
curata, pi vicina agli interessi dell'uomo e al suo futuro ? Capire il cen
tro storico le sue realt... e lavorare per uno sviluppo in armonia con le esigenze dei cittadini, punto per punto, rispettando luogo per luogo e via di seguito proprio come non succede. Aggiunga lei se vuole...
Non mi interessa la retorica su una umanit diversa dall'altra... Non mi interessa proprio! Mi sembra una vera sciocchezza anche il solo supporlo. Lei crede nel mio buon senso? Lei non pu immaginare il dispiacere che mi muove nell'anima. Un cordiale saluto
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6886
di Renzo marrucci
del 05/03/2009
relativo all'articolo
All'architettura italiana serve una legge?
di
Massimo Pica Ciamarra
All'architettura serve una legge ? Certamente non certo con una legge che si diventa poeti ma certo si pu aiutare i talenti a crescere e a sopravvivere di quel pane come anche per molti architetti, oggi, qualche spiraglio di sopravvivenza potrebbe essere recuperato. Certo! Servirebbe molto di pi ma in mancanza di altro... proviamoci! Chiss che scrivendo leggi non si aggravi quel senso di restrinzione o di precariet che viviamo oggi Occorre per un sincero scatto morale necessario a far rivivere la vergogna di non saper tutelare la citt e la sua crescit morale oltre che sociale... magari anche attraverso vie diverse da quelle ipocrite del ricorso ai gruppi economici. Se una volta si riuscisse a capire o a generare l'idea che il vero fine quello di avere una citt pi umana e a misura d'uomo... Che gli architetti fossero messi in condizioni di vendere pi progetti e meno l'anima ecc... chiss che questi concetti e idee non possano ritrovare una qualche via per riemergere con nuova sincerit.
Certo che una legge senza la base morale della coscienza comune e della consapevolezza non ha speranze... La velleit e la forma coprono il corpo e le sue malformazioni, danno apparenza ai vizi e alle sue magagne nella maggior parte dei casi... Spesso servono a reiterare il problema e a farlo istituzionalizzare vero! Ma bisogna correre il rischio.
Si cominci almeno a considerare il problema... ecco il senso! Poi ci sar una gara a far di meglio? Speriamo!
Se si riesce almeno a stimolare il dibattito sui temi di una urbanistica sociale e civile e non tecnica, una architettura alla ricerca del dialogo e non solo virtuale e sperimentale, di sola immagine, cio completamente in mano alla tecnologia e agli interessi economici... Io credo che parlarne sia comunque una realt e una presa di coscienza del clima paradossale che in Italia si in modo preoccupante affermato.
Massimo P. C. dice la sua... forse un tono un p professorale e sparso ma con i suoiinterrogativi pone la curiosit e la perplessit verso l'ipotesi in concorso di ipotesi... Si spera che la gara cominci...
E poi una legge incerta e lacunosa di questo tipo... accende il clima e aumenta la crisi... pu sempre dare la speranza a un nuovo valore che emerge.
Renzo Marrucci
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6888
di Pietro pagliardini
del 05/03/2009
relativo all'articolo
All'architettura italiana serve una legge?
di
Massimo Pica Ciamarra
No, no, Massimo Pica Ciamarra ha s un tono professorale ma non scrive pensieri sparsi, scrive pensieri strutturati in una visione complessiva.
Semmai , per assurdo, proprio questo il difetto, visto che nel caos italiano, ed anche oggettivamente nella difficolt e complessit del sistema e dell'argomento, il pensiero, e soprattutto l'azione, sparso sarebbe quasi preferibile.
Marrucci, lei scrive cose di grande buonsenso: "Che gli architetti fossero messi in condizioni di vendere pi progetti e meno l'anima!"
In effetti oggi capita di dover vendere entrambi.
Ma con una legge che si risolve questo problema?
Ma lei dice anche, giustamente, che il vero fine generare una citt pi umana: ma con una legge che si ottiene questo risultato? Prima occorerrebbe mettersi d'accordo sull'umanit di una citt e io non credo che vi siano due architetti che abbiano la stesso punto di vista in proposito.
Dunque cominciamo da questo, che mi sembra il punto dirimente, cominciamo a parlare della citt nel suo complesso e molto meno dei vari oggetti di "design" architettonico, peraltro sempre pi anti-umani.
In fondo la Legge sull'Architettura del Ministero (che solo in senso molto lato sulla citt) con il suo fissare principi generali e astratti, il modo migliore per affrontare il tema. Per ha un problema: non una legge, qualcosa che viene prima ma che non ha alcuna forza operativa.
E' (a prescindere dal fatto che la si condivida o meno) una sorta di statuto per l'architettura.
Forse, contemporaneamente varrebbe la pena discutere anche di quella per accorgersi che non saremmo troppo d'accordo.
Pietro Pagliardini
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6887
di m.l.
del 05/03/2009
relativo all'articolo
Don Camillo e l'architettura moderna
di
Ugo Rosa
Vi segnalo questo blog in cui trovate foto, commenti, discussioni e appunti relativi all'architettura del nuovo centro parrocchiale di Ges Redentore, a Modena.
Chiesa dedicata a maggio 2008, progetto dellarchitetto milanese Mauro Galantino, vincitore del concorso nazionale indetto dalla Conferenza Episcopale Italiana per qualificare larchitettura religiosa. Una struttura moderna e innovativa, che pu oggi offrire alla parrocchia - circa 14.000 abitanti e alla citt la chiesa pi grande della diocesi di Modena, diventando, inoltre, esempio concreto dellespressione minimalista dellarchitettura italiana contemporanea.
http://www.nuovarchitettura.blogspot.com/
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6880
di Pietro pagliardini
del 03/03/2009
relativo all'articolo
Allarchitettura italiana serve una legge?
di
Massimo Pica Ciamarra
Ho letto con interesse la sua proposta per una Legge sull'architettura.
Ne condivido gran parte dei principi ma non posso non osservare il fatto che, contrariamente a quello che lei auspica, di utopia ne vedo molta.
Il suo mi sembra molto pi di un "programma di legislatura" quanto una specie di rivoluzione che coinvolge talmente tanti soggetti diversi da diventare di impossibile realizzazione. Credo sia pi facile cambiare il titolo I della Costituzione, quello intoccabile e sacrale.
Si immagina lei che ognuno dei numerosi punti che cita comporterebbe mesi, anni di dibattiti, convegni, mediazioni (al ribasso), interpretazioni, rivendicazioni, appetiti, ecc.
Non dico questo per difendere la Legge Quadro di recente prodotta dal Ministero ma proprio perch mi sembra troppo ambiziosa per le procedure e i riti con cui avviene il processo decisionale in questo paese.
E qui non siamo in un campo in cui due pi due fa quattro, qui non si tratta di dire: da oggi si riparte con l'energia atomica (come a dire una cosa facile), che bene o male sappiamo cosa ; qui si lavora su princpi, convinzioni, idee, culture diverse, interessi, denari, procedure. Insomma, si rischia di cadere nell'aria fritta come niente.
Per dirla in soldoni e, mi creda, senza alcuna intenzione di sminuire o di polemizzare, mi sembra una bella esercitazione intellettuale non finalizzata ad uno scopo preciso.
Le faccio un esempio tra i pi semplici: lei individua la necessit di "Legge urbanistica, proposte di legge sul governo del territorio, legge sulla qualit architettonica, legge sul paesaggio, legge sullambiente, legge su tutela e valorizzazione del patrimonio del passato".
Richiesta giustissima se non fosse che....di leggi urbanistiche ce ne sono 21 quante le Regioni italiane. E se lei lavora nel Lazio e disgraziatamente deve fare un lavoro in Umbria, hai voglia studiare!!!!! Le conviene andare da un geometra o da un collega e chiedere a loro come fare (per questo gli stranieri non ci possono invadere, perch per ogni studio straniero ce ne vogliono almeno due italiani, anche se subalterni).
E come crede di armonizzare 21 leggi urbanistiche!!!! 21 Consigli regionali, 21 Governatori, 21 assessori, 21 uffici pianificazioni ognuno costituito da decine di funzionari abituati a parlare, parlare,. scrivere, scrivere, interpretare, interpretare, impuntarsi contro le leggi nazionali in base la colore politico?
Una provocazione per finire: ma proprio necessaria una legge sull'architettura? Crede che la soluzione dei problemi dell'architettura stia nelle leggi?
Io non ho una soluzione ma alle leggi, abbia pazienza, non ci credo pi, a meno che non lavorino per sottrazione e non per aggiunte.
Saluti
Pietro Pagliardini
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3/3/2009 - Massimo Pica Ciamarra risponde a Pietro pagliardini
Grazie per l’interesse, ma evitiamo equivoci. Il Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri non incide sulla realtà del progettare e del costruire, ma io non lancio una diversa proposta di legge l’Architettura: mi limito ad uno secco elenco di azioni necessarie per ridare dignità e senso alle trasformazioni degli ambienti dove viviamo.
Vorrei si concordasse su pochi principi. Propongo di abolire visioni settoriali, legge urbanistica, legge per l’architettura, legge per il paesaggio e via dicendo: poiché hanno unico scopo, ne vorrei una sintesi unificante. Delineo poi la sensata riorganizzazione strutturale dei luoghi di decisione, un diverso rapporto fra Architettura e Potere.
Qualcosa si è tentato altrove: a me sembrano solo presupposti per civili modalità di convivenza. Auspico uno scatto: qui ancora un po’ utopico.
Grazie di aver stimolato un chiarimento ed un saluto cordiale
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6879
di cherubino gambardella
del 02/03/2009
relativo all'articolo
Sulla debolezza? No, sulla confusione!
di
Sandro Lazier
Ho avuto la fortuna di conoscere Zevi e del suo lavoro mi ha sempre interessato l'insaziabile curiosit, le aperture verso temi allora poco trattati quali la dimensione territoriale e macrostrutturale dell'architettura. sono stato meno toccato dalla durezza di alcune sue posizioni quali invarianti e categorie che hanno meno inciso sulla mia formazione.
Zevi pubblic su l'Espresso un articolo sulla mia torre del vento del 1994 definendolo uno dei primi esempi di bioarchitettura e un riuscito punto di equilibrio tra arcaismo e modernit.
Proprio su Terragni il giudizio di Zevi fu molto dubbioso in particolare sugli impianti ( anche a suo dire!) simmetrici del periodo milanese ( quello dell'associazione con Lingeri) ma la complessit del suo lavoro non pu essere esaurita dalla sola lettura delle opere comasche .
Eisenmann , poi ,fu particolarmente affascinato dal valore dello scheletro e dell'ossatura dom-ino in Le Corbusier , Terragni e Mies .
C' un bellissimo articolo dell'architetto americano sull'ossatura come segno autoreferenziale.
Quanto all'uso delle fonti , traduttore vuol dire traditore come diceva Stefano Ray e pertanto non importante fermarsi all'interpretazione ma provare a fare un lavoro nuovo, a spingere come la trama di un progetto quello della stessa lettura.
Lazier sembra voler fare un esame di storia dell'architettura contemporanea ma non capisce che spazio e forma possono essere la stessa cosa e che piuttosto che ripetere da bravo scolaretto formule prese in giro bisogna provare a pensare da soli anche correndo il rischio di essere virgolettati ad arte e accusati di parlare d'aria fritta
Cherubino Gambardella
Tutti i commenti di cherubino gambardella
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2/3/2009 - Sandro Lazier risponde a cherubino gambardella
Devo darle atto della disponibilit al dialogo e al confronto e questo
le fa onore.
Ci detto la invito a chiosare meno sulle mie capacit conoscitive
che non interessano nessuno e attenersi ai fatti.
un fatto quello in cui lei sostiene di Zevi aver colto soltanto alcuni
aspetti marginali e conseguenti del suo pensiero (la dimensione territoriale
dellarchitettura) e non quello centrale che sono le invarianti.
un fatto che confondere il radicalismo dei comportamenti della persona
con quello del suo modo di pensare pu indurre chi non conosce bene la
teoria delle invarianti zeviane a ritenerla categorica, dogmatica e quindi meccanicamente
applicabile. Questo argomento di molti suoi detrattori, sempre vittime
di quella che si rivelata essere per loro e nel tempo una vera trappola
intellettuale. Chi ha affrontato con seriet largomento ne ha
discusso con esiti sempre utili e vantaggiosi. (Vedi
articoli in antiTHeSi sulla linguistica in architettura)
indiscutibilmente un fatto che, nella sua stringata sintesi, lei abbia
bollato come principale e pi influente argomento della produzione di
Terragni la sua simmetria. Ed ora ammette che simmetriche sono le opere minori,
meno conosciute e meno influenti. Posizione che comunque ritengo di poter contestare.
E con me Paolo G.L. Ferrara che ha recentemente messo mano ad una delle case
milanesi di questo autore.
Terragni, infine, particolarmente critico con Le Corbusier e Mies van
der Rohe. Eisenman lo sa e lo pone al principio di tutto il suo impianto successivo.
Al riguardo, sempre di Paolo G.L. Ferrara, si veda su questo giornale Eisenman,
il passato del presente. Terragni, il presente del passato.
Per finire, ammetta daver usato strumentalmente nomi e teorie per guarnire
un testo scritto con troppa sufficienza.
Ci che stupisce che alcuni suoi lavori non difettano affatto
di valenze spaziali e di alcune invarianti che lei si ostina a snobbare.
Commento
6878
di cherubino gambardella
del 01/03/2009
relativo all'articolo
Sulla debolezza? No, sulla confusione!
di
Sandro Lazier
ho fatto molta fatica a torvare traccia dell'autore dell'articolo nell'ormai vasto dibattito sull'architettura, non mi sembra che abbia scritto libri, ha la solita societ di progettazione ed stato folgorato da un antico incontro con Zevi da cui non sembra essersi pi ripreso.
Soprattutto mi sembra spaventatissimo da tutto quello che esula dai format critico/storiografici nazional popolari e soprattutto non sa distinguere il sacrosanto diritto di critica e di dissenso dal gratuito uso dell'offesa.
cherubino gambardella
Tutti i commenti di cherubino gambardella
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1/3/2009 - Sandro Lazier risponde a cherubino gambardella
Ma quali offese? Se intende intervenire controbatta i punti che le contesto, senza darsi tante arie. Qui non interessa la mia personale caricatura ma cosa sa lei di Zevi, Terragni e Peter Eisenman. E se ne sa poco o nulla eviti di citarli e criticarli.
Ps: A proposito di format critico/storiografici trovo questo testo sul web all'indirizzo:
www.archphoto.it/IMAGES/gambardella/gambardella.htm
"Quindi, la mia strategia concettuale quella di far scorrere la molteplicit contemporanea su strumenti di indagine consolidati ed antichi provando, ad esempio a ritrovare il centro della sconfinata ciudad lineal adriatica non negli edifici, nelle piazze, nelle discoteche, negli ipermercati, negli autogrill etc, ma nella inattesa monumentalit vegetale dei tanti lungomare di palme, veri e propri catalizzatori di forma metropolitana anche a scala territoriale.
In definitiva, lavoro sulla forma, parto e arrivo nel medesimo punto definisco risonanze e cerco di dare corpo all'inconscio dell'architettura la sua immagine perenne imprigionata nell'ossatura dom-ino."
Chiedo ai lettori se questa non aria fritta. L'unica cosa chiara che Gambardella lavora sulla forma e non sullo spazio. Parole sue.
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6875
di renzo marrucci
del 26/02/2009
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Geografia interstiziale
Audible geography<
di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Ma cara signora Torselli se non ha prestato attenzione nella lettura non ci posso fare nulla. Ho con ironia sull'ironia tolto la parola anche non condividendo le righe di Lazier. Per fortuna ognuno pensa come crede. Chi legge capirà da sè e su questo stia pur tranquilla...
Un buon saluto signora....
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6874
di Vilma Torselli
del 26/02/2009
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Geografia interstiziale
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di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
ok, Renzo Marrucci, tolgo il maschietto e la faccio finita, anche se sarebbe forte la tentazioni di discutere con lei su come accada in tutti i fatti della vita, e non solo nella geografia, che ci sia un punto di vista maschile e uno femminile, magari diversi, non c niente di male, anzi, il progresso va avanti grazie alle disuguaglianze, e anche discutere su come sia il suo, e non il mio, un concetto di geografia ottocentocinquantesco.
Una cosa per la voglio aggiungere: ha presente un recente spot pubblicitario per una marca di whisky dove Alessandro Gassman cerca di proporsi come nuovo testimonial e una signora bendata, come assaggia il Glen Grant, lo guarda illuminandosi e lo chiama Michele!?
Ecco, sappia che dora in poi c il rischio che chi legge il suo nome su Antithesi aggiunga ah s, il maschietto!, senza offesa, si intende ..
Posso salutarla con un adieu, o un po troppo 'aristocratico'?
Vilma Torselli
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6872
di renzo marrucci
del 26/02/2009
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di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Torselli levi pure il "maschietto" scivolato l con autoironia...
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6869
di Renzo marrucci
del 26/02/2009
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di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Non mi dispiaccciono le sue interpretazioni su di un piano intellettuale e anche un p aristocratico... forse lubrificano un p la secchezza dell'articolo che si presta ad esser archiviato con relativa fretta.
Della geografia io ho una idea molto semplice e pertiene il territorio e l'uso del territorio e su questo ho una sensibilit diretta e concreta da architetto e di uomo che vede divorare e spregiarne il senso e l'importanza con falsi edulcorati intellettualismi che aprono la strada ad un consumo generalizzato... come se fil territorio fosse "roba senza presente e senza futuro".
La geografia moderna deve indicare l'errore dell'uomo o degli uomini.
Deve o dovrebbe uscire dalla nicchia di uno strano ottocentocinquanta
oggi fuori della realt e assumersi delle responsabilit come scienza del territorio e ogni dormita, o ritardo, delitto.
Poi potete parlarne come vi pare... certamente! Ma scrivere addirittura a quattro mani per non dire nulla mi sembrato, nella mia visione di maschietto che prende sul serio le cose... un po leggerino quando invece oggi un grave argomento su cui non si assumono delle responabilit vere...
Grazie comunque della sua volenterosa intercessione femminile che apprezzo moltissimo.
Renzo Marrucci.
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26/2/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci
Caro Marrucci, credo che lei si stia infilando in un territorio piuttosto insidioso, da ...maschietto!?
Vedo temporali allorizzonte
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6863
di Vilma Torselli
del 25/02/2009
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Geografia interstiziale
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di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Nessun particolare protezionismo, egregio Marrucci, se non una inconscia e involontaria solidariet femminile, forse .. E comunque utile che chiarisca la mia personale interpretazione del tema, forse pi a me stessa che a lei.
La geografia nellultimo secolo profondamente cambiata, certamente sotto la spinta dellevoluzione delle tecniche di indagine e di restituzione, ma soprattutto per levolversi del concetto stesso di geografia, sempre pi convergente verso il senso di una geografia culturale che tiene conto non solo del territorio, ma anche del paesaggio, delle etnie, degli stati e delle frontiere, dei modelli di sviluppo, dei sistemi urbani ecc.
Allinizio del 900, a fronte di una concezione che gi appariva riduttiva per questa disciplina, Friedrich Ratzel fonda una nuova branca, la geografia antropica, e conia la definizione di spazio vitale, in seguito si intensificano studi e ricerche che passano per Rudolf Arnheim, teso ad assimilare la fruizione spaziale allesperienza estetica come per larte visiva, per i paths, edges, nodes, land-marks ecc. che governano la visone spaziale dellurbanistica secondo il pensiero funzionalista di Kevin Andrew Lynch, per Edward Hall, inventore della prossemica, che punta sulla componente culturale e comportamentale che influenzerebbe in maniera determinante il concetto di spazio, per Gordon Cullen che pone laccento sullaspetto visivo dellambiente geografico ed urbano, con indirizzo sostanzialmente artistico-estetizzante, senza dimenticare il situazionismo di Debord, che introduce un filone chiaramente destabilizzante nellanalisi dellambiente e riconduce lattenzione allambito comportamentistico e sensoriale dellesperienza umana.
E questa la concezione della geografia moderna, secondo la quale lo spazio geografico con il quale il nostro corpo interagisce genera nel fruitore sensazioni molteplici legate appunto ai sensi, che sono quindi di tipo tattile, visivo, uditivo ecc., mentre allelaborazione soggettiva e personale delle stesse sono dovute le percezioni, con base culturale, conoscitiva, etnica ecc.
Le percezioni sono assai pi complesse delle sensazioni, perch coinvolgono anche aspetti psicologici del soggetto immerso nellambiente, tanto che si pu parlare di psicogeografia, di geografia della percezione e di psicologia ambientale come oggetto di studi e discipline specifiche.
Si insomma acquisito il concetto che la geografia dei luoghi non definita solo dallo spazio, ma anche dalla rappresentazione che di esso hanno i fruitori per effetto di una cultura di base che li porta ad interagire con lambiente in modo del tutto peculiare.
Entro la variet delle possibili chiavi di lettura del termine geografia, che sono come si vede assai numerose, ci sta anche quella di Audible Geography, un linguaggio sonoro che lega spazio e luogo in una fruizione che si potrebbe definire sinestetica e che non annulla il valore umano e sociale, culturale della geografia, lo contrabbanda, semmai, in una forma adatta ai linguaggi comunicativi della societ attuale.
Almeno credo sia questa la corretta lettura.
Cordialit
Vilma Torselli
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6862
di renzo marrucci
del 25/02/2009
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Audible geography
di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Gentile Torselli se il commento rivolto me lo poteva , senza dubbio,
esplicitare, e cos si fa di solito.
Il suo protezionismo tenero ma non dia troppa importanza ad una critica che serve, semmai, per capire. di pi...
Cordialmente, Renzo Marrucci
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6851
di Vilma Torselli
del 24/02/2009
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Geografia interstiziale
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di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Sono certa che lUniversit della Tasmania, alla quale attribuito il patrocinio del progetto, non aveva nessuna intenzione di occuparsi delle nostre citt che crescono come periferie da terzo mondo, anche se quelle erano le sue personali aspettative.
L'articolo verte su altri temi, forse lei doveva scegliere di leggere un altro testo .......
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6850
di Renzo marrucci
del 24/02/2009
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di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Un piccolo sasso? Un sassolino cosi piccino cara Torselli... per un argomento che assai delicato e centrale in questo nostro povero paese. Ma forse ha ragione Lei con le carezze, forse, si ottiene di pi...
Il nostro territorio e la nostra cultura si riempie di rifiuti e veleni oppure oggetto di speculazioni selvagge e le nostre citt crescono come perife
rie da terzo mondo... ci possibile perch ci si scherza sopra oppure si trattano gli argomenti con fare astratto e aristocratico...
Nella materia trattata siamo ancora all'ottocentocinquanta cara e gentile signora Torselli... Un po pi di seriet sar forse tranciante?
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6849
di Vilma Torselli
del 23/02/2009
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Geografia interstiziale
Audible geography
di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Posso capire, e condividere, la sua delusione, Renzo Marrucci, per una certa sbrigativit dellarticolo e per concetti molto (troppo) sintetizzati che galleggiano sulla superficie di un problema che, evidentemente, altro.
Non sarei per cos tranciante, larticolo, pi che sviscerare un tema, mi pare che voglia lanciarlo come un piccolo sasso in uno stagno, per dirci che c anche quel modo di leggere la geografia, stimolando forse il lettore ad andare oltre per conto suo.
E magari ci sar chi stender un prossimo articolo scrivendone e parlandone in modo chiaro, mettendo in evidenza criticamente e chiaramente le perversioni culturali di oggi.
Con la calma, la meditazione e la cultura che sia lei che io ci auguriamo.
Cordiali saluti
Vilma Torselli
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6848
di A.G.
del 22/02/2009
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La Pineta di Arenzano
di
Brunetto De Batt
Buongiorno,
volevo solo informare il
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6847
di alberto marletta
del 22/02/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
date un'occhiata a questo post.
Vi assicuro che solo l'inizio
Chi ha vinto il concorso di Nicotera Marina???
http://architetturacatania.blogspot.com/2009/02/chi-ha-vinto-il-concorso-per-il.html
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6846
di Nicola Asenzo
del 21/02/2009
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Teatro Samon: non solo finirlo ma anche, e soprat
di
Simona Puleo
Il lavoro della Dott.sa Puleo da prendere ad esempio sotto diversi punti di vista che non riguardano soltanto l'idea logistica di una gestione, ma vanno oltre denotando la necessit di sviluppo della cultura in un momento storico difficile come quello che stiamo vivendo.
Se le idee non maturano adesso, possiamo intavolare tutto l'ottimismo della parole, ma non troveremo mai riscontro nei fatti che un domani daranno ragione soltanto a chi con la dote della lungimiranza e della perseveranza, si fa carico oggi di progetti e responsabilit che porteranno ad un risultato domani!
In bocca al lupo alla Dott.ssa da parte mia e di chi crede che il futuro oggi!
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6840
di renzo marrucci
del 17/02/2009
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Audible geography
di
Sara Bracco e Emanuela Giudice
Bracco e Giudice (in due) scrivono di geografia nel modo che credono. Niente di pi astratto e formale e soprattutto in linea con i tempi che viviamo. Dire che incomprensibile l'articolo mi sembra normale per uno che pensa come penso io. Non spiega nulla del concetto di geografia che abbiamo oggi e che potrebbe essere molto utile per certe rivisitazioni critiche a comprendere la necessit di quello che rimane dell'idea di ambiente, sul quale nulla si dice e invece sarebbe fondamentale dire per informare e per sensibilizzare. Si preferisce parlare di geografia urbana credendo di applicare contenuti alla citt... atteggiamento anonimo tipico di quell'ambito di incultura che ha portato e conduce la citt alla sua disumanizzazione per il modo asettico e sbrigativo di scriverne e di parlarne, tanto equivoco porta a chi, in materia di uso del territorio cade dalle nuvole, non avendone ancora messo a fuoco il ruolo nel contesto della vita attuale e futura, perch distratto e fuorviato da vari bombardamenti visivi che la societ attuale impone.
Si parli del valore umano e sociale, culturale della geografia, della riscoperta o rilettura del territorio e della sua importanza per l'uomo. La citt di oggi non pi valore antropico se non per la storia che ha, che eredita, agisce con pulsioni perverse dettate non dall'esigenza dell'uomo, ma dell operazione economica che tutto travolge senza regole e consapevolezze...
Oggi stiamo distruggendo il territorio...lo stiamo saccheggiando in vario modo attraverso formule aride di una sperimentazione che non servono all'uomo ma all'interesse che lo strumentalizza. Io credo che sarebbe bene scriverne e parlarne in modo chiaro, mettendo in evidenza criticamente e chiaramente le perversioni culturali di oggi, per far crescere generazioni di uomini disposti ad amare i propri figli e ripercorrendo consapevolezze e valori fondamentali alla crescita...ma, evidentemente, non interessa molto... o a molto pochi...Non di moda...
Cos va il mondo...
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6814
di giannino cusano
del 03/02/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Toscanacci d'un Marrucci: se nun dici l'ultima miha se hontento, eh? :)
Tutti i commenti di giannino cusano
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6807
di renzo marrucci
del 02/02/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Ma io il cavolo lo mangio anche a merenda! Ed buonisimo se cucinato bene... Forse non mi vuoi seguire... e bussi per conto tuo... Va bene anche questo... Ora non desidero farla lunga...
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6806
di giannino cusano
del 02/02/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Renzo Marrucci, sai giocare a tresette? Se ci sai giocare, spiegami tu come mai se io busso a coppe tu rispondi a denari. Forse perch a cope sei "fagliante", come si dice dalle mie parti per dire "sfornito"?
Ho semplicemente detto, a chi lamentava che le chiacchiere non servono, che anche queste discussioni -e anche qui, su antithesi- servono e sono utili: meglio farne che non farne per nulla. Punto. Il resto delle tue obiezioni francamente mi pare che c'entri come il cavolo a merenda :)
G.C.
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6793
di renzo marrucci
del 31/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Meglio del nulla e del silenzio?... Giannino ma cosa dici? Il nulla ed il silenzio sono superabili con una ricerca seria e autentica e se a questa si sceglie la sponsorizzazione tecnologica e l'affarismo economico che riduce le citt alla funzione di comparsa immaginaria? Perch scegli due categoria tra le meno interessanti? Per pigrizia o per che cosa? Prima dello scempio o dell'annullamento dei valori c' la seriet di una ricerca impegnata che non viene sviluppata che da pochi uomini oggi e contrastati...Non lo storicismo ma andare avanti e senza far finta... Il nostro Zevi se viveva dieci anni di pi si sarebbe accorto della sua errata valutazione entusiasta del Ghery boccionioniano o degli altri affiliati alla tecnologia dell'ostracismo umano... O della morte della citt e dei valori essenziali di una continuit che che non deve strappare nulla ma semmai superare l'idea della storia negli anni e farne il futuro... Ma che radicale sei? Spiegami se vuoi...
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6785
di giannino cusano
del 28/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
@ Zappal:
scrivi: ".. sono un p pi "talebano" di te ed innamorato fradicio dell'architettura. Ed per questo motivo che non sopporto star male nella casa degli avi! Che, come dici tu, non erano e non sono belle belle!
Allora, ho da lungo tempo abbandonato la speranza di trovare "piani" (...) d'intesa con i passatisti! E' semplicemente anacronistica la difesa storicistica dell'habitat! Cosa da Italia Nostra con la "puzzetta"sotto il naso! Insomma, Cusano, con gli sconclusionati (per dirla buona, sic!)non ci si pu discutere! Non ci si deve perdere tempo !"
Perfettamente d'accordo: nemmeno io cerco intese, smussi ecc. E non ho alcuna velleit di convincere i miei contraddittori-passatisti o di trovare punti comuni con loro.
Siamo in uno spazio pubblico, discuto e rispondo in pubblico. Dove, credo, ci sono pi persone con idee differenti, a leggere. E se a qualcuno che ha avuto la lodevole pazienza di leggere ho non dico chiarito ma almeno insinuato qualche dubbio, penso che non sar stato tempo sprecato.
Forse non abbastanza per l'architettura moderna, ma a me pare comunque meglio del nulla o del silenzio :)
Cordialmente,
G.C.
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6784
di maurizio zappal
del 27/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Cusano, d'accordo. Io sono un p pi "talebano" di te ed innamorato fradicio dell'architettura. Ed per questo motivo che non sopporto star male nella casa degli avi! Che, come dici tu, non erano e non sono belle belle!
Allora, ho da lungo tempo abbandonato la speranza di trovare "piani" (brecce, angoli, smussi, eccetera...) d'intesa con i passatisti! E' semplicemente anocronistica la difesa storicistica dell'habitat! Cosa da Italia Nostra con la "puzzetta"sotto il naso! Insomma, Cusano, con gli sconclusionati (per dirla buona, sic!)non ci si pu discutere! Non ci si deve perdere tempo ! Persino Zevi nel 1997, diceva che "se finora, per convenzione teorica, l'urbanistica ha preceduto l'architettura, adesso dobbiamo invertire la sequenza, affinch gli assetti territoriali scaturiscano dal basso, democraticamente, senza pi distinzioni conflittuali tra esigenze collettive e private, senza fughe evasive nelle nozioni di luogo e contesto..., l'action-architecture come l'espressionismo astratto, nasce sugli eventi e non sulla loro rappresentazione. Tutti questi valori vanno recuperati, reinterpretati e aggiornati, rilanciati in nuove versioni se vogliamo che la paesaggistica graffi e non sia solo consolatoria... ( parlava avendo chiaro, chiaro in mente Gehry che tra l'altro citava!).
L'interpretazione dei fenomeni architettonici, filosofici,artistici, "Kulturali" in genere (e in ogni caso!) che caratterizzano il passaggio d'epoca che stiamo vivendo, discute valori, concetti, trend, trasformazioni, a carico della maniera di concepire il rapporto tra natura indifferenziata e azione antropica! Al sistema concettuale dell'Estetica tradizionale si contrappongono, quale evoluzione, nuovi concetti che vanno a sostituire i precedenti. Per logica andrebbe cos! E gi , tutti gli esempi di trasformazione ante e post caduta del muro di Berlino! Da noi cosa discutiamo? +Etica-Estetica? Cosa facciamo per l'architettura contemporanea?Nulla! Ecco perch non credo che discutendone riusciamo a far buon servizio alla trasformazione positiva del pensiero! Ritengo che non ci siano i presupposti e il substrato per una evoluzione culturale!Siamo messi male, pieni di "nani" e forse ci meritiamo questo! Ecco, il lamento di Gulliver tra i lillipuziani!
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6778
di andreas
del 26/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Voglio informarvi che per circa 30 gg. stato aperta una discussione sul sito della rivista "Abitare".La Tangentopoli fiorentina stata il pretesto per un confronto sul tema della Professione in Italia.I commenti sono stati numerosissimi, talvolta crudi ma di straordinaria forza ; un grido disperato di chi vorrebbe fare il nostro mestiere senza menzogne ma ... .oggi" il giorno 26 ....di un colpo inopinato il sir de Bergerac stato assassinato":la redazione ha deciso di spostare tutto sul blog.
Padrona, padrona di fare ci che pi ritiene giusto e utile e conforme ai suoi obiettivi.I post verranno eliminati.Per chi ha voglia , dopo una giornata di lavoro, gli stessi sono ancora visibili.
Tutti a fare la doccia, dopo aver lasciato gli effetti personali.
Cos va il mondo
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6777
di giannino cusano
del 26/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
Scrive Pagliardini:
" ... mi sembra che vi sia da parte sua una sorta di pregiudizio ideologico che fa perdere il buon senso: paragonare uno stile architettonico alla schiavit! Non le sembra un p grossa?"
No
"Lei mi conferma con le sue iperboli che ho colpito alcuni nervi scoperti."
if You like :)
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6776
di pietro pagliardini
del 26/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
Giannino Cusano, non intendo contestare punto per punto le sue affermazioni. Per direi che, a pura logica, il fatto che l'uomo continui ad allevare il suo cucciolo anche dopo lo svezzamento sarebbe proprio la prova di quello dico io. Se l'uomo smettesse prima allora la cultura avrebbe prevalso.
Ma qui mi fermo perch mi sembra che vi sia da parte sua una sorta di pregiudizio ideologico che fa perdere il buon senso: paragonare uno stile architettonico alla schiavit! Non le sembra un p grossa?
Lei mi conferma con le sue iperboli che ho colpito alcuni nervi scoperti.
Saluti
Pietro Pagliardini
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6775
di giannino cusano
del 26/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
Scrive Pagliardini"... luomo di oggi non biologicamente diverso da quello di ieri e anche dal punto di vista antropologico non credo si possa parlare di una mutazione improvvisa; per questo il costringere lo stesso uomo di sempre in ambienti e spazi che creano disagio psicologico sar anche in linea con la moda e la cultura dellimmagine del tempo (occidentale)ma non con la sua immutata condizione di uomo."
Dunque saremmo fatti di impulsi biologici ... Peccato che, per esempio, negli animali l'istinto materno dura il tempo dello svezzamento del cucciolo, negli esseri umani no. Strano, vero? Ovvio: gli "istinti" e la biologia (o, come usa oggi, la "psicobiologia") non bastano a spiegare il comportamento umano e la vita sociale, a diferenza degli animali. Certo, ci sono predisposizioni e condizionamenti biologici: ma da qui al comportamento reale il passo non breve n scontato.
Tanto che lo stesso Freud abbandon presto l'ambiguo termine "Istinkt" per introdurre quello pi articolato e complesso di "pulsione" ("Trieb"). La differenza fondamentale: la pulsione una forza propulsiva che non implica risposte predeterminate alle sollecitazioni dell'ambiente ma risposte flessibili, relativamente poco scontate, elaborate con l'inventiva e la cultura. Perch nella risposta pulsionale entrano in gioco proprio fattori culturali e storici.
Non mitizziamo, per favore: tutto da dimostrare che i centri storici fossero pensati per gli esseri umani. Sono pensati per ammassare gente (plebe, non popolo) in poco spazio e spostarla quasi di peso quando faceva comodo ai nobili detentori del potere, che talvolta avevano su di loro quasi diritto di vita o di morte. Basta andare in un qualsiasi Archivio di Stato per rendersi conto, da documenti dell'epoca, delle condizioni vessatorie in cui vi erano tenuti quelli che erano non cittadini ma sudditi. E talvolta la morosit delle esose pigioni, che tenevano la gente in stato di pura sopravvivenza, veniva punita con la morte: cos nella Roma papalina del 1500, per es. E nei casi peggiori, accompagnate dall'accusa di eresia, le teste dei morosi mozzate venivano appese e messe in bella mostra su picche disposte in fila sui parapetti di Ponte Sant'Angelo. Forse le abitazioni di oggi sono bruttine, ma abbiamo degli standard ignoti nei tanto lodati centri storici. Basta andare nell'archivio storico del notariato di una citt (per la mia, Potenza, l'ho fatto, a suo tempo) per capire cos'erano i "bassi" e come viveva davvero la gente. Ne ho, del resto, ancora ricordi indiretti -per mia fortuna- che risalgono alla mia infanzia: c'erano, a un passo da casa mia, persone che vivevano non nella povert ma nella miseria. Ammassate padre, madre e 8 figli in una stanza seminterrata, umida e buia adiacente, per esempio, a quella del carbone che vendevano per vivere. Del resto, l'affollamento a Testaccio -dove la tubercolosi era endemica- poteva raggiungere non di rado 8 persone a stanza in condizioni di promiscuit davvero bestiali. Siamo ai primi del '900. E le case del Testaccio sono internamente davvero bruttine, a essere buoni.
Se si considera storicamente la questione, si vede che i tanto vituperati standard razionalisti -luce, aria, ventilazione, igiene, dimensioni minime tollerabili degli spazi ecc.- sono stati un enorme e serio avanzamento di civilt. Mille volte meglio le case popolari dell'IACP di quelle dei centri storici, spesso buie e malsane e fatte per tutto tranne che per "l'uomo". Altro che la speculazione edilizia di oggi!.
Si domanda, poi, Pagliardini come mai " in questo mondo dichiaratamente tollerante e relativista dove sono accolte tutte le espressioni umane e tutte le diversit possibili, guarda caso non hanno diritto di asilo idee e progetti come quelli di Lon Krier (sempre per esempio) che deve trovare un Principe (ironia della sorte) per poter vedere realizzati, con discreto successo, gli esiti di quelle idee e di quei progetti."
Eh gi: in questo mondo tollerante e "relativista" (cio anti-assolutista) tutte le costituzioni dei paesi democratici vietano espressamente di darsi in schiavit. Che scandalo! Quale grave limitazione alla libert!
Ricordo un giornalaio fascistissimo. Brava persona. Ogni volta che mi incontrava, mi obiettava:- Tu sei democratico e devi difendere il mio sacrosanto diritto di avversare la libert. Io, invece, che democratico non sono, ho tutto il diritto di combattere la democrazia con ogni mezzo per poter instaurare una dittatura e vietare a quelli come te di parlare- Regolarmente gli rispondevo sorridendo: - Vitto', cca' nisciun' fess': democratico si, masochista no! :) -
Il punto che le democrazie non devono e non possono sottoscrivere, in nome di una male intesa libert, il proprio suicidio. La tolleranza non una mole e vile virt: la tolleranza combattiva. E le democrazie aborrono e combattono per principio costitutivo le dittature e gli assoluti. Si
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6774
di Pietro pagliardini
del 25/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
Gent. mo Sandro Lazier,
la ringrazio per la sua risposta che ha il grande pregio di costringere a riflettere. E io, nonostante la mia faziosit sono sempre affascinato dal pensiero altrui, specie se diverso ma frutto di convinzione e ragionamento. Se poi, anche rispetto a questo, io mi esprimo spesso in maniera sbrigativa e liquidatoria, ci dipende sia da aspetti caratteriali sia dal mio convincimento che sempre opportuno rimarcare le differenze, nel rispetto degli altri, perch dal conflitto chiaro e leale che possono emergere le rispettive qualit. Gli equivoci producono confusione e zone grigie e, pur sapendo che la vita fatta di zone grigie, che in fondo costituiscono il punto di contatto tra posizioni diverse e spesso consentono la soluzione e la sintesi dei problemi, credo anche che laddove possibile bene mantenere non le distanze ma la propria individualit. E un po come in politica: se le rispettive posizioni sono limpide si possono fare scelte bipartisan, in caso contrario si fanno solo imbrogli.
A questo punto direi che ci che ci divide o meglio ci che ci distingue non tanto lespressione architettonica diversa che ognuno di noi sponsorizza ma qualcosa che viene un po prima. La sua sintesi della condizione delluomo contemporaneo ideologicamente debole ma alla ricerca di un pensiero forte ha elementi di verit ma sulle risposte a questo stato che divergono le nostre opinioni.
1) Intanto luomo di oggi non biologicamente diverso da quello di ieri e anche dal punto di vista antropologico non credo si possa parlare di una mutazione improvvisa; per questo il costringere lo stesso uomo di sempre in ambienti e spazi che creano disagio psicologico sar anche in linea con la moda e la cultura dellimmagine del tempo (occidentale)ma non con la sua immutata condizione di uomo. Ora io credo che non possano esserci dubbi sul fatto che il vivere allinterno di una casa del centro storico piuttosto che nellunit di abitazione (prendo questa come esempio classico) sia condizione molto pi appagante e gratificante per chiunque: operaio, intellettuale e, soprattutto, architetto.
2) C poi un altro aspetto da considerare: poich in questo mondo dichiaratamente tollerante e relativista dove sono accolte tutte le espressioni umane e tutte le diversit possibili, guarda caso non hanno diritto di asilo idee e progetti come quelli di Lon Krier (sempre per esempio) che deve trovare un Principe (ironia della sorte) per poter vedere realizzati, con discreto successo, gli esiti di quelle idee e di quei progetti.E impossibile che progetti di quel tipo possano vincere un concorso aperto, a meno che tutto non parta da unorganizzazione che ab origine imposti tutto in quella direzione; a meno che, cio, non si riesca ad opporre una conventicola ad unaltra conventicola. Il che per altrettanto impossibile. In fondo non si chiede che diritto dasilo e, nella logica contemporanea, pari opportunit, che invece vengono negate persino laddove si interviene sul tessuto storico.
3) C inoltre chi crede che si possa rispondere a quella condizione ideologicamente debole con un pensiero che non ne assecondi la debolezza, che non aumenti langoscia, che proponga un modello forte, o ritenuto tale, che ha retto migliaia di anni. Vi sono inoltre gruppi di cittadini e interi popoli che, nonostante tutto, conservano un pensiero e unideologia forte, che hanno forti legami di appartenenza e di identit, etnica, religiosa, politica, territoriale e che, magari, gradirebbero conservarla. E invece viene loro negato da un relativismo che, contraddizione di termini, diventa arrogante perch vuole relativizzare tutti. Io credo che al fondo vi sia questo: non luomo, cio tutta lumanit contemporanea, ad essere debole ideologicamente ma una parte, quella potente, quella ricca, che vuole imporre il proprio modello di vita relativista agli altri popoli e alle minoranze, e che accetta le diversit solo allinterno di quel modello.
Vengo adesso alla questione Ordini. Intanto dico che quellidea che le ho espresso del tutto estemporanea e, mi creda, mi venuta in mente mentre scrivevo il commento. Poi invece ci ho ripensato e mi sembra abbia una sua validit, pur conoscendo le difficolt di mettere daccordo gli architetti.
Intanto le dico subito che non vorrei stare in nessuna chiesa, n con lei n con altri. Per quanto mi riguarda per me esiste una Chiesa, cui porto molto rispetto, n ho frequentata, in anni remoti unaltra di chiese e mi bastato.
Diciamo che occorre trovare un minimo denominatore che, in questo caso, mi sembra relativamente facile, cio il fatto che gli Ordini hanno perduto ormai la loro funzione storica, che in passato hanno avuto quale espressione di professioni liberali in un mondo non caratterizzato dai grandi numeri. Allo stato attuale lordine solo un organo burocratico che, qualunque riforma venga fatta, diventerebbe
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6773
di giannino cusano
del 25/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
WARNING: intervento LUNGO
Scusi, Pagliardini, ma il suo ragionamento non mi torna.
Se il passato, anche di 50 anni fa, si studia per coazione a ripetere, lei ha perfettamente ragione. Ma se lo si studia criticamente per discernere ci che vivo da ci che morto oggi, le sue valenze attuali -spesso trascurate e represse- da quelle divenute abitudini e frasi fatte, le cose sono differenti e siamo in totale disaccordo.
Lei scrive:
Direi che il tarlo sta proprio in quegli anni da cui lei vuol ripartire, l'idea di dover cancellare e rifare, l'assurda pretesa di cancellare la storia, l'automatica trasposizione della modernit della macchina nell'architettura, scelta pi da avanguardia artistica che non da metodo adatto all'architettura, all'edilizia, all'ambiente di vita dell'uomo.
Detto cos, sembra che la storia sia un fiume con un suo corso naturale prestabilito che la modernit ha improvvisamente deviato. Non si spiega, allora, come mai si sia tanto diffusa la modernit. Il movimento moderno, invece, ha una sua chiara storicit e necessit: ha radici antiche, come dimostra assai bene il saggio di Zevi Architettura e storiografia gi nel 1950, anno della sua prima edizione.
N si pu ridurre la questione della macchina a questione ideologica o di gusto da avanguardie senza comprendere la necessit storica del problema.
Affrontarlo signific e significa esattamente poter ricominciare a costruire per l'uomo. Espressione, per inciso, che detesto per almeno 2 ragioni: 1. la donna, i gay non sono forse persone?; 2. il concetto di persona non sovrastorico.
Detto questo, l'architettura moderna nasce perch centrale e drammatico il confronto col problema e l'et della macchina, anche: della produzione di massa, delle condizioni di lavoro -creativo e non- che poneva, delle modalit di produzione e della conseguente alienazione del lavoro meccanizzato nell'era della rivoluzione industriale e dell'esplosione urbana e demografica. Non si comprendono l'urlo d'angoscia dell'espressionismo, altrimenti, o il gioco dadaista o il macchinismo futurista volto a rompere il feticismo del passato, vero ostacolo a una comprensione del passato pi profonda perch attuale.
Si trattava e si tratta anzitutto di capire a quali condizioni possibile la qualit nella societ di massa, con citt che raggiungono in poco tempo dimensioni spaventose, mai viste prima e che non accennano a fermarsi sfuggendoci, il pi delle volte, di mano. E non si tratta di qualche palazzotto o grattacielo malriuscito.
Ma la modernit nasce ben prima del '900, con un signore che coglie la straordinaria modernit di alcuni assunti del medio evo: William Morris, Non era un neomedievalista, ma uno che cerca nella storia problemi analoghi ai nostri per estrarne indicazioni di pregnante attualit e di contenuto.
Non fu un caso se il socialismo inglese delle origini - ma non solo- si pose in quest'ottica. Dal lato la cooperazione al consumo del socialismo fabiano dei coniugi Webb, dall'altro quello della cooperazione di produzione del gildismo di D.H.Cole cui, tardi, approder anche Morris. Le gilde sono la rilettura in chiave (allora) contemporanea delle arti e mestieri medievali. Incarnano un programma sociale e produttivo prima che artistico e trovano formidabili correlativi nelle Arts & Crafts e nella Morris, Marshall, Faulkner & co, l'impresa ideata da Morris per produrre parati e oggetti di design e dimostrare che la sua alternativa era possibile. Non fu un caso isolato in Inghilterra e non a caso quelle idee si diffusero immediatamente in tutto l'occidente.
Morris pone anzitutto questioni di sostanza, di contenuto: dell'architettura come oggetto non gliene frega nulla, se non come prodotto-strumento per vivere. E se i modi di produzione sono la serializzazione meccanizzata dell'ovvio, avremo ambienti e citt invivibili. Dall'impulso di Morris non nasce solo la Red House: nasce la citt giardino di Howard, per es., progenitrice delle New Towns.
Lui contrappone alla produzione industriale l'artigianato, e in questo soccombente, ma la gamma di problemi che Morris mette sul tappeto , tutta intera, il background programmatico e di contenuti con cui l'architettura moderna dovr fare i conti se non vorr ridursi ad astratta questione di preferenze estetiche e di gusti.
E cos sar: l'Art Nouveau ricorrer alla linea come strumento per piegare i trafilati tipici del modo di produrre "odierno" a un volere artistico, o (Jugendstil e Hoffnmann) per forgiare un'arte "per tutti" sinceramente borghese, scevra da nostalgie, travestimenti e complessi verso il mondo artistico aristocratico.
E cos sar per The Art & Craft of the Machine di Wright del 1909, documento che di fatto impronter tutta la sua attivit; cos sar per la Maison Dom-Ino o la Citrohan di L.C., risposta di
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6770
di Renzo marrucci
del 24/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
Abolizione degli ordini professionali? Sono perfettamente in sintornia con Pagliardini. Fotocopie sbiadite di un sistema a perdere che riesce a
essere dannoso pi che altro agli iscritti e non un caso che non rap>
presenti le problematiche della vita e della relt professionale della quale oggi ci troviamo ormai in balia. Triste ragione ma ragione!
Si tratta solo di attendere che gli architetti riprendano fiato o prendano coscienza... Magari scossi dalle teorie qualche matematico umanista o chiss da quale filantropo di montagna... Una disamina impietosa sulla scienza della incapacit a diventare trasparenti o....piatti come veline nonostante lo spessore del corpo in carne ed ossa... Uscir anche se i sociologhi dormono sonni profondi e parentali.
Ecco! Ora capisco anche io... Ma non c' alcun bisogno di chiamarlo Carolina, Caro Giannino...visto che il pi bravo degli onesti in Italia rischia di fare il massimo del suo schifo in queste condizioni di sbando della giustizia e del senso di libert. La libert come una bistecca... La mangi da dove ti pare, cominci con i tuoi strumenti a tagliare da dove l'occhio si posa sopra. E' come fare una vera scelta...L'ambiente dove vivi e operi non deve fare altro che pensare a te! Prende i tuoi soldi e la tua anima e la tua fiducia e se poi ti illude di pensare a te...
Interessanti le considerazioni sui sassi di Matera...Meriterebbero un serio approfondimento!
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6762
di pietro pagliardini
del 24/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
E' ben strana questa nostra professione, perch sono totalmente in disaccordo con lei su ci che riguarda l'architettura ma potrei sottoscrivere il suo augurio di buon anno per tutto il resto.
In particolare sono assolutamente favorevole all'abolizione degli Ordini professionali che, coscientemente o no, in buona o cattiva fede, sono strumento di collusione nel sistema bacato dei concorsi, costituiscono un freno alla crescita degli studi con le loro litanie parruccone sui minimi inderogabili (non finir mai di benedire Bersani, pur non essendo a lui vicino politicamente), non servono pi, o forse non sono mai serviti, se non in tempi remoti, a garantire un minimo di rispetto delle norme di deontologia, perch intervengono solo "dopo" la magistratura, cio quando non serve pi e diventa un inutile accanimento, invece che prima, quando tutti sanno e si chiudono gli occhi e potrebbero prevenire. insomma, sono una palla al piede e un danno per i professionisti, o almeno per gli architetti. Gli ordini interpretano il loro ruolo di garanti di corretti comportamenti in maniera burocratica, vagamente forcaiola e giustizialista, invece che comportarsi come il buon padre di famiglia con i propri figli. Certo la colpa anche nei numeri parossistici dei nostri iscritti che rendono difficile, se non impossibile, un simile atteggiamento ma questo un motivo in pi per eliminarli, non per potenziarli, visto che attualmente sono solo un piccolo, o meno piccolo, centro di potere contrattuale.
Mi domando quanti siano gli architetti che la pensano allo stesso modo. Davvero non saprei quantificare. Immagino siano tanti, silenziosi anche se, credo, non maggioranza. Come poter fare emergere questo dato? Come poter trovare un modo di fare sentire la nostra voce? Io proprio non ho risposta. L'unica sciocchezza che mi viene in mente fare un logo e metterlo in testa ad ogni sito o blog che favorevole all'abolizione degli ordini, con una brevissima spiegazione. Non granch, mi rendo conto, ma meglio di niente. Ci pensi sopra un p.
E, tanto per evitare sospetti di opportunismi, qualunquismi, grillismi ed altro, come dice lei, le dico subito che io sono stato consigliere dell'Ordine di Arezzo per molti anni, per pi anni di tutti i miei colleghi, fino al momento in cui, nel 2002, ho sbattuto la porta e ho dato le dimissioni da consigliere in carica.
Quanto all'architettura, beh, non voglio farla lunga ma io credo che ripartire dalla met del secolo scorso, come lei auspica, significa ripercorrere gli stessi sbagli, riprendere gli stessi difetti che hanno portato alla degenerazione di cui adesso sempre pi si stanno accorgendo, piantare l'albero sullo stesso terreno sbagliato.
Direi che il tarlo sta proprio in quegli anni da cui lei vuol ripartire, l'idea di dover cancellare e rifare, l'assurda pretesa di cancellare la storia, l'automatica trasposizione della modernit della macchina nell'architettura, scelta pi da avanguardia artistica che non da metodo adatto all'architettura, all'edilizia, all'ambiente di vita dell'uomo.
Non mi interessano "gli stili", parlo di un'ideologia perversa, spesso coltivata in assoluta buona fede, che mette al centro dell'interesse un architettura auto-referenziale (proprio come gli Ordini) che non tiene in alcun conto l'oggetto del prodotto per cui esiste la stessa architettura, cio il suo abitante, l'uomo, l'individuo, la persona, il committente, il cittadino, lo chiami come vuole.
La storia dell'architettura moderna una storia tutta interna ad una casta, esattamente come la scuola interna a interessi sindacali e politici dei vari soggetti, ad eccezione degli studenti che ne pagano le conseguenze, come la sanit al servizio di medici e infermieri e personale vario, invece che del malato, ecc.
La casa per l'uomo e non per l'architetto. Lo so, le potr sembrare banale, semplicistico, ingenuo, scontato.
Per spesso la verit la pi semplice, la pi banale, la pi scontata che si possa dare. Tanto per fare una verifica basta domandarlo a persone non addette ai lavori: perch esiste l'architettura?
Vedr cosa le risponderanno.
Con stima
Pietro Pagliardini
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24/1/2009 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Gentile Pietro Pagliardini, le devo una risposta in due parti.
La prima riguarda larchitettura delle archistars che lei dice autoreferenziale.
Io non credo che appoggiare le proprie tesi critiche su un ideale uomo, abitante, individuo, persona, committente, cittadino, buono per tutti i tempi e per tutte le cifre, possa portare da qualche parte restando immuni dal contagio retorico e, mi consenta, demagogico.
Tutta larchitettura fatta per luomo, compresa quella che lei contesta. Ma per noi lo devessere per luomo doggi, non per un uomo generico fuori del tempo e della storia; perch la condizione di questuomo attuale, e la coscienza che ha di s, non sono pi centrali rispetto alluniverso come avveniva in passato, tanto da giustificare larchitettura del passato. Lumanit vive oggi con coscienza una condizione periferica e cosmologicamente insignificante rispetto alla vastit e complessit delluniverso. Se compito della cultura essere interpreti e critici del proprio tempo, non si pu certamente essere attori di questa nuova tragica condizione richiamandosi allumanesimo del rinascimento e del neoclassico, questi s autenticamente disposti alla centralit, universalit e anastoricit degli ideali e dei fatti che li realizzano. Luomo forte con pensiero forte, cos padrone di s e del mondo da potersi permettere e auspicare una concezione condiscendente e conciliante della vita e dei viventi, roba daltri tempi. Quella che lei definisce degenerazione, quindi, non si pu pi attribuire alla stanchezza ideale di un uomo forte ma, al contrario, la ricerca di un pensiero forte da parte di un uomo ideologicamente molto debole. Se c difetto ed errore in qualche architettura recente, questo imputabile alla maniera, al ripetersi e abituarsi alluso formale, stilistico che, come per il passato, riconcilia con una blasfema convinzione di superiorit. Il male maggiore non sta nellautoreferenzialit (che attiene la scrittura architettonica con la quale occorre convivere) ma nel suo svilirsi in calligrafia pura e semplice.
La seconda riguarda labolizione dellordine degli architetti.
La profonda differenza ideale che divide il nostro modo di intendere e fare architettura la ragione prima per cui io e lei non dovremmo stare sotto la stessa chiesa. Per quanto riguarda un sondaggio tra i lettori non credo che molti gradirebbero prestare il proprio nome per la sottoscrizione di una richiesta cos radicale. Ma si pu provare.
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6772
di renzo marrucci
del 24/01/2009
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Auguri 2009
di
Sandro Lazier
ABOLIRE GLI ORDINI NON VUOL DIRE ANARCHIA
Gli ordini professionali gestiscono l'esistente in modo vecchio e superato, bisogna avere il coraggio di abolirli per rifondarli in modo aderente alla realt.
Riconquistare e obbligare a riconquistare la partecipazione attiva degli architetti che preferiscono RAGIONEVOLMENTE ignorarne l'esistenza. I problemi che oggi affliggono la professione non trovano casa in questo Ordine che chiede denaro come una tassa obbligata agli iscritti senza dare neppure il ricontro nei termini della tutela della professione che svolge senza nessuna dinamica nei confronti della so
ciet che cambia in ogni momento dietro qualsiasi impulso i termini del dibattito.
ABOLIRE GLI ORDINI VUOL DIRE RIFLETTERE PER DARE ORDINE E COSCIENZA
AD UNA STRUTTURA CHE HA PERSO LA SUA RAGIONE DI ESSERE
Occorre una struttura in grado di dialogare E RAPPRESENTARE I PROBLEMI DEGLI ARCHITETTI con le autorit e LE ISTITUZIONI SOCIALI per svolgere il dovere di capire e proteggere gli interessi dei suoi iscritti ed il loro rapporto con la societ. Occorre una struttura rifondata e moderna, attuale, in grado di essere all'altezza delle problematiche che sussistono oggi. Concorsi, gare, incarichi, professionalit e specializzazioni, competenze e limiti nella societ costituiscono la materia primaria dove urgente una costante volont ad assumersi responsabilit specifiche di critica e controllo Osservate il recente caso Casamonti... Nessun Ordine se ne vuole occupare sia pure in termini deontologici e per comprendere ed esaminare come mutato il rapporto tra societ e professione mentre ci sarebbe una notevole propensione da parte degli iscritti a capire, silenzio e silenzio inconprensibile... Mentre la societ restringe e affievolisce i campi e i margini anche culturali della professione e celebra incontrastate le stars dell'architettura... Schiere di giovani e meno giovani validi architetti mordono la polvere o sono condannati a perseguire livelli di contrattazione marginali ed umilianti senza l'interessamento fattivo di nessuno. Tutto ci va contro ogni volont di possibile ripresa della ricerca e della architettura italiana
Renzo Marrucci
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6761
di giannino cusano
del 23/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Per Marrucci e Zappal
Non sia mai, Zappal: nemmeno io sono filosofo e non ci penso proprio. Ci manca solo la filosofia, per potersi occupare di architettura, poi stiamo davvero freschi :)
Capisco meglio, ora, il senso del precedente intervento di Zappal sulla decostruzione: la fine del logocentrismo equivale alla fine dell'idea che il mondo stia l solo per noi. L'essere umano non al centro dell'ecosistema, di cui l'architettura parte (e quindi non al centro nemmeno dell'architettura). Ecosistema che ha propri vincoli evolutivi che vanno rispettati. A partire di qui, si pu realizzare un habitat nel quale gli esseri umani hanno certo una parte importante se riconoscono di avere enormi responsabilit. Almeno, se non ho frainteso il discorso.
Io intendevo diversamente la questione del logocentrismo, avendo vissuto -anche se a posteriori, a cose avvenute anni prima- in modo alquanto traumatico la desertificazione dei Sassi di Matera, nella mia regione, in virt di una legge demagogica e sbagliata. Una comunit che da millenni viveva la sua storia parallela a quella ufficiale nel momento in cui la incrocia viene letteralmente spazzata via e assimilata, omologata nella logica delle case popolari.
I Sassi li ho sempre interpretati come un logos comprensibile solo attraverso la presenza viva degli abitanti, dell'uso reale e creativo, delle trasformazioni che vi apportavano, di una societ altra da quella ufficiale strutturata in vicinati e cos via. Un insieme organico di persone e spazi il cui svuotamento stato come congelarne l'evoluzione in un'istantanea da consegnare alla storia mimmificata: un logos trasformato di colpo in scrittura. Un messaggio in bottiglia. E non ci sar recupero e riuso che riesca a riprendere le fila di quella evoluzione parallela alla storia ufficiale, perch un costume stato cancellato d'ufficio, non lasciato libero di elaborare il suo peculiare impatto con la civilt. Comunque, ci penser.
E' questo, Marrucci, che intendo per stato laico o liberale: non l'ennesima etichetta ma una concezione non ideologica e non confessionale. Una concezione metapolitica. E' solo grazie ad essa che tutte le singole visioni ideologiche, confessionali ecc. possono coesistere ed affermare ciascuna le proprie istanze. Questo intendo con amore per le cose e per i cittadini. Se, poi, non vogliamo chiamarlo laico o liberale chiamiamolo pure Carolina, non un problema. E' la sostanza che conta.
Penso anch'io, con Zappal, che la qualit della vita o l'infelicit non dipendano dall'architettura. Poi, per, scopro che nel 2007 si celebrata la festa dei 40 anni dell'habitat di Montreal: l'hanno voluta gli abitanti. Ci vivono bene e sono contenti di stare l, alla faccia dei La Cecla di turno.Allora penso pure che l'architettura pu contribuire, come tante altre cose, a migliorare la vita e forse la nostra stessa comprensione del mondo. Poi, certo: tutto pu essere tradito, strumentalizzato, svilito.
Infine, certo: meglio fare architettura che parlarne, se questo compensatorio. Ma pu essere utile : - a capirci qualcosa di pi, pubblico compreso - a combattere pregiudizi e luoghi comuni - a mettere a fuoco problemi, urgenze, obiettivi, - a incentivare ad andare avanti.
Zevi parlava tantissimo, alle sue lezioni: credo che mi abbia insegnato a pensare architettura. E con la mia testa. E' cultura anche parlarne, se aiuta a comprendere meglio :)
G.C.
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6760
di renzo MARRUCCI
del 23/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Anche io chiedo cortesemente che cosa vuol dire nella vostra intesa che in italia fondamnetale avere laico lo stato, le legggi, ecc... Io, permettetemi, pensavo pi semplicemente che fossse fondamentale avere una Stato capace di tutelare l'interesse dei cittadini, di fare delle leggi giuste e serie, rispondenti alla realt della vit e poi di saperne controllare l'attuazione e poi di saperne vigilare la qualit e via... Tuttte queste che son tante cose importanti ed altre... Il Laico che centra in tutto cio? La qualit di un programma dove va vista..Tra i denti? Tral le parole? La capacit di amare il paese e la propria cultura deve evere etichette? La possibilit di essere oggi deve essere offerta dai sitemi della ideologia? o da che cosa?
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6759
di maurizio zappal
del 23/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Cusano ha ragione , bisognerebbe approfondire! Ma il problema, probabilmente, andrebbe verso una speculazione filosofica che io personalmente non potrei sostenere, non essendo filosofo! Essendo architetto devo dire che il passaggio "luomo non pi al centro dellarchitettura" non [un approccio antiumanista] ma si tratta del posto dell'uomo . In altre parole vero o no che luomo ha un nuovo ruolo [nuove questioni in cui la nozione di uomo o il valore di umanismo, si sono manifestate!] istituito, non soltanto nella filosofia contemporanea ma anche nell'architettura? Insomma la faccenda riguarda l'antropizzazione dello spazio! E non c'entra nulla lessere in accordo o in dissenzo! La Natura ha un senso se viene antropizzata! La migliore difesa della Natura quella predisposta dallintelligenza delluomo, ribadisco, dalla antropizzazione. Per usare unanalogia ritengo che fra la Natura indifferente, muta o autoreferenziale quindi insignificante e la Natura dellintelligenza, dallintelligenza amministrata c la stessa differenza tra un fatto e una notizia. Un fatto diventa notizia solo se informato a criteri di comunicazione qualificati; un fatto naturale diventa risorsa solo se raccolta nelle mani delluomo!(concetto, gi espresso, in altri miei interventi). E piaccia o no a La Cecla e ai suoi accoscati, esiste oggi, la Bigness! E non si tratta tanto e solo di espressione di volont di potenza, di possibilit tecniche e di appetiti speculativi, quanto di pressanti necessit di competizione globale, di processi di fusione, acquisizione e concentrazione economica, le cui immediate conseguenze sono visibili nel trasferimento in Asia della nuova frontiera della dismisura (Koolhaas e quindi Sloterdijk o viceversa!). Non penso che La Cecla (antropologo-architetto?) abbia mai visto una cantarella o una fossa di calce o un muratore! Quello che trovo stupido la presunzione che la qualit della vita dipenda dall'architettura. Io ritengo banalmente vero il contrario: la qualit della vita costruisce la sua casa, il suo territorio, il suo architetto. E verifichiamo questo (noi architetti contemporanei!), tutte le volte che lavoriamo con un cliente, il quale ha le soluzioni costruttive che si merita, sia come istituzione sia come singolo proprietario. Ora e sempre la signora Maria la signora Maria! Luomo, di volta in volta, ha agito (nella storia:passato, presente e futuro!) con gli strumenti a sua disposizione! Quindi, per quale cacchio di motivo un architetto contemporaneo dovrebbe progettare, oggi, secondo i dettami di Bernini (magari!sic!) e non, invece, secondo quelli di Eisenman, Tschumi, Koolhaas, eccetera, tanto per citarne alcuni?
Come dire, oggi mi sentirei (e lo sono!) libero di progettare un giardino senza vegetazione!!! Senza avere il rimprovero di Italia Nostra! Ricordo che i giardini giapponesi (detti secchi!) sono la rappresentazione della natura in assenza di vegetazione e gli orientali, daltra sensibilit, lhanno sempre fatto fin dai tempi Ming!
Si, certo, parliamo, ampliamo, siamo democraticima secondo me, si parla e si scrive,troppo, darchitettura e si fa pochissimo, almeno, in Italia!
P.S: Cusano, mi piacciono molto e condivido i concetti ben espressi di scarto e disturbo!
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6758
di Leandro Janni
del 22/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Ringrazio Cusano e condivido quanto scrive.
Mi permetto di aggiungere che la dialettica fondamentale per una sana, dinamica democrazia. Ma l'Italia non ama la dialettica.
E inoltre, fondamentale avere uno stato laico, istituzioni laiche, leggi laiche. Ma l'Italia non ama la cultura laica.
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6757
di giannino cusano
del 22/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Sono sostanzialmente d'accordo con Janni.
Ho solo un dubbio, una perplessit di fondo: i principi (i valori, come Janni preferisce dire) ci sono. Il punto , a mio avviso, che in Italia principiano poco o nulla. E non da ieri: almeno dal 1948!
E i cosiddetti "valori condivisi", espressione spesso di comodo per far passare invece l'annacquamento dei principi, ci sono anche quelli. Sono forti e altissimi: stanno l, scritti ben chiari, una volta tanto, nella nostra Costituzione. Che da troppo tempo non si studia pi nemmeno nelle scuole.
E sui principi non si mercanteggia, non si contratta, non si patteggia: ci si scontra, se il caso. Senza timori di "dividere l'Italia": perch gli scontri di idee non hanno mai diviso nessuino: sono l'essenza della democrazia. Sono sempre nobili scontri, quelli ideali: tutt'altro dalle risse squallide da mercato boario per le questioni meschine e di piccolo cabotaggio cui quotidianamente ci tocca assistere da 50 anni.
Ma allora come si fa? Nei paesi civili si legifera in modo che ciascuno possa liberamente e responsabilmente seguire i propri convincimenti: quelli dettati dalla propria coscienza, non quelli imposti per decreto.
E' semplice; ma in questo cavolo di Paese sembra la cosa pi difficile da far entrare nella quotidianit.
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6755
di marco ferri
del 22/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Cari Rinaldo e Bernini, io mi chiedo dove sta' il genio, dove l'innovazione, dove la bellezza e l'arte in una persona che si fa beffe delle leggi, della deontologia professionale (questa sconosciuta) che, di fatto, parole del procuratore, costruisce una specie di comitato d'affari perch si ritiene evidentemente investito da un incarico derivato direttamente dal cielo: riempire l'Italia di belle (???) architetture. Cos ha giustificato il suo operato (cito i giornali fiorentini) davanti ai magistrati. Con quale coraggio io e altre decine di colleghi come me parteciperemo alla prossima gara o concorso? Cosa ha da insegnare a me, a noi, questa persona? Nulla. Caro Rinaldo, Le Corbusier forse era un genio o forse no, ma di certo sapeva come si fabbricano i mattoni.
Ossequi
PS: ...e poi Rinaldo , bastasse un buon rendering a fare architettura, saremmo veramente messi male. Fortunatamente Wright non vissuto invano per qualcuno, e lui i computer non li aveva....
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6754
di Leandro Janni
del 22/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Diverse sono le ragioni che hanno provocato in questi ultimi anni la crisi della politica: i ripetuti fenomeni di corruzione, il dilagare del clientelismo e del familismo amorale, la riduzione dei partiti a semplici ma inesorabili centri di potere, se non a veri e propri comitati daffari. Ma laspetto pi profondo e pi grave di tale crisi, costituito dallassenza di riferimenti ideali, e dunque di tensione morale. Ad alimentare questo problema, oltre al venire meno di valori comuni e condivisi, ha senzaltro contribuito il crollo delle ideologie, che ha determinato la trasformazione della politica in mera questione burocratica, in una sorta di attivit pragmatica i cui parametri di conduzione sono quelli dellutilit immediata, e dunque delladeguamento alle esigenze del momento o della rincorsa dei bisogni, senza alcuna prospettiva progettuale di medio o lungo periodo.
Se si considerano gli effetti devastanti delle grandi ideologie del Novecento, indubbio che la caduta delle ideologie tradizionali rappresenta di per s un dato positivo. Da esse e dalla loro pretesa di totalizzazione, sono infatti nati i sistemi totalitari, in particolare il nazismo e lo stalinismo.
Negli ultimi decenni, si sta facendo strada il concetto di modello che, a differenza dellideologia, non ha alcuna presunzione di esaurire in se stesso il reale, ma si propone, pi semplicemente, il compito di accostare la realt sociale a partire da un certo angolo visuale: cogliendone alcune strutture portanti e alcuni limiti e dando vita a un preciso progetto da tradurre concretamente nellazione politica. Il modello, dunque, riveste unimportanza decisiva per larticolazione di una proposta operativa proiettata positivamente verso il futuro. Di contro, laddove i modelli sono del tutto assenti, lo spazio della politica, sprovvisto di tensioni ideali, viene occupato da meri interessi privatistici. Lattuale atteggiamento di sfiducia nei confronti della politica, che rischia di degenerare in un rifiuto qualunquistico o nichilista, anche frutto di questa situazione.
La ripresa del significato di politica dunque legata, oltre che al recupero delletica (fondamentale il ridare forza ai valori civili della nostra Carta costituzionale), anche al formarsi di modelli realistici e discreti, capaci di promuovere una seria progettualit sociale. A ci deve aggiungersi il coltivare una tensione utopica, antidoto necessario nei confronti del pericolo di totalizzazione ideologica, permanentemente in agguato.
Valori, tensione ideale, progettualit discreta ed incarnata sono ingredienti di cui la politica dovrebbe servirsi se intende recuperare il suo ruolo originario. Cio, quello di azione volta a promuovere la crescita autentica della polis, lo sviluppo di una sempre pi ampia coscienza civile e di una societ dalle strutture capaci di rispondere, in maniera adeguata, ai nostri veri bisogni che, non sempre e non solo, sono quelli materiali.
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6753
di Renzo marrucci
del 22/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Per rottura non intendo una rottura di balle ma una ipotesi che inserisce qualche cosa di quello che altri non hanno avuto il coraggio di pensare o suggerire. Ecco, quando l'ipotesi suggerisce la risoluzione del problema e agisce nel contesto della societ costruita urbana allora si nel caso di una continuit che dovrebbe venire realizzata ma non viene relizzata. Agire e pensare, pensare ed agire nel senso della realt e dei bisogni dell'uomo. Si studi per esempio la citt di Roma, di Milano o una a caso... Rispetto ai problemi che oggi viviamo... Studiare la citt che funziona e fa vivere bene... Andare avanti con il criterio di responsabilit aderente al territorio e quindi alla citt. Continuit vuol dire garantire un futuro alle generazioni e non trovarci di fronte ad un cumulo di monnezza "realizzata" cio costruita con progetti e imprese edili... Che soffoca la citt nel degrado urbano sociale e culturale che stiamo vivendo oggi con leggerezza e spensieratezza... Capisco di parlare Turco ma oggi anche il turco una lingua che viene studiata... Quando l'ipotesi propone nulla rompe ma si aggiunge rispetto alla convenzione e la muove verso ci che non ristagno o falsa creazione, o incrostazione senza risposta alle nuove problematiche che la citt proprone. Se invece non si sa proporre ma fare spettacolo, prendere alla larga la realt, prestandosi all'uso tecnologico formale senza impiegarlo per copiacere e non risolvere i problemi per esempio delle periferie urbane che sono solo dei mostri di depressione... Ricordo Ponte Lambro e un progetto di archistar... Per dirne uno a caso... Penoso dal punto di vista umano e non solo...
Seguire il corso del Fiume finch il Fiume esiste facendo rimanere l'acqua pulita... Far crescere la citt seguendone la sua vocazione umana e la sua dignit sociale senza ismi ma con il senso che la rottura che rompe solo un arresto e un problema in pi che ci allontana servendo solo determinati interessi non a vantaggio dell'uomo.
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6751
di giannino cusano
del 21/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Devo dire che Marrucci e Pacciani hanno il dono della sintesi: capita raramente, infatti, di leggere tanti luoghi comuni concentrati in cos poche righe :)
Si preoccupano, per esempio, dell'approvazione del "pubblico" trascurando il fatto elementare che i concetti di "pubblico" e di "pubblica opinione" sono di formazione moderna. Risalgono all'ascesa della borghesia e trovano origine nei Circoli dei privati Letterati e negli omonimi "Giornali". Salingaros ha un solo e grande merito: una cartina di tornasole. Voglio che ci sia, per una semplicissima ragione: tutto quello che non va bene a Salingaros va benissimo per definizione. Chiuso il capitolo.
Mi spiega l'amico Marrucci cosa intende quando parla di "continuit"? Continuit con cosa? Con un mitico quanto inesistente passato "unitario" e privo di conflitti dell'umanit?
Hanno mai riflettuto seriamente sulla storicit del movimento moderno, tutto e senza eccezioni? La continuit sempre continuit con gli atti di rottura del passato: gli atti autenticamente creativi.
Sperimentare non cosa fine a s stessa: la vita va avanti. Sono i nostri strumenti ed istituti che restano indietro e occorre sistematicamente rivederli, falsificarli, ricontrollarli per abbattere la morta gora dei rami secchi, ideologici e stantii ed estrarne parole vere.
I rischi delle mode ci sono sempre: e se la decostruzione scade in moda, il suo maldigerito consumo che occorre combattere, non la decostruzione in quanto tale. Senza esame critico volta per volta, opera per opera, edificio per edificio, si butta via l'acqua sporca dimenticando di togliere il beb.
Infine, il pubblico, come certa critica assetata pi dell'approvazione plebiscitaria di un fantomatico "pubblico", sempre boccia le innovazioni salvo, poi, accettarle con decenni di ritardo.
E' accaduto a Borromini e al Gotico, alle Certose, a Gaud e all'Impressionismo, alla Tempesta del Giorgione, a Beethoven, a Bach, a Gesualdio da Venosa, ad Arnolfo di Cambio, a Caravaggio, agli affreschi della Sistina ... : la storia intrisa di simili "scandali" e va avanti proprio grazien ad essi. Non si vede per quale motivo non dovrebbe essere cos anche ora.
Chi depresso e, anteponendo a tutto la propria personale salute perch non regge l'impatto con una certa momentanea impopolarit, non obbligato: si astenga da ogni attivit creativa (anche in sede critica): pensi pure alla salute e si dedichi alla macrobiotica, ai fiori di Bach, alle tisane e all'Ayurvedica. Nessuno gliene far un torto: siamo liberi e ottimisti. O no?)
Cordialmente (?)
G.C.
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6750
di Renzo marrucci
del 21/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Salingaros ha molti meriti per il dibattito che ha proposto e se non fosse stato Lui altri lo avrebbero proposta perch ora... Dopo diverse sperimentazioni eclatanti si cominciato a capire di pi e meglio sulla decostruzione ecc... Ma senza ingratitudine intendiamoci... Capire di pi e meglio possibile solo con le realizzazioni e allora si capisce l'impatto con la realt e soprattutto con il cittadino inteso come massimo committente. Ora non il precisamente ritorno al passato che si celebra ma una sorta di continuit che non esclude le sperimentazioni e la ricerca e anzi... Che sono essenzialmente ricerca. Chi vive in piccole citt forse non si accorge del peso di progetti che tirano a fare il lustro del principe
(oggi pro-tempore: il sindaco) calati come valanghe nella citt in nome di quale avanguardia? Di quale rapporto con la citt? Non si deve dimenticare mai che l'architettura non infatuazione del futuro, la rappresentazione di una qualche volont a sforare i limiti del sogno... Ma una sapiente mediazione con la vita e con gli uomini che non esclude, anzi include la bellezza ed il capolavoro ma non la farsa del capolavoro annunciato... Oggi si parla di capolavoro prima ancora del progetto per alcuni basta citare un nome... E' davvero allucinanante! Bisogna capirlo...
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6749
di giannino cusano
del 20/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
***WARNING: testo ALQUANTO LUNGO***
Il commento di Zappal esige approfondimenti.
Anzitutto la questione della "presenza": tutta l'architettura, in particolare quella delle avanguardie contemporanee, ha per lo meno un aspetto, per nulla secondario, che riguarda l'oggetto architettonico e il suo trattamento "in s".
Prendiamo De Stijl: la rottura della scatola ha una propria operativit tipicamente scritturale, oggettuale: effettuabile, cio, in modo del tutto indipendente dalla considerazione della presenza o meno di utenti. Prendo un prisma, lo disassemblo in modo da scardinare le giunture della scatola e lo riassemblo in modo da evitare il riformarsi di angoli pieni. Mies insegnava cos ai suoi studenti. Dava loro una lastra di copertura su una serie di elegantissimi pilastri in acciaio, poi diceva: Tranquilli: questo si regge. Ora ricavatene un'abitazione composta di soggiorno, cucina, x camere, y bagni ecc. facendo attenzione a un'unica cosa: i piani delle pareti non devono mai incrociarsi a formare degli angoli chiusi e devono sempre prolungarsi all'esterno, andando oltre i confini degli spazi e degli ambienti interni. Era un modo di studiare la specificit e le caratteristiche di una scrittura, le modulazioni della luce, la mutevole compenetrazione all'intorno, il dosaggio le fluenze spaziali ecc.
La questione non riguarda esclusivamente le avanguardie. Gli -ismi hanno evidenziato in sommo grado questa ricerca scritturale non logocentrica. Ma non solo: Frank Lloyd Wright insiste sempre sul suo modo tecnico-creativo di trattare l'organismo costruito per estrarne valenze inedite. Nelle Prairie houses elimina il trave interposto tra tetto e muri perimetrali in modo da poter prolungare i vetri fino all'intradosso stesso del tetto senza l'interruzione visiva del trave; ribassa progressivamente gli spioventi in modo da poter assimilare sempre pi il tetto a una lastra piana e nel ciclo delle Usonian passa alle lastre piane di copertura. Sotto le vetrate, quando non giungono fino a terra, dispone muri-davanzali che man mano si libereranno dai loro piani di giacitura prolungandosi nella natura circostante a organizzare i giardini che circondano la casa e protendendosi lungo le linee-forza del paesaggio per inglobarlo negli spazi interni dell'abitazione. Oppure svetra nodi tradizionalmente destinati ai cornicioni (Johnson Waw Building) o angoli solitamente pieni della casa (Bear Run).
Se vero che una citt si comprende a partire dal suo hinterland, una casa prende vita a partire dal suo orizzonte urbano o naturale che sia.
Come esempi possono bastare, ma il discorso potrebbe proseguire a lungo passando per l'espressionismo, il costruttivismo, il futurismo, specie nella versione boccioniana. Il caso di Wright dimostra che l'architettura sganciata dall'operativit tipica delle avanguardie cosa povera e regressiva. Non a caso il nutrimento degli -ismi un fattore genetico dell'architettura moderna, senza eccezioni.
A questo punto mi pare legittimo chiedersi: pensabile un'architettura che esclude la presenza umana? A rigore, no. E non perch la conquista dello spazio vissuto operata da Wright, anzitutto, e dall'architettura organica un fenomeno radicalmente nuovo, nel panorama storico complessivo dell'evoluzione dello spazio. Se, infatti, la rinuncia allo spazio vissuto ci facesse davvero compiere un passo in avanti, sarei il primo a dire chi se ne frega dello spazio vissuto!.
La ragione un'altra: se l'architettura scrittura e non logos che presuppone una presenza viva e costante, bisogna pure che qualcuno decifri questa scrittura. Possiamo persino assimilarla al messaggio in bottiglia del naufrago, ma resta sempre la speranza affidata a quel messaggio scritto: che qualcuno, somewhere nello spazio e/o nel tempo, lo raccolga e tenti di decifrarlo.
Si pu benissimo assimilare l'architettura all'ambiente come a qualcosa che la assorbe totalmente e dal quale essa, semplicemente, derivi come una qualsiasi formazione rocciosa o una parte dell'Universo del tutto indipendente da noi. A parte la facile obiezione che nell'eliminare una metafisica incorreremmo in un'altra metafisica, resta il fatto che il monito a non distruggere l'ambiente in nome di malintese esigenze umane occorre pur sempre che siano degli umani a recepirlo.
Dunque, se questo straniamento dalla condizione umana ha un senso, ce l'ha proprio sullo sfondo di una condizione umana: la presuppone e non pu prescinderne. E' questo, allora, che ci dice la decostruzione? Forse, ma incidentalmente.
Ci dice anzitutto, secondo me, che qualsiasi fenomeno linguistico, o espressivo o formale che dir si voglia, presuppone e sconta uno scarto interno al codice, un disturbo senza il quale non sarebbe possibile. Qualsiasi fenomeno: anche quelli della classicit, del classicismo e della forma apparentemente pura. E bisogner bene che
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6748
di andrea pacciani
del 20/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
"l'architettura romana, bizantina o barocca (o era) in sintonia con "l'utente finale"? Ma quando mai ...? "
Aspetto con ansia un saggio storiografico in cui si racconti dai romani in poi di un pubblico contrario alla propria architettura contemporanea o almeno generalmente indifferente quanto ai giorni nostri.
....Aldil del caso Torre Eiffel (che gi appartiene all'epoca moderna), non mi vengono in mente ribellioni popolari ai pinnacoli gotici o ai fronzoli rococ da parte dei propri contemporanei n di questi giorni, al pari dell'avversione alle torri di Milano nell'ex-fiera, all'Ara Pacis, o all'ingresso degli Uffizi ecc... tanto per toccare Roma Milano e Firenze (ma in ogni citt ce n' uno...)
Per quanto riguarda la fedelt, Io credo che valga la pena di essere fedeli a ci che di buono si ha per non perderlo: vale per la fidanzata, come per la gelateria preferita, non vedo perch non deve valere per i luoghi dove si vive volentieri....
cordialit
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6746
di giannino cusano
del 19/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Ha scritto Andrea Pacciani:
"Non vedo francamente cosa ci sia da essere fedeli al secolo appena passato considerando il bilancio generale dell'architettura prodotta (...snap...) mi sembra del tutto legittimo il rifiuto locale a cedere ala tentazione ad un possibilismo modernista.
Credo che bisogna prendere atto che la modernit stia vivendo un periodo eclettico e storicistico di s stessa e la frattura con l'utente finale ormai uno iato incolmabile..... un po' come a fine ottocento primi novecento..."
Infatti non si tratta di essere fedeli ad alcun passato: n al secolo scorso, meno che mai a due, tre, quattro, cinque (e chi pi ne ha ... ) secoli fa. Non si tratta di essere fedeli ad alcun passato: si tratta di andare avanti. Frattura con l'utente finale? E perch, l'architettura romana, bizantina o barocca (o era) in sintonia con "l'utente finale"? Ma quando mai ...?
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6743
di Andrea Pacciani
del 19/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
"Vedere quindi un progetto come quello di Stella per la ricostruzione del castello di Berlino che un banale remake, mi lascia attonito per la sua monotonia e in odor di tradimento nei confronti dellarchitettura del secolo appena appena passato! Un soldo falso"
Non vedo francamente cosa ci sia da essere fedeli al secolo appena passato considerando il bilancio generale dell'architettura prodotta; ne un esempio il palazzo della DDR che stato abbattuto all'uopo che non era un edificio di uffici basta che sia, ma addirittura il palazzo della repubblica federale; mi sembra del tutto legittimo il rifiuto locale a cedere ala tentazione ad un possibilismo modernista.
Credo che bisogna prendere atto che la modernit stia vivendo un periodo eclettico e storicistico di s stessa e la frattura con l'utente finale ormai uno iato incolmabile..... un po' come a fine ottocento primi novecento...
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6742
di maurizio zappal
del 17/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Non mi meraviglio che Salingaros abbia toppato difronte alla sensibilit di Galvagni che tra le altre sue attenzioni e sollecitazioni mette:" Larchitettura nasce da unemozione"...!E topperebbe, Salingaros, se facesse una chiaccherata con Vittorio Giorgini (vedi bellissima intervista di Emanuele Piccardo in Archphoto)! Insomma chi prigioniero del mondo degli avi fuori tempo!Destinato a scomparire! Abbiamo vissuto e viviamo tutt'oggi in Italia con la convinzione che l'architettura e l'urbanistica sono e sono stati la trasposizione della sommatoria delle regole e delle norme (fatte dagli uomini!). Il primo che non si allinea o contesta queste regole, un sovversivo ed un anarchico!E gi con la memoria, il passato, la simmetria, il passo, il contesto, il paesaggio, la natura e bla, bla, bla. Ben che vada puoi rischiare di diventare un archistar! Tutto ci accade non solo nella nostra professione d'architetto ma soprattutto nelle facolt, sedi naturali, di ricerca e formazione! Ricci, il grande architetto Ricci, prendeva in giro Giorgini alludendondo che "quella strana maniera di progettare" era pura esibizione! Tanto foment e avvers il nostro che, un p per il desiderio di evasione, un p perch "non era aria" , Giorgini, and in America! Semplicemente perch un grande architetto non capiva, fondamentalmente, il concetto di membrana! Oggi, diciamo che per alcuni (architetti), non chiaro il concetto di "pelle". Potrei naturalmente dilungarmi su confronti ed antithesi tra architetti passatisti ed architetti contemporanei ma probabilmente non ho lo spessore dei nuovi critici e finirei per prendere posizioni che non mi competono! Vorrei, in ultimo, soffermarmi sulla facilit con cui oggi si liquida la rivoluzione (nel senso strumentale!) informatica, che ci ha permesso di esplorare arch e techn, impensabili, soltanto negli anni settanta! Ora, secondo me, al di l delle espressioni modaiole e miserabilmente boicottate, degli architetti pi conosciuti e quindi famosi, esiste una ineluttabile possibilit di sperimentare , altro. Altre forme, altri materiali, altre strutture, niente pi costrizioni derivanti dal valore di presenza, dal valore di origine nel tentativo di affrancare larchitetto dalla scala umana, come dalla referenza antropocentrica di un certo umanismo, non c pi una sola scala, luomo non la misura di questa struttura architettonica(J. Derida - Adesso larchitettura ed. Scheiwiller 2008). E ora, i passatisti, gi a dire ma come luomo non pi al centro dellarchitettura? Penso, invece che la possibilit quella dellarchitettura che cerca al di l delluomo!!! Non riesco a capire perch in tempi non sospetti, Galvagni, Giorgini, lo stesso Soleri ed altri, provavano a sondare tecniche inusuali dinterpretazione spaziale (risolvendole!) con strutture plastiche che rimandavano alla leggerezza, allarmonia con estrema personalit (autoreferenziale) ed oggi che ci viene in aiuto la tecnica dovremmo fermare il nostro pensiero ! E inconcepibile rimanere prigionieri degli avi! Insomma e concludo, oggi si spostato lasse dellantropologia mettendosi in linea con lantropotecnologia come ci spiega bene Sloterdijk . Vedere quindi un progetto come quello di Stella per la ricostruzione del castello di Berlino che un banale remake, mi lascia attonito per la sua monotonia e in odor di tradimento nei confronti dellarchitettura del secolo appena appena passato! Un soldo falso!
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6741
di giannino cusano
del 14/01/2009
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Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
L'architettura dice cose che non possono essere dette in altra sede (poesia, teatro, cinema letteratura, scienze, retorica ecc.). Certo, infinite intersezioni sono pensabili. Mi pare chiaro, altres, che se Salingaros o chi per lui cerca nell'architettura ci che invece pu trovare solo nella matematica, ovvio che i presupposti per cui ne rester deluso ci sono proprio tutti. Perch l'architettura bisogna anzitutto saperla leggere.
Non c' dubbio: l'unica cosa certa che Gaud e Galvagni hanno in comune l'iniziale del cognome. Il resto quanto meno da valutare.
Non c' dubbio, d'altro canto, che forse nessun architetto quanto Gaud si pu dimostrare con altrettanto rigore, chiarezza e conseguenzialit di un teorema. Don Antoni, del resto, tutto fu tranne che l'architetto del "las curvas de sentimiento", come lui stesso diceva sarcasticamente dei vacui formalismi che anche ai suoi tempi si sprecavano. Gaud si dimostra come pochissimi altri e senza mutuare alcunch dal mondo scientifico. E si dimostra partendo proprio dai fondamenti stessi dell'architetturai: dalla comprensione degli spazi. Il resto corollario.
Osservo, per inciso, che il genio catalano fotogenico quanto pochi. Di pubblicazioni in carta patinata sulla sua architettura ce n' a iosa, per sua e nostra disgrazia. Perch questa fotogenicit spesso la fetta di prosciutto sugli occhi che mette in ombra un'appassionata e sostanziosa lettura dei suoi edifici.
Con ci, sia chiaro, non intendo screditare ricerche che affondano radici nella biologia, nella fisica, nella scienza come quelle di Galvagni: tutt'altro. Dico solo che la prima condizione saper leggere gli spazi. E se Salingaros cerca in Eisenman un emulo di Goedel, ovvio che pu solo restare deluso. La colpa solo di Salingaros, per.
Il punto che Salingaros pontifica "urbi et orbi". Questo un po' come prendersela con Levi-Civita o Riemann solo perch gli spazi a "n" dimensioni (n>3) non si possono rappresentare graficamente o involucrare con calce e mattoni. In realt Salingaros in architettura ripropone uno strutturalismo all'acqua di rose, di terza mano. E anche stantio, ammuffito. E' in ottima compagnia, naturalmente: Aldo Rossi in testa. Uno strutturalismo d'accatto che, ben al di sotto delle "fissioni" semantiche care a Levi-Strauss (grandissimo studioso persino quando si occupa discutibilmente di architettura): qui siamo alle "persistenze", ai "valori eterni" perch mai digeriti, ai rigurgiti del Partenone. E non c' Maalox che tenga!
E' qui, a mio parere, l'importanza della decostruzione derridiana e di tutto il post-strutturalismo: nell'aver deautomatizzato l'universo significante dell'architettura. Che, non a caso, era regredito nel postmoderno. E nell'averlo svincolato dalle "leggi assolute" quanto inesistenti della storia, nell'aver compreso che anche dove c' crisi, cio una scrittura architettonica che va oltre la capacit d'uso dello spazio "qui ed ora", l'unica cosa tentazione da evitare quella di rifugiarsi nel passato.
La decostruzione, e per altre vie il pensiero non decostruzionista di Foucault e Deleuze, hanno contribuito enormemente a liberare i segni architettonici dai loro tab archetipici.
E' certamente riduttivo, ma mi pare didascalicamente efficace dire che la decostruzione e il post-strutturalismo hanno posto senza mezzi termini il problema di nuove catene significanti dalle inedite modalit.
In un certo senso, paradossalmente sembrano mancare o essere deficitari i comportamenti umani che diano pienezza di senso a quelle forme. Il senso: uno dei paradossi pi acutamente indagati da Gilles Deleuze (Logica del senso, U.E. Feltrinelli, 1975). Su questi temi necessario discutere e indagare pi a fondo, specie nella prospettiva di una revisione della storia dell'architettura italiana dal 2 dopoguerra a oggi che sappia inquadrarsi in quella europea e mondiale. La decostruzione ha rappresentato anche un fenomeno linguistico di dimensione sovranazionale: salutare per il provincialismo cronico del nostro paese.
Un sintomo, ho detto altrove: lo confermo. La "cattiva socializzazione" in atto coincide esattamente con la mancanza di senso sociale degli spazi. Possiamo attendere che nuovi comportamenti sociali fioriscano? Evidentemente no: occorre mettere in moto stimoli-significanti problematici, se si vuol contribuire a incentivarli. E' questa, a mio parere, una delle ragioni, e forse la meno trascurabile, per cui le ricerche e l'impegno sulla socialit dell'habitat (da Safdie a Erskine, passando per Renaudie, Blom, Kroll) si sono improvvisamente interrotte: non c' quasi pi materia grezza su cui lavorare.
Ci detto, sono convinto anch'io che il futuro inizi da subito, nell'impegno organico di architetti come Galvagni. Ma la strada davvero molto difficile. E se la prima via (decostruzione e post-strutturalismo), bench venata di un po' di pessimi
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6740
di ganni cinici
del 13/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
http://abitare.it/featured/unemail-da-stefano-mirti/#comment-364
abitare nega il forum ma ecco come arrivarci
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6739
di gino cinici
del 13/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
http://abitare.it/featured/unemail-da-stefano-mirti/#comment-364
abitare nega il forum ma ecco come arrivarci
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6738
di Renzo marrucci
del 13/01/2009
relativo all'articolo
Galvagni, Gaud e la ricerca
di
Sandro Lazier
Pi che come modello di architetto mi permetterei di dire che lo riproporrei per la sua singolare ricerca organica condotta per la particolare passione nel metodo di indagine da lui proposto nel rapporto con la natura... da cui attinge studiando i modo sempre nuovo e con l'amore che gli riscontriamo. Su questo non ho dubbi personalmente. L'esito della ricerca poi un'altra cosa con le sue applicazioni nell'architettura che possono anche essere risposte molto personali e sul cui valore possono esserci molteplici interpretazioni. Il fatto che io credo importante in Galvagni sicuramente l'approccio metodologico che predilige nella sua riflessione vissuta sull'ambiente che trovo personale e geniale. In questo concordo! Cio il metodo rivoluzionario inquesto scavare nella sua identit e sensibilit e andrebbe esteso come base alla progettazione per la formazione del ruolo dell'architetto nella nostra societ. Sviluppare cio nell'architetto la capacita dell'osservazione, che oggi notevomente diminuita e all'aderenza ai contenuti, che sono fondamentali per sensibilizzare... una forza che si istilla nella natura degli individui e induce a rispondre organicamente e in modo aderente alla natura dell' uomo e quindi all'ambiente costruito... la citt. Prepara cio l'individuo ad attingere forza e coscienza nelle sue risposte. La cosa pi importante, per me, far crescere secondo le individualit.
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6737
di GINO
del 12/01/2009
relativo all'articolo
Di Lusso
di
Gianni Marcarino
CASAMONTI, PELLEGRINI, SEGANTINI, FEMIA, SAVI,....,....,....,....,....,.....,....,...,.....,......,ETC,ETC, RADIATI SUBITO!
ALTRO CHE LUSSO APPARENTE DEI MIEI STIVALI
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6735
di christofer giusti
del 11/01/2009
relativo all'articolo
Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
Signor carta, signor Marucci, tante tante tante tante parole...nel vuoto.
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6734
di Renzo marrucci
del 11/01/2009
relativo all'articolo
La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
La tua conoscenza del panorama architettonico italiano dovrebbe supportare la curiosit sui nomi della critica operativa architettonica italiana... Ed in funzione della propria opinione e sensibilit che si considera la qualit di un critico... e questa pu anche essere cosa personale pare... Io per esempio ho studiato con Zevi e Benevolo e con C. Brandi per l'architettura e l'arte e vedo che il panorama attuale ha perso vitalit e impegno. Tutto si purtroppo molto appiattito e deresponsabilizzato. L'indecisione e la provvisoriet con la quale la critica si muove oggi dovuta credo alla sponsorizzazione della cultura architettonica che riceve prebende e lusinghe in vario modo. E' un momento di crisi spensierata dell'architettura italiana come il caso C. rivela e su cui interessante riflettere al di la delle sue implicazioni personali. Almeno per quanto mi riguarda cerco di riflettere sulla societ e sulle varie realt che la condizionano senza cinismo n disillusione anzi per alimentare la forte fiducia che ho e che nutro nelle energie sane che ci sono in Italia e che spero trovino spazio per esprimersi e non si facciano trascinare e disssolvere dalla virtualit superficiale delle archistar e degli aspiranti star. Ognuno di noi ha una esperienza che lo sostiene nelle argomentazioni e nelle riflessioni e non importante spiegare la propria e non importante l'et ma importante impegnarsi a capire... Stammi bene Cristoforo.
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6736
di christofer giusti
del 11/01/2009
relativo all'articolo
Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
La mia interpretazione è diversa, Carta.
i critici di Marrucci sono citabili, certo, chi non li conosce? chi non ha studiato i loro pregni testi o perlomeno sfogliati? (zevi, Brandi, Benevolo...)
quelli odierni? quelli in vista? sono tutti dei venduti!
Altrochè discrezione è infatti la sua , Carta.
Siccome lei è uno snob, i suoi critici sono di ben altro valore, sono "altri", sono visibili e riconoscibili da pochi, sono quelli sconosciuti e assolutamente non rivelabili, quelli accessibili a quelli come lei che, a tale accesso, per supposta superiorità o diversità intellettuale, hanno diritto
Non è un caso che lei prenda le velate difese di Casamonti, egli è un privilegiato come lei:
E' la stessa maledetta logica per cui non basta la laurea per vincere i concorsi, nossignore, quella è lo specchietto per allodole dispensabile ai fessi, ci vuole il dottorato, la cattedra (almeno una), la rivista, le pubblicazioni,
ci vuole la mafia!
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6732
di silvio carta
del 10/01/2009
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Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
Gentile Christofer Giusti, cosa e' questa atmosfera da anfiteatro?
Io poi, nemmeno La conosco, perche' si meraviglia della mia suddetta "esclusivita'". Preferisco non nominare le persone che ritengo critici seri ed intelligenti semplicemente per una questione di rispetto prima nei loro confronti (pare che gli faccia pubblicita') e poi in quelli di chi legge, ancora assumerebbe il tono di una propaganda e, francamente, non ne ho nessuna intenzione. Il mio obiettivo era quello di stemperare il tono negativo sulla critica italiana.
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6731
di renzo marrucci
del 10/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Caro Cristoforo, non oscillare tra una incazzatura e un vago senso di precipitazione... Mantieniti tra le due e fatti coraggio... Il mondo quello che ... E i furbi ci sono sempre stati e sempre ci saranno ma non una ragione sufficiente per autodefinirsi dei fessi. Anzi...
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6730
di cristian
del 10/01/2009
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Greg Lynn: idee fresche, idee dinamiche
di
Paolo GL Ferrara
Chi scrive un semplice studente di architettura...
Sono molto soddisfatto dall'articolo scritto da Paolo Ferrara ed il mio status di studente mi pone al di fuori di qualsiasi conoscenza e per inciso non sono "amichetto di nessuno" come scrive il furente "enricogbotta" nel 2003 (spero abbaia stemperato il proprio animo).
A distanza di anni e dopo una sommaria conoscenza del fenomeno Greg Lynn si pu affermare che il suo processo compositivo e la sua ricerca architettonica non siano ancora sfociati in un qualcosa di concreto e realisticamente sostenibile(e questo non mi preoccupa affatto, il normale iter di una percorso di ricerca,e questo dovrebbe essere chiaro a qualsiasi "critico italiano").Rimangono invariati molti commenti negativi che su di lui girano in rete e tutto questo non vuole avere nessun accento negativo...il perch semplice...
Una ricerca "rivoluzionaria e apripista" non ha come primario obiettivo quello di creare un risultato comprensibile o realistico,dunque concreto.Questo lo si pu affermare in ogni ambito scientifico e quindi anche nel campo della ricerca architettonica.Dire questo spiega come le ricerca su particolari aspetti della scienza partono sempre da presupposti che sembravano irragiungibili,impossibili ed contemplata anche l'inutilit della stessa ricerca.Soltanto a ricerca conclusa si comprende la reale utilit ed il reale margine di sviluppo negli altri campi... e l entrano in gioco gli altri ricercatori che svolgono un lavoro cumlativo (non meno importante!) ma di secondo rango.
La ricerca architettonica non sfugge a queste semplici dinamiche,per cui paradossale che la critica si rivolga con toni ed aspettative di questo genere al lavoro di ricerca di architetti come Greg Lynn che rischiano al di la dei facili giudizi di percorrere una pista sbagliata ,poco battuta e molto rischiosa Gli altri possono soltanto restare a guardare e commentare ma di progettisti che siano in grado di rispondere con una ricerca alternativa in italia non se ne vedono affatto.L'atteggiamento di critica e progettisti italiani in merito deludente (come mille aspetti di questo paese sciagurato)
Intanto la criticata universit di Ferrara da allora ad oggi 2008 ha sempre promosso iniziative volte alla comprensione della contemporaneit e della rivoluzione informatica e non si pu che dargliene merito.
Se la mia facolt si muovesse in tale senso non potrei che esserne orgoglioso ma senz'altro potremmo ospitare(dato la sua maniera di pensare l'architettura e la critica architettonica) questo divertente personaggio "Enricogbotta".A roma ti accoglierebbero a braccia aperte!
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6729
di sandro crivelli
del 10/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Ma siamo sicuri che l'attivit di certi magistrati non sia debitamente orientata? se vero che i concorsi e le gare sono il frutto di interesse politico-economico a cui l'architetto, talvolta animato da pretestuosi idealismi o meglio accecato dall'avidit, soggiace volentieri, non sar che questa "neoausterity" quest'appello alla restaurazione della morailt anch'essa frutto del disegno di qualcuno in alto?
C' la recessione, ricordate? c' la crisi.
Tutti quei denari che arrivano da comunit europea,stato, regioni, province, comuni, ma anche dagli stessi privati, potranno continuare a finanziare la sete di lustro dei politici, aiutata in tal senso dalla creativit e dalla tanto prolfica immaginazione degli architetti?
e pensabile che si possa continuare a veder bandire dei concorsi del tipo di quello per la nuova provincia di Bergamo? un opera d'architettura(?) per milioni di euro, in un contesto politico in cui si parla dell'abolizione, delle province?
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6728
di Renzo marrucci
del 10/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Al solo scopo informativo segnalo la presenza di tre miei commenti, di diversi mesi or sono, sulla questione dei grattacieli in seguito alla lettera pubblicata sul blob di Pierluigi Diaco EXPO' 2015 dagli architetti Peluffo e Femia in risposta ad Adriano Celentano che... poi...Che io sappia, non ha detto pi nulla...
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6726
di christofer giusti
del 10/01/2009
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Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
Sig. Carta, che sono queste esclusivit? li faccia qui i nomi di questi critici, o ha forse paura di coinvolgere tali signori in qualcosa di scomodo? e che diamine di critici "veri" sarebbero dunque?
sig Marrucci, se ha avuto queste rivelazioni, le riporti qui per favore, a m di appello a svegliarsi!
anche perche i battibecchi tra fessi e esaltati..francamente....
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6725
di christofer giusti
del 10/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Invece, sig. Marrucci, saremo sempre noi fessi a dovercele rompere le scatole.........che ci piaccia o no! non cos?
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6724
di piero bui
del 10/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
ordini professionali, facolt, dipartimenti universitari, singoli docenti, non sono spettatori in queste storiacce di un paese di corrotti-corruttori. Non gli possiamo rimproverare solo di essere distratti ma di essere giocatori attivi in queste partite. Pensate alle risorse e alle energie che possono impiegare in sinergia ( meglio dire in complicit ??). Svolgono ruoli in conflitto di interessi costante designando commissari che giudicheranno progettisti colleghi in un circuito stretto e totalmente controllato da loro. Il modello - attenzione- quello del finto concorso universitario, di fatto cooptazione di amici e parenti. Cosa pensava di fare Marco? L'idea era quella di estendere e perpetuare un metodo "per garantirci la bellezza..."
Antithesi uno dei pochi soggetti che si occupa di questa cosa. Non vi pare singolare? Tacciono tutti perch serve minimizzare, sperando che cali l'attenzione sul mariuolo. Tace pure l'architetto professore che su Repubblica ci spiega sempre come sta l'architettura.
E ora ? Ora che si scoperto un caso Parmalat dell'architettura? Silenzio?
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6733
di christofer giusti
del 10/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Ma, mi spieghi, tutto questa disillusione, questo cinismo questa assenza di fiducia nel prossimo, una questione d'et?
se i furbi ci saranno sempre allora a che serve parlare qui? soprattutto a che serve tutto questo scambio tra vecchi-nuovi idealisti e giovani esaltati?
Si aspettera pure qualcosa da questi eventi che non sia un mero rimpasto, un insabbiamento, o no? certo, non si pu mandare in galera tutta la categoria professionale, e chi lo vuole? ma almeno l'uscir fuori, una presa d'atto, un p d'autocritica, l'adoperamento a cambiar le cose....
Se questa gente non si...rompe i coglioni...come dice lei saremmo punto e a capo e sai che oscillazioni!.
prenderemmo atto che questo un paese in cui le cose assolutamente non sono per tutti, ma non per questioni di nobile meritocrazia, ma per appartenenza.
E chi tale appartenenza non ha si lambicchi il cervello a capire come acquisirla.
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6719
di renzo marrucci
del 09/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Caro Carta...
Se Lei convinto io no! Il pessimismo e l'ottimismo sono categorie che influenzano il carattere dell'individuo ma la realt vuole equilibrio... Appunto come il critico dovrebbe averne insieme alla capacit...
Come si dice... E lo ripeteva spesso il nostro Bruno Zevi : chi si contenta gode... Mentre la spinta alla realizzazione un'altalena che impone una certa tensione morale.
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6717
di silvio carta
del 09/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Servi ebbri, supremo, senta, MM io credo di essere stato frainteso.
Non ho parlato di adozione di misure di giudizio differenti a seconda delle persone in causa. Tuttavia ritengo di non poter parlare, come dice lei, solo per me semplicemente per il fatto che di altra gente si sta parlando. Non credo interessi a nessuno un discorso incentrato su me stesso, non pretendo di essere cosi' interessante.
Semplicemente, questo si, vale solo per me, non apprezzo l'atteggiamento di chi si scaglia violentemente (anchse solo a parole) contro qualcuno che e' stato accusato di qualcosa. Certi modi di fare impetuosi mi ricordano le lamentele da discorso da bar contro il governo, contro Berlusconi, contro Prodi, contro Veltroni, contro chiunque e tanti altri fatti che non nomino qua per non annoiare nessuno.
In oltre io mi riferivo ad un atteggiamento diffuso di "border line" a cui la societa' ci ha abituato. C'e' una norma da seguire, ma talvolta tale norma puo' essere interpretata, gli avvocati stanno li per questo, per interpretare le leggi. E i giudici per giudicare il comportamento delle persone. La gente in termini generali non dovrebbe intimare punizioni corporali ad aaltra gente prima di tale giudizi. Almeno in una societa' civile. Ritornando al rispetto delle regole, vorrei fare un piccolo esempio. Nel corso di laurea che ho fatto vi erano 34 esami. La facolta' sforna una media di 800 laureati a sessione. Siamo sicuri che in 27200 casi di esame non ci siano "errori", o esami rubati? Vorremmo picchiare la gente quando e' in errore? E poi l'errore chi lo decide? la vox populi?
Se vuol tornare poi al registro mistico di cui all'inizio glielo posso dire in termini biblici.
[..]Ges and al monte degli Ulivi. Sul far del giorno ritorn nel Tempio e tutto il popolo si accalcava intorno a lui. Ges si sedette e si mise a insegnare. Allora gli Scribi e i Farisei condussero una donna sorpresa in adulterio e, postala in mezzo, gli dissero: Maestro, questa donna stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mos, nella legge, comanda che tali donne siano lapidate. Tu che ne dici?. Essi dicevano questo per metterlo alla prova e poterlo accusare. Ges, chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra. Poi, siccome insistevano, si alz e disse loro: Chi di voi senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei. E chinatosi di nuovo, seguit a scrivere in terra. Quelli, udito ci, uno dopo laltro se ne andarono tutti, incominciando dai pi vecchi fino agli ultimi, sicch Ges rest solo, con la donna l nel mezzo. Allora Ges, al-zatosi, le domand: O donna, dove sono andati? Nessuno ti ha condannata?. Ella rispose: Nessuno, Signore. E Ges: Nemmeno io ti condanno: va, e dora in poi non peccare pi.
(Giovanni 8, 1-11)
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6718
di silviocarta
del 09/01/2009
relativo all'articolo
Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
Gentile Marucci, ci sono, ci sono, siamo piu' positivi. Non ne faccio i nomi qui in questa sede, ma se preferisce glieli posso indicare in privato. A volte ci facciamo prendere un po' dalla corrente che in questo periodo porta a vedere tutto negativo e a lamentarci della nostra nazione a beneficio di altre. La colpa della non visibilita' dei buoni critici e' nostra. Continuiamo come pecore a dare adito a canali informativi controllati da non-critici come quelli ai quali lei fa riferimento, senza capire che il vero dibattito critico viaggia su frequenze diverse, meno note e, a causa nostra, meno conosciute. La colpa e' nostra, non loro.
Poi sono d'accordo con lei che ci sono tante figure inutili e sovrastimate, questo si. Pure troppe.
S
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6721
di giannino cusano
del 09/01/2009
relativo all'articolo
La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Francamente, Carta, ho qualche difficolt a seguire il suo ragionamento: probabilmente un mio limite.
Lei scrive: "...C'e' una norma da seguire, ma talvolta tale norma puo' essere interpretata, gli avvocati stanno li per questo (... ) La gente in termini generali non dovrebbe intimare punizioni corporali ad altra gente prima di tale giudizi." Non c' dubbio: infatti non credo che discutere certi argomenti equivalga a volersi sostituire ai tribunali n che qui si tenti di intimare qualcosa a qualcuno. E con quali poteri, poi? Credo, appunto, che i giudizi della "gente" siano cosa ben diversa da quelli dei giudici e investano problemi di altra natura.
Per stare al suo esempio, se si scopre che c' un giro di frodi ed errori sugli esami non pi che logica una diffusa indignazione in chi quegli esami ha sostenuto senza barare? Mi preoccuperei moltissimo del contrario: ovvero dell'indifferenza "civile". E badi che nell'esempio non sto parlando di una sentenza del tribunale che abbia accertato i reati: lo sdegno potrebbe scattare anche solo di fronte al fatto che qualcuno attesti pubblicamente che cos o, per es., venga a proporci di comperare degli esami. Voglio dire che per valutare la realt in cui viviamo non serve disporre preventivamente di sentenze definitive emesse da tribunali. Per fortuna.
In termini evangelici, lo confesso, non sono molto ferrato, ma considero i "Dialoghi" di Sant'Agostino responsabili di avermi procurato la sensazione che il famoso episodio del "chi senza peccato..." abbia una lettura un po' pi complessa e sofisticata di quella che lei propone e che, francamente, scomodarlo in un contesto del genere mi pare sproporzionato.
Ad ogni buon conto, l'episodio si conclude con un "...va, e dora in poi non peccare pi" : epilogo che, in genere, si preferisce trascurare o dimenticare.
Non c' dubbio che sul piano puramente utilitario "condanna" e "perdono" sono termini antitetici. Ma in campo morale i termini non sono due ma uno solo. Infatti (e lasciando fuori dal discorso i tribunali) ogni condanna un perdono, cio un invito alla "redenzione". E ogni perdono una condanna: sono due momenti indivisibili come l'affermazione e la negazione. Tanto che non ci piacciono gli implacabili, che condannano moralmente e non sanno perdonare nemmeno dopo la morte, e nemmeno i tolleranti al punto da non condannare mai: a ben guardare, non per bont d'animo ma per personale comodit e quieto vivere. Insomma, sdegna trovarsi accanto a persone che non sentono ferito il senso del bene: non possibile perdonare senza prima "sentire le offese"
Allora, se su 27200 (per stare al suo esempio) uno solo ha superato gli esami onestamente, credo che sia umano e giusto che quello s'indigni pubblicamente. Analogo e legittimo senso di indignazione suscita l'ammissione esplicita che una gara stata truccata. A maggior ragione se chi ammette il fatto dovrebbe/vorrebbe rappresentare cultura e arte: libero confronto di idee, dunque. Che, per definizione, aborre carte truccate.
G.C.
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6722
di m.marchesini
del 09/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
"in oltre io mi riferivo ad un atteggiamento diffuso di "border line" a cui la societa' ci ha abituato. C'e' una norma da seguire, ma talvolta tale norma puo' essere interpretata, gli avvocati stanno li per questo, per interpretare le leggi. E i giudici per giudicare il comportamento delle persone".
In queste parole il "succo" del discorso sig. Carta.
A quest'atteggiamento "border line", come lei lo definisce,
taluni, assai pochi, in virt di presunti meriti, non solo si sono abituati, ma ne hanno tessuto il codice parallelo.
Come unici detentori di tali regole parallele, traggono vantaggio e privilegio personale da esse, prevaricano sugli altri in maniera direttamente proporzionale al grado di persuasione sulla "capacit interpretativa" delle norme ufficiali.
Tal altri, la moltitudine dei fessi, hanno sostanzialmente due scelte davanti a loro:
1)l'emulazione di tali modelli di furberia, talvolta, da maldestri, sbattendoci le corna
2)l'aggrapparsi alla risorsa dell'onest, che si traduce poi nell'osservanza anche di quelle norme ufficiali inique, difficilmente modificabili da chi non ha i mezzi per farlo.
Delle sacre scritture mi importa poco, diversi sarebbero gli episodi in esse per porsi in contraddittorio con lei, mi interessa invece l'aspetto laico della societ e di essa mi piacerebbe poter pensare che fosse un luogo di equit e di opportunit per tutti.
Del fatto che Casamonti sia o non sia un genio mi importa poco, cos come di scarsa utilit gridare alla gogna per lui.
Cio che mi pare di poter dire che proprio lui, in virt delle condizioni di vantaggio dalle quali pare che sia partito, in virt delle superiori doti intellettuali di cui si fa vanto, proprio lui che, per mezzi e relazioni forti, poteva adoperarsi a cambiare le regole ufficali, proprio lui che poteva in effetti farsi portavoce di un'architettura, in tal senso,di miglior qualit, non lo ha fatto.
Egli ha optato unicamente per la propria auto affermazione e, nel farlo, ha scelto di adattarsi convenientemente al cos fan tutti agendo contro le regole, ponendo se stesso, di prepotenza, al di sopra degli altri, ma agendo, di fatto contro la stessa genialit.
Non mi pare un atto da poco, e di atto ben consapevole si tratta.
N mi pare che un'architettura che nasca da premesse simili, un'architettura che cerchi le sue ragioni d'essere in una vuota bellezza, negli effetti speciali, nelle atmosfere, negli artifici, nell'ebbrezza e nella fuga dalla noia, possa definirsi geniale.
E tali sono le descrizioni che sino ad ora arrivano a difesa della sua architettura.
Altra ragione di rammarico, infatti, la totale assenza di commentatori insigni, favorevoli al Casamonti, delle testimonianze di quei progettisti illustri e solidali che diano atto della giustezza oltre che degli atti del nostro, anche delle straordinarie doti dei risultati di tali atti: l'architettura.
Si nascondono.
E poi, quegli stessi critici, che lei afferma esistere, perch non si esprimono anche loro in questa sede, dando l'importanza che merita a una vicenda che dovrebbe aprire ad una feconda transizione?
E poi ancora, gli ordini, le facolt.
Sino a che gli interlocutori saranno questi, con questi argomenti, mi pare si far poca strada.
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9/1/2009 - Sandro Lazier risponde a m.marchesini
Scusi Marchesini, lei fa parte dello studio MDU architetti di Prato che ha collaborato con Archea per il progetto d'arte nuragica di Cagliari nel 2006?
Solo per correttezza d'informazione.
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6723
di renzo marrucci
del 09/01/2009
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La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Certo per studiare architettura e fare l'architetto sarebbe obbligatorio, tra le righe... Di fare un corso parallelo di estrazione e tiro... Come nel vecchio Far west? Mi scusi ma le categorie che lei espone sono invece un p come quelle: uomo, mezzo uomo e qua-qua-ra-qua? Si accorger che un p come dire: ambiguo? Cerrrto che noi sappiamo che c' chi st abbottonato fino alle "recchie" (orecchie). E quale interesse entrare in questo dibattito? E con questi argomenti poi dove c' da rompersi le.... Mi scusi, ma Lei interviene per una ragione umanitaria? Oppure ha sentito il bisogno di immergersi un p come il richiamo della foresta? E per gli altri bisognerebbe apettar che la luna diventi piena per vedere a chi cresce il pelo? E poi gli altri chi? Non vedo molta gente viva nel panorama italico... Son quasi tutti incartati caro amico pi o meno come, mi scusi, Lei... Una botta di vita? Ne aveva bisogno? Caro marchesini ...
Mi stia bene!
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6716
di Renzo Marrucci
del 09/01/2009
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Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
Caro Carta, ci sono? C'erano semmai ma ora son morti purtroppo... Hanno preso il posto ma non la respobilit... Si spartiscono sedi e presidenze e cattedre ecc... oppure convivono prendendo abbagli che potrebbero essere utili con sufficiente umilt...ma non la dimostrano...
Che ci facciamo ?
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6720
di cino espi
del 09/01/2009
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Regalo di Natale 2008. A Marco Casamonti
di
Paolo G.L. Ferrara
ma perch non pensiamo che le commissioni siano formate da mebri estratti da rose di candidati ? se le commssioni saranno designate direttamente e con poche rotazioni non c' partita.
Occorre poi impedire il giochetto tra archistar una voltaperuno- insomma smettiamo di farci prendere in giro.
Guardate che anche la riforma dei concorsi univ tocca questo aspetto- con l'estraz dei commiss si tenta di impedire gli accordi.
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6712
di Silvio carta
del 08/01/2009
relativo all'articolo
Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
Gentile RM, non sono d'accordo con lei nell'ammettere l'assenza di critici veri in Italia. Ci sono, solo che non parlano molto e non sono tanti.
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6708
di Renzo marrucci
del 08/01/2009
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Caso Casamonti
di
La Redazione
Caro Bernini non avrei fatto la stessa cosa. Sono lontano dall'essere un giustizialista ma non accettabile il metodo di C. Non accettabile perch indica disprezzo e arroganza per gli altri. La selezione deve esserci con le regole valide per tutti, non solo un fatto di principio ma un fatto selettivo della qualit. A questo dobbiamo aspirare, ad avere delle regole e la moralit che serve per poter andare avanti nel mondo in una competizione vera, autentica... Questo importante realizzare e non ci saranno solo i migliori.... ma verr fuori qualche cosa di pi importante
nella cultura e nella qualit di una scuola o di una e pi generazioni.
Il vostro modo di fare porta alla morte, alla aridit come di fatto accade nella architettura italiana e non solo. Nessuno pu arrogarsi il diritto di imporre una falsa idealit e in nome di questa adottare comportamenti illeciti e non solo sprezzanti della capacit che il luogo dove la cultura sviluppa il talento. Come fate voi il voletto della farafalla impazzita e poi la morte... non la bellezza! E' opportunismo miope e non genio. Questa avarizia e non generosit... Purtroppo non ci siete solo voi a pensare cos ed per questo che i giovani che possono se ne vanno...
Siete vittime di una forma di esaltazione che non riguarda solo voi...
Purtroppo!
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6710
di Renzo Marrucci
del 08/01/2009
relativo all'articolo
Il ruolo della critica
di
Sandro Lazier
il ruolo della critica particolarmente importante. Tanto vero che la mancanza di veri critici oggi causa di una profonda confusione negativa. Non confusione positiva, cio creativa, ma vera e propria simulazione della creativit di cui si ha la responsabilit culturale e morale.
Non molto tempo fa si parlava di "contaminazione" nella sua accezione positiva, cio influenza e osservazione, ora la parola sparita perch di fatto sussiste la corruzione. Corruzione come deviazione e smarrimento, come filosofia del comportamento. Oggi copiare una sorta di abitudine e pare che chi lo faccia prima vince... L'importante saccheggiare, vedere, guardare, la sindrome della cattura visisiva con successiva digestione male organizzata. I materiali suppliscono alla incapacit creativa a diversi livelli ma la gara circoscritta. Poco amore per l'uomo anzi pochissimo e talvolta nullo. Ecco, il ruolo del critico proprio nell' individuare dove manca l'amore verso l'uomo e la societ. Il critico dell'architettura lo fa studiando l'architettura, interrogandosi sul valore del progetto e le sue fasi. il valore della realizzazione e le sue fasi, quindi il prodotto nella sua reazione nell'ambiente dell'uomo.
Si riesce a comprendere il valore morale del progetto e quindi della realizzazione? E' sufficiente osservarlo rispetto all'uomo e alle sue esigenze e necessit di vivere una vita sociale priva di degrado culturale e umano. Quando l'architettura fallisce rispetto all'uomo il giudizio nelle cose...Quado la citt fallisce rispetto all'uomo il giudizio nelle cose... Il bello in architettura compendia l'utile con la necessit dell'uomo alla sua spirtualit... L'architetto deve preoccuparsi soprattutto del rapporto uomo e ambiente e societ, seriamente e con gioia... Il materiale entra dopo... e scaturisce dalla comprensione sensibile della realt...
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6713
di m.marchesini
del 08/01/2009
relativo all'articolo
La qualit architettonica non solo cultura. mo
di
Renzo Marrucci
Quindi, signor Carta, secondo lei, ammissibile una giustizia parziale, con due pesi e due misure.
E mi dica, chi, tra coloro che sbagliano, dovrebbe pagare, e chi no?
forse i "geni", universalmente riconosciuti come tali da una corte di intellettuali assoldati e conniventi?
e quegli stessi intellettuali? essendo geni di minor livello, dovrebbero sacrificarsi in nome del supremo? se dovessero sbagliare anch'essi, come pare abbiano fatto, dovrebbero pagare?
e che dire invece dei servi ebbri del pifferaio magico? carne da macello?
siamo all'assurdo.
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6714
di giannino cusano
del 08/01/2009
relativo all'articolo
Caso Casamonti
di
La Redazione
Gentile Bernini, se qualcosa non funziona nel sistema di regole e leggi che ci si dato, si contestano apertamente quelle regole e leggi in modo da poterle cambiare.
Si chiama "disobbedienza civile" e consiste, essenzialmente, nel violare quelle regole ingiuste previa autodenuncia all'autorit giudiziaria e finendo volontariamente sotto processo per poter spiegare ai giudici che si fatto ci che si fatto per sottoporre all'attenzione della pubblica opinione e delle istituzioni qualcosa che non va proprio e che dev'essere modificato. Questo impone "l'amore per le cose" di crociana memoria; questo impone la coscienza civile a chi complice di un sistema iniquo si rifiuta di essere.
Si fa, cio, rischiando e pagando di persona, non violando le regole di soppiatto e sperando che nessuno se ne accorga, salvo invocare nobili ragioni se si viene colti in fallo. Non adattandosi, cio, a un sistema ingiusto e sbagliato, salvo venire beccati e invocare motivazioni per nobili o meno che possano essere.
Perch chiaro che se uno sconvolge le regole di un'asta pubblica al solo scopo di tutelare l'integrit del proprio progetto, qualche grave disfunzione c', nel sistema. ma - all'italiana- nessuno fa nulla in quanto ciascuno spera di trarne vantaggio: e intanto la legalit degrada ogni giorno di pi.
Lei chiede "voi cosa avreste fatto al suo posto" ? Come dire "mettetevi nei suoi panni". Bene: mi ci metto e mi sono messo spesso, nella vita, nei panni di persone che si adattano a regole criminogene. Anche in questo caso, avrei fatto ci che ho sempre fatto, in questo paese che se ne fotte di ogni legalit.
Vista la difficolt o l'impossibilit a far rispettare il progetto in sede realizzativa, mi sarei denunciato prima di commettere la violazione, non -furbescamente- ricorrendo al solito "se va, va". Dopo, cio, essere stato trovato con le mani nella marmellata e avendo sperato che non accadesse. Questa la differenza.
E siccome, con ampia facolt di prova, mi sono sempre comportato esattamente cos, per es. -ma non solo- per l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti o contro le norme da monarchia assoluta di oltraggio al Capo dello Stato, le dico che avrei fatto cos anche in questo caso. Siccome non ho altra strada per tutelare i valori figurativi del mio lavoro, vado dai carabinieri e denunciio me stesso per iscritto dichiarando che sto per violare norme che regolano il regolare svolgimento di aste e concorsi in quanto producono evidenti storture e quindi sono profondamente criminogene: cos, forse, c' qualche speranza di poter cambiare qualcosa. L'altra via, invece, quella cio del'adattamento opportunista e un po' furbesco allo statu quo, il modo migliore per lasciare tutto come sta, ad uso e consumo di quanti se ne avvantaggiano. Pochi, ovviamente, e tutti appartententi al Circolo del "sar mica fesso, vero?"
Con tutte le nobili motivazioni che lei vuole, combattere una giusta causa con metodi quanto meno discutibili non lodevole. Sono, invece, i mezzi che usiamo, a prefigurare i fini: mai il contrario. Chiedere un minimo di coraggio e di dignit civile a dei professionisti , forse, troppo? Se lo , allora di che si lamenta? Tiri le somme da solo, no? :)
G.C.
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Commento 7701 di Renzo marrucci
del 31/12/2009
relativo all'articolo La farsa del ponte (sullo Stretto)
di Leandro Janni
Janni, una simpatica persona che fa come il filosofo che, rinchiuso tra le sbarre, cerca di convincere di essere lui il vero libero e che le sbarre non imprigionano veramente lui ... Cio: la Sicilia pi libera senza il ponte e il ponte non uno strumento di maggiore possibilit e sviluppo.... Janni non crede che il ponte possa innescare una visione pi dinamica del mondo e una geografia pi aperta e possibilista di prima... liberare o iniziare a liberare la Sicilia da un retaggio stretto, forse ristretto, appartato e via dicendo. No, non ci crede! Crede invece di perdere dei privilegi e non averne in pi... Il certo per l'incerto o il plagio della tradizione che inviluppa queltanto che fa godere il filo antico e prezioso, ma che fa anche perdere o romanza la visione del mondo. Aristocrazia culturale o asfittica gelosa appartenenza? ...di gattopardiana memoria?L'identit non si perde collegandosi, ma semmai si arrichisce e bisogna spiegarglielo bene che chi traina sar il ponte, non solo una passerella di modernit e il resto vien da s...
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