11 commenti di mASSIMO pICA CIAMARRA
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14756
di Massimo Pica Ciamarra
del 25/01/2019
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Sui concorsi di architettura
di
Sandro Lazier
B.
Data let, sono un buon testimone. Negli anni 50 come collaboratore, dai primissimi anni 60 come concorrente: finora centinaia di concorsi, molti allestero. Posso testimoniare che, fino a 10 anni fa, non ho mai visto un ricorso. Qualche volta si aveva notizia di un bando troppo tardi. Ricordo solo una protesta vistosa: la consegna di un plico anonimo, ununica tavola con su scritto ah, lavessi saputo in tempo!.... (4) Con la legge Merloni, oggi ormai il numero dei ricorsi supera quello delle gare e dei concorsi. (5) Le stesse procedure di ammissione conducono a battaglie (legali) fra i concorrenti, generano ricorsi, riserve, firme, autocertificazioni, autentiche, fideiussioni. Solo per essere ammessi a partecipare, occorre dichiarare fatturati, esperienze precedenti distinte per tipologia (senza pensare che chi - ad esempio - ha gi progettato ospedali, visto come sono, bene che dia spazio ad altri), numero dei dipendenti, presenza di un laureato da meno di 5 anni, Un coacervo di dati che avvilisce tutti ed ostacola i pi giovani.
(6) Fino al 98, in Francia come in altri paesi anche extraeuropei, i partecipanti ad un concorso erano ascoltati a turno dalla commissione giudicatrice: esposizione e domande, un utile confronto prima del giudizio. Con le regole europee - davvero indispensabile rivederle - si reso obbligatorio lanonimato dei concorrenti, quasi che un buon membro di giuria non sappia distinguere la firma insita nei linguaggi dei concorrenti, specie in un concorso ristretto.
Molti fattori hanno fatto si che ormai anche in Italia cresca il numero dei concorsi di progettazione: non mancano esempi positivi, (7) ma troppo spesso - anche in concorsi di rilievo - elementi irritanti. A Napoli lo dimostrano i due ultimi, quello per il Parco di Bagnoli, dove nessun concorrente stato capace di rientrare nella griglia delle regole e quello per un punto di ristoro nel Museo di Capodimonte dove, secondo la giuria, bench selezionato in base al prestigioso pedigree, nessun concorrente stato capace di proporre una soluzione accettabile. Lo stesso successo lanno scorso per il water-front di Formia. A Firenze, un concorso fra pochi esponenti dello star-system internazionale non riuscito a generare una piccola pensilina per il Museo degli Uffizi. Poi vi sono le commistioni fra concorrenti e giurie (tempo fa, un apposito sito internet era costantemente alimentato da strane coincidenze nelle aggiudicazioni ...); poi vi sono giurie che sembrano disattendere le regole del bando: oltre al famoso il caso di Padova, dove questo dissenso risult formalmente esplicitato, recente il caso del concorso di Firenze / piazza Brunelleschi. Poi vi sono casi in cui sono gli stessi enti banditori che disattendono le regole del bando (Universit di Foggia) o non giudicano le gare (Universit di Pescara). Cos ancora concorsi banditi e mai (!) giudicati; quindi grandi concorsi giudicati ma falliti, fra cui quelli per il Borghetto Flaminio a Roma - dissolto - e quello per la sede della Regione Calabria a Catanzaro, poliennale vicenda che sta per concludersi con il rischio di produrre, a firma del locale UT, un monumento allinefficienza ed allinsulsaggine umana da quasi cento milioni di euro.
Senza parlare delle gare mai giudicate e di quelle mal giudicate (a Napoli, la ristrutturazione della sede della Stazione Zoologica Anton Dhrn; a Torino, il caso dellOfficina Grandi Lavori da trasformare in Urban Center) ed astutamente gestite per vanificare le sentenze di TAR e Consiglio di Stato, con risarcimenti ai 2classificati fino al 20% dellimporto di gara.
(8) Gli amministratori pubblici - che non sempre colgono la sostanziale differenza fra gare e concorsi - consapevoli che sono i TAR a decidere, per ridurre i tempi ed evitare contenziosi se possono, evitano sia le gare che i concorsi: Napoli uno straordinario banco di prova di sotterfugi, incarichi diretti, consulenze a progettisti non solo stranieri e di fama, sussurri ed indicazioni a privati. In questa direzione aiutano sia la Merloni che la Bassanini, leggi che hanno incoscientemente esaltato gli incarichi interni agli uffici tecnici delle pubbliche amministrazioni, incarichi non solo estranei alla sbandierata ricerca di qualit, ma che agevolmente possono degenerare in aggiramenti di norme e mercati paralleli.
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14755
di Massimo Pica Ciamarra
del 25/01/2019
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Sui concorsi di architettura
di
Sandro Lazier
C.
Questo caos impone sostanziali riforme, non protezionismi corporativi: interesse della collettivit evitare sprechi di risorse e di tempo, perseguire qualit elevando i requisiti e rispettando le regole.
(9) Ecco perch la sezione Campania dellINARCH ha promosso un confronto di idee in vista del pi ampio incontro del prossimo 27 gennaio a Roma: pervenire ad un efficace sistema di garanzie nella pratica progettuale. Obiettivo non denunciare, ma lanciare proposte, magari distinte in due gruppi.
Nel primo, cinque questioni generali che ribadiscono i presupposti del come affidare gli incarichi di progettazione nel rispetto del principio della concorrenza e soprattutto dellinteresse collettivo: la qualit non obiettivo o valore aggiunto, ma condizione imprescindibile in ogni intervento.
(10) 1.1. qualit della domanda Affidare un incarico o bandire un concorso non sono lescamotage per liberarsi di un problema. Occorre farli precedere da confronti di idee, partecipazione; soprattutto per fissare le basi della domanda, perch sia chiara e condivisa. Poi occorrono tecnici competenti (la figura del programmatore quasi ancora sconosciuta in Italia) per sviluppare la domanda ed assistere le amministrazioni ed i RUP nella formazione del Documento Preliminare da cui prende avvio qualsiasi progetto. Nella prassi i Documenti preliminari spesso sono banalizzati: non svolgono il sostanziale ruolo immaginato quando sono stati introdotti. Se qualit rispondenza a requisiti espressi, sostanziale infatti che la domanda sia intelligente e compiuta.
Questione di fondo, a scala del tutto diversa, quella dei concorsi che eludono le domande sostanziali e riducono il confronto ad elementi secondari.
(11) 1.2. unit del progetto Oltre a quello di aver introdotto i DPP, la Merloni ha lindubbio merito di aver portato ad unit il progetto: non pi architettura, strutture, impianti, sicurezza, manutenzione, , ma progetto come insieme integrato. La legge per non evita i danni (economici, temporali, culturali) dovuti al separare il progetto in fasi, cio alla possibilit di individuare soggetti diversi come responsabili di progetto preliminare, definitivo, esecutivo o direzione lavori. Molto positivamente stata introdotta la figura del Responsabile Unico del Procedimento, ma non si compresa lesigenza del Responsabile Unico del Progetto. Nella prassi - ignorando che quella della concezione la fase sostanziale - invalsa labitudine di frettolosi progetti preliminari sviluppati allinterno, a base di successivi affidamenti allesterno.
A questo si aggiunge un sistema normativo che non lascia leffettivo controllo delle realizzazioni agli autori: miglioramenti, direzioni lavori, : il ruolo dellarchitetto non lo stesso nei vari paesi europei.
(12) 1.3. uffici tecnici Gli incentivi (introdotti dalla Merloni, poi incrementati dalla Bassanini) non devono alterare i ruoli. Programmi, verifiche, controlli, non possono essere svolti dallo stesso soggetto che progetta. Peraltro i progetti interni agli UT prescindono da alternative e confronti: cio tradiscono la collettivit nel suo strumento primo per perseguire la qualit. Sarebbe utile trasformare gli incentivi agli UT in premi per la velocit delle procedure. (13) Oggi, diversamente dagli altri paesi delleuro, i tempi burocratici sono anche tripli rispetto a quelli di progetto ed esecuzione nel loro insieme; dimenticando peraltro che, per loro natura, i progetti sono beni deperibili.
(14) 1.4. velocit Nelledilizia sembra ignorato il valore del tempo, come lesigenza dare tempo alla progettazione, un tempo congruo e non derogabile. La progettazione - per scegliere fra alternative e definire il futuro prodotto in realt virtuale - richiede tempi dello stesso ordine di grandezza a quelli della realizzazione. I principali ostacoli alla velocit degli interventi sono le incertezze normative e la complessit delle procedure di approvazione: da qui lentezze delle trasformazioni, lentezze dello sviluppo, oneri finanziari ed economici, svalutazione dei progetti, ritardi tecnologici, ricadute negative sullapparato industriale e, non secondario, sulla formazione dei progettisti e dei quadri tecnici.
(15) 1.5. risorse Occorre mettere a disposizione degli interventi edilizi risorse adeguate ai risultati attesi. Le differenze che si misurano fra i vari paesi delleuro non hanno giustificazioni, se non in deformazioni mentali. Non si spiega altrimenti perch - ad esempio - gli indici di costo di autostrade, ferrovie, fognature sono analoghi nei vari contesti, mentre quelli edilizi divergono, e significativamente.
Queste note questioni sollecitano azioni politiche attente, sistematiche e consapevoli.
Le proposte del secondo gruppo sono attuabili con azioni pi semplici, riguardano un sistema di garanzie, nella pratica dei concorsi di progettazio
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14754
di Massimo Pica Ciamarra
del 25/01/2019
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Sui concorsi di architettura
di
Sandro Lazier
D.
(23) Linsieme di queste indicazioni segnala lurgenza di una forte azione semplificatrice. Non una Bassanini dei concorsi: lo slogan sarebbe equivoco perch la legge che porta questo nome, nata per snellire e semplificare dichiarazioni e certificazioni, ha imbottito il suo sano intento iniziale con dovizie di ulteriori provvedimenti impropri, tra laltro ha ulteriormente favorito progetti senza confronti perch interni alla pubblica amministrazione.
Lazione semplificatrice - che non solo per abolire lanonimato richiede alcuni riscontri anche a livello europeo - dovrebbe elevare i limiti degli incarichi fiduciari, finch larbitrariet dei giudizi nelle gare produce - come spesso accade - solo perdite di tempo per competizioni in realt non tali. Per incarichi senza particolare incidenza sulla qualit degli spazi urbani, si potrebbero utilizzare gare con le garanzie prima delineate: sempre che chi le lancia possa motivare perch rinuncia a confronti qualitativi. I concorsi restano quindi il sistema base: le opere pubbliche - anche se di modesta dimensione - hanno infatti fra i loro compiti primari quello di introdurre nuove qualit nei contesti ed i concorsi di progettazione - semplificati, resi agili e rapidi, accessibili - possono riacquistare credito. Con opportune garanzie possono tornare ad essere, come nei principali paesi europei, strumento della collettivit per perseguire la qualit, per scegliere come risolvere nel modo migliore un problema; nello stesso tempo possono determinare straordinari laboratori di ricerca e palestre formative per i pi giovani.
(24) Quindi come slogan - concorsi - non basta pi.
LINARCH intende pervenire con rapidit ad un sistema di garanzie per renderli agili, veloci, ben programmati e ben valutati, non onerosi per chi vi partecipa, strumenti e premesse per un ambiente migliore. (25) Intende anche impegnarsi perch questi principi trovino spazi nei programmi del prossimo governo.
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14431
di Massimo Pica CIAMARRA
del 30/12/2016
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Auguri per il 2017
di
Sandro Lazier
Caro Sandro, grazie per la chiarezza delle tue valutazioni. Le condivido in pieno. Non concordo per sulle cinque righe conclusive, convinto che la logica globale in atto non spinga verso omologazioni, bens debba far riflettere su differenze ed identit senza cadere in nazionalismi o caricature strapaesane. A scala globale vanno condivisi temi e principi, ma -ad esempio- lattenzione alle questioni ambientali e climatiche si declina diversamente nelle varie regioni del pianeta. Cultura, comportamenti, forme di socializzazione, aspirazioni, non sono le stesse dovunque: tutto spinge il costruire al di fuori di ogni ipocrisia disciplinare. Urgono profondi rinnovamenti. Simpone paziente lavoro, ricerca, stratificazioni di innovazioni, anche molto diverse nei vari contesti.
30/12/2016 - Sandro Lazier risponde a Massimo Pica CIAMARRA
Grazie Massimo per il tuo intervento. Capisco cosa vuoi dire e cosa contesti.
Vorrei per approfondire la mia tesi.
Mi piace che le diversit ambientali determinino soluzioni diverse, ma non mi piace che siano le diversit culturali a determinare le soluzioni. Questa credo sia la chiave.
Ho riflettuto molto sul fatto che tutta levoluzione, di cui gli aspetti storici e culturali sono l'esito e non il motore, sia fondamentalmente una faccenda che ha a che fare con la tecnica. Occorre tenere conto che le diversit culturali perdono la loro intensit nei luoghi in cui alta la presenza della tecnologia. Lo sviluppo costante della tecnica produce, quindi, il processo inevitabile della perdita delle identit oggettive. A tale perdita irreversibile si voluto contrapporre un canone artificioso, un salvagente dellidentit, unequazione in cui laspetto culturale da variabile dipendente diventato variabile indipendente, con la presunzione che sia un teorico impianto culturale a definire ci che invece un tempo determinava la cultura.
Se i ruoli vengono ribaltati, e lidentit culturale diventa il promotore del cambiamento, questo non pu avvenire se non guardandosi alle spalle, cercando di non perdere le forme della cultura, le uniche in grado di riconoscere, senza pi badare alla sostanza. Ma occorre ricordare che non quella cultura che ha prodotto quel passato, ma stato quel passato che ha prodotto quella cultura.
Pensare di governare il presente con la cultura del passato illusorio, e produce solo gli stessi guasti del passato.
Io credo, infine, che ogni essere umano abbia diritto al massimo della tecnica e della tecnologia, se questa serve alla qualit della sua vita. Se questo traguardo deve pagare il prezzo della perdita di alcune identit culturali, io sono disposto a pagarlo senza riserve e rimpianti.
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9216
di Massimo Pica Ciamarra
del 27/12/2010
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Sandro Bondi.
A Lei il Regalo di Natale 2010 d
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Paolo,
ammiro -e grazie perch ci dai l'occasione di condividerla- la tua riflessione!
Massimo
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7126
di Massimo Pica Ciamarra
del 19/04/2009
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Etica e disegno della citt
di
Leandro Janni
Ottimo articolo questo di Leandro Janni.
Lo commento riprendendono con qualche variazione considerazioni sul post-terremoto contenute nel mio "SUSSULTO: rifondazione del progettare" (sul sito INARCH).
"Etica e disegno della citt" possibile. Tutto ruota intorno allidea di progetto, ed anche a norme e procedure che regolano le trasformazioni fisiche degli ambienti di vita e quanto su questo incide: dai processi formativi di chi progetta, alle effettive integrazioni interdisciplinari; dalladeguatezza delle risorse, alla velocit complessiva dei processi attuativi. In Abruzzo sono crollati edifici completati in trentanni, con sovrapposizioni di progettisti, direzioni lavori, imprese esecutrici. Escono in piena evidenza cose note: sovrapposizioni normative, disattenzioni, superficialit, carenza etica.
Progettare/costruire/trasformare richiede competenze e conoscenze: risposte culturalmente e tecnicamente attente a domande intelligenti, oltre che a regole chiare ed evolute. A chi governa, richiede soprattutto vera capacit di visione.
"Etica e disegno della citt" chiedono anche una sostanziale revisione normativa che ponga al centro la qualit del progetto. Quindi che si distacchi dalla cosiddetta Merloni e suoi derivati; che cancelli le degenerazioni indotte dalla Bassanini che incentiva non programmazioni, verifiche e controlli, ma progetti spesso banalizzati; che elimini concorrenze feroci su tempi e costi accentuate dalla Bersani; che non si lasci illudere dal DdL Bondi e spazzi via equivoci e luoghi comuni; che introduca il progettista unico per tutte le fasi di progetto e direzione dellopera; che rifugga dai semplificatori terribili; che definisca la qualit degli interventi negli aspetti misurabili (sicurezza, energia, emissioni zero, ecc.) purch forti di quelli non misurabili (appartenenza al paesaggio, allambiente, qualit delle relazioni con i contesti, ecc.); che garantisca precisi ma giusti tempi di elaborazione di progetto e di attuazione delle opere.
Vi un apparato da svecchiare e una fiducia da rigenerare: oggi intorno alla stessa idea di progetto e di qualit vi enorme confusione, equivoci di significato, ignoranza delle conseguenze di regole e procedure. E invece proprio nella qualit dei suoi progetti che ogni societ esprime il suo desiderio di futuro, la sua capacit di gestirne i processi, di determinare levolversi e il miglioramento delle sue condizioni di vita.
"Etica e disegno della citt" auspica interesse per gli spazi "non costruiti", auspica un costruito al di l di egoismi e narcisismi: il vero "modello nuovo" non pu che rintracciarsi attraverso interventi che rispondano alle motivazioni che ne sono all'origine, ma che abbiano come primo obiettivo quello di immettere un "dono" nel contesto in cui si collocano.
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6995
di Massimo Pica Ciamarra
del 29/03/2009
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Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Caro Pagliardini,
non mi sembra che INARCH si sia dichiarato favorevole al Piano Casa. N che io personalmente abbia assunto una posizione schematicamente contraria cos come appare dal commento 6909. Questa volta non abbiamo ritenuto doverci apoditticamente schierare (nellottobre 2003, sul condono lo feci a nome INARCH cfr.Antithesi). Oggi viene definito Piano Casa qualcosa che sembra non esserlo: un provvedimento di cui si parla, di cui si legge, che viene smentito. E un provvedimento misterioso che a volte sembra promettere anche cose infami. A volte invece sembra aprire opportunit, sembra rendere possibili iniezioni di qualit in alcuni nostri disastrati contesti.
Il recente documento INARCH ha nel titolo un punto interrogativo: fornisce suggerimenti, auspica un provvedimento che possa produrre effetti positivi. Annuncia confronti aperti per tentare di sciogliere nodi irrisolti.
Un saluto cordiale
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6950
di mASSIMO pICA CIAMARRA
del 22/03/2009
relativo all'articolo
Berlusconi e il Piano Casa per chi ce l'ha gi
di
Teresa Cannarozzo
Condivido lintervento di Teresa Cannarozzo: il piano casa dovrebbe essere tuttaltro, si preannuncia un DL che non lo sfiora, che ha oggetto e scopi diversi. Sostiene densificazione del sistema edilizio ed autocertificazioni, pone quindi la questione quantit/qualit ed su questa che urge riflettere.
Di per s densificare non preoccupa: non sinonimo di bassa qualit. Tanti gli esempi di alta densit e riconosciuta qualit, tanti gli esempi di aree a bassa densit e di bassa qualit: e viceversa. Elevare la densit pu agire su riduzione del consumo di suolo, accessibilit ad attrezzature e servizi, incremento delle relazioni sociali. Facilitare la densificazione e incentivare la sostenibilit energetica in linea teorica positivo per il sistema urbano e territoriale: ma -in assenza di logiche di sistema- la sommatoria di azioni individuali rischia di produrre effetti peggiori della cosiddetta legge ponte(1967). Non vale accettare la crescita con squilibri, sapere che ladeguamento degli strumenti urbanistici sar successivo: manca unimmediata revisione di regole e tempi.
Le autocertificazioni: dove il controllo degli interventi ridotto a sola verifica di congruenza normativa, sono opportune sostituzioni del permesso a costruire, contrastano la lentezza di apparati burocratici obsoleti. In assenza di Commissioni per la Qualit -cio di forme di intelligenza collettiva- ci si riduce a quella individuale. Ma si pu continuare in assenza di giudizi qualitativi? I comuni saranno sommersi da autocertificazioni da verificare in tempi brevi: come farvi fronte? Pu immaginarsi un garante per ogni quartiere? Il diritto individuale alledificazione prevale su tutto? Anche se un intervento inquina la qualit ambientale, ove esiste, o se non ne immette?
La qualit urbana non si produce per norma, mancano modi per misurarla, rispecchia la cultura di una collettivit e lazione sui processi formativi di lungo periodo. Il DL preannunciato nella sostanza riguarda gli interventi privati. In attesa di strumenti urbanistici agili ed adeguati, nellimmediato dovrebbe almeno spingere perch ogni autocertificazione sia accompagnata da fotomontaggi/immagini virtuali, espliciti i rapporti con il contesto, motivi il rapporto fra quanto in programma e ambiente circostante, paesaggio e preesistenze che caratterizzano il contesto di intervento. La superindividualit significativo fattore della qualit del costruito: contrasta interventi che si limitino a soddisfare egoismo del committente e narcisismo del progettista.
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676
di Massimo Pica Ciamarra
del 22/02/2004
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Ravello? Si fa, si fa!... Non si fa, non si fa.
di
Sandro Lazier
Se non per aver aderito ad un Appello ed un sintetico contributo alla tavola rotonda INARCH, non ho partecipato al dibattito sullAuditorium di Ravello. Altri hanno detto molto, e bene, per sostenerne la realizzazione.
Un confronto ampio, straordinario per la positiva divergenza di atteggiamenti fra gli ambientalisti. Parte di loro questa volta al fianco di noi che ci sentiamo tali credendo nel vero insegnamento della tradizione: trasformare, continuamente innovare, cercare nuove qualit nei paesaggi, con consapevolezza ambientale e coscienza delle stratificazioni. Fiduciosi nella capacit umana di formare stratificazioni e paesaggi, di intrecciare natura ed artificio: quella che ha prodotto qualit e bellezza dei nostri luoghi.
Gli aspetti positivi di questo confronto sono per offuscati da due affermazioni. Fa sorridere chi considera il paesaggio perfetto, espressione di grave incultura. Ma irrita il continuo appellarsi a questioni di legalit. Certo si poteva espletare un concorso, strumento basilare (e spesso tradito) per selezionare, confrontare, tendere alla qualit degli interventi. Formalmente ancora ammesso affidare il progetto allUTC con lapporto di uno dei Maestri dellarchitettura del 900. Ricalca prassi diffuse, degenerate, da evitare e correggere. Ma non ha senso discutere su cosa si poteva fare. Ora lalternativa unautorimessa (senza concorso) oppure unopera di architettura che introduce nuova qualit in quel contesto.
Con il pretesto della legalit (bisognerebbe discutere di altri progetti di ufficio, del perch si generano tante opere che devastano paesaggi ed ambiente, pur se perfette nelle procedure) si rischia la paralisi, lorrida sconfitta del nulla.
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398
di Massimo Pica Ciamarra
del 31/08/2003
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Assemblea Generale IN/ARCH
di
Sandro Lazier
Caro Direttore,
grazie innanzitutto per aver pubblicato la Relazione allAssemblea generale dellINARCH e per le espressioni di ammirazione sulle finalit e impegno dellIstituto e del suo Presidente nazionale. Segnale opportuno perch evita di dover smentire affermazioni avventate di sole due settimane prima (proprio su Antithesi 22.07.2003 P.Farina [si tratta di Paolo G.L. Ferrara. ndr] che lIn/arch, coinvolta com in lotte intestine sui ruoli dirigenziali (siano essi nazionali che regionali) che fanno potere, stia oggi vivendo un momento di crisi interna oramai risaputo e sfido i suoi gestori a smentirmi.)
Dopo questo segnale di pace, sono utili confronti di merito.
Credo equivocata in buona fede linterpretazione del concetto di qualit che cogli nel testo. La qualit in architettura deriva da una pluralit di fattori: innanzitutto dalla qualit del programma e dalla qualit di concezione del progetto; poi dalle qualit tecnologiche, realizzative e via dicendo. Le Facolt di Architettura dovrebbero riflettere sulle attuali esigenze di mutazione dei processi formativi. Almeno tre: 1. Oggi sempre pi i processi di progettazione si basano su partnership strutturate e motivate (per i molti esperti che vi partecipano, ruolo del committente, tecniche di ascolto): quindi occorre educare ad innescare e tenere in vita processi creativi, con quanto questo comporti in termini di ricerca di condivisione ed abitudine a velocit tramite approfondimenti simultanei. 2. Lintegrazione il punto di fuga di ogni azione progettuale, quindi ricerca di soluzioni capaci di risposte simultanee a pluralit di esigenze; attitudine ad interpretare le aspirazioni che sottendono la domanda; capacit di visioni dinsieme; affrancamento dalle logiche di settore. Altra conseguenza nel modo stesso di concepire gli interventi: occorre debellare la sindrome delloggetto edilizio. 3. Se alla base della ricerca di qualit vi la metodologia del confronto, per cui prima che soluzione il progetto tentativo, occorrono progettisti interessati a sperimentare alternative di soluzione allo stesso problema, cio educati alla valutazione di tentativi fra cui scegliere quello che assumer caratteri di "soluzione".
Altra questione - meriterebbe un denso confronto - riguarda la distinzione fra armatura della forma e linguaggio architettonico. Sulla prima si pu pervenire ad ampie forme di condivisione, la metodologia del confronto fra ipotesi diverse preziosa. Sul secondo la soggettivit delle valutazioni pi spinta. Personalmente non credo che un diverso linguaggio espressivo mi farebbe condividere il Vittoriano o il Palazzaccio a Roma, comunque edifici che galleggiano nello spazio, incapaci di fondarsi sul dialogo con gli elementi finitimi.
Con viva cordialit
Massimo Pica Ciamarra, Vicepresidente INARCH
31/8/2003 - Paolo GL Ferrara risponde a Massimo Pica Ciamarra
Caro Pica Ciamarra, leggo con piacere il tuo intervento sulla nostra rivista, e per pi motivi.
Indubbiamente il primo che se il Vice Presidente dell'In/arch ha ritenuto opportuno fare sentire la sua voce, bene, significa che le mie provocazioni sull'attivismo dell'Istituto sono state recepite come uno stimolo a partecipare alla discussione. Attenzione: non che -per storia e "nomi"- ne abbiate necessit, ma stimolare anche con qualche intervento duro sempre positivo, sicuro. E non si tratta di "fare la guerra" stile Bush (ovvero senza motivi palesi), bens guardare in casa propria: s, perch per me l'In/arch Zevi, e Zevi la mia imprescindibile base, dunque mai potrei cercare di attaccare pretestuosamente qualcosa che lui ha creato.
Ora, il pi che sia l'attivismo la vera base dell'Istituto, oltre ogni scaramuccia interna (lo ripeto, e me ne assumo la responsabilit), che poco m'interessano se poi il lavoro e i suoi risultati sono positivi, rendendole (le scaramucce) piccole cose, insignificanti sino a ridursi a beghe da portineria.
Ma che l'In/arch sia impegnato ad uscire da una crisi d'identit innegabile, soprattutto se ne consideriamo il poco peso che ha nelle decisioni ad alto livello, ovvero l'influenza che non ha rispetto leggi e leggine che orientano e orienteranno l'architettura in Italia. Non mi risulta, ad esempio, che Urbani abbia pensato di coinvolgere l'Istituto nella redazione della Legge-Quadro sulla qualit architettonica".
Ovviamente, non per vostro demerito, ma sintomatico...
Altro motivo di piacere che tu sei indubbiamente una personalit di alto livello e la tua voce non pu che rendere pi forte un qualsiasi dibattito, il che ovviamente implica che si possa anche non essere d'accordo. E poi, credimi, davvero pochi si sono messi in gioco dibattendo pubblicamente. Qualcosa significher...
Come hai ben capito, e per come hai avuto modo di conoscerci lo scorso anno a Sciacca, Lazier ed io siamo semplicemente "appassionati", oltre e fuori qualsiasi vincolo diplomatico che ci costringerebbe ad atteggiamenti ipocriti. Non facciamo "cartello" ma ci dilettiamo a scrivere e commentare. Agli altri il compito di definirsi "critici", "storici" e quant'altro.
un cordiale saluto
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Commento 14757 di Massimo Pica Ciamarra
del 25/01/2019
relativo all'articolo Sui concorsi di architettura
di Sandro Lazier
(1) UN SISTEMA DI GARANZIE NELLA PRATICA PROGETTUALE
A.
Maastricht una citt olandese di medie dimensioni, fino ai primi anni 90 nota pi che altro per luniversit, il carnevale e per aver dato i natali a Rubens. Oggi famosa per i trattati che hanno dato impulso allUnione Europea. Unito a quello della sussidiariet, il principio della concorrenza sostanziale, a scala mondiale, europea, nazionale e locale. (2) alla base dello sviluppo: favorisce aggregazioni, integrazioni, organizzazioni, complessit. Chi domanda individua le prestazioni da soddisfare. Se si tratta di un prodotto, chi dovr realizzarlo prescelto confrontando parametri misurabili, purch risponda ai requisiti richiesti o ne dimostri miglioramenti. Se invece si tratta di attivit intellettuali, prevalgono giudizi complessi, non misurabili, quindi confronti e giudizio critico.
In Italia questi semplici principi sono stati deformati: la cosiddetta legge Merloni - il nome richiama pi i frigoriferi che gli edifici, i prodotti di serie pi che i prototipi - presuppone un progetto esecutivo astratto, concepito fratturando i rapporti con il committente, i produttori di componenti ed il costruttore. Una legge quindi che mortifica il ruolo dellimpresa e tende a ridurre il confronto al costo di esecuzione.
(3) Il mondo imprenditoriale si sta ben difendendo, ampliando gli spiragli dellappalto concorso e dellappalto integrato, dal 2006 attraverso i dialoghi competitivi. Il settore della progettazione invece rimasto impantanato fra attivit intellettuali ed attivit dimpresa, confuse perch la stessa la legge che consente di ricorrere a gare od a concorsi, vale a dire di scegliere o il progettista o il progetto.
Oltre a generare fratture fra committenza / progettista / produttore di componenti / impresa di costruzioni (di questo molto, se non tutto, si gi detto) la Merloni ha reso conflittuali questi soggetti. Uno stato di conflitto che riguarda di volta in volta i singoli interventi: pur lasciandoli tutti sempre pi consapevoli dellurgenza di dover insieme uscire dalla trappola infernale che li coinvolge. Sembra concentrarsi su tematiche dei progettisti, ma lincontro di oggi non persegue interessi corporativi: quel che ormai impregna il mondo della progettazione ostacola la qualit, dilata a dismisura i tempi fra ogni domanda di trasformazione e le realizzazioni conseguenti, negativo per la collettivit nel suo insieme.