Galvagni all'universit di Genova
di Sandro Lazier
- 31/3/2009
Marted 17marzo, in stradone SantAgostino a Genova, larchitetto Mario Galvagni ha incontrato gli studenti della Facolt di Architettura. L'evento stato organizzato da Marco Ciarlo, responsabile con Fabrizio Melano e Giampiero Negro dello studio MarcoCiarloAssociati, collaboratore da alcuni anni di Brunetto De Batt nei corsi da questi tenuti nellateneo genovese. Enrico Bona, docente di progettazione architettonica nella stessa universit, milanese come Galvagni, ne ha introdotto la figura, definendo il contesto storico e culturale dentro il quale lautore ha compiuto le sue ricerche e realizzato le sue opere.
Tra i convenuti Emanuele Piccardo di Archphoto.it.
Particolarmente ispirato, Galvagni ha tenuto banco per pi di due ore calamitando lattenzione del pubblico e degli studenti. Dalle opere giovanili - casa Silva a Caldonazzo (TN) del 1954, i progetti di Torre del Mare a Bergeggi (SV) degli anni 60, casa Beretta a Brusson (AO) del 1968 fino alle opere recenti, i presenti hanno potuto apprezzare la passione e limpegno di un autore che, lontano tanto dalle ordinanze teoriche delle accademie che dalle lusinghe delle mode del momento, ha saputo percorrere una strada coerente e rigorosa, sostenuta da unidea forte ma diplomaticamente scomoda, come quella che lega la forma allarchitettura.
Scomoda perch laccusa dessere la sua unarchitettura formalista, al servizio della speculazione edilizia ha ostacolato in pi occasioni i suoi progetti, boicottandone la pubblicazione sulle riviste culturalmente pi influenti, impedendone persino la realizzazione.
Accusa del tutto pretestuosa, ispirata soprattutto da ragioni di bottega, a cui gli indigeni Ordini e Collegi professionali hanno dato voce come nel caso di Torre del Mare, e paradossalmente patrocinata dai gruppi ecologisti, cio da coloro che dalla scienza ecologica avrebbero dovuto piuttosto ricavarne una dottrina affine.
Accusa ingiusta, come dimostra il coinvolgimento in prima persona dellarchitetto nei momenti critici della costruzione di alcune sue architetture, in cui egli stesso costretto a mostrare concretamente alle maestranze come procedere nella realizzazione di particolari inconsueti e sconosciuti alla tradizione costruttiva. Chiunque conosca minimamente questo mestiere sa, invece, che la speculazione predilige la banalit, ci che facile, ordinario e non dar sorprese, per ovvie ragioni di profitto.
Galvagni ha sempre tenuto in massima considerazione il coinvolgimento delle maestranze locali, reali depositari e complici nella promozione e nel compimento della Gestalt Ecologia, perch il corpo sociale nel vivere questa situazione in modo complessivo e totale, lo intuisce, lo percepisce. Motivo? Certamente correlato al patrimonio genetico di ognuno di noi.
Il momento pi coinvolgente del convegno si avuto durante la proiezione dei brevi filmati nei quali, con matura naturalezza, Galvagni commenta le immagini che locchio della telecamera riprende con dovizia e devozione strabilianti. Linterazione del mare con la battigia, della luce con il mare, del vento con gli scogli, documentata con una dedizione estrema e unattenzione meravigliosamente ossessive.
La naturalezza della sua voce narrante la stessa con cui egli riesce a tenere legate in un unico filo la fisica teorica, di cui ricercatore, la curvatura dello spazio, la poesia, la pittura, la scultura e larchitettura.
Lealt e onest intellettuali traspaiono spontaneamente dal personaggio e sono talmente evidenti da lasciarci perlomeno perplessi in un momento di rilassamento etico che ha coinvolto in recenti scandali alcuni architetti emergenti, accademicamente accasati proprio nellateneo genovese. Questa credo essere la lezione principale che possibile ricavare dallincontro, capace di trasmettere agli studenti principalmente quelle virt umane che sono presupposto essenziale di ogni qualit espressiva, qualsiasi essa sia.
Io me ne starei sdraiato in spiaggia a prendere il sole, ma lo scoglio che mi chiama e mi dice riprendimi.
Le cose del mondo ci parlano. Sta a noi dare ascolto.
(Sandro Lazier
- 31/3/2009)
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Commento 7011 di giannino cusano del 02/04/2009
Visto che nessuno fiata, vediamo di rompere un po' il ghiaccio.
Non credo e non ho mai creduto negli artisti "incompresi". A ben guardare, i cosiddetti "geni incompresi" sono immediatamente capiti. E pi a fondo. di quanto non si sia disposti a lasciar trapelare. La ragione semplicissima: ammettere di aver compreso vuol dire riconoscere di dover cambiare qualcosa nei nostri comportamenti, nelle abitudini, negli atteggiamenti e orientamenti mentali di ogni giorno. Vogliamo capire di far parte di un tutto di cui la Gestalt Ecology una chiave di lettura/scrittura? Che non siamo noi, il/al centro dell'universo? Che questo ha proprie leggi che non possono essere by-passate o stravolte a nostro piacimento? E vogliamo capire, altres, che la "comprensione" di quelle leggi ci colloca in una posizione non pi centrale, certo, ma di staordinario e nuovo interesse, in cui l'invenzione la nostra vera attitudine "naturale" ?
Non so se sono centrate o meno, quanto a interpretazione. Ma mi paiono domande importanti che il lavoro di Galvagni ripropone (o suggerisce) sistematicamente in ogni sua manifestazione. Domande perfettamente comprese e comprensibili da chiunque: tanto da venir censurate con l'alibi della "incomprensibilit".
Il lavoro di Galvagni, peraltro, dimostra ci che tutti sanno almeno per vaga nozione intuitiva: che tra arte, scienza, filosofia, religione non ci sono n mai ci sono state barriere che non fossero forzose, artificiali.
Non sorprende che i giovani vi prestino tanta attenzione, perch suona davvero un'altra musica rispetto al fatto che la realt di ogni giorno non sembra mai stata disorganica quanto oggi.
C' non poca materia su cui ragionare. E credo che sia ora di scrollarsi di dosso un bel po' di accumuli di pigrizia e di pessimismo.
Grazie ancora, Galvagni!
G.C.
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Commento 7041 di Renzo marrucci del 06/04/2009
Il fiato a volte pesante e conviene tenerlo dentro prima di ammorbare...
Calvani a Genova e perch? Io me lo domando sapendo che la furbizia ha cento e mille code vive e forse anche troppo vive...
Su Calvani mi sono gi espresso e non posso che continuare a dirne bene se ci utile. Si capisce! Ma non con un incontro con lui che si lavano i panni al lavatoio. Questa maniera di fare per riguadagnarsi... mi turba e non pu che turbare...
La politica possiede un coefficiente di veleno che pu inquinare anche usando il bene per il male... Questo aspetto feroce e io non posso evitarlo nelle mie riflessioni, non ce la faccio...
La ricerca di Calvani dovrebbe essere fatta metodo e metodo anche l'umilt con la quale si partecipano i propri studi e non basta ai ragazzi sentire una conferenza o una lezione pur interessante che sia... sarei stato contento che l'invito si fosse risolto in un ciclo di lezioni, in un corso o qualche cosa del genere per lasciare buona traccia nella crescita dei ragazzi. E ci mi pare la cosa pi importante!
Cio riconoscere il metodo come condizione necessaria per arrivare alla qualit, ognuno secondo se stesso. In mezzo a questo can can dell'autostima che... diventa mostroridicolo dell'esaltazione di ogni cazzata... arrivando al fanatismo per le vie, appunto malsane, della aggressivit ideologica e visiva pi tronfia... vestirsi cio di un credo fittizio... diventa come lavarsi alla marana e non alla sorgente ... che praticamente ci di cui hanno bisogno le nostre scuolette universitarie...
Sia detto senza offesa per nessuno naturalmente!
Renzo Marrucci
Qualcuno dir che... meglio di niente ? Ma se nel niente si conclude...
allora ?
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Commento 7112 di Antonino Saggio del 16/04/2009
Ho visto alcuni dei video di Galvagni..quelli delle nuvole, quelli del mare ... ricercandoli, nuovamente, ho trovato invece questo interessante video di un recentissimo lavoro comune di Sandro e Mario. E' una chicca, visto che sono la terza persona che l'ha visto in linea!
http://www.youtube.com/watch?v=e97k6wWbI0Y
A me pare bellissimo che le collaborazioni culturali siano anche collaborazioni di pensiero e di progetto! Tra l'altro personalmente l'idea di una Roma colosseizzatta, ruderizzata, mi sembra plausibile quando applicata alla qualit dell'architettura di questo paese e a quanto di poco incisivo la Darc ha promosso.
Anche questo di Mario e Sandro un modo di dire, forse, che abbiamo veramente perso moltissimo la pazienza (io parlo di staffe, in senso tanto concreto e strutturalmente pertinente che, ovviamente, metaforico).
Sandro e Mario, se possibile mandate il link ai video, sono interessanti e naturalmente, questo il libro di LAra Vinca Masini curato da Sandro Lazier e Paolo Ferrara sull'opera di Galvagni
http://digilander.libero.it/galma/La%20ricerca%20silente.htm
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