Sulla debolezza? No, sulla confusione!
di Sandro Lazier
- 26/2/2009
Nella presS/Tletter
n.06-2009 apparsa una lettera dal titolo Cherubino Gambardella:
Sulla debolezza dellarchitettura italiana in cui lautore, Cherubino
Gambardella appunto, credo in risposta ad un articolo di Valerio Paolo Mosco sul
consueto tema della modestia delle ultime architettura italiane, riesce in poche
righe a produrre un numero tale di cialtronerie che raro trovare condensate
in un testo cos breve.
Eccovene un distillato:
- Larchitetto romano (Valerio Mosco [n.d.a.]) si affida,
quindi, con piena fiducia alla meccanica definizione di Bruno Zevi, vate dello
spazio interno come garante di qualit architettonica.
Per mettere insieme ed in accordo nella stessa frase parole come meccanica e
Bruno Zevi occorre essere o molto prudenti, o molto incompetenti. E mi pare
che la prudenza non sia caratteristica peculiare del nostro Cherubino. Neppure
il pi sprovveduto dei postmoderni detrattori di Zevi riuscirebbe a falsificare
le poche cose che sa di lui al punto da vederlo sproloquiare sullo sfondo delle
coordinate cartesiane. Anche i bambini conoscono il suo invito rivolto agli
architetti a buttare tecnigrafi e squadrette per liberare definitivamente i
pensieri da unidea meccanica di architettura. Il nostro Gambardella,
per quanto poche, sommarie e generiche nozioni possa avere, non pu ignorare
il fatto per cui la frase che ha scritto solo unirritante cialtroneria.
- Questa architettura prima si affidava al Terragni degli impianti
bloccati e simmetrici, agli Albini, ai Libera, per stendere testi in cui etc...
Terragni degli impianti bloccati e simmetrici una battuta che fa di
Gambardella un raffinato autore comico di commedie degli equivoci. Se
no di che Terragni parla? Se c un autore che non riesce a essere
simmetrico nemmeno quando lo vuole questo proprio Terragni! E poi bloccato
da cosa? Nella casa del fascio di Como, come in tutte le altre sue architetture
peraltro stranote, lo spazio scappa da tutte le parti, spinge e si fa largo
infischiandosene della struttura, della sua purezza e del suo rigore statico.
Terragni talmente critico con lo schematismo compositivo che le sue
architetture sono perennemente aperte, plurime e dinamiche nellintersezione
e nellinterazione di pi tracce compositive, impossibili da chiudere
tutte insieme. Eisenman guardava questo, non le citt e le sciocchezze postmoderne
di Rossi e Portoghesi.
Ma andiamo!
Gi, ma si parla di spazio, quello che Gambardella disconosce perch
non riesce a cogliere, cos attento e sensibile a quegli
architetti che lavoravano sulle persiane, sulle logge e sugli sporti infischiandosene
della pianta e dello spazio interno. Bravo, lavori sui balconcini e lasci
perdere lo spazio. Soprattutto non ne scriva perch scrivere male di
ci che signora solo uninutile cialtroneria.
- Ma quanti italiani lavoravano ossessivamente sullo spazio? Molti
se lo spazio un complesso inviluppo di forme, pochissimi se
una condanna a un virtuosismo tachicardico come quello proposto su
Definire lo spazio un complesso inviluppo di forme come definire tutta
la donna un accessorio della vagina. Pare che, per lui, ci che d
piacere e seduce costringa a tollerare tutto il contorno. Ma non cos.
Una concezione tanto patologica della forma, tale da attrarre a s tutto
lo spazio ed i suoi significati, un problema legato alla sua personale
psicologia, che non pu essere assunta a presupposto di apparenti analitiche
deduzioni. Questo intellettualmente scorretto perch contro
la logica e la ragione.
Ma la cialtroneria, allora, dov?
Nel definire il povero Moretti un virtuoso tachicardico e livoroso. Da cosa
lo deduce, dallinviluppo delle forme?
- E cos, qualche bella intuizione di Sacripanti, qualche raffinata
copertura di Mangiarotti, poche farneticazioni di Pellegrin, alcuni riusciti
giochi di scomposizione di Ricci e Savioli e qualche tentativo professionale
di cui si era fatto interprete lo Zevi transfuga dallodiata accademia
ci restituiscono la piccola portata di un fenomeno che Valerio Paolo Mosco idealizza
ben oltre la sua reale consistenza e i suoi risultati.
Se ci aggiungiamo Michelucci, Ridolfi, Piccinato, Fiorentino, Samon,
Quaroni, De Carlo, forse li abbiamo citati quasi tutti ma, per il caro Gambardella,
mi sa che la portata continuer a restare piccola. Lui una forchetta
robusta, ci vuole ben altro.
Perch? Perch ostinatamente convinto che lo spazio non
materia prima dellarchitettura, ma il luogo dove posare delle
cose, purch abbiano lidea di citt, con persiane, logge
e sporti.
Cos come lo credono, chi pi chi meno, Rossi, Purini,Valle,
Gabetti e Isola, Polesello,Venezia, Prati e altri ancora guidati prima dal frammentismo
nichilista di Tafuri e poi dalla speranza postmoderna di Portoghesi (i quali
[n.d.a.]) esportano nel mondo lItalia eclettica e relazionale del progetto
disegnato e della costruzione citazionista.
Lesito dellesperienza eclettica e citazionista ben visibile
nellarretratezza culturale in cui sprofondato il nostro paese,
incapace duscire da una dimensione casereccia non solo dellarchitettura
ma di tutta la realt civile e sociale, politica compresa. Rivendicare
il primato daver indicato al mondo la strada del localismo, del folclore
e dello strapaese una pessima referenza che dovrebbe prostrarsi vergognosa allimbarazzo
di non aver saputo comprenderne la pochezza e la vanit.
Proporre alla lettura un minestrone scialbo come quello cucinato da Gambardella, in
cui tutti gli ingredienti alla fine hanno lo stesso sapore, non aiuta la comprensione
di ci che stato e non risparmia nessuno da responsabilit
che invece sono chiare e che furono a suo tempo indicate con forza proprio da
Bruno Zevi.
Proporne la lettura agli studenti fatto ancor pi pesante perch
il peggior nemico della conoscenza - e dellevoluzione che ne segue, come mostra limmagine pubblicata - la confusione.
Questa la
cialtroneria pi grave.
(Sandro Lazier - 26/2/2009)
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Commento 6878 di cherubino gambardella del 01/03/2009
ho fatto molta fatica a torvare traccia dell'autore dell'articolo nell'ormai vasto dibattito sull'architettura, non mi sembra che abbia scritto libri, ha la solita societ di progettazione ed stato folgorato da un antico incontro con Zevi da cui non sembra essersi pi ripreso.
Soprattutto mi sembra spaventatissimo da tutto quello che esula dai format critico/storiografici nazional popolari e soprattutto non sa distinguere il sacrosanto diritto di critica e di dissenso dal gratuito uso dell'offesa.
cherubino gambardella
Tutti i commenti di cherubino gambardella
1/3/2009 - Sandro Lazier risponde a cherubino gambardella
Ma quali offese? Se intende intervenire controbatta i punti che le contesto, senza darsi tante arie. Qui non interessa la mia personale caricatura ma cosa sa lei di Zevi, Terragni e Peter Eisenman. E se ne sa poco o nulla eviti di citarli e criticarli.
Ps: A proposito di format critico/storiografici trovo questo testo sul web all'indirizzo:
www.archphoto.it/IMAGES/gambardella/gambardella.htm
"Quindi, la mia strategia concettuale quella di far scorrere la molteplicit contemporanea su strumenti di indagine consolidati ed antichi provando, ad esempio a ritrovare il centro della sconfinata ciudad lineal adriatica non negli edifici, nelle piazze, nelle discoteche, negli ipermercati, negli autogrill etc, ma nella inattesa monumentalit vegetale dei tanti lungomare di palme, veri e propri catalizzatori di forma metropolitana anche a scala territoriale. In definitiva, lavoro sulla forma, parto e arrivo nel medesimo punto definisco risonanze e cerco di dare corpo all'inconscio dell'architettura la sua immagine perenne imprigionata nell'ossatura dom-ino."
Chiedo ai lettori se questa non aria fritta. L'unica cosa chiara che Gambardella lavora sulla forma e non sullo spazio. Parole sue.
Commento 6879 di cherubino gambardella del 02/03/2009
Ho avuto la fortuna di conoscere Zevi e del suo lavoro mi ha sempre interessato l'insaziabile curiosit, le aperture verso temi allora poco trattati quali la dimensione territoriale e macrostrutturale dell'architettura. sono stato meno toccato dalla durezza di alcune sue posizioni quali invarianti e categorie che hanno meno inciso sulla mia formazione.
Zevi pubblic su l'Espresso un articolo sulla mia torre del vento del 1994 definendolo uno dei primi esempi di bioarchitettura e un riuscito punto di equilibrio tra arcaismo e modernit.
Proprio su Terragni il giudizio di Zevi fu molto dubbioso in particolare sugli impianti ( anche a suo dire!) simmetrici del periodo milanese ( quello dell'associazione con Lingeri) ma la complessit del suo lavoro non pu essere esaurita dalla sola lettura delle opere comasche .
Eisenmann , poi ,fu particolarmente affascinato dal valore dello scheletro e dell'ossatura dom-ino in Le Corbusier , Terragni e Mies .
C' un bellissimo articolo dell'architetto americano sull'ossatura come segno autoreferenziale.
Quanto all'uso delle fonti , traduttore vuol dire traditore come diceva Stefano Ray e pertanto non importante fermarsi all'interpretazione ma provare a fare un lavoro nuovo, a spingere come la trama di un progetto quello della stessa lettura.
Lazier sembra voler fare un esame di storia dell'architettura contemporanea ma non capisce che spazio e forma possono essere la stessa cosa e che piuttosto che ripetere da bravo scolaretto formule prese in giro bisogna provare a pensare da soli anche correndo il rischio di essere virgolettati ad arte e accusati di parlare d'aria fritta
Cherubino Gambardella
Tutti i commenti di cherubino gambardella
2/3/2009 - Sandro Lazier risponde a cherubino gambardella
Devo darle atto della disponibilit al dialogo e al confronto e questo le fa onore.
Ci detto la invito a chiosare meno sulle mie capacit conoscitive che non interessano nessuno e attenersi ai fatti.
un fatto quello in cui lei sostiene di Zevi aver colto soltanto alcuni aspetti marginali e conseguenti del suo pensiero (la dimensione territoriale dellarchitettura) e non quello centrale che sono le invarianti.
un fatto che confondere il radicalismo dei comportamenti della persona con quello del suo modo di pensare pu indurre chi non conosce bene la teoria delle invarianti zeviane a ritenerla categorica, dogmatica e quindi meccanicamente applicabile. Questo argomento di molti suoi detrattori, sempre vittime di quella che si rivelata essere per loro e nel tempo una vera trappola intellettuale. Chi ha affrontato con seriet largomento ne ha discusso con esiti sempre utili e vantaggiosi. (Vedi articoli in antiTHeSi sulla linguistica in architettura)
indiscutibilmente un fatto che, nella sua stringata sintesi, lei abbia bollato come principale e pi influente argomento della produzione di Terragni la sua simmetria. Ed ora ammette che simmetriche sono le opere minori, meno conosciute e meno influenti. Posizione che comunque ritengo di poter contestare. E con me Paolo G.L. Ferrara che ha recentemente messo mano ad una delle case milanesi di questo autore.
Terragni, infine, particolarmente critico con Le Corbusier e Mies van der Rohe. Eisenman lo sa e lo pone al principio di tutto il suo impianto successivo.
Al riguardo, sempre di Paolo G.L. Ferrara, si veda su questo giornale Eisenman, il passato del presente. Terragni, il presente del passato.
Per finire, ammetta daver usato strumentalmente nomi e teorie per guarnire un testo scritto con troppa sufficienza.
Ci che stupisce che alcuni suoi lavori non difettano affatto di valenze spaziali e di alcune invarianti che lei si ostina a snobbare.
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