L’impiccato muore coi piedi per aria.
A dirlo sembra niente, ma è per questo che la morte per impiccagione
è sempre stata considerata disonorevole ed empia, contrariamente
a
quella procurata dall’ascia oppure dalla lama a caduta. Bisogna
poi
fare attenzione ai flussi: il sangue dell’impiccato non è
liberato, gonfia il
corpo e vi rimane prigioniero, lassù, a mezz’aria, in
contraddizione con
le leggi naturali.
Nel decollato, viceversa, il sangue fluisce diligentemente e, fluendo,
si
ricongiunge alla terra, sua madre. Non è cosa da poco.
Morte ingolfata e brutale quella dell’appeso!
Poco decorosa e, inoltre, terribilmente teatrale.
La forca infatti, che di quella morte è palco e strumento,
si attesta proprio
come “macchina scenica”. Non manca neppure, quando le
cose
sono fatte a dovere, la botola per la sparizione a effetto del protagonista.
L’esecuzione per via di corda e di sapone, insomma, fu sempre
un
coup de théâtre. La si potrà, se si vuole, relegare
al genere inferiore
(grand-guignol, farsa macabra) sostenendo che la tragedia classica
necessita
di cadaveri immobili, giacenti e possibilmente eccellenti (a parte
i revenants che però si rifanno, appunto, vivi e che perciò
“morti”, propriamente parlando, non sono più) ma
difficilmente, io credo, le si potrà
contestare questa straordinaria vocazione teatrale.
L’impiccato dunque. |