Berlusconi e il Piano Casa per chi ce lha gi
di Teresa Cannarozzo
- 22/3/2009
Il 7 marzo 2009 si apprende dai media che il Presidente del Consiglio sta ideando un nuovo Piano Casa che manda in soffitta le previsioni precedenti contenute nella finanziaria del suo governo (l. 133 del 6.08.2008, Art. 11 Piano Casa). Berlusconi comunica trionfalmente di avere messo in cantiere un decreto legge che sar denominato Misure urgenti per il rilancio delleconomia attraverso la ripresa delle attivit imprenditoriali edili, chiamato in maniera abbastanza impropria Piano Casa. Una proposta che tutta lEuropa vuole copiare.
Sono scaturite furiose polemiche ma anche preoccupanti consensi come quello di Nomisma, formulato con una visione economicistica, abbastanza deludente.
Si tratta di una iniziativa deflagrante che, se andr in porto cos come annunciato, seppellir per sempre i principi e le regole dellurbanistica che hanno sempre avuto il fine di mediare linteresse privato e linteresse pubblico e spegner definitivamente la speranza di riqualificare citt e aree metropolitane, di salvaguardare il paesaggio, di recuperare i centri storici e le periferie pubbliche: di prevedere in sintesi lo sviluppo sostenibile e la modernizzazione del paese in armonia con lidentit storica e culturale della nazione. Perch in una fase storica in cui perfino gli Stati Uniti sono addivenuti ad aderire a principi di sostenibilit climatica, energetica e ambientale, le idee del Presidente del Consiglio sono ispirate alla deregulation pi totale e minano alle fondamenta listituto della pianificazione urbanistica che lunico in grado di mettere a sistema luso delle risorse e le necessit degli insediamenti umani.
Dalla bozza del decreto fin qui pubblicizzata emerge una visione miope, arretrata, privatistica e anarcoide dellattivit edilizia, emerge una assoluta mancanza di considerazione del rapporto tra abitanti, attrezzature, servizi e sistemi insediativi. Infatti uno dei principi cardine della pianificazione urbanistica (Decreto Interministeriale 1444 del 1968) la regola che ad ogni abitante insediato debba corrispondere uno standard di attrezzature pubbliche: scuole, verde parcheggi, attrezzature comuni. Cos come se si impianta o si ingrandisce una attivit produttiva (industria o centro commerciale) deve essere prevista una quantit adeguata di parcheggi. Emerge una candida ignoranza di queste regole elementari, che andrebbero applicate per gestire la complessit e lequilibrio delle strutture territoriali e urbane, ritenute invece aree trasformabili a proprio piacimento.
Il provvedimento, finalizzato a rilanciare lattivit edilizia, propone infatti che, in deroga agli strumenti urbanistici, ognuno possa ampliare il volume della propria abitazione del 20%; nel caso di edifici non residenziali (fabbriche, capannoni industriali, centri commerciali) si prevede invece laumento del 20% della superficie. Nel caso di demolizione e ricostruzione gli aumenti di volumetria e di superficie possono arrivare al 35% a condizione che siano utilizzate tecniche costruttive di bioedilizia o di fonti di energia rinnovabile o di risparmio delle risorse idriche e potabili". Nellindecenza pi totale una foglia di fico in direzione della sostenibilit.
Gli aumenti di volumetria sono stati finora consentiti negli strumenti urbanistici tradizionali, a certe condizioni, perfino in Sicilia. La novit rovinosa e inaccettabile che tutto questo sia possibile in deroga ai piani regolatori comunali, sulla base di esigenze solo privatistiche, al di fuori da qualunque controllo pubblico.
Infatti la procedura proposta prevede che tali iniziative si attuino attraverso una semplice dichiarazione di inizio di attivit inoltrata da un tecnico, senza prevedere, pare, sanzioni per dichiarazioni mendaci.
Lo scenario prevedibile quello di una crescita di bubboni ed escrescenze verticali e orizzontali, in tutto ledificato, costituito prevalentemente dagli agglomerati di case unifamiliari (lottizzazioni di ville e villette), spesso costruite a ridosso le une dalle altre, intervallate da spazi liberi di dimensioni minime. Lingrandimento della abitazione o della fabbrichetta o del centro commerciale potr piacere ai molti che potranno sostenere i relativi costi, ma potrebbe dispiacere ai vicini e ai confinanti. Per non dire del conseguente sottodimensionamento delle attrezzature di pertinenza, come il verde e i parcheggi.
Per quanto riguarda i condomini, lo scenario invece quello della chiusura indiscriminata di terrazze e balconi, con i materiali pi diversi (tra cui primegger lalluminio anodizzato a basso costo) secondo il modello delle metropoli del terzo mondo. Ma con un po di fantasia, che non manca ad alcuni architetti, si potrebbero incastrare anche nei piani alti (come si faceva prima per realizzare servizi igienici e cucine nelle case medioevali) volumi a sbalzo, aggiungere ramificazioni coralline, innalzare selve di torrini. Naturalmente, nel rispetto, autocertificato della stabilit degli edifici.
Per quanto riguarda la demolizione e la ricostruzione con ampliamento, nel caso degli edifici condominiali, lipotesi sembra poco praticabile, sia per i costi, sia per la presenza di abitanti che non saprebbero dove andare. Certo, nel caso di edifici residenziali abitati in affitto, la propriet potrebbe decidere di mandare via gli inquilini e avere mani libere per demolire e ingrandire. La cacciata degli inquilini che gi avvenuta con la vendita del patrimonio residenziale pubblico di propriet degli enti e che avviene in alcuni centri storici, che presentano processi di valorizzazione immobiliare, aggraverebbe il disagio abitativo delle fasce sociali pi deboli.
La bozza del decreto prevede anche la liberalizzazione della modifica della destinazione duso degli edifici nel rispetto della normativa relativa alla stabilit degli edifici e di ogni altra normativa tecnica, nonch delle distanze e delle disposizioni del codice civile e delle leggi speciali a tutela dei diritti dei terzi. Il mutamento, in tutto o in parte, della destinazione duso e possibile anche senza opere edilizie.
Non chiaro finora se ci saranno ambiti urbani e territoriali esclusi da questa frenetica attivit di intasamento edilizio, come per es. i centri storici o gli edifici vincolati come beni monumentali.
In ultimo, rimane il problema delle cornici legislative appropriate. Il Presidente del Consiglio ha confermato il proposito di procedere con decreto-legge, bench sia ben consapevole che il provvedimento attiene ad una materia, il governo del territorio, indicata dalla riforma del titolo V della Costituzione (2001) come legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
Ci significa che la potest legislativa dello Stato nella materia del governo del territorio limitata alla determinazione dei principi fondamentali; principi che avrebbero dovuto essere enunciati in una legge nazionale di riforma organica che si aspetta dal 1942. E francamente non sembra che i contenuti della bozza del decreto legge siano spacciabili per principi fondamentali di interesse nazionale; n sembra appropriata la decretazione di necessit e urgenza. Ma il Presidente del Consiglio trover sicuramente il modo di superare tutto quello che ostacola i suoi obiettivi. Anche per non deludere lEuropa.
Naturalmente queste proposte dissennate vellicano gli egoismi e gli individualismi largamente diffusi nella nazione, annichiliscono linteresse pubblico e non danno nessuna risposta al problema sociale del fabbisogno abitativo, che si materializza nei disagi di migliaia di famiglie che non riescono a trovare una casa in affitto a prezzi sostenibili, nelle difficolt delle giovani coppie in regime di lavoro precario ad accendere un mutuo per lacquisto della prima casa, etc.
Si tratta insomma di misure a favore di un segmento sociale, economicamente dotato, in grado di migliorare (si fa per dire) la propria condizione abitativa, la propria attivit produttiva. Ma certo non si tratta di dare la casa a chi non ce lha.
LItalia avrebbe bisogno di ben altro: innovazione e infrastrutturazione delle citt e delle aree metropolitane, reti efficienti di trasporto pubblico su ferro, recupero e riqualificazione dei centri storici e delle periferie pubbliche, tutela attiva del paesaggio e del territorio storico, coesione e integrazione sociale attraverso serie politiche di social housing. Prima di sprofondare nel terzo mondo.
(Teresa Cannarozzo
- 22/3/2009)
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Commento 6950 di mASSIMO pICA CIAMARRA del 22/03/2009
Condivido lintervento di Teresa Cannarozzo: il piano casa dovrebbe essere tuttaltro, si preannuncia un DL che non lo sfiora, che ha oggetto e scopi diversi. Sostiene densificazione del sistema edilizio ed autocertificazioni, pone quindi la questione quantit/qualit ed su questa che urge riflettere.
Di per s densificare non preoccupa: non sinonimo di bassa qualit. Tanti gli esempi di alta densit e riconosciuta qualit, tanti gli esempi di aree a bassa densit e di bassa qualit: e viceversa. Elevare la densit pu agire su riduzione del consumo di suolo, accessibilit ad attrezzature e servizi, incremento delle relazioni sociali. Facilitare la densificazione e incentivare la sostenibilit energetica in linea teorica positivo per il sistema urbano e territoriale: ma -in assenza di logiche di sistema- la sommatoria di azioni individuali rischia di produrre effetti peggiori della cosiddetta legge ponte(1967). Non vale accettare la crescita con squilibri, sapere che ladeguamento degli strumenti urbanistici sar successivo: manca unimmediata revisione di regole e tempi.
Le autocertificazioni: dove il controllo degli interventi ridotto a sola verifica di congruenza normativa, sono opportune sostituzioni del permesso a costruire, contrastano la lentezza di apparati burocratici obsoleti. In assenza di Commissioni per la Qualit -cio di forme di intelligenza collettiva- ci si riduce a quella individuale. Ma si pu continuare in assenza di giudizi qualitativi? I comuni saranno sommersi da autocertificazioni da verificare in tempi brevi: come farvi fronte? Pu immaginarsi un garante per ogni quartiere? Il diritto individuale alledificazione prevale su tutto? Anche se un intervento inquina la qualit ambientale, ove esiste, o se non ne immette?
La qualit urbana non si produce per norma, mancano modi per misurarla, rispecchia la cultura di una collettivit e lazione sui processi formativi di lungo periodo. Il DL preannunciato nella sostanza riguarda gli interventi privati. In attesa di strumenti urbanistici agili ed adeguati, nellimmediato dovrebbe almeno spingere perch ogni autocertificazione sia accompagnata da fotomontaggi/immagini virtuali, espliciti i rapporti con il contesto, motivi il rapporto fra quanto in programma e ambiente circostante, paesaggio e preesistenze che caratterizzano il contesto di intervento. La superindividualit significativo fattore della qualit del costruito: contrasta interventi che si limitino a soddisfare egoismo del committente e narcisismo del progettista.
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Commento 6952 di Tommaso MARTIMUCCI del 23/03/2009
..questo articolo mi sembra che colga nel segno gli effetti che questa stronzata che berlusconi sta attuando provocherebbe sul territrorio italiano.
penso che berlusconi,o meglio tutti gli apparati professionali che costituiscono l'enturage tecnico di supporto del presidente,non immaginano che con questo decreto si scaverebbero una fossa profonda entro il quale il precipitare ,se non si accorgono che quest'azione sfigurerebbe il volto del nostro territorio Italiano....!!!,
sia da un punto di vista estetico sia fisico nel senso di crolli di solai balconi e tettotie.
Senza fare il catastrofista ma in questi tempi economicamente difficili, quanti interventi edilizi veramente spenderanno negli oneri relativi alla sicurezza dei cantieri?...Cio gli operai italiani o sicuramente polacchi-rumeni-albanesi (nulla togliendo alle loro capacit!) veramente indosseranno le impicciose imbragature di sicurezza durante i lavori di chiusura di un muro di un balcone sospesi a sbalzo dal 6 piano di un'edificio?
Da questa parte invece,cio tutti i tecnici professionisti geometri ingegneri addetti ai lavori chissa a quali compromessi dovranno scendere nel confrontarsi con l'etica del mestiere, per molti di questi forse quest'etica non esiste perch penso che senn quest'idea non gliel'avrebbero sussurrata nelle orecchie del "Presidente".
Spero nei professionisti nel senso alto del termine,in tutti coloro illuminati vicini alle amministrazioni comunali e regionali ma sopratutto nei Cittadini che hanno a cuore e che lottano e difendono tutti i giorni il loro territorio dagli agenti inquinanti di ogni sorta...penso sia il momento di esprimere un'opinione forte a riguardo!
tommaso.
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Commento 6958 di Renzo marrucci del 23/03/2009
Se un piano casa sar interessante e aiuter gli italiani
Atrimenti perpetrer l'andamento esistente con buona pace della coscienza italiana. Da questo stato di cose nessuno pu tirarsi indietro, nessun pseudo moralismo consentito a architetti ed urbanisti la cui opera si aggiunta alla realt odierna e soprattutto non ci si riscatta cavalcando fantomatici proclami di rischiosa cementazione. La cementazione in corso all'interno delle nostre citt nessuno la vede e la osserva? Quali i criteri attraverso cui si presume di essere migliori e di salire in cattedra? Sarebbe bello poter leggere autocritiche sull'operato di architetti e super-architetti dalle grosse dimensioni dello studio ma sarebbe come siglare la propria scomparsa vivente in questa cultura architettonica in cui la critica sta ormai scomparendo oppure viene messa in vendita al miglior offerente. Quale prova di moralismo attendere dalla cultura architettonica italiana?
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Commento 6959 di renzo marrucci del 23/03/2009
Per la seriet di una legge
Naturalmente con la necessit di far fronte al problema grave della recessione economica, si dovrebbe anche andare incontro alle necessit degli italiani che vivono le esistenti importanti problematicit urbane. Tutto ci senza schienarsi alle necessit di "portar grasso" ai gruppi economici gi molto attivi e agguerriti all'interno delle nostre citt, con proposte e realizzazioni allucinogene e bollite. La cementificazione possibile non dovrebbe essere peggiore di quella gi esistente... anche se garbatamente paventata da alcune archistar nostrane, pi o meno superstar... o da fantomatici e criptici urbanisti della cazzuola sempre aulicamente nostrana.
Peggio di come ... francamente difficile supporre.
Se il progetto di legge viene incontro ai problemi della citt e dei cittadini sar un colpo di salute evolutivo alla nostra cultura edilizia e economica, altrimenti si rimane nel mosto a fermentarecon addebito di nuove decomposizioni realizzate.
Certo, non bisogna creare ulteriori escamotage o vizi di cui siamo gi pieni nelle nostre amministrazioni e determinante sar il loro comportamento discrezionale nell'applicazione della legge. In Italia c' tanta architettura minore che non meno importante di quella cosiddetta monumentale o maggiore vincolata per Decreto. Questa architettura minore, che non concerne solo i Centri Storici, dovr essere opportunamente tutelata nella sua realt e bisogner definire le valutazioni specifiche, per non incorrere in una "lavatura" sciagurata che rischierebbe di essere consentita dalla leggerezza o dalla superficialit di un Decreto legge non particolarmente curato. In Italia si molto bravi a far passare leggi firmate da qualcuno che lo consenta. Opportunamente normata questa possibilit e organizzate opportune fasce e tipologie di rispetto, sar possibile avere un campo di azione interessante dove applicare norme per un effettivo rilancio economico del settore edile e anche di sperimentazione possibile. Sar cio possibile, quindi, esercitare un campo di azione critica serio e costante, responsabile, anzich allargare generici proclami di suggestiva preoccupazione morale occorre essere attivi e propositivi nei contenuti.
Renzo Marrucci
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Commento 6960 di anna marzoli del 23/03/2009
Condivido le preoccupazioni espresse in questo articolo, ma mi fermo all'espressione -"Si tratta insomma di misure a favore di un segmento sociale, economicamente dotato, in grado di migliorare (si fa per dire) la propria condizione abitativa" - che invece considero assolutamente non veritiera. L'intervento si rivolge proprio a chi invece possibilit economica non ne ha e con pochi costi, rispetto a quelli che rappresenterebbe l'accensione di un mutuo prima casa, avr possibilit di avere una camera e cucina per vivere, se non altro, non sotto lo stesso tetto di mamm e pap. E guarda caso Berlusconi c'ha preso pure stavolta, perch tutto gli si pu dire al presidente, tranne che le cose le fa senza pensare mai a raggiungere un obiettivo, che in questo caso sar rappresentato da un ulteriore fetta di nuovo elettorato che andr a rafforzare ancor di pi il suo potere. Mi chiedo per cosa abbiamo fatto noi nel frattempo, e per noi intendo attuale opposizione, il tanto declamato popolo della sinistra, per evitare questo. Siamo stati a guardare i "buchi" di un PRG che ha permesso la trasformazione di zone abusive in bidonville autorizzate. E dove sta il DM 1444 in quelle zone???Dove?? Ci preoccupiamo ancora dell'estetica dell'architettura e ci facciamo venire i capelli dritti al pensiero dell'infisso in alluminio anodizzato e il portichetto del villino del vicino chiuso con vetrate e rimaniamo a fare la faccia schifata di fronte a chi non ha capito che l'architettura un fenomeno sociale e che siamo degli egoisti perch non dobbiamo pensare solo a noi stessi ma al nostro quartiere, che si impoverir perch avr quei 6.66 mq in meno di verde ! Ma per favore!! Dove eravamo quando si richiedeva un intervento forte sulle case popolari? sono stufa di stare qui a guardare l'immobilit: l'unica cosa che continuiamo a fare criticare senza agire.
E voglio dire un'altra cosa:
semmai questo decreto diventer attuativo, voglio trovarmi di fronte al giovane architetto che rifiuter il lavoro di ampliamento che gli proporr il cliente, perch per motivi etici "non ci sar possibile accettare l'incarico", nonostante la scarsit di lavoro e la difficolt estrema di portare avanti la nostra professione in maniera decorosa. Ci voglio proprio stare l davanti quando accadr, spero solo da spettatore e non da architetto, perch c'ha fregato anche in questo il Presidente, e per questo, tanto di cappello!
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Commento 6962 di giannino cusano del 23/03/2009
L'articolo mi trova d'accordo. Merita riflessioni supplementari.
Una costante della vita pubblica italiana da pi di 50 anni -a essere buoni- la dannazione dell'emergenza: alibi permanente per eludere i problemi strutturali del Paese. Urbanistica, territori, edilizia non fanno eccezione.
Pochi esempi: emergenzialista fu, di fatto, la Legge per i Piani di Ricostruzione postbellica, alias Legge Ruini (1 marzo 1945, n. 154) che, di portata limitata ai primi interventi, escluse ogni possibilit di guardare i problemi in termini generali e sistemici, risolvendosi in un danno diffuso. Gli strumenti ordinari per la pianificazione (all'epoca, la legge per la tutela delle bellezze naturali del 1939 e la 1150 del 1942, in s buone leggi se prodromiche ad altro, e varate in notevole ritardo ) erano gi largamente insufficienti. La Ruini, infatti, fu l'esplicita ammissione di questa carenza. Mai colmata nei decenni successivi, sempre in nome della cronica emergenza che tale rester anche per i posteri dei posteri se mai si metter mano a una riforma degna di questo nome. Non cos accadeva nella grandissima maggioranza degli altri paesi europei, che si posero il problema della ricostruzione e globalmente della congruit e revisione degli strumenti disponibili gi dal '42-'43, a conflitto in corso. Oggi in Italia siamo a formule stravaganti, come il pianificar facendo dell'ultimo P.R.G. di Roma: a testimonianza non dell'insipienza dei suoi progettisti, persone di valore e che certo sprovvedute non sono, ma delle condizioni sempre pi vischiose in cui si opera qui.
Non sono urbanista, ma per il pochissimo che mi tocca occuparmene resto dell'avviso che Luigi Piccinato costituisca tuttora un validissimo e sicuro (e, ahim, trascurato) ancoraggio. Una delle sue lezioni fondamentali che in urbanistica, a differenza che in aritmetica, cambiando l'ordine dei fattori (= delle priorit) il prodotto cambia. E di brutto.
C' chi, per esempio, con la solita logica a spizzichi e bocconi, afferma che i centri storici non saranno minimamente danneggiati dal decreto in via di approvazione. Non vero. E non perch costoro mentano, ma perch non si rendono conto -ed assai peggio di una menzogna- delle interazioni sistemiche che faranno s che aumenti indiscriminati di cubatura nelle aree non centrali abbiano pesantissime ripercussioni proprio sui centri storici, indipendentemente dal fatto che siano o no direttamente coinvolti nei nuovi aumenti volumetrici.
Credo non ci sia bisogno di dilungarsi, salvo sottolineare un altro problema che non mi pare sia stato evidenziato abbastanza. Sentivo qualche sera fa il Ministro Matteoli dire che le soprelevazioni sarebbero comunque soggette a calcoli statici. Ovvio, in teoria. In pratica, per nulla: perch, solo per fare un esempio, rapportare a quelle odierne le resistenze caratteristiche dei calcestruzzi confezionati qualche decennio fa, segnatamente prima del 1970-'71, operazione quanto mai dubbia e problematica, tanto sono mutati i criteri di campionatura dei provini in cls.a. E' solo un esempio: ce ne sarebbero un'infinit, a testimonianza del pressappochismo cronico della nostra classe politica. Anni fa, dopo il terremoto umbro, il notissimo Antonio Di Pietro disse in TV che la soluzione era semplicissima: bastava fare una legge per la quale gli edifici dovessero resistere al nono grado della scala Mercalli. Roba da sganasciarsi dal ridere, se non ci fosse stato da piangere a un litro a lacrima.
Allora: oltre ad opporsi giustamente -ma, temo, senza esiti significativi- a questo ddl, che che in piena continuit col cronico emergenzialismo nazionale e che l'unica speranza che lascia che le persone con soldi bastanti per produrre gli incrementi di cubatura previsti siano davvero pochissime, non si pu pensare di integrarne gli esiti con provvedimenti che pongano, in prospettiva, un argine all'emergenzialismo?
Credo che se con questa operazione si gettassero le basi per una seria e pubblica informatizzazione del patrimonio edilizio esistente, un grosso passo avanti si farebbe. Una sorta di Pubblica Anagrafe dell'edilizia e dell'urbanistica italiane dovrebbe prevedere una reale cartolarizzazione informatica, consultabile on line da chiunque, delle infrastrutture, delle urbanizzazioni, degli edifici, della loro cubatura, delle destinazioni d'uso, delle condizioni energetiche, statiche e manutentive degli immobili. In modo puntuale. E si potrebbe cogliere l'occasione per partire esattamente dalle asseverazioni previste per gli interventi cosiddetti anti-crisi. Avremmo, cos, il vantaggio di poter proiettare negli anni venturi il quadro che ne verr fuori. Preventivamente, perch l'iscrizione in questa anagrafe informatizzata sarebbe contestuale alla presentazione delle prossime D.I.A. nonch delle future richieste di nuovi permessi di costruire.
Si potrebbe poi gradualmente, ma con precise scadenze, estendere l'obbligo a tutto il patrimonio edilizio di iscrizione in questo pubblico registro, in modo da consentire a chiunque lo voglia di fare studi, ricerche, indagini preliminari a PRG ecc. Credo che nel giro di pochi anni riusciremmo a comporre finalmente un quadro d'assieme molto utile, la cui assenza sempre stata l'alibi principale per l'emergenzialismo. Pensandola bene, potrebbe costituire una proposta di seria opposizione e la premessa per una possibile inversione di tendenza dell'attuale cronico andazzo. Ma solo un modestissimo punto di vista.
G.C.
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Commento 6964 di andrea pacciani del 23/03/2009
Questa legge la dimostrazione di quanto ormai l'architettura e l'urbanistica siano lontane dalla gente e quindi dai politici che li rappresentano.
E' il risultato di 50 anni di scollamento tra i bisogni della gente e leggi urbanistiche mirate a tradurre in regole gli insegnamenti teorici e inapplicabili del movimento moderno, dallo zoning in poi.
E' la ribellione dopo decenni di fallimenti di regole di architettura e urbanistica che non hanno fatto meglio di una deregulation senza scrupoli; tanto vale, avr pensato il nostro Cavaliare, azzerare i cartelli burocratici locali, togliere il potere ai tecnici per darlo agli utenti finali confidando che non sapranno fare peggio degli strateghi accademico-palazzinari.
Il potere economico e decisionale dell'establishment degli architetti e urbanisti ha sopraffatto quello dei politici e questa legge un tentativo dei politici per ristabilire le gerarchie, minacciando gli architetti di ci di cui hanno maggiormente paura: che siano gli utenti finali a scegliere dove e come voler vivere nella propria citt.
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Commento 6970 di pietro pagliardini del 25/03/2009
A me sembra che Andrea Pacciani abbia sintetizzato al meglio il senso e il significato profondo di questa proposta (per ora): presa d'atto del fallimento dei "principi e delle regole dellurbanistica che hanno sempre avuto il fine di mediare linteresse privato e linteresse pubblico", come dice l'articolo, evidentemente non trascurando la mediazione al ribasso, per non dire peggio. E Pacciani accenna anche al recupero di dignit da parte dei cittadini oppressi da politici e architetti con leggi tanto assurde quanto inefficaci, atte solo ed esclusivamente, attraverso la "mediazione", al controllo sui cittadini stessi piuttosto che sul territorio e sulla citt, che infatti versa nelle condizioni che ognuno pu ammirare.
Di quale urbanistica c' il rimpianto? Non sarebbe mica male spiegarlo. L'urbanistica degli standard, quella che ha prodotto, grazie al travisamento che ne stato fatto dagli architetti, gli splendidi quartieri PEEP delle nostre citt? Quali sono i vantaggi che andrebbero perduti per la citt? Quale sarebbe questo patrimonio che oggi andrebbe dilapidato? Magari riuscire a demolire e riconfigurare interi piani di zona di stampo nettamente e consapevolmente sovietico!
Forse la chiusura delle logge con alluminio e vetro? ma se sono gi tutte chiuse e riccamente incamerate all'uso interno! Forse la contrattazione decennale per la redazione di un PRG, diluita nel tempo per accontentare (mediare pubblico e privato, si dice nell'articolo) quelli che ci sono da accontentare ma confondendo le acque con inutili, faticosi, ipocriti dibattiti pubblici?
Qual' il danno che provoca all'ambiente un ampliamento del 20% di una casa di civile abitazione di propriet di una famiglia che desidera una stanza in pi, nel rispetto delle varie leggi vigenti?
Quanto alla demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico norma ormai gi presente in diversi PRG italiani e l'unico difetto riscontrabile ne la difficile applicazione dato il frazionamento della propriet. Per quale motivo se lo fa il Comune va bene e se lo fa il Governo (o forse questo governo? il dolore per la scelta di Nomisma farebbe pensare di s) no? C' logica in un ragionamento simile? Questa una forma particolare di perequazione ma, detta cos sembra assumere una sua nobilt, detta che "ti faccio demolire fabbricati scadenti per ricostruirli con un incentivo volumetrico" (altrimenti che interesse ho) diventa sordida speculazione.
Certo, ha ragione M.P. Ciamarra a rivendicare un controllo qualitativo del progetto, cio a rivendicare il ruolo delle commissioni edilizie, perch l'architettura, in quanto arte civica, richiede, come ha sempre storicamente richiesto, un giudizio collettivo e condiviso, del quale la CE un surrogato, ma se regioni come la Toscana, dichiarandone nella propria Legge Urbanistica la non obbligatoriet, per "semplificare", ne ha di fatto consentito la scomparsa, cosa c' da scandalizzarsi con la proposta in corso? Invece che lamentarsi, se ne chieda l'obbligatoriet del giudizio in tempi certi, pur lasciando la certificazione o DIA che dir si voglia.
Io penso che, se invece che lanciare grida di dolore, in verit non numerose n forti, la cultura urbanistica italiana avesse colto questa legge come un'opportunit per rimettere al centro questa disastrata e screditata disciplina e per riaprire finalmente un dibattito a livello nazionale (grazie ad una legge nazionale e non a 21 leggi diverse scarsamente comunicanti tra loro), avrebbe dato prova di reale interesse per le sorti della citt, del territorio e del grande patrimonio culturale di cui disponiamo. Ma che cultura quella capace solo di gridare allo scandalo, imporre vincoli e controlli senza riuscire a fare proposte!
C' sempre tempo mi auguro, ma per ora queste grida di dolore mi sembrano solo perpetrare logiche alquanto estranee alla disciplina e piuttosto inclini al pregiudizio, snobbando, al solito, i bisogni e i desideri dei cittadini, ritenuti evidentemente gli ultimi soggetti titolati a decidere sulla citt.
Pietro Pagliardini
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Commento 6971 di renzo marrucci del 25/03/2009
Riflessioni a perdere
Chi potr aggiungere una stanza alla sua casa? Quali gli edifici da abbattere per essere ricostruiti con un'aggiunta di cubatura? Io non lo nascondo, ma sono curioso di vedere con quali criteri si realizzeranno queste due semplici e prensili indicazioni.
Chi e come decider quali sono le volumetrie da abbattere? Non che non ci siano edifici terribili in giro, ma sar divertente vedere come si decider nel merito. Si sa che basta creare il pernio.. ma poi il discorso chi lo ferma o chi lo controlla?
Salter fuori che nella stragrande maggioranza delle citt italiane si abbatteranno edifici terribili e se ne ricostruiranno di migliori? Almeno a parole le buone intenzioni contano? C' gi chi si candida a far sognare il bello che verr... sar una sagra della bellezza? E della compassione verso chi aspira ad una camera in pi?
O tuttalpi servir a chiudere una terrazza o un terrazzino per farci l'angolo cottura? Sar utile per ospitare la giovane moglie del figlio o viceversa, in attesa di una casa propria?
Ci sono gli ingredienti giusti per una soap-opera TV in cui buttarsi per far parte della partita... Le archistar nostrane affilano disponibili le armi nella liturgia della rico-decostruzione Si fanno avanti e con loro gli altri... per avere, creare lavoro certamente! Nasceranno commissioni zeppe di professori professorali o di politici o tecnici galoppanti? Sar l'ennesima spolpacciata ai danni del solito cittadino?
Sono solo semplici dubbi, questi che assalgono nei momenti scuri, nella percezione sconcertante della perdita di valori a cui si assiste e di cui non interessa nulla a nessuno? ..Il denaro fagocita la speranza della felicit rendendola un sogno inarrivabile, gonfiato dalle parole. Ma allo
ra? La speranza di sposare uno dei figli di Berlusconi? Che fine ha fat
to? Ma basterebbe anche una nipote di Prodi?...
renzo marrucci
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Commento 6973 di Leandro Janni del 25/03/2009
I controversi progetti edificatori del presidente del Consiglio Berlusconi : 1) Piano casa; 2) Piano casino; 3) Piano casotto. Forse.
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Commento 6974 di pietro pagliardini del 25/03/2009
Gentile Marrucci, le sue domande e i suoi dubbi sono pi che legittimi perch, come lei dice "Il denaro fagocita la speranza della felicit".
Io per distinguerei tra il 20% delle mono-bi-tri familiari e il resto. Questo sar terreno di conquista per geometri, non ho dubbi. Ma cosa possiamo farci? Per evitare che i geometri lavorino dobbiamo forse impedire l'aumento di una stanza? E se invece fosse appannaggio degli architetti siamo proprio sicuri che avremmo miglior risultato? Non si tratta qui di fare architettura (si fatta sempre poco in Italia, diciamocelo, il grosso a dir poco scadente), si tratta di rispondere a bisogni e desideri elementari e legittimi e di fare anche, ahim, girare soldi subito.
Quanto alle demolizioni e ricostruzioni distinguerei tra le trasformazioni in loco e quelle con spostamento della volumetria altrove, ammesso che sia consentita dal decreto, come lo in alcuni piani vigenti e in corso di approvazione.
Per quelle in loco ipotizzabile che, a parte grandi aree dismesse, dove immagino e spero che le Regioni e/o i Comuni potranno prevedere piani urbanistici (da approvare in tempi non storici), si tratter probabilmente di demolire e ricostruire fabbricati scadenti e fatiscenti e, anche se non nascessero capolavori da rivista la situazione non potr che migliorare. E' comunque auspicabile che non ne possano essere interessate le aree agricole.
Pi complesso invece se vi fosse la possibilit di trasferire le volumetrie altrove. In questo caso, immagino, e sottolineo immagino perch ancora non dato sapere, che non potr essere compiuta e se lo fosse dovrebbe avvenire allinterno delle aree gi edificabili e/o edificate, con un aumento dellindice e non dovr certo essere ammesso il trasferimento "a scelta" del privato, tipo in aree agricole.
Comunque per questi trasferimenti, oltre una certa cubatura, riterrei necessario lobbligo di piani attuativi.
Ma, aldil delle ipotesi, delle congetture, delle speranze e delle paure insisto nella mia idea che la cultura urbanistica di questo paese, ammesso esista e non sia ridotta solo allurbanistica legale, quella cio delle norme fini a s stesse, figlia neanche pi della politica ma delle burocrazie regionali, prima e comunali, poi, ha bisogno di una scossa, di una rivoluzione culturale. E' direi la situazione del paese in genere che necessita, in ogni campo, di strappi, di stop and go bruschi, di forzature per uscire da decenni di contrattazione e di tavoli su tutto, che hanno sfiancato le energie e ci sta avviando verso la decadenza.
I "tavoli" sono sempre stati il modo migliore per insabbiare prima e spartire poi. La verit nuda e cruda questa e il paese lo ha compreso.
Non pi tollerabile sopportare il divario tra i lamenti ipocriti e, a mio avviso anche molto poco documentati per non dire ignoranti, di una parte della cultura ufficiale che fa finta si tratti di una cosa seria e la realt delle cose che invece semplicemente degradante. E chiaro che queste considerazioni estreme ed estremistiche non tengono conto di episodi virtuosi che pure ci saranno, ma le semplificazioni servono meglio a comprendere la realt.
Marrucci, dove si vede questa bellezza di cui parla qualche politico che andrebbe distrutta, se non nei centri storici, nelle campagne e in pochi altri luoghi? Quando giriamo in auto o a piedi per le citt ne vediamo davvero molta di bellezza diffusa?
Ma se da tutte le parti un lamento sulla bruttezza, gli scempi, la pessima architettura, gli abusi, i condoni ecc. come fa, improvvisamente, ad uscire dincanto la bellezza, buttata l, di traverso, tanto per dire no e, sostanzialmente, per difendere un pacchetto di voti di riferimento di coloro che sono deputati al controllo e che ovviamente rischiano di vedere ridotta la loro ragione di esistere!
La conservazione dello status quo giova solo ad una casta numerosa, protetta e proterva che ha ormai preso in mano le redini dellurbanistica e delledilizia, spesso con lavvallo della cultura accademica, e che si muove indipendentemente dalla politica, se non come forza di condizionamento.
Sento in questo momento in TV un Governatore che dice "ci pu essere accordo ma non devono essere ammessi cambi di destinazioni d'uso": tipico cavallo di battaglia di coloro che vogliono il controllo sull'economia, cio sugli imprenditori. Questa l'urbanistica.
Pietro Pagliardini
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Commento 6976 di Andrea Pirisi del 26/03/2009
Io mi permetto di fare solo un appunto: guardando la mia citt e pi in generale la provincia mi chiedo se ci sia davvero bisogno di altre case. Ovunque mi guardo attorno e vedo fabbricati vuoti, persino in centro storico. Allora perch non favorire il recupero dell'esistente invece che consentire la nuova costruzione di cubature?
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Commento 6979 di renzo marrucci del 26/03/2009
Caro Pagliardini allora vuole farmelo dire ancora? Chi che si candida a rigenerar bellezza? ( rilevare una sincera innoqua ironia per piacere) Attraverso il piano Berlusconi? Ma i cari architetti... nostrane superstar, a partire dagli ospiti di fratel Santoro, e via dicendo, cio l'autore di nuvole romane all'Eur , oppure l'arzillo Gregotti della Bicocca o la signora Aulenti, autrice dell'infiocchettamento francesizzante di piazza Cadorna... Il "Piano" dei grattacieli intrinati e via di seguito... a crescere o decre
scere per l'imbigottimento di qualche amministratore che ripescher archistar e substar...a piacere... Bellezza a diffusione con il piano Berlusconi? Il territorio italico non poteva rimanere bello a lungo, sarebbe stato innaturale... Sar l'economia italiana a guadagnare? Ma naturalmente in funzione della persuasione o della pi o meno sua
dente retorica che, illuminati critici galoppatori simpatizzanti di partito, sapranno far fiorire al momento della bisogna... Poi ci saranno altri o chi ti pare ( si fa per dire naturalmente), poich saranno le regioni a poter disporre e a imporre da come vedo che va la faccenda... Ah! Eppoi geometri e non solo, ma come dice Lei Caro Pagliardini. L'importante che la torta abbia il suo bilancino secondo le regole non scritte ma tenute bene a mente... tanto, che vuoi che sia?
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Commento 6990 di Pietro Pagliardini del 28/03/2009
Sommessamente e per quel che pu valere segnalo che INARCH si dichiarato favorevole al Piano casa.
http://www.professionearchitetto.it/news/notizie/9229.aspx
Di opinione simile Luigi Prestinenza Puglisi.
La Regione Veneto ha anticipato tutti facendo suo il Piano Casa.
Lo dico cos, per informazione, e i tre casi non sono da prendere come esempi necessariamente da seguire. Sono per segnali di attenzione.
saluti
Pietro Pagliardini
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28/3/2009 - Massimo Pica Ciamarra risponde a Pietro Pagliardini
Caro Pagliardini,
non mi sembra che INARCH si sia dichiarato favorevole al Piano Casa. Né che io personalmente abbia assunto una posizione schematicamente contraria così come appare dal commento 6909. Questa volta non abbiamo ritenuto doverci apoditticamente schierare (nell’ottobre 2003, sul “condono” lo feci a nome INARCH – cfr.Antithesi). Oggi viene definito “Piano Casa” qualcosa che sembra non esserlo: è un provvedimento di cui si parla, di cui si legge, che viene smentito. E’ un provvedimento misterioso che a volte sembra promettere anche cose infami. A volte invece sembra aprire opportunità, sembra rendere possibili iniezioni di qualità in alcuni nostri disastrati contesti.
Il recente documento INARCH ha nel titolo un punto interrogativo: fornisce suggerimenti, auspica un provvedimento che possa produrre effetti positivi. Annuncia confronti aperti per tentare di sciogliere nodi irrisolti.
Un saluto cordiale
Massimo Pica Ciamarra
Commento 6991 di giannino cusano del 28/03/2009
X Pagliardini
direi che l'In/Arch possibilista, pi che favorevole in toto. Vede (e sono d'accordo) nello snellimento delle procedure burocratiche un elemento positivo e "guarda con grande interesse ad alcuni aspetti del cosiddetto piano casa che il Governo intende proporre nei prossimi giorni" ma avverte anche che "la citt non una sommatoria di edifici che hanno rispettato le norme. Resta quindi il nodo della qualit dell'ambiente, del paesaggio, dello spazio urbano. Delle dotazioni di spazi urbani di qualit, della congruenza con attrezzature e servizi. Dell'opportunit di introdurre anche squilibri nei processi di trasformazione se accendono processi successivi. In altre parole di come la collettivit riesca ad assicurare un interesse generale in singoli interventi."
E conclude la nota che "L'INARCH promuover con immediatezza dei confronti aperti per affrontare questi nodi irrisolti."
E' una posizione, quella dell'In/arch, che mi pare in linea di massima condivisibile.
G.C..
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Commento 6993 di Leandro Janni del 29/03/2009
Scontato dunque che il piano casa (in materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni) non pu essere varato per decretazione durgenza, la Conferenza Unificata Stato Regioni ha ieri avviato un confronto per una diversa soluzione, non solo costituzionalmente corretta. Se la ripresa dellattivit edilizia offre un contributo rilevante al rilancio delleconomia, in questa sola funzione non pu certo giustificarsi e non pu non essere guidata verso obiettivi di utilit sociale, per corrispondere ad un effettivo bisogno delle nostre citt. E allora gli obiettivi debbono essere indicati in progetti di Regioni ed Enti locali, impegnati nel compito di responsabile pianificazione. Il bisogno primario della casa ben pu essere dunque soddisfatto attraverso adeguati piani di recupero e riqualificazione del pi degradato patrimonio edilizio esistente e di conversione di aree riscattate da cessate funzioni.
Un grande progetto nazionale che si opponga allulteriore consumo di territorio e diretto a conferire pi elevata qualit ai nostri insediamenti.
Un progetto che non pu quindi affidarsi esclusivamente alle risorse private, ma esige un consistente sostegno finanziario pubblico: finalmente unopera veramente grande per una migliore condizione urbana.
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Commento 6994 di pietro pagliardini del 29/03/2009
Mi riferisco al commento di Leandro Janni.
Questa sua frase: "E allora gli obiettivi debbono essere indicati in progetti di Regioni ed Enti locali, impegnati nel compito di responsabile pianificazione" sotto l'apparente buon senso e condivisione del progetto nasconde in realt l'affossamento di ogni slancio che, guarda caso e contrariamente a quanto logica vorrebbe, viene dal centro e non dalla periferia.
E' una semplice questione di linguaggio, intendiamoci, e pu darsi che mi sbagli, ma quando ci sono frasi cos sento odore di funzionari regionali, sommi esperti nell'esercizio del niente apparente, in realt espertissimi nel "governare" il territorio mediante leggi e norme di cui si apprezzano le conseguenze nel Bel Paese.
E' quella "pianificazione responsabile" che frega tutto il discorso: pianificazione un pessimo e screditato termine;
responsabile, nel suo essere palesemente ovvio, un omaggio rituale al politicamente corretto, l'esatto contrario cio di quanto vuole essere il Piano Casa; esattamente il linguaggio delle leggi urbanistiche regionali, zeppe di aggettivi che mascherano il vuoto. Gli obbiettivi sono gi nel piano casa e senza tanti aggettivi; regioni e comuni dovrebbero orientarli in senso virtuoso, ci di cui dubito fortemente sulla base dei risultati ad oggi.
Ci che disarma constatare l'incapacit di vedere la realt se non attraverso la lente delle leggi delle quali i cittadini sono considerati sudditi privi di ogni capacit di azione autonoma. Vorrei solo segnalare che sono i cittadini a dare corpo e sostanza alla legge e non viceversa e, non a caso, l'Art. 1 della Costituzione recita:
"La sovranit appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Diciamo che di questo articolo in campo urbanistico si considera solo la seconda parte e mai la prima. Fortuna che la legge del '42 prevede almeno le osservazioni ai piani, unico strumento legale di difesa, di proposta e di protesta.
Per ampliare del 20% la propria casa unifamiliare, non occorre una mobilitazione nazionale di architetti e funzionari regionali, basta individuare i luoghi intoccabili e poco pi, pena lo scadere nel ridicolo.
Vale sempre e sempre di pi, purtroppo, il motto summum ius summa iniuria e, per restare nelle frasi celebri, aggiungerei la pi profonda e calzante, quanto la pi disattesa: "il sabato stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato".
Pietro Pagliardini
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Commento 6995 di Massimo Pica Ciamarra del 29/03/2009
Caro Pagliardini,
non mi sembra che INARCH si sia dichiarato favorevole al Piano Casa. N che io personalmente abbia assunto una posizione schematicamente contraria cos come appare dal commento 6909. Questa volta non abbiamo ritenuto doverci apoditticamente schierare (nellottobre 2003, sul condono lo feci a nome INARCH cfr.Antithesi). Oggi viene definito Piano Casa qualcosa che sembra non esserlo: un provvedimento di cui si parla, di cui si legge, che viene smentito. E un provvedimento misterioso che a volte sembra promettere anche cose infami. A volte invece sembra aprire opportunit, sembra rendere possibili iniezioni di qualit in alcuni nostri disastrati contesti.
Il recente documento INARCH ha nel titolo un punto interrogativo: fornisce suggerimenti, auspica un provvedimento che possa produrre effetti positivi. Annuncia confronti aperti per tentare di sciogliere nodi irrisolti.
Un saluto cordiale
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Commento 7000 di Renzo marrucci del 30/03/2009
Inarch ecumenico... sembra una cattedrale... dice e non dice? Oppure dice? Sembra che dica? Exarch? Bisognerebbe fondare exarch...
Un caro saluto
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Commento 7031 di Francesca Mosca del 05/04/2009
Condivido in toto le considerazioni della Cannarozzo,
e mi sale una rabbia mostruosa quando vedo alla tv i soliti politici nei soliti salotti che cercano di convincere gli "italiani"sulla bont e sull'urgenza improcastinabile di tale Piano Casa.Ma la cosa che pi mi addolora che il 44%degli italiani ci crede.Forse che gli asini volano?Sembrerebbe di s.
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Commento 7117 di Leandro Janni del 18/04/2009
Nelle nostre vite confuse, disperse e troppo spesso ormai virtuali, il principio di realt irrompe, a volte, con dolorosa e imprevedibile forza. E il caso del terremoto manifestatosi nel cuore dellAbruzzo, proprio durante il controverso dibattito, nazionale e regionale, sul cosiddetto Piano casa.
Ad ogni modo, se il dichiarato fine del piano (casa) voluto dal premier Berlusconi quello di rianimare lattivit edilizia (che si dice mortificata dalla generale crisi), non v dubbio che la ricostruzione di LAquila e dei minori insediamenti della sua corona offra una occasione, e insieme una responsabilit, di dimensioni straordinarie. Il restauro dei monumenti e il sistematico recupero degli insediamenti storici, messi in doverosa sicurezza sismica, dovranno attivare, e certamente per tempi non brevi, una vasta imprenditorialit di elevata qualit e ad alto tasso di occupazione.
Se si considera, poi, la imponente entit dei danni al patrimonio edilizio, anche pubblico, dellAbruzzo, si deve constatare che neppure i fabbricati pi recenti (che avrebbero dovuto adeguarsi alle normative antisismiche), come scuole e ospedali, hanno saputo opporre resistenza al sisma. E allora non certo arbitrario risalire a una allarmante condizione generale e alla dimensione nazionale di una responsabilit e di un compito che non possono essere elusi. Sicch si impone una strategia fondata su un ordine di incontestabile priorit, in un Paese interamente esposto, pur se in misura differenziata, alla vulnerabilit sismica. Converr dunque orientare la ripresa delle attivit imprenditoriali edili, non gi alla espansione-sopraelevazione della casa di chi gi ne dispone, ma alla priorit assoluta della messa in sicurezza dei luoghi nei quali Stato, Regioni, Province, Comuni adempiono ai servizi essenziali alla vita comunitaria, come innanzitutto scuole e ospedali. Un programma nazionale di dimensioni colossali, immediatamente attivabile, cui debbono essere destinate le necessarie risorse (anche distolte da meno urgenti impieghi) e che impegner per ben oltre un decennio la qualificata imprenditorialit delledilizia.
Tutto questo, ovviamente, valido, proponibile anche e soprattutto in una regione come la Sicilia. Ma, ci chiediamo: sapranno i nostri politici e amministratori regionali, anche alla luce delle recenti tragiche esperienze, contenere, limitare la costante, inesorabile, devastante cementificazione dellIsola e invece promuovere, attivare il risanamento, il rinnovamento qualitativo del patrimonio edilizio esistente? Sapranno, i nostri politici e amministratori, attivare una programmazione-pianificazione e una progettualit capaci di governare la complessit e valorizzare la bellezza? Sapranno, i nostri politici e amministratori, opporsi alla mistificante, fuorviante prassi delle opere faraoniche (su tutte il Ponte sullo Stretto) e condurre la Sicilia verso i territori moderni, auspicabili dello sviluppo sostenibile?
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Commento 7118 di pietro pagliardini del 18/04/2009
Mi sembra che Leandro Janni abbia confuso il "principio di realt", con la realt, e il Piano Casa con la ricostruzione dell'Abruzzo.
Il primo un errore di concetto, il secondo un errore di metodo e di obbiettivi.
Il principio di realt quel principio che consente alle mente di aderire alla realt delle cose e di non scambiare i propri desideri con quello che realmente avviene o potrebbe avvenire, di non scambiare cio i propri sogni, le proprie aspettative con la realt degli accadimenti.
Il terremoto una tragica realt ma, rispetto al Piano Casa almeno, non richiede affatto un ritorno al "principio di realt" da parte del governo, e questo per il motivo che il suddetto Piano nato s per "rianimare l'attivit edilizia", come dice giustamente Janni, ma con la piccola differenza che un'operazione a costo zero per lo stato, dato che mette in gioco solo una quantit consistente di piccoli capitali privati attualmente giacenti "sotto il mattone".
La ricostruzione un'opera colossale il cui attore principale non potr che essere, invece, lo stato, prima di tutto mettendo a disposizione ingenti capitali, non so come reperibili.
Direi che il principio di realt c'entra ma solo nel senso che Janni non lo applica affatto alle diverse situazioni che mette a confronto nel suo commento, applicando cio i suoi desideri, cio il non fare il Piano Casa, alla realt sbagliata, cio le scelte da fare per la ricostruzione in Abruzzo.
Pietro Pagliardini
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Commento 7123 di giannino cusano del 19/04/2009
Non sar breve.
Gli argomenti, giustamente, s'incrociano. Non conosco Gibellina, conosco un po' l'Aquila e il suo territorio. So che una citt di fondazione della met del XIII sec. nata come conurbazione di oltre 80 borghi o Castelli per ferma volont della popolazione, stanca delle angherie di feudatari di pochi scrupoli morali e ratificata abbastanza presto dalla monarchia sveva. Per inciso, la fine del regno normanno-svevo ha coinciso, per me, con l'inizio della fine del mezzogiorno d'Italia, da quel momento monco della Sicilia, data per ragioni strategiche agli Aragona, mentre per le stesse ragioni la parte peninsulare andava agli Angi. Questo nuovo doppio regno, nato monco e smembrato, rester per secoli sospeso tra Mediterraneo ed Europa senza poter compiere vere scelte strategiche efficaci e di lungo respiro. Ma chiudo la parentesi: porterebbe troppo lontano.
Le vicende de L'Aquila sono state tutt'altro che pacifiche, nel corso dei secoli. Lotte esterne ed intestine, aggressioni militari ora dei Durazzo ora del papato ne scandiscono frequenti momenti tragici. Il senso di identit di questi borghi, passati nel tempo a 99, rimasto molto forte fino a tempi recenti, ma ignoro se lo sia tuttora.
Ha ragione Lazier, a mio parere, quando afferma che il futuro quello che conta di pi. Sono un terremotato del 23 Novemvre 1980: so bene cosa vuol dire trovarsi in una manciata di secondi improvvisamente privi di qualsiasi prospettiva di vita. Come terremotato, sono un fortunato. Non solo perch nato in una famiglia benestante, ma perch la mia vita si era ormai trapiantata da Potenza a Roma. Come sia, la notte tra il 24 e il 25 viaggiavo con una enorme Peugeot presa in prestito in cambio della mia minuscola A112 per portare gi un carico di plaid e pane fresco raccolto in gran fretta con l'aiuto di amici pittori e scultori con i quali avevo improvvisato un centro di raccolta nella piccola galleria d'arte di fronte a casa mia.Era il loro ritrovo abituale e lo frequentavo spesso e volentieri. L'auto era zeppa e continuava ad arrivare roba che non sapevo pi dove mettere. Viaggiai di notte ma la speranza di trovare poco traffico fu sconfessata gi sulla A1 da interminabili colonne di mezzi militari e civili. Questi ultimi con le targhe pi disparate: Bologna, Firenze, Milano, Torino, Trento. E dimentico tantissime sigle non meno presenti.
Pensavo, guidando, a quanto strana l'Italia: anarcoide e individualista fino al menefreghismo pi esasperante, all'imprevidenza pi incosciente e allo scarso senso delle conseguenze organiche delle proprie individualistiche spavalderie, ma generosa nelle tragedie e grande nei funerali, specie collettivi. Quasi solo in quelli, per la verit. Pensai che tra le due cose ci fosse un nesso diretto e inscindibile di causa ed effetto. Non sono riuscito a cambiare idea. Anzi: me ne convinco ogni giorno di pi. Come sia, non immaginavo che quel viaggio si sarebbe tradotto in 18 anni di esperienza lavorativa maturata in zona sismica di prima categoria.
Dai sopralluoghi ingrati e frettolosi nelle case del centro storico a quelle nuove in cls. armato, a caccia di lesioni sospette, che dovevano concludersi in un "SI" o un "NO" ("agibile" o "bnon agibile") pitturato sul portone d'ingresso con vernici per strisce stradali messe a disposizione dall'ANAS, ingrate perch molti supplicavano, alcuni piangendo :-Scriva agibile. per carit di Dio, altrimenti dove andiamo a dormire stanotte?" fino ai pochi lavori svolti di ristrutturazione e adeguamento sismico. Passando per i 2 Convegni "Dal design all'habitat" organizzati nell'81 e nell'82 dall'In/Arch a Bari, nell'area della Fiera del Levante, regista l'instancabile Bruno Zevi, per focalizzare nuove idee per il rilancio del Mezzogiorno attraverso la ricostruzione. C'erano nomi come Luigi Pellegrin e Leonardo Ricci, per citarne solo due. Ma i politici erano, al solito, alquanto distratti. Mi feci un'idea che, anch'essa, doveva rimanere nella mia testa, per quanto in ogni occasione rivendicata con forza. E gi i sindaci degli oltre 280 comuni coinvolti precisavano a gran voce di volere la ricostruzione "com'era e dov'era".
Ecco: "adeguamento". Perch la L.219/81, poi Testo Unico del '90, imponeva l'adeguamento sismico e funzionale degli edifici, non solo la riparazione o ricostruzione di quelli danneggiati o crollati. E questo un primo punto da fissare bene in mente. Non significa nulla, infatti, dire che le case danneggiate sono il 30 o il 50 %. Bisogna anche prevenire, una buona volta, in una zona come quella aquilana ancora catalogata come sismica di seconda categoria quando, con ogni probabilit, pi realistico che passi alla prima.
Il florilegio immondo della stampa e dell'informazione nostrana ha, in questi giorni, raggiunto livelli sciacalleschi mai visti. Noi abbiamo un giornalismo che nel suo complesso , tecnicamente, fascista nell'anima: e sia detto senza offeasa per i fascisti convinti. Quando orfano di padroni, se li crea. E fin qui, poco male. Ma alla fine ci abitua tutti ad averne bisogno. Davvero siamo disposti a credere che nel cls de L'Aquila si sia usata sabbia di mare? E che avrebbe mangiato i ferri d'armatura fino a farli sparire? No, dico: siamo tutti impazziti, nella ricerca di scandali e capri espiatori ad ogni costo, o cosa? Intanto, trasportare la sabbia da Roseto o da Ortona al capoluogo sarebbe costato pi che acquistare della buona terra lavata. ma quello che fa pi specie la disinvoltura di corbellerie del genere: se davvero fosse andata cos, gli edifici imputati avrebbero manifestato segni evidenti di cedimenti e collassi da molto prima del sisma. E siamo davvero disposti a pensare che da test risulterebbe che ci fossero.a L'Aquila, calcestruzzi resistenti a 12 kg/cmq? Valori da terra secca: roba che un qualsiasi praticante di arti marziali, con un paio di colpi di karate ben assestati, avrebbe demolito palazzi sani! O questi cronisti dicono fregnacce sapendo di dirle o non capiscono cosa scrivono, ma lo scrivono ugualmente. Giusto per dare masochisticamente ragione a Karl Kraus quando affermava che un giornalista uno che non ha nulla da dire ma lo sa dire bene.
Ma come si fa? E come si fa a dire, ancora, in ogni sede che in Giappone terremoti fortissimi non fanno danni? Siamo tanto smemorati da aver dimenticato gli oltre 6400 morti del terremoto di Kobe del gennaio '95? E come si fa a dire che un 5,3 Richter (che in realt, poi, stato un 6.3 USGS, quindi oltre 31 volte pi forte di un 5.3) come quello de L'Aquila non poteva produrre tanti danni e morti, confondendo magnitudo con magnitudo rettificata e queste con MMA, o dimenticando che l'epicentro era a soli 4.8 km dal capoluogo e l'ipocentro era molto superficiale? Da 2 a 6 km di profondit significa che l'energia prodotta non ha avuto spazio per dissiparsi, prima di incontrare manufatti edilizi.
Non sono sismologo o strutturista, ma certi dati bisogna saperli pi o meno leggere. O informarsi, prima di infiormare i fatti. L'accelerazione di picco della scossa principale stata di 6.6 m/sec.^2, cio .67 g. Non c' bisogno di essere ingegneri per capire che questo come dare una spinta orizzontale agli edifici pari al 67% della loro massa.
E non c' bisogno di chiiss quali ipotesi di reato per capire dalle immagini dei crolli in centro storico che le malte (per lo pi aeree, ovviamente) in assenza di adeguameti preventivi erano polverizzate: i muri si sono risolti nei loro elementio lapidei elementari, o singole pietre, come fossero muri a secco.
N c' bisogno della zingara per sapere che i ferri lisci sono stati aboliti dalle zone sismiche lel 1974, ma il grosso degli edifici il cls.a. crollati con vittime, come la casa dello studente, erano antecedenti al'74. Poi, certo: ho guardato attentamente foto e documenti che sono riuscito a trovare. Ci sono edifici con pochissime staffe di legatura pilastro-trave o alcuni con cls scadente che hanno ceduto senza vittime. ma mi pare si contino su una mano. E cmq. agni caso va valutato e periziato a s, senza facili generalizzazioni preventive.
Ma allora, il futuro de L'Aquila. Ottica cmq miope: si guarda la citt e non si tiene in alcun conto il suo teritorio regionale. Come progettare su un lotto senza guardare cosa c' intorno. Non abbiamo una pianificazione nazionale; non abbiamo sue articolazioni regionali e sub-regionali (devo ricordare che il "Town and Country Planning Act" inglese del 1932 e ha prodotto gi molto tempo fa cose egregie come i piani regionali dell'East Kent , della regione londinese .e di quella di Manchester ?) e pensiamo di andare ancora avanti con i Piani Paesistici che, invece, dovrebbero sparire per dare posto a veri piani regionali e comprensoriali? E, in mancanza di questo contesto, come pensiamo di poter dare senso alle nostre citt, o anche solo di coglerne gli sviluppi auspicabili? Isolandole dalla loro realt sistemica? Non possibile, se non al prezzo di ignorarla. Cio di lasciarla andare per suo conto, affidata a qualche provvidenziale quanto inesistente"mano invisibile".
Ecco, allora. il capolavoro dell'improvvisazione anarcoide nostrana: la "new town".aquilana. Che come dire: cos facciamo prima a dare un tetto alla gente. Il che giusto, in s, ma non basta. Questa (purtroppo per i sempre troppi morti e feriti) un'occasione possibile per alzare lo sguardo dal francobollo e cercatre almeno di guardare la busta intera. Poi, certo: concordo con l'essenza del messaggio di Pagliardini (ma non con le modalit) quando afferma che la partecipazione fondamentale. Ma associazioni e comitati di cittadini e di quartiere non bastano, di per s, a garantire un'interazione sistemica efficace di singole istanze, senza un'organica visione delle prospettive future. Cio di piani veri: dalla scala nazionale gi. gi fino ai PRG e alle loro
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Commento 7125 di Renzo marrucci del 19/04/2009
Teresa Cannarozzo comincia diventarmi simpatica... ci va gi duro con il piano casa. Lei cosa farebbe? Il piano casa per chi non ce l'ha? Lo dica chiaro e semmai ci dica anche come lo far o lo vorrebbe fare...visto che v gi di penna che proprio un piacere... Il mestiere dell'urbanista ripiglia quota rispolverando vecchi concetti nonostante gli scempi perpetrati nelle citt italiane ed il fallimento dell'urbanistica italiana... tutto sommato, meglio far finta di nulla... Questo il tempo giusto.
Berlusconi vuol fare l'Aquila 1 e poi l'Aquila 2 e via di seguito con 3 e 4... e va a portare la lieta novella nelle tendopoli come fosse il Messia che viene dopo il recente terremoto in terra d'Abruzzo. Come se poi gli esempi berlusconiani di edificazioni immobiliari a Milano abbiano portato qualit urbana... Solo alcune qualit private... Nessuno entra dentro al problema per cautela oppure per timore reverenziale? Ci sorprende vero ma bisogna ammettere che ha portar speranza si sempre a tempo... ma sarebbe bene andarci piano con tutti gli interessi che una realt come la ricostruzione della citt dell'Aquila smuove e sveglia tra centro storico e il resto della citt...e non si sa dove e come finir. Cautela e seriet sarebbe opportuno e rimandare gli spot alla fase dei fatti e non delle parole... ma non per far i saggi o altro... solo perch in Italia quando si voluto fare presto non stato peggio o mi sbaglio?
L'Aquila deve essere ricostruita come era prima del terremoto, ne pi ne meno applicando la sicurezza che deve essere applicata in quei territori a rischio sismico... molto chiaro e semplice... senza andar a sollevare
gli aspetti pubblicitari di una ricostruzione secondo principi da mercato immobiliare, che non sono propriamente opportuni nel caso della citt abruzzese piena di storia e senza grandi aspettative di incremento abitativo.
Tutto ci per non rischiare di farci rimanere male chi ha gi sofferto e infliggere anche l'umiliazione di una campagna pubblicitaria del tutto inutile.
Questo si dice perch i meccanismi della macchina statale o regionale non sono certo nelle condizioni di dare la massima garanzia possibile viste le esperienze pregresse e quelle ancora in atto. Per cui la misura cautela seriet e coerenza... almeno dove possibile... e aver memoria... attitudine poco italiana mi dicono...
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Commento 7128 di pietro pagliardini del 20/04/2009
Giannino Cusano, non sar stato breve ma stato sicuramente efficace.
Pensare che lei non ha fatto che dire semplici, elementari dati di verit e trarne logiche deduzioni ma, di fronte al reality -terremoto messo in scena da TV e giornali le sue parole appaiono come una verit rivelata.
E' sempre pi difficile per tutti riuscire a filtrare le notizie per coglierne elementi di verit in mezzo alla massa strabordante di informazioni.
Sono molto pi scettico sulla sua convinzione che in questo paese possa funzionare una pianificazione e una programmazione come lei la immagina e come sarebbe teoricamente auspicabile.
Ma questa differenza, culturale ed istintiva, del tutto irrilevante rispetto all'importanza delle cose da lei scritte.
Pietro Pagliardini
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Commento 7129 di maurizio zappal del 20/04/2009
Sono, un "terremotato", tra gli altri! E, s, anche a me capitato! Uno scampato, ai "calcinacci" della notte del '90, per grazia ricevuta da "S. Lucia" (secondo i cristiani!), il 13 dicembre in "Val di Noto"! Terremoto, definito dai "cronisti" e dai grandi "sismologi" Italiani, di serie "b", magnitudo 5,1 della scala Richter, con una durata di circa 45 secondi e soltanto (sic!) 17 morti! E con una paura di serie "a", dato che, per quanto mi riguarda, dopo una "cagnara" di animali, un silenzio/assordante, un boato/sordo, una parete polverizzata ai piedi del mio letto, uninterminabile manciata di secondi con "urli" incontrollabili di mia moglie, mi venne un attacco di "colite", fulminante! Certo, mobili e suppellettili erano stati sconvolti da forze di sovrumana potenza che neanche un maestro di "arti marziali" avrebbe potuto sprigionare! Ma la mia solida "disciplina" mi sostenne a dare, quasi quasi, pi aiuto agli altri che ai miei familiari (che si aiutavano gi tra di loro). Ognuno ha la sua "storia" e mi sembra banalmente infantile guardare chi se la vanta, chi misura la lunghezza della dignit di fronte al "dolore"! E se questo tipo di credenziali pare debbano essere lobolo da pagare per essere ammessi a discutere di "architettura", pazienza -mi verrebbe da dire: anch'io, l'ho scontato e, quindi, mi assicuro della concessione dellautorizzazione a discutere! Certo, sui dati di quel terremoto, per, non sono pochi ad avere forti dubbi o perplessit. Il territorio dellasse Catania-Siracusa, attualmente risulta classificato S-9 vale a dire "zona sismica di secondo grado" mentre secondo la carta sismica nazionale risulta classificato S-11 cio "zona sismica di primo grado". In base a tale classificazione non sarebbe stato possibile costruire insediamenti chimici e petrolchimici in una zona a cos alto rischio, ma poich proprio sul territorio di (Catania/Siracusa) e delle vicine Priolo e Melilli sorge uno dei pi grandi poli petrolchimici d'Europa, per il quale gli esperti in seguito al terremoto del 13 dicembre hanno temuto il peggio ed a causa di questo timore sin dal primo momento stato imposto il blak-out sull'informazione, pu serenamente farsi strada l'idea che, per ragion di Stato, (cos come per l'epicentro) non sia stata detta la verit neanche per l' intensit! Inoltre, qualcuno, si aspetterebbe che dopo unesperienza cos traumatica (quella della parete polverizzata che non auguro di provare a nessuno, neanche agli archi-antropologi) la mia visione dellarchitettura contemporanea sia cambiata di una virgola! Vi assicuro che neanche allindomani del mio terremoto avevo dubbi sulla mia identit/non identit e formazione culturale! Insomma, sul mio sentirmi pi uomo/uccello che uomo/albero (il riferimento va a Baudelaire, che non piace agli architetti!) ero e sono, ancora, pi pronto a progettare edifici terremotabili! E ritornando sullarchitettura, di cui nessuno vuol parlare, io, per intenderci, mi riconosco sempre pi nel pensiero e nelle opere di Eisenman che nel Palladio. Per cui tutte le oscenit narrate di ricostruzione (dove?!) in situ o di deportazione fuori le mura, mi lasciano basito! Cio, se una ricostruzione passa (passava!) per le mani di Portoghesi, di Gregotti, di Purini ovvio che bisogna immediatamente chiamare gli infermieri, perch sappiamo e conosciamo bene le loro mani (da legare). Insomma, larchitettura fatta dagli architetti e se questi sono scarsi o altro, viene fuori una citt scarsa o altra! Esister la citt, il presepino con il bue e lasinello, lidentit intranseunte ma senza architettura o con larchitettura dei nanetti! E mi pare che stiamo andando per lennesima volta in questa direzione! Va bene, continuate con la retorica dellarchitettura della partecipazione, delle cooperative miste (abitanti e professionisti) e con lintellettuale organico e vedrete che ci porterete a nulla o a qualcosa che somiglia sempre ed esclusivamente allaborto che riusciamo a fare dopo queste tragedie! Il modello cui guardare sono nelle costruzioni di Dubai, di Osaka, di Shangai, di Berlino, eccetera, nel futuro della storia e non nel ricovero dei vecchi paradigmi architettonici ed urbanistici della storia dei morti, di quei morti che sono stati i viventi del passato. Volete capire che non saremo "liberi" fino a quando non ripuliremo il nosto presente dal "paludoso" passato. Quel passato- storico che vi conforta e che vi fa scegliere il cabotaggio (il "mareggiare a vista") piuttosto che avventurarsi per oceani! E che non vuol dire banalmente non avere memoria ma utlizzarla secodo appercezioni contemporanee!
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Commento 7132 di giannino cusano del 21/04/2009
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Non si capisce perch e con chi tu ce l'abbia, ma non mi pare ci sia alcun obolo da pagare.
Chi crede, racconta o ha raccontato la propria esperienza. Io ho osservato per lo pi due tipi prevalenti di reazione: 1. negazione dell'accaduto continuando imperterriti a fare ci che si stava facendo un attimo prima del sisma, come se nulla fosse accaduto; 2. senso di terremoto e sgretolamento interiore, di fallimento totale della propria esistenza.
Quanto ai dati sul sisma di Santa Lucia, o di Carlentini, del 13 Dicembre '90, per averli basta andare sul sito di un qualsiasi osservatorio sismologico straniero, se non ci si fida di quelli italiani. Dubito, per, seriamente che tutti gli osservatori del mondo si mettano d'accordo all'istante per alterare i dati e minimizzare i danni.
Fisheries & Oceanis Canada riporta questi dati (rilevati dall'USGS -U.S. Geological Survey) relativi ala stima degli "Tsunami Hazards" (http://www.pac.dfo-mpo.gc.ca/sci/osap/projects/tsunami/js/decades.pdf):
1990, December 13. A 5.3 Ms (5.5 Mb) (USGS) earthquake at 00:24 UT near Sicily, Italy, caused at least 18 fatalities and 300 injuries. The most damaged cities were Augusta, Carlentini, Lentini, Melilli, Militello, and Priolo Gargallo. At Augusta, sailors observed an anomalous wave offshore. In the Augusta district called Contrada Granatello the road along the coast was flooded by a wave. At Catania small submarine landslides were reported, and, at Agnone Bagni, close to Augusta, bathymetric changes as large as 50 meters were reported. Lo Guidice and Rasa, 1990; De Rubeis et al. 1991; PDE.
Validity 4.
dove Ms=Magnitudo di superficie, Mb= Magnitudo di volume.
So benissimo che il sisma fu minimizzato, dimenticato e sostanzialmente i danni non furono mai finanziati. Qui serve, credo, una precisazione: la scala MCS (Mercalli) fenomenica: misura gli effetti di un sisma (=intensit), non la sua energia effettiva (Magnitudo), per cui la stessa Ml (Magnitudo Richter) pu produrre effetti molto diversi da zona a zona, in funzione della natura e dello stato dei manufatti e della natura del sottosuolo.
Mi risulta pure che Augusta sede di insediamenti petroliferi sui quali occorrerebbe riflettere seriamente (insisto: in un quadro di seria pianificazione territoriale, una buona volta in Italia!). Pochi anni fa feci il giro dell'isola partendo da Palermo e passando per Trapani, tappa alle Egadi, poi di nuovo Trapani-Sciacca, sosta di 10 giorni a Noto, poi -grosso modo- Caltagirone-Siracusa-Catania-Palermo. Di Sciacca, per inciso, sulla splendida spiaggia ricordo un ristorante sul mare dove, dopo un lungo bagno in mare, ho mangiato delle sarde a beccafico davvero indimenticabili. E' di un bergamasco, mi pare, con moglie del posto, ma non ricordo il nome del ristorante. E' abbastanza famoso, cmq.
Come sia, venendo al discorso "architettura": sono dell'avviso che SOLO CREANDO IL NUOVO SI PUO' TUTELARE L'ANTICO. Spero, con l'aiuto delle maiuscole, di aver chiarito una volta per tutte il mio pensiero. Ma questo per me non vuol dire buttar via i "presepi" e restare sordi alla loro lezione storica. Se il nuovo irrinunciabile, dal mio punto di vista il "nuovismo" sempre un grosso rischio.
A presto,
G.C.
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