Torna alla PrimaPagina

Altri articoli recenti
articoli

Commenti
Ci sono 36 commenti relativi a questo articolo

Commento 7130 di pietro pagliardini del 20/04/2009


Ringrazio per l'invito:

" infatti essenziale in una democrazia moderna che giudizi privati e pressioni lobbistiche da parte del principe non vengano usate per deviare il corso di un progetto di pianificazione aperto e democratico che tuttora in corso".

Bene, benone: cosa vuol dire progetto di pianificazione aperto e democratico? Che il progetto verr messo ai voti dalla popolazione nell'ambito di una scelta? Se s, sono pronto a scarificarmi in una strenua e non incruenta battaglia accanto ai firmatari.

Se qualcos'altro una presa in giro. E sembrerebbe cos perch si parla di "ampia consultazione locale" gi fatta, un'espressione che detta in Italia puzzerebbe di bruciato (ma pu anche darsi che in GB non sia cos).

Crede qualcuno che lor signori siano disposti a sottomersi ad un giudizio popolare autenticamente libero e democratico dietro espressione del voto, come giusto che sia in una scelta importante per la citt, che appartiene a tutti, al proprietario dell'area, all'architetto, anche al principe Carlo in quanto britannico e soprattutto ai cittadini?
Lady Enrica Orsini do you know the italian expression "Valore civile dell'architettura" or, if you prefer, "Architettura come arte civica"?

Ma quanta sincera indignazione da parte della scrivente l'articolo, per avere il principe compiuto un reato di....lesa maest ai danni degli "architetti pi bravi del mondo"!!! Scorrer sangue blu in questo scontro, comunque andr a finire.
Ma chi li ha messi sul podio pi alto questi "architetti pi bravi del mondo"? Un sistema di consenso "democratico" e non opaco e per questo si intima anche al principe di comportarsi ad armi pari, oppure un apparato mediatico-culturale e finanziario poderoso, oltre alle loro indiscusse doti, i cui volti noti sono solo gli architetti?

Perch mai il principe, che immagino abbia qualche conoscenza in giro per il mondo, dovrebbe starsene in disparte e non provare a fermare un genere di architettura che a lui, lecitamente, appare sbagliata? Anche il Principe un suddito della Corona, anche se il secondo in grado.

Io, che non sono moralista, non mi scandalizzo del fatto che un architetto usi tutti mezzi leciti per assurgere ai massimi livelli e per restarci, ma che addirittura si arrivi a fare anche del moralismo distinguendo tra le pressioni lobbistiche buone e quelle cattive.......questa poi davvero grossa!!!!!!!
Ma addirittura si arriva a volergli impedire di esprimere anche i giudizi "privati"!!!
Zitto, principe, non commenti con nessuno, neanche con sua moglie!!!

Come se non fosse arcinoto il suo giudizio pubblico sull'architettura!
Qui davvero si raggiungono i vertici della farsa!

La realt che io leggo in quell'appello un errore per i firmatari e un segno di (relativa) debolezza.
E, francamente, non mi strappo i pochi capelli rimasti, semmai me li taglio cos non mi rizzano quando leggo appelli del genere.

Pietro Pagliardini


Tutti i commenti di pietro pagliardini

 

Commento 7131 di andrea pacciani del 21/04/2009


Finalmente una buona notizia! grazie per la segnalazione.
Direi che questa sollevata d'armi dell'intelligentia dell'architettura modernista una vittoria senza precedenti per il Principe di Galles!
Da sempre snobbato per le sue tesi oggi considerabili all'avanguardia, intesa come opinine controcorrente allo stato di predominanza culturale, evidentemente oggi comincia a fare paura a qualcuno.
In un periodo di implosione autoreferenziale della cultura architettonica dominante, le lobby immobiliari globali delle archistar si sentono minacciate dalle pressioni di un personaggio che oltre Poundbury e una manciata di volenterosi seguaci alla ricerca di far vivere bene le persone in luoghi decorosi, non ha costruito niente in confronto e non ha possibilit di ingerenza nella cultura architettonica istituzionale ed accademica (gli hanno anche chiuso tempo fa anche un'universit dove voleva si insegnasse architettura tradizionale).
Mi sa perci che pi che Carletto l'ha fatta nel letto, sono le archistar che se la fanno addosso! coda di paglia? giganti d'argilla? che le cose stiano cambiando? che le lobby immobiliariste delle archistar comincino a pensare di scaricare qualcuno? troppo presto per crederci, ma se son rose....

Tutti i commenti di andrea pacciani

21/4/2009 - Sandro Lazier risponde a andrea pacciani

Mi spiace ma il vostro, suo e di Pagliardini, concetto di democrazia pecca dequilibrio. Infatti, non c nessuna simmetria tra proporre ed ostacolare. Larticolo dice reo di aver utilizzato la sua posizione privilegiata per bloccare il progetto.
Nessuno di noi vuole impedire al principe di costruire per s, o per chi vuole seguire le sue teorie, le case in stile neogotico o rococ. Cosa che invece lui puntualmente fa usando la sua influenza non per proporre ma per negare.
Sottoporre al giudizio pubblico le opere da realizzare? Mi sembra populismo, sintende nel senso pi nobile del termine, quello che ha una concezione essenzialmente virtuosa della volont popolare, unica titolare di valori sociali particolari, ai quali vanno per sacrificate virt universali come la ragione astratta e la conseguente autonomia del pensiero.
Democrazia, secondo me, soprattutto tolleranza e rispetto delle differenze. Che vuol dire lasciar parlare tutti senza proibizioni. Se non piace, non obbligatorio ascoltare (o guardare).

 

Commento 7133 di giannino cusano del 21/04/2009


Carlo: il marchesino Eufemio del XX sec.

Questo non ha nulla di Carletto e manco di Pierino: dice di quelle cretinate da far rabbrividire. Anni fa scrisse un saggio, "Good and Bad Manners in Architecture", che ebbe il merito certo di ridare attualit ai celebri, sferzanti versi di Giuseppe Gioacchino Belli:

A d trenta settembre il marchesino,
d'alto ingegno perch d'alto lignaggio,
di nel castello avito il suo gran saggio
di toscan, di francese e di latino.

Ritto all'ombra feudal d'un baldacchino,
con ferma voce e signoril coraggio,
senza libri prov che paggio e maggio
scrivonsi con due g come cugino.

Quinci passando al gallico idioma
fe' noto che jambon vuol dir prosciutto,
e Rome una citt simile a Roma.

E finalmente il marchesino Eufemio,
latinizzando esercito distrutto,
disse exercitus lardi ed ebbe il premio.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7134 di andrea pacciani del 21/04/2009


Gentile Sandro Lazier, capisco il tentativo di difendere la giovane redattrice che ha letto ingenuamente la notizia alla rovescia...., ma se vogliamo entrare nel merito:

Carlo mi sembra proprio che proponga e non neghi come fanno i modernisti....

Sue poiszioni previlegiate in ambito della cultura architettonica dominante tra le Lobby immobiliariste, accademiche e editoriali non vedo poi dove siano, anzi....

Tolleranza rispetto alle differenze mi sembra che manchi da parte dei modernisti verso chi sostiene l'architettura tradizionale...


Tutti i commenti di andrea pacciani

 

Commento 7135 di giannino cusano del 21/04/2009


Permetta, Pacciani: lei si rivolge a Lazier, cui certo non voglio fare da difensore (non ne ha bisogno e risponder lui stesso, se lo riterr) ma la faccenda non riguarda solo Lazier, evidentemente.

Lei scrive:
... Carlo mi sembra proprio che proponga e non neghi come fanno i modernisti....

Sue posizioni previlegiate in ambito della cultura architettonica dominante tra le Lobby immobiliariste, accademiche e editoriali non vedo poi dove siano, anzi....

Tolleranza rispetto alle differenze mi sembra che manchi da parte dei modernisti verso chi sostiene l'architettura tradizionale...

Viene spontaneto chiedere:

1. che intende con "modernisti"?
2. tolleranza per lei significa tollerare qualsiasi imbacillit venga in mente a un signore, per definizione "d'alto ingegno " solo perch "d'alto lignaggio" o diritto di critica, di dissenso e persino di satira e di sarcasmo?

Mi passi il parallelo, le assicuro privo di qualsiasi ironia: che le assonanze, a volte, riecheggiano con prepotenza. Anni fa, durante il noto processo e non credendo alla versione ufficiale, indossai a lungo una t-shirt con su scritto in bella mostra "I love Pacciani!". Ricorder la storiaccia toscana dei "compagni di merende", no?.
Ora, non posso certo indossarla di nuovo per lei: primo perch non imputato di alcun delitto, e nessuno per fortuna le imputa alcunch, secondo perch la trita e frusta faccenda di "modernisti" vs. "tradizionalisti" mi suona come una pessima imitazione di una pappina Mellin buona per tutte le occasioni. Che come dire per nessuna; e solo con i poppanti, naturalmente.

Ripeto: solo creando il nuovo si pu tutelare l'antico. Si spiega, si capisce abbastanza da s, o devo fare un disegnino?

Con totale dissenso,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7136 di andrea pacciani del 21/04/2009



A domande rispondo anche se i suoi modi non mi invogliano certo a farlo

1) per modernisti intendo semplicemente gli architetti che dal primo movimento moderno fino agli ultimi eclettismi storicistico-moderni, o agli ultimi sperimentalismi, credono ancora nel potere salvifico del nuovo e nella tabula rasa rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio come si fatto per secoli nella storia

2) La credibilit, o imbecillit secondo lei, del principe Carlo in temi di architettura nascono da un libro da lui scritto nel lontano 1989: A Vision of Britain: A Personal View of Architecture; quindi il patrocinio (non i soldi) per la costruzione di un villaggio tradizionale nella periferia di Londra che si chiama Poundboury, raro successo di vivibilit nei sobborghi di Londra. La costituzione di un albo all'interno del RIBA di architetti tradizionali, l'obbligo di una % di insegnamenti all'interno delle facolt inglesi di architettura tradizionale; Tutto il movimento del New Urbanism in USA (CNU) e INTBAU nel resto del mondo che costruiscono secondo questi principi, credo siano ottenuti non certo per lignaggio, piaggeria nei suoi confronti ma da 20 anni di opinioni condivise e quasi sempre senza alcun eco reale nel dibattito architettonico

Quanto a : solo creando il nuovo si pu tutelare l'antico un opinione che rispetto, ma non condivido: la storia dell'ultimo secolo la smentisce con i fatti.... e forse qualcuno tra i piani alti comincia ad esserne stufo di questa storiella se le archistar cominciano a temere il principe Carlo, mai ammesso prima d'ora ad un pari livello di confronto critico architettonico dal mondo delle archistar.

Il buon critico non pu negare che qui la notizia, non nel contenuto della dialettica o dall'esito del dibattito inglese su quell'intervento, quanto nel cambio di scala di uno dei partecipanti. Fin adesso considerato come da lei un imbecille, Il Principe Carlo viene assunto ad interlocutore reale nel dibattito, perch si vede che la sua voce comincia a dare fastidio e a sentirsi troppo; e adesso tocca loro prenderlo sul serio.... ma rifletta che non ha niente a che fare con il lignaggio, purtroppo per lei, ma sui contenuti.....

tralascio per educazione ogni commento su magliette e pappine

con cordialit
Andrea Pacciani


Tutti i commenti di andrea pacciani

 

Commento 7137 di giannino cusano del 21/04/2009


X Pacciani.

Ha scritto:
... 1) per modernisti intendo ... gli architetti che dal primo movimento moderno fino agli ultimi eclettismi storicistico-moderni, o agli ultimi sperimentalismi, credono ancora nel potere salvifico del nuovo e nella tabula rasa rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio come si fatto per secoli nella storia

Che gran confusione.

1. modernismo" un movimento cattolico, dissidente ed eretico, che alla fine dell'800 tent di aprire la chiesa ai problemi che i nuovi tempi ponevano, invece di rimanere illusoriamente trincerata nei tab della Controriforma. Successivamente, il M. divenne anche un movimento letterario e architettonico formalistico ed eclettico, visto che si occup di stili e non di contenuti. Indubbiamente, il M. interseca l'Art Nouveau e predispone un formidabile congegno pop che influenza, in qualche modo, anche la ricerca di Gaud: quanto meno, gli consente di intrecciare diversi in una fortissima visione unitaria e per nulla eclettica. Ma la statura creativa di Gaud certo debordante rispetto ai miscugli stilistici del M. e di Domenech y Montaner. Ora: io non sono cattolico e nemmeno cristiano, quindi non posso essere modernista; ergo: il discorso non mi riguarda. Moderno si, invece: e questo lo rivendico senza mezzi termini.

Eclettismi storicistico-moderni? E che roba ? Me lo spieghi, per favore: sicuramente un mio limite, ma non ne ho mai sentito parlare. Perdoni l'ignoranza, sa com': lei cos tollerante :)

Potere salvifico del nuovo? Il nuovo non un capriccio, non nuovismo: credo che le sfugga che dalla prima rivoluzione industriale in poi si pi volte spostato il cuore stesso dei nostri problemi sociali e questo, assieme a un'accelerazione mai vista prima, ha imposto la ricerca di risposte efficaci alle quali la riduzione a stile dell'architettura e della citt non poteva fornire risposte adeguate. Sto parlando di contenuti. Quanto alla tabula rasa rispetto al modo di gestire l'antropizzazione del territorio come si fatto per secoli nella storia, anche questa una frase a dir poco criptica, oltre che astorica e fuori tema. Penso che lei sappia che Richard Rogers o renzo Piano sono impegnati in prima fila sul tema della sostenibilit. E penso che lei dovrebbe sapere che questo uno dei cardini centrali della modernit, in particolare del movimento organico.

Detto questo, vengo alle insulse imbecillit di Carlo e di Krier, che cosa affatto diversa dal chiamarli imbecilli. Se dicono sciocchezze, dicono sciocchezze: c' poco da fare. Magari sono le persone pi intelligenti del mondo, ma in quel momento dicono corbelleria. Altro giudicare un concetto, altro giudicare le persone. Se insistono, per, farebbero meglio ad occuparsi d'altro.

Ora, in termini demografici lo sa quante Poundbury ci vogliono per coprire il fabbisogno urbano di Londra? Circa 1500. Per Tokyo, da 1600 a Poundbury a 2000, secondo che il calcolo si faccia sulla popolazione notturna o diurna; pi o meno lo stesso per New York o Citt del Messico e cos via. E pensiamo, con Poundbury, di affrontare i problemi della dimensione e della crescita urbana? Poundburyu pi o meno grande come Vignanello, delizioso paesino della Tuscia. Che bisogno c' di farne altre? Se uno desidera, si trasferisce in paesini come Vignanello: ce n' a iosa, in Italia. Ma davvero i problemi di Roma, Milano, Napoli, Genova pensiamo di affrontarli a colpi di Poundbury o questo solo un modo evasivo e narcotizzante di far finta di aver risolto che quei problemi o che non esistano?

Mi creda: la citt-giardino, con tutti i suoi limiti, una risposta molto pi efficace, nonostante tutto. E se il marchesino Eufemio d'Inghilterra, che evidentemente vive fuori dal mondo della gente comune , di quelli che tutti i giorni vanno in fabbrica o in ufficio a guadagnarsi il pane, avesse lontanamente immaginato che il Movimento moderno annovera Howard tra i suoi maestri, forse avrebbe fatto miglior figura come urbanista e peggiore come comico. Su Krier stendo un velo pietoso: non colpa sua, temo: proprio non ci arriva. Solo che a un architetto -o sedicente tale- non si pu certo perdonare di ignorare cosa sia la polemica anti-urbana di Lewis Mumford, di Frank Lloyd Wright o di Jane Jacobs e di che portata e spessore siano i temi delle risposte da loro elaborate e le battaglie che hanno innescato sulla citt-territorio. Per tacere di Garnier, L.C., Erskine, Safdie, Renaudie.

La verit, caro Pacciani, che qui c' chi, col Movimento moderno, si batte giorno per giorno nel vivo dei problemi, rischiando di persona sconfitte e centri, e chi invece si trastulla con paesini-outlet spacciati per soluzioni al nulla. Perch si tratta, per lo pi, di evasive fughe dalla realt.

Auguri,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7139 di Renzo Marrucci del 22/04/2009


W il quasi Re!
Caro Giannino fai pure il disegnino perch non si capisce bene quello che dici. Principi e Re, Imperatori o Consoli oppure Contesse e materassi... Dicono quello che dicono, ma se affermi che il nuovo tutela l' antico, non solo devi fare il disegnino, ma lo devi anche spiegare bene! I casi in cui il cosiddetto nuovo (a piacere?), cio alquanto "a-specificato", tuteli l'antico, a parole fa effetto e nei fatti... fa tragici danni spesso irreversibili. Si parla della maggioranza dei casi e ovviamente di ambiente urbano come di architettura e territorio
Si va dalla borsa merci di Pistoia di un certo G. Michelucci, che aveva il pallino raro del nuovo accanto allantico e nella natura e cos la capacit di andare avanti... contro l'insofferenza di capire l'architettura storica di quella parte di architetti che credono di essere la vetta del mondo e di imprimere il propriocome dire: aristocratico, altezzoso, incriticabile segno? A tutela non solo dellantico.
Se reclamava lo scarpaio o se preferisci lo scudiero del principe, cosa dici gli avrebbero riso in faccia? Nessuno se lo sarebbe curato? Se invece contesta lui in persona allora gli rimproverano di usare il suo aristocratico piglio? Farlo per i canali non giusti e balle varie? Ammesso che possa avere, il Carlo, una certa antipatia per certi architetti "super-archi-travi-star", non certo il solo che sente il peso di una sovraccaricante, manipolante cordata da sistema globale... che impongono e non presentano n amano discutere e solo presenziare... e quale sarebbe il torto eventuale? l'aver manifestato senza peli sulla lingua il proprio pensiero? Altri lo avrebbero fatto in modo pi ragionato e convenzionale... ma sempre critiche a denotare non una dichiarazione di continuit nella citt, cio una ricerca architettonica di materiali e qualit, ma uno strapotere convenzionale di segni archi-super-travi-star, che il Carlo non ha.... sebbene Principe e quasi Re, condiviso! Almeno qualche volta fa bene allorecchio caro Giannino in questa nuova epoca di fagocitato extramedioevo a pagamento che, direttamente, il quasi Re dica quello che pensa... e andrebbe bene si facesse di pi e spesso in giro... Re o chiunque altro.
Non dimenticare che il Carlo, quasi Re, non propriamente solo-quasi-Re ma anche cittadino che dalle sue frequentazioni trae per il proprio giudizio critico. Lo scarparo, o lo scudiero, nonostante lepoca pseudo-evoluta... non spessissimo si pronuncia e forse anche perch non conoscono i canali giusti?
Renzo Marrucci

Tutti i commenti di Renzo Marrucci

 

Commento 7140 di giannino cusano del 22/04/2009


Caro Renzo, mi sa che tenter di fare il disegnino e,ad Antthesi piacendo -che ancora una volta ringrazio per lo spazio che mette a disposizione di tutti- credo che prender ad esempio Roma dopo il 1870. Devo acquistare un nuovo scanner, perch il mio glorioso hp, nonostante il vetro invece della plasticaccia e nonostante lenti e prismi di tutto rispetto, fa i capricci. Cosa ovvia, visto che lavora indefesso ormai dal lontano 1992, ma insomma: tant'. Un po' di pazienza, per favore :).
Come sia, anticipo, a grandi linee, cosa intendo con "solo creando il nuovo si pu preservare l'antico". Le vicende di Roma sono, come per gran parte delle citt italiane -con pochissime eccezioni- emblematiche e contrassegnate, a grandi linee, da un errore di fondo enorme. Che questo: di fronte ai nuovi problemi posti dal drastico cambiamento di dimensione e di organizzazione della citt nuova, si interviene non inventando un organismo di tipo inedito e consono ai problemi dei tempi, ma "espandendo" il centro storico. Illudendosi, cio, che la citt potesse configurarsi "per parti" (ricorderai certo le inani teorizzazione di Aldo Rossi sulla citt "per parti") appoggiando le esigenze della nuova vita urbana sostanzialmente sulla vecchia struttura. E, sostanzialmente, andando a rimorchio del mercato edilizio con piani per lo pi di ordinaria amministrazione, invece di indirizzarne gli esiti verso un organismo consono alle mutate condizioni di vita.
Il primo risultato stato di soffocare il centro storico entro cinture concentriche di raggio sempre pi ampio, invece di capire che Roma si espandeva "naturalmente" verso Est. Il secondo e conseguente risultato, stata l'impossibilit di ogni decentramento di funzioni incompatibili con la citt storica; il terzo la necessit (del tutto gratuita) di procedere a sventramenti sempre pi massicci del centro storico. Perch? Ovvio: perch espandendo la citt tutt'attorno al centro, nasce il problema di consentire al traffico veicolare di attraversare il centro stesso per connettere tra loro le nuove espansioni.
Iniziamo subito con gli sventramenti ottocenteschi e si prosegue, poi, con quelli sempre pi invasivi del primo '900 e del fascismo. Si dice che quegli sventramenti avessero una logica: verissimo, a partire dalle premesse che ho rapidamente delineato. Il punto che le premesse erano sbagliate. E quali erano? Forzare l'antico a farsi carico dei nuovi aspetti della vita moderna, stravolgendolo, invece di "inventare" il nuovo organismo facendo s che il vecchio centro rimanesse un quartiere dell'intera ciitt, questa s investita delle nuove dinamiche, invece di farsi carico di problemi che non poteva affrontare e risolvere. E' semplice, mi pare. le ripercussioni sono enormi: si guardi l'Oratorio dei Filippini, per es. Lo sventramento di corso Vittorio ha totalmente alterato la lettura della sua facciata e reso incomprensibile il celebre angolo con via dei Filippini. Quella facciata e quell'angolo erano stati pensati per una visione ravvicinata e di scorcio, mentre ora risultano sfocati e appiattiti dall'ampio invaso antistante. E' solo un piccolo esempio. Perch si arriva a questo? Per creare una via a scorrimento veloce che attraversasse il centro connettendo il quartiere Rinascimento ai nuovi nodi di largo Argentina e al sistema viario di piazza Venezia e, di qui, via dei Fori Imperiali-Colosseo-Circo Massimo-EUR, da un lato, via Nazionele-terme di Diocleziano-Termini dall'altro. Non era affatto necessario arrivare a questo. Si pensi, ancora, alle enormi manomissioni del quartiere di Tor di Nona o a corso Rinascimento. Si era giunti persino a pensare di distruggere le testate di piazza Navona -crimine riuscito solo in parte- per farne un'altra arteria a scorrimento veloce. Tentativo, per fortuna, fermato sul nascere.
Gran parte della storia urbana della capitale post-1870 costellata da una selva di progetti per l'ammodernamento e il rifacimento del centro storico, che erano nient'altro che suoi stravolgimenti. Era necessario? Per nulla: bastava pensare seriamente la citt nuova. Si pensi che entro questa cornice il Brasini immagin persino di collocare in centro storico la nuova sede del palazzo Littorio: una piramide tronca gigantesca che avrebbe dovuto superare quasi del doppio l'altezza di San Pietro. E si pensi, ancora, alle zone archeologiche e al parco dell'Appia antica. L'equivoco romantico di restituirle alle letture del Gregorovius o di Stendhal era perdente e impraticabile, perch comunque vi arrivavano i fischi dei treni, i rumori del traffico e vi si vedevano sull'orizzonte i profili della citt post-unitaria. Cosa si fece? galvanizzati dal mito di riportare il parco dell'Appia ai tempi romantici, non si sa perch, e stante l'impossibilit del sogno, non si procedette, per es., a una sistemazione adeguata del verde che il pi possibile prendesse atto delle nuove condizioni e dei nuovi problemi venutisi a profilare. Si disse, invece, specie da parte degli speculatori, che tanto valeva farne un'area a villette, abusive e non. E cos andata: e poteva persino andare assai peggio. Il bubbone noto come Altare della Patria (non la mia!) aveva gi interposto una barriera visiva tra la citt vecchia, la nuova e il parco dell'Appia, di fatto rendendo incomunicabili tra loro queste tre parti della citt. E quindi nascondendo il problema.
C'era la possibilit di agire diversamente? Purtroppo la risposta affermativa. Basta mettere a confronto le ipotesi messe a punto nel 1930, alla vigilia del Piano del '31, dal Gruoppo La Burbera e dal GUR (Gruppo Urbanisti Romani) per rendersi conto che se il primo insisteva su un sempre pi forte accentramento della citt, il GUR (che includeva Luigi Piccinato) aveva gi alora capito che occorreva una netta suddivisione dei compiti tra citt storica e citt nuova, E che solo creando adeguatamente la nuova, si sarebbero risparmiate al centro storico le ferite peggiori. Per inciso, mia ferma convinzione che l'idea di Piccinato del Piano del '62 e dell'Asse Attrezzato inizi a maturare, in nuce, gi nel 1930.
Allora: "moderna" una citt che pretende di continuare a costruire con la logica del centro e della centralit, di fatto stravolgendo la citt storica? Che continua anche negli anni '30 a proporre scacchiere e piazze stellari, di sostanziale estrazione haussmaniana, invece di porsi seriamente il problema della citt nuova, della sua nuova ossatura e della sua incompatibilit con l'ossatura storica? Evidentemente no. ma i cinici, gli incoscienti e i colpevolmente superficiali di sempre imputano i guasti odierni alla modernit, quando i fatti provano, invece, che i problemi moderni sono troppo spesso stati malamente affrontati illudendosi di poter utilizzare mezzi e metodi vecchi. Cio ignorando che l'antico si potesse salvare solo riconoscendo e creando il veramente nuovo: senza compromessi.
Ovvio che lo scopo del nuovo non salvare l'antico: ma solo se lo si affronta e lo si riconosce per ci che , di fatto riesce ad includere anche questo importante risultato. Il resto, sono chiacchiere da Accademia: non suffragate da fatti.
Questo, in sostanza, sostengo: e Roma non un'eccezione, ma la regola, nel nostro Paese. Con buona pace del marchesino Eufemio d'Inghilterra e del suo fido scherano Leon Krier. Ai quali, per carit, nessuno nega il diritto di scambiare le proprie nevrosi per problemi seri e di realizzarne degli scampoli. ma i nostri problemi, temo siano di ben altra natura e portata. E temo pure, ahim, di non sbagliarmi troppo.

A presto,
G.C.


Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7142 di Renzo marrucci del 22/04/2009


Il nuovo allora non tutela la citt
Ma questo dimostra che se non si sa leggere la citt e non solo la citt storica... si distrugge e basta o si altera rovinosamente il rapporto con la continuit funzionale e ambientale della citt. Ma se questo l'assunto che non si capiva... allora per me accettabile. Gli slogam assai pericoloso farli perch fungono da pretesto... un formidabile pretesto alla committenza di oggi per interrompere lo sviluppo della citt e farlo cadere in catalessi con i numerosi segni di architetti filo archi-super-travi-star... Con le loro architetture nuovissime che se ne fregano della citt e del cittadino ma ci tengono molto alla loro narcisistica performace... Dire che "il nuovo tutela la citt" senza spiegarlo non , abbi pazienza, igienico, ma crea condizioni che aprono le porte alla "tumulta" equivoca della peudo architettaglia d'assalto che imperversa, in una disastrosa autostima, a danno non solo della citt ma di tutti.
La continuit organica, pensata, rispetta la qualit urbana senza arroganza e non solo il modo di evolvere la funzione della citt nei suoi aspetti umani e sociali, ma consente un dialogo che si riversa nell'architettura e quindi nell'uomo, ne ascolta i bisogni e li interpreta con sensibilit che speciale matrice del vero nuovo che si rapporta sempre a ci che vive... e a ci che ci consente di vivere nell'armonia... Questo tipo di nuovo una tutela, o se vuoi ragiona con la citt e non ne scarica i valori distorcendoli o disinnescandone il contenuto come oggi accade in ogni luogo a dirla fuori dai denti. Se la commitenza oggi deresponsabilizzata grazie alla politica e si disinteressa al contesto, nella sua massima parte, ne risente la citt e la cultura della citt, e in buona sostanza siamo noi tutti che ci perdiamo. Oggi cos la nostra citt cresce Lasciamo perdere luoghi comuni caro Giannino Non una questione di veline
renzo marrucci

Tutti i commenti di Renzo marrucci

 

Commento 7143 di giannino cusano del 22/04/2009


Caro Renzo, scrivi:

"Oggi cos la nostra citt cresce "

e per molto tempo cresciuta vorticosamente. Questo, da un secolo e mezzo in Italia, un fatto nuovo. Non lo si affronta con metodi calibrati su una citt che cresceva poco e lentamente.

prosegui:
" Lasciamo perdere luoghi comuni caro Giannino Non una questione di veline"

chiss perch i luoghi comuni sono per lo pi quelli degli interlocutori, quasi mai i nostri. Ho portato fatti e mi aspettavo altrettanti fatti a smentirmi, non astratte e preconfezionate enunciazioni teoretiche.

Quanto agli "slogan", dipende: se sintetizzano un pensiero, servono eccome.
Ma ti ringrazio per il tuo intervento: tutto sommato mi fa venire il dubbio che il famoso "disegnino" sarebbe con ogni probabilit fatica e fiato sprecati, tanto miope, degradato e ridotto ai minimi termini il dibattito .nel nostro Paese. Cio depresso, in tutti i sensi: morale, ideale e dei contenuti.

Non mi sorprende che siamo agli esibizionismi da archistar, se non siamo stati capaci di po' pi alto il livello e il costume generale. Quegli esibizionismi sono una conseguenza, non una causa. E ci accaniamo a combattere il sintomo senza cercare di guardare oltre.

Cmq, caro Renzo : amministriamo l'esistente! Tiriamo a campare! Sull'incarico e il consenso del giorno dopo, magari conditi di facili e incolti populismi, brindando alla sconsolata e desolante celebrazione dell'ideologia della sconfitta e dello sfascio alla tavola imbandita dal marchesino Eufemio. A me pare un banchetto funebere. Lascio volentieri ad altri i Krier e mi tengo altrettanto volentieri il buon, "vecchio" Piccinato, ancorch riattualizzato. Purtroppo, sono inguaribilmente astemio, da questo punto di vista :)

Chi vivr vedr :)

Un caro saluto,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7144 di Sandro Lazier del 22/04/2009


Modernit:
Nino Saggio in un intervento al Convegno di Zevi sulla paesaggistica (Modena 19/09/1997)

Come abbiamo capito da Zevi, noi siamo antichi: noi architetti italiani siamo antichi. Lui vive con Lanfranco, ha parlato due minuti fa con Terragni, i nuraghi sono dietro l'angolo. Ma abbiamo capito un'altra cosa: siamo antichi, noi italiani in primis, perch abbiamo il problema della modernit, e questo nessuno come Zevi ce lo ha fatto capire. Siamo antichi perch abbiamo il problema della modernit. Sappiamo che modernit non un concetto temporalizzabile. Il problema non se pi moderno Michelangelo o Libeskind, il problema non Libeskind o Lanfranco, chi il pi moderno? Se il problema della modernit non un concetto temporalizzabile, allora che cos' la modernit?
Io, come molti di voi, conosco a vari livelli il Professore da tantissimi anni, e quindi in qualche maniera tutti abbiamo sentito questo problema. Ma io l'ho capito una volta, veramente, quando con le sue domande a trabocchetto, mi disse "Ma insomma, che questa modernit? ...". E io: "Certo non temporalizzabile" e lui: "... la modernit quella che trasforma la crisi in valore".
Zevi interviene. "Ma non mia!".

Tutti i commenti di Sandro Lazier

 

Commento 7145 di Beppe Rinaldi del 22/04/2009


Vorrei commentare l'articolo e non entrare in polemica con chi gi intervenuto.
Prendo atto del fatto che questi archistar, Piano compreso, non si pongono affatto il problema di come intervenire nella citt per renderla vivibile agli abitanti, e con strumenti sostenibili (che non siano cio inutilmente faraonici).
Non si pongono affatto il problema di criticare nei fatti e con sapienza- loro che potrebbero permetterselo- quest'uso criminoso (nei confronti della Comunit) della rendita.
Nossignori, loro narcisisticamente si autocostruiscono, con i soldi dei palazzinari (pardon investitori) sparsi per il mondo, la citt a loro (frammentaria e tossica) immagine.
Mettendo in difficolt citt e cittadini.
Anche loro, a loro modo, tengono famiglia.

E questa sarebbe architettura?
Ma a chi vogliamo darla ad intendere?

Loro (valga per tutti Fucksas con lo stadio in area Fondiaria e Casamonti con Fondiaria, sempre a Firenze) hanno dimostrato di avere molto a cuore il fare l'architetto del principe (della rendita).
E qui mi si vengono a criticare le "ingerenze" di un vero principe in una "supposta" "grande" architettura?
Io direi primaditutto di guardare la trave nel nostro (anzi, nel loro) occhio.


Tutti i commenti di Beppe Rinaldi

 

Commento 7146 di renzo marrucci del 22/04/2009



In un commento non facile argomentare per varie condizioni e anche il tempo sempre di profilo. Non ho creduto opportuno farlo ma lo far con pi calma, in un altro momento, che la questione non finisce con l'ultimo rigo purtroppo. Cio dovevo argomentare la continuit organica di una citt o di qualche citt per essere anche io fuori dal luogo comune
e vero? Ma... caro Giannino io sostengo che si deve essere contro ten
denza al modo di fare in uso tra pessimo committente e superarchistar o mi sbaglio? ( finanziaria, o altro che gli assomigli..)E se questo ora una sorta di sistema o modo di fare che viene imitato dai precursori della "tumulta" e del "si pu fare ci sono le tecnologie" come se fosse una sfida in astratto dimenticandosi di tuto il resto come lo fa il Fuksas, il Piano, la Hadid e aiutetemi voi nella filastrocca noiosa di questa sorta di pseudoartisti dello spettro della multinazionalit architettonica... che ha dimenticato l'uomo o lo ripete nei concetti stereotipati che gli sono ormai noti... Io penso a chi fa il mestiere dell'architetto con amore e con grande difficolt, che crede sia necessario progettare per la felicit dell'uomo sotto forma di cittadino abitante della citt... o del paese o del territorio... Io penso a chi non conosce il luogo della sua progettazione e lo conosce dai filmati e dalle foto o per racconti vari... Io penso a chi ci v su quel luogo e cerca di capirne le peculiarit e le esigenze di chi ci vive e elabora con l'architettura che vi esiste risposte praticabili e coerenti con i materiali e la vita che vi scorre. Quando vedo organizzazioni umane mi fermo e ci rifletto e mi chiedo come funzioni e quale sia stata la magia che le fa funzionare e che l'architetto ha scoperto e cercato senza presumere di cambiare o considerare l'uomo come una marionetta da infilare nei pertugi di spazialit immaginata sulla carta e neanche spesso voluta.
Che cosa la modernit se non una risposta concreta al presente nei problemi che palesa e che affliggono l'uomo? Poi verr il capo d'opera ma certo non attraverso la sponsorizzazione di qualche acciaieria o altro...

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 7147 di giannino cusano del 22/04/2009


Scrive Lazier:

Nino Saggio in un intervento al Convegno di Zevi sulla paesaggistica (Modena 19/09/1997)

(snip) Ma io l'ho capito una volta [cos' la modernit] , veramente, quando con le sue domande a trabocchetto, mi disse "Ma insomma, che questa modernit? ...". E io: "Certo non temporalizzabile" e lui: "... la modernit quella che trasforma la crisi in valore".
Zevi interviene. "Ma non mia!".

Ho bisogno di un supplemento d'informazione: non ho capito a cosa si riferisce quel "ma non mia!": alla frase? alla modernit, in quanto magari trasforma la crisi in valore? Non ho compreso proprio lessicalmente.

Come sia, trovo vero che Siamo antichi perch abbiamo il problema della modernit. (ma questo non vale, penso, solo per l'Italia): cio della flagrante e perenne realt dei problemi che abbiamo davanti, oggi e per il futuro, come ce l'aveva Borromini all'Oratorio dei Filippini o a Sant'Ivo, lo scavatore dei sassi, l'abitatore e affrescatore delle caverne o dei nuraghe o Arthur Dyson. E dunque, nemmeno x me si pone il problema di sapere se + moderno Wright o Arnolfo di Cambio.

Penso, poi, che la cultura non serve a nulla, se non ci aiuta a centrare gli ostacoli che abbiamo davanti e ad abbattere i concetti morti.

La modernit non temporalizzabile perch, a mio parere, non ha bisogno che qualcuno la temporalizzi: intrinsecamente temporalizzata o non . Non le si pu, credo, imprimere la variabile "tempo "dall'esterno come si applica una crema rassodante.

Bye,
G.C.

PS - sommessa domanda: su Antithesi non riesco a trovare la carta del Machu Picchu. O non ben visibile, o non c'. Nella seconda ipotesi, non sarebbe utile pubblicarla anche qui, bench la si trovi anche in altri siti?

Tutti i commenti di giannino cusano

22/4/2009 - Sandro Lazier risponde a giannino cusano

"Ma non mia!" riferita alla frase. Infatti di Baudrillard.
Siamo come gli antichi perch, come loro, si vuole essere moderni. La modernit, quindi, appartiene a tutti i tempi. Non temporizzabile perch non la si pu appiccicare ad un perdiodo storico definito.
Per quanto riguarda il concetto di crisi, mi pare oggi accettato generalmente. Nei processi ripetitivi (tautologici) della natura (biologia) o dell'uomo (comportamenti sociali) solo le differenze (anche piccole) producono cambiamenti (anche grandi). Differenze dovute ad errori di riproduzione. Errore, quindi, crisi che si trasforma in valore.
La carta del Machu Picchu, in effetti, non l'abbiamo mai pubblicata. Provvederemo al pi presto. Grazie

 

Commento 7148 di giannino cusano del 22/04/2009


Renzo, sono un passionale terrone d.o.c. e me ne vanto. Ogni tanto, pur senza incazzarmi, mi accaloro non poco se cose che a me sembrano naturalissime, quasi scontate, mi pare siano recepite un po' distrattamente. Ma una mia impressione. E' che .vorrei pi contraddittorio, argomenti e calore per poter andare oltre. E vorrei che anzitutto le contraddizioni interne ai discorsi di cisacuno venissero evidenziate e minate senza piet: solo cos, credo, si cresce tutti.

Cmq non importa: abbiamo tempo..

Una cosa devo chiedertela: dici che il problema non il "nuovo" ma quello di saper leggere la citt. Mi spieghi la differenza? Io non riesco a vederne.

Grazie,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7149 di giannino cusano del 23/04/2009


Caro Lazier, grazie dei chiarimenti. Pienamente d'accordo che "Siamo come gli antichi perch, come loro, si vuole essere moderni. La modernit, quindi, appartiene a tutti i tempi."


"Non temporizzabile perch non la si pu appiccicare ad un perdiodo storico definito."

D'accordo anche su questo. Solo, ho il sospetto che ci sia anche l'altra met: cio che i suoi problemi e contenuti-forme mutino e siano, perci, in s temporalizzati. Per es., nulla di pi borrominiano della Palazzina di Passarelli in via Campania o dell'Habitat di Safdie a Montreal (e pensare che c' ancora chi parla di astoricit del Movimento moderno!) ma quel riportare Borromini all'attualit credo sarebbe stato completamente diverso 50 anni prima o dopo quelle due opere.
Bye,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

23/4/2009 - Sandro Lazier risponde a giannino cusano

S. Credo anch'io che l'esito dell'architettura non possa appartenere a nessun tempo. Credo altres che, per primo, Zevi abbia compreso come, senza un buon motore, nessuna architettura pu dirsi tale solo per la sua forma. Il motore dell'architettura una costante (quindi senza variabile temporale) tensione morale verso il rinnovamento, che appartiene ai protagonisti di ogni momento della storia. Questo credo sia il succo della frase.
PS: abbiamo inserito la carta del Machu Picchu del '78

 

Commento 7150 di Renzo marrucci del 23/04/2009


Si lo capisco, ma da questo mezzo che interessante per la vivacit che permette, poi rischia di diventare pesante anche per chi legge... E bisogna pensare,almeno io penso, posso anche sbagliarmi chiaro, che se si riesce a dare stimoli e ad ottenere stimoli... gi interessante. E a dire il vero stimolante il mezzo. Pi che terrone sei passionale, ma questo un pregio. La passione oggi rara e va stimolata negli altri semmai.
Leggere la citt quello che hai fatto quando scrivevi di Roma. E si va avanti a prendere coscienza di come formata la citt, perch solo osservandola con gli occhi di un uomo, si capisce dove consente la vita e dove la soffoca... dove si sviluppa aggregazione e perch, dove si vive bene anche se gli edifici non sono il massimo... In altre parole non avere la sindrome del capolavoro che ti spinge sulla strada abbagliata, falsamente intellettuale. Capire le cose semplici ci aiuta a capire le cose meno semplici e a riconoscere dove si sbaglia e dove altri sbagliano... Io ci provo sempre e mi piace, devo ammetterlo.
Uno volta mi sono trovato ad assistere alla presentazione da parte di R. Piano a Ponte Lambro( periferia di Milano), di un progetto residenziale commisionatogli se ben ricordo dall'Europa. Mi sono infiltrato in quella sala dalla grande curiosit ben sorvegliata e ho ascoltato il mago magistrale mentre interrompeva, come se fossero dei registrati collaboratori... i suoi due giovani architetti... Dire che ne ho riportato una impressione fortemente deludente poco perch il progetto non nasceva a Ponte Lambro, ma nel suo studio... nonostante mandasse i suoi a giro per questa realt... appariva come una sorta di scena di fronte al sindaco e alla sua giunta l radunata a ricevere il dono e in una sorta di gran segreto...
Il progetto era formato da due volumi rettangolari paralleli distesi, con gruppo di scala al centro che li raccordava... ero allibito per la sceneggiata.
Ricordo che Piano tir fuori lidea dellarchitetto condotto che sta in mezzo ai mutuati a recepire le difficolt chiacchere, parole senza passione, distaccate e formali
Ponte Lambro ha bisogno di essere ricreato, ritrovato, riorganizzato in forma umana, sociale e nei volumi esistenti( come tanta periferia italiana) non ci voleva molto a capirlo, solo predisposizione a recepire e saper leggere il brano di citt. Bisognava leggere la citt, o il pezzo di citt e capire cosa manca, per eliminare il disagio e farne un luogo dove vivere, dove poter stare accanto agli altri e perch non funzionasse e per quale motivo produce degrado e smarrimento sociale... Niente di tutto questo...
Caro Giannino leggere la citt vuol dire capirla umilmente e personalmente ...avere pazienza e non farla capire ad altri su commessa. Ricordo bene la lezione che ne ho tratto e che mi spavent la leggerezza della risposta...
Se non sono riuscito a spiegarmi ora ci ritorno sopra...
Renzo Marrucci

Tutti i commenti di Renzo marrucci

 

Commento 7151 di Renzo marrruci del 23/04/2009


Il "nuovo" in s non vuole dire niente rispetto ad un sistema che vive.
La risposta ad un problema se tale risolve e allora il nuovo, contiene cio li elementi che servivano alla vita e allasua funzione per andare avanti, migliorando l'uomo. Il nuovo in s pu essere sbagliato e non risolvere ma aggravare, come spesso succede oggi. Imposto da chi crede senza capire ,distrugge anzich costruire eppure magari crede di costruire...Il nuovo pu avere forme e aspetti accattivanti, esere ben pubblicizzato ma una volta realizzato essere controproducente in fatto di educazione e affezzione, di tutto ci che serve alla vita per progredire e anzi induce alla regressione perch sradica e non promuove nuove forme di vita accettabili ecc... Il nuovo in s non basta, non sufficiente, deve poter aderire, essere necessario al proseguimento della realt e migliorarla... Un architetto serio a questo deve tendere... un dovere morale...
Due scarpe nuove non sono migliori se sono di un numero o di fattura diversa dal tuo piede... Camminar non queste scarpe peggiora la sos
tanza della tua vita. Scusa il paragone che mi venuto ma calza...
Leggere la citt come aderire sempre alla necessit e risolverla... e questo esprime l'idea del Nuovo, seriamente ed autenticamente nella continuit del mondo, e quindi della citt che ne una espressione prima
ria.

Tutti i commenti di Renzo marrruci

 

Commento 7152 di giannino cusano del 23/04/2009


Caro Renzo, ti sei spiegato benissimo.

Due soli appunti (o dis-appunti):

1. scrivi: "Pi che terrone sei passionale, ma questo un pregio!"; grazie; solo che per me il pregio maggiore essere "terrone" :)

2. il nuovo: la vita va avanti e pone problemi che il giorno prime non immaginavamo nemmeno. Affrontarli con strumenti obsoleti significa solo non centrare i nuovi problemi e stravolgere anche vecchi equilibri: un discorso del tutto generale, peraltro. Non solo architettonico o urbanistico.

Qual stata la novit dell'architettura e dell'urbanistica organica, tra le altre? L'impegno sociale. E hai ragione quando rivendichi un'architettura e una citt fatte "per l'uomo" (sottintendo "di oggi", perch quello ottocentesco o feudale possiamo solo sforzarci di immaginarlo). Penso che abbia ragione persino Eusebio d'Inghilterra, in alcune motivazioni e moventi (poi, direi proprio che con questa storia delle citt violente, voraci e disumane .secondo me si esagera).

Ma pu, la terapia, saltare a pie' pari la complessit dei problemi come oggi si presentano e, rifugiandosi nel bel tempo che fu, sperare di essere efficace? Io penso decisamente di no. I fenomeni, peraltro, non sono ingovernabili perch sono complessi -assunto che spesso induce nell'illusione che semplificando l'immagine della realt semplifichiamo anche la realt, a tutto vantaggio del demagogo di turno-: sono ingovernabili per anomia e per carenza di vera tensione progettuale. Che come dire tensione morale.

Dunque il "nuovo" significa capire che siamo entrati, da qualche decennio, in una dimensione in grandissima parte sconosciuta ai nostri avi. Se il futuro non pi quello di una volta , nemmeno il passato lo : e non pu, in quanto tale, aiutarci. Pu solo essere (ri)assunto in una cornice inedita. O gireremo a vuoto. E' in parte vero, secondo me, che le archistar si aggirano in una dimensione narcisistica. Ma chi ripropone un banale ritorno alle cose buone e genuine del villaggetto sereno di un tempo non mi pare, francamente, da meno: anzi! Credo che si tratti di due chiavi altrettanto inutili: perch destinate a porte che o non ci sono o non menano da nessuna parte.

Cordialit,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7153 di giannino cusano del 23/04/2009


X Renzo: PS

col termine "passato" intendo qui un patrimonio di soluzioni e forme avulse dai loro contenuti, impunemente prese alla lettera e in prestito per operazioni "friggi e mangia", acrtitcamente catapultate nel contesto attuale, senza minimamente comprendere la situazione odierna. Questo saccheggio formalistico della storia un'operazione consumistica ben peggiore del male che dichiara di voler combattere.


Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7154 di Renzo marrucci del 24/04/2009


Il ritorno al passato un errore grave come quello di un "nuovo" narcisista... fine a se stesso... ma cos difficile coprendere che cosa sia la continuit? Andare avanti in coerenza? Mi domando come si faccia a non capire che la frenesia del nuovo contro l'intelligenza della vita? I problemi nuovi sono coerenti con il crescere e le risposte devono essere coerenti e se possibile anche di pi. L'idea di rompere con il passato una sorta di complesso di inferiorit non maturato... crea sempre difficolt... Nessuno demonizza, e specialmente io, ma di fronte a tante elaborazioni sotto i nostri occhi, si capisce che la vanit sia una sorta di tarlo presentuoso che trova nella pseudo comunicazione una sorta di terreno di cultura... per diventare una specie di virus...
Oggi sentirsi terrone una sorta di non senso... anzi perfino un po snob... Ma uno si sente come desidera in fondo...caro Giannino.
Si potrebbe parlare di falso nuovo... Di perfido saccheggio della storia ecc... cio di ci che non risponde ai problemi della citt ma che illude sull'operazione e dato che il tempo denaro e coincide con gli interessi temporali di alcuni (che aumentano), sempre un affare di fronte all'ingenuit collettiva. Poi tutte queste cose realizzate o in via direalizzazione, dopo grosse erogazioni di denaro... imprese sempre associate a nomi di architetti pubblicizzati... rimangono a frustrare la vita dei cittadini a riempire le pagine di strombazzanti riviste e giornali... e a rendere, in definitiva, ingestibile la citt. Ma la paura che centra? Si tratta di coscienza dopo aver visto e capito...
Spuntano adesso delle pubblicazioni che cominciano a fare una certa chiarezza e una di J0hn Silver: le architetture dell'assurdo. La condivido solo in parte, per me il fenomeno per certi aspetti anche pi grave.

Tutti i commenti di Renzo marrucci

24/4/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci

Marucci dice: "ma cos difficile coprendere che cosa sia la continuit?"
Tutti sanno cos' la continuit. Ma questa non appartiene alla storia dell'uomo e non serve alla sua vita, n a quella biologica n a quella sociale. La discontinuit, il rinnovamento continuo, l'incertezza, questi s sono gli argomenti della nostra storia. Un continuo e costante conflitto tra regola e tradimento. Senza questa tensione non avviene nulla. Senza questa tensione non c' adattamento, evoluzione e quindi non c' sopravvivenza. La vita ha bisogno di calore e il calore solo disordine, discontinuit. Il nuovo a tutti i costi, anche forzando il linguaggio? In queste condizioni (fisiche, oggettive) assolutamente s! Serve alla sopravvivenza. La continuit la fine, peggio del ritorno al passato.

 

Commento 7155 di andrea pacciani del 24/04/2009


Lazier dice e sottoscrivo:"La discontinuit, il rinnovamento continuo, l'incertezza, questi s sono gli argomenti della nostra storia. Un continuo e costante conflitto tra regola e tradimento. Senza questa tensione non avviene nulla. Senza questa tensione non c' adattamento, evoluzione e quindi non c' sopravvivenza. La vita ha bisogno di calore e il calore solo disordine, discontinuit. Il nuovo a tutti i costi, anche forzando il linguaggio? In queste condizioni (fisiche, oggettive) assolutamente s! Serve alla sopravvivenza. La continuit la fine, peggio del ritorno al passato."
Ma quello che non vedete che l'unico segno di discontinuit che si pu dare a questo periodo storico dell'architettura quello catartico, anche forzando il linguaggio e un nuovo periodo classico alle porte inevitabile come dopo il gotico fiorito o dopo il Rococ; guardate Dubai o le torri di Milano o qualsiasi altra recente terra di conquista della modernit in cui questa si potuta esprimere senza il giogo del passato e dell'identit dei luoghi; siamo orami ad un capolinea della modernit del secolo scorso, siamo esattamente al Rococ della modernit al gotico fiorito del razionalismo. Chiamarlo espressionismo contemporaneo o sperimentalismo un alibi che si scioglie come neve al sole.
Mi sembra miope vedere in una rinascita della tradizione un segno di continuit con il passato! sono passati cent'anni di sperimentazioni del movimento moderno e delle sue derive. Girate per le citt ad occhi aperti e la normalit, la continuit e la tradizione (quasi oserei dire) sta in un edilizia che per quanto malespressa figlia dell'accademia degli ultimi cent'anni.
La discontunuit oggi l'ecososteniblit a cui l'agonia della modernit non riesce a dare un volto o una faccia presentabile (i giardini verticali, le doppie pelli o altre amenit sono risibili....).
Ribadisco che oggi avanguardia, ci che fa male all'autorit costituita dell'archistatment, e quindi nel suo pardosso di conservatore, proprio il principe Carlo. Forse involontariamente, dapprima paladino di un modo conservatore di intendere l'architettura, oggi depositario dell'unica via d'uscita per l'architettura dall'implosione autoreferenziale e dall'assorbimento da parte di altre discipline quali il design o l'arte gi agonizzanti degli stessi problemi...

Tutti i commenti di andrea pacciani

 

Commento 7156 di Renzo marrucci del 24/04/2009


Intesa come dice Lazier la continuit come giocare con le parole e poi con la vita. Io semplicemente la intendo come continuit a vivere, mettendo a frutto l'opera migliore dell'uomo, affinch la vita possa esprimersi in un consorzio umano dove i problemi giusto che ci siano, ma quelli veri... quelli che ti porta a vivere... I problemi o la crisi sono impliciti nella continuit, ma siamo noi che dobbiamo capirlo... Considerarla come noia o come la morte... mi sembra molto personale e in questo caso non rientra nella mia idea di vita e di ricerca. A ciascuno il suo...
Se La citt si rende sempre pi invivibile, si creano condizioni di morte e di degrado della cultura... Credo che bisognerebbe non continuare a coltivare l'errore, perch l'errore il culto dell'errore... La vita non solo questo, ma l'aspirazione al bene comune, appunto aspirazione...
Nella mia vita per esempio, i maggiori e pi gravi problemi sono derivati dalla mediocrit e dalla cattiveria e giuro che la continuit per me cre
scita che non esclude per nulla i problemi, ma sostengo che bisogna impedire almeno (sic! )a quelli pi stupidi e inutili e evitabili... di renderci questa meravigliosa avventura almeno pi umana...
La continuit, ho sempre sostenuto questo, un flusso che non esclude anzi ammette la crisi e la ricerca per la sua soluzione...

Tutti i commenti di Renzo marrucci

24/4/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci

Marrucci parla di problemi veri che larchitettura dovrebbe risolvere ma sottovaluta il fatto che il suo problema principale, dellarchitettura intendo, quello linguistico, rigorosamente teorico.
Il resto in mano alla tecnica, che padrona assoluta della storia e nessuno ne discute le capacit. Finalit e mezzi forse, ma non la dote di darsi traguardi precisi e raggiungerli con precisione.
Ci che danna gli architetti non quasi mai cosa dire ma come dirlo. Poi le cose possono anche complicarsi compenetrandosi, ma il problema principale rimane sempre quello di dover riempire con dei segni un foglio bianco.

Sul concetto di continuit bisogna evitare i sofismi.
Continuare, persistere nellincoerenza non porta alla coerenza. Se si incoerenti per tutta la vita non si pu, per questo, chiamarsi coerenti. E viceversa.

Cos come, rivolgendomi a Pacciani, la pretesa continuit e coerenza della tradizione storico-architettonica persiste nella sua coerenza anche quando questa si dice incoerente rispetto a chi, ad essa, si oppone. una semplice questioni di segni: due negazioni confermano.

 

Commento 7157 di renzo marrucci del 24/04/2009


Caro Pacciani, solo per essere chiaro...
Rinascita della tradizione come segno di continuit? Ma allora bisogna leggere con attenzione, per cortesia, almeno il possibile! Nessuna rinascita della tradizione ! continuit vuol dire andare avanti, ci siano o non ci siano i problemi o le crisi e se ci sono si lavora per superarli con aderenza al senso della realt... al senso della storia con logica attitu
dine o consenquenzialit e che non vuol dire smettere la tensione o addormentarsi ! Semmai il contrario! Nella logica della vita vi dina
mismo e creativit come il suo contrario e come il peggio, si tratta di arginare il peggio, il non creativo o almeno di capirlo! Non ho detto che continuit significhi dormire il sonno della beatitudine e per capirlo basterebbe leggere i miei commenti o i miei articoli... Ma forse va bene anche scrivere come sulla spiaggia? Pazienza si riscrive.
Per me, spero di essere riuscito a spiegarmi... continuit vuol dire tens
ione morale e sacrificio e lotta all'imbecillit simulata e naturale.

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 7158 di giannino cusano del 24/04/2009


Caro Renzo, scrivi:

Oggi sentirsi terrone una sorta di non senso... anzi perfino un po snob... Ma uno si sente come desidera in fondo...

ma andiamo, su: era solo una battuta. Tanto sul serio, ormai, i tempi ci hanno abituato a prenderci? Un po di humour, per favore :)


Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7159 di Renzo marrucci del 24/04/2009


Caro Giannino, l'umore una cosa bella e spero che mi ritorni presto!

Tutti i commenti di Renzo marrucci

 

Commento 7160 di giannino cusano del 24/04/2009


Non sar breve!

Mi pare che la discussione, a parte eccezioni, rischi di introvertirsi sullo specifico, per non dire su una sorta di inesistente autonomia, dell'architettura. E semplicficandosi eccessivamente.

Pacciani ha ragione quando parla di tematiche ecologiche ma a mio avviso sbaglia quando confonde la modernit, e segnatamente la "cultura" della modernit, con l'efficientismo del capitalismo industriale e finanziario e con il vortice consumistico che certo mettono in serio pericolo l'ambiente.

Forse c' bisogno che ricordi che Norberto Bobbio ha lavorato una vita sulla felice intuizione che il capitalismo ha, per la prima volta nella storia umana, scisso economia da politica (in senso lato) ponendo cos il termine "societ" in una nuova dialettica interna, ptrima del tutto ignota. Dunque, democrazia e capitalismo, e pi in generale cultura e capitalismo (o, oggi, consumismo) sono due corni di una dialettica complessa e conflittuale, in senso generalmente positivo. Basta rileggere Wright, del resto, per capire che aveva compreso perfettamente la questione. Che non di efficientismo ,acchinistico o economicistico-finanziario ma di prospettive politiche, culturali, spirituali. La stessa dialettica, del resto, non sfuggita agli economisti e uomini di cultura pi attenti, meno "settoriali" e certo pi moderni del XX sec. (alcuni anche del XXI) come, per es., Paolo Sylos Labini o Giorgio Ruffolo.

Dagli anni '80 in qua, a mio parere, e questo mi pare un nodo forte del problema, mentre il mondo dell'industria e della tecnologia andava avanti, il mondo della politica e della cultura non riusciva a tenere il passo con nuove politiche di riequilibrio sociale e ambientale. Con Reagan si disse che il mondo aveva inesorabilmente virato a destra. Non credo sia cos, ma si detto. Il corno politico, culturale, progettuale della societ si indebolito, mentre capitalismo e societ dei consumi e dello spreco hanno continuato imperterriti a "crescere" senza forma e senza delimitazioni di sorta. Il nostro stesso io si indebolito e rintanato in prospettive sempre pi minimaliste e laconiche: dopo i rischi della guerra nucleare, tuttora non sopiti, anche se meno acuti di un tempo nella percezione comune,. dopo le delusioni seguite alla "belle poque" degli anni 1945-1973/76 (prima crisi petrolifera) in effetti pian piano la svolta a destra c' stata. Nel senso di un calo di fiducia generalizzato, in Occidente, verso la possibilit di riformare i nostri sistemi nel senso di una societ pi a misura d'uomo.

"Psicanalisi della situazione atomica" di Franco Fornari del 1970. ma gi nei primi anni '80 si scrivono libri di taglio totalmente diverso, come la cultura del narcisismo" (1\981) di Christopher Lasch. Che aveva lucidamente compreso che la partita si iniziava ormai a giocare nel senso della sopravvivenza psichologica, prima ancora che materiale. E sempre lasch, nel 1984, propone una lettura della situazione che mi pare estremamente significativa ne "L'Io minimo: la mentalit della sopravvivenza in un'epoca di turbamenti". C' una diffusa mentalit del "si salvi chi pu" -alimentata anche da molto terrorismo psicologico di certo catastrofismo ecologista- che rende sempre pi scettici nei confronti di progetti sociali comuni.
Tutto sommato la "belle poque" 1950-'73 aveva retto, vero, sull'illusione dell'inesauribilit delle risorse (e gi Peccei e il Club di Roma avvertivano di fare attenzione), cio sul volano del petrolchimico, ma questo non basta. C'era anche una sorta di equilibrio o compromesso tra capitalismo manageriale e umanesimo socialdemocratico, in senso lato, o umanistico-rifornatiore che negli anni '80, per ragioni che sarebbe lungo analizzare, si ruppe a livello mondiale. Quello che da tempo sta prendendo piede in occidente una mentalit da assediati: specie dopo l'11 settembre, ma non solo.

E se il Moloch della crescita illimitata (Moloch contro cui si sempre scagliata tutta la cultura urbatettonica moderna: altro che storie!) negli anni del tramonto delle ideologie rimasto l'unico vero residuo ideologico perfettamente integro e trasversale a destra come a sinistra, proprio continuare a credere pi o meno inconsapevolmente in questo Moloch porta poi alle crisi di sconforto e di pessimismo generalizzato quando le cose non vanno come previsto. Ma da chi? Da quelli che in generale potremmo chiamare "futurologi", in realt gli arspici del tempo presente. Che siano economisti, sociologi, architetti, urbanisti, tecnologi, poco cambia.
Come sempre, anche gli arspici di oggi si dividono nelle due eterne categorie dei catastrofisti e degli iperottimisti. E regolarmente toppano previsioni: perch non c' nulla da prevedere. Perch dietro l'angolo non c' nulla e nel "corso degli eventi" non c' alcun senso inscritto se non quello che sappiamo e osiamo metterci noi oggi oggi.

Ecco, allora, la cornice in cui mi pare si inscriva oggi il lavoro degli architetti: la gestualit spesso esibizionista e disperata delle "archistar", prese sempre pi nella morsa di banche, istituti finanziari multinazionali che sono, s, un volano importante delle societ occidentali, ma lasciate a s stesse -come si fatto negli ultimi 20 anni almeno- senza regole e limiti culturali e politici, diventano narcisisticamente autoreferenziali, concependo lo scenario sociale nient'altro che come lo specchio in cui rimirare la propria potenza finanziaria ed economica (inclusa la sceneggiata fasulla della "nuova" Dubai) e dall'altra il minimalismo laconico dei Krier e dei marchesini Eufemi di turno.

Lo scenario non dei pi incoraggianti. ma per favore: non buttiamo via l'acqua sporca con tutto il bambino. L'architettura organica il capitolo pi avanzato e l'ancoraggio culturale pi sicuro che abbiamo, perch tra l'altro ha da lunga data anticipato i problemi del nostro tempo in tutta la loro complessit e ricchezza e ha prospettato da tempo efficaci terapie : confonderla con fenomeni deteriori o col consumo di una malintesa "modernit", pensare che sia superata e si possa impunemente trattarla da arnese arrugginito, solo cinica, disperata irresponsabilit o colpevole ignoranza e superficialit.

G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7165 di renzo marrucci del 25/04/2009


Risponderei cos
Sul concetto di continuit credo che non ci sia sofisma in quello che sostengo. Se mi si dice che occorre dimostrarlo anche con le opere, allora capisco di pi e questo sino ad oggi, parte di che ho vissuto nelle mie esperienze. Naturalmente non ho la natura del sofista. Sono nato in una citt in cui continuit ed integrazione sono organicamente realizzate. Questa concezione organica rapportabile anche allarchitettura di oggi, che non ha necessit di una particolare autonomia e non c bisogno neanche di tante elucubrazioni prendo a esempio Michelucci e non solo.
Questa riflessione nasce dalla consapevolezza grave della realt in cui si addiziona volume nella citt, che vedo crescere in modo disorganico e irrazionale. Peggio, aggravando lesistente in una forma che sento destinata ad accumulare invivibilit e non tensione creativa o altro e a cui sono contrario. Non vedo nel progetto rispetto per chi la vive, ma un certo cinismo nel lavoro di gran parte degli architetti attivi. Sar una impressione? Ognuno pensa a lasciare il suo segno, ma quale segno? Il sentirsi protagonista vissuto male, riscontro un senso di superiorit derivata da arrogante convinzione. Non mi convince! Naturalmente non sono solo gli architetti i responsabili, la crisi dentro la citt e nei suoi operatori. In quale altro modo sarebbe possibile spiegare il cinismo con cui la periferia viene lasciata a s? A produrre esseri umani svantaggiati in volumi assurdi e il centro che esagera nella sua deformante visione mercantile. Manca il controllo della cultura architettonica e la societ, con la sua visione morale e politica complice.
Per me, continuit e integrazione sono valori semplici e chiari nella loro complessi
t, ma ogni volta mi rendo conto che viscoso parlarne.
Si deve imparare dalla storia per non calpestarla o violentarla e non esserne schiavi. Per andare avanti davvero si devono affrontare le realtE difficile, e me ne accorgo bene, ma non ci sono fughe artistiche per un architetto vero Un albero cresce e diventa quello che diventa (una magnifica manifestazione di vita) con lintera storia dei suoi traumi, le sue cicatrici, che son segno di dolore vissuto e assimilato e di mutilazioni che sono la sua sapienza e la sua bellezza, il suo fascino e per cui mi incanto e mi compiaccio della sua esistenza e per la sua funzione che mi necessaria. Tutto ci avviene nella organica continuit del suo principio interno, che poi quello di crescere e di esistere, di respirare, andare sempre verso la sua natura ... Per me un grande esempio di continuit e di armonia con gli altri, e le sue vicissitudini naturali diventano la sua storia, nulla si rifiuta ogni cosa si affronta La legge che c' dentro di lui organica, cos i traumi sono linfa naturale e funzionali alla sua crescita.
Quando vedo per esempio una periferia come Ponte Lambro, vedo che l'insediamento umano non organico, non ha connesioni n spazialit aperte e organizzate che ne connettano il tessuto. Persino la chiesa e la parrocchia una sorta di bunker progettato in modo orribile. E una realt lasciata crescere senza una legge interna, come tanti episodi interrotti, senza relazione tra edificio e spazio e edificio. Traumi e valori critici non vengono assorbiti Tutto resta desolato e interrotto e cos l'uomo che quello spazio vive.
Passare dal progetto alla realt tecnica vuol dire per me riorganizzare quegli spazi, dopo avere capito che cosa manca, per avere lautosufficienza vitale e necessaria a potersi sentire e riconoscere in quella qualit, per guardarsi in faccia e sentire la voglia di comunicare, scambiare parole... passare dal segno sulla carta al valore preso e compreso della realt, magari seguendo un tracciato di riflessioni che si integrano e si perfezionano, osservando e studiando. Questo io lo faccio nel mio mestiere e, quando vedo i segni che si concretizzano, procurano la gioia di chi quello spazio vive o torna a vivere mi sento pienamente realizzato dal mio mestiere.
Cercare di formulare risposte che integrino, che valorizzino la spazialit in cui riconoscersi armonia, si cio ristabilita una continuit tra uomo e ambiente con dei valori che integrano il dinamismo e la provvisoriet in quel momento si realiz
zata quella continuit tra tensione e spazio e vita... Tra uomo e spazio e ambiente ... e credo sia questo il mestiere dell'architetto...
In questo senso potrei citare alcune opere di Michelucci (e F. L.W. ma anche di molti altri ma non tutti organici) che nato e vissuto a pochi km da dove io sono nato. Opere che rivelano, nella loro ricerca una forte essenza organica connessa alla spiritualit dell'uomo e dell'ambiente. Potrei citare Galvagni nella sua ricerca didat
tica per esempio
Adesso non mi si dica che sono michelucciano per favore, perch questo accadeva gi molto prima di M. e di solito accade dove l'uomo vive e ama lo spazio che vive e assorbe crisi e mutilazioni come la sua felicitcome l'albero di cui si parlava prima.
Renzo Marrucci

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 7169 di andrea pacciani del 27/04/2009


Mi sono dimenticato che dovevo al sig Cusano una spiegazione su cosa intendo per eclettismi storicistico-moderni:
Facendo un caso di cronaca di questi giorni la Chiesa di Foligno di Fuksas ne la miglior espressione. Prendendo in prestito sempre un commento di Vilma Torselli (ha un'efficacia nelle definizioni invidiabile) da altro blog

"una rivisitazione in chiave pop del razionalismo lecorbusiano"

Ovvero un esercizio fuori tempo, decontestualizzato territorialmente ma soprattutto socialmente, storicamente ; insomma unedificio che fatto 50 anni fa avrebbe anche avuto una sua credibilit, ma oggi peggio di un post-moderno ritardato....
Aspetto dalla redazione un commento su questo capolavoro

Tutti i commenti di andrea pacciani

27/4/2009 - Sandro Lazier risponde a andrea pacciani

Questa redazione ha dato prova nel tempo di non apprezzare le opere di Massimiliano Fucsas, ritenendole incapaci dinterpretare con sufficiente complessit il tema spaziale, da noi ritenuto fondamentale per le opere darchitettura. Questa carenza, che lautore tende a sostituire con una compiacente suggestione retorica e narrativa, motivo primo dindifferenza ambientale. Non crediamo che la chiesa di Foligno sia estranea a tale giudizio e parlarne non giova a nessuno. Nemmeno ai suoi pi accaniti detrattori o a quelli che la usano per le loro speculazioni antimoderne. La chiesa sullautostrada di Michelucci e quella di Le Corbusier di Ronchamp sarebbero bersagli pi seri e meno agevoli per tali critiche

 

Commento 7170 di Vilma torselli del 27/04/2009


In realt, Andrea Pacciani, ho usato quella definizione non in senso spregiativo, almeno dal mio punto di vista, volendo significare l'accattivante valenza oggettuale del cubo di Fuksas, che minaccia di diventare pi famoso di quello di Rubik.
Il mio commento senza'altro una semplificazione un p provocatoria, cos come lo pu sembrare la scelta progettuale di Fuksas, che in genere non apprezzo particolarmente.
Il suo tentativo di mediare tra slancio espressionista e ingabbiatura cartesiana mi ha richiamato certe immagini di Claes Oldenburg (Clothespin, Trowel, Spoonbridge and Cherry o se vogliamo il milanese Ago e filo) dove l'oggetto gigantesco diventa archetipo di un'idea platonica di 'oggetto'.

Tutti i commenti di Vilma torselli

 

Commento 7171 di giannino cusano del 27/04/2009


X il sig. Pacciani
grazie per la precisazione. Fuksas non nelle mie corde. Personalmente non vedo nella chiesa di Foligno una sorta di eclettismo storicistico, ma poco male. Forse calza molto meglio la chiave della rilettura pop del razionalismo additata dalla Torselli, ma questa mi sembra una cosa affatto diversa da un'opzione eclettica.
Probabilmente intuisco meglio da dove nasce certa diffusa avversione per la cosiddetta modernit: da alcune sue versioni per me non particolarmente significative. Ma la modernit, al pari dell'architettura, non una bella signora. Forse per alcuni una velina, ma anche questo non centra la realt di itinerari plurali, polidirezionati e senza denominatori comuni.

Bye,
G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7172 di Renzo marrucci del 28/04/2009


Non si pu essere contrari al tempo che viviamo ma critici un dovere esserlo, almeno per chi voglia esser controtendenza a ci che ridicolizza il bisogno di chi vive appunto il tempo che viviamo e abbia coscienza del tempo che vivremo compreso quello dei figli. Sembra che non ci si esprima mai abbastanza. Internet un mezzo che consente il dialogo ma rivela le sue lacune, come ogni altra cosa che crei spazi diversi dal naturale del resto... Io per esempio son contrario alla falsa modernit, ma solo quella che sfrutta la voglia di diverso che vedo nella massa... un p come la pasticca inutile, quella che ti illude... prescritta dal medi
co furbo o molto esperto. In architettura oggi cos e per capire occorre una solida infanzia vissuta a contatto dei materiali e delle cose vere, de
gli affetti e della prima amicizia che poi ti porti dietro. Per me cos. Occore anche una grande aderenza alla semplicit profonda della vita e questa considerazione che mi viene dall'interno e sempre con grande affetto, la faceva mio padre, nato e morto a Volterra con grande coerenza e continuit organica a quella terra antica dove ha lavorato sempre la pietra degli etruschi e bevuto quel vino che sapeva scegliere e... non le brodaglie... Non posso neanche pensare che fosse morto vecchio, al contrario mor giovane nelle idee e con pensieri profondi che mi rimugi
no ancora nella testa senza risposta... avendo appunto vissuto fino a ot
tantadue anni e passa la vita.
E cosi sar, sono portato a pensare, che l'architettura fatta con "amore" o la voglia di risolvere... per non dire parola "amore" impegnativa e rite
nuta a torto, oggi, da molti, un po melensa... Oggi occorre far ciccia si sente in giro da pi parti da chi comanda e dai pi triviali, mentre altri usano altri segni e linguaggi. Distinguere la modernit dalle "fetecchie" dirrebbe tot. Dall'eccesso di narcisimo acritico e arrogante dico io... Che striscia nel tempo che si vive ma che forma, inizia a formare, i propri anticorpi critici, come una sorta di risveglio, come capita, non sempre purtroppo, nelle cosiddette migliori famiglie... Noto con piacere che si parla della Chiesa? di San Giacomo, l'interrogativo mi scivolato e qualche cosa mi impedisce di toglierlo... Sembra fatta per togliere la fede o insinuare dei dubbi atroci a chi la frequenter... Ma solo perch vi una sostanziale elugubrazione intellettualoide campata in aria, sospesa, come quella scatola inscatolata evoca. Ma la massa di cemento esibito che sciocca per la mancanza di mediazione sensibile e non solo per l'interruzzione traumatica con l'umilt di una tipologia che ricorda la casa, una grande o piccola celebrante casa... che dura da reiventare... Allora si vola, ma senza l'ali dove voli? Ti ritorna tutto indietro purtroppo. Falsa modernita? Nuovo medioevo cementizio? L'angolo retto
al posto dell'ogiva e via le vetrate meglio i cannocchiali corridoio?
Retorica di retorica? La tipologia delle chiese nella storia, quella di una casa preparata per la celebrazione della vita e per ringraziare della vita... la dico a soldoni... anche per chi scettico... comunque un segno di bellezza e anche di accoglienza interiore nella citt...
Comunque non solo Fuksas ha non averlo voluto capire... Gi da tempo questo argomento delle nuove chiese preoccupa... forse non lo ha proprio compreso e quel che peggio, con lui, anche altri da imma
ginare... purtroppo! Mi sa che dovrete verniciarla di bianco come ha fatto Meyer e, questa volta, con l'aggiunta di fiorellini e alberelli rosa !

Tutti i commenti di Renzo marrucci

 

Commento 7173 di giannino cusano del 28/04/2009


X Renzo

Caro renzo, le parole a volte ingannano, sono scivolose. "Continuit", poi, una vera saponetta sciolta in acqua sul pavimento. Se intendi "continuum spaziale", ti seguo bene. E alcuni tuoi disegni pubblicati su "archiportale" lo chiariscono meglio di mille discorsi. "Continuum" non indica un fatto gformale ma di contenuti: di forma-(in quanto)-contenuto.

Pi in generale, ripensando, nel cinquantenario della scomparsa del genio di Taliesin, allo splendido "Frank Lloyd Wright. A study in architectural content" (studio sui contenuti architettonici), di Norris Kelly Smith, non posso fare a meno di considerare una cosa: vero che Wright compie fin dalle "Prairie" una serie di operazioni in apparenza "formali", ma in realt -e lo dice pi volte esplicitamente- si tratta di scelte di contenuto, prima di tutto.
Riprende le case dei pionieri in quanto, s, rappresentative di un "costume". Ma un costume che rappresenta anzitutto il momento pi coraggioso e genuino, lo stato nascente della democrazia statunitense. Scelta dichiaratamente controcorrente rispetto alla societ "affluente", richiamo alla sorgente delle frontiere della nuova libert, allo spirito della Dichiarazione d'Indipendenza e della Costituzione. Richiamo tuttora efficacissimo, quando in USA si dimentica questo carattere innovatrivo dell'Unione, agganciato saldamente a una matrice biblica e liberale.
Naturalmente, Wright modifica profondamente gli shemi tipici delle case pionieristiche: unifica i camini in un unico camino-fulcro, che anche il cuore della vita comunitaria, e di l fa scaturire dinamicamente tutti gli spazi della casa. Reinventa il tetto come "riparo", come richioamo alla terra e, prolungandolo oltre i "confini" della casa, lo imparenta indissolubilmente all'orizzonte: dall'interno verso l'esterno. Come la libert, che deve nascere sempre dall'interno e mai pu essere elargita dall'esterno. Tutte queste operazioni e invenzioni (lo sottolineo con forza) architettoniche hanno, al contempo, intense valenze formali, di vita, di spazi e di contenuti.

Allora mi chiedo (pubblicamente): come mai oggi sembra o divenuto tanto difficile occuparsi di "contenuti" in architettura, se non in termini cos generici da risultare, il pi delle volte, all'atto pratico, astratti, vuoti, e praticamente assenti? .

Bye,
G.C.



Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7174 di giannino cusano del 28/04/2009


PS: X Renzo

il "tempo che viviamo", qualsiasi tempo, non un fiume con un alveo e una corrente predeterminati. Ogni tempo ricco di rigurgi ti retrogradi ma anche, e ben di pi, gravido di ferrmenti positivi, contrastanti, ricchi di potenziale e spesso trascurati e tacitati. Si pu e si deve andare controcorrente, se si comprende che nella societ ci sono valenze censurate e vitali: dar loro forma e voce doveroso.


Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 7175 di renzo marrucci del 28/04/2009


Nessun fiume ha un alveo e una corrente determinata... ma di solito una infinit di storie e di accidenti, di anime e di tante altre cose... semmai il fiume fosse il riferimento... ci potremmo riconoscere tanti caratteri e tratti...tante e differenti omogeineit... Perfino la sua stessa esistenza in funzione di...

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

[Torna su]
[Torna alla PrimaPagina]