Auguri per il 2017
di Sandro Lazier
- 30/12/2016
Queste architetture ci
ricordano quanto fascismo sia presente nel nostro sentirci orgogliosamente italiani.
Quando si cerca una fantomatica identit, non si pu far altro che rivolgersi malinconicamente
al passato. Il nostro passato, che ha generato l'ideologia
fascista, se si tenta di ripercorrerlo (anche con sincera onest intellettuale)
con le stesse giustificazioni nazionalistiche, non pu che rigenerare
un'ideologia fascista, con tutti gli strascichi e il degrado monumentale conseguenti.
L'architettura, come l'arte, alla fine non mentono mai.
L'architettura, in particolare, risponde fedelmente alle condizioni pi
profonde dell'animo umano e alle sue aspirazioni istintive.
Quando si cammina in avanti,
guardando solo all'indietro, e per paura, ignavia o vigliaccheria si ripercorre
la strada passata, sincontrano inevitabilmente le stesse sciagure. Larchitettura
della memoria li a ricordarcelo.
Laugurio che si ricominci
seriamente a camminare in avanti, guardando al futuro senza timore, cercando
nuove strade. Il mondo sta rapidamente cambiando e larchitettura deve necessariamente
e coraggiosamente seguirne levoluzione. Chiudersi nel proprio recinto, fatto
di reminiscenze appaganti ed esperienze consolatorie, non fa che alimentare le angosce
verso la diversit, la novit e la rivoluzione mondiale in atto.
Integrazione e multiculturalismo sono oggi pi che mai la sfida e la misura
della nostra civilt e capacit dimmaginare il nostro futuro.
Non dobbiamo mai dimenticare che noi, come i disperati che arrivano in questi
tempi, non siamo gli eroi della storia, ma i suoi sopravvissuti, scampati da guerre
e miserie che nei secoli hanno accompagnato la vicenda umana. Considerare il
passato come maestro e genitore del nostro futuro stato un errore
imperdonabile, sbagliato e controproducente.
Sbagliato perch dalla
storia non simpara assolutamente nulla, ma si scappa. Si fugge a gambe levate
per rincorrere la speranza di una condizione esistenziale migliore; magari utopica,
visionaria, illusoria se volete, ma unica capace di muovere il migliore dei
mondi possibili.
Controproducente
perch la nostra storia cammina e i passi indietro non contano. Ci si pu solo
fermare, e linerzia non porta da nessuna parte. Lo dimostra la vicenda
architettonica di questi ultimi 30 anni, con i suoi esperimenti del ricordo, i
citazionismi irresponsabili, le sue accozzaglie stilistiche ed i suoi
fallimenti urbanistici ed architettonici. Abbiamo assistito ad un regresso tradizionalista
senza precedenti, che non ha prodotto altro che visioni scontate, banali,
convenzionali, pittoresche, senza nessuna sperimentazione degna di interesse,
in grado dinterpretare il cambiamento generale in atto.
Quindi il mio augurio
semplice: che il 2017 porti linizio di una nuova visione del mondo, aperta e
disponibile alla universalizzazione dei valori, lontana dalle sirene
federaliste e localistiche che, nella logica globale in atto, hanno fagocitato anche
le ambizioni di quello che un tempo si chiamava pomposamente e drammaticamente nazionalismo, riducendolo a caricatura d'un dispotismo strapaesano.
(Sandro Lazier
- 30/12/2016)
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Commento 14431 di Massimo Pica CIAMARRA del 30/12/2016
Caro Sandro, grazie per la chiarezza delle tue valutazioni. Le condivido in pieno. Non concordo per sulle cinque righe conclusive, convinto che la logica globale in atto non spinga verso omologazioni, bens debba far riflettere su differenze ed identit senza cadere in nazionalismi o caricature strapaesane. A scala globale vanno condivisi temi e principi, ma -ad esempio- lattenzione alle questioni ambientali e climatiche si declina diversamente nelle varie regioni del pianeta. Cultura, comportamenti, forme di socializzazione, aspirazioni, non sono le stesse dovunque: tutto spinge il costruire al di fuori di ogni ipocrisia disciplinare. Urgono profondi rinnovamenti. Simpone paziente lavoro, ricerca, stratificazioni di innovazioni, anche molto diverse nei vari contesti.
Tutti i commenti di Massimo Pica CIAMARRA
30/12/2016 - Sandro Lazier risponde a Massimo Pica CIAMARRA
Grazie Massimo per il tuo intervento. Capisco cosa vuoi dire e cosa contesti.
Vorrei per approfondire la mia tesi.
Mi piace che le diversit ambientali determinino soluzioni diverse, ma non mi piace che siano le diversit culturali a determinare le soluzioni. Questa credo sia la chiave.
Ho riflettuto molto sul fatto che tutta levoluzione, di cui gli aspetti storici e culturali sono l'esito e non il motore, sia fondamentalmente una faccenda che ha a che fare con la tecnica. Occorre tenere conto che le diversit culturali perdono la loro intensit nei luoghi in cui alta la presenza della tecnologia. Lo sviluppo costante della tecnica produce, quindi, il processo inevitabile della perdita delle identit oggettive. A tale perdita irreversibile si voluto contrapporre un canone artificioso, un salvagente dellidentit, unequazione in cui laspetto culturale da variabile dipendente diventato variabile indipendente, con la presunzione che sia un teorico impianto culturale a definire ci che invece un tempo determinava la cultura.
Se i ruoli vengono ribaltati, e lidentit culturale diventa il promotore del cambiamento, questo non pu avvenire se non guardandosi alle spalle, cercando di non perdere le forme della cultura, le uniche in grado di riconoscere, senza pi badare alla sostanza. Ma occorre ricordare che non quella cultura che ha prodotto quel passato, ma stato quel passato che ha prodotto quella cultura.
Pensare di governare il presente con la cultura del passato illusorio, e produce solo gli stessi guasti del passato.
Io credo, infine, che ogni essere umano abbia diritto al massimo della tecnica e della tecnologia, se questa serve alla qualit della sua vita. Se questo traguardo deve pagare il prezzo della perdita di alcune identit culturali, io sono disposto a pagarlo senza riserve e rimpianti.
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