Contemporaneit della Tradizione:
contro qualsiasi 'Vema'.
Parte 1
di Paolo G.L. Ferrara
- 21/9/2006
Siamo stati spesso condizionati dal pensare che la ricerca della tradizione debba essere legata a filo doppio con la storia dei luoghi, cos come essa si fermata al momento dellavvento della modernit.
Questo status non certo il migliore per potere stimolare nei progettisti il desiderio di interagire con il significato profondo delle tradizioni e riuscire cos a traslarlo nella contemporaneit. La Biennale di Venezia in corso, denunciando la paura del confronto con i significati pi profondi dellera contemporanea, ha riproposto senza mezzi termini il ritorno a pretestuose certezze a cui fare riferimento per evitare di addentrarsi nella complessit della realt in cui viviamo. E questo un fardello insopportabile per chi crede fermamente che larchitettura sia lo specchio dei tempi, con tutti i suoi errori e le contraddizioni inevitabili e che, consapevole di ci, non crede tuttavia che si possa minimamente concepire una citt ideale quale quella proposta da Franco Purini (a cui pare che il fallimento urbanistico/architettonico di Gibellina non abbia insegnato nulla): che Vema sia il punto di riferimento del futuro per la citt anacronistico e assolutamente autocelebrativo.
Un fardello insopportabile e inutile dal quale liberarsi per porsi in una posizione di privilegio culturale, tale da consentire al progettista di non doversi trovare nella situazione di dovere forzatamente aderire ai condizionamenti delle tradizioni stesse.
Parlo di condizionamenti perch tali essi sono, ovvero paure ancestrali di distaccarsi dalle tradizioni dei luoghi e scadere cos nella globalizzazione architettonica degli stessi, snaturandoli. Vero che tale condizione deriva dagli scempi paesaggistici e culturali dovuti alla speculazione edilizia sospinta dallanacronismo dei PRG, attraverso i quali essa ha proliferato senza tenere conto di alcun tipo di relazione con il significato vero e profondo delle tradizioni, ovvero il loro essere in continuo mutamento, ma non di certo una scusa di validit culturale tale da costringerci allabbandono delle armi.
Il pi sapere interpretare il contemporaneo significato di tradizione: la tradizione mutamento dovuto e supportato dalle innovazioni che gli uomini hanno saputo rendere elemento che non cancellasse il passato ma che lo rendesse partecipe del futuro.
Un tale modo dintendere la tradizione nel suo rapporto con larchitettura stato spesso frainteso, svilendosi nella ripresa di elementi tipologici e particolari o nelluso dei materiali, che altro non erano che riduzione (spesso sgrammaticata) di testi notevoli.
La tradizione non deve dunque essere limite alla volont espressiva degli architetti contemporanei, bens realt da rendere verit.
Questa apparentemente contorta disquisizione pu essere pi chiara spiegando la mia personale lettura di due opere recenti di due giovani architetti, differenti certamente, ma che, in misura uguale, ci danno dimostrazione dei significati di ci che pu essere tradizione contemporanea.
Luigi Pellegrino con Gianfranco Gianfriddo a Buccheri (Sicilia) e Giovanni Vaccarini a Giulianova (Abbruzo) hanno operato in luoghi diversi e di diverso contesto, dimostrando come si possa instaurare un rapporto contemporaneo con la tradizione e lo si possa fare allinterno del tessuto gi costruito e realmente vivo, con tutte le sue contraddizioni e incongruenze, ma al di l di ogni utopico sogno di cittadelle pianificate a priori. Per ragioni legate alla vastit dellargomento, divider questo articolo in tre parti, iniziando con il lavoro di Pellegrino e Gianfriddo. La seconda parte (che pubblicher successivamente) sar dedicata a Vaccarini e, per finire, con la terza parte si cercher di capire i nessi tra i progettisti ed i significati di contemporaneit della tradizione.
Luigi Pellegrino, Gianfranco Gianfriddo. Casa Fallisi a Buccheri (SR)
Buccheri (SR) il classico paese che rappresenta limmaginario collettivo della antica Sicilia economicamente basata sullagricoltura e la pastorizia, quella stessa immagine che legata ai campirei e ai gabelloti. Una Sicilia che tale era sino a 50 anni fa, ove la masseria era il centro delleconomia. Paradossalmente, il territorio era la citt e il paese era -n pi e n meno- il dormitorio, quello stesso che oggi identifichiamo con le periferie delle nostre citt.
La ricerca degli architetti si fonda sul baglio quale elemento strettamente legato al modus vivendi della gente di Sicilia, ma attenzione, non certo per richiamarne una nostalgica riproposizione alquanto anacronistica. Larchitetto comprende i significati della masseria quale elemento ordinatore del territorio e, come mi suggerisce Domenico Caloria, ne pone le basi quale esempio/monito rispetto la mancanza di contenuti dell'odierna pianificazione: e infatti, la casa/baglio Fallisi posta nella zona di sviluppo urbano di Buccheri, ove si sono perse le organicit spaziali tipiche dellagglomerato antico.
Ma qui sta il punto: storicamente il baglio si colloca in un territorio che non necessita di controllare perch la solidit del feudo, strutturata sulla base delle regole Borboniche e, poi, dell'Italia monarchica, non temeva alcun tipo di sottrazione ai nobili che ne erano proprietari (in verit, il processo di sottrazione ai proprietari feudatari avverr proprio dallinterno dei bagli stessi da parte dei campirei e dei gabelloti, ovvero quelli che possono essere considerati i mafiosi in nuce. Un film di Pietro Germi, "In nome della Legge" -1949-, sintetizza perfettamente il tutto).
Che ci fa allora un baglio allinterno di un tessuto urbanisticamente nato secondo i dettami della moderna pianificazione? Questo interrogativo, se svelato, pu essere la chiave di volta per leggere i significati dellopera di Pellegrino e Gianfriddo, al di l di quelli prettamente linguistici.
La risposta nel progetto stesso che essi ci propongono, che "baglio" non perch non lo pu essere: cambiando i contenuti del rapporto tra baglio e territorio che esso controllava, muta totalmente la necessaria condizione della sua stessa esistenza. Nasce la villa urbana che si lega alla tradizione del modus vivendi del luogo ma che si colloca in un contesto fatto di costruzioni concettualmente e funzionalmente lontane dalla tipica immagine che abbiamo dellarchitettura siciliana.
Francesco Cellini afferma che le case di Pellegrino e Gianfriddo, lungi dallessere ...prototipi astratti o autereferenti: si inseriscono invece organicamente nel loro specifico paesaggio storico ed antropico, o, meglio, lo costruiscono perch gli appartengono. Se ci vero per altre opere dei due architetti, non lo per Casa-Baglio Fallisi, visto e considerato che, come gli stessi progettisti ci dicono, il lotto su cui insiste la casa si trova in una di quelle tipiche lottizzazioni periferiche a bassa densit i cosiddetti quartieri residenziali che devastando la struttura rurale extra-moenia non sono capaci di riproporre alcuna nuova idea insediativa.
Indubbiamente, il rapporto tra le abitazioni unifamiliari del contesto e la villa urbana di Pellegrino e Gianfriddo basato sulla netta volont di negazione delle prime da parte della seconda, il che significa tracciare un percorso che si ricolleghi alla tradizione, che non per un percorso lineare, netto, preciso. Una tale posizione sfocerebbe in niente altro che nella retorica della tradizione, non certo nella sua affermazione quale elemento base della contemporaneit, che si pu individuare nella assoluta volont di negazione del contesto in cui si colloca. Dunque, pi che rispetto al richiamo tipologico, la tradizione che gli architetti ricercano sta nellaffermare i valori etici insiti nella vita che nei bagli si svolgeva, ma sempre e comunque relazionata al contesto assolutamente a loro necessario in cui si collocavano: le terre, intese quali veri e propri territori che segnavano i confini dellestensione della vita degli abitanti dei bagli. Lunit di vicinato tipica dei bagli la naturale conseguenza del lavoro degli architetti: persa quella che aveva la sua massima espressione allinterno della corte dei bagli, fatta dai rapporti tra diversi nuclei familiari, Pellegrino e Gianfriddo la ricreano allinterno della loro architettura, nonostante essa sia destinata ad una sola famiglia. Ma una famiglia che apre la propria casa per accogliere quei rapporti umani tipici dei bagli. La corte e la casa non subiscono soluzione di continuit: interagiscono attraverso la grande apertura che lascia amalgamare la zona soggiorno con, appunto, la corte, ovvero il simbolo del radicamento al sito inteso non certo quale contesto dellagglomerato urbano di cui sopra.
Tanto ci vero che quello che dovrebbe essere lingresso funzionale alla casa viene posto al di fuori dellambito perimetrale della corte stessa, quasi nascosto. Di pi: nonostante ci sia la assoluta volont da parte dei progettisti di chiudersi rispetto il contesto del luogo, non un caso che il cancello dingresso apra la sua prospettiva direttamente sulla corte, assolutamente percettibile dallesterno dellambito perimetrale del lotto.
Ma se la corte visibile, non lo la grande apertura del soggiorno: essa si relaziona direttamente con la corte, ancora una volta cos come lo era nei bagli- elemento di mediazione tra territorio e abitazione privata.
La corte infatti innegabile simbolo di spazio comune, sulla quale affacciavano le abitazioni dei contadini del baglio tradizionale, abitazioni che per erano comunque simbolo di privacy, dunque difficilmente visibili al loro interno dalla corte stessa. Adesso, svincolandosi dal contesto attraverso una recinzione che ci vuole, la volont di riproporre la vita di aggregazione ribalta la tipologia dellarchitettura: labitazione aperta a chi si aggrega nella corte ed questo ribaltare i rapporti tra le parti rispetto alle nuove condizioni della pianificazione del territorio legate al mutamento della struttura socio-economica della citt- il modo pi consono per rendere contemporanea la "tradizione". Resta per palpabile il concetto di privacy se ci riferiamo alla disposizione delle camere da letto, ciascuna di esse posta sulla corte secondo una scansione regolare e nettamente separate tra di loro da setti murari scanditi dalle finestre che affacciano sulla corte stessa ma che vengono diaframmate da frangi sole a tutta altezza che ne schermano totalmente la vista dalla corte.
In conclusione, tanto quanto lo il tentare di dare un'etichetta "stlisitica" a questa architettura, inutile cercare nei materiali e nella loro combinazione qualsivoglia effimero elemento di riferimento ai bagli: la riduzione semantica del linguaggio tipico dei bagli il solo mezzo attraverso il quale si esplica larchitettura di Casa Fallisi, atteggiamento coerente rispetto il significato che gli architetti danno alla tradizione a cui si riconducono.
Fine 1^ parte
(Paolo G.L. Ferrara
- 21/9/2006)
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Commento 1417 di David Benedetti del 23/09/2006
Seguo lla costruzione dell'opera di Vaccarini a Giulianova ogni estate perch vado l in vacanza e mangio spesso in Piazza Martiri della Libert., di fronte al suo ultimo cantiere. Ma Giulianova Abbruzzo Abbruzzo Abbruzzo... e si vede nel bene e nel male.
Attendo il seguito.
A presto
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23/9/2006 - Paolo gl Ferrara risponde a David Benedetti
...ha ragione...
Commento 1440 di Domenico Cogliandro del 19/10/2006
Caro Ferrara, lei mi conosce. Nonostante i nostri rapporti non sono pi come quelli di una volta, vorrei contribuire alla riflessione da lei iniziata proponendole un testo, sulla casa Baglio-Fallisi, scritto due anni or sono su una testata diversa dalla sua, a cui faccio riferimento con il link http://www.parametro.it/architettando14.htm
Tutti i commenti di Domenico Cogliandro
19/10/2006 - Paolo gl Ferrara risponde a Domenico Cogliandro
Sono felice di pubblicare il link al tuo articolo, come sempre interessante.
Rapporti cambiati? forse in meglio, no? Gli screzi servono per crescere e conoscersi un pò di più, adattandovi il rapporto. Ti abbarccio
Commento 1454 di Guidu Antonietti del 09/11/2006
Chers Domenico et Paolo Gl en vous lisant je devine une polmique qui semble parler de vos diffrents ! Et ce si beau titre - Contemporaneit della Tradizione - me fait penser une opposition Nord / Sud , le Nord pour Paolo Gl et le Sud pour Domenico !
On est toujours au Nord dun Sud , moi qui suis au Nord de la Mditerrane je suis au Sud de lEurope ! Cette problmatique est fort ancienne dans le Mouvement Moderne et notre cher Corbusier ny chappait pas non plus !
Lisez ceci : Croisade, ou le crpuscule des Acadmies
LE CORBUSIER, NORD CONTRE SUD
http://www.aroots.org/notebook/article151.html
Et vous serez peut-tre daccord entre vous et avec moi aussi !
Tradition ou contemporanit ? LArchitecture, la vraie, dpasse de mon point de vue ce clivage ! Je vis Aix en Provence qui aujourdhui prtend se rfrer la tradition ( une injure en fait, au regard de lultra contemporanit de ce qu tait cette ville baroque rvolutionnaire au 18 sicle ) alors que rien de contemporain ne sy droule actuellement ( si , un bien trange projet de Gregotti, il a bientt 80 ans ) ! ( Un peu comme Rome , avec lAria Pacis de Meier dont vous avez longuement parl dans vos colonnes )
Nous les Architectes sommes un peu querelleurs, surtout quand nos contemporains nous opposent nos traditions ! Faire de lArchitecture cest forcement inventer , et inventer sans connatre, voire respecter la tradition cest comme dbarquer chez les papous en jouant le Requiem de Mozart , cela ne les fait pas pleurer mais rire !
Allez basta avec votre querelle qui nen est pas ! Tous deux vous tes passionns dArchitecture, merci de continuer de l tre et pardon pour ce texte en franais que vos autres amis italiens et lecteurs-contributeurs de antithesi ne comprendront peut tre pas bien ! Sauf si ce cher Sandro acceptait den faire une traduction .
Je vous embrasse aussi tous .
Guidu Antonietti di Cinarca
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Commento 1475 di Domenico Cogliandro del 21/11/2006
Rispondo a Guidu, e ringrazio Paolo dell'ospitalit. Quello che dici vero: siamo appassionati dell'architettura, e lo siamo al punto da non venire capiti e, spesso, da non riuscire a capirci noi stessi. Paolo uno che ancora, a dispetto del tempo che inganna e non ritorna, studia tanto, legge molto e riprende i testi, soprattutto zeviani, che lo hanno formato, per dare spessore alla critica e alle sfumature. Io sono un dilettante di molte cose e per questo motivo, per non sfigurare, tendo a dare il massimo accanto a quelli che le cose le sanno. Un paio d'anni fa non ci siamo capiti o, meglio, non mi sono capito rivolgendomi a Paolo e lui mi ha risposto a modo suo, non rispondendomi o, se vuoi, rispondendomi talmente tanto da non volermi dire pi nulla per un sacco di tempo. Il tempo fa la sua parte, e noi la nostra.
"Non invento niente. Faccio subito questa dichiarazione perch gi immagino i sorrisi solerti o diffidenti di quelle persone per le quali l'inconsueto sempre sinonimo di menzogna. Questa povera gente non sa che il mondo pieno di cose e di momenti straordinari. Non li vede, perch il mondo le appare come coperto di cenere, corroso da uno smorto verderame, popolato di figure che usano gli stessi vestiti e parlano allo stesso modo, con gesti ripetuti su gesti gi fatti da altri esseri scomparsi. E' gente per la quale forse non c' rimedio, ma a cui dobbiamo continuare a dire che il mondo e quanto contiene non quel poco che essa crede."
Mi sono fatto aiutare da Jos Saramago. Insisto da anni in questa direzione, fino allo sfinimento e, spesso, non percorrendo la strada con avvedutezza o andando nella direzione tracciata. Sono fatto cos, Guidu, Paolo, siamo fatti cos, mi prendo la libert di dire. Ho preso, per questo motivo, le delusioni pi cocenti ma, anche, per lo stesso motivo, qualche soddisfazione sopra le righe. Non si tratta pi dell'architettura, del Nord e del Sud, della critica o della satira, ma della vita. Adesso sto a Palermo e faccio un lavoro che non avrei accettato in passato. Mi sta stretto, se volete, ma insisto e penso che anche nel luogo in cui mi trovo possibile cambiare qualcosa, poco magari, per lasciare una traccia ad altri, migliori di me, che la potranno sviluppare in futuro. Tutto qui.
Tutti i commenti di Domenico Cogliandro
Commento 1489 di Guidu Antonietti del 30/11/2006
Grazie molto caro Domenico per la tua risposta !
Ecco un poema per te e per tutti gli altri inamorati dellArchitettura, la vera ( qualle ? )
E scusa per il francese !
LA COLONNE DECHUE ____
Jai fait un rve :
Malparte Capri
Sous un ciel clair,
Veut habiter sur un promontoire.
Il me dcrit son programme :
Un arbre,
Une statue,
Une colonne dchue,
Une mtaphysique de lespace bascul,
Une victoire de lapesanteur,
Une dfaite de limmobilisme...
Est-ce une Architecture mditerranenne rationaliste lyrique
Quil ma commande ?
Con amicizia fraterna
Guidu ___
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Commento 5499 di Sebastian Di Guardo del 16/08/2007
Al di l del semplicissimo fatto che ritengo non sia opportuno parlare di "soluzione migliore in assoluto", e che la presenza di una pianta sarebbe stata utile per meglio capire come si relazionano i volumi tra loro e con il sistema degli accessi, andando al progetto commentato nell'articolo ritengo che siano stati individuati degli elementi importanti quale il riuso del sistema-corte in chiave moderna. Da ci che posso comprendere, la corte sembra quasi la matrice di sviluppo di un'abitazione che ricerca elementi di appartenenza con un territorio scempiato. Il suo riutilizzo legato a mio modo di vedere al sistema di connessione tra la corte stessa e l'interno, un sistema avulso dalla semplice tradizione, e di certo ben organizzato intorno al discorso funzionale della casa e della conseguente insolazione diurna, Per questo avrei gradito una planimetria. ad ogni modo il senso di stasi, di calma che pervade l'immagine del progetto tale, che non si pu non pensare alle masseria, come le conosciamo noi: pervasa da un senso strano di nostalgia per una vita che ormai possiamo solo mitizzare, i cui migliori aspetti mi sembrano ben reinterpretati dal progetto.
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