Il caso Gela
di Leandro Janni
- 13/7/2009
Ha avuto luogo a Roma, lo scorso 16 giugno, presso la Casa dell'Architettura, il convegno "Progettare la memoria. L'archeologia nella citt contemporanea". Il convegno, promosso dal Ministero per i beni e le attivit culturali, dall'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Roma e da Italia Nostra, ha visto la partecipazione di eminenti studiosi, ambientalisti, tecnici ed esperti. Nell'ambito della sessione dedicata a peculiari "casi nazionali", chi scrive ha avuto modo di evidenziare il "caso Gela".
Gela: l'archeologia, l'abusivismo e l'idea di citt
Gela, al centro della costa meridionale della Sicilia, bagnata dal Mediterraneo,
citt dalle fortissime contraddizioni. In un contesto in cui
le testimonianze archeologiche rimandano a un passato straordinariamente ricco,
la rapida, caotica espansione urbana della citt degli ultimi decenni
sconcerta e frastorna. Del resto, impossibile descrivere Gela senza
analizzare il diffuso abusivismo edilizio che, incurante di leggi e divieti,
ne ha alterato la struttura urbana e paesaggistica sino a soffocarne, renderne
quasi illeggibili le rilevanti stratificazioni storiche.
Gi nel 1900 Paolo Orsi inizi scavi sistematici che, ancora oggi,
continuano a riportare alla luce testimonianze della presenza dell'uomo sin
dai tempi preistorici. Proprio in questi giorni, indagini archeologiche condotte
dalla Soprintendenza di Caltanissetta, hanno posto in evidenza i resti di una
villa greca del IV - III secolo a. C. L'importante ritrovamento aggiunge un
ulteriore tassello alla ricostruzione dell'abitato di et ellenistica
nell'area di Caposoprano.
Nel 669 a.C. i coloni rodio-cretesi fondarono la citt sulla parte orientale
dell'altura detta del Molino a Vento, controllando ben presto la costa e la
pianura e creando, nel 580 a.C, la sub-colonia di Akragas (Agrigento). L'apogeo
venne raggiunto sotto il tiranno Gelone, il quale per, impadronitosi
di Siracusa, vi trasfer nel 482 a.C. gran parte dei geloi. Distrutta
dai cartaginesi nel 405 a.C. e rifondata nel 338 a.C., Gela fu rasa al suolo
nel 282 a.C. dai mamertini. Finzia, tiranno di Agrigento, ne accolse gli abitanti
nella nuova citt di Phintias (Licata).
Dopo pi di 1500 anni di disaggregazione, Federico II di Svevia, nel
1230, fond la nuova citt, sul sito di Gela arcaica, col nome
di Terranova. L'impianto urbano medievale, probabilmente cinto da mura, si struttur
tra l'attuale piazza Umberto I e largo Calvario, sui due assi ortogonali di
corso Vittorio Emanuele e via Marconi. Infeudata agli inizi del XV secolo, la
citt venne circondata da una nuova cinta di mura nel 1582, entro la
quale l'abitato rimase sino all'Ottocento. Dal 1927 la citt ha ripreso
l'antica denominazione di Gela.
Il recente, controverso sviluppo della citt contrassegnato
dal grande impianto petrolchimico, costruito nel 1961, e dalla mancanza quasi
assoluta di politiche di gestione e tutela del territorio. E' evidente che dal
suo importante passato la citt pu trarre forza, ispirazione
e idee per un progetto di rinascita sociale, culturale ed economica, oggi auspicato
da molti dei suoi abitanti e proclamato da politici e amministratori. Credo
sia utile ricordare che esistono saggi specifici e approfondimenti giuridici
eloquenti che inquadrano la tutela del "bene archeologico" in rapporto
all'assetto della citt e del territorio. La Convenzione Europea del
Paesaggio - CEP 2000 - e le ultime integrazioni al Codice dei Beni Culturali
e del Paesaggio indicano proprio nella pianificazione paesaggistica (art. 143)
le modalit di tutela e i rapporti che dovrebbero intercorrere fra le
diverse componenti di un territorio. Inoltre, il dispositivo della sentenza
della Corte Costituzionale n. 367 del 2007, che sancisce l'equivalenza fra ambiente,
paesaggio e territorio, e quindi favorisce l'integrazione fra Stato e Regioni
(responsabile della tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio l'uno e dell'assetto
del territorio le altre, fin dal 1946) d forza e concretezza al seguente
assunto: "il paesaggio forma del territorio e aspetto visivo
dell'ambiente". Nell'organizzare e pianificare il territorio, inteso
nella sua valenza di paesaggio e ambiente, non si pu dunque non tener
conto delle zone archeologiche, cos come, invece, si fatto
sino ad oggi. Certo che in base alle leggi regionali, nazionali e alle
convenzioni europee, il nostro Paese e la nostra Isola, cos ricchi anche
di "beni archeologici", dovrebbe avere un assetto da far
invidia. E invece!
A volte basta poco per dare senso a un luogo: basta recuperare ed evidenziare
il senso che esso gi possiede. Ma il pi delle volte, se si vuole
davvero fare dell'archeologia un elemento portante e non ostacolante dell'idea
di citt, bisogna progettare con cura il dialogo urbanistico tra antico
e moderno: creare le cuciture per farli coesistere, e far s che la coesistenza
abbia un significato preciso e una precisa utilit. E a tal fine dovrebbero
contribuire tutti i professionisti impegnati nella conoscenza, tutela e trasformazione
dei nostri paesaggi: archeologi, architetti, urbanisti, antropologi, geografi,
semiologi. Per questo stato organizzato il convegno "Progettare
la memoria. L'archeologia nella citt contemporanea": per promuovere
una cultura della progettazione che sia vera sintesi tra le prospettive e le
competenze di tutti; a far uscire il dibattito dalle aule specialistiche per
affidarlo ai cittadini. Per stimolare la collettivit a interrogarsi
sul ruolo dell'archeologia in citt; a ragionare con maggiore competenza
e serenit sull'uso contemporaneo del passato; per indirizzare scelte
urbanistiche pi pacate e ponderate.
L'uso pubblico della storia non pu essere lasciato al caso o a facili
spettacolarizzazioni mediatiche. Pu e deve essere il risultato di progetti
e idee elaborati a proprio vantaggio dalla collettivit. Perch
in gioco non un singolo monumento o luogo, ma il paesaggio quotidiano
di chi vive e usa la citt. Perch storia e paesaggio sono bene,risorsa
comune.
Penso che su questi temi dovremmo attivare un dibattito,dovremmo confrontarci
anche in Sicilia. E della Sicilia contemporanea, con le sue fortissime, specifiche
contraddizioni, Gela pu costituire un laboratorio davvero straordinario
e stimolante.
Leandro Janni
Presidente di Italia Nostra Sicilia
Nella foto di Leandro Janni: Gela, l'acropoli greca e il petrolchimico
- 2009
(Leandro Janni - 13/7/2009)
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Commento 7353 di renzo marrucci del 15/07/2009
Certamente! E' proprio cos! Janni ha ragione!
Ma non si pensi che devono essere gli architetti a contribuire su questo piano. Urbanisti ed architetti che sono le prime vittime di una cultura arretrata e, quando non arretrata, opportunistica e mercantile nella stragrande maggioranza dei casi.
Se un sindaco pensa al rilancio della propria citt, nella maggioranza dei casi pensa a chiamare una archistar, prefigurando la pubblicit sui giornali come comporta l'aver chiamato kukkas o Kakkas, Hocola o Zizza quando non addirittura Bambas; perch magari il professorino della locale scuola di architettura glielo dice assicurando un ritorno di immagine, almeno per la durata del suo quinquennio... Poi se va a finire come a Venezia che per un a passerella a scheletro un po ritoccata da 4 milioni di euro si arriva a.. qual l'ultima cifra? Oltre i dieci milioni di euro o di pi, non ricordo bene, non riesco ancora a capacitarmi... ma certo la pubblicit costa, questo lo sappiamo...
Chiedere sensibilit agli urbanisti poi una chimera da corrierone dei piccoli... Avete mai sentito come parlano? Se non ti fanno crescere i calli stando a sedere, bisogna capire dove ti fanno del male...
Il guaio che manca la cultura, cio la capacit di capire quello di cui si parla ed un senso critico fondato sulla conoscenza delle cose. La mancanza di cultura rende estranea la partecipazione responsabile. La separazione tra cultura e materia, tra teoria e realt, tra coscienza e citt e via dicendo...
Lei Dr. Janni potr parlare e scrivere benissimo dei problemi reali, ma sar del tutto ininfluente se omette di comprendere che un piano urbanistico non materia che deve stare fuori dalla sua conoscenza ma deve potere avere strumenti per giudicarlo e capirlo... solo allora il senso critico sar operativo e former confronto consapevole o altro sulle cose reali e gli architetti urbanisti avranno dei riferimenti forti con cui sperimentarsi nelle loro capacit e andare a fondo, senza fermarsi alle regolucce striminzite della materia debole dell'urbanistica, che molti vogliono far passare come una sorta di scienza, chiudendosi dentro un linguaggio estraniante e incomprensibile che serve solo a dei politici senza capacit, per i quali non e non sar mai neppure una disciplina E' semmai, il piano urbanistico, il frutto sperimentale della coscienza dell'uomo e come tale passibile di essere e di dare anima alla capacit sociale dell'uomo e della citt, solo se recepito in oggettive condizioni culturali poich solo allora consente di formare lo svolgersi delle riflessioni in una reale e sensibile presa di coscienza dei problemi.
Tutti i commenti di renzo marrucci
Commento 7356 di Leandro Janni del 18/07/2009
Caro Marrucci,
siamo un paese decandente, confuso. Pensare costa fatica ed energia.
Cambiare lo stato delle cose, poi, impresa titanica. Complicatissima.
Eppure, non abbiamo altra scelta.
Un cordiale saluto,
L. J.
Tutti i commenti di Leandro Janni
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