Difendere la tradizione dai tradizionalisti
di Sandro Lazier
- 12/8/2009
"La dialettica il tentativo di vedere il nuovo nell'antico invece che soltanto l'antico nel nuovo." (1)
Sono parole di Th.W. Adorno nella sua critica al tradizionalismo. Il suo sistema dialettico rimane sempre attuale perch rinvigorito dal riconoscimento in questo senso espresso dal filosofo della decostruzione, recentemente scomparso, J. Derrida.
Per Adorno la tradizione "Va tenuta lontana, non pu essere convocata con un appello e strumentalizzata, pena la sua falsificazione. Ma va anche tenuta presente. Per il suo peso storico, per il suo incarnare() la "mediazione" interna a cose e parole, ma non solo."(2)
Cose e parole, realt e linguaggio, sono i puntelli ma anche i limiti della nostra capacit di comprendere. Oggetto e soggetto, oggettivit e soggettivit nella dialettica Adorniana non trovano conciliazione, ma sono costrette ad un perenne e critico contradditorio che esclude qualsiasi sintesi. C' infatti un'asimmetria insita nei due concetti, tra pensiero e cosa pensata, perch il pensiero, potendo pensare se stesso e anche contro se stesso, diviene in parte anche cosa pensata. (3) Il soggetto in parte anche oggetto mentre l'oggetto rimane solo tale. Un'interferenza questa che genera tensione, squilibrio, particolarit, differenza che non toglie al soggetto il primato sugli oggetti, ma che "materializza" in parte anch'esso, lo contamina al punto che non si pu pensare a qualcosa senza intaccarne soggettivamente l'oggettivit. L'oggetto non pi soltanto "cosa pensata" ma ha in s parte del soggetto che l'ha concepita (e quindi rigenerata).
Questa idea, evidentemente materialistica, oggettiva per postura ideologica, affida tuttavia al soggetto la sua sussistenza: un marxismo che introduce l'individuo nella macchina della storia. Un'idea che costringe i fatti storici, la tradizione, a fare i conti con il presente: "La tradizione non un prodotto del passato, ricevuto passivamente dai contemporanei, ma un punto di vista che uomini del presente sviluppano sul passato. Si tratta di una interpretazione del passato, condotta in funzione del presente. La tradizione non ci che sempre stato ma un richiamo al passato (vero o presunto) per alcuni scopi legati al presente." (4)
Questa condizione porta ad evidenti contraddizioni quali, per esempio, il fatto che pi si convoca la tradizione pi la si deforma e contamina. Per questo, secondo Adorno, va tenuta alla larga. Ma essa ci anche necessaria perch mediatica, vale a dire indispensabile al senso della comunicazione. Ma quale senso?
"L'oblio disumano perch fa dimenticare la sofferenza accumulata: giacch la traccia della storia nelle cose, nelle parole, nei colori e nei suoni sempre quella della passata sofferenza. Per questo la tradizione si trova oggi davanti a una contraddizione insolubile: nessuna attuale n da risuscitare, ma quando ogni tradizione spenta, la marcia verso la disumanit iniziata". (5)
Secondo Adorno il senso della storia come resoconto di continue sofferenze mediate dal linguaggio, sofferenze che non si possono dimenticare per non reiterare le vicende che le hanno prodotte. Una visione profondamente umanistica, finalmente positiva, frutto peraltro di una condizione fortemente critica. Come dire che le situazioni negative, in contesti contraddittori, non possono che produrre valori.
Questa dialettica, che Adorno chiama negativa per il suo esito critico, " autocoscienza teorica e in quanto teoria immanente smentisce la falsa oggettivit, la falsa soggettivit e il feticismo dei concetti." (6)
Credo che gli architetti contemporanei non possano che ammirare la bellezza di questo aspetto della teoria adorniana e la sua attinenza alla pi recente e sconvolgente prassi architettonica. Cos come, credo, non possano ignorare quanto tale pensiero falsifichi ogni pretesa di patrocinio storico da parte di coloro che affidano ad una presunta ragione oggettiva la guida del loro comportamento professionale. Penso ai tradizionalisti in genere e al catechismo tipologico di Aldo Rossi e discepoli neorazionalisti, impegnati a trasformare la materia in concetto, le differenze storiche particolari in conformismo collettivo.
Dice W. Benjamin "In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che in procinto di sopraffarla". Da un versante prossimo alla teologia, nel quale il termine Tradizione trova il suo significato pi autentico e originario, le tematiche del linguaggio introdotte da Benjamin aiutano a comprendere meglio le ragioni del confronto tra modernit e tradizione. Se tradizione "un'origine che trascina il materiale della propria nascita" allora "essa si propone come un divenire che ha come unico compito quello che il gi nato venga a noi. In questo senso l'origine ci che stato e, funzione della tradizione, risulta essere la riproduzione il pi fedele possibile di questi".
La situazione in cui ci si ritrova non diversa da quella del traduttore di testi. Ma nel trasporto dal prima al dopo vi una perdita di senso che va rigenerata: "Nello scritto "Il compito del Traduttore" ci che si evidenzia proprio questo rapportarsi di una temporalit della significazione, che avviene tra l'originale e la sua traduzione. Qui il presente non un momento cronologico, ma bens il soggetto dell'acquisizione di senso []. La traduzione viene quindi a riscoprire una funzione di un'attualizzazione del passato, e solo in questo rapporto sta la sua realt: essere una traduzione. Questa coglie la sua sostanzialit dall'originale, che viene a connotarsi come la sua origine." (7)
Ne segue che il rinnovamento qualche cosa d'indispensabile e, paradossalmente, per poter rimanere fedeli al testo, non possiamo che tradirlo: "come si mostra che nella conoscenza non potrebbe darsi obiettivit, e neppure la pretesa ad essa, se essa consistesse in copie e riproduzioni del reale, cos si pu dimostrare che nessuna traduzione sarebbe possibile se la traduzione mirasse, nella sua ultima essenza, alla somiglianza con l'originale. Poich nella sua sopravvivenza, che non potrebbe chiamarsi cos se non fosse mutamento e rinnovamento del vivente, l'originale si trasforma". (8)
"Appare chiaro, dunque, che il tradimento auspicato da Benjamin da formularsi nei confronti del tradizionalismo, il quale, chiuso nel culto del passato, rimane cieco nei confronti di un'attualizzazione dei propri contenuti; in modo da perdere la possibilit che il presente abbia, oltre alla sua apparenza, anche un significato. L'origine in questa condizione rimane perci mitica e irraggiungibile, il presente, come realt nuova, sostanzialmente insensato." (9)
Sembra una lezione teorica sul restauro che, volendo, anch'esso un particolare tipo di traduzione.
Il vero nemico della tradizione quindi il conformismo, con la sua pretesa di fedelt tradotto in tipologia.
interessante inoltre notare come i termini tradizione, traduzione e tradimento, grazie alla loro equivalente origine etimologica (al proposito vedi Tradimento e tradizione di Vilma Torselli) alla fine trovino un significato vicendevole.
Aosta, mercoled 14 luglio, libreria Mondadori, nel cortile accanto a Piazza Chanoux incontro Bobo Pernettaz. Lo conosco dai tempi dell'infanzia ma l'ho rivisto da pochi anni. personaggio eclettico e originale. Ha uno sguardo intenso dal quale si capisce che le cose le fa molto seriamente, malgrado un vasto versante ironico della personalit che sfocia volentieri nel sarcasmo. Oltre la libreria e il lessico che sfodera con destrezza, ha interesse per l'arte figurativa. Scolpisce il legno, come tradizione di queste parti, e lo fa con poesia. (10)
Nel tragitto dalla piazza al negozio incontro anche alcune indicazioni con una freccia e la scritta: "Segui la freccia e trova il legno sbagliato. Ohi-bo!" Chiedo e mi viene spiegato che l'opera di Pernettaz, presentata al concorso annuale dell'artigianato valdostano su invito degli organizzatori, stata esclusa per aver utilizzato nella sua realizzazione un pezzo in legno d'essenza non autoctona. L'opera l'ho vista ed pregevole. Un pastore di legno dorme intagliato in un prato ancora di legno e sogna la sua bella sempre di legno in una nuvola di fil di ferro. Sembra un quadro di Chagall, un racconto onirico scritto con parolacce di scarto. Difficilissimo tra tante essenze legnose scovare la bestemmia, il legno clandestino. Ma, pare, la commissione esaminatrice c' riuscita. Immagino lo zelo e la soddisfazione del commissario che ha scoperto l'intruso e con lui ha licenziato tutta la ciurma. Perch non gratificarlo - con un pennarello colorato come si dona ai bambini - e con lui premiare anche quelli che riusciranno nell'impresa? Cos nato il concorso "Segui la freccia ecc" che, se da un lato occasione di autentica ilarit, dall'altro pone almeno un paio di problemi pi seri, che toccano il portafoglio dei valdostani e l'integrit delle loro tradizioni. Integrit che la finalit del concorso si propone di perseguire.
La Mostra Concorso dell'Artigianato Valdostano, infatti, giunta alla sua 56 edizione esiste dal 1954 ed la pi importante occasione per gli artigiani del legno di proporre le loro opere al pubblico. Ora, dal 1954 ad oggi, sono cambiate sia le definizioni che i significati delle parole artigianato e tradizione, per cui capisco la difficolt che procura agli organizzatori fissare limiti e regole della loro rappresentazione, soprattutto quando viene tirata in ballo l'artisticit e si invitano a partecipare autori autentici. Vero che risulta difficile stabilire il confine tra artigianato ed arte se non si usano categorie astratte quali sono, ad esempio, utilit o inutilit delle opere in questione. Decorare una grolla o un tagliere o intagliare un paio di sabot cosa diversa dal comporre un pannello o assemblare a piacere oggetti trovati chiss dove. L'arte applicata cosa ancora diversa dall'arte figurativa, senza ovviamente fare distinzione di valore. L'approccio diverso. Se alcuni hanno necessit di regole e comportamenti da documentare e tramandare fedelmente ai posteri, pena l'oblio, altri, per essere poeti autentici, hanno invece la necessit di mantenere in vita queste tradizioni traducendo i padri, quindi tradendoli, per stare nel mondo con la sensibilit di oggi, con gli strumenti che preferiscono, di oggi e di ieri, con legni autoctoni o clandestini e persino con la plastica. Ne forse priva, oggi, la Val d'Aosta?
Per finire trovo sbagliato e vessatorio, demagogico ed erede di un tradizionalismo sprovveduto, pretendere di rinchiudere gli aspetti culturali di un'intera regione dentro un regolamento pittoresco e, nella sua ingenuit, anche un po' fanatico. I soldi spesi con i migliori propositi per salvaguardare giustamente ragioni e oggetti concreti di cultura valdostana purtroppo finanziano solo il conformismo di regolamenti inadeguati e sicuramente, per le ragioni di questo articolo, stanno producendo l'effetto opposto.
Questa precariet culturale, alimentata da una insensata miopia nostalgica, la si ritrova meglio nelle centinaia di casette tutte uguali che stanno riempiendo la valle, spesso in sostituzione di quelle autentiche. Macchiette della tradizione rurale, con sdolcinate pareti in pietra e legno, sono digerite da tecnici e sovrintendenze, apprezzate da un pubblico di bocca buona e sono rispettose del conformismo di regole e tipologie bigotte; ma stanno cancellando la diversit architettonica e urbanistica di una settantina di comuni valdostani.
Chiudo con un aggiornamento, dal fronte dell'antropologia culturale.
"Dagli anni ottanta, dal punto di vista scientifico, si tende a criticare il concetto di tradizione, per mettere in evidenza il fatto che la cultura situata nell'individuo, ed ogni volta che vi un passaggio di tratti culturali avviene necessariamente una rielaborazione. In quest'ottica la tradizione viene vista pi come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identit collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali."
1 - TH.W. Adorno, Sulla metacritica della gnoseologia
2 - TH.W. Adorno, Sulla tradizione
3 - Per guarire il concetto di essere dalla ferita della sua concettualit, la scissione tra pensiero e pensato, Heidegger definisce l'essere solo tramite s stesso, cadendo cos nella semplice ripetizione del nome. Evita la contingenza del materiale non rinunciando alla concretezza promessa dalla parola esistenza. Fonte Wikipedia: TH.W. Adorno
4 - Ibidem: Tradizione
5 - E. Tavani, TH.W. Adorno: la critica, la teoria, la tradizione
6 - Fonte Wikipedia: Tradizione
7 - D. Fusaro - Tesi su Walter Benjamin
8 - W. Benjamin - Il compito del traduttore
9 - D. Fusaro - Tesi su Walter Benjamin
10 - Il sito internet di questo autore http://www.bobopernettaz.com
(Sandro Lazier - 12/8/2009)
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Commento 7437 di PIETRO PAGLIARDINI del 17/08/2009
Commentare questo articolo difficile, almeno per me, perch a discorrere di tradizione in senso generale corro il forte rischio di scadere nel luogo comune. In questi giorni poi di campagne politiche estive sullinno nazionale e sui dialetti da insegnare a scuola il rischio rischia di diventare certezza e d ragione, in fondo, a chi dice la tradizione viene vista pi come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identit collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali."
Di primo acchito, invece, mi viene da pensare che difendere la tradizione dai tradizionalisti sia, questo s, un artificio retorico un po subdolo per appropriarsi delle armi dellavversario e con ci annullare lavversario stesso. Questo non sarebbe un problema, visto che non c nessuna guerra personale in corso, se non fosse che a perdere sarebbe proprio la tradizione stessa e larchitettura rimarrebbe in mano a coloro che la ignorano (la tradizione). Se infatti la tradizione non la difendono, o non ne sono capaci, i tradizionalisti come possono farlo coloro che scientemente lhanno cancellata in quanto ritenuta inutile e sorpassata fino al punto di ricominciare daccapo e fondare in laboratorio una nuova architettura?
Come pu candidarsi ad esserne autentico custode e interprete chi crede che luomo del nostro tempio sia altro dalluomo di appena un secolo fa, quasi avesse subto una mutazione genica e per questo gli ha cancellato e azzerato ogni riferimento (architettonico, spaziale e urbano) non tanto alla tradizione, se banalizzata a livello di pro-loco, ma al patrimonio culturale accumulato dalluomo nel corso di secoli di lavoro e di ingegno per adattare l'ambiente al proprio benessere fisico e psicologico?
Ma detto questo non posso eludere il problema di come la tradizione possa innestarsi nella contemporaneit affinch non inizi la marcia verso la disumanit.
Intanto dico che quanto Benjamin afferma, pu essere tranquillamente rovesciato nel suo contrario In ogni epoca bisogna cercare di strappare il presente al conformismo che in procinto di sopraffarlo e rimanere altrettanto vero, dato che davvero raro trovare maggior conformismo, direi fino alla noia, nella tiritera continua della creativit, dellesaltazione dellinvenzione e del rinnovamento! Dunque occorre non fidarsi troppo delle parole, specie quando sono double-face.
Inoltre vorrei evitare ogni discussione sul nuovo e sul vecchio. Adorno mostra di dare grande importanza a questi due termini che, in realt, non esprimono nessun giudizio di merito ma sono pura qualificazione temporale. E un vizio, a mi avviso grave e questo s conformista, quello di contrapporre il nuovo al vecchio, anche questo speculare a quello di coloro che rimpiangono il tempo che fu. E un po il contraltare di le stagioni non sono pi le stesse; mitizzazione dellieri e mitizzazione delloggi, memoria deformata la prima, negazione della memoria la seconda. Vizio diffuso in ogni campo, in politica soprattutto, dove in realt porta sempre a rapidi e disastrosi fallimenti proprio per la mancanza di merito e valore nel concetto di nuovo in s; diventa addirittura pericoloso in campo bioetico dove la marcia verso la disumanit cominciata da tempo e dove, per mancanza di memoria, si va inesorabilmente verso azioni che fino a non molto tempo fa evocavano esperimenti mostruosi su innocenti e che erano rappresentati tutti in nella figura di un medico diabolico; il tutto giustificato con la necessit del nuovo (allora nuova razza, oggi nuovo uomo).
Dunque il temine tradizione in campo architettonico, di cui anchio faccio largo uso, assolve alla funzione di comunicare una distinzione con il pensiero architettonico dominante (mi riferisco a quello del mondo culturale, degli architetti, dei media, delluniversit, di quello, cio, che appare e che forma e informa i presenti e futuri architetti) e, in questo senso, serve anche ad esercitare una contrapposizione tra gruppi. Io, poi, a questa contrapposizione credo particolarmente, ne sono addirittura un fautore, per due motivi fondamentali:
il primo perch non pu esserci dialogo equilibrato tra una maggioranza bulgara e una piccolissima minoranza carbonara;
il secondo perch appartengo ad una generazione che porta il marchio indelebile della politica e difficilmente riesco a fare astratte disquisizioni non finalizzate ad un risultato, a breve, a medio o lungo termine che sia.
Dunque assumo il termine tradizione come mio, pur sapendo che si porta dietro una serie di scorie negative, per farmi capire meglio, per distinguermi da altri. Ma anche per il fatto che certamente migliore e pi vero del termine antico. La differenza tra architettura antica e architettura tradizionale fondamentale, perch la prima esprime, prima di tutto una datazione consolidata e non pu prescindere da uno stile architettonico, la seconda invece processuale, architettura viva che conserva la memoria genetica di tutta larchitettura che si sviluppata in un determinato luogo o area geografica.
Dato che larchitettura non astratta creazione di forme senza tempo e senza luogo ma non pu prescindere dal tempo e dal luogo proprio il termine tradizione a rappresentare e distinguere oggi un tipo di architettura che si contrappone a quella dominante, la quale invece prescinde dal tempo, perch lo interpreta solo superficialmente e banalmente come parata tecnologica, dunque in senso solo stilistico (eterogenesi dei fini dato che si tende a negarlo fieramente come una vergogna) e non come processo evolutivo e tipologico, e senza luogo perch globalizzata, omogeneizzata, e perci priva di informazione e povera e consumistica, quasi un usa e getta.
Per finire, un accenno alla vicenda valdostana, che per non conosco affatto ma che mi suggerisce (sempre per quel marchio del tempo che mi porta a discorrere in termini politici) una considerazione di tipo diverso e fuori tema. I regolamenti in una societ democratica sono necessari ma pericolosi perch possono escludere il buono e mantenere il cattivo. Direi che il difetto principale della democrazia che porta in s il germe della spersonalizzazione e della deresponsabilizzazione. E tutta la nostra societ occidentale e democratica che soffre di questo grave male a cui ancora non stato individuato un rimedio (ammesso che ci si pensi) e anzi si sta accentuando pericolosamente. Leccezione non ammessa perch nessuno si assume la responsabilit di accettarla e, chi lo fa, viene ritenuto pericoloso e si parla di vulnus alla legalit e alla democrazia.
La procedura, il metodo qualifica il nostro tempo, soprattutto nel nostro leguleio paese. Il merito soccombe sempre.
Probabilmente, nel caso del nostro scultore, sarebbe bastato qualcuno che, senza cambiare il regolamento, si fosse presa la responsabilit di fare uneccezione riconoscendo che lopera rispettava comunque la tradizione, anche con essenza proveniente da altro luogo, con ci, a mio avviso, stando nel filone della tradizione che evoluzione.
Invece succeder che, per una ottusa aderenza ad un regolamento, lanno prossimo, dopo linevitabile e ampio dibattito, faranno la pensata di cambiare il regolamento e con ci apriranno ad opere di tuttaltro genere e perderanno cos la tradizione.
Morale: le leggi non devono seguire la cronaca ma sono gi uomini che devono trovare la capacit di scegliere e di assumersene la responsabilit.
Pietro Pagliardini
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Commento 7438 di Vilma Torselli del 17/08/2009
Ci sono luoghi comuni che possiedono una straordinaria forza seduttiva, un potere evocativo tanto radicato quanto ingannevole, uno di questi lidea di tradizione. Intimamente connessa al concetto di identit e quindi di differenza, la tradizione vista come una componente statica della cultura di un popolo, alla quale parametrare la modernit ed al tempo stesso la propria appartenenza etnica. In realt non vi nulla di pi instabile della tradizione, che non solo una tessitura di secoli di avventura.", ma essa stessa unavventura in fieri, un impasto indistinguibile di nuovo e vecchio in continua lievitazione, un processo collettivo ed individuale variabile ed imprevedibile al quale arbitrario attribuire le caratteristiche fisse e precise di uno o laltro momento storico . Cosa vuol dire seguire la tradizione? Quali i riferimenti da tenere presenti, di cent'anni fa, di duecento? C un periodo nel quale individuare e fissare la tradizione?
Mi viene in mente un paragone che ho letto da qualche parte, secondo il quale stabilire un momento significativo al quale far riferimento per la definizione della tradizione e dellidentit di un popolo un po come scattare la foto di gruppo di una indisciplinata classe di bambini, in continuo movimento, che si scambiano di posto, che mutano la disposizione, il numero, lespressione .. Qual lo scatto che veramente li rappresenta? E una volta fissati in una foto, quei bambini ci si possono veramente riconoscere?
Oggi, in epoca di globalizzazione, laltra faccia di una medaglia che esibisce con compiacimento una visione ecumenica ed universalizzata della realt planetaria, il timore del diverso espresso demagogicamente come difesa delle radici culturali, come difesa di una cultura glocalizzata alibi per una crescente attenzione verso il locale e i localismi in genere, camuffati, appunto, da valori tradizionali: per citare, Sandro, parole del tuo articolo, In quest'ottica la tradizione viene vista pi come un elemento retorico utilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identit collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali."
Bobo, artista immaginativo con una grande manualit e con lanima ecologica di attento osservatore della natura, rimasto vittima di un regolamento pittoresco e, nella sua ingenuit, anche un po' fanatico che non concepisce neanche lontanamente che, in oltre mezzo secolo, la tradizione, anche quella della Val dAosta, possa aver accolto neologismi, ibridazioni e legni clandestini, appropriandosene e quindi assimilandoli in quella che, fra qualche anno, sar chiamata tradizione. Lidentit collettiva meglio rappresentata da regole e comportamenti da documentare e tramandare fedelmente ai posteri o da chi, pur figlio di quella terra, sta nel mondo con la sensibilit di oggi e distilla poesia assemblando con passione e fantasia uno dei materiali pi amati dalluomo (specie valdostano) sin dallinizio dei tempi senza distinzione di essenze?
Quanto allimbarazzo degli organizzatori del concorso che sono fermi al 54, direi che si sono persi un pezzo di storia del 900, il quale va incontrovertibilmente verso una unificazione dei linguaggi e labolizione di categorie quali arte, artigianato, arti minori, arte applicata, design ecc. ( altrimenti che ci stanno a fare le Arts and Craft, il liberty, la Bauhaus ?). Lespressione creativa arte, persino sotto forma di ruota di bicicletta o lattina di campbells soup.
Ora, che vuol dire quel titolo Mostra-Concorso dellartigianato valdostano di tradizione, volto agli artigiani del settore tradizionale ed equiparato (surreale! Vorrei proprio vedere come si fa lequiparazione)? E corretto ed adeguato ai tempi imprigionare unespressione comunque artistica in categorie cos riduttive? Non , oggi come oggi, unanacronostica forzatura e la deroga un peccato solo veniale, anzi magari un'utile indicazione verso un ammodernamento del regolamento?
Ovviamente non posso/voglio entrare nel merito di scelte che non conosco sufficientemente a fondo, comunque consiglierei a Bobo di ritentare lanno prossimo, col tempo e con la paglia maturano le nespole, vuoi che non maturino pure gli organizzatori di concorsi?
Ps: se passo da quelle parti, chieder anchio il mio pennarello colorato e cercher di individuare il clandestino. Si vince qualche cosa?
Vilma Torselli
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Commento 7444 di renzo marrucci del 22/08/2009
Si potrebbe dire che tra gli uomini c' sempre chi si chiude troppo nella realt dei padri e tende a fissar le regole per difendere qualche cosa che comunque difficilmente difendibile... forse chiss... una molla che vedo scattare spesso anche negli insospettabili. Sovviene nell'appartenenza a qualcosa ... alla terra, alla citt e a tutto ci che ci costruisce. Il tentativo di difenderla troppo la tradizione, la fa ricadere nella imbalsamazione dei suoi contenuti e allora occorre capire il perch in quanto, comunque, nella continuit deve evolversi anche e necessariamente lo spirito di osservazione e il senso critico che se ci porta nel presente elaborando il futuro... ci consente anche di orientarci nell'altrettanto vivo e confuso, spesso elugubrante, speculativo, opportunista falso senso del futuro...
Il passaggio dal senso della tradizione e della storia al presente che viene giorno dopo giorno cio il futuro... troppo spesso vissuto come una noia, una cosa da superare a tutti i costi... una frenesia che non si cura spesso di avere o cercare una vera coscienza. E' forse questo che procura molta confusione? L'intuizione non sempre qualche cosa che andando avanti porta dietro il meglio di noi?
Tutti i commenti di renzo marrucci
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