Da Benevolo alla politica. Riflessioni sulla Bienalle Ve a Palermo.
di Domenico Cogliandro
- 20/10/2006
Mitterand ha dichiarato nel 1981 che dalla riuscita della sua architettura si giudica una civilt; e Jack Lang nel 1982: Larchitettura non lespressione di una societ, come si dice sovente, ma quella dei poteri che la dirigono. Forse i nostri politici pensano ancora che larchitettura consista in un certo numero di monumenti, il cui valore dipende dallabilit degli artisti disponibili, e non nella capacit di controllo complessivo delle trasformazioni fisiche di cui essi sono globalmente responsabili. Fra i fini della politica non hanno mai collocato, come il presidente francese, il senso della bellezza. Ma nel futuro tutti aspettiamo proprio questo, scusate se cito Benevolo, ma la questione non da poco.
Il primo appuntamento pubblico con lapertura della Biennale a Palermo si consumata in uno spazio allestito alluopo dallAutorit portuale. Il parterre era di primo piano e non star qui a indicare chi cera e chi non cera, per due motivi: uno ha a che fare con luditorio, laltro con il palchetto dei relatori. Il fatto che non sono palermitano, e non conosco praticamente nessuno, non mi consente di dichiarare chi fosse presente in sala a rappresentare la citt, le istituzioni, le sovrintendenze, eccetera; posso per dire che, al contrario di quanto solitamente avviene nei consessi seminariali, cera pi gente dentro, tra i presenti, che fuori dalla porta dingresso, e questo depone, se non altro, a favore dellorganizzazione, da una parte, e della citt, nel suo complesso, dallaltro. Ho ascoltato con attenzione, poi, gli interventi di Rinio Bruttomesso, responsabile di Biennale a Palermo, e del preside della Facolt di Architettura Nicola Giuliano Leone.
Due letture che indicano una direzione. Bruttomesso ha detto che una politica seria per una citt non dura lo spazio di una legislatura e poi, alleventuale cambio di direzione, tutto limpianto progettuale si stravolge per ricominciare daccapo con altri soggetti e altri progetti. Parole sante. In Francia, giusto per dare un esempio virtuoso, esiste la figura dellinspecteur (mi pare si chiami cos, ma importa il concetto) che responsabile assoluto, quasi (esagero) fino alla morte o, comunque, per un lasso di tempo talmente ampio che non coincide con il cambio di legislatura, di un determinato monumento: ne quasi il proprietario o, meglio, il custode assoluto con licenza di fare ricerche, studi, indagini di ogni genere, restauri (che vanno approvati), manifestazioni, seminari, etc. con lesito di valorizzare e, eventualmente, rimettere nel gioco economico e culturale, il bene concesso.
Questo signore , ovviamente, un esperto del settore, non un funzionario generico; uno che ha scritto cosa specialistiche, che ha un curriculum appropriato, che non deve, necessariamente, essere iscritto ad un partito, o ad unassociazione di settore, per essere riconosciuto come quello che pu avere la curatela dellopera. Anni fa ho conosciuto monsieur Taupin, che era il responsabile della chiesa gotica di Beauvais a cui aveva dedicato anima e corpo e per la quale stava approntando, nel 1993, un sistema di protezione statica dei costoloni procurando in prima persona, di concerto con il pubblico e alcune aziende private, i finanziamenti per rendere operativo il suo progetto. Chiaro lesempio? Chi si occupa dello sviluppo di una questione deve avere il potere di potersene occupare in virt della sua competenza specifica, e per un tempo di quindici o venti anni, altrimenti nessuno vedr un fico secco di idee e progetti che nel tempo verranno sviluppati per una o talaltra area.
Il prof. Leone ha non solo confermato limpianto ma ha sottolineato che le citt, se studiate bene, denunciano spesso una struttura organizzativa molto semplice, che va condotta a compimento con la realizzazione di sovrastrutture adeguate al migliore uso degli spazi pubblici. Palermo, in tal senso, va letta storicamente in funzione della sua struttura viaria (non solo stradale, ma anche ferroviaria), da cui si renderanno evidenti (salto le spiegazioni) i motivi del degrado di Brancaccio o, allopposto, del supervalore di Via Libert, e della formazione, non uniforme, di centri, borghi quartieri, aree che sono, in un certo senso, mondi a se stanti che contengono, astraendosi dalla citt, bellezze e degradi ancora quasi interamente da esplorare. Il valore delle citt dipende quindi sia dalla loro storia e dalla capacit di comprenderne la struttura sia dalla maniera in cui tali citt si mostrano poli di altre vie, altri commerci, altre connessioni tutte da immaginare. Linvito rivolto alluditorio, di tecnici ed esperti, stato quello di rivolgere lo sguardo verso il Maghreb pensando la pianura fluida del Mediterraneo come un territorio i cui sentieri vanno ancora esplorati, e le cui strade tracciate in funzione di una sinergia tra valore della domanda e qualit dellofferta.
Attenzione quindi alle parole di Benevolo. Rileggetele alla luce di quanto ho appena scritto. C scritto che una bella citt non necessariamente una citt che contiene un certo numero di opere firmate; c scritto che va puntato il dito sulla distanza, in direzione di un obbiettivo a lungo termine che non pu solo essere dirompente quanto, piuttosto, calibrato ai luoghi (ognuno vale in quanto tale, lo ha detto Bruttomesso, e spesso copiare i modelli, tipo Barcellona, non porta alcun vantaggio) e ai ruoli che essi hanno assolto nel tempo. Ma, soprattutto, bisogna individuare una vera politica. Le parole hanno un peso importante. Purtroppo questa stata declinata e coniugata in talmente tante versioni che ne abbiamo perso il peso specifico. Forse andrebbe riletto Aristotele quando scrive: Poich vediamo che ogni poleis una comunit e ogni comunit si costituisce in vista di un bene (perch proprio in grazia di quel che pare bene tutti compiono tutto) evidente che tutte tendano a un bene, e particolarmente al bene pi importante tra tutti quella che di tutti la pi importante e tutte le altre comprende: questa la cosiddetta poleis, e cio la comunit politica.
(Domenico Cogliandro
- 20/10/2006)
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Commento 1501 di flavio Casgnola del 07/12/2006
La biennale a Palermo da "leggersi" non solo come tappa di un percorso culturale finalmente aperto alla periferia, ma anche e, forse, soprattutto, come riconoscimento a questa Citt, di uno sforzo notevole e significativo nella direzione di una crescita importante e senza precedenti, almeno recenti, sul piano sia culturale in generale, sia estetico specifico delle tematiche del fare architettura.
Per troppi anni la Citt ha vissuto in una sorta di medioevo post-bellico dove il concetto stesso dArchitettura non solo non trovava uno spazio fisico ma finanche, quello stesso spazio veniva invaso sino alla saturazione da oggetti di edilizia privi danima e storia che, come tali, hanno finito col omogeneizzare quasi lintero paesaggio urbano.
Non sappiamo se oggi sia troppo tardi, di certo per il tentativo di rileggere la Citt, e corregerla, attraverso lArchitettura di qualit, testimonia oltre allAmore rinato di molti dei suoi Cittadini, anche la sensibilit, in tal senso, dei propri Amministratori.
Ritengo quindi che tutte le iniziative che vanno in questa direzione siano non solo auspicabili ma, nel caso Palermo, urgenti ed indifferibili.
Quanto poi al pensare questa Citt, per dirla come descrive Domenico Cogliandro commentando levento, come rivoltaverso il Maghreb pensando la pianura fluida del Mediterraneo come un territorio i cui sentieri vanno ancora esplorati, e le cui strade tracciate in funzione di una sinergia tra valore della domanda e qualit dellofferta, appartiene appunto al dibattito finalmente avviato e, in tal senso, meriterebbe un serio approfondimento in una sede adeguata e non certo nellambito di un commento veloce, tuttavia ritengo opportuno evidenziare che Palermo per sua natura rappresenta una Citt-Ponte, aperta quindi da sempre alle contaminazioni culturali dei nostri vicini mediterranei, tuttavia non pu rinunciare al suo ruolo storico di Citt Europea, pena la perdita definitiva di una sua connotazione specifica e irrinunciabile che da Federico II alla BellEpoque lha spesso vista protagonista della scena Continentale.
Arch. Flavio Casgnola
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