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1514
di Gaetano manganello
del 23/12/2006
relativo all'articolo
Carnevale a Piazza Armerina: la carrozzata 'Villa
di
la Redazione
A seguire la vicenda contrastata della villa del Casale di piazza Armerina si rimane frastornati dalla confusione espressa dalle varie posizioni.
Tra le due posizioni emerse, quella conservativa del restauro dell'arch. Minissi, e quella "innovatva" proposta da Sgarbi ( paradossalmente innovativa perch rinnova il restauro contemporaneo del Minissi con un progetto conservatore e non conservativo) c' sicuramente spazio per una strada alternativa che esplori le possibilit di una nuova progettazione che risolvi il problema innanzitutto della migliore conservazione dei mosaici della villa e della leggibilit dell'impianto architettonico.
Penso che la cultura architettonica contemporanea possa esprimere progettisti e progetti che diano identit e valore aggiunto alla villa del casale.
Che fare dunque?
Nominare una commissione formata da esperti ( per carit veri e non politicizzati ) che elabori un dettagliato e puntuale programma degli interventi attento anche alla definizione dei servizi funzionali alla fruibilit delle masse dei visitatori.
Espletare un vero concorso internazionale finalizzato alla realizzazione dell'opera.
Questa ipotesi obbligata nel resto del mondo ( dove le principale opere architettoniche sono il risultato di concorsi vale per tutti ad es. il concorso per la biblioteca di Alessandria espletato in un paese del cosiddetto terzo mondo vinto da un gruppo norvegese Shoetta che ha poi realizzato la biblioteca; e di esempi se ne possono fare tantissimi) in Italia rimane la pi complicata e difficile da seguire.
A quando le ragioni dell'architettura prevarranno sulle becere questioni legate alla politica e ai rapporti di forza tra personaggi di dubbio profilo?
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1512
di Francesca Mosca
del 22/12/2006
relativo all'articolo
L'imprevedibile sublime del Cimitero monume
di
Leandro Janni
A proposito di sublime e di cimiteri.
E' sempre stato molto difficile,controverso ed indefinibile stabilire effettivamente cos' il concetto di sublime. Senza tanto attingere alle varie scuole di pensiero, io ho sempre pensato che il "sublime" qualcosa che portiamo dentro: un sentimento, un'emozione, una sensazione ineffabile che, falsamente sopita, si risveglia all'improvviso. Questa anomala, ma benefica"ubbriacatura"a me succede quando visito, percorro luoghi, vie della mia adorata Palermo. Il cimitero dei Vespri, per esempio, lo cito spesso a coloro i quali non hanno un buon rapporto con questo luogo, per una specie di iniziazione verso uno spazio molto speciale, soprattutto in una bella giornata di sole. E' tutto da scoprire, non voglio anticipare niente.
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1509
di certa gioacchino
del 17/12/2006
relativo all'articolo
Addio a Pasquale Culotta
di
Marcello Panzarella
grande maestro, stimolatore delle coscienze, unico prof essore della facolt che mi ha fatto pensare che veramente difficile svolgere questo mestiere. In quanto all'articolo penso che manchi un commento sul lato umano del prof.
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1508
di Francesca mosca
del 17/12/2006
relativo all'articolo
Ricordo di Pasquale Culotta
di
Teresa Cannarozzo
Per me ,Pasquale Culotta stato come buon padre che aiuta i primi passi incerti del proprio figliolo.Mi rivedo al mio primo anno di architettura ,impaurita,incerta,incapace di potere tracciare una sola linea.Avevo la maturit classica e di disegno non ne masticavo affatto.Quell'anno,era il 1974,c'era la Sezione di approccio alla progettazione ed il professore Culotta insegnava Disegno e Rilievo ed il tema da portare avanti era Lettura di Piazza San Domenico.Io,allora non capivo granch e mi ricordo ,ancora oggi,gli sforzi che faceva Culotta quando doveva spiegare le sezioni,perch il gruppo di studenti che provenivano dal classico era molto nutrito.Con noi ,lui era sempre molto paziente e non ci mortificava mai.Cos come ancora nitido il ricordo dell'ultimo esame che ho sostenuto con lui:era la mia quinta composizione architettonica,ma per lui era la prima come docente.Una composizione fuori dagli schemi classici infatti era solo teorica e si basava sullo studio di un paese a lui molto caro:Gratteri.Ho un ottimo ricordo di quell'esame che superai brillantemente,anche perch,in quella sede lod molto la mia preparazione,anzi mi indic,rivolgendosi verso tutti gli altri componenti della commissione,come un esmpio da seguire.Dopo la laurea,lo ncontrai alcune volte in occasioni diverse,ma non si era scordato di me.Neanch'io l'ho mai dimenticato e sono profondamente addolorata per la sua scomparsa improvvisa.
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1501
di flavio Casgnola
del 07/12/2006
relativo all'articolo
Da Benevolo alla politica. Riflessioni sulla Biena
di
Domenico Cogliandro
La biennale a Palermo da "leggersi" non solo come tappa di un percorso culturale finalmente aperto alla periferia, ma anche e, forse, soprattutto, come riconoscimento a questa Citt, di uno sforzo notevole e significativo nella direzione di una crescita importante e senza precedenti, almeno recenti, sul piano sia culturale in generale, sia estetico specifico delle tematiche del fare architettura.
Per troppi anni la Citt ha vissuto in una sorta di medioevo post-bellico dove il concetto stesso dArchitettura non solo non trovava uno spazio fisico ma finanche, quello stesso spazio veniva invaso sino alla saturazione da oggetti di edilizia privi danima e storia che, come tali, hanno finito col omogeneizzare quasi lintero paesaggio urbano.
Non sappiamo se oggi sia troppo tardi, di certo per il tentativo di rileggere la Citt, e corregerla, attraverso lArchitettura di qualit, testimonia oltre allAmore rinato di molti dei suoi Cittadini, anche la sensibilit, in tal senso, dei propri Amministratori.
Ritengo quindi che tutte le iniziative che vanno in questa direzione siano non solo auspicabili ma, nel caso Palermo, urgenti ed indifferibili.
Quanto poi al pensare questa Citt, per dirla come descrive Domenico Cogliandro commentando levento, come rivoltaverso il Maghreb pensando la pianura fluida del Mediterraneo come un territorio i cui sentieri vanno ancora esplorati, e le cui strade tracciate in funzione di una sinergia tra valore della domanda e qualit dellofferta, appartiene appunto al dibattito finalmente avviato e, in tal senso, meriterebbe un serio approfondimento in una sede adeguata e non certo nellambito di un commento veloce, tuttavia ritengo opportuno evidenziare che Palermo per sua natura rappresenta una Citt-Ponte, aperta quindi da sempre alle contaminazioni culturali dei nostri vicini mediterranei, tuttavia non pu rinunciare al suo ruolo storico di Citt Europea, pena la perdita definitiva di una sua connotazione specifica e irrinunciabile che da Federico II alla BellEpoque lha spesso vista protagonista della scena Continentale.
Arch. Flavio Casgnola
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1491
di Leandro Janni
del 03/12/2006
relativo all'articolo
Carnevale a Piazza Armerina: la carrozzata 'Villa
di
la Redazione
Villa romana del Casale: tanto rumore, pessimo risultato
Tanto rumore si fatto, in questi ultimi anni, a proposito della Villa romana del Casale di Piazza Armerina. Il rumore, per, non ha prodotto buoni risultati. Oggi, infatti, la Villa rischia di subire un assurdo intervento di ricostruzione in stile, frutto della confusa collaborazione tra lIstituto regionale del restauro, diretto da Guido Meli, e lAlto commissario Vittorio Sgarbi.
In questi ultimi mesi parecchie autorevoli voci si sono levate contro il progetto Sgarbi-Meli, e a difesa del progetto di Franco Minissi che, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, realizz una struttura museale organicamente, discretamente collegata allimpianto archeologico della Villa, oggi in pessime condizioni.
Io credo che sia giusto e sacrosanto criticare, opporsi decisamente, impedire che venga realizzato linsensato progetto di ricostruzione in stile della Villa romana del Casale. Credo, altres, che difendere strenuamente, feticisticamente il progetto di Minissi, considerato da taluni opera darchitettura di assoluto e intangibile valore, sia un errore. Risultando, tra laltro, perfettamente funzionale alla realizzazione del progetto Sgarbi-Meli.
Diciamolo con molta chiarezza: se veramente si fosse voluto realizzare un buon progetto, creativamente conservativo, capace di tutelare e valorizzare la Villa, lunica strada percorribile era quella del concorso internazionale di progettazione. Di certo non quella dellAlto commissario.
Continuare a negare la cultura contemporanea, il meglio della cultura contemporanea, aumenta inesorabilmente la confusione sotto il cielo e il senso, doloroso, della decadenza.
Leandro Janni
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1489
di Guidu Antonietti
del 30/11/2006
relativo all'articolo
Contemporaneit della Tradizione:
contro qualsi
di
Paolo G.L. Ferrara
Grazie molto caro Domenico per la tua risposta !
Ecco un poema per te e per tutti gli altri inamorati dellArchitettura, la vera ( qualle ? )
E scusa per il francese !
LA COLONNE DECHUE ____
Jai fait un rve :
Malparte Capri
Sous un ciel clair,
Veut habiter sur un promontoire.
Il me dcrit son programme :
Un arbre,
Une statue,
Une colonne dchue,
Une mtaphysique de lespace bascul,
Une victoire de lapesanteur,
Une dfaite de limmobilisme...
Est-ce une Architecture mditerranenne rationaliste lyrique
Quil ma commande ?
Con amicizia fraterna
Guidu ___
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1482
di m.marchesini
del 27/11/2006
relativo all'articolo
Sulla riforma dell'ordinamento professionale
di
Alberto Scarzella Mazzocchi
Elenco dei selezionati al concorso "Auditorium della citt di Padova"
Ultimo Aggiornamento: 16/11/2006
Riportiamo l'elenco dei 10 gruppi selezionati per la seconda fase del concorso sull'Auditorium per la citt di Padova.
In ordine alfabetico:
Ati Archea - Italia
Ati Juan Navarro Baldeweg - Spagna
Ati Cecchetto & Associati Srl - Italia
Ati David Chipperfield Architects Ltd - Gran Bretagna
Ati Odile Decq - Benoit Cornette Sarl - Francia
Ati Architectuurstudio Herman Hertzberger Bv - Olanda
Ati Arata Isozaki Associati - Giappone
Ati Kada E Wittfeld Architekten - Austria
Ati Aies Mateus & Associados - Portogallo
Ati Van Berkel En Bos Unstudio B.V. - Olanda
Ogni altro commento superfluo.
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1479
di Leandro Janni
del 22/11/2006
relativo all'articolo
Ricordo di Pasquale Culotta
di
Teresa Cannarozzo
Non facile dire qualcosa su Pasquale Culotta, il Prof. Pasquale Culotta, in questa grigia giornata dautunno.
Noi che lo abbiamo conosciuto, frequentato, ascoltato, detestato, ammirato, ci porteremo dentro, molto a lungo, il ricordo della sua forza vitale, il suo generoso opporsi allindifferenza e alla banalit.
La vita bella, imprevedibile, sfuggente. Le opere restano? Forse.
Solo lamore, solo il conoscere contano veramente.
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1480
di christofer giusti
del 22/11/2006
relativo all'articolo
Sulla riforma dell'ordinamento professionale
di
Alberto Scarzella Mazzocchi
...Se invece di livello tecnico\progettuale, al fine di garantire alla committenza che il prodotto finale avr le caratteristiche richieste e al costo preventivato, la richiesta assume un aspetto diverso ed accettabile...
non da escludere che una ottusa garanzia del non andar oltre i costi preventivati cos come delle presenza delle sole caratteristiche progettate a priori, in se stesse, impediscano la possibilit della creazione di un'opera che abbia in se i valori aggiunti dell'intuizione (difficimente preveniviabile), cio un opera che si possa a buon diritoo definire architettura.
La sensazione che si voglia dare una sorta di avanzamento di carriera: ci che una volta erano i geometri(duri a morire peraltro) ora saranno gli architetti, preposti a produrre un'edilizia di mediocre qualit, ma nel rispetto delle norme, delle prestazioni e dei preventivi ottusamente previsti in sede di progetto.
Ma questo il fin troppo prevedibile frutto di un paese che deve piazzare e garantire il lavoro a tuti i suoi sudditi.
E siccome oramai la laurea sempre pi ad appannaggio di tutti, (ti abbonano gli esami persino se dimostri esperienza lavorativa attinenteal corso di laurea, pubblicizza CEPU) si ha buon gioco a svilire la professione della creativit per antonomasia, l'architetto.
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1478
di Alfonso Giancotti
del 21/11/2006
relativo all'articolo
Curzio Maltese e il Ponte di Messina
di
Domenico Cogliandro
Sono stato rapito dalla lettura di una lettera anonima che riporta alcune considerazioni sullintervento di Curzio Maltese nella trasmissione Crozza Italia e sulla rubrica contromano del venerd di Repubblica riguardo le vicende del Ponte sulle Stretto,
E una lettera anonima che ho inizialmente reperito sulla rete, ma che ho scoperto poi essere stata riportata da quotidiani di ampia e acclarata diffusione quale il Foglio e il Giornale.
Ho deciso di scrivere perch la vicenda mi ha sempre interessato e non vorrei che valutazioni capziose e personali sullo "stile giornalistico" e sulla persona di Curzio Maltese, di cui non nascondo di essere affezionato lettore, facessero perdere di vista i contenuti sostanziali dellintervento.
Per raggiungere questo obiettivo vorrei, brevemente, esprimere alcune valutazioni in merito allargomento sotto il profilo culturale.
Liquido in maniera estremamente sintetica le possibili valutazioni sotto il profilo politico e tecnico.
Evidente la scarsa fattibilit del progetto, come chiarito non da me, ma dalla comunit scientifica italiana e non solo (cito il solo prof. Michetti per brevit).
Evidente linconsistenza di informazioni sul defunto ing. Brown, braccio destro per trenta anni di Sir Gilbert Roberts (il cui nome compare nellenciclopedia britannica) presso la societ Freeman Fox, autore dei progetti dei ponti richiamati nel sintetico curriculum di Brown, lHumber Bridge, il Severn Bridge e il Ponte sul Bosforo, al quale Brown avr sicuramente lavorato, ma come assistente, essendo menzionato da una sola fonte.
Il tema che pi mi caro, come architetto, questo.
La citazione dei nomi di possibili architetti sono certo mirasse, nelle intenzioni di Maltese, a sensibilizzare sulla portata culturale dellintervento.
Il progetto di un ponte non si pu ridurre a un mero calcolo strutturale o al numero e allampiezza delle campate. Se cos fosse, lo stesso si potrebbe affermare per la progettazione di un grattacielo e cos via.
Gli architetti hanno pieno titolo, sia sotto il profilo normativo, sia (ancor pi) sotto quello intellettuale, di redigere il progetto di un ponte e di farlo diventare un gesto poetico.
Ci sono ponti straordinari progettati da architetti .
Oltre alle richiamate (eccezionali) proposte per il Concorso del 1969, mi limito a citare i ponti e i viadotti, realizzati in tutto il mondo da Santiago Calatrava, anche pittore e scultore, tra i quali il ponte Alamillo, sul fiume Guadalquivir. O ancora, per rimanere in aderenza stretta ai nomi citati di Maltese, lUshibuka Bridge in Giappone, progettato dallo stesso Renzo Piano, e ultimato nel 1995.
Purtroppo lignoranza dellarchitettura immensa.
Eppure, come osserva Bruno Zevi, "ognuno padrone di chiudere la radio e disertare i concerti, di aborrire il cinematografo e il teatro e di non leggere il libro, ma nessuno pu chiudere gli occhi di fronte alledilizia che forma la scena cittadina e porta il segno delluomo nella campagna e nel paesaggio".
alfonso giancotti,
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1475
di Domenico Cogliandro
del 21/11/2006
relativo all'articolo
Contemporaneit della Tradizione:
contro qualsi
di
Paolo G.L. Ferrara
Rispondo a Guidu, e ringrazio Paolo dell'ospitalit. Quello che dici vero: siamo appassionati dell'architettura, e lo siamo al punto da non venire capiti e, spesso, da non riuscire a capirci noi stessi. Paolo uno che ancora, a dispetto del tempo che inganna e non ritorna, studia tanto, legge molto e riprende i testi, soprattutto zeviani, che lo hanno formato, per dare spessore alla critica e alle sfumature. Io sono un dilettante di molte cose e per questo motivo, per non sfigurare, tendo a dare il massimo accanto a quelli che le cose le sanno. Un paio d'anni fa non ci siamo capiti o, meglio, non mi sono capito rivolgendomi a Paolo e lui mi ha risposto a modo suo, non rispondendomi o, se vuoi, rispondendomi talmente tanto da non volermi dire pi nulla per un sacco di tempo. Il tempo fa la sua parte, e noi la nostra.
"Non invento niente. Faccio subito questa dichiarazione perch gi immagino i sorrisi solerti o diffidenti di quelle persone per le quali l'inconsueto sempre sinonimo di menzogna. Questa povera gente non sa che il mondo pieno di cose e di momenti straordinari. Non li vede, perch il mondo le appare come coperto di cenere, corroso da uno smorto verderame, popolato di figure che usano gli stessi vestiti e parlano allo stesso modo, con gesti ripetuti su gesti gi fatti da altri esseri scomparsi. E' gente per la quale forse non c' rimedio, ma a cui dobbiamo continuare a dire che il mondo e quanto contiene non quel poco che essa crede."
Mi sono fatto aiutare da Jos Saramago. Insisto da anni in questa direzione, fino allo sfinimento e, spesso, non percorrendo la strada con avvedutezza o andando nella direzione tracciata. Sono fatto cos, Guidu, Paolo, siamo fatti cos, mi prendo la libert di dire. Ho preso, per questo motivo, le delusioni pi cocenti ma, anche, per lo stesso motivo, qualche soddisfazione sopra le righe. Non si tratta pi dell'architettura, del Nord e del Sud, della critica o della satira, ma della vita. Adesso sto a Palermo e faccio un lavoro che non avrei accettato in passato. Mi sta stretto, se volete, ma insisto e penso che anche nel luogo in cui mi trovo possibile cambiare qualcosa, poco magari, per lasciare una traccia ad altri, migliori di me, che la potranno sviluppare in futuro. Tutto qui.
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1474
di vilma torselli
del 20/11/2006
relativo all'articolo
Carnevale a Piazza Armerina: la carrozzata 'Villa
di
la Redazione
Pare che Vittorio Sgarbi abbia finalmente acquietato ci che, parafrasando Freud, chiamerei invidia del titolo e sia riuscito a fare larchitetto, seppure in carenza di regolare autorizzazione accademica.
Naturalmente, per la suddetta carenza, lo fa male, rischiando di fornire lennesimo esempio di come le buone intenzioni degli incompetenti possano essere pi dannose dellindifferenza degli esperti.
Evidentemente, nel caso specifico, il fatto che si tratti di un intervento di restauro lo autorizza in qualche modo ad impicciarsi di una disciplina non sua, ma anche una casalinga di Voghera sa che non si pu restaurare ci che non si conosce profondamente, perch il restauro attiene allanima delle cose, ad una intimit che dorme sotto il degrado e che va attentamente indagata con opportuni strumenti culturali.
La realt che Vittorio Sgarbi non ha una particolare vocazione per larchitettura, molto pi brillante quando parla/scrive di quadri, evidentemente la bidimensionalit della tela gli pi congeniale, quello il campo in cui dispiega al meglio il suo linguaggio colto, ricco, evocativo, di intrinseca eleganza letteraria, perch mai non si limita a quello?
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1471
di Domenico Cogliandro
del 18/11/2006
relativo all'articolo
Ricordo di Pasquale Culotta
di
Teresa Cannarozzo
Ero anch'io al suo funerale, ho seguito il feretro, sono salito a piedi fino al cimitero, ho atteso fino a quando Tania non ha tracciato con le dita il nome di suo padre sul cemento fresco. Si inizia con un nome, con un nome si finisce. Giuliano Gresleri mi ha fatto notare come uno dei dettagli, apparentemente insignificanti, di questa tumulazione sia stato il gesto del muratore che, appena finito il lavoro, ha tolto via tutto, compreso l'impalcatura, trasportando sottobraccio le assi di legno: "come una specie di direttore d'orchestra" mi ha detto Giuliano, e poi "un omaggio al caro Pasquale". Quello che continuo a portare dentro - oltre la commozione di tutti, sia al funerale che al cimitero, com' ovvio, - il silenzio composto e assorto di ogni persona che era l. A tratti il silenzio imponderabile, stando zitto anche il mondo attorno.
Tra qualche giorno, immagino, Arch'it ospiter un mio testo accanto ad uno di Ugo Rosa. Siamo molto amici, ma non ci siamo messi d'accordo. Un caso, me lo ha detto Marco Brizzi. Anche Ugo era l, ed erano l tutte le persone che ho conosciuto grazie all'amicizia con Pasquale, e di Pasquale. Scrivo questo breve commento da amico di Pasquale, ed sempre stato un piacere averci a che fare tanto che non sono mai riuscito a capire l'astio di alcuni architetti, incontrati per vari casi, nei suoi confronti. Pasquale stato sempre attento ogni volta che ho discusso con lui: era preside, o direttore di varie cose, io uno dei tanti e stava l ad ascoltarmi. Senza tirar via, come fanno quelli che non hanno le palle. Io sono un architetto, ma non mi sono laureato a Palermo; i miei rapporti con Palermo sono stati assidui oltre dieci anni fa quando, per via di un Dottorato in Disegno, avevo un rapporto di amore/odio con Rosalia La Franca. Adesso vivo a Palermo, ma faccio altro.
Come ha scritto anche Vito Corte, bisogner cogliere l'eredit di Culotta senza perderne le qualit e Panzarella, certo, sa di avere un compito teso alla sostanza pi che alla forma organizzativa. Per cui bisogner fare molta attenzione alle questioni di potere - su cui ho sentito, dall'esterno, voci imbarazzate - infatti non si ricuce o non si ripensa a partire da quello. Va gestito, per quel che colgo, il rapporto con i giovani architetti, allievi di Culotta, e con gli allievi veri e propri della scuola, e vanno poste le basi per sostenere l'identit della scuola palermitana di cui, a livello nazionale (basti guardare i contributi al Festival dell'Architettura di Parma dello scorso anno), Pasquale Culotta era sentito come l'artefice. Questo non significa che non ci siano eccellenti architetti, ed eminenti docenti, ma che non ha senso polverizzare e smembrare un'eredit. Perch a distanza di tempo nessuno potr capire, e nessuno potr sapere, quello che accaduto negli ultimi trent'anni. Per cui, non saranno i libri, o i seminari, o le giornate commemorative, o le borse di studio a salvare il contenuto di una vita, ma la maniera di porsi, il contributo in termini di tempo e di disponibilit, le strategie culturali, il desiderio di guardare avanti assieme ad altri. Ritengo.
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1469
di m.marchesini
del 16/11/2006
relativo all'articolo
Carnevale a Piazza Armerina: la carrozzata 'Villa
di
la Redazione
Letta la lettera di Sgarbi non posso che commentare con tono analogo ai suoi tanti coloriti interventi televisivi: il nuovo progetto per la villa di Piazza Armerina UNO SCHIFO!!
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1463
di christofer giusti
del 13/11/2006
relativo all'articolo
Carnevale a Piazza Armerina: la carrozzata 'Villa
di
la Redazione
Cio che l'Architetto Andrea Pacciani afferma pu essere condivisibile per certi aspetti: le teorie sul restauro si sprecano, al punto che l'unica via percorribile, dal mio punto di vista, quella che, oggi come oggi, fa pi paura, quella che non demanda all'una o all'altra tranquillizzante teorizzazionie assolutistica, che non si affida alla scienza come foriera di tutte le risposte giuste perch, appunto scientifiche, ma quella che sia affida alla sensibilit percettiva, espresiva e culturale di un architetto, nella fattispecie l'architetto Franco Minissi.
Sembra incredibile che i tempi contemporanei, eredi di tanta passata ricchezza (frutto della intuizione), non siano, di fatto, in grado di apprezzare la ricchezza non materiale, non misurabile non monetizzabile.
E se l'opera del Minissi per la villa romana , certamente un'opera funzionale oltre che architettonicamente certamente apprezzabile, vista l'indecente incuria che le stata riservata, potrebbe essere sostituita da altra opera MODERNA e egualmente, se non pi sensibile, (e non certo dalla porcata di Sgarbi e co), lo stesso non si sarebbe potuto certo dire per la basilicale di Mazara del Vallo, un'opera di gran bellezza per la quale, signor Pacciani, s, si sarebbe dovuto procedere a un restauro; ma non un restauro secondo le teorie di tizio piuttosto che di caio, o secondo le tendenze del tal sovrintendente, ma un restauro che, preso atto della giustezza dell'idea, ne riproponesse lo stesso lirismo se non pi alto! magari usando materiali pi durevoli o pi garantiti
invece, a proposito di reversibilit, qualche sprovveduto ha pensato bene di tramutare quella delicata opera in una colata di cemento...intonacato di bianco.
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1461
di andrea pacciani
del 13/11/2006
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Carnevale a Piazza Armerina: la carrozzata 'Villa
di
la Redazione
Il restauro di un restauro ma non con i criteri del restauro moderno? scusate ma non un po' paradossale? e che facciamo il dov'era e com'era del Missini con un falso storico ancora pi ingannevole del falso storico di cui si accusa il progetto Sgarbi?
Oggi ci fanno restaurare con interventi rimovibili perch un giorno possano essere migliorati o sostituiti con nuove opere e tecnologie diverse, e adesso invece museifichiamo anche il restauro? e con che criteri poi? e tra trent'anni che facciamo museifichiamo il restauro del restauro.....
E poi, se vogliamo veramente restaurare sto capolavoro di Missini come lo facciamo; mi sembra che sia stato proposto inevitabilmente non in maniera conservativa ma di sostituzioni delle parti non pi performanti (il perpex con nuovi materiali.....) allora creiamo un falso Missini aggiornato ai nostri giorni.
Di Missini vogliamo trasmettere l'identit del tipo di intervento che stato fatto? ma questo non viene fatto con la testimonianza dell'originalit materiale (come si fa per gli edifici del passato) ma con gli aggiornamenti tecnologici disponibili per allungarne la vita funzionale: come mettere le tapparelle al Quirinale!
E poi come si far a distinguere il Missini originale dal sostituito? mi immagino bulloni di colorazioni diverse e verniciature dalle brillantezze variegate per una lettura omogenea ma attenta alla datazione dell'intervento sul lacerto (lo smalto vecchi esfoliato sulle putrelle come si conserva?) insomma un pasticcio per discernere ci che ha trent'anni da ci che nuovo.
Mi sembra il tutto molto confuso..............
Mi aspetto che i lettori di antithesi, se coerenti con le proprie idee moderniste pi che firmare per il dov'era e com'era del Missini facciano una petizione per un progetto nuovo, diverso di quello di Sgarbi se non piace, ma almeno con una coerenza d'approccio culturale.
Tuttavia mi fa piacere che il modernismo si interroghi sulla storicizzazione dei propri monumenti che sono stati progettati e costruiti non per essere trasmessi nel tempo ma semplicemente per rispondere ad un'esigenza culturale contemporanea senza rendersi conto che prima o dopo ne avrebbero dovuto rispondere (gira questa leggenda metropolitana che il Bouburg nei suoi restauri, se cos si possano chiamare, sia costato ormai pi di cinque voltoe del suo costo di costruzione).
Le architetture nascono per attraversare pi generazioni, purtropo accade anche per quelle moderne: questo collasso anticipato di una di trent'anni probabilmente mette scompiglio nella serenit menefreghista contingente dell'architetto contemporaneo che si deve interrogare sul lungo termine del proprio lavoro e sulla loro manutenibilit
Tutti i commenti di andrea pacciani
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1459
di Franco Porto
del 12/11/2006
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Addio a Pasquale Culotta
di
Marcello Panzarella
La morte del Prof.Pasquale Culotta giunge troppo improvvisa ed inaspettata per dire della sua opera, la cui ampia produzione merita un particolare approfondimento. Lo ricordo a Venezia alla vernice della Biennale di Architettura, era in gran forma. Laria che si respirava in questa Biennale lo aveva rivitalizzato tanto. Per lIN/ARCH Sicilia fece aprire tutte le ville private che aveva realizzato, insieme a B. Leone, per una cinquantina di architetti in una splendida giornata di Architettura, con Santo Giunta. Resta il rimpianto di non averlo convinto ad una maggiore collaborazione, mi sembra una delle mie occasioni perse, ma forse non era tutta colpa sua. Premiato con il Premio IN/ARCH per il Municipio di Cefal e Socio dellIstituto per qualche anno con Iolanda Lima. Ciao, grande Pasquale, hai spiazzato tutti, come sempre.
Franco Porto. Presidente IN/ARCH Sicilia
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1454
di Guidu Antonietti
del 09/11/2006
relativo all'articolo
Contemporaneit della Tradizione:
contro qualsi
di
Paolo G.L. Ferrara
Chers Domenico et Paolo Gl en vous lisant je devine une polmique qui semble parler de vos diffrents ! Et ce si beau titre - Contemporaneit della Tradizione - me fait penser une opposition Nord / Sud , le Nord pour Paolo Gl et le Sud pour Domenico !
On est toujours au Nord dun Sud , moi qui suis au Nord de la Mditerrane je suis au Sud de lEurope ! Cette problmatique est fort ancienne dans le Mouvement Moderne et notre cher Corbusier ny chappait pas non plus !
Lisez ceci : Croisade, ou le crpuscule des Acadmies
LE CORBUSIER, NORD CONTRE SUD
http://www.aroots.org/notebook/article151.html
Et vous serez peut-tre daccord entre vous et avec moi aussi !
Tradition ou contemporanit ? LArchitecture, la vraie, dpasse de mon point de vue ce clivage ! Je vis Aix en Provence qui aujourdhui prtend se rfrer la tradition ( une injure en fait, au regard de lultra contemporanit de ce qu tait cette ville baroque rvolutionnaire au 18 sicle ) alors que rien de contemporain ne sy droule actuellement ( si , un bien trange projet de Gregotti, il a bientt 80 ans ) ! ( Un peu comme Rome , avec lAria Pacis de Meier dont vous avez longuement parl dans vos colonnes )
Nous les Architectes sommes un peu querelleurs, surtout quand nos contemporains nous opposent nos traditions ! Faire de lArchitecture cest forcement inventer , et inventer sans connatre, voire respecter la tradition cest comme dbarquer chez les papous en jouant le Requiem de Mozart , cela ne les fait pas pleurer mais rire !
Allez basta avec votre querelle qui nen est pas ! Tous deux vous tes passionns dArchitecture, merci de continuer de l tre et pardon pour ce texte en franais que vos autres amis italiens et lecteurs-contributeurs de antithesi ne comprendront peut tre pas bien ! Sauf si ce cher Sandro acceptait den faire une traduction .
Je vous embrasse aussi tous .
Guidu Antonietti di Cinarca
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1440
di Domenico Cogliandro
del 19/10/2006
relativo all'articolo
Contemporaneit della Tradizione:
contro qualsi
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Ferrara, lei mi conosce. Nonostante i nostri rapporti non sono pi come quelli di una volta, vorrei contribuire alla riflessione da lei iniziata proponendole un testo, sulla casa Baglio-Fallisi, scritto due anni or sono su una testata diversa dalla sua, a cui faccio riferimento con il link http://www.parametro.it/architettando14.htm
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19/10/2006 - Paolo gl Ferrara risponde a Domenico Cogliandro
Sono felice di pubblicare il link al tuo articolo, come sempre interessante.
Rapporti cambiati? forse in meglio, no? Gli screzi servono per crescere e conoscersi un pò di più, adattandovi il rapporto. Ti abbarccio
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1434
di vilma torselli
del 08/10/2006
relativo all'articolo
Addio a Vico Magistretti
di
la Redazione
Lui stesso, Vico Magistretti, era 'concettualmente' elegante, l'ho visto ad una riunione di lavoro in camicia a scacchi, pantaloni gialli, calzini rossi e mocassino di colore indescrivibile, giacca marrone. Forse non era elegante secondo le correnti regole della fashion pi rigorosa, ma era elegantissimo nei termini di uno stile originale ed indipendente che nasceva dalla sua personalit interiore, uno stile concettuale, appunto.
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1433
di Alessio Lenzarini
del 07/10/2006
relativo all'articolo
Addio a Vico Magistretti
di
la Redazione
Veramente bello, questo aneddoto sull'ora legale! Questo "atto di un'eleganza concettuale straordinaria" sembra quasi a met strada tra pragmatismo funzionalista e antropocentrismo duchampiano! Mi piace molto la sensazione che si prova quando, alla luce di una nuova improvvisa interpretazione, si percepisce in modo diverso una cosa banalissima che si era sempre conosciuta.
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1432
di Vulmaro Zoffi
del 06/10/2006
relativo all'articolo
Addio a Vico Magistretti
di
la Redazione
"[...] si chiama Chimera, l'ho spiegata per telefono al produttore. Gli ho detto: "Guarda, fai tre cerchi, uno, due e tre, usando questo materiale facilissimo da piegare. Lo metti in verticale e lo tagli in alto a 45 gradi. E poi me la porti qui a vedere." Il modello arrivato qui dopo dieci giorni.
Questo un aspetto concettualmente interessante, che riguarda anche le forme dell'invenzione. Le invenzioni pi importanti sono sempre state quelle dall'uso pi semplice. Per esempio la ruota, l'ombrello e l'ora legale, che in fondo stata un vero e proprio "inganno al sole"! Mi serve pi luce? Guardiamo il sole e decidiamo che, invece delle sette, sono le otto. E' un atto di un'eleganza concettuale straordinaria; ed quello che mi piace di pi."
(tratto da: "Hans Ulrich Obrist . Interview ", n. 01, intervista a Vico Magistretti, p. 8, supplemento di "Domus", n.866, gennaio 2004)
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1430
di Nicola Mansi
del 04/10/2006
relativo all'articolo
Ravello: do, re, mi, fa, so, la, si...pit, put...
di
Paolo G.L. Ferrara
Attorno all'Auditorium di Ravello si scatenata una vera tempesta mass mediatica. Un clamore che ha portato il paese a diventare quasi una barzelletta, un fenomeno paranormale da studiare. Pi volte i sindaci dei comuni limitrofi hanno chiesto i fondi europei destinati a Ravello sventolando loro progetti. Dal Brasile hanno chiesto di comprare il progetto dell'Auditorium. Insomma tutti hanno fatto una semplice riflessione se il Comune non vuole l'opera che i fondi e il progetto siano usati altrove e non immobilizzati e messi a marcire. Un'opera che, potenzialmente, pu migliorare esponenzialmente l'economia ma soprattutto lo stile e il tenore di vita di una intera comunit viene paragonata ad un comune e deprecabile ABUSO EDILIZIO e combattuto come tale. Io penso a quello che potrebbe essere: ad una scuola di teatro, di musica,di danza,a seminari, a dibattiti,a corsi di formazione; oltre che a concerti, ad un eventuale festival non estivo, a convention e convegni che trasformino la spettrale bassa stagione ravellese e costiera. Un' occasione unica! Un' opera che appoggiata da un moltitudine di soggetti pubblici e privati. (basti consultare la lista del Ravello Relais, rete internazionale di illustri persolnalit) e dalla maggioranza della popolazione. Io coordino il Comitato Cittadino pro Auditorium che si costituito a difesa dell'opera davanti al TAR di Salerno nelle ultime vicende giudiziarie, abbiamo presentato agli atti una petizione popolare con quasi 1000 firme di ravellesi (oltre a 500 amici di tutte le parti del mondo che hanno voluto sottoscrivere il loro appoggio) che hanno compreso la straordinaria occasione che stavamo perdendo. Per fortuna il TAR ha respinto il ricorso del Comune contro il Commisariamento della procedura d'appalto reputata anche questa illegittima... insomma tutto illegittimo e contro legge!!! Solo che fino ad ora nessuno l'ha dimostrata questa illegalit o meglio, parafrasando il primo cittadino questa "marchiana illegittimit".
I lavori stanno finalmente per partire. Spero che ci si accorga una volta e per tutte che un opera del genere un'opportunit che un paese come Ravello non pu perdere e che il bene della collettivit non ha colore!
W Ravello! W l'auditorium!
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1431
di consuelo nava
del 04/10/2006
relativo all'articolo
Ritorna 'Le carr bleu'
di
La redazione
Mi spiace non poter presenziare alla riapertura di "le carr bleu", in un invito al dibattitto quanto mai necessario, in un momento in cui si rischia che anche "la buona cultura architettonica del progetto" ceda il passo ad una pi "attraente cultura del prodotto di architettura...lucido e firmato".
L'idea che a promuoverlo siano degli architetti che in questi anni (Pica Ciamarra Associati) non hanno mai dimenticato "l'efficacia di un pensiero unico e motivato, non remissivo e sempre capace di interpretare i segni di cambiamento della domanda di 'Archittetura, senza mai rincorrere la risposta pi piegata alla "moda ed al logo del momento", mi rincuora e apre davanti a me, giovane architetto italiano, ancora motivi di orgoglio e di speranza per una" mo dernit da rimotivare nel contemporaneo".
Grazie amici cari, grazie a tutti coloro che con l'adesione al progetto del "Carr bleu", condividono un processo culturale "lento, lungo e per questo sostenibile".
Buon lavoro.
Consuelo Nava
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1427
di diego bortolato
del 03/10/2006
relativo all'articolo
Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
giusto per puntualizzare..
in italia la pubblicit comparativa non ammessa per nessuno
i pochi casi riscontrati, come gli spot di tele2 sono sotto osservazione di varie commissioni...
mi sembra anche giusto
porterebbe semplicemente chi pi ricco a spotersi permettere di sputtanare gratuitamente chi dotato di minori risorse
il problema il dialogo e l'educazione della committenza potenziale
la pubblicit pu essere un mezzo, ma uno dei tanti
l'abuso e lo strapotere mediatico in un paese poco maturo come il nostro non hanno portato esempi eccellenti in termini qualitativi
saluti
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1429
di christofer giusti
del 03/10/2006
relativo all'articolo
Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
Maledettamente daccordo con il sig. Diego Bortolato!
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1428
di Enrico Bonazza
del 03/10/2006
relativo all'articolo
L'imbroglio della 'formazione permanente'
di
Beniamino Rocca
Tutto ci abberrante!
Si era partiti con il voler abolire gli ordini professionali e si arriva a renderli ancora pi elitari.
Ma chi decide la qualit degli aggiornamenti e soprattutto chi dovr giudicare chi?
Non siamo a scuola, siamo tutti professionisti di pari dignit.
Ma scusate, allora i medici gli ingegneri gli avvocati...tutti lo stesso trattamento?
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1426
di andrea pacciani
del 02/10/2006
relativo all'articolo
'Architentare' per uno studente
di
Domenico Caloria
gentile Domenico Caloria
"quella odiosa ma purtroppo tanto vera distinzione tra edilizia e architettura"
E' il male pi oscuro della nostra disciplina, quanto viene spiegato nelle universit nelle riviste e ancora oggi ci si accanisce verso l'ignoranza progettuale degli altri.
Ma lei che non ha ancora il cervello completamente lavato ha ancora la possibilit di riflettere che una menzogna bell' buona, perch non un male che si pu estirpare ma un processo fisiologico inevitabile che appartiene al fare dell'uomo.
Se ha studiato la storia dell'architettura sapr che gli architetti che ha incontrato sui libri hanno realizzato meno opere di un geometra di paese; pensi a Brunelleschi che non neanche riuscito a fare una facciata delle sue chiese! E' da sempre infatti che le citt non vengono realizzate dagli architetti, i maestri, i geni, ma dagli epigoni e gli autocostruttori: ovvero coloro che gurdando le opere dei maestri e con fare imitativo costruivano le citt, i paese, i centri minori.
I risultati sono i nostri centri storici, o quel che ne resta, e mai nessuno se ne lamentato; anzi oggi il valore della pi umile casa del pi povero dei contadini pi alto sotto tutti i punti di vista di qualsiasi edificio moderno che vi sorga di fianco.
La modernit invece non mai tenuto in cosiderazione che il progredire edilizio passa per questo processo imitativo e cos denigriamo gli epigoni , anche se molto alla lontana, dei maestri della modernit .
Inoltre tutte le periferie sono firmate da architetti laureati, spesso organici accademici, non creda solo farabutti venduti al soldo delle imprese o dei politici (ma anche quelli sono sempre esistiti nella storia dell'architettura).
Quindi se c' una questione morale dell'architettura un pezzettino riguarda anche questo processo imitativo con cui inevitabilmente bisogna avere a che fare nel nostro mondo. Come gli edifici post moderni sono arrivati in Italia dieci anni dopo e di una bruttezza sconvolgente, aspetto ormai a breve sempre con il dovuto ritardo culturale i primi lamieroni sghimbesci italiani (o forse sono gi spuntati e non me ne sono accorto) !
mi scusi per la paternale
Andrea Pacciani
un consiglio di approfondimento letterario: G. Pigafetta "Architettura dell'imitazione"
Tutti i commenti di andrea pacciani
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1424
di Secondo Amalfitano
del 29/09/2006
relativo all'articolo
Ravello: do, re, mi, fa, so, la, si...pit, put...
di
Paolo G.L. Ferrara
E' a dir poco penoso leggere tante inesattezze (spero non falsit) su una vicenda che merita molto pi rispetto e seriet, se non per il valore delle Istituzioni e dei personaggi coinvolti, almeno per i 2500 Ravellesi . Perch prima di scrivere non ci si informa almeno sugli atti e sulle date? Altro che critica all'architettura, ci vorrebbe una critica severa all'onest mentale, all'intelligenza e al facile uso di mezzi di informazione che diventano di disinformazione. Spero che avrete la decenza di pubblicare questa mia e, soprattutto di correggere, previa informazione corretta e verifica puntuale, l'articolo principale.
Quanto poi ai giudizi che vi permettete di dare sulle persone (le beghe sarebbero , a vostro dire, le mie uniche forme di lavoro), fareste bene a vergognarvi.
Non vi conosco e spero non vi conoscano neppure i vostri - credo pochi - lettori, vi risparmiate un bel po di biasimo diretto.
Con nessuna cordialit e totale disistima da parte mia.
Secondo Amalfitano
Tutti i commenti di Secondo Amalfitano
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29/9/2006 - Sandro Lazier . Paolo gl Ferrara risponde a Secondo Amalfitano
Gentile Amalfitano, come vede la decenza ce labbiamo e i pochi lettori
li rispettiamo malgrado la sua disistima.
Per deve spiegarmi una cosa: ha letto bene larticolo? Forse le
sfuggito che tutto a suo favore, che ci siamo battuti in pi occasioni perch
Niemeyer facesse il suo auditorium?
Questi sono gli articoli che abbiamo dedicato a Ravello (tanto per il rispetto
dei 2500 Ravellesi)
Con
De Masi per Niemeyer di Paolo G.L. Ferrara +37 commenti
Ravello?
Si fa, si fa!... Non si fa, non si fa di Sandro Lazier + 7 commenti
Italia
Nostra: i perch del 'no' a Niemeyer di Paolo Marzano - Italia Nostra + 4 commenti
Ravello
di Luigi Prestinenza Puglisi + 4 commenti
Abitando
la Terra di Domenico Cogliandro + 2 commenti
Oscar
Niemeyer di Maurizio De Caro + 2 commenti
Mi perdoni ma il suo sfogo mi sembra del tutto inappropriato e fuori luogo.
Il che mi fa riflettere parecchio
Ps: - Ferrara, autore dellarticolo contestato, le risponder quanto
prima.
_________________________________________________
Peccato che Lei, Sig. Sindaco, abbia frainteso il senso dell'articolo. E' un peccato perch quando si trova l'appoggio di qualcuno (come antiTHeSi) assolutamente disinteressato a qualsiasi forma di "ricavo" rispetto le situazioni che affronta, se ne dovrebbe essere soddisfatti e, addirittura, cercare di collaborare. Vede, noi scriviamo da sempre senza stare l a pesare che tipo di beneficio potremmo averne...Nel caso di Ravello, l'unico obiettivo quello che l'auditorium si faccia.
Ci che desideravo mettere in rilievo nell'articolo era che, se vero che la Giunta Amalfitano (e io non lo penso) aveva fatto cose non lineari secondo le disposizioni di Legge, come mai Imparato e la sua Giunta se ne accorgono solo ora?
Noi l'abbiamo difesa, Sig. Sindaco, e Lei ci ha attaccato. Pazienza...Comunque sia, l'articolo non lo cambio, almeno che non sia Lei stesso a scriverne uno in cui si spiegano le mie bufale. Onest? Guardi che ne ho da vendere.
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1423
di pAOLO GRANARA
del 28/09/2006
relativo all'articolo
Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
Da quando il decreto Bersani comparso, sto cercando di seguirne gli sviluppi (senza peraltro riuscirci! tanto che non ho ancora capito - tra iniziative degli architetti, lettere, determinazioni e quant'altro - se stato approvato come proposto, se gi operativo,ecc.): nella mia pochezza di giovane architetto laureato da tre anni, iscritto all'Ordine degli Architetti, ad Inarcassa, con la mia bella Partita IVA, ed oggi strozzato da tutte le spese relative, senza aver avuto alcun vantaggio, n professionale ne' di altro genere, mi sembre di cogliere due posizioni contrapposte;
- da una parte il Consiglio Nazionale degli Architetti e gli Ordini Professionali, secondo i quali con questo Decreto si assister alla rovina delle professioni intellettuali, il disastro per la qualit dell'architettura, la tragedia per i giovani (come me) architetti che non potranno pi lavorare;
- dall'altra tanti piccoli architetti, giovani, non associati, senza mercato, surclassati da geometri ed ingegneri, tagliati fuori dal contesto culturale, dal'establishment detentore di successi nei concorsi e pubblicazioni su riviste, dalla possibilit di incrementare la propria formazione con master e costi post-laurea a causa di clientelismi e spese esorbitanti, per cui il suddetto decreto rappresenta la luce alla fine del tunnel ( tutto ci si evince dai blog, dagli articoli e da tutto ci che si legge sulla rete -mentre le riviste del settore semplicemente ignorano...)
E' abbastanza semplice farsi un'idea del perch di questa antitesi, molto pi complesso capire come mai i "vertici" siano convinti di avere tutti dalla loro parte, tanto da imporre al governo la loro visione delle cose...appellandosi alla qualit dell'architettura (concetto a dir poco soggettivo) e ai poveri giovani, i quali lavorano negli studi profesionali degli architetti per 3-7 euro/ora, come o meno di baby-sitter e mondine (con tutto il rispetto che meritano queste professioni!)...
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1419
di angelo massimo gulino
del 25/09/2006
relativo all'articolo
Addio a Vico Magistretti
di
la Redazione
1961...L fuori lo sguardo abbagliato
Yuri Gagarin in giro nello spazio
Gira e rigira intorno alla terra
la luna risuona e il sole favilla
1965...Qu vicino il ricordo
del primo viaggio cosmico
celato dall'Eclissi del signor Vico
piccolo frammento di memoria
prodotto in serie
E ancora oggi ci vuol ricordare
quanto antica sia la storia del'uomo
Tikal
fantasia maya
adoratori del sole
Guerriero di luce
Ciao
Tutti i commenti di angelo massimo gulino
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1418
di Leandro Janni
del 24/09/2006
relativo all'articolo
Addio a Vico Magistretti
di
la Redazione
Di Vico Magistretti ho - a casa - due oggetti, tanto belli quanto confortevoli: un divano e una poltrona. Magistretti aveva talento, stile e misura.
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1417
di David Benedetti
del 23/09/2006
relativo all'articolo
Contemporaneit della Tradizione:
contro qualsi
di
Paolo G.L. Ferrara
Seguo lla costruzione dell'opera di Vaccarini a Giulianova ogni estate perch vado l in vacanza e mangio spesso in Piazza Martiri della Libert., di fronte al suo ultimo cantiere. Ma Giulianova Abbruzzo Abbruzzo Abbruzzo... e si vede nel bene e nel male.
Attendo il seguito.
A presto
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23/9/2006 - Paolo gl Ferrara risponde a David Benedetti
...ha ragione...
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1415
di andrea Pacciani
del 22/09/2006
relativo all'articolo
Architentare. Ad Alba
di
La redazione
Bellisma iniziativa peccato sia stata annullata (pare per mancanza di fondi per il biglietto aereo) la presenza del prof. Salinagros, come annunciatoci da Sandro Lazier. Invto comunque i lettori di Antithesi a ritrovare nel web le posizioni sulla teoria dell'architettura dell'architetto americano cui avrebbe dovuto fare da contraltare il direttore
Andrea Pacciani
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1416
di guidu antonietti di cinarca
del 22/09/2006
relativo all'articolo
Le Corbusier e la dissonanza di Ronchamp
di
Cesare De Sessa
" Moi Architecte
Je suis Charles Edouard Janneret
Dit Le Corbusier
Le pote de l angle droit
On mappelle aussi le fada calviniste
Je me prtends pourtant athe
Et jai mme un jour affirm
Que les cathdrales taient blanches !
Il ne faut pas abuser du corps
Faute de se retrouver arc bousier
Car le cor bu...zi, oyez ! "
Ce pome lettriste est de - Sorcier bleu - (anagramme de Le Corbusier)
il est illustr de quinze aquatintes numriques originales
que lon peut voir sur aRoots
ici :
http://www.aroots.org/notebook/article186.html
Amicizia
Guidu Antonietti
Tutti i commenti di guidu antonietti di cinarca
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1414
di Guidu Antonietti
del 21/09/2006
relativo all'articolo
Architentare. Ad Alba
di
La redazione
Voil une excellente initiative !
Jaurais souhait tre parmi vous tous pour vous entretenir de la situation de lArchitecture en France, malheureusement cela ne sera pas possible !
Hlas !
Amicizia
Guidu Antonietti di Cinarca
Directeur de la rdaction de aRoots
http://www.aroots.org/notebook/
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1413
di Andrea Pacciani
del 20/09/2006
relativo all'articolo
Addio a Vico Magistretti
di
la Redazione
Mi aspetto dalla redazione di antithesi un approfondimento sulla biennale 2006 ribattezzata simpaticamente "delle pietre sullo stomaco " (immagino dalla sezione Citt di Pietra) che vada oltre al sintetico giudizio di "anacronistica", almeno pari a quello che ha svolto su la biennale 2004 che riletto oggi ha un sapore gi di superato, di vecchio. Kurt Foster che annuncia "Vitruvio morto" sembra gi una cosa lontana nel tempo storicizzata e digerita........
Intanto comincio a pensare alle repliche
con cordiali
Tutti i commenti di Andrea Pacciani
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20/9/2006 - la Redazione risponde a Andrea Pacciani
Certo che s! La Biennale di Venezia merita che si approfondiscano i temi trattati nel suo ventre...
Lo faremo presto e dettagliatamente.
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1412
di Silvio Carta
del 20/09/2006
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Rileggendomi riconosco che mi piace di piu il termine struttura di speculazione, e qui ritorno dunque all'aspetto strumentale della questione. Mi si perdoni il maldestro paragone: larchitettura come una donna, ce` chi la usa, chi la violenta, chi la contempla, chi la ama e basta, tenendosene alla larga, chi non lha mai vista e crede di conoscerla, chi ne ha quante ne vuole, chi non riesce a raggiungerla. Distinguo, e semplifico, in due categorie: chi e` consapevole di quello che fa, e chi no. La delusione nasce da una aspettativa a cui e` mancato un degno seguito. Ce` chi l`architettura la usa per fare i soldi, chi per sognare e non pensare alla realta che ha di fronte, chi ci vede una dolce pausa lungo una estenuante corsa verso la sopravvivenza. Ritengo che il piu grande sforzo che noi, nonGioPonti, possiamo fare ora sia guardare in faccia alla realta ed avere il coraggio di distinguere la realta dal sogno, la verita dalle fandonie. L architetura e` usata oggi in tutto il mondo come non si era mai fatto nel passato (o, almeno, non cosi` manifestatamente) ossia per fare i soldi, per far muovere capitali; e in sostanza uno strumento di investimento, come tanti altri. Questo e due sogni nelle menti romantiche ancora vive. Preso atto di questo, resta chi al mondo ne e`consapevole, e chi invece, resta nella mera illusione che prima o poi qualcosa cambiera, o meglio.. tornera come prima, come quando nelle grigie sere di autunno si sognava sopra una pagina della Bauhaus e si sognavano I valori dell architettura, I grandi architetti.
L architettura, se di essa si puo ancora parlare, e` in mano a noi, non ai morti. Da loro possiamo solo imparare, non aspettare le risposte ai nostri problemi. Non possiamo dar nulla, se non a chi ha gia.
Si e` mai chiesto la differenza tra un progetto ed una architettura?
Cordialita.
Tutti i commenti di Silvio Carta
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1409
di angelo massimo gulino
del 19/09/2006
relativo all'articolo
L'imbroglio della 'formazione permanente'
di
Beniamino Rocca
Sinceramente, sono s preoccupato per tutti i giovani architetti che come me, si ostinano a raccogliere tempo prezioso da utilizzare per fare concorsi, uno dei pochi luoghi dove ancora possibile comunicare liberamente dell'architettura e dell'arte. Ecco che i grandi, decidono all'unisono che vogliono prendersi anche quel p di tempo libero e che dobbiamo obbligatoriamente impegnarlo per seguire corsi di aggiornamento professionale (art. 28)...Ma i giovani studenti lo sanno che c' una sorpresa anche per loro e si chiama TIROCINIO professionale finalizzato alla preparazione all'esame di stato ( art. 16)...e l' universit? Ci significa che stato, universit e ordine degli architetti si stanno appropriando del mio tempo e di quello dei vostri figli , per chiuderci in qualche scatola a seguire corsi obbligatori.
Lasciateci la libert di scegliere, per sbagliare anche, per crescere. Grazie
Tutti i commenti di angelo massimo gulino
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1411
di Silvio Carta
del 19/09/2006
relativo all'articolo
L'imbroglio della 'formazione permanente'
di
Beniamino Rocca
La spasmodica voglia\necessita' di rinchiudere chiunque in categorie, sotto un titolo, per poter esser controllati meglio.. e` gia capitato in passato..
Tutti i commenti di Silvio Carta
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1410
di Claudio Peraboni
del 19/09/2006
relativo all'articolo
L'imbroglio della 'formazione permanente'
di
Beniamino Rocca
La lamentazione giusta e sacrosanta, su questo non si discute e come Beniamino sa io la condivido al 100%.
Mi domando per se a furia di lamentazioni non ci siamo lasciati mettere in un tunnel da cui appare arduo uscire in maniera dignitosa.
Questa legge odora di fascismo corporativo, eppure non so quanto di ci che stiamo dicendo verr effettivamente recepito dai nostri colleghi.
La nostra denuncia preventiva cozza - nella sensibilit dei pi - contro il senso comune: la maggioranza non crede - ancora - a questo smaccato potere manipolatorio in mano agli ordini professionali. I pi presumono onest e correttezza anche se non si danno da fare per verificare se queste sussistono davvero.
Vale la pena allora di approfondire un'analisi giuridica che metta in luce l'infondatezza costituzionale di una proposta di legge che limita pesantemente nei fatti la libera iniziativa (e quindi la libert di lavoro di ogni individuo) creando un oligopolio corporativo tendenzialmente chiuso.
Solo argomentando in maniera pi circostanziata le nostre sacrosante lamentazioni potremo dare corso a una forma di protesta non sterile, ma foriera di qualche utile novit legislativa.
Glisso, e chiudo, sull'atteggiamento di questo governo, che, nello specifico di tale questione, non si distingue ancora da quello che l'ha preceduto ....
Tutti i commenti di Claudio Peraboni
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1405
di Vito Corte
del 17/09/2006
relativo all'articolo
Cinque Piazze per Catania. Appello dell'In/Arch Si
di
Franco Porto
Sottoscrivo il documento di Inarch Sicilia e Franco Porto.
Tutti i commenti di Vito Corte
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1402
di Christofer Giusti
del 15/09/2006
relativo all'articolo
L'imbroglio della 'formazione permanente'
di
Beniamino Rocca
RIVOLTANTE!
ma, a conferma di quanto gia constatato (fino ad ora 0 commenti), agli architetti italiani va bene cos!
Tutti i commenti di Christofer Giusti
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1401
di Vito Corte
del 14/09/2006
relativo all'articolo
S.O.S. Castellana Sicula
di
Marcello Panzarella
Condivido il disagio amaro di Panzarella, ma non mi sorprendo affatto. C' chi vuole demolire , c' chi non vuole portare a compimento e chi non vuole mantenere le opere di architettura del nostro Paese.
Per il poco che servir, ho aderito all'invito ed ho inoltrato la mail (con qualche modifica alla traccia suggerita) agli indirizzi indicati.
Grazie comunqueper l'azione di vigilanza., a nome di tutti gli architetti che scelgono di sporcarsi le mani col cantiere a costo di sacrifici e pubblici ludibri, pur di godere del bello di fare l'architetto.
Mi sento meno solo. (so che c' qualcuno che vigila su quello che vo costruendo...)
Tutti i commenti di Vito Corte
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1399
di m.marchesini
del 13/09/2006
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Signor Carta,
non la mia visione edulcorata, la visione di Gio Ponti.
Ora, a lui andata bene, alla sua generazione mediamente meglio che alla nostra di sicuro,ed ora basta, ora ci che lui diceva edulcorazione, mediocrit, perch tutto maledettamente pi complicato!
ora che abbiamo tutti i mezzi, che il messaggio di Gi Ponti, come quello di tanti altri grandi, arrivato a colpire la sensibilit delle "masse" (e parlo di architetti, cio di laureati, cio di gente che ha studiato e che studia), ci che serve, ci che necessario, tutt'altro, ci che non si capisce, ci per cui bisogna sondare l'insondabile!
tutta una questione di numeri signor Carta, di numeri e nient'altro!
ma poi che vorrebbe dire quando afferma: "vorrei semplicemente sottolineare l`aspetto speculativo della questione. Con molta probabilita', e` proprio questa visione edulcorata ed edulcorante della architettura sulla societ che genera poi delusione", che si vuol attribuire all'architettura dei ruoli che non ha? che la si carica di eccessiva importanza? si spieghi per favore, e argomenti cio che afferma.
Vede sig, Carta la mediocrit diviene un imposizione ricattatoria, di fronte ad una offerta "consistente" e, sottolineo, mediamente buona, vi una domanda scarsa e spesso fatta di occasioni mediocri e ancor piu spesso solo a scopo "propagandistico", magari a favore di quegli stessi architetti e/o politici e/o amministratori, che si prestano a far parte di certi "sistemi", a costruire artificiosamente tale domanda che non avrebbe, apparentemente, ragione concreta di esistere.......
Il tutto per far parlare di se, per vedere il proprio nome pubblicato, per far pubblicit alla propria rivista, per far parte di una o quell'altra nomenklatura....
La mediocrit st nella non seriet, nel non andare fino in fondo, nel far perpetrare simili sistemi da "catena di S.antonio", quei sistemi cio che ti illudono di lavorare per poi disilluderti facendoti scoprire che stai solo ....scrivendo degli indirizzi sulle buste, che arriveranno a gente alle quali si chieder di scrivere altrettanti indirizzi su altrettante buste.....etc.
Ma tutto questo vuol forse dire che fare architettura non serve? che edulcorazione pensare che essa potrebbe essere protagonista nel migliorare le sempre pi "gradevoli" citta paesi e campagne? forse che a lei piacciono cos come sono? a me no! ma si sa, a tutto ci si abitua e magari, a forza di studiare, arriveremo a pensare, e in parte qualcuno gi lo sostiene col suo research "accademico", che essere cinici la norma, civile, che il marasma edilizio, lo sprawl urbano bello, che i capannoni disseminati sul teritorio sono come cattedrali (ma quante ce n'), che la campagna ridotta sempre pi in lacerti pasolinianamente zozzi poesia pura!
Lei studia per amore della cultura, per conoscere, per capire, bene, belle parole che condivido in pieno, a parte il fatto che con quest'affermazione non si fa altro che ricadere in un altro...mediocre luogo comune, quel luogo comune che ci vuole tutti laureati e studiosi per amore dello studio. Ma basta!
io ho studiato per fare l'architetto, e di raccontare dei miei virtuosismi intellettuali non mi importa un fico!!
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1398
di Silvio Carta
del 13/09/2006
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
In risposta a quanto detto da M.Marchesini, vorrei semplicemente sottolineare l`aspetto speculativo della questione. Con molta probabilita', e` proprio questa visione edulcorata ed edulcorante della architettura sulla societa' che genera poi delusione, insoddisfazione , frustazione. Vi e` poi un conto che non quadra: se e` vero che siamo di fronte a corse alla mediocrita', a svendite, allora perche' tante delusioni in amore? Dovremmo essere contenti di aver trovato una soluzione, una strada, invece, con evidenza, il problema e` diametralmente opposto. L'inattivita', una mediocrita' nel pensare, piuttosto che nell' agire. Schiacciati in partenza da un nemico le cui ombre ci paiono troppo alta e giganti. C`e` chi dell'architettura ne fa una religione, chi un business, chi invece.. un fatto poetico ed astratto, edulcorandosi. C`e` poi, in ultimo, chi non studia per un futuro migliore, ne per frustrazione, ma per semplice amore della cultura, del conscere, del capire, e a questi, la vita, sempra un peletto piu eterna, almeno per un istante.
Cordialita'.
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1395
di m.marchesini
del 12/09/2006
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Gio Ponti scriveva: "l'architettura facile".
Con queste cristalline... e inequivocabili parole, voleva intendere che essa, l'architettura, un fatto di intuito, di ispirazione, di ARTE.
Bei tempi i suoi, bell'animo il suo.
Tempi in cui vi era ancora una gran fiducia un atteggiamento positivo verso il presente e il futuro e non l'attuale lincobente cappa di catastrofismo, di paranoico sospetto verso tutto e tutti, di totale sfiducia verso ogni istituto, verso ogni disciplina, non questa involuzione che ci vede racchiusi a riccio a meditare, a rimurginare a costruire assurde congetture intellettualoidi e sterili.
Ricercare la verit...ma io sono architetto, la mia verita, la verit, io la voglio esprimere con l'architettura e non producendo sbrodolose pubblicazioni, non facendo sfoggio di bel scrivere e bel parlare, non mostrando la mia inutile erudizione!
voglio progettare, voglio sperimentare le mie intuizoni fregandomene altamente se sono inferiore a un ghery, se gli sono alla pari, se vedo pi in la di lui e voglio farlo attraverso i progetti, attraverso pi occasioni temporalmente vicine, che mi mettano in grado di progredire la mia visione, di correggere gli sbagli, ti calibrare meglio il tiro, di far sedimentare bene gli elementi giusti nella memoria del disco fisso del mio cervello! voglio lavorare, progettare e costruire, non scrivere.
Voglio maturare, il mio linguaggio, la mia architettura la mia vita.
Ma questo periodo storico, questo paese di merda , ha prodotto generazioni di sbandati, laureati e quindi carichi di aspirazioni e di cose da dare, come Gio, ma che corrono il serio rischio di andare perdute! perche queste cose sono troppe, l'offerta e tanta e la domanda e poca, vi un cinismo imperante, vi una corsa all'impazzata alla mediocrit, al ribasso, allo svendersi peggio delle puttane.
Nel frattempo gia tanto se si pu far conto su un lavoro decente ogni tre quattro anni, quando hai gi perduto la memoria delle traversie del precedente, degli entusiasmi e delle delusioni.
Non vi progresso, non vi sedimentaione, maturazione, solo precariet, ancora, anche qui!
Amaro sfogo lo scrivere, lo studiare, lo si fa investendo per un futuro migliore...ma la vita una sola ed adesso!
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1394
di Christofer Giusti
del 09/09/2006
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Egregio G.L.Ferrara,
per certi versi e pur esendo io stesso architetto, non riesco a dar torto al sig. Massimo Davoli.
Non perch mi importi alcunch di NonsoloModa, che non guardo mai (non per snobbismo) e che mi capitato di vedere sporadicamente e per puro caso, piuttosto perch questa necessit di trovare degli astrusi contenuti culturali mi appare quantomeno forzata!
Probabilmente vero! in italia ci sono troppi dottori e tra questi, troppi vogliono fare ricerca col complesso di dover legittimare se stessi. Si impegnano nei dottorandi inseguendo non si sa quali insondabili e sempre pi imperscrutabili (ai pi) verit! l'imperscrutabilit delle verit sembra sia direttamente proporzionale al numero dei dottorandi ricercatori che siano, ossia, per chiarire meglio il teorema: piu il "mercato" saturo di dottori ricercatori (ufficializzati dalle universit, si intende) piu la verit diviene di difficile comprensione per i comuni mortali, pi diviene macchinosa e quindi bisognosa di "studiosi" per la sua "decodificazione".
Scherzi a parte (o no?) ritengo che gli indirizzi figuarativi di un O. Ghery, una Zaha Hadid, un libenskid, proprio perch in opposizione, per usare le sue parole, alla figurazione razionalista sfocino inevitabilmente in una preponderante componente di spettacolarit, laddove per spettacolarit si intende il fatto che tali architetture abbiano un'mmediata presa sul lato emotivo, viscerale, ansiogeno e assai poco sulla componente razionale.
Si potrebbe ritrovare lo stesso rapporto, con le debite differenze, tra l'architettura rinascimentale, la cui bellezza era il frutto della "divina propozione" e l'architettura del barocco la cui innegabile bellezza era soprattutto dovuta alla spettacolarit, all'emotivit.
Ma la cosa che mi chiedo a questo punto e questa: un O. Ghery, una Zaha Hadid, un Libenskid etc, quando progettano, davvero hanno la piena coscenza dei contenuti culturali dei loro progetti? davvero si pu supporre che abbiano coscenza di fare architettura d'avanguardia, culturalmente elevata, nel momento stesso in cui la fanno e senza demandare ai posteri il giudizio sulla giustezza e appropriatezza culturale del loro operato?
non credo.
A questo punto mi domando perch l'architetto non faccia l'architetto, ossia PROGETTI e COSTRUISCA, con coscenza, con onest, secondo la propria cultura perennemente in fieri, ma anche secondo il proprio intuito e la propria sensibilit, insomma faccia proprio tutto quello che in st paese non si riesce a fare anzich indugiare troppo e solo nello studio e nelle teorizzazioni!
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1393
di Massimo Davoli
del 07/09/2006
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Mah ... che la televisione sia deludente, che nonsolomoda non sia perfetto ... mi sembrano banalit... ma difendere a spada tratta il mondo dell'architettuta e degli architetti, questa si che un'idiozia.... con l'architettura non si scherza.... dice lei... beh Si faccia un giro per le citt e dia un voto alle case che hanno costruito gli architetti (che poverini sono poco..... anzi... pochissimo pagati) nei tempi "contemporanei"... quelli si che sono idioti in libert... ci sono troppi dottori e dottorandi. Almeno nonsolomoda senza usare "i canoni" di praticamente tutte le testate di qualsivoglia canale ci mostra delle cose belle che certo non mi posso permettere, ma che esistono e sono la testimonianza del "bello" naturalmente per chi non e' troppo "superiore" o rappresentante di qualche dinastia di genii.
Con certi nomi non si scherza? Boh, forse... ma se pensa che tra i geniacci che ha citato non ci sia qualche "testina" si guardi i pocci di Santiago Calatrava e altri, o magari si legga gli articoli di superprofessionisti come la Palombelli e company e vedr che apprezzera' nonsolomoda come uno dei migliori programmi che sono in circolazione (ce lo stanno copiando in europa spagna... francia... - - - ). Comunque mi scuso e mi scusi ma credo che "sputare" su nonsolomoda sia come sparare sulla croce rossa .... poi mi chiedo: se massacrano i programmi migliori che cosa ci rimane?
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1391
di Francesco Tulli
del 03/09/2006
relativo all'articolo
Ravello: do, re, mi, fa, so, la, si...pit, put...
di
Paolo G.L. Ferrara
Vorrei far osservare a chi legge che la giunta non ha camiato alcun che colore politico, essendo questi nuovi amministratori anche loro di centro sinistra.La questione auditorium tutt'altra cosa che pu capire soltanto chi vive a Ravello e non certamente chi si limita a scrivere qualche articolo poco veritiero..(tra l'altro).
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3/9/2006 - Paolo gl Ferrara risponde a Francesco Tulli
Cambiare colore politico non implica necessariamente il cambio di schieramento. Piuttosto, si tratta di precisi disegni che prevedono attacchi ai predecessori non appena si è in sella. La sostanza non cambia.
La questione auditorium la può capire solo chi la vive? Bene, La invitiamo a scriverne, perchè è diritto di tutti i cultori di architettura conoscere quella che Lei dice essere la verità.
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1383
di silicius vigna
del 25/08/2006
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Questo un vecchio forum..ma bene che sia ancora visibile e che qualcuno, come il sottoscritto, abbia la possibilit di esprimere un parere su Gibellina.
Una nuova Noto? e' questo a cui si sono ispirati tutti? Poich Noto come Gibellina fu distrutta da un terremoto e ricostruita a distanza senza chiedere cosa volessero i sopravissuti.
Ma a Gibellina diverso Gibellina una specie di buco nero nel quale far convogliare fondi che potrebbero essere impiegati in modo molto pi efficente.
Sono passato da Gibellina questa estate del 2006....sono sconvolto...
Poteva essere sulla carta una meravigliosa citt...poteva
Ma una citt per chi? Per i fantasmi delle vittime del terremoto?
Sono sconvolto dallo stato di abbandono di strutture che dal punto di vista architettonico potrebbero essere invidiate dai vari paesi del mondo.
Sono sconvolto dai fondi che continuano ad essere distribuiti per cercare non si sa esattamente cosa?
Forse Gibellina divenuta una sfida, una sfida che dopo essere costata cos tanto ora deve rendere, e quindi via a nuovi bandi e via ad opere per la salvaguardia del territorio che come ripeto praticamente deserto.
Gibellina poteva essere la citt dell'arte della cultura e di tante altre cose...forse la citt della speranza ma sarebbe bastato pensare prima alle cose veramente necessarie... alle richieste della popolazione... al luogo pi adatto per la sua collocazione...a tante cose semplici...invece si pensato a spendere non ad inseguire un sogno di speranza. Si pensato a creare un polmone che respira denaro ma che purtroppo ammalato alla radice e non riuscir a fornire un aria pulita per rendere migliore la vita.
Tutti i commenti di silicius vigna
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1376
di Leandro JANNI
del 20/08/2006
relativo all'articolo
Brevi note a proposito del Ponte sullo Stretto
di
Leandro Janni e Anna Giordano
LA QUESTIONE PONTE SULLO STRETTO E IL SENSO DEL LIMITE
Persino nella nostra bella Italia, nella mitica Sicilia siamo riusciti a perdere il senso del limite. La misura. Non concepiamo pi la natura come terra da abitare, come pensavano gli antichi Greci, ma come spazio da dominare. Non ci limitiamo alluso sostenibile della terra, ma ci spingiamo irresponsabilmente, follemente fino alla sua usura, alla sua consunzione. Rovina.
Il nostro rapporto con la natura fortemente mediato, dominato dalla tecnica: in questo mondo, in questa terra altra spesso coltiviamo illusorie, assurde pretese. Tra queste, pu certamente annoverarsi lo straordinario Ponte sullo Stretto: oggetto di inesauribili e incompatibili discussioni, ipotesi, progetti. Vero e proprio paradosso epistemologico. Follia tecnologica. Ottusa contesa politica. Insomma: tutto e il contrario di tutto, in un rumore comunicativo che nasconde di fatto la realt delle cose. La verit, per, piuttosto semplice: la realizzazione della mega opera infrastrutturale che dovrebbe congiungere la Sicilia al Nord, risolvendo come dincanto tutti i problemi di sottosviluppo della nostra Isola , allo stato, tecnicamente irrealizzabile. Insigni studiosi ed esperti di scienza e tecnica delle costruzioni si sono pronunciati pi volte, in tal senso. E cos: i pontisti se ne facciano una ragione. Almeno per qualche anno o decennio ancora.
Sulle leggi della natura e sui limiti e le possibilit della tecnica, sul concetto di sviluppo sostenibile, mi piace qui ricordare le illuminanti parole del filosofo Martin Heidegger: La legge nascosta della terra si mantiene nella moderata misuratezza del nascere e del perire di tutte le cose entro i limiti della loro possibilit, che ognuna di esse segue e che tuttavia nessuna conosce. La betulla non oltrepassa mai la sua possibilit. Il popolo delle api abita dentro lambito delle sue possibilit. Solo la volont, che si organizza con la tecnica in ogni direzione, fa violenza alla terra e la trascina nellesaustione, nellusura e nella trasformazione artificiale. Essa obbliga la terra ad andare oltre il cerchio delle possibilit che questa ha naturalmente sviluppato, verso ci che non pi il suo possibile, e quindi impossibile. Il fatto che i piani e i dispositivi della tecnica riescano in numerose invenzioni e producano continue innovazioni non dimostra affatto che le conquiste della tecnica rendano possibile anche limpossibile.
Leandro Janni
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1374
di lilly greemens
del 18/08/2006
relativo all'articolo
Lottare disegnando. Disegnare scrivendo.
Qualch
di
Marco Maria Sambo
Ho deciso di intervenire dopo dure "lotte" con me stessa... ma nn riesco!!!
Continue lamentele, continui richiami ai bei tempi, continui alibi x giustificarsi... risultato? apatia, rassegnazione, rimpianti...
L'architetto=lottatore o architetto=mediatore... ma smettiamola!!!...
L'architetto architetto e,come sempre stato, nn una figura cos comune e nn certo pari a 122.000 iscritti presenti in Italia... no, l'universit ha fallito il suo compito ormai da troppi decenni, laurendo troppe persone, studiose s, ma nn architetti... che si fregiano di questo titolo non essendolo nella loro vera essenza... questo il vero dramma, colluso da troppa, abissale ignoranza di cosa sia l'architettura veramente...
Il mestiere del vero architetto un mestiere umile, fatto s di sogni (il progetto nasce come tale nella sua testa), ma nn di fate... servono x realizzarlo molta umilt, molta collaborazione, molta fatica fianco a fianco con gli operai, con gli artigiani, con i committenti x spiegare al meglio e tradurre in concretezza il suo sogno, che deve cmq essere sempre fattivo, realizzabile, concreto... altrimenti nn stiamo parlando di architettura.
Lottare x arrivare a questo???... certo.
Mediare x arrivare a questo???... certo.
Ma nn basta... bisogna saper vedere l'architettura!!!!
Zevi nn lontano anni luce, ma + che mai attuale.
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1373
di Leandro JANNI
del 18/08/2006
relativo all'articolo
S.O.S. Castellana Sicula
di
Marcello Panzarella
Carissimo Marcello,
chi ci salver dall'ignoranza e dall'ottusa sicumera di certi parroci?
Sai cosa penso veramente - pur essendo cristiano?
Che il vero miracolo della Chiesa che essa continua ad esistere malgrado certii preti, certi parroci e certi vescovi.
Per quanto riguarda i pubblici amministratori, gli uffici tecnici comunali e le soprintendenze, penso che neanche i miracoli possano fare qualcosa!
Comunque sia: lottare, farsi sentire, proporre sempre meglio che tacere e subire.
Un cordiale saluto.
Leandro Janni
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1369
di giovanni Avosani
del 16/08/2006
relativo all'articolo
Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
Credo che l interessante articolo abbia un profonda e curata base storica e abbia puntualizzato e giustificato benissimo il punto di vista dellautore.
Mi permetto di osservare come negli scritti di cui questo vuole essere una modesta continuazione, sia stato completamente dimenticato, lo strumento che finalmente ha permesso di rendere partecipe anche i non addetti ai lavori della complessit.
Mi riferisco al computer, pi specificamente al fatto che come erroneamente detto nellarticolo di Vilma Torselli, Mandelbrot non ha teorizzato la geometria frattale, questo un errore comune, M. ha solamente applicato teorie vecchie di decenni al mezzo informatico.
E difficile sopravvalutare il ruolo svolto dal computer nella rivoluzione costituita dalla geometria frattale e dalla scienza del caos. Senza la potenza di calcolo necessaria per iterare unequazione milioni di volte, la rivoluzione semplicemente non sarebbe stata possibile. Il computer, con la sua enorme velocit nel macinare numeri, diventato per lo studio dei sistemi dinamici complessi quello che il microscopio stato per la microbiologia, lacceleratore di particelle per la fisica subatomica e il telescopio per lo studio del cosmo.1
La geometria frattale non si basa sugli attrattori ma sulla logica iterativa, lo strumento diventa volano per la continua sperimentazione di concetti e teorie gi analizzate ma fino a quel periodo necessariamente abbandonate o sottovalutate in quanto troppo complesse per le limitate capacit di calcolo ancora in gran parte affidate al pensiero delluomo.
Mandelbrot ha avuto il pregio di formalizzare visivamente una geometria altrimenti invisibile.
Se partiamo dal presupposto che il computer sia il mezzo che ci permette di gestire o capire o semplicemente tentare di giocare con il caos; anche in architettura, questo mezzo diventa discriminante.
Se parliamo di caos e sistemi complessi, purtroppo gli architetti decostruzionisti, non sono un esempio positivissimo, restano sempre architetti analogici in unera digitale, utilizzano il computer come solo strumento di rappresentazione, questo non fa di loro architetti digitali.
Le ragioni sono fondamentalmente di ordine anagrafico e culturale, nessuno dei citati ha mai realmente affrontato luso dello strumento informatico come strumento evolutivo o generatore della propria architettura.
Il suo metodo di lavoro non stato cambiato dallintroduzione del computer, ma questo ha reso pi agevole ai suoi collaboratori disegnare molte delle sue forme pi stravaganti.2
Pi spesso si sono visti costretti a usare il C. per poter decodificare e gestire le proprie idee architettoniche.
Solo negli ultimi anni Eisenman ed Hadid, hanno iniziato a lavorare in modo intenso cercando di studiare le reali possibilit dell interazione computer-percorso progettuale.
Forse quando si parla di complessit bisognerebbe finalmente puntare a quanti in modi diversi ma altrettanto interessanti, stanno usando il computer in forma di strumento di ricerca.
MVRDV, Greg Lynn, Un Studio, Hani Rashid; sono alcuni di questi protagonisti impegnati in campi apparentemente diversi ma accomunati dallesigenza di affiancare ed integrare il computer al proprio percorso progettuale.
Pensiamo con nuove prospettive. Fino ad oggi la geometria Euclidea ha influenzato in modo totale le regole compositive del nostro mondo e la conseguente rappresentazione; non sia mai che il computer facendoci accedere a prospettive altre, naturalmente cambier anche le nostre architetture, come gli strumenti di rappresentaione prima di questo hanno sempre fatto.
Propongo:
Flatlandia Edwin A. Abbott http://www.matematicamente.it/libri/flatlandia.html
Saluti Giovanni
1Lestetica del Caos John Briggs.
2Frank O. Gehry: Architettura e Sviluppo a cura di Mildred Friedman
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1367
di Vilma Torselli
del 15/08/2006
relativo all'articolo
Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
Condivido le perplessit espresse da Christofer Giusti circa la frattura tra le teorie spesso affascinanti che hanno attraverstao la storia dell'architettura moderna ed il loro risultato pratico sul campo, molte volte deludente.
Ci non toglie che, magari come puro esercizio intellettuale, nell'ambito di un dibattito di interesse generale e non di un pi o meno polemico dialogo a due , non si possa discutere da un punto di vista puramente speculativo 'sull'idea di complessit' e non su come Lazier la abbia o no applicata nei suoi progetti.
Mi capitato pi volte di scrivere di architettura, da architetto e da appassionata di questa materia, ma non mi mai capitato di dover essere chiamata a giustificarmi per non aver applicato le teorie analizzate nei miei scritti. Mi rendo conto oggi che la mia pi grande fortuna stata quella che Christofer Giusti non li abbia mai letti!
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1366
di christofer giusti
del 15/08/2006
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Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
Eppure, sig. Lazier , per quanto ingenua sia la mia visione, dovrebbe essere proprio cosi! in che modo altrimenti si esprimerebbe da architetto, lo spirito del proprio tempo se non proprio attreverso il mezzo espressivo dell'architettura?
Diversi sono gli architetti che ora amiamo citare a esempio, a guida, a modello, e che sono riusciti a tradurre pensiero filosofico o scentifico a loro contemporanei in architettura espressione del loro tempo!
Le corbusier, Mies vanderhoe, Wright, per citare, magari a sproposio, i pi incensati.
e se penso a Le corbusier mi ritornano alla mente le letture dei suoi scritti e soprattutto la vitalit, la freschezza, e talvolta l' ingenuit che li caratterizza, l'ingenuit di colui che si avventura in un modo nuovo di fare l'archiettura, un modo che reinventa, ridisegna, ripensa la citt, la casa, la stanza, la finestra ponendoli a espressione di architettura del suo tempo.
Dunque il genio Le Corbusier era un ingenuo? uno che credeva di poter travasare scienza e filosofia direttamente nell'architettura? tapino!
Ma il busillis sta tutto qui, nel saper esprimere in modo compiuto in termini figurativi la filosofia o la scienza, insomma il pensiero del proprio tempo, altrimenti che ci stiamo a fare? lo afferma lei stesso.
mi scuser se non faccio altro che ripetermi nell'intento di far chiarezza anche a me stesso.
D'altro canto, tornando ai frattali, si potrebbe sostenere che, tra i miliardi di soluzioni spaziali a forma di brioche (o di altro) che il computer potrebbe snocciolare a soluzione di un medesimo problema, potremmo ritrovarvi esempi di estrema bellezza come casa tugendhat, piuttosto che un palazzetto ecclettico o villa Barbaro a Maser, oppure, ancora, la casa dell'arch. Lazier, insomma senza riguardo a logiche diacroniche o sincroniche e senza alcun interesse, quindi, per l'apparteneza o meno alla contemporaneit. A meno che contemporaneit non significhi il tutto possibile, il caos nel quale ciascun individuo, se architetto proporr, la propia soluzione di ordine e di bellezza (comprese le sue, sig. Lazier).
Tutti i commenti di christofer giusti
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15/8/2006 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
A meno che contemporaneit non significhi il tutto possibile, il caos nel quale ciascun individuo, se architetto, proporr la propia soluzione di ordine e di bellezza (comprese le sue, sig. Lazier)
Mi pare proprio di s! E con questo direi argomento chiuso
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1363
di christofer giusti
del 14/08/2006
relativo all'articolo
Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
"Laccusa che Salingaros fa agli architetti moderni proprio quella di ignorare una cosmologia adeguata sul piano delle scienze naturali, deformando il lavoro in virt di una conoscenza che egli ritiene insufficiente se non addirittura assente. Rispondere a tale accusa mi sembrava doveroso."
E sia, prof. lazier, davvero difficile conoscere tutto di tutti, probabilmente ogni architetto che si ritenga tale dovrebbe conoscere tutto di qualunque suo collega che si dichiari tale, cos come, tanto per essere anti specialistico, si dovrebbe rispolverare la figura di architetto come detentore di sapere enciclopedico.
Mi dica una cosa sig. lazier: se le proponessi una qualsiasi opera edlizia, che avesse una parvenza architettonica, delle valenze artistiche, lei, solo osservandola saprebbe ritrovarvi le ragioni d'essere, culturali, persino cosmologiche che l'autore ha posto in essere nel crearla? o non sarebbe invece una sua personale interpretazione, filtrata dal suo modo di intendere l'architettura?
ci che io volevo dire che l'architettura ha i suoi elementi grammaticali che sono quelli che lei stesso usa e dai quali non in grado di prescindere (quantomeno non ancora) e che consentono di esprimere un linguaggio che, come tutti i linguaggi, in continua e lenta evoluzione. Altra cosa poi caricare tali elementi di significati che esulano dalla cultura propriamente architettonica e che sono, come tali, soggettivamente, o malamente, o per nulla interpretabili in base al grado di conoscenza o di intuito di ciascuno.
Insomma l'architettura ha una sua propria cultura, fatta di secoli di storia, di scienza delle costruzioni, di "teorie evolutive", si pu prescindere da tutto ci volendo fare l'architettura? essa vive di vita propria, e pur ritenendomi di mentalit aperta e non, come sono stato tacciato alcuni commenti fa, uno strenuo sostenitore del contestualismo e della tipologia, ritengo che qualsiasi forma espressiva abbia un suo corposo bagaglio linguistico e qualunque altra disciplina o coscienza del mondo si voglia esprimere attraverso la forma espressiva dell'architettura dovr, in coscienza e per correttezza intellettuale, fare quantomeno i conti, come fa lei stesso, con tale bagaglio, o no?
Ma supponiamo di fare tabula rasa di tutto, ritiene che il modo in cui lei ha espresso la sua coscienza cosmologica sia davvero cosi palese? ritiene davvero di essersi liberato, nell'esprimere tale coscienza, di tutti i retaggi linguistici "convenzionali" dell'architettura? mi dica dunque dove comincia l'espressione dell'una e dove l'espressione dell'altra? e dove, un osservatore colto o incolto che sia, potr oggettivamente cogliere distintamente l'una piuttosto che l'altra?
Tutti i commenti di christofer giusti
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14/8/2006 - Sandro Lazier risponde a christofer giusti
Non deve prendersela con me per via della cosmologia. Ognuno, in fondo, ha la propria e non deve aversene a male.
Per il resto:
1
o non sarebbe invece una sua personale interpretazione, filtrata dal suo modo di intendere l'architettura?
Certamente si! A questo serve avere una propria visione del mondo. Se poi non coincide con quella dellautore questo influir sul giudizio conseguente, ma non muore nessuno.
2
l'architettura ha una sua propria cultura, fatta di secoli di storia, di scienza delle costruzioni, di "teorie evolutive", si pu prescindere da tutto ci volendo fare l'architettura?
Certo che no! Ma la cultura che determina unarchitettura non le esclusivamente propria; parte del suo tempo e delle conoscenze del suo tempo, compresa la scienza delle costruzioni che parte della fisica come lo sono i frattali.
3
ritiene davvero di essersi liberato, nell'esprimere tale coscienza, di tutti i retaggi linguistici "convenzionali" dell'architettura?
Non era mia intenzione liberarmi di niente. Cosa sono, tra laltro, i retaggi linguistici convenzionali? A me stato insegnato che larchitettura fondamentalmente spazio. Cercare di capire cosa vuol dire uno spazio complesso presuppone un minimo di conoscenza della locuzione complessit. Di l in avanti ognuno pensi cosa vuole, inclusa la spocchia intellettuale. Ma non mi chiami professore, per favore.
Commento
1362
di christofer giusti
del 14/08/2006
relativo all'articolo
Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
Egregio Lazier,
ho letto il suo affascinante articolo e vorrei proporle alcune, forse banali, considerazioni:
daccordo, la complesit, il caos, la statistica le analogie con la fisica etc, ma tutto questo come trova adeguata applicazione espresiva nel progetto architettonico?
forse nell'utilizzo di un calcolatore che, utilizzando il frattale, modella lo spazio proponendomi infinite soluzioni spaziali per il medesimo problema? si rende conto?
non le sembra che tutto questo gran lavorio intellettuale sia indice di involuzione culturale? di crisi? che serva solamente a legittimare se stesso e a ribadire in grassetto che si, servono i ricercatori?
e non forse vero che proprio a causa del vostro cospicuo numero (di voi ricercatori-professori), l'unico modo d mettere la testa fuori per vincere l'entropia, di legittimare la vostra stessa presenza, quella di elucubrare teorie con legittimazioni intellettuali sempre pi complicate (o complesse?) sia che richiamino Biagio Rossetti (riposi in pace) sia che vadano a parare a Bnard?
anche perch se anche quello che voi proponete fosse l'attuale "Esprit-Nouveau" dell'architettura, quanti potrebbero realmente accedere e controllare simili mezzi esressivi?
indubbiamente tutto questo lavorio intellettuale, quest'accanimento cerebrale accuir il vostro acume, attiver le sinapsi ma cosa produce sul piano dell'architettura?
visitando il sito dello studio Lazier, mi si propongono dei progetti che si esprimono, ancora, con la geometria euclidea (rette, poligonali etc.), e cio che io constato che si vuol caricare di alti-altri signiificati soluzioni progettuali che nel migliore dei casi sono riproponimenti di cose gia viste e riviste.
Come minimo vi uno scollamento tra teoria e pratica.
Tutti i commenti di christofer giusti
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14/8/2006 - Sandro lazier risponde a christofer giusti
Ho scritto questo saggio nel 2000 con lo scopo principale di capire. Il modo migliore per capire provare a spiegare agli altri.
Capire significa allargare il proprio panorama culturale per farsi unimmagine del mondo che la nostra condizione di uomini occidentali ci fa sperare pi prossima a quella che chiamiamo, forse scorrettamente, realt.
Laccusa che Salingaros fa agli architetti moderni proprio quella di ignorare una cosmologia adeguata sul piano delle scienze naturali, deformando il lavoro in virt di una conoscenza che egli ritiene insufficiente se non addirittura assente. Rispondere a tale accusa mi sembrava doveroso.
Questo il senso che volevo dare alla pubblicazione dello scritto.
Dopodich ognuno pu trarre le conclusioni che vuole. Le vorrei per far notare che la nostra percezione attraversa un, appunto, panorama culturale che interpreta i segni esterni in funzione delle nostre conoscenze. Le architetture si possono vedere oppure guardare.
Commento
1365
di christofer giusti
del 14/08/2006
relativo all'articolo
Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
1o non sarebbe invece una sua personale interpretazione, filtrata dal suo modo di intendere l'architettura?
Certamente si! A questo serve avere una propria visione del mondo. Se poi non coincide con quella dellautore questo influir sul giudizio conseguente, ma non muore nessuno.
"Le vorrei per far notare che la nostra percezione attraversa un, appunto, panorama culturale che interpreta i segni esterni in funzione delle nostre conoscenze. Le architetture si possono vedere oppure guardare".
Mi era sembrato di cogliere una nota di biasimo da parte sua per non aver saputo cogliere i contenti dei suoi progetti (in pratica vedo e non guardo, o forse ho una visione del mondo diversa dalla sua, ma detta cosi anche per me, oltre che per lei, suona quantomeno pi gradevole).
2l'architettura ha una sua propria cultura, fatta di secoli di storia, di scienza delle costruzioni, di "teorie evolutive", si pu prescindere da tutto ci volendo fare l'architettura?
Certo che no! Ma la cultura che determina unarchitettura non le esclusivamente propria; parte del suo tempo e delle conoscenze del suo tempo, compresa la scienza delle costruzioni che parte della fisica come lo sono i frattali.
Vorrei allora ripetermi: in che modo i suoi progetti si fanno portavoce della coscenza del loro tempo, del nuovo "esprit nouveau"? i frattali: dove, concretamente ,se ne vede l'utilizzo nei suoi progetti? in che modo? che controllo potrebbe mai avere l'uomo nella modellazione con tali strumenti ad appannaggio dei soli calcolatori? e che dire dell'esecuzione di opere cos concepite? quale, tra le casualmente infinite possibili, costruire? e perch?
3ritiene davvero di essersi liberato, nell'esprimere tale coscienza, di tutti i retaggi linguistici "convenzionali" dell'architettura?
Non era mia intenzione liberarmi di niente. Cosa sono, tra laltro, i retaggi linguistici convenzionali? A me stato insegnato che larchitettura fondamentalmente spazio. Cercare di capire cosa vuol dire uno spazio complesso presuppone un minimo di conoscenza della locuzione complessit. Di l in avanti ognuno pensi cosa vuole, inclusa la spocchia intellettuale. Ma non mi chiami professore, per favore.
Quello che intendo , forse impropriamente, per retaggio lingustico ha a che fare con il bagaglio di esempi spaziali, le loro articolazioni, coi singoli elementi: tetti, pareti, finestre, porte, del modo in cui si sono evoluti nella storia, del modo in cui alcuni esimi architetti piuttosto che altri hanno saputo evolvere o arricchire o involvere, del modo di intendere lo spazio: storicamente, ormai, sterometrico o neoplastico, scatolare e statico oppure dinamico coi muri che divengono setti traslati e sfalsati, o ruotati, libero in sezione o libero in pianta. di tutto ci, di tutta questa casistica di esempi, di ricordi spaziali (per averli visti, per averli ridisegnati, per averli ricostruiti nella mente, per averli fotografati) se ne ha inevitabilmente un condizionamento, un retaggio (magari definirli convenzionali effettivamente improprio). Credo che concepire uno spazio "frattale" o comunque non euclideo non potrebbe che prescindere da tutto ci, e per quello che ho potuto vedere nel suo sito, nonostante i valori aggiunti che lei vuole attribuire, le sue architetture sono ancora assai legate a quello che io ho definito retaggi "convenzionali" e probabilmente, di conseguenza, sono assai poco complesse.
Perdoni l'involontaria (mia) spocchia
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14/8/2006 - Sandro lazier risponde a christofer giusti
Vedo che insiste nel volerla mettere sul personale. Non lho invitata io a cercare nei miei progetti quei riferimenti alla complessit che lei cerca. Nemmeno ho la pretesa di portare questi progetti a modello di complessit tout court e tantomeno di frattali (Tra laltro sono il primo a contestare metodologie automatiche di generazione di architetture al computer). Quindi, mi perdoni, mi sembra un po ingenua la sua necessit di misurare quanto scritto in un saggio per pura aspirazione di conoscenza con i progetti da me realizzati e generati sicuramente da un movente culturale di cui lidea di complessit riguarda solo un aspetto marginale. E, questo aspetto, non deve forzatamente trovare sbocco formale nel progetto. Se lei non riesce a trovare nessuna complessit in quanto ha visto un problema di codice di lettura come ho scritto nel saggio in discussione, e quindi suo e non certamente delloggetto di cui il codice interprete.
Mi sembra, ripeto, un po ingenuo pensare di poter calare la conoscenza dei frattali in un nuovo formalismo, magari con le forme della brioche magari su un impianto spaziale tradizionale. Cosa che avviene abitualmente tra gli architetti attenti pi alla forma che alla sostanza.
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1361
di Vilma Torselli
del 13/08/2006
relativo all'articolo
Lottare disegnando. Disegnare scrivendo.
Qualch
di
Marco Maria Sambo
Forse quel meraviglioso mondo chiamato Architettura sempre stato un gioco di soldi e speculazione, papi, principi, ricchi mercanti non necessariamente illuminati e poi banchieri, industriali e mafiosi ci hanno lasciato il mondo di chiese, palazzi, vie, quartieri e centri commerciali nel quale, pi o meno bene, abitiamo, ignorando le lotte che gli architetti che ci hanno preceduto, anche questi non sempre illuminati, hanno combattuto per costruirlo e lasciarcelo in eredit.
E vero, non ci sono pi i Caff di una volta, nei quali gli architetti si radunavano per parlare con scrittori pittori, artisti, oggi c il villaggio globale in cui ognuno entra e esce senza chiedere il permesso, dice ci che vuole, posta unopinione che nessuno legger, o lo far qualcuno allaltro capo del mondo, di unaltra lingua e di unaltra civilt. Le identit sbiadiscono, lappartenenza non ha significato, la cultura massificata ed omologata di un mondo dove tutto alla portata di tutti si appiattita in linguaggi senza peculiarit, generalisti e perci sommamente democratici, i movimenti oggi si costruiscono a tavolino, basta stipendiare un critico, comprare qualche giornalista, affittare una sede prestigiosa, inventarsi un premio, sono aperti, globali, oggi un architetto di Canicatt pu, senza muoversi dal suo studio, partecipare ad un concorso per un museo in Nuova Zelanda, e vincerlo pure!
E tutto ci non significa qualunquismo, ma globalizzazione, le parole di Zevi sono lontane anni luce, larchitetto vincente oggi non un lottatore, ma un mediatore, che sa superare un suo personale background culturale, una sua idea del mondo fatato in cui la realt si piega alla forza delle sue idee, per captare e catturare senza preconcetti i segnali del mondo reale, anche se lontano da una sua immaginata citt invisibile, rinunciando, mediando, compromettendo, elaborando, ibridando, progettando un mondo certamente non perfetto, ma tuttavia il migliore dei mondi possibili.
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1360
di christofer giusti
del 12/08/2006
relativo all'articolo
Lottare disegnando. Disegnare scrivendo.
Qualch
di
Marco Maria Sambo
Ringrazio l'autore per questo commento e antithesi per averlo pubblicato.
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1358
di Vilma torselli
del 11/08/2006
relativo all'articolo
Sull'idea di complessit
di
Sandro Lazier
Innanzi tutto, Sandro, complimenti ed auguri per Architentare, ho visitato il sito e mi pare che il progetto sia innovativo, interessante e stimolante.
Sul tuo articolo, devo dire che rappresenta un excursus ampio, esaustivo, elegante ed affascinante su di un argomento tuttaltro che facile, zeppo di concetti talvolta francamente ostici: non ho difficolt a confessare che mi ha fatto scoprire parecchie mie lacune ed in parte mi ha aiutato a riempirle, come penso sia accaduto a molti tuoi lettori.
Poich, tuttavia, mi pare che esista una frattura o quanto meno una non perfetta consequenzialit tra ci che afferma Salingaros e la tua seguente trattazione, vorrei, se me lo concedi, aggiungere qualche considerazione e per farlo devo partire un po da lontano, dallassegnazione, nel 1964, del Gran Premio della Biennale di Venezia al padre spirituale della Pop Art Robert Rauschenberg, riconoscimento per la prima volta assegnato ad uno statunitense nel sacrario della cultura visiva europea, che ufficializza definitivamente la supremazia americana in campo artistico mondiale, gettando le basi di uno dei pi importanti imperialismi culturali che mai abbiano dominato il mondo dellarte.
Levento stato sapientemente preparato negli anni precedenti mettendo in atto una attenta sequenza di strategie politiche, mediatiche ed economiche che hanno coinvolto indiscriminatamente artisti, critici, galleristi, collezionisti, dalle manovre della CIA degli ultimi anni 40, volte a promuovere larte americana il direttore del MOMA, Alfred Barr, convinse la rivista "Life" a sostenere i pittori d'avanguardia ed intraprese un organico programma desportazione verso l'Europa, previa garanzia di una sovvenzione governativa di 125.000 dollari lanno per cinque anni agli scritti di James Johnson Sweeney (1952), critico darte, direttore del Solomon R. Guggenheim Museum e consulente del Museum of Modern Art di New York, che esaltano i contenuti filo-americani profondamente democratici di unarte di libert estrema come solo un paese estremamente libero pu esprimere, allattivit propagandistico-divulgativa del gallerista italo-americano Leo Castelli e della moglie Ileana Sonnabend, proprietari di una vera e propria catena di prestigiose gallerie in America ed in Europa, alla rassegna "Th Responsive Eye" organizzata dal MOMA nel 1965 che consacra sul fronte internazionale la nascita dellEspressionismo astratto americano nonch delloptical art, peraltro gi apparsa in Europa con assai meno scalpore.
Anche la Pop Art, ufficializzata a New York con una collettiva del 1962, "The New Realistsal, fenomeno americano seppure di indiscutibile matrice europea che scippa e neutralizza grazie a costosissime campagne di marketing sia la nascente Popular Art inglese sia il Nouveau Ralisme italo-francese, che hanno il solo torto di essere i parenti poveri della grande famiglia new dada. Linvestimento di mezzi dar i suoi frutti, dopo la Pop Art lAmerica sar infatti la culla di ogni nuovo movimento artistico importante, il concettualismo, la minimal art, la body art, la land art e cos via, opportunamente associando fortune artistiche e fortune economiche in una nazione nella quale, si sa, utile e dilettevole costituiscono da sempre laccoppiata vincente, con una netta propensione per lutile, visto che anche in epoca pi recente .. Il boom della pittura contemporanea coincise con una fase di espansione delleconomia americana comunemente detta Reaganomics. In un articolo del 1980 il critico darte del New Yorker Calvin Tompkins scriveva: Il congiungimento fra un nuovo tipo di pubblico ed una nuova generazione di artisti ha reso pi febbrile la scena artistica attuale, provocando un eccitamento nervoso che se un bene per gli affari, non lo necessariamente per larte.(Alessandro Tempi, Il caso Schnabel ed il boom della pittura contemporanea)
Con lEspressionismo astratto, la giovane America pone la prima pietra per la costruzione di una tradizione artistica autoctona ed autonoma, finalmente liberata dallinfluenza della cultura della vecchia Europa: Barnett Newman scrive "Nel 1940 alcuni di noi si destarono per accorgersi che eravamo senza speranza; che in realt non esisteva nessuna pittura..Fu quel risveglio che ispir l'aspirazione, l'elevato proposito, qualcosa di assai diverso dalla semplice ambizione, di ripartire da zero, come se la pittura non fosse mai esistita." , Pollock, Still, Kline, Tobey, e molti altri, grazie anche alla sensibile azione prodromica di Arshile Gorkij e Roberto Matta, interpretano ciascuno a modo proprio quelle aspirazioni e quegli elevati propositi e colmano l "enorme vuoto", cos lo definisce Adolph Gottlieb, che andava riempito con uno sforzo di rifondazione della mitologia e della simbologia primitiva.
In realt tutti gli espressionisti subiscono il fascino della tradizione culturale del vecchio continente, magari in un distorto rapporto di
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11/8/2006 - Sandro Lazier risponde a Vilma torselli
Cara Vilma,
ho riflettuto parecchio prima di rispondere.
Intanto riconfermo che la mia risposta alla provocazione di Salingaros un atto dovuto. Poi propedeutico allincontro di Architentare di cui so che hai curato insieme allarch. Giudice limpianto organizzativo.
Sul tuo ricco e circostanziato intervento che dire?
Che stabilire fin dove lecito che il potere si serva dellarte e viceversa non per nulla semplice? La vicenda Pollock sembra profetica rispetto alle scoperte scientifiche, in barba allantropologia culturale e ai nessi e connessi con i poteri sociali.
Sicuramente lo strumento primo di ogni potere la propaganda e quella culturale sicuramente la pi efficace. Quindi ogni potere usa sicuramente larte e ne abusa. Ma ci sono senza dubbio meccanismi che poi trascinano altri meccanismi che, a loro volta, trascinano altri meccanismi ancora, con medaglie e loro rovesci. Tutto ci perch il sistema delle societ di persone complesso e non sempre funziona il congegno causa effetto. O, almeno, non sempre funziona come si spera.
Credo di poter pensare con convinzione sufficiente che allinterno del potere e della sua rappresentazione, soprattutto se questo aperto alla ricerca del nuovo e quindi lascia spazio allinventiva degli individui, ci siano gi elementi che funzionano come anticorpi.
Se il regime democratico delloccidente sceglie, per evidenti motivi di propaganda, di rappresentarsi con unarte libera che ha per fine la critica del sistema sociale e delle sue deficienze, contribuisce di fatto alla proprio benessere perch utilizza le forme di libert espressiva per diagnosticare i suoi mali. Credo che questo intendesse Zevi quando definiva larchitettura il termometro e la cartina al tornasole della giustizia e delle libert radicate in consorzio sociale.
Questo avviene in societ dov permessa la libert di ricerca creativa. Quando invece si tenta dimporre vincoli espressivi - che storicamente hanno sempre avuto le forme della tradizione costruttiva, classica in particolare occorre cominciare a preoccuparsi.
Poi ci sono le eccezioni e chi ne approfitta. Ma il sistema, si sa, molto imperfetto, soprattutto incerto. Perci occorrono strategie
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1357
di beniamino Rocca
del 11/08/2006
relativo all'articolo
Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
Approfitto del fatto che qualche lettore di Antithesi ( E. Botta) , per sua stessa ammissione, ha "le idee confuse " sulla legge Bersani per tentare di fare un p di chiarezza su alcune questioni che interessano la professione dell'architetto, dunque, interessano anche l'architettura .
Architettura intesa nella sua accezione pi completa, quella cio di un'attivit che costruendo quegli spazi nei quali tutti noi viviamo , e incidendo sul paesaggio, espressione vera e compiuta di una societ .
Gli ordini professionali osteggiano la legge Bersani sostenendo che la rinuncia ai minimi tariffari da parte dei professionisti sar un danno per la qualit del loro operato e che il povero cittadino non sar pi tutelato.
Panzane , panzane, panzane.
Mentono sapendo di mentire ( lo hanno fatto da sempre del resto, fin dagli anni venti ,quando il sindacato fascista si trasformato in ordine professionale -1923-).
Anche quella sfilza di accademici ( alcuni , forse, ache in buona fede) che il 21 luglio scorso hanno sottoscritto l'appello contro la legge Bersani fatto dal consiglio nazionale degli architetti a tutela della "Qualit architettonica" mentono, sapendo di mentire.
Se davvero avessero a cuore la " qualit architettonica" non avrebbero truccato i concorsi d'architettura come hanno sempre fatto e, soprattutto, non avrebbero lasciato passare nel silenzio generale la legge Merloni prima, e oggi, il Nuovo Codice degli Appalti , ancora peggio.
Queste leggi fanno del "Responsabile di procedimento" il novello "Principe" e lui, un burocrate , sceglie come fare un concorso , come dare un incarico , ed espropria l'unitariet dell'idea progettuale affidando il progetto preliminare, definitivo, esecutivo e la direzione dei lavori a quattro figure diverse, se lui vuole, alla faccia della Qualit architettonica.
Questo il vero scandalo.
Questa la disonest culturaledi chi governa gli ordini professionali, delle universit di architettura e dell'Assimpredil ....e dei politici ,naturalmente, che in Parlamento tutelano queste lobby.
La legge Bersani un positivo inizio, impostoci dalla CEE tra l'altro ( altro che legge della jungla caro Botta) deve servire per arrivare all'eliminazione dell'ordine degli architetti e fare in sostituzione delle libere associazioni di professionisti, come in tutto il nord Europa, come il RIBA inglese insegna e dove, non a caso, l'architettura generalmente migliore che da noi.
Basta con l'ipocrisia della tutela del povero cittadino e dei minimi tariffari.
Tutti noi sappiamo bene che per lavorare con il privato le parcelle sono sempre aldisotto dei minimi tariffari ...e gli ordini lo sanno benissimo da decenni ....ma fanno finta di niente.
La legge Bersani andr migliorata perch deve davvero tutelare :
) libera concorrenza
2) qualit dell'architettura
3) difesa dell'unitariet dell'ideazione progettuale ( dal progetto preliminare alla realizzazione in cantiere ) e tutela del diritto d'autore
4) distinzione del ruolo professionale dell'architetto da quello dell'ingegnere e degli altri tecnici che operano sul territorio
5) distinzione del ruolo dell'architetto libero professionista dall'architetto pubblico dipendente .
Oggi il mondo degli architetti liberi professionisti deve porre con forza la tutela della sua figura e rivendicare un ruolo di rappresentanza che solo una istituzione ad iscrizione volontaria pu garantire e non un ordine ad iscrizione obbligatoria.
Prima lo capiremo e meglio sar per noi architetti liberi professionisti che vorremmo continuare a fare questa professione meravigliosa e crativa e che non abbiamo bisogno di essere difesi sui giornali ( con mezze pagine comprate con i nostri soldi tra l'altro ! )da colleghi universitari gi pieni di incarichi, con stipendio e pensione garantita e , diciamolo francamente, senza nessun problema di sopravvivenza economica Bersani s ,o Bersani no..
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1355
di Carlo Sarno
del 10/08/2006
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Una spiritualit ecologica
di
Leandro Janni
Caro Leandro , mi rende lieto il tuo appello sincero ad una "spiritualit ecologica" , un concetto di ecologia che estende l'idea di equilibrio ed armonia ad una visione integrale del cosmo, inteso come sintesi di materia e spirito.
Mi viene in mente ad esempio l'idea di estetogenesi cosica formulata da Paolo Soleri con la sua ricerca Arcologica, radicata nei principi dell'Architettura Organica, che sfocia in una ecologia dell'uomo inteso come totalit, essere razionale e compassionevole capace di comprensione e amore verso la natura.
E che dire poi di Hundertwasser e della sua concezione delle "cinque pelli" dell'uomo, dove si passa dalla pelle ai vestiti, poi all'architettura, all'ambiente antropizzato e infine al cosmo intero.
Ma ancor pi mi sembra utile Leandro citare qui la Carta dei Cristiani per l'Ambiente , presentata ad Assisi il 5 giugno 2004, che bene divulgare per comprendere meglio l'importanza di una "spiritualit ecologica" .
Auguri a tutti una buona lettura e riflessione, cordialmente Carlo.
( brano tratto dal sito www.ambienteazzurro.it )
La cultura ambientalista che ha dominato la scena mondiale negli ultimi trenta anni stata caratterizzata da un accentuato relativismo filosofico e morale.
Le attivit lavorative e l'identit umana sono state criticate oltremodo ed accusate di tutti i mali del pianeta.
In questo contesto la stessa concezione giudeo-cristiana come espressa dalla Genesi stata rifiutata.
Agli albori di questo terzo millennio, Roberto Leoni, presidente Sorella Natura, Rocco Chiriaco, presidente Movimento Azzurro, Saverio Quartucci e Vincenzo Tuccillo, presidente e vicepresidente di Ambiente azzurro e Antonio Gaspari direttore di Green Watch News, hanno sentito la necessit di manifestare la propria identit cristiana nel proporre una cultura ambientale coerente con gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa.
Per questo hanno stilato una "Carta dei Cristiani per l'Ambiente" al fine di riunire le tante realt associative in un progetto finalizzato alla lode e salvaguardia del creato secondo i principi dell'umanesimo cristiano e della difesa del bene comune.
La Carta dei Cristiani per l'ambiente stata presentata ad Assisi il 5 giugno 2004, giornata mondiale dell'ambiente.
CARTA DEI CRISTIANI PER L'AMBIENTE
Laccresciuta sensibilit nei confronti del creato sicuramente un fenomeno che indica un pi alto livello di civilt e una maggiore attenzione ai diritti di esseri non umani.
Quello a cui assistiamo oggi per fa parte di quella babele dei diritti in cui per moda o peggio per ideologia si propongono utopie radicali in cui la difesa degli animali, della flora e del mondo inanimato viene contrapposta alla vita umana.
Assistiamo ad un ritorno dellutopismo romantico, dove prevalgono pessimismo, catastrofismo, irrazionalit, trasgressione, pensiero magico.
Il tentativo della cultura ambientalista dominante quello di capovolgere il mandato di Dio indicato dalla Genesi: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la Terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla Terra (GN 1,28).
Luomo, posto da Dio nel giardino dellEden perch lo coltivasse e lo custodisse, stato considerato da una certa cultura ecologista il peggiore dei nemici. Addirittura il cancro del pianeta.
E la natura stata divinizzata al punto tale da essere adorata come Gaia.
Da questo punto di vista, lapproccio e la soluzione dei problemi ambientali stato stravolto, perch la crescita civile e lo sviluppo economico, lavorativo, tecnologico e scientifico dellumanit sono stati considerati come aggressioni alla madre Terra
In questo contesto e rilevante notare le differenze che esistono tra lideologia che caratterizza le maggiori associazioni ambientaliste e il pensiero cristiano.
--Per un cristiano luomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Per una certa cultura ambientalista luomo cancro del pianeta.
--Per un cristiano la crescita demografica una benedizione del Signore, per gli ambientalisti una disgrazia, la causa di tutti i mali.
--Noi cristiani abbiamo una visione teocentrica che tende alla verticalit, dove il creato ci stato messo a disposizione del Signore per curarlo, svilupparlo e governarlo.
Mentre il movimento ambientalista ha una visione orizzontale che tende verso il basso, con la tendenza a divinizzare la fauna e la flora.
--Il Dio in cui noi cristiani crediamo buono, e ama alla follia lumanit, mentre il movimento ambientalista parla di Gaia, una Dea pagana ostile e vendicativa che si ritorce contro luomo per ogni sua azione.
Per questi motivi auspichiamo la nascita di una pi avanzata cultura ambientale che attraverso le strade della fede e della ragione giunga all
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1354
di giancarlo genovese
del 09/08/2006
relativo all'articolo
Brevi note a proposito del Ponte sullo Stretto
di
Leandro Janni e Anna Giordano
Perfettamente aderente alla constatazione di Domenico Cogliandro, mi schiero anch'io, siciliano residente a Firenze (dunque frequentatore di Scilla e di Cariddi), contro la immaturit di questa idea del ponte anche se non, a priori, contro la sua fattibilit. Oltre all'indecenza del sistema dei trasporti navali, della loro forma e contenuto, cos come della forma e contenuto degli arancini (pi che i biscotti) che il malcapitato avr sventura di assaggiare, sussiste un altro (fosse uno..) problema.
Se scomodassimo il signor Ulisse fino al punto di trascinarlo nel nostro tempo (e daltronde egli sempre qui anche se le sue gesta non fanno pi letteratura..) e gli chiedessimo di ritornare ad attraversare lo Stretto, egli certamente, memore delle insidie di quel lembo di mare, sgranerebbe le orbite sino a farsi ritornare gli occhi; ma se aggiungessimo che si tratterebbe di una "passeggiata"poich stato allestito un ponte che collega le due sponde egli probabilmente, se non altro per curiosit, accetterebbe. Ma una volta trovatosi da una parte o dall'altra ,al signor Ulisse converr riprendere il mare, andr bene pure "una di quelle zattere", piuttosto che proseguire via terra: in quest'ultimo caso infatti il suo ritorno a casa sarebbe seriamente compromesso.
Sul versante peninsulare il nostro eroe, ammesso che trovi il raccordo che dal ponte lo conduce all'autostrada, verrebbe subito a misurarsi con l'imprevedibile, insidiosissimo e antico quanto lui (strano che Omero non ne parli) Mostro della Salerno-Reggio Calabria: le sue morse fatali, i serpenti neri aggrovigliati simili a strade d'asfalto senza segnaletica, i Tir fumosi (bizarri e infidi draghi di lamiera) e quant'altro. Se poi decidesse per la strada ferrata l'Odissea potrebbe concludersi l.
Mentre, optando per Cariddi il percorso sarebbe l per l meno spaventevole, ma cosa lo attender pi in l.... a questo punto le pagine arrossiscono di vergogna e il signor Ulisse di rabbia: neppure una ferrovia decente, non un trasporto confortevole. Quasi rimpiange il passato burrascoso dei suoi naufragi.
Beninteso, si esagera.. ma neanche tanto, per dire che apparirebbe RIDICOLO che il contadino forgiasse una schiena d'asino di pietra e cemento e l'armasse poi di ferro, con gran dispendio di energie, per varcare un fossato e trasportare un bacile scarso d'acqua tra il suo campo di patate e quello di pomodori, entrambi inariditi e sodi.
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1350
di emanuele piccardo
del 07/08/2006
relativo all'articolo
Universo Soleri
di
Antonino Saggio
caro Pacciani,
non voglio convincerla sulla bont dell'opera soleriana credo che una discussione di questo tipo non porti da nessuna parte. Di fatto alimentare una polemica non mi interessa e nella mia precedente risposta ho gi spiegato le motivazioni che mi trovano in disaccordo con lei e mi trovano in accordo totale con la risposta data da Giovanni. Ritengo utile per precisare alcune questioni fondamentali a partire dal concetto di utopia.
"Le utopie-diceva Lamartine -non sono altro che verit premature.
Lara Vinca Masini tempo fa scrisse a proposito di utopia : " Ernst Block considera la natura come processo e pone il principio di speranza nella materia. L' utopia sarebbe, per lui, una sorta di costante culturale che si manifesta nell' arte, nei movimenti sociali, nelle aspirazioni religiose, nel sapere critico, dovunque l' immaginazione faccia scaturire dal presente, provvisorio e instabile, in immagini o abbozzi, ci che di esso contiene il futuro."
In questo senso va definita l'utopia soleriana. L'altro concetto sul quale vorrei farla riflettere la visione dal vero dell'architettura, in quanto indispensabile per elaborare un pensiero critico soprattutto in un luogo cos complesso come Arcosanti. Li non si tratta solo di architettura ma soprattutto di un modello comunitario alternativo alla societ americana, che le assicuro non quella realt dorata che appare dall'Europa. Trovo poco rispettoso da parte sua definire Soleri un architetto asociale! Lei compie gravi errori e le raccomando nuovamente di leggere i libri scritti su Soleri in modo da comprendere la genesi del concetto di Arcologia e allo stesso tempo verificare le date di costruzione di Cosanti e Arcosanti. Si accorger che gran parte di Arcosanti stata realizzata tra il 1970 e il 1976 circa, nel periodo di maggiore visibilit per Soleri; dopo 10 anni stata costruita un'altra parte di residenze. Proprio per le motivazioni riportate nella risposta di Giovanni non ne stato possibile lo sviluppo. Il grande senso etico e morale di Soleri sono stati le cause della lentezza nel costruire la sua idea di citt, certo Nouvel o Foster non avrebbero avuto nessun problema basta un investitore immobiliare e voil la citt costruita. Occorre recuperare l'etica nell'esercizio della professione dell'architetto l'unico modo che abbiamo per cambiare il modo di fare architettura. L'affermazione della Torselli sulle architetture realizzate per piacere ai critici pu essere vera in parte ma come ha affermato Purini la critica spesso servile e prona agli architetti e senza dubbio l'architettura di Soleri non concepita per piacere ai critici ma per rendere migliore la vita delle persone.
Buona estate!
Emanuele Piccardo
Tutti i commenti di emanuele piccardo
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1349
di andrea pacciani
del 07/08/2006
relativo all'articolo
Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
Per il sig. Botta
se il risultao del decreto Bersani sar come dice che "nessuno perder tempo a invetare cose nuove, ci si limiter a ripetere soluzioni collaudate" allora sia benedetto Bersani, avremo meno paladini della sperimentazione gratuita e meno Corviali da giustificare con critici che si devono arrampicarsi sugli specchi; meno scenografia, pi architettura ben fatta e curata nei dettagli, che fanno la differenza, e pi gente che si avvicina all'architettura perch gli piace!
Tutti i commenti di andrea pacciani
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1348
di mara dolce
del 07/08/2006
relativo all'articolo
I veri mostri
Articolo in risposta a Terranova
di
Mara Dolce
risposta a Lenzarini
Non rispondo allottima analisi di Terranova sulla vicenda Ara Pacisma alla posizione che Terranova assume sulle demolizioni , questultimo infatti, allega un link a fine articolo che riporta alle vicende di Corviale e Laurentino sulle quali ha scritto.
Ed al Laurentino che viene paragonato, con elegante similitudine, il malfermo ponte odontoiatrico nella bocca del sig. Terranova e non ai presunti problemi urbanistici generati dall'edificio di Meier.
Trita, populista e vanziniana la difesa di unarchitettura di qualit (per Souto de Moura e Las Casas neppure un esclamativo) ; raffinata e alta loperazione di sensibilizzazione culturale degli 'Amici del Mostro'quelli che difendono le case, gli architetti e la storia mica le persone che ci abitano: vorrebbero sensibilizzare gli abitanti di Corviale che questultimo deve esistere e loro ci devono vivere perch testimonianza dellopera del suo autore o forse perch , come direbbe Lenzarini un esempio di forma d'arte espressiva e comunicativa ?
Sono daccordo con Lei invece, a chiamare in causa Alberto Sordi, quando scrive del ruolo dellarchitetto: Tutti gli artisti praticanti altre discipline sono tanto pi bravi quanto pi hanno un messaggio profondo da comunicare, quanto pi esprimono una personale visione della realt, un'originale analisi della societ, quanto pi stimolano il pubblico a pensare, quanto pi dicono le cose che nessuno vuole sentire(...)
Il provincialismo dellaffermazione (la nostra fortunatamente, la generazione che ha scelto larchitettura costruita negli studi di architettura allestero e non quella chiacchierata e scritta delle pubblicazione dei dipartimenti italiani)- pari solo alla comicit suscitata dalla sospetta e accorata difesa di Terranova.
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1351
di Domenico Cogliandro
del 07/08/2006
relativo all'articolo
Brevi note a proposito del Ponte sullo Stretto
di
Leandro Janni e Anna Giordano
Una nota, dato che condivido da tempo le informazioni inviate, e da Antithesi pubblicate, da Anna e Leandro. Ho peraltro recentemente inviato a Paolo Ferrara una breve riflessione, proprio sul ponte, che mi auguro possa trovare spazio sullo scrolling di Antithesi. La mia nota, invece, riguarda proprio l'ultimo punto da loro indicato, e che riguarda la "politica" dei trasporti sullo Stretto di Messina. Spero che ci legga il ministro Bianchi: io non credo ci sia nemmeno una mezza idea sul cosa fare e come farlo. Negli anni ci sono state delle clamorose operazioni di facciata dell'azienda pubblica (?) con nuovi banner pubblicitari, il restyling del logo, i cartelloni stradali e, per breve tempo, la possibilit di acquistare il biglietto in modalit remota (cio, molto lontano dalla biglietteria, presso aree di servizio autostradali), ma con una politica dei prezzi di circostanza (o di adeguamento pedissequo ai prezzi imposti dalla societ monopolista Tourist) e un parco macchine (i traghetti) obsoleto e incline al pensionamento ma, stoicamente, a servizio inquinante del trasbordo.
Quello che scrivono Anna e Leandro, in margine al loro testo, corrisponde a realt: non esiste una politica del trasporto navale sullo Stretto di Messina e, ancora peggio, non esiste - quasi a volere avallare (sfiancando gli italiani "passeggeri") l'idea che sia pi logico pensare, e far pensare, all'idea che il ponte, tutto sommato, sia la proposta pi ragionevole per trasferirsi da una sponda all'altra - la volont di pensare ad una concorrenza, in termini di servizi e di costi, nei confronti del privato. Io sono un pendolare, traghettando spesso in auto, che ha residenza in Calabria e lavoro in Sicilia. Molti sono nelle mie stesse condizioni, altri (soprattutto gli autotrasportatori) in condizioni pi disagiate. Il trasporto privato, fino a qualche anno fa, per la stragrande maggioranza dei pendolari stato preferito per numero di corse e "qualit" del servizio (rinnovo del parco macchine, servizi a bordo - giornali, bar, boutiques - e una frequenza di corsa ogni 20 minuti). Certo, bisogna anche dire che il rinnovo delle navi ha spesso significato acquistarle di seconda mano dall'Europa del Nord, e che i servizi a bordo sono relativi a concessioni degli spazi a privati. Per passare a piedi, comunque, era possibile farlo con mille lire, e il costo per un'auto medio piccola, come la mia, si aggirava intorno alle 45 mila lire per un biglietto che consentiva il ritorno entro 45 giorni dalla partenza. Con l'avvento dell'euro, dal 1 gennaio del 2002, la tariffa pedonale saltata a 1 euro (senza alcun motivo), e il costo del trasbordo auto, tipo Fiat Uno, si attestato intorno a 27 euro. Fino a qualche mese (vacanze pasquali) fa lo stesso biglietto auto era di 33 euro. Oggi di 40. Cio, non solo un aumento impressionante in pochi mesi, con la compagnia monopolista, ma un aumento di circa 13 euro in 4 anni. Data la mole di traffico che la Societ Tourist lavora, un aumento ingiustificato.
Di contro: chi si fosse informato sul costo del biglietto ferroviario per il trasbordo auto, stessa tipologia, per passare le vacanze di Pasqua in Sicilia, o in Calabria (tanto, non esiste una politica a favore dei residenti), il trasporto navale di TrenItalia avrebbe risposto che "con 16 euro possibile fare il biglietto di sola andata, con 32 quello di andata e ritorno", un euro meno degli altri, non molto ma almeno due caff. Oggi la tariffa auto di TrenItalia la medesima del suo antagonista, modificata una settimana dopo del ritocco apportato dalla Tourist.
Giorno pi giorno meno.
Di pi. Qualora si fosse convinti, per una serie di non indagabili motivi, di utilizzare BluVia, le navi FS, per arrivare a Messina, magari a piedi, ci sono due opzioni possibili: la cosiddetta "zattera", il cui nome non incute nessuna fiducia, e il traghetto, nel cui ventre sar possibile alloggiare l'auto o il treno. Ora, a questo punto che lo staff creativo di TrenItalia avrebbe dovuto lavorare, fregandosene delle operazioni di facciata: bisognava entrare nel meccanismo dell'offerta, e dunque del sapore dei biscotti anzich della loro forma. Per arrivare a Messina, con BluVia, ci vuole un sacco di tempo (da cui il fomentato disagio) ed inutile negarlo, ma a questo punto bisogna (1) offrire, al temporaneo nugolo di malcapitati, servizi che altri non siano in grado di proporre oppure (2), ribaltando la questione, attirare un turismo che faccia della lentezza la propria filosofia del viaggiare. Lasciando le cose come stanno si rischia di far passare un messaggio sbagliato, e cio che il ponte, visto lo scatafascio generale - da una parte i prezzi e dall'altra l'obsolescenza -, sia l'unica salvezza possibile.
Come ha recentemente dichiarato il governatore Cuffaro, se in Sicilia venisse bandito un referendum relativo all'impegno della Regione Siciliana in quota parte al progetto del ponte, la maggioranza dei siciliani (o gli stessi che
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1344
di enrico G. Botta
del 06/08/2006
relativo all'articolo
Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
Sugli interventi di Bersani sulle professioni ammetto di avere le idee confuse. Se da un lato plaudo ad una maggiore liberalizzazione della professione, temo anche la demagogia di fondo che muove le scelte del legislatore. In particolare l'idea che le professioni siano caste supeprivilegiate che spremono il pubblico. Le professioni si distinguono dall'artigianato e dal commercio per il fatto che offrono servizi qualifica e che hanno un'influenza profonda sulla qualita di vita e la sicurezza del pubblico. Per questo devo essere regolamentate in modo diverso e per questo hanno costi diversi. Il mercato nell'ambito delle professioni funziona sino a un certo punto. Nel caso degli architetti non funziona per niente bene.
Mi permetto di non condividere in nulla idea di architetto promossa da Sandro Lazier. Come ho gi avuto modo di far notare in passato l'archietto non e' un semplice operatore intellettuale senza responsabilit come un pittore o uno scrittore. L'architetto ha responsabilit dirette che riguardano il benessere e la sicurezza del pubblico, ed e' il bene pubblico che va tutelato non la liberta di espressione dell'architetto. Questo concetto banale, che fonda la definizione della professione di architetto ad esempio negli USA, viene assolutamente negato nel momento in cui si assoggetta la professione alle sole regole del mercato.
Riguardo le tariffe minime, mi permetto di sottolineare come esse costituiscano una tutela per i piccoli che vengono messi al riparo da un mercato tariffario potenzialmente selvaggio.
Faccio un esempio: un piccolo studio che si occupi di progettazione puo' tramite la tutela delle tariffe minime sopravvivere. Nel momento in cui questa tutela mancasse si troverebbe a dover competere magari con societ che offrono servizi di progettazione a costi infinitesimali perche magari sono poi coinvolte nella costruzione o nelle forniture... e a questo punto il piccolo studio perde la sua indipendenza, viene risucchiato dalla societ con due risultati: lo svilimento dell'opera intellettuale che verr valutata come economicamente insignificante, e due porter inevitabilmente ad un appiattimento in quanto, essendo interamente soggetti a regole di mercato, i costi di progettazione dovranno essere super contenuti e di conseguenza nessuno perder tempo a invetare cose nuove, ci si limiter a ripetere soluzioni collaudate.
Detto questo, non significa che per avere tutele e garanzie sia necessario mantenere in piedi gli ordini professionali, soprattuto nella loro obbligatoriet. Piuttosto e' necessario alzare la qualit dei servizi, e quindi avere dei programmi di formazione permanente per gli archietti, dare garanzie al cliente tramite l'approntamento di contratti chiari e garantiti, e garantire la preparazione professionale tramite un sistema di controlli da parte di terzi su: universit, praticantato, esame di stato e sorveglianza sulla pratica professionale.
In questo modo si fa l'interesse del cleinte e del bene pubblico in generale, non aprendo le porte alla legge della jungla.
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6/8/2006 - Sandro Lazier risponde a enrico G. Botta
Credo che anche l'artigianato e il commercio offrano servizi qualificati e influenzino profondamente la qualit di vita e la sicurezza delle persone. Anzi, sicuramente lo fanno pi degli architetti e lo strumento che li costringe o costringer, visto che siamo in Italia ed il libero scambio ancora una sorta di utopia esclusivamente la concorrenza in regime di libert.
La qualit, per essere promossa e tutelata, non una generica religione con tanto di preti e supplenti che ne diffondono il verbo, ma ha necessit di confronto e concorrenza non solo sul piano mercantile. Quello intellettuale mi sembra molto pi importante e fecondo per lumanit le che sta cos a cuore.
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1343
di Enrico G. Botta
del 06/08/2006
relativo all'articolo
Ravello: do, re, mi, fa, so, la, si...pit, put...
di
Paolo G.L. Ferrara
Finalmente si e' fatta un po' di chiarezza sull'episodio, spero definitivamente concluso, dell'auditorium di Ravello. La giunta Amalfitano cosi come l'ormai ex (a quanto ho capito) presidente della Fondazione avevano una forte connotazione politica (che spiega anche la ritirata dei verdi e di legambiente, guardacaso ora tutti al governo), e le decisioni prese in baraba alle regole facendosi forti di protezioni politiche e' normale che quando il colore della giunta cambia vengano affossate. In questo caso, se mi e' concesso, giustamente.
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1342
di giancarlo genovese
del 05/08/2006
relativo all'articolo
I veri mostri
Articolo in risposta a Terranova
di
Mara Dolce
al signor Alessio lenzarini
Complimenti per il discorsetto. Lei, dunque, un senzatetto?
O vive con eccitante scomodit su di un cubetto in clsa speciale donatole da Peter EINSTEIN?
Cosa leggo? l'auspicio ad un'architettura come "..forma d'arte espressiva e comunicativa". Quisquiglie da Beaux Arts.
Non di mostri privati n di luoghi pubblici, ma di luoghi comuni e dei loro "inverso" fatta l' Italia e se l'architettura diventasse comunicativa (Eisenman ce ne scampi) questo al massimo comunicherebbe. Meglio muta.. e (aim) funzionale, aspettando la primavera.
Architettus
Architetti
Architetto
Architettum
Architette ( signore plurali)
Architetto
Tutti architettano, con qualche eccezione: ecco come si declina l'architettura.
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1340
di alessio lenzarini
del 03/08/2006
relativo all'articolo
I veri mostri
Articolo in risposta a Terranova
di
Mara Dolce
Chiedo scusa per la forse eccessiva vis polemica, ma non posso che dichiararmi annichilito dalla sequela di amene banalit, senza capo n coda, sciorinate da Mara Dolce. Ma che siamo in un film di alberto sordi? O in un sito di Italia Nostra?
L'annoso e spinoso dibattito su Corviale equiparato ai piagnistei conservatori contro l'Ara Pacis di Meier? L'intelligente campagna di antiretorica sensibilizzazione culturale degli 'Amici del Mostro' definita un 'imbarazzante ludicismo'? (a me invece crea parecchio imbarazzo la moda di appioppare l'epiteto di ecomostro a qualsivoglia edificio, perfettamente legale, che disturbi l'arcadico senso estetico di certi signori...) Un personaggio spudoratamente neo-con come Giorgio Muratore (fomentatore, tra l'altro, di ininterrotti piagnistei antimeieriani sul blog Archiwatch), che detesta cordialmente qualunque poetica architettonica non risalente ai tempi in cui era giovane e bello, messo sullo stesso piano di Antonino Terranova, semplicemente per la comune difesa di Corviale? L'ottima analisi di Terranova sulla vicenda Ara Pacis (cui peraltro Mara Dolce pretenderebbe di rispondere) limitata e circoscritta ad una frase, ovvero all'ovvia ammissione di alcuni problemi di base (nefasta ingerenza della soprintendenza) che minano parzialmente la buona riuscita del progetto di Meier? I mali dell'architettura italiana attribuiti alle posizioni culturali di Muratore, Terranova 'e altri come loro' (posizioni peraltro, come gi detto, antitetiche)? I presunti problemi urbanistici generati dall'edificio di Meier tranquillamente paragonati, con elegante similitudine, ad un malfermo ponte odontoiatrico nella bocca del sig. Terranova? Effettivamente, l'iniziale citazione morettiana non abbastanza calzante: siamo in piena zona Vanzina!
Tuttavia, a ben guardare, un filo conduttore concettuale nell'articolo di Mara Dolce in fondo esiste: ed la trita, populista, acritica contrapposizione tra valore della 'abitabilit' e valore della 'idea'! Contrapposizione che, tradotta in termini di dibattito architettonico, significa semplicemente rifiuto dell'architettura come forma d'arte espressiva e comunicativa. Tutti gli artisti praticanti altre discipline sono tanto pi bravi quanto pi hanno un messaggio profondo da comunicare, quanto pi esprimono una personale visione della realt, un'originale analisi della societ, quanto pi stimolano il pubblico a pensare, quanto pi dicono le cose che nessuno vuole sentire: gli architetti, invece, non lo possono fare, perch altrimenti deturpano il territorio, ammorbano i cittadini coi loro formalismi egocentrici, talvolta addirittura (corre voce) minano le basi della quiete sociale! Borges stato un genio, per, sai, era uno scrittore... se fai l'architetto il tuo modello deve essere Barbara Cartland, il tuo dovere perseguire una quieta e armoniosa abitabilit, che mandi tutti a letto col sorriso sulle labbra! Probabilmente, un bravo architetto riesce anche a dare qualcosa in pi sul piano del mero piacere di abitare, ma vorrei che mi si spiegasse una volta per tutte che cos'hanno di cos tremendamente inabitabile le tante villette a schiera o palazzine geometresche che affollano il nostro immaginario urbano: il problema, semmai, la carenza sul piano dell'espressione contenutistica, dello stimolo intellettuale, del coinvolgimento emotivo e, soprattutto, sul piano dello scardinamento dei canoni estetici consolidati.
Spunto di riflessione: tutto il percorso critico e progettuale di Peter Eisenman (a opinabilissimo parer di chi scrive, il pi importante architetto del '900) prende le mosse, circa trent'anni fa, da una considerazione semplicissima, al limite del banale, che si pu sommariamente riassumere cos: l'architettura rimasta indietro, rispetto a tutte le altre arti, come capacit di esprimere lo spirito del tempo ovverosia il relativismo novecentesco; questo fatto dovuto all'intrinseco legame della disciplina architettonica con l'idea di abitare e conseguentemente con l'idea di stabilit; al contrario delle altre arti, l'architettura non riuscita a crearsi un linguaggio compiutamente moderno, ovverosia destabilizzante, poich era pi difficile destabilizzare una disciplina che risultava intrinsecamente legata all'idea stessa di stabilit; affinch questo avvenga, bisogna temporaneamente separare la prassi architettonica da ogni zavorra extralinguistica (stabilit, abitare, luogo, firmitas, funzionalit) per immergerla in un rigeneratore bagno autoreferenziale; solo quando l'architettura avr sviluppato un proprio autonomo linguaggio compiutamente moderno, allora potr ricominciare ad assolvere a tutte le istanze extralinguistiche che la caratterizzano, ma esprimendo nel contempo, al pari delle altre arti, lo spirito del relativismo novecentesco.
Quanto Eisenman auspicava credo in questi trent'anni sia in gran parte avvenuto, perlomeno a livello di architettura 'alta'... molte nuove
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1339
di Alessandro lanzetta
del 03/08/2006
relativo all'articolo
I veri mostri
Articolo in risposta a Terranova
di
Mara Dolce
Perch mai la manda in crisi una possibile contraddizione tra la strana e dura bellezza di alcuni manufatti (corviale, rozzol melara, le vele, il laurentino, etc......) e il fatto che per molti motivi ci si viva male? Pensando che inoltre molti di questi sono del tutto alieni al tema architettonico?
E che forse nella tanto decantata citt antica e storica non c'erano molti edifici e tessuti invivibili ma che con l'andare del tempo, e sopratutto della tecnica sono stati pian piano trasformati e adosso noi li troviamo vivibili, funzionanti e sopratutto bellissimi.
Ossia: per quale motivo non si vuole dare al Moderno la stessa chance dell'antico di essere modificato dal tempo diventanto un valore contemporaneo?
Vada l'autrice a vedere i bellissimi quartieri delle citt mediterranee europee ormai lindi e pinti e guardi gli analoghi disperati mediorientali, e rifletta sul fatto che se corviale non le piace, forse non merita di essere abbattuto.
Ma cambiato, architettonicamente, forse si......
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1338
di andrea pacciani
del 01/08/2006
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Viva Bersani!
di
Sandro Lazier
Caro Sandro Lazier,
mi trovo al 100% d'accordo su tutto, un po' mi dispiace non poter polemizzare....,
L'abolizione di minimi tariffari e libera pubblicit (spero anche quella comparativa sia ammessa) dovrebbe spostare il baricentro del nostro mestiere verso l'utilizzatore finale delle nostre architetture, che come dici tu deve aderire al progetto culturale per condividerne la qualit e quindi apprezzarlo anche economicamente........ in bocca al lupo ai venditori di fumo e aquelli che sostengono che il pubblico non sa comprendere, deve essere educato.......
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1337
di andrea pacciani
del 01/08/2006
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Universo Soleri
di
Antonino Saggio
A Giovanni:
E' troppo facile dire che chi non mai stato l non pu capire!
Ho la presunzione di essermi informato abbastanza per esprimere un giudizio, superficiale secondo lei ma basato su dati di fatto tratti dalle interviste di Soleri e dal sito di Arcosanti credo entrabi attendibili.
Non tolgo nulla alla genialit dell'artefice e alla sua capacit di realizzare realmente una citt ideale secondo le proprie convinzioni, ma il risultato di decenni lavoro soltanto una comunit (prendo da lei questa definizione), un esperimento, riuscito quanto si vuole, ma che non ha attecchito in nessuna parte del mondo e non credo che questi fossero i prodromi visionari degli inizi.
Forzando un po' il paragone, da non prendere alla lettera per pretestuose polemiche inutili, quando si parla di Soleri e le sue citt sembra di ascoltare i ragionamenti su Fidel Castro a Cuba e il presunto successo del comunismo: ovvero principi ideali inoppugnabili che per si sono scontrati con l'inapplicabilit nella vita reale.
Quando ho visto l'intervista a Soleri di Piccardo mi sono venuti i brividi quando ho sentito le sue idee sull'esportare in Cina (che lui ammette candidamente di non conoscere minimamente) come nuove forme di urbanizzazione per le sue citt visionarie.
Credo che l'esperienza di Soleri sia stata una bella pagina della storia dell'architettura moderna, italiana; bisogna per avere la coscienza critica di saper riconoscere il contesto storico in cui si inseriscono i suoi progetti e non confondere quello che rimane come insegnamento per le prossime generazioni di urbanisti, dalla applicabilit alla vita quotidiana contemporanea.
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1334
di giovanni avosani
del 31/07/2006
relativo all'articolo
Universo Soleri
di
Antonino Saggio
Ad Andrea:
Paolo ha l`usanza di dire che gli altri parlano parlano parlano ed in effetti come dargli torto.
Parlano di cose che non conoscono, di situazioni mai vissute e commentano con il solito modo Italiano pi per piacersi, forse con invidia e siciuramente con superficialit.
Ad Arconsanti qualcuno ci ha vissuto, io per esempio e devo dire che le varie osservazioni poco provocatorie se non inutili che leggo nei vari commenti, vengono affrontate settimanalmente nella School of Thought, occasione di riflessione e confrontro tra il cervello di Arcosanti e coloro che vi abitano e lavorano.
Paolo a differenza dei Guru dell`architettura si confronta parla risponde si mette in gioco, scrive di Filosofia e Religione, vede l`architettura come un mezzo e sicuramente non come un fine ne per la gloria ne per la ricchezza, Paolo un vero antropologo gentiluomo.
Arcosanti viva.
Arcosanti frequentata poco da architetti ma molto da persone in cerca dell`alternativa ad un sistema di vita sbagliato, dispendioso, assurdo e catastrofico.
Ad arcosanti nascono bambini, le persone vivono in un sistema comunitario condiviso.
Tecnicamente Arcosanti molto piu semplice di quanto non sembri, di ferro non ne hanno usato moto e le struttuure lavorano per compressione e non trazione quindi il ferro.......potrebbe non esserci.
Basti pensare che alcune delle volte che dopo 40 anni ancora si possono vedere a Cosanti sono state rinforzate con le reti da pollaio, alla faccia dei corsi di Tecnica delle costruzioni che imperversano nelle nostre facolt.
Mi sembra poi che il paragone con le new town non sussista, e non sia nemmeno molto attinente:Comunit contro Isolamento.
Vorrei poi precisare in merito al fantomatico fallimento di Arcosanti che nel corso degli anni non sono certo mancate le proposte da parte di immobiliaristi, pronti a sfruttare la notoriret del luogo, ma come sempre la risposta estata no.
Paolo non mai sceso a compormessi nella sua vita, prima in Italia poi negli stati uniti, non ha venduto il suo archivio per milioni di dollari non ha accettato donazioni da istituzioni che lo avrebbero incatenato.
Paolo semplicemente un uomo che ha una filosofia di vita trasparente e vuole continuare cos.
Capisco che il mal costume italiano impone di pronarsi al fine di costruire anche se la qualit non nemmeno minima, ma alcune persone non sono cos, semplice.
Insomma per concludere mi sembra che Arcosanti e Paolo Soleri al mondo avremo bisogno ancora per molto, ma capisco che sia difficile da capire.
Saluti Giovanni
Tutti i commenti di giovanni avosani
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1328
di andreA Pacciani
del 29/07/2006
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Universo Soleri
di
Antonino Saggio
gentile Piccardo,
cercher di esssere breve se ce la faccio, per non annoiarla:
1) mi sfugge il confine tra architettura visionaria e architettura utopica
2) mi sfugge il concetto di successo o fallimento di un'iarchitettura che sia diverso dall'uso gradevole di quei luoghi da parte della gente per cui stato costruito se non addirittura da parte dei loro discedenti
3) mi sono anche visto la sua intervista sul suo sito eil sig, Soleri sostiene tra l'altro:
- di voler costruire solo dei contenitori di cemento ecologici senza voler interferire sulla vita privata e sociale degli abitanti di questa citt ideale
- che i materiali come i mattoni e le pietre "uccidono" !.
Con tutto il rispetto per le visioni arcologiche un po' fan, io se fossi stato in lei gli avrei fatto le seguenti domande:
Quando ha cominciato a costruire le sue citt visionarie lo faceva nella convizione che fossero un cantiere permanente per architetti asociali o pensava di finirle in breve tempo e che ci venissero a vivere le persone comuni per lavorare, abitare, fare commercio e vita sociale?
Quanto ecologica la sperimentazione in architettura?
Lo sa che il cemento armato ha una durata di cento anni dopo dei quali non pi manutenibile perch il ferro completamente corroso?
Perch le sue citt sono rimaste sperimentali mentre altre new town l vicine brulicano di gente? dove sta l'errore ? (forse come dice Vila Torselli dopo il suo commento gli architetti ormai costruiscono per i critici, la fine che ha fatto l'arte contemporanea!)
Ha mai sentito parlare di New Urbanism negli stati uniti forse oggi unico risultato di successo contro lo sprawl?
senza acredine
Andrea Pacciani
Tutti i commenti di andreA Pacciani
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1327
di Vilma Torselli
del 28/07/2006
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Quattro maestri esclusi: meno concorsi e pi giard
di
Mara Dolce
Per coerenza, visto che oggi pi che mai architettura e critica dell'architettura tendono verso pericolose convergenze, ci vorrebbe una ventata d'aria nuova non solo tra quelli che fanno architettura, ma anche tra quelli che ne scrivono............
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1326
di emanuele piccardo
del 27/07/2006
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Universo Soleri
di
Antonino Saggio
Caro Pacciani,
leggo il suo prolisso commento alle vicende di Arcosanti, e non mi trovia d'accordo su alcuni punti che prover a spiegare.
Non bisogna commettere l'errore che molti fanno nel definire Arcosanti una utopia o un fallimento soprattutto se non si mai studiato Soleri, in quanto non basta visitare il sito per comprendere la riflessione teorica che alla base dell'arcologia. Occorre andarci a vedere le architetture e parlare con le persone che le abitano e le progettano alltrimenti ogni commento risulta essere superficiale.
Non si pu parlare di utopia nel moment o che un frammento di citt stato realizzato per contrastare il fenomeno, tanto elogiato in Europa, dello sprawl urbano incontrollato; quello contro il quale Soleri si batte.
Piuttosto parlerei di una architettura visionaria che ha saputo anticipare problemi oggi, purtroppo, ancora attuali come la relazione tra uomo e natura. Di fatto Soleri ne parlava cinquant'anni fa quando erano in pochi a pensare che attraverso un diverso rapporto con l'ambiente attraverso l'architettura si potesse cambiare il modo di concepire le citt. Lui stesso ridimensiona molto il progetto di Arcosanti, dovrebbe leggere la bibliografia di Soleri dai suoi scritti teorici a chi ha scritto su di lui (M.I.Lima, Spinelli)e poi la invito a passare un periodo in Arizona a visitare Cosanti, la Dome House e Arcosanti. In questo modo avr la possibilit di comprendere meglio sempre che ne abbia la curiosit.
Buona lettura!
Emanuele Piccardo
Tutti i commenti di emanuele piccardo
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1325
di Enrico Botta
del 26/07/2006
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Quattro maestri esclusi: meno concorsi e pi giard
di
Mara Dolce
Sono soddisfazioni effimere quelle che ci si tolgono mandando a quel paese i potenti, ancora di piu' se si tratta di ex-potenti in un campo che non conta nulla come l'architettura.
Pensa che queste persone nella migliore delle ipotesi possono solo sognare le Maserati Quattroporte che Moggi regalava per conto della FIAT ai suoi "amici". Infondo sono solo persone che si sono arrabattate per quattro soldi e una sensazione di potere, non si e' mai trattato di potere vero.
In ogni caso, non vale neanche la pena di perdere quei 5 minuti che la rediviva Mara ha probabilmente impiegato per scrivere questo ottimo (come sempre) articoletto.
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1321
di marco marelli
del 25/07/2006
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Quattro maestri esclusi: meno concorsi e pi giard
di
Mara Dolce
Mi si riempie il cuore di commozione nel leggere finalmente qualcuno che senza tanti giri di parolo dice come stanno esattamente le cose in Italia...Architetti assolutamente mediocri tuttavia orgogliosi delle proprie brutture. Perch non costringere Aymonino a finire i suoi giorni al malinconico Monte Amiata al Gallaretese o Canella all'"Alcatraz" di Baranzate (che ha osato paragonare all'opera di Muzio)??
Mi piacerebbe tanto partecipare a un concorso pulito e finire ultimo dietro a una schiera di architetti pi validi di me e da cui imparare...Purtroppo credo che il sistema cambier difficilmente visti gli ultimi concorsi a Milano (es.Modam a Milano) in non ha "stranamente" vinto il progetto migliore come commenta il "Giornale dell'Architetto"...
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1320
di Silvio Carta
del 25/07/2006
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Quattro maestri esclusi: meno concorsi e pi giard
di
Mara Dolce
come dire.. che il tempo prima o poi abbia ragione delle situazioni?
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1317
di mara dolce
del 22/07/2006
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Vaccarini ad Ortona: addizione del paesaggio
di
Paolo G.L. Ferrara
Damiani scrive gratis per Arch'IT, che volete?
lui un critico a contratto, come uno dei tanti professori a contratto che tengono in piedi le universit pagati meno della bidella della scuola media.
uno dei motori che fa funzionare la cultura italiana oggi. gratis.
nelle universit giovani professori a contratto non pigliano un euro e nelle riviste digitali giovani critici a contratto scrivono gratis.
se Damiani con questa canicola ha deciso di scrivere una cosa di architettura in ciabatte e con la camicia fuori dai pantaloni, lasciatelo stare: non stato pagato.
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1316
di christofer giusti
del 22/07/2006
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Quattro maestri esclusi: meno concorsi e pi giard
di
Mara Dolce
Sarà pur vero che i signori ottantenni citati dalla dolce hanno piazzato delle mezze calze, ma l'autrice di questo assai sgradevole scritto f arebbe bene a andare a farla, la calza ammesso che ne sia capace.
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1309
di Maurizio Navarino
del 19/07/2006
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Quattro maestri esclusi: meno concorsi e pi giard
di
Mara Dolce
Grazie per aver dato voce alle due generazioni di architetti di cui sopra...
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1308
di Giovanni damiani
del 19/07/2006
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Vaccarini ad Ortona: addizione del paesaggio
di
Paolo G.L. Ferrara
signori nu poco di gioia di vivere e di ironia... comunque, bando alle ciancie, ringrazio per le parole di stima nei miei confronti che traspaiono sotto la vis polemica.
mi pare piuttosto inutile precisare che nessuno mi ha "oliato" sotto banco a fare nessun articolo, cosa per altro diffusissima, ma che non ha alcun senso fare su una rivista che non paga un centesimo per farlo.
come altre persone che lavorano a margine dell'editoria e nella comunicazione dell'architettura ricevo abitualmente diverse decine di mail a mese e qualche pacco postale di architetti, ami ci e no, che mi fanno vedere le loro cose, qualcuno per pubblicarle, altri per discuterne, altri non so per quali loro motivi. giovanni, che considero un amico, oltre che un bravo professionista, mi manda spesso delle cose che vedo sempre con piacere e si deciso assieme che sarebbe stato bello pubblicare il cimitero su arch'it ... dove sta il problema?
trovo normale che qualcuno commissioni qualcosa (una casa, una cura canalare o un libro) e che uno che fa il mestiere specifico risponda facendo il proprio lavoro. Se uno cura denti segue delle strade pi precise per risolvere un problema preciso, se uno scrive, penso che sia libero di usare format e stratagemmi linguistici a piacere. Arch'it si presta bene, sia per il formato digitale che per l'intelligenza del suo direttore. la sua libert di sperimentazione stata ed una delle pi interessanti cose del dibattito italiano degli ultimi dieci, quindici anni, per cui il problema mi resta arcano.
si insinua che bisogna sempre scrivere dotti saggi? che esiste un modo per farlo? se uno volesse comporre poemi in quartine su un opera di qualcuno e trovasse un editore-direttore che lo reputasse degno non lo dovrebbe fare?
personalmente sento sempre meno bisogno di descrivere l'architettura, sono in una fase della vita in cui sto disegnando molto pi che in passato e mi sono preso il lusso di infarcire una storiella attorno nella speranza che si capisse le due cose che mi premevano:
a- il progetto di vaccarini bello e merita attenzione
b- l'architettura va vista live, bisogna viaggiare, stare bene, entrare nei paesaggi e nei posti.
in questo senso narrare un viaggio, una discesa improvvisa nella citt adriatica, mi pareva un modo interessante e divertente di raccontare il progetto.
Se poi volete sapere una storia divertente a margine di tutto questo vi posso raccontare che ero in zona per altro, ma sentito giovanni per caso, mi ha portato davvero a vedere in cimitero, siamo stati a passeggio in quello canadese li vicino e andati a pranzo in una trattoria che si chiama Silvio. Li scherzando ho raccontato che il giorno prima, andando a trovare un amico nelle marche per lavoro avevo mangiato in un ristorante che si chiama Da Silvio..... insomma, la storiella era un semplice stratagemma per cambiare formato di scrittura, ma (per puro caso, forse) era molto pi vicina al vero.
ps
vi ringrazio infinitamente per il fotomontaggio di me da Silvio, l'ho messo sul desktop e mi piace un sacco.
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1300
di mara dolce
del 16/07/2006
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Vaccarini ad Ortona: addizione del paesaggio
di
Paolo G.L. Ferrara
Altro che articolo distratto quello di Damiani.
E' semplicemente osceno. Di uno che ha un'idea ludica e vaga dell'architettura.
Di uno che predilige l'architettura letta e chiacchierata a quella costruita.
Scrivere che il cimitero di Ortona di Vaccarini un'architettura "scarnificata" significa fare l'azzeccagarbugli di professione. Annoiarci con narcicistici aneddoti sul suo viaggetto con pose da gran figo, semplicemente irrispettoso nei confronti del lettore.
Ma del resto Damiani, se non sbaglio, fa parte di quella generazione di critici fai-da-te , vale a dire dalla notte alla mattina, che tanto spazio hanno trovato su Arch'It.
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1296
di Carlo Sarno
del 13/07/2006
relativo all'articolo
Universo Soleri
di
Antonino Saggio
Caro Antonino ti ringrazio per la presentazione di questo interessante libro su Paolo Soleri di Luigi Spinelli. Lo hai intitolato " Universo Soleri ": niente di pi indovinato.
Paolo Soleri un architetto formatosi e cresciuto nei principi dell'Architettura Organica , sviluppa e reinterpreta a riguardo il punto di vista di Frank Lloyd Wright integrandolo con principi ecologici di respiro universale e sistemico .
Da ci scaturisce il suo universo , l'Universo Soleri , un universo caratterizzato da una concezione della persona e della societ in senso estetico-mistico.
Paolo Soleri affronta il sociale e lo spazio antropologico rispettando le pi alte aspettative dell'animo umano : solidariet , partecipazione, rispetto della natura, armonia con il cosmo che ci circonda, amore sincero verso il creato e la sua bellezza ed economia , ecc..
Questa sua idea di una dimensione cosmica del fare architettura intesa in maniera organica ed integrale trova corrispondenza con il pensiero organico di Hundertwasser del cosmo come quinta pelle dell'uomo.
Paolo Soleri consapevole che occorre immaginare e progettare un Universo migliore, pi bello e pi armonico, in cui l'uomo ha la parte di protagonista e pertanto non pu rinunciare ad un'etica positiva di intervento nel creato.
Arcosanti , il microcosmo nato dalle teorie di Paolo Soleri, vuole essere l'inizio di un nuovo universo , pi bello e armonioso. Il microsistema avr i suoi limiti, dovuti specialmente alla piccolezza del proto-sistema sperimentale , ma ci non toglie al tentativo di Paolo Soleri la sua grande portata e il suo grande appello rivolto all'uomo e in particolare agli architetti :
occorre impegnarci tutti per creare un universo migliore in cui regni l'amore, la pace e l'armonia !!!
Grazie Paolo Soleri per la tua preziosa vita spesa per la giusta Causa dell'Architettura !
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1274
di giovanni avosani
del 04/07/2006
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Universo Soleri
di
Antonino Saggio
Come sempre la riscoperta di persone che hanno detto e continuano ad avere molto da dire, arriva tardiva ormai insperata in particolare per quelli che negli anni hanno contribuito al sogno di Paolo.
Era ora, di prendere atto della grande qualit teorica delle ricerche di Soleri, non solo architettoniche ma in particolare sulla definizione delle priorit, il frugale diventa oggettivamente soddisfacente ed il superfluo viene ridimensionato.
La forzata lotta contro lo stile di vita dispendioso e consumistico trova risposta nella comunit nella consapevole condivisione delle comuni esperienze in un luogo che ha la capacit di riconcigliare chiunque con se stesso e con gli altri.
Mi auguro che anche negli ambienti accademici ci si accorga di Arcosanti e Cosanti di quelle migliaia di persone che vi hanno lavorato negli corso degli anni, spesi ad erigere non monumenti ma luoghi per vivere.
Molto prima delle avanguardie olandesi, negli scritti di Paolo si trovano parole come complessit, sistemi nautrali e celluari ;che solo alcuni decenni pi tardi sono diventati comuni nel gergo architettonico.
Leggere Soleri vuol dire prendere atto di come le teorie che ci hanno invaso negli anni pi recenti, fossero gi state scritte, gli embrioni sono nelle pagine e nei disegni che hanno e continuano ad accompagnare la vita di Paolo e delle persone che in lui credono e con lui hanno costruito architetture per le persone.
Spero vivamente che questo libro renda giusto valore a Soleri ed al mondo che orbita intorno a Lui.
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1268
di andrea pacciani
del 03/07/2006
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Universo Soleri
di
Antonino Saggio
Arcosanti una bellissima metafora del volo pindarico dell'architettura moderna.
Ho letto il libro di Gavinelli e navigato per ore sul sito ben fatto www.arcosanti.org, cercando di capire cosa non ha funzionato.
Ad un certo punto della navigazione, quasi cercando un compiacimento, si dice che perfino non architetti vengono a vedere questo laboratorio urbano: allora ho capito che quello che mancato sono le persone, quelle che vivono una citt, che vanno al mercato, lavorano fanno impresa, hanno figli famiglie e nonni, viaggiano, si trovano nel tempo libero.....: senza di loro gli architetti non possono fare niente!
Mi verrebbe da clonare un gingle di radio24 che alle 7:30 all'inizio della rassegna stampa cita un film in cui Humphry Bogart fa la battuta: la stampa bellezza e tu non ci puoi far niente, niente. Per architetti e urbanisti potrebbe essere: la gente deve vivere i posti che progetti e tu non puoi ignorarlo, non puoi
Arcosanti partita 30anni fa per realizzare una citt nel deserto e oggi ne costruita il 5% del progetto! Non so e non mi interessa capire i fallimenti di questo singolo progetto, ma prendo atto che di citt di fondazione, soprattutto negli U.S.A., ne sono nate e ultimate in trent'anni a decine e la gente fa a gara per andarci a vivere pur di abbandonare le metropoli, anche nei posti pi inopportuni climaticamente, anzi proprio nei posti peggiori pare ci vada pi gente (Las Vegas e Dubai docent).
Topofilia: il termine brutto viene dalla sociologia, credo inventato da un cino-americano. Sta ad indicare l'attaccamento, l'amore per il luogo in cui si abita e che accresce nel tempo in certi luoghi in cui le persone riescono ad identificarsi. Nasce da dentro genetico, generazionale, regionale. Penso alla topofilia quando vedo Gibellina, il Corviale, lo Zen, ma anche quando vado a Procida, Spoleto, Matera, Orta S.Giulio o Sabbioneta (visto che si sta parlando di citt di fondazione) costruiti pi o meno con la stessa densit edilizia (i secondi per di pi contro ogni regolamento edilizio vigente).
Solitudine: questo invece il primo sentimento che trasmette la citt di Arcosanti dalle sue immgani; abbandonata dalle avanguardie accademiche, abbandonata dalla societ civile (c' solo un pulmino ogni due ore su prenotazione per arrivarci), sola in utopia, poetica quanto vogliamo, ma implosa nel carisma del suo fondatore.
E poi quanto potr sopravvivere dopo la morte di Soleri? Probabilmente due sono gli scenari possibili: o la comunit internazionale degli architetti la salva alzandola agli altari della modernit e quindi mummificandola musealmente, costringendo orde di studenti a visitarla e ad impastare un po' di calce come una sagrada familia a scala urbana (si sa che gli americani fanno tutto pi in grande!) oppure il lento inesorabile declino e abbandono dopo i buoni propositi degli eredi culturali del progetto, che forse l'esatto paradossale contrario dell'arcologia che l'ha generata.
La sperimentazione in'architettura e in urbanistica l'unico campo di ricerca in cui i risulati se negativi non possono essere rimossi o interrotti se non con grandissimi sforzi economici ed ecologici che oggi non ci possiamo pi permettere e se negli anni settanta questo poteva essere ignorato nel 2006 non pi.
Ho invece visitato la fornace di Solimene a Vietri sempre di Soleri e quella merita s orde di studenti che vadano ad imparare: di fatto un edificio "tradizionale" a tutti gli effetti. In fatti in questo caso si tratta dell'applicazione di una conoscenza sapiente della ceramica artigianale e dei vietresi che la lavorano dei loro gesti e dei loro ritmi, non visioni universalistiche e profetiche per nuovi modi di vivere.
E' un edificio ben progettato sulle necessit delle persone che vi lavorano, agevolandone ogni processo della produzione. E inoltre difficile uscire di l senza aver comprato almeno un pezzo di quei capolavori di ceramica artigianale che trasudano di tradizione, passione, colore, amore per le cose che l sono fatte. Soleri conosce molto bene la ceramica e la vitalit che pu sprigionare una fornace ed questo il successo di questo edificio. Oggi in centro al paese ed uno dei rarissimi in Italia (forse l'unico) che si integrato ad un centro storico.
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1266
di Leandro JANNI
del 02/07/2006
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Punta Perotti? E'ancora in piedi
di
Paolo G.L. Ferrara
L' Italia - per ragioni storiche, sociali, politiche - il paese dei furbi.
E la furbizia, di certo, non migliora il mondo.
Un caro saluto, Leandro Janni
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1255
di Marco mannori
del 27/06/2006
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Punta Perotti? E'ancora in piedi
di
Paolo G.L. Ferrara
Riporto la Tua analisi , centrata e corretta :
"Dunque, il vero problema non relativo al solo impatto ambientale dell’architettura ma, piuttosto, alla speculazione economica sull’architettura che vive e vegeta grazie ad un complesso sistema di connivenze tra professionisti, costruttori, tecnici comunali, giunte comunali, soprintendenze. Chi concede le licenze? Come vengono concesse? Perch gli Ordini professionali non intervengono sulle responsabilit dei progettisti? e perch non istituiscono un organo di controllo sulla legittimit dello svolgimento dell’iter finalizzato all’ottenimento delle licenze?
E’ questo sistema che deve essere demolito. In caso contrario, avranno ragione i Matarrese a chiedere i danni e commentare la vicenda quale “Situazione paradossale, di una edificazione ritenuta illegittima ma che non ha colpevoli.” Festeggiare le demolizioni assolutamente inutile. Pi utile sarebbe non dovere demolire, il che significherebbe che tutto ci che si costruisce ha legittimit vera, non certo quella creata ad arte da poteri occulti a cui pochi, pochissimi, sanno dire di no."
Detto questto occorre per interrogarsi se esistano oggi nei paesi occidentali a regime capitalistico ed in particolare in Italia le condizioni politiche , perch quello che Tu lamenti non possa pi avvenire ??? La risposta NO !! Questo un sistema che fa comodo a tutti sia pur in diversa misura e con ruoli e responsabilit acnhe molto diverse !! Gli ordini difendono solo gli interessi di una ristretta casta di professionisti, che poi sono sempre quelli maggiormenti collusi con la speculazione eilizia e con le forze politiche che la sostengono e la alimentano. Gli enti locali, anche quando non sono direttamente infiltrati dal crimine organizzato, si mostrano deboli ed inerti sia a livello di struttura burocratica che di quella politico.-istituzionale e non hanno la capacit amministrativa per confrontarsi con potenti lobbies economiche. Pretendere che gli archittetti, anche qualora ne avessero voglia, possano da soli fare la rivoluzione, mi sembra francamente utopistico ed anche un p ingenuo !!!!
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1241
di Irene Guida
del 18/06/2006
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Ugo Rosa su Kahn.
Un campo di battaglia differe
di
Marcello Panzarella
E se invece di essere un problema di corpo e spirito, fosse un problema di cose ed economia delle cose?
Se non fosse il continuo sfuggire della realt all'economia umana che cerca di inscriversi in essa attraverso i segni, dalla scrittura all'architettura, senza soluzione di continuit?
Se si provasse a uscire dai problemi del linguaggio, dalla gabbia dei segni?
Non era forse questo il problema comune tanto a mies, quanto a koolhaas? (tanto per ricordare gradi di parentela evidenti che sembrano rimossi?).
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1234
di Giulia Gresti
del 12/06/2006
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Punta Perotti? E'ancora in piedi
di
Paolo G.L. Ferrara
Lontano da Bari, dove un Sindaco, ex magistrato, ha avuto la forza e il coraggio di difendere il bene pubblico contro gli interessi di pochi , guardiamo la grande Milano.
Stanno sorgendo tante Punte Perrotti ,armate di tutte le autorizzazioni, sotto l'egida dell'Amministrazione, di intrecciati comitati di affari e l'ingiustificabile silenzio degli Ordini Professionali, delle Soprintendenze e delle Universit.
Si sta cancellando la storia di Milano, ne si sta pregiudicando le testimonianze storiche, monumentali , ambientali e la qualit di vita stessa della citt, in nome di un modernismo che ignora anche il diritto dei cittadini a partecipare alla trasformazione del proprio territorio come diritto riconosciuto anche in sede europea dalla "Convenzione per il Paesaggio " e recepita dall'Italia sin dal luglio del 2001.
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1235
di Beniamino Rocca
del 12/06/2006
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Una nuova porta, un varco nella provincia italiana
di
Giacomo Airaldi e Francesca Fabiano
bravi Giacomo e Francesca,
due come voi in ogni capoluogo di provincia e gli amminstratori comunali incomincerebbero un p a capire la necessit di fare concorsi d'architettura semplici e snelli, onesti soprattutto , e si interrogherebbero forse anche sulla differenza che c' tra edilizia ed architettura, il costo di costruzione identico, ....e l'Italia in qualche anno diventerebbe un p pi bella ed apprezzata in Europa anche per le nuove opere architettoniche.
Come ben sapevano una volta papi, re ed imperatori, il buon governo del territorio, va sempre di pari passo con la buona architettura e Filarete insegna "un'architettura per nascere ha bisogno di un padre (il committente) e di una madre (l'architetto)" .
Ma questa lezione i nostri politici difficilmente la capiscono e cos, dalla sciagurata legge Merloni sugli appalti pubblici si passer al nuovo Codice degli appalti - DL163/2006 - che ancora peggio , specie per quel che riguarda i concorsi d'architettura , unitariet di un'idea progettuale e per il ruolo creativo degli architetti....ma di questo , ne parleremo magari , in altra occasione.
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1232
di farnaz rezaei
del 11/06/2006
relativo all'articolo
Inevitabilmente l'architettura
di
Leandro Janni
Sono contenta xche finalmente sono riuscita a trovare un sito "italiano" che dicute cosi profodamente sull'architettura. Sono una ricercatrice di architettura e passo tantissimo tepo sui diversi siti e libri di architettura ma confesso non ho trovato nessun sito cosi utie sulla tema di architettura.
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1230
di PETER ZAHARATOS
del 08/06/2006
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Vittorio Giorgini
di
la Redazione
iI'm very pleased to see Vittorio Giorgini's work revealed. I had the honor of studying with Professor Giorgini in Pratt Institute between 1994 and 1997. His life's work and ideas are an inspiration to many architects and students of architecture alike. Here in New York, a large group of his past students still try to continue the valuable investigations and analysis of architectural systems that he began here in New York many years ago. I'm looking forward to more publications of his work, and if t here is any other information that can be shared about his current projects I would greatly appreciate any following.
thank you very much,
Peter Zaharatos
DMJM Harris
2avesubway
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1210
di angelo massimo gulino
del 01/06/2006
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Ravello? Si fa, si fa!... Non si fa, non si fa.
di
Sandro Lazier
Ricordo gli antichi greci e romani che giunsero in Sicilia, e l trovarono un paesaggio naturale d'incanto. Cos il sogno di terra e mare diventa pietra su pietra a ancora oggi gli uomini, come noi, si emozionano raccolti nel teatro di Siracusa e di Segesta...
Ecco credo che l'auditorium sia un dono che l'architetto Oscar Niemeyer abbia voluto fare al prezioso paesaggio naturale di Ravello. Un grande occhio bianco adagiato sul futuro, nel rispetto di tutti coloro che amano questa bellissima costiera amalfitana.
Tutti i commenti di angelo massimo gulino
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1202
di Gustavo Maria Bucci
del 29/05/2006
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Ravello? Si fa, si fa!... Non si fa, non si fa.
di
Sandro Lazier
In questa vicenda ad un tratto mi sono fatto una domanda e mi sembra molto strano che altri non abbiano fatto lo stesso: una volta costruito l'auditorium ritengo ovvio che gli eventi musicali non saranno piu' ospitati da Villa Rufolo, ma nella nuova struttura. Bene io a Ravello ci vado da trent'anni, ci sono nato praticamente poich ne ho trentadue e di sicuro assistere ad un concerto nella conca sospesa qualcosa di indescrivibile. Cosa significher assistere ad un concerto all'alba in un luogo chiuso o quasi.. senza il profumo delle piante che ricominciano la loro attvivit quotidiana e mi fermo qui perch potrei riempire pagine e pagine di cio' che accade a Villa Rufolo durante i suoi festival.
Purtroppo pare l'ennesimo tentativo di speculazione e chi parla di parcheggio poi tanto stolto non visto che la situazione a dir poco drammatica.
Forse Ravello ha i suoi festival proprio per quella determinata cornice..
Tutti i commenti di Gustavo Maria Bucci
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1179
di Paola Ruotolo
del 16/05/2006
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Villa Colli. In azione
di
Mariopaolo Fadda
Cultura, tecnologia ed arte dovrebbero camminare sempre insieme.
Gli architetti che hanno sottoscritto lappello per la tutela di Villa Colli sono, innanzitutto, professionisti e, quindi, tecnici.
La parola progetto suggerisce, ad esempio, lopportunit di un concorso didee per una struttura leggera fonoassorbente che possa veicolare anche immagini ed informazioni sulla storia della villa e sulla vita di Giuseppe Pagano, di Gino Levi-Montalcini e della famiglia Colli. Un diaframma che unisca, piuttosto che dividere, le persone coinvolte, raccontando, al contempo, la storia della fabbrica e degli operai, nonch illustrando la storia delle tecnologie della stampa, fino ai giorni nostri.
Conoscendo la storia della villa, del committente e dei progettisti, sarebbe, forse, pi facile comprendere i principi che ispirano la tutela. Nessuno ha intenzione di danneggiare gli onesti lavoratori.
Vorrei approfittare per segnalare lo stato preoccupante dellatrio delle Poste di piazza Bologna:
gi profondamente modificato, e oggi invaso da un triste apparato di vendita (articoli di cartoleria), senza che nemmeno un poster illustri il bellissimo progetto originale di Mario Ridolfi.
Ci sono tante targhe davanti ai monumenti di Roma, si potr spendere qualche euro per un pannello illustrativo?
Inoltre, mi domando:
sarebbe possibile affidare ai concorsi didee per giovani architetti gli allestimenti leggeri nei monumenti, anche moderni, dItalia?
Facciamola pure la cartoleria nelle Poste di piazza Bologna, ma, almeno, in una modalit informativa che faccia capire a chi fa la fila dove si trova e chi Mario Ridolfi.
Gli studenti di architettura affrontano un percorso universitario molto duro, non si capisce perch, visto che poi nessuno li interpella. Non fa meraviglia che molti decidano di andarsene allestero.
Paola Ruotolo
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1174
di Mariopaolo fadda
del 10/05/2006
relativo all'articolo
Villa Colli. In azione
di
Mariopaolo Fadda
Non ricordo in quale occasione, Paolo GL. Ferrara titolava un suo intervento Spazzatura nel web. Certo nel web la spazzatura abbonda e anche Antithesi deve farne, purtroppo, le spese.
Chiedo scusa agli amici di Antithesi se abuso della loro pazienza per una risposta che ha ben poco a che fare con la cultura e con larchitettura. Il commento di certa Anna Cravero (che comunque si esprime con un noi. Noi chi? Le comari del vicinato?) ifatti ha a che fare solamente con la spazzatura. Una rancorosa lettera ad personam di una volgarit repellente. Il pettegolezzo da salone di bellezza e le basse insinuazioni sono quanto di meglio riesca a partorire una mente piccola, piccola offuscata dallodio cieco verso qualcosa che non riesce a cogliere.
Non una sola parola sul valore di Villa Colli e del prestigio, largamente immeritato, che conferisce a Rivara, ma solo i soliti ipocriti piagnistei sui lavoratori che rischierebbero il posto di lavoro. Un copione strappalacrime, un piangersi addosso senza dignit, che abbiamo gi visto e rivisto.
Con milioni di lavoratori in tutta Italia che si sobbarcano decine e decine di chilometri al giorno per raggiungere il posto di lavoro senza tanti problemi, a Rivara la sola ipotesi di fare solo 3 km considerato unattentato ai privilegi corporativi. Disgustoso.
Che una rapace classe industriale, con la complicit del sindacato parastatale, tenga in scacco migliaia di amministrazioni comunali con la scusa delloccupazione noto a tutti. Che ci siano ascari pronti a difendere a spada tratta questo ricatto altrettanto noto. Il disastro italiano tutto qui: il territorio saccheggiato in nome delloccupazione e dellindustrializzazione selvaggia, con la benedizione di amministrazioni scendiletto. Basta fare un giro per il bel paese e vedere quante cattedrali nel deserto testimoniano questa lapalissiana verit, una politica industriale da rapina che ha devastato il territorio e affossato le economie di intere regioni. Senza dimenticare i costi in termini di inquinamento, di distruzione del paesaggio e del patrimonio storico-architettonico che i contribuenti devo sobbarcarsi per rimediare a queste aberrazioni corporative mascherate da emergenza sociali. E Rivara non fa eccezione.
La (in)cultura industriale di cui prende, maldestramente, le difese dufficio la Cravero quella (in)cultura che senza la mammella dello Stato (e della Comunit Europea) non in grado neanche di piantare un chiodo, figuriamoci di creare occupazione, pianificare il futuro o prendere a cuore la tutela del proprio patrimonio storico! Spremere al massimo la mammella e vivacchiare alla giornata il massimo che riescano a fare. E al diavolo tutto il resto, la cultura in testa.
La Cravero, come gli intolleranti di ogni latitudine, vede complotti pluto-giudaico-massonici, persino nellapertura di una biblioteca e nella costituzione di un comitato a difesa di unopera del razionalismo architettonico italiano. Diabolico complotto partorito dai Chiono e assecondato da oltre 400 persone di ogni parte del mondo che hanno firmato lappello. A quando Sig.ra Cravero il Gulag per noi incorreggibili membri di questo complotto?
Chiudo rinnovando a Renata e a tutta la famiglia Chiono la mia stima, il mio apprezzamento e la mia solidariet. E un invito a tenere duro.
Mariopaolo Fadda
Los Angeles, CA 5/9/2006
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1168
di anna cravero
del 04/05/2006
relativo all'articolo
Villa Colli. In azione
di
Mariopaolo Fadda
Ci sembra opportuno intervenire nel dibattito instaurato sul sito della vs. rivista,
per portare allattenzione di quanti vi siano interessati, del punto di
vista , fin qui mai considerato, di coloro che sarebbero danneggiati da una eventuale
chiusura delle fabbriche vicine alla villa Colli.
Il Presidente del Comitato internazionale per la salvaguardia di
villa Colli, nel chiudere un accorato appello a favore della famiglia Chiono,
parla testualmente di spirito innocente e cuore ispirato ed allude
probabilmente al suo, ma non a quello della famiglia che ha promosso una intensa
attivit preorganizzata per raggiungere i suoi fini.
Inoltre nella sua dotta disquisizione disserta di ironia che smaschera il ridicolo,
alludendo allintervento del Sindaco di Rivara.,
A ns. modesto parere, in questa vicenda non c nulla di ridicolo
e su cui fare ironia, perch molte persone rischiano il posto di lavoro,
in un momento tanto delicato per leconomia della regione, dove molte fabbriche
hanno chiuso o sono fallite.
Altroch assurde pretese di una attivit industriale,
pensate a cosa significherebbe in termini economici anche solo trasferire i capannoni
a soli 3 km di distanza dove sorge il nuovo polo industriale, come
chiede Renata Chiono, che non si preoccupa dei problemi dei lavoratori, ma preferisce
occuparsi di architettura senza averne i requisiti minimi di un diploma n
tanto meno di una laurea. Forse non si ricorda di quando faceva la segretaria
dazienda ed era anche lei a rischio?
Ci domandiamo perch i Signori Chiono abbiano omesso il punto centrale
del discorso, e cio che essi hanno acquistato una villa ben sapendo che
era circondata da fabbriche in attivit. Infatti questa casa era in vendita
da anni e non trovava acquirenti, gli impianti erano obsoleti, il tetto in eternit
andava rimosso secondo le norme di legge e smaltito in discarica autorizzata.
Inoltre i rumori delle fabbriche adiacenti ne contribuivano a svalutare il valore
ed era cos offerta a fine anni novanta al prezzo di 650 milioni delle
vecchie lire.
I Signori Chiono hanno cos pensato di fare un affare immobiliare, pur
tenendo conto delle spese di ristrutturazione.
Pensavano forse di utilizzare la specializzazione dello studio di analisi del
rumore, di cui sono proprietari, per verificarlo e poi fare causa?
Da quel momento hanno iniziato una guerra senza quartiere, sobillando anche i
vicini di casa con raccolte di firme contro i rumori delle fabbriche. Hanno puntualmente
perso le cause e accettato un compromesso di messa in regola della Controparte.
Ma ora ritentano, addirittura minacciando di essere piu forti, perch
stato creato un comitato ad hoc,nel quale certamente ignare
persone amanti dellarte, pensano di partecipare ad una giusta causa e non
si rendono conto di essere strumentalizzate al loro scopo.
Lo stesso vale per la creazione di una biblioteca che raccoglie tesi di laureati
del Politecnico di Torino e alcuni libri donati da privati. Il tutto rientra in
un disegno ben orchestrato per nascondere, dietro una parvenza culturale, ben
altri fini. Sappiano quindi, tutti gli appassionati di architettura perch
il Sindaco di Rivara ha parlato giustamente e con cognizione di causa di strumentalizzazione,
alla luce dei fatti esposti del tutto evidente.
Inoltre essi omettono anche di raccontare come il Dott. Chiono abbia tentato lelezione
a Sindaco del paese, ovviamente non raggiunta, perch i Rivaresi hanno
capito che avrebbero tentato di sfruttarne la posizione per i loro scopi del tutto
privati.
Da ultimo vogliamo segnalare come i Sig.ri Chiono non siano nuovi a liti con i
vicini. Infatti nel paese di origine dal quale si sono trasferiti, avevano da
lamentarsi di un gallo canterino; per questo motivo svegliavano il Sindaco allalba
intimandogli di prendere provvedimenti. Ogni ulteriore commento ci sembra superfluo!
Tutti i commenti di anna cravero
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1139
di Santi Manti
del 19/04/2006
relativo all'articolo
Marmellata Italiana alla Triennale
di
Paolo G.L. Ferrara
Egregio G.L. Ferrara
le sono infinitamente grato per essersi esposto dando spazio ai miei commenti e vorrei solo aggiungere, se non per tutti per lei, che, come reazione ai commenti qui pubblicati, europaconcorsi ha cancellato tutti i commenti compreso l'unico mio cui era stata concessa la pubblicazione e dopo che tutti i commenti che si provava ad inviare, rimanevano in eterna attesa di moderazione.
Ora non pi possibile scrivere e inviare nessun commento.
la sensazione, in questo nostro bel paese, quella di sottostare ad un vero e proprio regime!
Ma di bello, in italia, c' solo la facciata...come per i concorsi.
Tutti i commenti di Santi Manti
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1138
di Santi Manti
del 19/04/2006
relativo all'articolo
Marmellata Italiana alla Triennale
di
Paolo G.L. Ferrara
Spettabile dott. Artusi e egregio G.L.Ferrara,
sono uno di coloro che hanno inviato commenti "non graditi" (e censurati)a europaconcorsi riguardo al progetto protagonista delle polemiche.
Vorrei rendere noto il MODUS OPERANDI di certe persone e certi enti:
si vada a vedere su http://www.fareturismo.it/concorso.php , ebbene si noter la segnalazione della presenza attiva complice e sostenitrice della sovrintendente archeologica Giuliana Tocco.
Giuliana Tocco, interpellata il giorno prima dell'evento, NON NE SAPEVA NULLA!!!
ANAS e Casamonti volevano fregiarsi del placet della sovrintendenza, dichiaravano il falso preannunciando la presenza della sovrintendente, questa non sapeva nulla n dell'evento, n addirittura del progetto che avrebbe dovuto sostenere.
Tutti i commenti di Santi Manti
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1132
di Giuseppe artusi
del 16/04/2006
relativo all'articolo
Marmellata Italiana alla Triennale
di
Paolo G.L. Ferrara
Prego il signor G. L. Ferrara di poter dare la mia opinione rispetto ad alcuni scritti apparsi qui e riguardanti il concorso di progettazione bandito dall'ANAS.
Ho osservato a lungo il progetto pubblicato su www.arcadata.it,ho seguito le polemiche su altri siti come Antithesi,ebbene la mia conclusione questa:
il vincitore ha indubbiamente prodotto un progetto di gran impatto formale,che fa leva sull emotivit, viscerale,di grande effetto propagandistico.
Prescinde da qualsiasi rapporto con il sito per la semplice ragione che il progetto,molto probabilmente anticipando e causando lo stesso concorso,non poteva che proporre una soluzione generica,adatta ad ogni situazione (e ad ogni possibile sito) con minimi e non sostanziali cambiamenti.
la proposizione astratta del tipo ,insomma, come unico approcio progettuale possibile, (vista la situazione) allinterno del quale potevano tollerarsi diverse e irrilevanti varianti.
Prova ne sia il fatto che le vasche di fitodepurazione presenti in seconda fase e non in prima, siano proprio uno di questi architettonicamente irrilevanti cambiamenti da un lato, e una strizzatina docchi allecosostenibilit dallaltro.
Tale aggiunta stata evidentemente suggerita per rendere pi digeribile,sotto certi aspetti,la forte e sradicata scelta formale.
Proprio gli aspetti relativi al sito, sia dal punto di vista paesaggistico, sia dal punto di vista della ecosostenibilit, appaiono parte integrante e imprescindibile del progetto architettonico sia nel
secondo che nel terzo classificato, mentre invece appaiono come ornamento, inutile orpello, e ruffiani accorgimenti da adottare a seconda dei casi, nel primo.
Cordialmente
prof. Giuseppe Artusi
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1121
di Simona Garufo
del 06/04/2006
relativo all'articolo
Omert
di
Mario La Ferla
Ho appena finito di leggere il libro in questione, acquistato senza difficolt in una libreria palermitana. Desideravo acquistare il libro gi da tempo, perch credevo di trovarvi una lucida analisi del "caso Gibellina" al di l delle solite retoriche. Non che il libro non esprima molte e tristi verit... E' indubbio che i problemi legati allla ricostruzione ci sono e, soprattutto, sono ancora in larga parte irrisolti.
Ma invece della lucida analisi, ne ho trovata una piuttosto accorata, che troppo spesso travalica il senso del libro. Tanti i passaggi in cui, a mio avviso, si vuol fare "sensazione" falsando la verit. Eccone alcuni:
"La gente non sa nemmeno che a Gibellina, nel palazzo comunale, esiste una cosa chiamata Agor"
Credo che questa sia esclusivamente un'opinione personale del signor La Ferla, visto che tutti, vecchi e bambini, ci vanno almeno 2 volte l'anno per le messe importanti.
E ancora, parlando del Giardino Segreto di Francesco Venezia: "E' un giardino nascosto e per questo motivo pochissimi abitanti di Gibellina lo conoscono"
Ma scherziamo? Noi giovani ci passiamo quasi tutta l'estate l dentro.
E sempre nello stesso passaggio: "L'unico componente visibile dell'opera, la vasca che da sulla strada, sempre pieno di sacchetti di plastica che i cittadini buttano l quasi per dispetto"
Nessuno butta roba dentro quella vasca. I gibellinesi possono essere molte cose, ma non sono cos incivili.
E sul fatto che il paese vuoto:
"E' come se una specie di risentimento collettivo verso la citt in cui sono stati costretti a vivere abbia invaso tutti gli abitanti, che cos, standosene rintanati in casa con le finestre chiuse e le persiane abbassate, riescono a dimostrare la loro rabbia e la loro inguaribile delusione".
Certo, come se non avessimo di meglio da fare... E' un paese che conta 3000 abitanti... che cosa volete trovare?
Ecco, di questo genere di cose pieno il libro... I cani morti e la miriade di topi che solo il signor La Ferla stato capace di incontrare, le erbacce e la spazzatura disseminati tra un'opera d'arte e l'altra, i gibellinesi tutti ignoranti che non capiscono l'arte contemporanea e che sognano ancora le stalle e i muli, ecc... ecc...
Quello che nessuno ancora ha capito che i gibellinesi sono solo stanchi di essere considerati un fenomeno da baraccone e che la loro realt non poi tanto dissimile da quella di tanti altri piccoli paesi siciliani. Anzi, forse hanno delle risorse in pi. Il problema semmai il perch non vengano davvero sfruttate queste risorse. Perch ancora si continua a costruire opere inutili, quando invece ci sarebbe bisogno di inserire quelle gi esistenti in una rete della cultura e del turismo che porti nuova vita a questo posto che, indubbiamente, sta morendo lentamente.
Il libro avrebbe potuto avere molta pi validit, se l'autore non si fosse impelagato in una critica troppo spesso forzata e se fosse stato rispettato il criterio essenziale dell'oggettivit giornalistica.
Saluti da Gibellina.
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1112
di Davide Pagliarini
del 30/03/2006
relativo all'articolo
Un futuro abitabile
di
Leandro Janni
Larticolo di Leando Janni contiene le premesse, culturali ancor prima che politiche ed economiche, per avviare azioni concrete. Azioni che coinvolgono, oltre agli interventi sugli insediamenti di matrice storica e i nuclei gi consolidati, una differente gestione del mercato edilizio contemporaneo.
Come intervenire a fronte dellenorme offerta immobiliare di villette, appartamenti in villetta, mono e bilocali in villetta? Quali le alternative a una economia che ha affidato alledilizia il ruolo di volano, con enorme spreco di risorse finanziare, umane e ambientali?
Le nuove lottizzazioni, localizzate nelle aree di espansione dei Comuni, consumano suolo e ad esse non corrisponde una presenza di infrastrutture accettabile, sia per gli abitanti, sia per lambiente.
Si costruiscono case senza alcuna qualit allinterno di banali lottizzazioni. Costosissime - si potrebbero fare uso di tecnologie a basso costo, o pensarle come demolibili - si rivelano incapaci di dar vita a un luogo e per questo precarie.
insensato usare tecnologie pesanti per una costruzione che, fin nelle premesse progettuali, non ha alcuna possibilit di strutturare il territorio, di stabilire con esso relazioni su una prospettiva temporale estesa.
Perch costruire con tecnologie pesanti edifici precari, che tra 20 o 30 anni saranno sostituiti da nuovi interventi di natura differente?
La strada del recupero di quanto gi stato costruito, dai manufatti e dagli insediamenti di formazione storica alledilizia ordinaria degli anni Sessanta e Settanta, se da un lato innesca meccanismi positivi, dallaltro non sufficiente ad assorbire la domanda del mercato, i bisogni che la condizionano e le trasformazioni dello spazio fisico che essa determina.
Ad eccezione della fascia costiera, molti dei piccoli comuni italiani, estesi sul 30% della superficie nazionale e abitati dal 6% della popolazione (CRESME), si trovano in posizioni disagiate rispetto agli attuali stili di vita e di consumo - in ogni caso inaccettabili e sui quali va fatta una politica differente - dallaltro ledilizia del periodo di espansione economica 1960-70, popolare, a densit alta, pluripiano obbliga a unidea di condivisione, di coscienza dello spazio sociale e collettivo divenuta insopportabile.
La villetta rappresenta il raggiungimento del sogno individualista, i paesi sotto i 2000 abitanti si svuotano, incapaci di offrire attrattive economiche e commerciali pi che la consistenza storica e lidentit che al contrario possiedono.
necessario - ed altres occasione di dibattito culturale e sperimentazione progettuale - che larchitettura si occupi di tali questioni, diffuse, locali, estese.
Davide Pagliarini | www.newlandscapes.org
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1114
di Alberto Pernice
del 30/03/2006
relativo all'articolo
Il mito dei miti
di
Rebecca De Sessa e Martina Veneri
Complimenti a Martina e a Rebecca!!
Sono d'accordo con quello che hanno scritto anche se io nei miti non ci credo molto.
Comunque hanno fatto davvero un bel lavoro,
complimenti
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1113
di Renata Chiono
del 30/03/2006
relativo all'articolo
Inevitabilmente l'architettura
di
Leandro Janni
Perch non fa un salto a Rivara?: Villa Colli.
La invito volentieri.
Renata Chiono
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1111
di Carlo Sarno
del 28/03/2006
relativo all'articolo
Zevi dispettoso
di
Paolo G.L. Ferrara
Per non dimenticare... con affetto , Carlo Sarno .
Conferenza tenuta dall'arch. Bruno Zevi il 6 dicembre 1947, al 1 Congresso Nazionale dell'Associazione per l'Architettura Organica (A.P.A.O).
Amici congressisti delle APAO,
non senza titubanza ch'io mi accingo a parlarvi di architettura organica. Mi capitato spesso di trattare e di scrivere sull'argomento, ma confesso che questa la prima volta che mi trovo a parlare di architettura organica ad un consesso di architetti organici. E' vero che noi diciamo che il carattere distintivo dell'architettura organica rispetto a quella razionale di essere funzionale anche sul terreno della psicologia; ma qui non si tratta di psicologia, sibbene quasi di una seduta di psicoanalisi collettiva, in cui dobbiamo insieme discutere su quei germi corrosivi e, per fortuna,...infettivi che, nella casistica delle nevrosi moderne, danno luogo a quella strana malattia che va sotto il nome di... APAO.
Quando ci trovammo a stabilire il programma di questo congresso, alcuni proposero di dedicare qualche ora a dibattere gli aspetti culturali dell'architettura organica. Ma ritirarono subito la proposta non tanto per tema di trasformare questa riunione in un incontro pugilistico, quanto perch tutti avevano la sensazione che ormai l'APAO vale assai pi dell'architettura organica. Avviene in tutti i partiti e in tutte le associazioni. Si parte da un credo politico o culturale, poi ci si fanno le ossa, si creano e si sviluppano valori di collaborazione, di vita vissuta insieme, di comuni opere, di solidariet, e ad un certo punto questi valori acquistano un'importanza autonoma, divengono essi stessi la giustificazione dell'essere associati. La nostra fedelt all'APAO trascende la valutazione del suo credo architettonico; l'associazione raccoglie ormai le migliori forze dell'architettura moderna italiana dalla Sicilia al Piemonte; lavorando a Torino, voi piemontesi sapete di perseguire intenti per cui operano i giovani architetti di Palermo e di Catania, e questa coscienza d forza e fiducia, crea un ambiente psicologico di vincoli umani che costituisce una zona di attrazione anche per coloro che altrimenti non si sentirebbero di firmare questa nostra antica Dichiarazione di Principii di colore cospiratorio e carbonaro. Prima che una poetica comune, ci lega una profonda passione di rinnovamento della scena fisica e morale del nostro paese, una generosit, una volont di operare su un piano che va al di l degli interessi grettamente professionali e personali. In tre anni di lavoro, abbiamo creato le tradizioni dell'APAO; s che, se qualcuno venisse qui questa sera a dimostrarci che l'architettura organica non esiste, che nulla ha un senso di ci che noi predichiamo culturalmente, e, per uno strano scontro di costellazioni, riuscisse a convincerci tutti, noi risponderemmo: dunque cambiamo nome, e continuiamo a lavorare.
Non per un caso che delle due associazioni di architettura moderna che preesistevano all'APAO, cio l'MSA di Milano e la PAGANO di Torino, una di esse si sia unita al nostro movimento. E perch? Perch si richiamava ad un uomo che per noi tutti segno e simbolo della missione, del coraggio e della vocazione dell'architetto moderno. Al di l del credo teorico di Giuseppe pagano, al di l degli errori ch'egli commise e dei compromessi che accett, c' e resta e sola vale la tensione della sua azione, il tempo della sua vitalit, la capacit e la generosit del suo fare. Quando voi torinesi avete trasformato la PAGANO in APAO, l'avete fatto perch sentivate che Pagano - indipendentemente dalle sue intuizioni sull'architettura organica e dalla risonanza che aveva dato in "Casabella" al pensiero di Persico su Wright - indipendentemente da ogni valutazione teorica, sarebbe stato con noi, perch tutta la sua vita, con i suoi errori e col suo eroico splendore, fu qualificata da questa generosit nell'agire, da un temperamento che preferiva magari una parzialit atta a scoprire nuovi orizzonti piuttosto che una verit generica e infeconda.
Contro l'agnosticismo.
E con ci, credo di aver risposto alla principale critica che ci vien mossa da parte degli "obbiettivi o degli agnostici. essi ci dicono che la architettura non ha bisogno di aggettivi, che l'arte rifiuta attributi, e che di conseguenza l'architettura organica non esiste. Ebbene, amici, chiunque ci conosce sia pur di lontano dovr ammettere che noi non siamo illetterati fino al punto di non sapere che all'arte non si danno aggettivi. Ma questo non basta affatto a giustificare la posizione di sordo agnosticismo che vige nel campo avversario. L'arte non ammette aggettivi, ma il mondo morale, pratico, intellettuale e, se volete comprendere anche i mezzi espressivi, la poetica sulla cui base nascono le creazioni degli artisti, richiedono caratterizzazioni e perci ammettono aggettivi. Se l'arte organica non esiste, e n
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1107
di alessio lenzarini
del 17/03/2006
relativo all'articolo
Marmellata Italiana alla Triennale
di
Paolo G.L. Ferrara
Credo che le critiche alla trasparenza dei concorsi facciano sempre bene, in linea di principio, ma che purtroppo siano anche, il pi delle volte, difficilmente dimostrabili nei fatti e quindi facilmente decadibili nell'illazione. Se effettivamente l'Anas fosse in procinto di affidare a Casamonti importanti incarichi in Albania, saremmo effettivamente di fronte perlomeno ad una grossa coincidenza, ma mi sembra di capire si tratti solo di supposizioni del collega Giusti. E comunque, per fortuna o purtroppo, le coincidenze capitano ed obiettivamente pi facile che capitino a Casamonti, onnipresente mago delle pubbliche relazioni, piuttosto che ad altri architetti, magari anche pi bravi, ma chiusi nel loro piccolo studio a fare piccoli progetti. Personalmente non mi scandalizzo di fronte alla capacit di pubbliche relazioni, perch una qualit necessaria alla nostra professione, bens la invidio nella misura in cui risulta un modus vivendi e operandi purtroppo a me lontanissimo. E soprattutto non mi scandalizzo quando tale capacit di pubbliche relazioni risulta brillantemente coniugata ad un'alta qualit progettuale, come nel caso dello studio Archea che, a parer di chi scrive, rappresenta una delle poche realt interessanti nel piatto panorama dell'architettura italiana. Per quel poco che sono riuscito a capirne dalle scarne immagini pubblicate su Europaconcorsi, quello di Archea per il concorso dell'Anas mi sembra un buon progetto. E devo aggiungere che invece mi scandalizzano abbastanza alcune frasi lette negli interventi del collega Giusti, in cui si invoca una sorta di ritorno all'ordine, si declama un rifiuto dell'architettura troppo espressiva o comunicativa (in altre parole: rifiuto dell'architettura come forma d'arte) e addirittura si professa una presunta 'attuale necessit' di oggettivit linguistica e di contingente legame col sito. Io, nell'attuale momento dell'architettura italiana, sento la necessit esattamente opposta, anche perch veniamo da trenta e pi anni di tipologia e contestualismo.
p.s.
sarei anche curioso di sapere per quali arcane motivazioni una persona politicamente di sinistra (pare, il sig. Virano) che, in qualit di giurato, valutasse meritevole il progetto di Archea, cos facendo rinnegherebbe i suoi ideali...
buona giornata a tutti
alessio lenzarini
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1103
di fulvio faludi
del 15/03/2006
relativo all'articolo
Zevi dispettoso
di
Paolo G.L. Ferrara
spett.le antithesi
segnalo l'ennesimo equivoco articolo su zevi (l'unit, 13 marzo 2006)
come arrivano certi intrugli alle colonne di quotidiani nazionali?
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1098
di Leandro_Janni
del 26/02/2006
relativo all'articolo
Inevitabilmente l'architettura
di
Leandro Janni
Lo scorso 16 febbraio abbiamo festeggiato con una Giornata ecologica il primo compleanno dellentrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale con cui i governi di molti paesi si sono assunti limpegno di ridurre le emissioni di CO2 e dei gas climalteranti, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012.
Dobbiamo ammetterlo: sempre piuttosto facile discutere, ragionare persino fare qualcosa di ecologico e di sostenibile nelle ricorrenze eclatanti, durante quei riti globali e persino festosi in cui si concentra lattenzione sullo stato di salute del nostro pianeta e ci si impegna solennemente ad invertire la rotta, a cambiare lo stato delle cose. Assai pi difficile invece la coerenza, tutti i giorni dellanno, nelle scelte di politiche e programmi, nei comportamenti individuali e collettivi.
I vertici, le conferenze, gli anniversari internazionali passano, si susseguono, ma il dato reale, concreto, misurabile che la vivibilit, la salute della Terra inesorabilmente peggiorata. Cos certificano, scientificamente, inesorabilmente gli indicatori ambientali essenziali: mutamenti climatici, inquinamento atmosferico, scarsit di acqua, desertificazione dei territori.
Comunque sia, in attesa di nuove diagnosi, in attesa perfino di un governo democratico dei grandi problemi planetari, importante che in ciascuno di noi aumenti la consapevolezza che la dimensione locale essenziale per la costruzione di uno sviluppo tendente alla sostenibilit. Uno sviluppo capace di diminuire il carico che grava sul nostro pianeta. Uno sviluppo capace di restituirci un futuro abitabile, desiderabile.
Oggi il processo di globalizzazione ci appare come un fenomeno multiforme e contraddittorio. Un processo che non possiamo accogliere acriticamente, semplicisticamente, in nome del puro e semplice sviluppo economico. Le logiche della finanza e dei gruppi economici dominanti troppo spesso appaiono accettate e non orientate dai governi dei paesi industrializzati. Una cultura, una politica consapevole, attenta alla qualit della vita, al senso autentico delle cose, attenta anche alla bellezza dei luoghi, delle nostre citt, non pu non evidenziare quei rischi che derivano dal saccheggio sistematico dellambiente e dal consumo incontrollato delle risorse naturali, dai danni irreversibili alla natura provocati da stili di vita non pi sostenibili, da un processo di omologazione che cancella le differenze artistiche e culturali dei contesti storico-geografici, dallappiattimento sui livelli e sui modelli dei paesi economicamente pi forti.
Ormai evidente che lomologazione e la cancellazione delle diversit procede sia per vie dirette che indirette: attraverso le biotecnologie, il commercio, la politica, i modelli culturali imposti. Omologazione anche labbandono dei prodotti, dei manufatti di qualit radicati in una tradizione di civilt, in stretto rapporto con il territorio, con i luoghi. O, peggio, limposizione di prodotti indispensabili ad un costo insostenibile per molti. Altro grave rischio la perdita di identit culturali: lingue, espressioni artistiche e architettoniche, usanze, saperi, tradizioni.
Le politiche ambientali dei luoghi, dagli specifici contesti territoriali sono quelle che un governo regionale, unamministrazione locale (comunale, provinciale) pu persino anticipare rispetto agli orientamenti statali, comunitari, globali. Sono quelle che direttamente, efficacemente aumentano la qualit sociale dello sviluppo, la sicurezza e il benessere dei cittadini e, alla fine, anche la produttivit complessiva di un territorio. Creando condizioni, opportunit nuove di lavoro.
Senza considerare, valutare ci che sostenibile e ci che non sostenibile, senza uneconomia ecologica, senza bilanci che comincino a calcolare anche i costi ambientali, si costruisce uno sviluppo ingiusto, privo di diritti certi. Si toglie ossigeno, speranza, futuro al luogo, ai luoghi in cui viviamo, abitiamo.
Ecologia letteralmente dottrina della casa: ma, oltre la dimora materiale, la Terra, lambiente, necessario ricostruire la dimora spirituale, e con essa una nuova idea di politica.
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1097
di Paolo Marzano
del 25/02/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Chiude la rivista L'Architettura - Cronache e Storia nostre, le sue riflessioni .
La rivista L'Architettura Cronache e Storia, ha chiuso i battenti. L'avvenimento, com'era previsto, ha innescato, nelle pagine delle maggiori riviste on-line, una matura discussione, interessante sicuramente importante che mostra quanto sia stata di riferimento per gli appassionati e gli studiosi di architettura, questa storica rivista italiana.
Non voglio entrare in merito ai motivi della chiusura, che pur sono stati accennati nella dinamica discussione di questi giorni in rete, ma voglio riflettere sull'accaduto, da persona appassionata che si cibata del suo enorme bagaglio culturale, prima da studente ed ora da professionista. La visione dell'architettura di Bruno Zevi, una realt; a questa realt, l'insuperabile professore ci ha preparato e sostenuto con la pubblicazione, non solo de L'Architettura Cronache e Storia, ma con le molteplici pubblicazioni dei diversi testi per cui la verifica dell'applicazione delle sue metodologie interpretative, aiutava ad osservare quell'architettura in continua trasformazione.
La vita della rivista L'Architettura, era legata direttamente alla sua determinante e fondamentale figura critica, scomparsa questa, purtroppo, non doveva altro che verificarsi quello che poi lentamente successo. Corrisponde, infatti, alla visione concettuale aderente, secondo me, all'atteggiamento di Bruno Zevi.
E ora? Ne ho gi parlato in un altro scritto on-line Simulazione d'assenza di 4 o 5 anni fa, di questo gioco strano di accadimenti storici.
Il prof. Bruno Zevi ci ha accompagnato alla soglia di questo millennio, dichiarando la vittoria dellarchitettura moderna e contemporanea, indicandoci un orizzonte nuovo. Consapevole, gi, dal Manifesto di Modena, ha mostrato grande fiducia nelle possibilit espressive di una nuova stagione architettonica e, in uno degli ultimi suoi scritti risalenti al 22 settembre del 99, chiude con un riferimento storico, il cui valore trascina sconvolgendo quella che sembrava una conclusione e azzarda unipotesi futuribile, con un atteggiamento coerente testimone di una vita diversa, non in riga. Egli delinea, infatti, la sua grandezza culturale lanciando con autorevole compiacimento quella che, con parvenze poetiche, deve leggersi, secondo me, come una vera profezia. Vedere lontano, daltronde, anche oltre i propri limiti, sempre stata una caratteristica dei grandi personaggi. Lo scritto rivela: [...] va ricordato quanto diceva Leonardo sulla necessit di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo, delle nuvole, degli odori, dei tanfi, dei profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori dolci quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Adesso larchitettura attrezzata per captare tali valori. Ora dal manifesto di Modena vorrei ricordare quanto egli comunica all'assemblea nella conclusione: [...] Io sono felice perch so che, in qualsiasi momento, sentendomi mancare, posso rivolgermi a voi, dicendo: continua tu, tu, tu, tu. Grazie.
Eredi culturali diretti? Sono i suoi appassionati sostenitori. La libert dell'architettura vive dove esiste la dinamicit della ricerca e non dove ristagnano parole e teorie di dotte conventicole. E' vero che dalle nuove antenne possono arrivare vecchi messaggi, questo il rischio!
Ritengo che, per la sua visione, non certo la chiusura della rivista che lo avrebbe preoccupato, ma della tendenza del piangersi addosso, invece di scatenare altre battaglie per come l'architetturra o la figura dell'architetto viene trattata in Italia. L'Architettura Cronache e Storia, rinascer dalle sue ceneri? O forse no? Non sar certo la stessa che conosciamo!
I messaggi del prof. Zevi, sono sicuro viaggiano e viaggiano veloci. In questo momento non c' lui (purtroppo) e non c' la sua rivista. Quanti di noi hanno nella loro personale libreria, in uno scaffale o forse pi, i suoi testi, essi funzionano tutt'ora; se sono stati letti attentamente inizieranno a funzionare. Sono degli schemi strategici con piani di battaglia indicati, stato il suo messaggio per tanto tempo; un imperativo deciso dal tono declamante marinettiano, lo ricordiamo tutti; la battaglia continua, ci ha allenati al metodo di ricerca, a stare attenti alla lettura dei codici dei segni e alle interpretazioni veloci e tendenziose, ci ha addestrati per stanare la retorica e intrappolare la ripetizione ciclica di rigurgiti architettonici sterili travestiti da modernit. Il suo messaggio viaggia nelle menti di intere generazioni di architetti e appassionati sostenitori della sua coerenza intellettuale. Della rivista L'Architettura, penso che questa interruzione, sia la chiusura di una bellissima avventura di cui tutti noi possiamo solo raccontarne orgogliosamente le vicende. Risuscitandola sarebbe azzardato perch non avrebbe lo stesso impatto.
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1096
di marcello panzarella
del 24/02/2006
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Ugo Rosa su Kahn.
Un campo di battaglia differe
di
Marcello Panzarella
Certo, cos come quelle di Mies, anche le parole di Kahn rischiano di apparire assai spesso come oracoli. Quando gli architetti di una certa levatura scrivono, facilmente risultano inferiori alle capacit che mostrano da progettisti, e nellaffrontare i temi e i valori pi impegnativi rischiano il dilettantismo, e abbondano talora in retorica. Io per credo che le domande che un artista si pone in pubblico vadano ascoltate con molta attenzione, e che vada salvato il nucleo o centro significativo delle sue parole, dei suoi tentativi di rendere anche cos il senso della propria ricerca, e per rimanere agli autori di cui ci stiamo occupando mi pare che per entrambi Mies e Kahn questo significato sia molto chiaro, bench ovviamente tra i due non esattamente coincidente. Se poi, come nel caso di Ugo Rosa su Kahn, le parole dellartista aiutano linterpretazione non di se stesse, ma dellopera, ancora meglio. E dalla interpretazione di Ugo Rosa, per via pi intuitiva che teoretica, e con chiss quante gimkane tra le procedure sistematiche (che n io n lui sapremmo individuare) esce chiaramente il fatto che non solo Louis Kahn non era uno storicista, ma anche il motivo per cui non lo era, e sopra ogni altra cosa emerge il rilievo del fatto in s, con una serie di conseguenze. Non ha senso io credo che qualcuno possa rallegrarsi di una dimostrazione della sostanziale indipendenza di Louis Kahn dalla storia, se poi nasconde a se stesso o non riesce a scorgere il fatto pi rilevante, e cio che lo sguardo di Louis Kahn era orientato, proiettato costantemente, verso una destinazione o un fine a venire, un fine che certamente va attuandosi nella storia ma dalla storia indipendente, per come esattamente Louis Kahn vede e intende.
Mi fa sorridere invece che dalla normale parabola di un artista, in questo caso Mies, si possa desumere che il seme della sua decadenza si annidi proprio nelle sue convinzioni: a me di lui basta guardare la grandezza dellopera, e a quella guardo, cercando di capirne la bellezza (senza dimenticare tutto il resto che lopera deve possedere e a cui essa deve rispondere). Come no, anche a me piacciono le opere degli architetti delle Case Study Houses. Ci mancherebbe! Ma quali che possano essere state le miserie delluomo non mi spinger mai a negare, riversandolo tutto su questi ultimi, il valore dellopera del maestro da cui essi dipendono. Il fatto che io guardo con gli occhi dellarchitetto. E questi occhi sono attratti dalla bellezza, la cercano e si sforzano di raggiungerla, bench raramente riescano a trovarla nella propria opera. Dunque, naturale per larchitetto volere penetrare questo mistero, guardare lopera e cercare le parole o linsegnamento di chi riuscito prima di lui.
I want to remain in the shadow. Instead of writing about me, write about my books. Assess my books. That is enough. I am a worshipper of Indian culture and accordingly I believe that writing a man's biography is not conductive to his salvation. I believe so. This is not a show of modesty, it is the principle of my life.
Voglio rimanere nellombra. Invece di scrivere di me, scrivete dei miei libri. Giudicate questi. Tutto qui. Io sono fedele alla cultura dellIndia, e di conseguenza credo che scrivere la biografia di un uomo non porti alla sua salvezza. il mio credo. Non mi interessa apparire modesto, si tratta del fondamento della mia vita.
Non conoscevo fin adesso Ananda Kentish Coomaraswamy, ma queste sue parole mi suscitano un interesse vivo, e anche il desiderio di approfondirne il pensiero e lopera per cercare di comprendere, alla loro luce, i come e i perch di una spiritualit che ancora ignoro.
Ma leggo in Casabella il suo scritto sui musei, dove egli afferma:
Il significato univoco di ispirazione linflusso esercitato da una forza spirituale interiore; il dizionario Webster la definisce influenza divina soprannaturale. Pu darsi che lesperto, se un razionalista, preferisca negarne lesistenza, ma non potr esimersi dal notare che da Omero in poi il termine stato sempre impiegato in un senso preciso, lo stesso di Dante quando dice che Amore, ossia lo Spirito Santo, lo spira. E a quel modo / chei ditta dentro vo significando.
Ma forse anche Dante unanima in pena. E per, scontata lineleganza del ricorso a una espressione che, apparentemente leggera, tanto pi avvelenata dal retrogusto dellingiuria che cela e le ingiurie non sono notoriamente argomenti vediamo se a questa espressione possiamo invece dare un senso direttamente opposto a quello di un lamentevole o insopportabile pianto, e rileggiamo per questo Michelangelo:
Deh fammiti vedere in ogni loco!
Se da mortal bellezza arder mi sento,
appresso al tuo mi sar foco ispento,
e io nel tuo sar, comero, in foco.
Signor mie caro, i te sol chiamo e nvoco
contra linutil mie cieco tormento:
tu sol puo rinnovarmi f
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1095
di Anonimo
del 23/02/2006
relativo all'articolo
Zevi dispettoso
di
Paolo G.L. Ferrara
Un blog o un sito internet potrebbero funzionare. Penso però che, oltre alla mancanza di carrieristi disposti a mettersi in gioco in prima persona ed intervenire, in questi anni ci sia una grande ignoranza che impedisce (soprattutto ai giovani architetti) di avvicinarsi alla teoria architettonica che Zevi metteva al primo posto.
Forse il nostro paese è destinato ad avere solo grandi personalità che purtroppo rimangono isolate e non vengono capite ed apprezzate dalla massa.
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1094
di Beniamino Rocca
del 22/02/2006
relativo all'articolo
Zevi dispettoso
di
Paolo G.L. Ferrara
Bravo Paolo,
traspare un'energia costruttiva nel tuo intervento che, finalmente,
fa una sana e brutale chiarezza a proposito dell'annunciata chiusura della storica rivista di Bruno Zevi. Adesso credo sia pi facile per tutti noi ripartire. Gi, ripartire bisogna. E ripartire da Modena, chiamando a confronto i "contemporanei" e senza perdere tempo a cercare impossibili "eredi". Condivido ogni parola della tua analisi sull'impegno critico di Zevi, sulla "continuit " nel fare battaglie per la societ rivendicando l'architettura come impegno civile ed espressione compiuta della societ.
Ho una proposta, un p matta, da fare a te e a Sandro:
Perch Antithesi non si fa promotore di un incontro-convegno con i "contemporanei" (e qui penso ai Prestinenza, ai Saggio, ai Caramma, ai Genovese, ai Guido, ai Fadda, a Luca e Adachiara Zevi naturalmente, e a tanti altri zeviani ancora) ma anche con politici come Nicola Terracciano, segretario del Partito d'Azione Liberalsocialista, Emma Bonino e Pannella, associazioni come In-Arch, il Codiarch, e tutti coloro i quali hanno predisposizione al sogno, come Zevi ci ha insegnato?
Credo che da un simile incontro-convegno non dovrebbe essere difficile far nascere quel "... un foglio settimanale, a opuscoli, a strillonaggio stradale e a quantaltro che saprebbe forse innervare e dare una scossa a queste universit sclerotizzate, alla Darc, agli ordini professionali. Ripartire da Modena, da Zevi, per rivendicare un maggiore impegno etico-politico e civile gi nelle leggi di riforma di questa professione che nemmeno l'Europa riesce a migliorare e che vogliamo ancora credere "il mestiere pi bello del mondo".
Insomma, io credo davvero che i sogni siano sempre una buona ragione per vivere e non dobbiamo rinunciarci, mai.
Tutti i commenti di Beniamino Rocca
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1085
di Antonio Bellanova
del 11/02/2006
relativo all'articolo
Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Caro Rosa,
tra cinquantenni c' poco da dirsi...ci si capisce. Quante erre mosce abbiamo sentito eh? E quanti papillon, e quanti occhialini tondi, e quanti sigari toscani in bocca, e quante damazze (anche studentesse), e quanti esami di gruppo, e quante moquette negli studi dei professori, e quanti incarichi professionali a senso (politico) unico o quasi?
E quanta angoscia di chiedere i soldi ai committenti, e quanta rabbia nel vederseli rifiutati, e quanto finto buon viso nel rientrare a casa a sera con la rabbia causata dai clienti, dagli assessori e dai soldi mancati, e quanta illusione (vedrai che dai e dai...)? Si, andata cos. Oggi forse un sorriso ci viene strappato dai nostri vecchi disegni (quelli fatti con la matita e la china)...su quei disegni non vediamo piante e sezioni, non vediamo alzati e prospettive: vediamo un ragazzo di trentanni che non aveva capito niente, vediamo un giovane marito che avrebbe voluto rendere la propria moglie orgogliosa di lui (anche le nostre donne abbiamo trascinato con noi). Beh, pazienza, andata cos.
Un caro saluto.
Tutti i commenti di Antonio Bellanova
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1082
di Vulmaro Zoffi
del 09/02/2006
relativo all'articolo
L'orecchiabile esibizione di Botta alla Scala
di
Paolo G.L. Ferrara
Parliamoci chiaro e senza giri di parole fra memorie piermariniane torri sceniche e cavilli tecnici.
Quando nel mondo si cita il Teatro alla Scala si parla del suo Coro, della sua Orchestra e di Opera e Balletto.
Sono gli artisti il suo prestigio mondiale. Sono loro la Scala. La sua vera immagine internazionale. E penso al Corpo di Ballo: alla fatica delle ballerine, allo studio, al sudore e al sacrificio; alla sacralit di chi per l'arte sopporta quotidianamente il dolore, sorridendo, in punta di piedi. Si crede che un teatro sia il tempio della Musica e si crede che un grande teatro sia costruito per celebrare gli artisti che danno voce e forma alla Musica...
"Camerini piccoli, ballerini della Scala in sciopero. Dieci rappresentazioni cancellate. Il corpo di ballo della Scala incrocia gambe e braccia e fa saltare tutte le recite dell'Histoire di Manon in programma al Piermarini dal 10 ottobre in avanti. Problemi di spazi, di camerini e di spogliatoi. Troppo piccoli per ospitare gli 80 ballerini della Scala.[...]" (Corriere della Sera, Vivimilano, 29 settembre 2005). Sciopero fortunatamente revocato dopo qualche rassicurazione dell'incolpevole sovrintendente che ha promesso di adoperarsi alla soluzione dei problemi.
Sylvie Guillem (alla Scala ad ottobre 2005, ieri all'Arcimboldi), eletta toile dell'Opra di Parigi a soli 19 anni da Nureyev, ha rilasciato in questi giorni un'intervista: "[...]Che cosa pensa della nuova Scala? Che per gli artisti terribile. Si capisce subito che chi l'ha pensata non conosce il nostro lavoro. Ci sono solo due sale prove. Al piano del palcoscenico mancano i camerini perch sono stati adibiti a uffici. E' ridicolo. A Londra gli architetti vengono invitati a convivere con gli artisti per mesi.[...]" (Corriere della Sera, Vivimilano, 8 febbraio 2006).
Durante i febbrili lavori ai tempi dell'inaugurazione, in mezzo alle crescenti polemiche tecniche, gestionali, economico-finanziarie, qualcuno disse: ''bisogna accendere i riflettori e pensare che la Scala non solo dei milanesi o degli italiani, ma anche di tutti quelli che vi si recano da tutto il mondo''.
Gi. Si pensava a tutto e a "tutti". Ma non a Loro.
Ogni giorno, lontani dai riflettori, ottanta ragazzi - gli stessi che sorridono sul palco (quello almeno funziona) - sono costretti a faticare e lavorare in spazi ridotti, camerini angusti e disturbati dal suono dei confinanti ottoni. Reclusi da qui all'eternit del botticino, cos maledettamente resistente all'usura.
Non ci resta che sperare, fra qualche altro mese e qualche altra opera interna, che qualcuno riesca almeno a raffazzonare altro spazio in pi per Loro. Che qualcuno ponga definitivamente rimedio all'inadeguatezza delle soluzioni architettoniche; problemi che "non sono obiettivamente di pronta soluzione" (Lissner). S, perch anche gli orchestrali - in particolare una parte dei gi citati ottoni -, hanno lamentato le stesse carenze logistiche.
Questo - parliamoci chiaro - il disonorevole tributo di riconoscenza di certa "architettura" all'Arte.
Tutti i commenti di Vulmaro Zoffi
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1055
di Arch. davide pagliarini
del 05/02/2006
relativo all'articolo
Inevitabilmente l'architettura
di
Leandro Janni
Ho trovato l'articolo molto interessante per la sua immediatezza e profondit nel trattare temi che, oltrepassando le contingenze della storia, conducono l'architettura nella dimensione del tempo e della durata.
Sono molto lieto di segnalarle il progetto "new landscapes", invitandola a contattarmi per eventuali approfondimenti sul vostro e sul mio lavoro.
Grazie, Arch. Davide Pagliarini
www.newlandscapes.org
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1052
di arianna sdei
del 04/02/2006
relativo all'articolo
Inevitabilmente l'architettura
di
Leandro Janni
Sono profondamente colpita dal ritardo con cui l'Italia affronta il problema ambientale. La sintesi tra uomo ed ambiente e' proprio l'architettura. Non ci sono altre questioni da risolvere apparte quella ambientale. Non metterei ne' l'architettura, ne' tantomeno l'architetto su di un piedistallo. Siamo solo di aiuto a questo processo di sintesi che si e' fatto per secoli anche senza di noi. Credo che talvolta un po' meno teorie ed un po' piu' di pratica farebbe del bene a tutti.
Saluti dall'Inglilterra
Tutti i commenti di arianna sdei
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1029
di David Benedetti
del 01/02/2006
relativo all'articolo
Sulla eredit
di
Antonello Marotta
L'evento ricordato del lavoro dell'architetto Merone (di cui mi spiace non ricordare al volo le cose pubblicate, ma provveder al pi presto...) al quale Zevi dedic dieci pagine della rivista, e non era il primo n l'ultimo, non credo sia pi capitato ad alcuno dopo la morte di Bruno Zevi.
La redazione non riusciva nemmeno a dire un bel NO! Ci si accontentava dei noti, dei gi giudicati (bene, dal Maestro) dell'orbita della redazione. Meglio chiudere.
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1028
di Emanuela Villa
del 01/02/2006
relativo all'articolo
Acqua al mio mulino
di
Silvio Carta
Gentile Silvio Carta,
mi ritengo facente parte del club dei ragazzini (e ragazzine!) che, pur avendo da sempre avuto le idee chiare, sono incappati nellequivoco di Ingegneria Edile-Architettura. Con la sola differenza che ho avuto la fortuna di avere degli insegnanti che, capito come funzionava la sottoscritta, hanno saputo ascoltarmi e consigliarmi con il cuore in mano. Ed ora mi ritrovo a studiare Architettura al Politecnico, a studiare qualcosa che mi appassiona veramente, e ad avere gli occhi che brillano. E poco importa se la professione che ho intrapreso non sar rose e fiori, sono preparata a ci che mi aspetta!
Intanto ammiro gli ingegneri come mai prima, proprio perch mi sono resa conto dei bocconi che ingoiano e della difficolt vera del loro studio!
Sono convinta, per, che non sia del tutto persa la speranza per chi, a differenza mia, ha continuato gli studi ingegneristici: anche nella razionalit dellingegnere c posto per lArte, limportante non lasciare sopire del tutto la fiammella della passione, e coltivarla, e darle spazio.
Cari Saluti.
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1025
di Beatrice Valle
del 24/01/2006
relativo all'articolo
La banda degli onesti
di
Paolo G.L. Ferrara
Intendiamoci, sono d'accordo con lei. Solo un dubbio.
Come dovrebbero fare gli assistenti e i neo-laureati che aspirano al ruolo di docente (nel senso etimologico del termine: colui che docet, insegna) ad accumulare l'esperienza che permetter loro di trasmutare in professoroni, come la crisalide che sboccia in farfalla? Cio, in che altro modo si pu fare esperienza d'insegnamento se non a spese di noi poveri studentelli (purtroppo... ma ci si immola anche, per la causa).
In fondo anche i tirocinanti di medicina e chirurgia a voler ben guardare, mettono le mani dove non dovrebbero. Ma se speriamo che "nascano imparati" stiamo freschi! E quando gli illustri baroni degli Atenei avranno lasciato ormai i loro altissimi scranni per un naturale limite fisico insito nella natura umana (chiamato decesso...) chi metteremmo in cattedra?!
Badi, non una critica. Se potesse darmi una soluzione le sarei veramente grata e mi convertirei alla sua setta.
Con (sincera) simpatia,
Beatrice
Tutti i commenti di Beatrice Valle
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24/1/2006 - Paolo gl Ferrara risponde a Beatrice Valle
Gli assistenti ed i neo laureati non hanno alcuna licenza di fare esperienza sulla pelle degli studenti. In realtà, credo che il sistema di arruolamento dovrebbe prevedere un test che possa mettere in risalto quantomeno la preparazione di base. Successivamente, il docente titolare dovrebbe controllare che l'assistente non svolga di sua iniziativa revisioni e, soprattutto, esami. Chissà quante volte vi è capitato di lamentarvi degli assistenti, ma chissà perchè non vi ribellate mai: non dovete avere paura, perchè l'università siete voi e senza di voi non ci sarebbero neanche i professori. Il più è che abbiate la consapevolezza che l'unica arma per combattere l'impreparazione della docenza...è la vostra preparazione. Studiare per sè: questo è fondamentale.
Un caro saluto
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1024
di Antonino Saggio
del 24/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Caro Luca e Caro Sandro,
innanzitutto vi ringrazio di avere affrontato il problema della chiusura dell'Architettura. Nei momenti difficili ci si conosce veramente e, soprattutto , le crisi si debbono affrontare. Perch, se no, ci saremmo misurati con l'insegnamento di Bruno Zevi?
La risposta di Luca equilibrata e rincuorante. Non parte della sua personalit serbare rancore per una opione francamente espressa. Lo sapevo e ci contavo.
Continuiamo a confrontarci. Magari viene fuori una idea moderna.
A presto e mi auguro che altri seguiranno
Antonino Saggio
Tutti i commenti di Antonino Saggio
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1022
di Beatrice Valle
del 23/01/2006
relativo all'articolo
Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Bene! Adesso posso proprio abbandonare tutte le (poche) rosee speranze che mi ero fatta iscrivendomi alla Facolt di Architettura! Se anche lei, dopo 25 anni di onorato servizio (credo... non la conosco personalmene) mi dice che la vita dell'Architetto fondamentalmente come la scala di un pollaio (cio corta e piena di m****), devo proprio arrendermi e ammettere che avevano ragione insegnanti e genitori nelle loro fosche previsioni sul mio futuro (per non parlare degli amici ingegneri...), e non avevano torto a fare quelli che la sanno lunga.
Restano due cose a consolarmi: l'incrollabile passione per quello che studio e progetto (o almeno ci provo...), che nessuno mi potr levare, a meno di strapparmi gli occhi stessi. E il buon vecchio proverbio: mal comune...
Beatrice
PS.: Da poco conosco questo sito, segnalatomi da un'amica e mia collega, ma ci tengo a farle i complimenti per il suo umorismo, la sua ironia e i suoi salaci commenti, sempre azzeccatissimi. Un balsamo per noi poveri studentelli supersfruttati dal satanico Politecnico!
La ringrazio. Per la mente provata dalle lunghe notti insonni passate davanti allo schermo del computer la rilettura delle sue belle sfuriate ci d la giusta carica. Funziona meglio del caff!
Tutti i commenti di Beatrice Valle
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1020
di Luca Zevi
del 23/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Caro Sandro,
facendo seguito alla tua cortese sollecitazione, intervengo velocemente sui commenti alla notizia della chiusura delle pubblicazioni della rivista Larchitettura.
Anzitutto ringrazio Roberto Vallenzasca e Phil Pippins per laffettuosa partecipazione ai destini della rivista
Nel rispondere alle tue domande, ho cercato di individuare le ragioni della decisione di sospendere le pubblicazioni, collocandole allinterno di una crisi culturale e di ruolo che, a mio avviso, non investe soltanto la nostra rivista ma tutte le testate, storiche e non, di architettura. Un argomento sul quale interviene efficacemente anche Alessio Lenzarini.
Su queste ragioni, rivolte al presente e al futuro, mi sembrerebbe utile un confronto con tutti coloro che hanno collaborato alla rivista o ne hanno seguito il percorso.
Lintervento di Antonino Saggio invece rivolto ai sei anni trascorsi dalla scomparsa del fondatore e direttore della rivista. La valutazione sulle scelte culturali operate dai titolari della testata e dalla redazione in questo periodo, oggetto del suo intervento, pu essere certo oggetto di un confronto approfondito, che mi pare esuli per dallambito del veloce scambio di commenti in corso. Desidero soltanto precisare che, come sempre, tali scelte, certo discutibili, sono state assunte in assoluta indipendenza e, soprattutto, senza alcuna volont di escludere aprioristicamente alcuno, men che meno amici di vecchia data come Nino, con il quale sono in corso proficui rapporti di collaborazione nellambito della Fondazione Bruno Zevi e della collana di libri Universale di Architettura da lui citata.
Condivido il giudizio di Nino sul ruolo della Mancosu Editore, che in questi sei anni ha sostenuto in ogni modo la rivista e merita pertanto il plauso e la gratitudine di tutti noi.
Luca
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1023
di Beatrice Valle
del 23/01/2006
relativo all'articolo
Coppe e medaglie: a Cesare quel che di Cesare
di
Ugo Rosa
Ma sbaglio o il signor Bianchi non ha capito un accidente di niente?
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1018
di Francesca Provantini
del 19/01/2006
relativo all'articolo
Elezioni Ordine di Milano: protesta del CoDiArch
di
la Redazione
Sono un'architetto e conosco bene la situazione all'interno dell'ordine di Milano e a livello nazionale.
la situazione critica e difficile, occorre fare in modo che nel prossimo futuro lo stato in cui versa il mondo dell'architettura e del mondo del lavoro in Italia cambi e molto in fretta se non vogliamo retrocedere sempre di pi rispetto agli altri paesi europei e non; e se non vogliamo abbandonare il nostro paese nelle mani dei nostri colleghi europei, pi avvantaggiati.
complimenti a chi, come il collega Giovanni loi, il CO.DI.ARCH. e la rivista su cui sto scrivendo, si batte da anni per smuovere le coscienze degli architetti un po' troppo sonnacchiose, e per ottenere risultati concreti.
credo che noi architetti dobbiamo smetterla di sentirci impotenti e con questa scusa non fare mai niente al di l del nostro piccolo interesse personale.
basta con tutte quelle scuse che impediscono ad ognuno di noi di credere che la realt possa cambiare, semplicemente per il fatto che costituita da noi stessi.
....a proposito di questo:
"Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi e' infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porter
al raggiungimento
di una splendida felicita'."
Pablo Neruda
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1017
di Alessio Lenzarini
del 18/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Proseguo, sperando di non annoiare, la conversazione a distanza con Vallenzasca. Lungi da me, mi auguro che fosse chiaro, inneggiare plaudente alle logiche di mercato in quanto tali, figuriamoci poi alle ricadute culturali che causano. Io parlavo infatti di 'qualit della domanda' come fattore determinante la qualit dell'offerta e ne parlavo in merito al mondo dell'architettura, che si potrebbe supporre, forse ingenuamente, pi esigente e preparato rispetto al passivo e supino mondo del pubblico televisivo. E intendevo suggerire che forse, prima di prendercela con gli editori, il cui mestiere rimane comunque quello di vendere copie, potremmo fare perlomeno una bella disamina sui lettori di riviste d'architettura. Io sinceramente di editoria non mi intendo affatto e non ho mai vissuto dall'interno il settore delle riviste di architettura: parlo esclusivamente da lettore e da architetto. E faccio un ragionamento banale banale: per la sopravvivenza di una rivista non si pu prescindere dalle entrate pubblicitarie; la pubblicit sulle riviste di architettura credo sia principalmente finalizzata agli addetti ai lavori (pi che al privato che talvolta si trovi a sfogliare una rivista di settore perch deve arredare o ristrutturare casa); sono prevalentemente gli addetti ai lavori che comprano le riviste e che quindi ne determinano la tiratura, il successo commerciale e la conseguente appetibilit pubblicitaria; una qualche responsabilit nell'innalzamento o nell'abbassamento del valore culturale delle riviste, pertanto, noi architetti ce l'avremo. Visitando il sito di Mondadori, ho appreso che VilleGiardini vende il doppio delle copie di Casabella. Probabilmente, qualche ricca signora in sfregola di casa al mare andr in edicola a comprare VilleGiardini, ma non credo che questo basti a giustificare il doppio delle copie di Casabella. Siamo seri: la tiratura delle riviste pu essere un buon criterio di valutazione dello spessore culturale degli architetti italiani. E il dato di fatto che ci troviamo davanti (lo dico anche e soprattutto per esperienza quotidiana) che in gran parte gli architetti (per non parlare dei cugini geometri e ingegneri) si sentono letteralmente 'estranei' sia all'architettura 'alta' (diffusamente avvertita come un giochino elitario di antipatiche 'archistar' superpagate) sia tantopi al dibattito puro (diffusamente avvertito come una futile masturbazione mentale di critici oziosi) e preferiscono leggere riviste in cui (tragicamente) possono riconoscersi, perch vi trovano pubblicati progetti vicini al loro mondo professionale e al loro gusto, progetti di semplice edilizia qualitativa da cui eventualmente rubare qualche spunto. Questa una realt culturale da cui non si pu prescindere se si parla di storiche testate che chiudono o che versano in stato di difficolt e devono pi o meno prostituirsi per sopravvivere. Il fatto che l'editoria cavalchi tale realt, mi sembra fin troppo normale, mentre ritengo molto pi preoccupanti tutti quei fattori (lungo elenco, in cui non oso inoltrarmi) che hanno determinato un livello culturale cos basso per la categoria cui appartengo. E il tutto, ovviamente, senza entrare nel merito critico delle scelte editorial-culturali di questa o quella storica rivista d'architettura nella sua gestione attuale.
buona giornata a tutti
Alessio Lenzarini
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1015
di Roberto Vallenzasca
del 17/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Cara Antithesi,
solo due precisazioni per Lenzarini:
a) Parlando di D della Repubblica, non mi riferivo a DCasa, un vergognoso marchettone, ma all'originale D Donna o come diavolo si chiama: vi appaiono commenti significativi sulle arti di autori che sanno di cosa parlano, da Brandolini in su
b) L'audience per l'architettura non solo quella degli architetti italiani, notoriamente sempre fintamente alla canna del gas, ma quella molto pi ampia di un pubblico colto e curioso, che vi assicuro ancora esiste: e a tirare fuori le leggi di mercato si finisce invece a giustificare quella vera merda (scusate l'espressione) che diventata la televisione italiana: certo, diamo alla gente quello che vuole... replay dei calciatori che si sputano in faccia, stupri in metropolitana, omicidi in famiglia, la vandea clericale all'assalto dei diritti delle donne, il Grande Fratello, Fox Crime, schizzi di sangue fino al soffitto: perfino Striscia e le Veline in confronto sembrano i Dialoghi di Platone.
Ecco , tra la merda e il risotto (come si dice a Milano), ci sar pure una decente via di mezzo.
Quanto ad Antonino Saggio, che personalmente mi sta molto simpatico, gli ricordo che il suo un perfetto esempio di Nomen est Omen: quindi fa bene a togliersi dalla scarpa il sassolone degli Zevi Bros, per non c' bisogno di fare vedere tutte le mostrine e le medaglie guadagnate sul campi di battaglia della stitica editoria italiana d'architettura. Se i figli di Zevi sono degli incapaci, prenda Saggio accordi onorevoli con gli sconfitti e rilanci lui la rivista con i suoi editori buoni, Marsilio in testa.
Giuro sulla mia collezione dell'Architettura di Zevi (sr) e Pedo, che almeno il primo numero lo comprer.
Saluti affettuosi,
Roberto
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1014
di Antonino Saggio
del 17/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Caro Lazier,
in dei giorni dolorosi per Lei chiude anche l'Architettura. Questo il mio punto di vista:
L'editore, con cui non ho rapporti che non affatto il mio editore, anzi per molti versi entra in concorrenza con i miei, ha fatto, secondo me, tutto, il suo. Ha finanziato la rivista, ha aperto una redazione, l'ha ospitata nei suoi uffici, ha messo sotto contratto alcuni dei precedenti collaboratori, ha fatto veramente il possibile. E questo l'ha fatto per circa sei anni dopo la morte di Zevi e almeno un paio prima. Dieci e Lode, secondo me.
Luca e Adachiara Zevi che detengono la propriet della testata e che potevano scegliere un editore qualsiasi o pubblicare loro stessi la rivista hanno impostato malissimo la questione sin dall'inizio.
- Innanzitutto potevano essere loro i direttori assumendosi in pieno tutto l'onere, la fatica e le responsabilit. Se non se la sentivano singolarmente o in coppia potevano allora nominare uno degli studiosi vicini all'aria zeviana. Non c'era solo il sottoscritto, di valido!
- Invece hanno fatto una scelta assurda. Hanno preso un giornalista, bravo occupatissimo e di chiara fama, cio Furio Colombo e l'hanno messo a fare il direttore di una rivista di Architettura. La prossima volta a Colombo faremo progettare un ponte, disegnare il nostro appartamento o la scuola dei nostri figli. Tanto l'architettura, come sanno benissimo tutti in Italia, mica una cosa specifica: un hobby.
- Poi hanno affiancato al direttore un comitato eterogeneo di professionisti in qualche modo "amici" di Zevi. Ognuno con una propria agenda, cio un proprio scopo. Si sa, ma bene ricordarlo. Se si vuole ammazzare un'iniziativa culturale si faccia un Comitato! La cultura capacit d'orientamento. Come si fa a segnare una rotta in dieci?
- Il risultato stato il caos pi totale, la cui ciliegina stata che alcuni tra i membri amici di Zevi del comitato hanno portato dentro la rivista studiosi di tutt'altra storia culturale, per cui allibiti, e come se niente fosse, ci si trovati dentro la pi decisa rivista di tendenza italiana, letture critiche e storiche, apprezzamenti e giudizi di opposta natura. Il tutto, e questo il bello, come se nulla fosse.
- Anche i pi affezionati tra i vecchi lettori prestissimo hanno capito l'andazzo. L'architettura stata per anni una barca alla deriva.
Dico queste cose con amarezza e con un orgoglio allo stesso tempo. Mai sono stato coinvolto in nulla della nuova L'Architettura, mentre della vecchia avr scritto almeno un cento pagine tra articoli e saggi. Essere stato ostracizzato, "bloccare Saggio", la parola d'ordine di Ada e Luca per anni!, mi ha creato amarezza e dispiacere anche perch sapevo, molti sapevano, che vi era invece un vero gruppo di pressione perch questo non avvenisse. Ma chi se ne importa dell'amarezza e veniamo all'orgoglio. Alla morte di Zevi sono riuscito a tenere duro nella direzione degli "Architetti" e della "Rivoluzione Informatica". Qui l'editore Testo&Immagine; per la verit ha tenuto fermo sul mio nome evitando le furiocolombate a lui ovviamente e coerentemente con gli altri capitoli della storia, suggerite.
Non solo ho portato a termine 41 libri come curatore dopo la morte di Zevi ma sono riuscito a rifondare dopo la drammatica chiusura di Testo&Immagine; sia gli Architetti (con l'editore Marsilio dentro la sacro santa denominazione Universale di Architettura fondata da Bruno Zevi) sia la Rivoluzione Informatica con lo splendido editore EdilStampa.
Mia figlia sta leggendo Robinson Crusoe: w le isole di cultura viva.
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1013
di Alessio Lenzarini
del 16/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Rifacendomi all'intervento di Vallenzasca, concordo pienamente con l'analisi del circolo vizioso pubblicitario che mantiene in vita le riviste di architettura, ma dissento altrettanto pienamente dalle conclusioni tratte. Certo, sarebbe bello, in tutti i campi e non solo nel nostro, avere editori coraggiosi e appassionati mossi da qualche interesse di divulgazione culturale e non solo dal farsi la barca nuova... per alla fine dei conti ognuno fa il suo mestiere: se gli architetti italiani, cui la pubblicit finalizzata, preferiscono leggere una rivistina ultra-generalista come Dcasa della Repubblica piuttosto che Domus o l'ArchitetturaC&S;, forse vorr dire che qualche problemino ce l'abbiamo all'interno della categoria... personalmente, Dcasa la sfoglio con piacere quando vado a prendere i ravioli al vapore in rosticceria cinese, ma non mi era mai sembrato un prodotto che potesse rivestire qualche interesse per gli addetti ai lavori...
A parte l'esempio di Dcasa, voglio semplicemente dire che forse gli architetti italiani, cos come per molte altre questioni, hanno alla fin fine le riviste che si meritano: anche la qualit della domanda una legge di mercato.
buona giornata a tutti
Alessio Lenzarini
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1012
di Roberto Vallenzasca
del 16/01/2006
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L'Architettura Cronache e Storia chiude.
Le ra
di
Sandro Lazier
Caro Lazier,
la notizia della chiusura della rivista di Zevi (Sr./Jr.) sconvolgente ma non imprevista.
Sono destinate a sparire tutte le riviste specializzate di architettura (o di design) - quelle italiane con pi fragore, per il loro passato glorioso (quelle buone, ovvio) - finch non si interrompe il circolo vizioso del meccanismo pubblicitario.
Le aziende produttrici vogliono far vedere la loro pubblicit agli architetti, l'editore - barando un po' con le cifre sulle tirature - fa credere alle aziende che gli architetti vedano la loro pubblicit sulla sua rivista, le aziende danno la pubblicit alla rivista, su cui la vedono gli architetti... et voila: l'editore intasca soldi, si fa la barca nuova e i direttori di riviste possono continuare a mantenere la loro puzza sotto il naso e i loro conflitti d'interessi. Ma anche tutto questo, in uno scenario mediatico stravolto in soli dieci anni, tra Internet, televisione, cd-rom, DVD, cellulari multimediali, etc., sta andando in crisi.
Perch altrimenti un qualsiasi buon settimanale come D della Repubblica pu tranquillamente sostituire Domus - tanto per dirne una che ancora sta traballante in piedi - nel comunicare l'essenziale di architettura, arte e design? Semplice: perch ormai l'audience interessata ad architettura, arti e mestieri centuplicata, cos come i contatti pubblicitari di D della Repubblica... E un'azienda che deve far vedere la pubblicit dei suoi maledetti parquet, perch dovrebbe dare a Domus per tre mesi l'equivalente di quello che da a D per un anno?
E non serve, come fa Boeri, fare il verso nei contenuti al Telegiornale, a National Geographic , a Focus (diretta da suo fratello), l'Espresso, o D delle Donne: che tanto arriver sempre prima sulla notizia global/choc, mentre le riflessioni di Domus sulle catastrofi naturali /artificiali dopo due mesi dalla notizia gi puzzano di muffa.
Figuriamoci una rivista raffinata, caparbia e un po' antiquata come L'Architettura Cronache e Storia...
Cosa fa, si mette a parlare del blocco degli sfratti?
L'unica via d'uscita che tirino fuori le palle gli editori di mestiere, sempre che ne esista ancora la razza. Uno di loro rilevi la testata e dia modo a Zevi jr. e un altro gruppetto di coraggiosi di continuare il lavoro iniziato da Zevi sr., informando e discutendo di architettura, e non di costume.
Benedikt Taschen, che ha cominciato vendendo fumetti porno, riuscito - e riesce - con i libri a divulgare l'architettura contemporanea, in tutto il mondo.
Possibile che non ci riesca, almeno in Italia, almeno con una rivista, uno dei cento editori italiani?
Cari saluti.
Roberto Vallenzasca
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Commento
1011
di phil pippins
del 09/01/2006
relativo all'articolo
L'Architettura Conache e Storia chiude.
Le rag
di
Sandro Lazier
AHI... lo sapevo, ma leggere che proprio vero fa troppo male!...
Mi sembra una vero e proprio tradimento alle parole fiduciose di Bruno Zevi "continua tu, tu, tu..."
Le lotte nn sono finite... ANZI: quante "architetture" plasticose, di tendenza che nulla hanno di decostruttivismo vengono spacciate x tali??? chi difende il vero decostruttivismo dalla cialtroneria imperante, dalla dannosa "moda", dalla "nefasta" accademia??? quanti archi-star continuano a calare dall'alto i loro progetti, arroganti della loro firma senza prendersi la briga di conoscerne fino in fondo il contesto e le sue esigenze intrinseche??? chi difende dalla castrazione il povero studente che vuol diventare architetto senza esser portato per mano fino alla laurea??? etc.... mi fermo qui.
xch nn continuate voi di AntiThesi la battaglia di Zevi??? lo so che avete subito risposto al suo appello sul web, ma forse ora c' da combattere x nn far chiudere la sua rivista!
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Commento
1010
di Leandro Janni
del 07/01/2006
relativo all'articolo
Ri-costruire nei centri storici
di
Vulmaro Zoffi
Il principio della "conservazione integrata" del centro storico e l'urbanistica che sostiene un dinamismo architettonico della citt che coinvolge, senza peraltro distruggerlo - il centro storico - tendono a rispecchiare, anche senza rendersene conto, il senso autentico del dinamismo fondamentale del nostro tempo. Che pu veramente allontanarsi dal passato, solo se continua a guardarne il volto e sentirne il respiro.
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Commento 1530 di gaetano giuliano
del 29/12/2006
relativo all'articolo Addio a Pasquale Culotta
di Marcello Panzarella
Il prof. Culotta ha rappresentato molto per la mia formazione professionale.
Mi sono laureato a Venezia e lui stato il mio correlatore.
Ricordo con tenerezza e commozione la sua disponibilit ad incontrarmi e ad aprirmi la sua casa.
Non dimentichero' mai la sua passione per questo mestiere.
Mi mancher molto prof. Culotta
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