Lottare disegnando. Disegnare scrivendo.
Qualche riga per i giovani Architetti
di Marco Maria Sambo
- 3/8/2006
E si faccia vivo solo se ha deciso di lottare, senza la certezza di
riuscire a vincere
(Bruno Zevi - da "Zevi
dispettoso" di Paolo G. L. Ferrara - antiThesi 17-2-2006)
Immagino la voce forte, viva, dura ed esaltante di Bruno Zevi mentre pronuncia
queste parole attraverso la sua scrittura.
Lottare, per un Architetto, vuol dire passare una vita sognando un mondo diverso.
Attraverso scenari invisibili e citt mai costruite. Vuol dire prendere
una penna e scrivere ci che ancora solo un ricordo della nostra
mente. Fissare sulla carta istanti di immaginazione. Sognare e scrivere. Scrivere
e disegnare.
Purtroppo il mondo di fate bisogna guadagnarselo con
una lotta dura, aspra, che accetta ripensamenti ma non permette, mai, di rinunciare
al combattimento.
Fissare un colore sulla tavola di un concorso significa lottare per affermare
una idea. Scrivere unidea vuol dire prendere una posizione. Prendere
posizione il presupposto di qualsiasi combattimento. E dunque una domanda
salta subito fuori, naturalmente: vale la pena, per un Architetto, di combattere
come facevano i grandi maestri del passato? Vale la pena di costruire pian piano
un pensiero che cerchi una qualche coerenza nel suo cammino, dallo spazio privato
della mente al luogo pubblico della scrittura? Vale la pena, cio, di
dare corpo ed unione a diversi punti di vista per creare una filosofia
della creativit come facevano le grandi firme del passato? Un tempo,
difatti, si lottava per affermare il movimento organico, il
purismo, il razionalismo, lespressionismo
Un tempo gli Architetti si riunivano nei Caff e parlavano con gli scrittori,
i pittori, gli artisti. Oggi, invece, la nostra vita sembra muoversi attraverso
labirinti contorti fatti di capitolati, computi metrici,
elenco prezzi. E, senza nulla togliere a questi meccanismi che
consentono allArchitettura di divenire spazio costruito, ci sembra comunque
doveroso recuperare uno sano spirito di lotta. Un combattimento leale che porti
ogni giovane Architetto a sognare ancora un proprio mondo fatato, immaginando
una citt invisibile, scrivendo lo spazio immaginario, modificando la
realt con la forza delle proprie idee, senza la certezza di riuscire
ad affermare il proprio pensiero. Ma lottando, lottando sempre per non ridurre
questo meraviglioso mondo chiamato Architettura ad un effimero gioco di soldi
e speculazione.
(Marco Maria Sambo
- 3/8/2006)
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Commento 1360 di christofer giusti del 12/08/2006
Ringrazio l'autore per questo commento e antithesi per averlo pubblicato.
Tutti i commenti di christofer giusti
Commento 1361 di Vilma Torselli del 13/08/2006
Forse quel meraviglioso mondo chiamato Architettura sempre stato un gioco di soldi e speculazione, papi, principi, ricchi mercanti non necessariamente illuminati e poi banchieri, industriali e mafiosi ci hanno lasciato il mondo di chiese, palazzi, vie, quartieri e centri commerciali nel quale, pi o meno bene, abitiamo, ignorando le lotte che gli architetti che ci hanno preceduto, anche questi non sempre illuminati, hanno combattuto per costruirlo e lasciarcelo in eredit.
E vero, non ci sono pi i Caff di una volta, nei quali gli architetti si radunavano per parlare con scrittori pittori, artisti, oggi c il villaggio globale in cui ognuno entra e esce senza chiedere il permesso, dice ci che vuole, posta unopinione che nessuno legger, o lo far qualcuno allaltro capo del mondo, di unaltra lingua e di unaltra civilt. Le identit sbiadiscono, lappartenenza non ha significato, la cultura massificata ed omologata di un mondo dove tutto alla portata di tutti si appiattita in linguaggi senza peculiarit, generalisti e perci sommamente democratici, i movimenti oggi si costruiscono a tavolino, basta stipendiare un critico, comprare qualche giornalista, affittare una sede prestigiosa, inventarsi un premio, sono aperti, globali, oggi un architetto di Canicatt pu, senza muoversi dal suo studio, partecipare ad un concorso per un museo in Nuova Zelanda, e vincerlo pure!
E tutto ci non significa qualunquismo, ma globalizzazione, le parole di Zevi sono lontane anni luce, larchitetto vincente oggi non un lottatore, ma un mediatore, che sa superare un suo personale background culturale, una sua idea del mondo fatato in cui la realt si piega alla forza delle sue idee, per captare e catturare senza preconcetti i segnali del mondo reale, anche se lontano da una sua immaginata citt invisibile, rinunciando, mediando, compromettendo, elaborando, ibridando, progettando un mondo certamente non perfetto, ma tuttavia il migliore dei mondi possibili.
Tutti i commenti di Vilma Torselli
Commento 1374 di lilly greemens del 18/08/2006
Ho deciso di intervenire dopo dure "lotte" con me stessa... ma nn riesco!!!
Continue lamentele, continui richiami ai bei tempi, continui alibi x giustificarsi... risultato? apatia, rassegnazione, rimpianti...
L'architetto=lottatore o architetto=mediatore... ma smettiamola!!!...
L'architetto architetto e,come sempre stato, nn una figura cos comune e nn certo pari a 122.000 iscritti presenti in Italia... no, l'universit ha fallito il suo compito ormai da troppi decenni, laurendo troppe persone, studiose s, ma nn architetti... che si fregiano di questo titolo non essendolo nella loro vera essenza... questo il vero dramma, colluso da troppa, abissale ignoranza di cosa sia l'architettura veramente...
Il mestiere del vero architetto un mestiere umile, fatto s di sogni (il progetto nasce come tale nella sua testa), ma nn di fate... servono x realizzarlo molta umilt, molta collaborazione, molta fatica fianco a fianco con gli operai, con gli artigiani, con i committenti x spiegare al meglio e tradurre in concretezza il suo sogno, che deve cmq essere sempre fattivo, realizzabile, concreto... altrimenti nn stiamo parlando di architettura.
Lottare x arrivare a questo???... certo.
Mediare x arrivare a questo???... certo.
Ma nn basta... bisogna saper vedere l'architettura!!!!
Zevi nn lontano anni luce, ma + che mai attuale.
Tutti i commenti di lilly greemens
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