Allarchitettura italiana serve una legge?
di Massimo Pica Ciamarra
- 26/2/2009
CD-INARCH : Dibattito aperto sul Disegno di Legge Quadro per la Qualit
dellArchitettura
LINARCH stato tra i primi a credere che anche in Italia una Legge
per lArchitettura potesse trasformare procedure e comportamenti ed incidere
sulla qualit delle realizzazioni. La cronologia di questa vicenda (MPC:
Tre lustri di leggi, Il Giornale dellArchitettura/gennaio
2009) segue un processo degenerativo fra lintuizione originaria e lattuale
Disegno di Legge Quadro per la Qualit dellArchitettura. Eppure
-lo documentano anche due comunicati stampa tuttora sul nostro sito- nel luglio
2008 lINARCH fidava nelle promesse del Ministro. Oggi non pu che
rilevare listanza tradita.
Il Disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri rinuncia ad incidere
sul coacervo di norme che si sono andate addensando negli ultimi anni, vero ostacolo
a diffondere qualit nelle trasformazioni fisiche dei nostri ambienti.
La qualit non si produce per legge, ma ci sono leggi che ne alimentano
lhumus e leggi che la rendono improbabile. Qui regole e procedure frenano;
nello stesso tempo facilitano comportamenti impropri, anche quelli di recente
venuti in piena luce.
Vi sono diversi modi per sostenere la qualit in architettura. C
lazione dei critici, quella dei progettisti, quella degli istituti di cultura,
quella delle universit -formazione, dibattiti, convegni, pubblicazioni,
mostre, premi- quelle di chi ha compiti di amministrazione e di governo. Ne
presupposto una domanda di progetto intelligente ed esigente
espressa da individui o dalla societ nel suo insieme, soprattutto dai
poteri che la dirigono -come Fritz Lang precisava a Mitterand.
Oggi sembra quasi che la legge sullarchitettura sia questione degli architetti,
quella sul governo del territorio degli urbanisti o degli assessori competenti,
quella sugli appalti dei costruttori, e cos via. Come trasformare lambiente
per migliorare la condizione umana invece questione di tutti: richiede
visioni politiche, intrecci fra aspettative diverse, acuta leggerezza dellapparato
normativo, assunti condivisi, liberi da interessi di parte, capaci di cogliere
il fondo dei problemi: sono in gioco qualit dellarchitettura/
qualit urbana/ qualit della vita.
Oggi c altra via che riprendere alla radice liniziativa
evitando ogni ottica corporativa. Obiettivi:
riaccendere la speranza nel futuro. In altre parole, restituire al trasformare
il senso positivo che gli proprio
ridurre lintervallo di tempo fra il sorgere di unesigenza
e lultimazione dellintervento che la soddisfa
ridare dignit al progetto, nella sua unit e ad ogni scala.
Lipotesi non utopica: si pu uscire dalle trappole attuali
attraverso una concertazione in grado di darle efficacia e concretezza. Per questo
occorre concordare sui significati dei termini e sui principi; poi su modalit
e procedure capaci di restituire alle trasformazioni il ruolo di risorsa.
Questa azione di rifondazione investe essenzialmente tre gruppi
di argomenti :
1. Legge urbanistica, proposte di legge sul governo del territorio, legge sulla
qualit architettonica, legge sul paesaggio, legge sullambiente,
legge su tutela e valorizzazione del patrimonio del passato: sono alcune delle
leggi che incidono sulla trasformazione dei nostri ambienti di vita.
Nella realt hanno:
unico scopo: contribuire a migliorare le condizioni di
vita;
unico oggetto: la trasformazione fisica degli ambienti;
e richiedono tutte integrazione nei principi, chiarezza nelle
definizioni, condivisione su requisiti e progressivi livelli di qualit
da perseguire.
La prima azione punta a ricondurre ad unit le diverse leggi che riguardano
le trasformazioni fisiche dellambiente: tende ad un dizionario delle
definizioni e dei principi.
2. La seconda azione punta al coordinamento degli strumenti della
terna programmi/piani/progetti. Per selezionarne la qualit c
il metodo del confronto, lesame critico delle alternative. Fra programma,
piano e progetto sostanziale non tanto garantire conformit,
ma continuit, presupposto della superindividualit
che fattore significativo per la qualit dei singoli interventi.
Occorre quindi ridefinire modalit e forme condivise del processo di formazione
dei progetti: come articolare priorit o gerarchie delle scelte e come
accelerare i processi decisionali, autorizzativi e in-disciplinari
che presiedono alle singole realizzazioni.
Nella sostanza questa seconda azione riguarda tutto quanto concorre alla definizione
dei progetti di trasformazione fisica degli ambienti, introduce cio ad
un Codice della progettazione.
3. La terza azione riguarda le modalit di attuazione degli interventi.
Presuppone di rideterminare condizioni per la collaborazione fra i diversi soggetti
che partecipano ad una realizzazione, di eliminare cio le conflittualit
invece accentuate dalle norme attuali.
La terza azione riguarda quindi un Codice delle realizzazioni,
quanto segue le azioni di progetto, quindi appalti, fasi di attuazione, verifica,
collaudo, manutenzione e gestione delle opere.
Su questi temi un tavolo di concertazione potrebbe pervenire a documenti
condivisi, agili e puntuali, da inoltrare a chi ha compiti di governo per le azioni
conseguenti. Lo si pu fare in qualche mese : non molti giorni fa i Ministri
delle Finanze del G7 si sono impegnati a rivedere i principi e le regole di Bretton
Woods in soli 4 mesi.
Le successive puntuali regolamentazioni interessano, ma meno : potrebbero diversificarsi
nelle varie regioni, attivare sperimentazioni, competere ed evolversi.
Bench con salti o imprecisioni, un primo indice ragionato per ciascuno
di questi tre documenti aiuta ad avviare un confronto.
1. delle definizioni e dei principi
Le definizioni su cui concordare riguardano le trasformazioni fisiche dei territori,
quelle indissolubilmente legate ad uno specifico clima, ad una precisa morfologia,
a determinate preesistenze naturali o artificiali. Riguardano cio tutte
le trasformazioni che rientrano nel territorio dellarchitettura : edificato
e non edificato, strutture ed infrastrutture, urbanistica e paesaggio, preesistenze
da tutelare, conservare o valorizzare, e cos via.
Tutte queste trasformazioni hanno lobiettivo di contribuire a migliorare
le condizioni di vita degli abitanti. Sono la conclusione di processi che hanno
origine nel manifestarsi di unesigenza, da una visione o dal maturarsi
di unintuizione. Attraversano valutazioni di fattibilit, si articolano
in specifici programmi di progetto propedeutici alla selezione fra
alternative che li soddisfano, da cui il progetto di trasformazione fisica da
realizzare che emerge dal confronto fra differenti risposte ad uno stesso programma
di progetto : confronti per da sottrarre a schematiche questioni
di principio, da rendere agili e da codificare nelle differenti modalit.
Le fasi iniziali -quelle nelle quali lesigenza si trasforma in domanda,
poi in programma di progetto- sono il risultato di confronti complessi,
di partecipazione, di scelte politiche. Il programma di progetto
va espresso in termini tecnici, presuppone intrecci di competenze. In altre parole,
nelle fasi iniziali il processo richiede partecipazione; nelle fasi finali invece
nella competenza dei tecnici delegati, nel loro insieme definiti il progettista.
Ogni progetto di trasformazione, qualche ne sia la scala, frammento di
un insieme pi ampio. In quanto tale da valutare prioritariamente
nei suoi rapporti
- con le questioni ambientali, ecologiche e della sostenibilit
- con il paesaggio, naturale o artificiale che sia
- con le stratificazioni culturali che identificano luogo dintervento e
suoi intorni
Queste valutazioni presuppongono riflessioni sulle condizioni geografiche, geologiche,
ambientali, climatiche, economiche, sociali e culturali con le quali la trasformazione
verr ad interagire.
La qualit di un progetto nella rispondenza ai requisiti espressi
nel suo programma e nella risposta alleccedenza di requisiti
o principi che chi progettista intuisce e propone. La qualit di un progetto
quindi essenzialmente nella domanda, nel programma
di progetto e soprattutto nella sua fase di concezione che
- terminato un concorso - pu anche pervenire ad una progettazione
che soddisfi i bisogni della committenza mettendoli in discussione, fino a sradicarli
(ricordo la frase, ma non lautore) tema che apre allopportunit
-esclusa dalle norme attuali- di riformulare programma di progetto
e progetto preliminare avvalendosi del progettista prescelto, magari
anche di quanto emerso dal lavoro dei vari partecipanti al confronto. A questi
caratteri sostanziali della qualit di un intervento fanno seguito gli
aspetti della qualit riconducibili a parametri misurabili che riguardano
procedure e tecniche delle successive fasi di progettazione e realizzazione.
Va comunque riconosciuto il ruolo prioritario che nel rapporto costruito/non-costruito,
nella qualit degli spazi aperti, nella capacit dellintervento
di apportare un dono al contesto in cui si immerge.
2. Codice della progettazione
Infatti, oltre a dare risposta alle esigenze che lo motivano, in quanto frammento
dellinsieme ogni intervento contribuisce al contesto di cui entra a far
parte, quasi apportandogli un dono. Ogni intervento si caratterizza
quindi per la sua individualit, ma animato da superindividualit,
qualit oggi rara nei nostri territori costruiti. Un legame di continuit
- non di astratta conformit - deve unire programma, piano urbanistico
e specifico progetto di intervento.
La qualit di programmi, piani e progetti si persegue attraverso lesame
critico di alternative, ma avendo chiaro che la superindividualit
un significativo fattore della qualit. Il committente cura il programma
di progetto che ne verifica la fattibilit anche in termini di
risorse, articola la domanda e definisce i requisiti del progetto.
Ogni fase del processo successivo va curata da un solo progettista
garante della qualit dellintervento dalla fase di concezione
fino ai controlli di esecuzione. Figura giuridica unica, spesso per
composta da molte persone fisiche, il responsabile unico del progetto
collabora con il responsabile unico del procedimento (che rappresenta
il committente), successivamente anche con il rappresentante dellimpresa
che realizza lintervento o coordina le diverse imprese esecutrici.
Rientrano nel Codice della progettazione (riguarda le opere pubbliche e per
molti aspetti anche quelle private):
la questione del ruolo degli UT (da ricondurre a compiti di programmazione
e controllo)
la questione degli incarichi (a quelli pubblici -modesta aliquota del
totale- Edilizia e Territorio-il Sole 24ore dedica un intero fascicolo
di febbraio per chiarirne il groviglio: la 163/2006 un mostro costruito
per obiettivi diversi da quelli qui sostenuti)
la questione delle approvazioni e delle procedure (aspetti amministrativi
e legali; Carta per la Qualit urbana, Commissioni per la qualit
architettonica ed il paesaggio)
la questione tempi: quelli di progetto (definire tutto
in realt virtuale chiede tempi raffrontabili con quelli
di realizzazione); poi i tempi burocratici, da ridurre drasticamente
la questione dei costi della progettazione (i ribassi ammessi dal 2006
in Italia - irrilevanti sul costo globale dellopera - abbassano la qualit)
le questioni delle procedure e dei livelli di progettazione (ad esempio,
lingegnerizzazione del progetto non pu prescindere
dalla scelta di procedimenti e componenti di produzione industriale da adottare)
la questione delle astratte concatenazioni di conformit fra
le varie fasi di progetto
la questione delle norme deontologiche (non ha senso riguardino singole
categorie, non le societ di ingegneria)
ecc.
3. Codice degli appalti e delle realizzazioni
azione derivata dalla messa a punto dei Codici di cui ai punti precedenti
: porter alla riscrittura della legge 163/2006 e del suo Regolamento,
peraltro non ancora perfezionato.
Sintrecciano poi con il punto 2. le questioni aperte dagli appalti
integrati ed in generale le forme di collaborazione fra impresa, produttori
di componenti e progettisti.
In questi tre gruppi di argomenti, prevalentemente nel primo, rientrano anche
altre questioni qui omesse per motivi di brevit: quelle relative alluso
agricolo dei suoli, alle mutazioni socioeconomiche che hanno attraversato il
Paese, alle diversit geomorfologiche delle sue Regioni; quelle dovute
allevolversi degli obiettivi energetici; quelle tese a rendere agili
le informazioni su vincoli e opportunit di ogni particella catastale
e pi in generale le questioni relative a certezza del diritto e semplicit
e chiarezza delle norme.
Concludendo, allarchitettura italiana serve una legge,
ma una cosa un Disegno di Legge Quadro -che non incide sulla prassi
del progettare e del costruire- altro lanciare unazione che
strutturi principi, uscire dallattuale marasma legislativo del costruire:
azione non utopica, semplicemente utile.
Al di la dellemendare lattuale Disegno di Legge, si tratta di
puntare alla rifondazione unitaria del sistema di regole -giuridiche e soprattutto
etiche- per le trasformazioni fisiche degli ambienti di vita. Condivise le linee
di fondo, un tavolo di concertazione pu produrre -prima
della prossima estate- un articolato documento sulla questione.
Non basta per rispondere alla domanda allarchitettura
italiana serve una legge?
alla societ italiana che serve una politica attenta
alle questioni del territorio. Larchitettura -linsieme
delle trasformazioni fisiche degli ambienti di vita- una risorsa ed
uno strumento importante per lidentit di un Paese (basta ricordare
Sarzoky nellottobre 2007 allinaugurazione della Cit de
lArchitecture et du Patrimoine a Parigi, o nel gennaio scorso a Nimes
negli auguri agli attori della cultura). Fra i compiti di chi
governa (lo dimostra la nuova politica urbana dellamministrazione Obama)
c quindi quello di promuovere le ragioni dellarchitettura
presso i cittadini, gli utenti, gli acquirenti, i promotori e i sindaci. Per
questo occorre che la politica ridisegni i suoi strumenti partendo dalla stessa
mappa dei ministeri.
Si pu immaginare un Ministero che unifichi le competenze relative alle
trasformazioni fisiche degli ambienti di vita ? che integri il tema dellambiente
con quelli delle infrastrutture, delle aree urbane e di parte dei beni culturali
? che -lo fece in Francia nel 1995 Philippe Douste-Blazy- leghi valorizzazione
del patrimonio del passato e formazione del patrimonio del futuro, ed al tempo
stesso separi scultura, teatro, numismatica ed archivi dalle questioni dellhabitat?
Non molto tempo fa in Italia non esistevano n il Ministero dei Beni
Culturali n quello dellAmbiente. Negli anni 90 non esisteva
una Direzione per il Paesaggio e lArchitettura, istituita poi nella DARC/PARC
che ora preoccupa perch in procinto di essere riassorbita allinterno
delle strutture ordinarie del Ministero. Si tratta di estrarre competenze da
diversi Ministeri per accorparle in funzione di un unico obiettivo. Analogamente
ogni Regione, ogni citt, dovrebbe avere un Assessorato che unifichi
almeno le competenze su urbanistica ed edilizia, spesso anche altre.
Le esperienze di paesi vicini mostrano che perseguire con energia la qualit
dellarchitettura non solo aumenta la vivibilit -la felicit
degli abitanti- ma anche fonte di sviluppo economico e diffusione culturale
allinterno ed allesterno dei confini nazionali.
Stiamo attraversando un periodo che sconvolge equilibri consolidati, che ha
analogie con le grandi rivoluzioni o le guerre mondiali, crisi cui hanno fatto
sempre seguito capacit di rifondazione, straordinarie capacit
di reazione e di riformulare regole ed assetti.
Oggi occorre affrontare la crisi economica; le carenze infrastrutturali; gli
interrogativi quale velocit - quale citt e nuovi
scenari ambientali e territoriali; i temi della rigenerazione urbana e della
riqualificazione delle periferie; la questione del piano casa;
i nessi che intercorrono tra illegalit, sicurezza e degrado
urbanistico. Oggi occorre progettare per sopravvivere, ridare vivibilit
ai territori attraverso il progetto.
Il Disegno di Legge sulla qualit dellarchitettura non
incide minimamente su queste questioni.
Eppure una Risoluzione del Consiglio dEuropa incoraggia gli Stati membri
a promuovere la qualit architettonica attraverso politiche
esemplari nel settore della costruzione pubblica: esemplari, cio
che inneschino emulazioni e concorrenzialit. Inoltre lart.9 della
Costituzione tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico
della Nazione cio lo straordinario sedimentarsi di innovazioni
che, interrotto, subdolamente tradisce lessenza della nostra tradizione.
Con le regole attuali, realizzare pericoloso. Forte il rischio di non
immettere qualit, ma di ingombrare ancora il territorio; di soddisfare
bisogni ma incrementando linvivibilit dellinsieme. Paradosso
necessario come il sostegno alle case automobilistiche ? Con un alto indice
di motorizzazione -anomalo in Europa e nel mondo- da tempo si afferma di dover
convertire la prevalenza del trasporto individuale in quella dei trasporti collettivi;
altre ragioni fanno per sostenere nellimmediato quello che teoricamente
invece si vorrebbe mitigare.
Al di l di questa apparente divagazione, in Italia serve una politica
attenta allinsieme del territorio, serve uscire da ogni forma di immobilismo.
Organi amministrativi con competenze integrate renderebbero lobiettivo
pi vicino. Jules Michelet affermava che ogni epoca sogna
la successiva, Walter Benjamin aggiungeva: sognando,
urge il risveglio. In un mondo fatto quindi da sogni ed incubi di
chi ci ha preceduto, in futuro potrebbero diffondersi buone pratiche, realmente
tese ad organizzare lo spazio per migliorare la condizione umana.
LINARCH nato per sostenere la visione unitaria delle
trasformazioni dei territori.
Una politica attenta al territorio presuppone riorganizzazioni strutturali e
norme coraggiose, da delineare con attenzione perch questo progetto
conservi la sua carica utopica anche nel suo concretizzarsi.
Lattenzione alla sostenibilit ambientale -essenziale per il nostro
futuro- ha generato norme e procedure raffinate: nelle varie leggi urbanistiche
regionali emerge diffusa attenzione (a volte paralizzante) alla questione ambientale;
ma troppo spesso emerge anche disattenzione per lambiente costruito.
Puntare ad una visione integrata, tendere ad unificare le regole del progettare,
significa anche moderare lentusiasmo dei neofiti, iniettare e sostenere
visioni mature, contemperare esigenze senza scalfire la priorit dellambiente,
dellistanza paesaggistica e dellattenzione verso il succedersi
delle stratificazioni che documentano levolversi della nostra civilt.
Come ogni progetto ambizioso, quello qui delineato pu accendere processi
virtuosi ma anche essere divorato da strali di piatta concretezza.
Per metterlo a punto bastano 4 mesi. Fra 4 anni, il 10 aprile 2013, apre a Napoli
il Forum Universale delle Culture. Per quella data lItalia
potrebbe realisticamente disporre di strumenti basilari per trasformare con
qualit i propri spazi, per Crescere con arte
come sostenuto nellultimo World Congress of Architecture dellU.I.A.
(Massimo Pica Ciamarra - 26/2/2009)
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Commento 6880 di Pietro pagliardini del 03/03/2009
Ho letto con interesse la sua proposta per una Legge sull'architettura.
Ne condivido gran parte dei principi ma non posso non osservare il fatto che, contrariamente a quello che lei auspica, di utopia ne vedo molta.
Il suo mi sembra molto pi di un "programma di legislatura" quanto una specie di rivoluzione che coinvolge talmente tanti soggetti diversi da diventare di impossibile realizzazione. Credo sia pi facile cambiare il titolo I della Costituzione, quello intoccabile e sacrale.
Si immagina lei che ognuno dei numerosi punti che cita comporterebbe mesi, anni di dibattiti, convegni, mediazioni (al ribasso), interpretazioni, rivendicazioni, appetiti, ecc.
Non dico questo per difendere la Legge Quadro di recente prodotta dal Ministero ma proprio perch mi sembra troppo ambiziosa per le procedure e i riti con cui avviene il processo decisionale in questo paese.
E qui non siamo in un campo in cui due pi due fa quattro, qui non si tratta di dire: da oggi si riparte con l'energia atomica (come a dire una cosa facile), che bene o male sappiamo cosa ; qui si lavora su princpi, convinzioni, idee, culture diverse, interessi, denari, procedure. Insomma, si rischia di cadere nell'aria fritta come niente.
Per dirla in soldoni e, mi creda, senza alcuna intenzione di sminuire o di polemizzare, mi sembra una bella esercitazione intellettuale non finalizzata ad uno scopo preciso.
Le faccio un esempio tra i pi semplici: lei individua la necessit di "Legge urbanistica, proposte di legge sul governo del territorio, legge sulla qualit architettonica, legge sul paesaggio, legge sullambiente, legge su tutela e valorizzazione del patrimonio del passato".
Richiesta giustissima se non fosse che....di leggi urbanistiche ce ne sono 21 quante le Regioni italiane. E se lei lavora nel Lazio e disgraziatamente deve fare un lavoro in Umbria, hai voglia studiare!!!!! Le conviene andare da un geometra o da un collega e chiedere a loro come fare (per questo gli stranieri non ci possono invadere, perch per ogni studio straniero ce ne vogliono almeno due italiani, anche se subalterni).
E come crede di armonizzare 21 leggi urbanistiche!!!! 21 Consigli regionali, 21 Governatori, 21 assessori, 21 uffici pianificazioni ognuno costituito da decine di funzionari abituati a parlare, parlare,. scrivere, scrivere, interpretare, interpretare, impuntarsi contro le leggi nazionali in base la colore politico?
Una provocazione per finire: ma proprio necessaria una legge sull'architettura? Crede che la soluzione dei problemi dell'architettura stia nelle leggi?
Io non ho una soluzione ma alle leggi, abbia pazienza, non ci credo pi, a meno che non lavorino per sottrazione e non per aggiunte.
Saluti
Pietro Pagliardini
Tutti i commenti di Pietro pagliardini
3/3/2009 - Massimo Pica Ciamarra risponde a Pietro pagliardini
Grazie per l’interesse, ma evitiamo equivoci. Il Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri non incide sulla realtà del progettare e del costruire, ma io non lancio una diversa proposta di legge l’Architettura: mi limito ad uno secco elenco di azioni necessarie per ridare dignità e senso alle trasformazioni degli ambienti dove viviamo.
Vorrei si concordasse su pochi principi. Propongo di abolire visioni settoriali, legge urbanistica, legge per l’architettura, legge per il paesaggio e via dicendo: poiché hanno unico scopo, ne vorrei una sintesi unificante. Delineo poi la sensata riorganizzazione strutturale dei luoghi di decisione, un diverso rapporto fra Architettura e Potere.
Qualcosa si è tentato altrove: a me sembrano solo presupposti per civili modalità di convivenza. Auspico uno scatto: qui ancora un po’ utopico.
Grazie di aver stimolato un chiarimento ed un saluto cordiale
Commento 6886 di Renzo marrucci del 05/03/2009
All'architettura serve una legge ? Certamente non certo con una legge che si diventa poeti ma certo si pu aiutare i talenti a crescere e a sopravvivere di quel pane come anche per molti architetti, oggi, qualche spiraglio di sopravvivenza potrebbe essere recuperato. Certo! Servirebbe molto di pi ma in mancanza di altro... proviamoci! Chiss che scrivendo leggi non si aggravi quel senso di restrinzione o di precariet che viviamo oggi Occorre per un sincero scatto morale necessario a far rivivere la vergogna di non saper tutelare la citt e la sua crescit morale oltre che sociale... magari anche attraverso vie diverse da quelle ipocrite del ricorso ai gruppi economici. Se una volta si riuscisse a capire o a generare l'idea che il vero fine quello di avere una citt pi umana e a misura d'uomo... Che gli architetti fossero messi in condizioni di vendere pi progetti e meno l'anima ecc... chiss che questi concetti e idee non possano ritrovare una qualche via per riemergere con nuova sincerit.
Certo che una legge senza la base morale della coscienza comune e della consapevolezza non ha speranze... La velleit e la forma coprono il corpo e le sue malformazioni, danno apparenza ai vizi e alle sue magagne nella maggior parte dei casi... Spesso servono a reiterare il problema e a farlo istituzionalizzare vero! Ma bisogna correre il rischio.
Si cominci almeno a considerare il problema... ecco il senso! Poi ci sar una gara a far di meglio? Speriamo!
Se si riesce almeno a stimolare il dibattito sui temi di una urbanistica sociale e civile e non tecnica, una architettura alla ricerca del dialogo e non solo virtuale e sperimentale, di sola immagine, cio completamente in mano alla tecnologia e agli interessi economici... Io credo che parlarne sia comunque una realt e una presa di coscienza del clima paradossale che in Italia si in modo preoccupante affermato.
Massimo P. C. dice la sua... forse un tono un p professorale e sparso ma con i suoiinterrogativi pone la curiosit e la perplessit verso l'ipotesi in concorso di ipotesi... Si spera che la gara cominci...
E poi una legge incerta e lacunosa di questo tipo... accende il clima e aumenta la crisi... pu sempre dare la speranza a un nuovo valore che emerge.
Renzo Marrucci
Tutti i commenti di Renzo marrucci
Commento 6888 di Pietro pagliardini del 05/03/2009
No, no, Massimo Pica Ciamarra ha s un tono professorale ma non scrive pensieri sparsi, scrive pensieri strutturati in una visione complessiva.
Semmai , per assurdo, proprio questo il difetto, visto che nel caos italiano, ed anche oggettivamente nella difficolt e complessit del sistema e dell'argomento, il pensiero, e soprattutto l'azione, sparso sarebbe quasi preferibile.
Marrucci, lei scrive cose di grande buonsenso: "Che gli architetti fossero messi in condizioni di vendere pi progetti e meno l'anima!"
In effetti oggi capita di dover vendere entrambi.
Ma con una legge che si risolve questo problema?
Ma lei dice anche, giustamente, che il vero fine generare una citt pi umana: ma con una legge che si ottiene questo risultato? Prima occorerrebbe mettersi d'accordo sull'umanit di una citt e io non credo che vi siano due architetti che abbiano la stesso punto di vista in proposito.
Dunque cominciamo da questo, che mi sembra il punto dirimente, cominciamo a parlare della citt nel suo complesso e molto meno dei vari oggetti di "design" architettonico, peraltro sempre pi anti-umani.
In fondo la Legge sull'Architettura del Ministero (che solo in senso molto lato sulla citt) con il suo fissare principi generali e astratti, il modo migliore per affrontare il tema. Per ha un problema: non una legge, qualcosa che viene prima ma che non ha alcuna forza operativa.
E' (a prescindere dal fatto che la si condivida o meno) una sorta di statuto per l'architettura.
Forse, contemporaneamente varrebbe la pena discutere anche di quella per accorgersi che non saremmo troppo d'accordo.
Pietro Pagliardini
Tutti i commenti di Pietro pagliardini
Commento 6889 di Renzo marrucci del 06/03/2009
Capita di leggere con un occhio solo anche a Pagliardini. Tono professorale e sparso... Non significa pensieri sparsi mi creda.
Ad ogni modo basta rifletterci un tantino di pi e se ne accorger certamente. A volte si parla di tutto anche per non parlare di niente... Si salvano gli interrogativi nello scritto lungo di M. P. C. caro Pagliardini...
Lei ha in mente una citt pi umana della mia? Umana con la guerra ma attraverso la bandiera della pace? Faccio per dire non se la prenda.
Una citt pi umana che cosa altro potrebbe essere se non una citt pi
curata, pi vicina agli interessi dell'uomo e al suo futuro ? Capire il cen
tro storico le sue realt... e lavorare per uno sviluppo in armonia con le esigenze dei cittadini, punto per punto, rispettando luogo per luogo e via di seguito proprio come non succede. Aggiunga lei se vuole...
Non mi interessa la retorica su una umanit diversa dall'altra... Non mi interessa proprio! Mi sembra una vera sciocchezza anche il solo supporlo. Lei crede nel mio buon senso? Lei non pu immaginare il dispiacere che mi muove nell'anima. Un cordiale saluto
Tutti i commenti di Renzo marrucci
Commento 6897 di pietro pagliardini del 08/03/2009
Caro Marrucci, mi perdoni ma le devo confessare che non ho capito proprio quello che ha detto.
Sull'umanit io non ho detto di avere una visione diversa dalla sua, che non conosco in verit, ma ho solo detto, e lo ribadisco, che sono certo che ci sono punti di vista e sensibilit diverse, in generale intendo e non tra me e lei che, ripeto, non conosco o tra me o qualche altro in particolare.
La pace, la guerra! Boh? Non capisco proprio cosa intenda dire. Ma pu darsi che abbia letto con un occhio solo.
Per il suo buon senso, se le fa piacere, ritiro il mio avventato giudizio. Non cambier certo la mia vita ma vedo che lei ci tiene molto a tenere le distanze e io lo assecondo di buon grado.
Cordiali saluti
(anche cordiali sar troppo?)
Pietro Pagliardini
Tutti i commenti di pietro pagliardini
Commento 6902 di renzo marrucci del 09/03/2009
Caro Pagliardini non ci sono distanze di nessun genere.
Se fossi stato saggio non avrei avuto la enorme disgrazia che ho avuto di perdere recentemente la mia unica e fondamentale compagna di vita.
Se fossi stato saggio non avrei avuto l'ingenuit di espormi alla cattiveria di alcuni...
Dico anche anche non ci sono due modi di vivere e fare e vivere la pace perch mi sembrato che lei volesse discutere su questo argomento...
Dico anche che di tuttologhi in porpora piena l'italia che va a ramengo...
Io amo invece chi si assume la responsabilit di quello che scrive e dice e si espone senza dover dimostrare di conoscere prima lo scibile... Riconoscere gli errori io lo ritengo un atto di nobilt e di giustizia e di onest che rispetto con tutto me stesso...
Non mi faccia l'irritato... non sono persona che offende e neppure che prende distanze...
Caramente
Renzo marrucci
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