Il professore protesta
di Ugo Rosa
- 21/9/2005

![]() Paolo Bonolis |
Il re era tosato; ora gli andava larga la corona e gli piegava un po le orecchie cui a tratti giungeva lo strepito odioso dei ceffi affamati. Sedeva, per darsi un po di caldo, sulla sua mano destra, arcigno, col suo culo pesante. E, lo sentiva, non era pi lui: del padrone ben poco rimaneva, e lamplesso era fiacco. Rainer Maria Rilke Il sonno della ragione genera mostri. Il suo pisolino professori darchitettura. Il sottoscritto |
Una volta, durante uno spettacolo di variet di successo nel quale si confrontavano vaste categorie umane tra loro frontalmente contrapposte (per esempio: colti vs ignoranti grassi vs magri e, nel caso di cui vorrei dire, cornuti vs cornificatori) Paolo Bonolis, il tenutario della trasmissione, poneva domande di cultura generale ad un individuo che se ne stava ammollo dentro un cilindro di plexiglas, con la maschera da sommozzatore, le mutande a righe e una canottiera con sopra scritto cornuto.
Lei lo esortava amabilmente dovr, come rappresentante eletto tra i cornuti, rispondere a questa domanda: qual era il vero nome del pittore conosciuto come Caravaggio?
E quello, cornuto di cultura, rispose, pensate, quasi esattamente (Merici anzich Merisi, errore veniale, in verit, anche per un cornuto in smoking, figuriamoci per un cornuto in mutande). Di questinattesa epifania di cultura televisiva hanno potuto beneficiare milioni di italiani (alcuni dei quali perfino pi ignoranti del sottoscritto). Essa testimonia dellefficacia della televisione come strumento di divulgazione culturale e fa riflettere sulla necessit di una modernizzazione nei metodi dellinsegnamento. Se a scuola la professoressa di Storia dellarte avesse fatto lezione in guepiere e frustino portandosi al guinzaglio il marito in costumino borchiato e cappuccio di cuoio chi di noi non saprebbe, oggi, disquisire con profondit e propriet di termini su Piero Della Francesca e Paolo Uccello?
Se, daltra parte, il professore di filosofia si fosse degnato di venirci a spiegare Leibniz in vivace contraddittorio polemico (lancio di stoviglie, sputi e improperi) con sua moglie chi di noi, oggi, non avrebbe scritto un saggio risolutivo sulla monadologia?
La verit che siamo vittime di una concezione della cultura seriosa e antiquata.
Speriamo che la signora Moratti (che telespettatrice attenta o non si acconcerebbe come si acconcia) sappia tradurre tutto questo in concreto ammodernamento: una collezione di vibratori in dotazione alla bidella? Le tette di Mascia del grande fratello al posto della tavola periodica? Il merolone al posto del mappamondo sulla cattedra del professore di geografia? Non saprei. Proviamo. Se son rose fioriranno.
Intanto, per, i professori gi danno positivi segnali di vitalit. I professori darchitettura, che tra tutti (lasciatemelo dire con legittimo orgoglio) sono i pi eleganti e alla moda, gi hanno preso il loro posto in prima fila.
Vogliono divertire e divertirsi, com giusto, senza per questo rinunciare ad insegnare.
Cos questanno accademico hanno deciso di cominciarlo allinsegna del buonumore: con una bella letterina anzitempo a Babbo Natale.
Si tratta di un notevole frutto del temperamento italico ed io vorrei che la si diffondesse in tutte le scuole della nostra bellissima repubblica (o quello che ): lo studente potrebbe anzi impararla a memoria e ripeterla allesaminatore presentandosi con il libretto in una mano, la trombetta elastica nellaltra e un naso finto.
Ad ogni virgola si fermerebbe a soffiare nella trombetta. Sarebbe un bel modo di prepararsi alla professione darchitetto per come si va configurando. Un modo divertente e perfettamente adeguato.
Visto che loro, i professori, si sono divertiti a scriverla io pure mi sono divertito a leggerla: che volete, si fa quel che si pu. Loro pubblicano, seminarizzano, insegnano, conferiscono, si riuniscono, giudicano, concorrono. Io, quando posso, leggo.
Larchitettura italiana attraversa una situazione drammatica. Comincia cos la missiva. Senza mezzi termini. Non si pu dire che non si afferri il toro per le corna.
Do unocchiata al calendario: settembre, lanno il 2005.
Controllo di nuovo: settembre, 2005.
MI faccio i conti con le dita. Cazzo, ci ho cinquantanni. Uno se lo scorda, sono cose che succedono. Ma il calendario l apposta. Tu guardi e ti ricordi. Che faccio io nella vita? Larchitetto. Ho fatto altri mestieri? No. Sempre larchitetto ho fatto (finta di fare). Ci fu, vero, un periodo che suonavo la chitarra, ma non credo che conti, in questa sede. A questi cinquantanni ne togliamo una met: per svezzamento, infanzia, adolescenza, universit e cazzeggiamento. Ne restano pur sempre venticinque. Venticinque anni, dunque, che bazzico lambiente. Ma questa, che io ricordi, la prima volta che 35 professori assurgono in coro a difesa dellarchitettura in Italia. Non dico, per carit, che ciascuno di loro non lha, nellintimit del suo cuore, difesa sempre e che non la difender in eterno. Non mi permetterei mai. Ma questa la prima volta che le loro voci risuonano come una sola con questo tono dolente e preoccupato. Sta qui la magistrale comicit del gesto. Questi professori sapevano benissimo che, con tutta la buona volont, nessuno avrebbe potuto prenderli sul serio, ma (ecco da cosa si riconosce il magister) hanno ugualmente sottoscritto.
Ecco, io mi ricordo (vedete?gi mi viene da ridere) insommami ricordo che me ne andavo alluniversit fischiettando Fire and Rain di James Taylor e il professore cominciava la sua lezione comunicandoci che la situazione dellarchitettura in Italia era drammatica e che di fare gli architetti ce lo potevamo scordare. Ricordo una mitica lezione di un noto professore e gestore di rivista (allora come oggisempre la stessa rivista per trentanni): Senta, lei ricco di famiglia? No sono povero in canna E allora perch cazzo si messo in testa di fare larchitetto?.
Cos controllo di nuovo il calendario. 2005, settembre. Mi rifaccio i conti ricorrendo al pallottoliere dismesso di mio figlio. E cos per davveroio ci ho cinquantanni, siamo nel 2005, e ai tempi di Fire and Rain ne avevo venti.
Erano i tempi in cui Paolo Portoghesi gestiva Controspazio.
Dopo qualche annetto ero un giovane architetto italiano (ma gi avevo questa faccia da skinhead attempato alla quale mi attengo tuttora per timore che me ne tocchi una ancora peggiore).
Nellisola in cui vivo ( e non soloma io ero qui e di questo parlo) a quel tempo, sembrava ci fossero fermenti interessanti e talenti mica male: in perfetta concomitanza (anzi, forse perfino in anticipo) rispetto a quei fermenti ed a quei talenti che, portati in palma di mano dalle riviste giuste, avrebbero poi costituito quella che sarebbe diventata celebre come Scuola portoghese. Le riviste italiane e molti dei professori che oggi piangono amaramente sul dramma dellarchitettura italiana se ne sono allegramente infischiati. Come biasimarli? Allora caracollavano in serpa alle loro splendide riviste, organizzavano le loro bellissime bi e triennali e decidevano loro come gestire le cattedre, le pubblicazioni, i convegni, i seminari. Hanno dedicato a quei fermenti qualche santina (tre o quattro francobolli di due centimetri per tre su Casabella, qualcosina da qualche altra parte) e un paio di amabili paternali cui seguiva una pacca sulle spalle e lesortazione a studiare ancora perch, occorre capirlo bene, Ars longa. Solo un banalissimo, episodio, che per fa capire com stata gestita la cultura architettonica in Italia. Da allora sono passati altri ventanni. Certo erano bei tempi, per qualcuno. Gregotti, ogni mese dalla sua Casabella ci regalava un editoriale che nessuno leggeva (e chi sarebbe stato talmente eroico da farlo?) ma che tutti citavano e, noblesse oblige, polemizzava con Portoghesi che, per parte sua, aveva tirato fuori dal cilindro la storia come amica e scriveva libri con il cuore in mano: tra una polemica e laltra ambedue costruivano tutto quello che cera da costruire e organizzavano tutto quello che cera da organizzare. Erano bei tempima, soprattutto, niente letterine: non ce nera bisogno, ci si divertiva diversamente. Babbo Natale il carbone non lo portava mica a loro. Per quelli come me, invece, la situazione era esattamente come quella attuale, ed rimasta tale e quale nel corso degli anni novanta e dei primi anni del millennio. La nostalgia perci, in questo campo, roba per ricchi. Io non me la posso permettere. Siamo passati, giusto per restare al fischio, da James Taylor , a Sting e gi fino a Michael Buble; mentre altrove si accudivano i nuovi talenti e li si metteva alla prova qui non s mossa foglia: ma che minchia dovremmo rimpiangere?
Concorsi? Neanche a parlarne (e anche se si fanno si sa chi deve vincere, tanto che preferisco, e di gran lunga, le giurie costituite dal sindaco e dal capo ufficio tecnico a quelle in cui c anche uno solo di questi professionisti della firma, perch, allora, state certi che non c speranza).
Incarichi? Non scherziamo con le cose serie.
Ora, settembre 2005, questa fioritura di firme.
Molti tra i firmatari sono o sono stati professori e presidi di importanti facolt universitarie italiane. Doverano? Che facevano? Perch non hanno cominciato per tempo a scrivere le letterine?
No, niente letterine fino ad oggi. Per trentanni, evidentemente, tutto andato benone.
Per i venticinque anni che mi competono sono stati solo cazzi miei e di quelli come me. Mai che fossero anche cazzi loro. E oggi, porco cane, ecco invece il professor Gregotti che sinalbera, ecco il professor Portoghesi che sindigna, ecco perfino un giovanottone, anche lui professore, figlio di pap ma ancora quarantenne (con la rivista gi incorporata da quando ne aveva trenta) che si toglie la scarpa e la sbatte sul tavolino. Pure a lui manca il torrone nella calza. Da non crederci. Se mi avessero detto che avrei avuto lonore di averli al fianco nelle barricate non ci avrei mica creduto. Perci, visto che loro non lo fanno, mi dimetto io e mi levo lelmetto. Firmate pure, divertitevi, io mando i miei saluti a tutti voi. In particolare a qualche vecchio conoscente di cui leggo la firma in calce a quella lettera. Non se la prenda se gli dico francamente che, per me, avrebbe fatto bene a non firmarla. Leggendola non si pu non avere la netta impressione che si stia semplicemente tirando acqua al proprio mulino e che lo si faccia, per di pi, senza neppure quel poco di stile che si richiedeva agli accademici di vecchio stampo.
E anche se, come credo, non lo fa in mala fede la sensazione sgradevole permane: vuol dire che senza volerlo, con la sua carit pelosa, sta prendendo per il culo se stesso, la sua generazione, me, la mia generazione e, in ultimo quelle nuove generazioni tirate in ballo perch buone a tutti gli usi e, soprattutto, ottime come carne da macello quando c da fare i furbi.
Ragion per cui ringrazio e, cordialmente, rispedisco al mittente: che gli incarichi se li fottano Gregotti, Portoghesi e Casamonti oppure Fuksas, Libeskind e la Hadid, per me, ve lo assicuro, non cambia assolutamente nulla. Anzi, francamente, sospetto non cambi nulla nemmeno per quella cosa che questi professori si ostinano a chiamare la tradizione dellarchitettura italiana identificandola, del tutto inopinatamente, con se stessi.
(Ugo Rosa - 21/9/2005)
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Commento 954 di Giovanni Bartolozzi del 21/09/2005
Ringrazio Ugo Rosa per aver sollevato l'attenzione sull'appello pubblicato dal Corriere della Sera, e per averlo fatto con la sincerit di chi ha vissuto venticinque anni di professione.
Ringrazio anche Diego Caramma per l'interessante e condivisa nota scritta la scorsa settimana.
Credo che si sfiori il paradosso. Anche se il contenuto dell'appello non dovrebbe stupire, considerando che i firmatari sono i relatori (e gli organizzatori) dei convegni fiorentini sulla "Identit dell'architettura Italiana".
Commento 956 di Michele Simeone del 21/09/2005
Egregio signore,
un gran bel commento uscito dal suo pensar.
A loro per il tempo passa nel corpo e non nel lor pensar.
Nell'et avanzata lo studiar e il dibatter con se stessi, dovrebbe esser la vita migliore e non dar retta alle chiacchere dei mortal.
Lor per hanno mortal cervelli.
Grazie
Commento 958 di Marco Caciagli del 22/09/2005
Ringrazio Ugo Rosa. Non c' da aggiungere molto. Sono d'accordo!e mi riempie di soddisfazione che qualcuno lo dica. Ribadisco solo che a lui come a me e molti altri non cambia niente. E' tutto molto divertente....?! se penso poi a come me la passo...e al fatto che nonostante il lavoro in nero, i pochi soldi guadagnati male, tutto il giorno davanti al pc a disegnare per uno dei tanti mafiosi, riesco ad avere lo stesso (la sera a casa) la voglia di continuare a fare concorsi (pochi, quelli forse che non contano niente) e peggio ancora, a crederci! grazie.
Commento 959 di Vito Corte del 22/09/2005
Al solito Ugo ricama con raffinato e leggiadro pizzo letterario una veste gi di suo importante e preziosa.
Andando al sodo del problema, l'argomento dell'"appello dei 35" senza dubbio meritevole di dibattito: ma purtroppo la circostanza a me risulta perfettamente in linea con tutto quanto sta succedendo nel nostro Paese.
La presa di distanza del documento settembrino da quel modo di concepire il rapporto tra architettura e citt, tra didattica e ricerca, tra tradizione e innovazione, e che stato proprio degli ultimi propagandistici anni in questa nostra Italia senza che nessuno di fatto abbia sollevato concrete obiezioni fino a quel momento (mentre si continuava liberamente a becchettare il mangime ancora residuo nelle aie milanesi cos come in quelle siciliane) mi pare che assomigli molto a quel camaleontismo che sta caratterizzando questi utlimi mesi di "fuga dalla nave".
Tutto questo piuttosto triste, ma spero vogliate riconoscere che fa parte del patrimonio genetico nazionale: una sorta di istinto di sopravvivenza, utile per chi ce l'ha particolarmente sviluppato anche se non certo improntato ai principi della correttezza e del rigore.
Con questo difetto, in ogni caso, non potremo assicurare un progresso diffuso e condiviso n alla popolazione degli architetti n a nessun altro italiano.
Giusta la critica di Ugo e tutte quelle che le si accomunano, ma una considerazione dura va fatta: ormai il timer partito e i pi pronti, i pi furbi, i pi adattabili, sono gi partiti. Sicuramente sono quelli che torneranno ad avere ruoli primari nel teatrino nazionale.
Molti di quelli che oggi si dicono incavolati e scandalizzati dell'attuale cambiocasacchismo non hanno fatto molto prima e, se l'hanno fatto, lo hanno fatto troppo sommessamente. Alcuni di quelli che si scandalizzano per il comportamento degli altri lo fanno perch non riescono o non sono riusciti ad avere (anche alle stesse condizioni) quanto altri hanno ottenuto (la fiaba della volpe e dell'uva di Esopo ...) Proprio a quelli che, autoincensati di un'aura di sacrale integrit, si crogiolano nel dispregio delle cose della vita di tutti i giorni (che una vita di mediazionie di equilibri, non di posizioni assolute), vorrei dire che continuando cos non si sposta niente.
Avremo sempre da un lato i pi veloci e i pi furbi che sperimenteranno e realizzeranno architettura e dall'altro quelli che diranno che, in fondo, non gliene importava nulla.
Commento 962 di Marco M. Santagati del 22/09/2005
Per mia fortuna non sono un architetto...
E' che fortuna!
Altrimenti mi toccherebbe disegnare una nuvola su di una lastra di vetro e scoprire per chi s quale alchima, uscirne fuori un'automobile. Dico meglio cos, altrimenti avrei progettato "neo moschee gotiche" e ne sarei pure stato orgoglioso che con i petrodollari si potessero fare tali magnificenze.
Si si, meglio cos caro Ugo, perch sono stato previgente a non iscrivermi in architettura... anzi, dopo aver fatto il giro delle "cento messe" universitarie, ho compreso che l'ipocrisia italica si annidava in alcuni accademici; non faceva proprio per me. E per tale mia nausea ne vado fiero anche se, continuo ad amare l'arte e l'architettura
Che Dio protegga gli stolti...
Commento 963 di Mariopaolo Fadda del 25/09/2005
SHAME ON YOU, PROFESSORS!
Come non condividere lo scherno con cui Ugo Rosa liquida il delirante appello autocelebrativo dei 35 Prof. Arch.?
Come non invidiare Marco M. Santagati che se l scampata bella dallavere a che fare con simili colleghi?
Certo lappello impressionante sia nei contenuti che nelle firme. Impressionante per la disinvoltura con cui un pugno di Prof. Arch. si autoassolve per il generale sfacelo urbatettonico italiano. Impressionante per la sfilza di nomi che, pi che rappresentare la cultura architettonica, incarnano alla perfezione la supponenza professorale, la disinvoltura etica e la vilt intellettuale della casta accademica italiana.
Con la miopia culturale che li contraddistingue, hanno impiegato ben 46 anni per scoprire quello che per Reyner Banham era gi chiaro nel lontano 1959 e cio "The Italian retreat from modern architecture". Ma, a parte questo dettaglio, ci che salta subito agli occhi lassenza di qualsiasi accenno, nelle 466 parole dellappello, al ruolo svolto dalluniversit (cio da loro) nello strangolamento della libera ricerca e della libera cultura. Ma per questi soloni le responsabilit ricadono sulle spalle di altri, persino, si legge tra le righe, su quelle dellimmancabile Berlusconi che ormai lalibi a cui ricorre lintellighenzia italiana per mascherare la propria ipocrisia e la propria impotenza. Ha ragione lamico Belzeb quando dice che luniversit li rovina tutti (gli architetti) che da parte loro ripagano questo abbruttimento sfornando analfabeti a ritmo industriale. Un circolo vizioso denunciato circa trentanni fa da Zevi che non volendosene pi fare complice se ne and sbattendo la porta. Chi dei 35 soloni che allora era professore o aspirante tale ebbe il coraggio di seguire lesempio di Zevi? Nessuno. Attaccati come cozze al miserabile potere che gli conferisce la cattedra non c santo che li smuova. O almeno cos pareva, fino a ieri. Oggi la globalizzazione ha mandato in fumo i loro sogni drogati di gloria. Finito lo sciovinismo, morta lautarchia, spazzato via il provincialismo si trovano catapultati dal ruolo di onnipotenti protagonisti in quello di innocui spettatori. Devono fronteggiare con crescente frustrazione una concorrenza straniera con cui non possono competere per manifesta inferiorit: culturale, etica, professionale. Che fare quindi? Mostrare un sussulto di dignit, ammettere il proprio fallimento e dimettersi dalle cattedre, dagli incarichi, professionali, dalle direzioni delle riviste, dai comitati organizzatori di seminari e convegni? Neanche per sogno. molto pi semplice truccare le carte trasformando i carnefici in vittime e i voltagabbana in salvatori della patria. Per santificare il tutto basta stendere un accorato appello, raccogliere firme titolate, trovare un grosso quotidiano compiacente e il gioco fatto.
Ma come far presa sul grosso pubblico? Con la saccenteria professorale, diamine! Il rischio di questa situazione che si interrompa la continuit di una ricerca che ebbe inizio negli anni trenta del Novecento. Come se non lo sapessero anche le pietre che quellinterruzione, ma sarebbe meglio dire stroncatura, della fragile ricerca architettonica moderna italiana roba vecchia di decenni. I responsabili? Basta scorrere lelenco dei firmatari, non difficile rintracciarne alcuni.
Il tono professorale non sufficiente? Via libera ai di piagnistei sullesclusione, di una irrinunciabile risorsa culturale italiana (loro), dalle Biennali di Venezia. Poverini, geni cos incompresi! Loro che per decenni si sono spartiti il bottino di Biennali, Triennali, Quadriennali, mostre, convegni, seminari. Ma guardiamo ancora una volta la lista dei firmatari. C un ex-direttore che ha prodotto alcune delle pi squallide e squalificanti Biennali che si ricordino, il cui unico intento era proprio quello di interrompere la continuit della ricerca moderna per recuperare lorrido repertorio architettonico del potere oligarchico-totalitario. La verit detta in mala fede sorpassa ogni possibile menzogna diceva Blake.
Come se tutto ci non bastasse a svelare la disonest intellettuale delloperazione-appello, si appellano al ricambio generazionale per invocare, senti, senti i CONCORSI! In realt poco gli importa dei giovani, loro sono solo preoccupati per i pozzi, ormai prosciugati, degli incarichi pubblici e per i professionisti stranieri che gli stanno soffiando sotto il naso incarichi prestigiosi e remunerativi. Non ci dicono, lor professori, che genere di concorsi preferirebbero, ma conoscendoli, non ci vuole molto a capire che gradirebbero quelli in salsa italica, dove gli amici sono concorrenti e gli amici degli amici giudici e il vincitore, soprattutto se straniero, pu essere cacciato a calci nel sedere se inviso alla casta, al soprintendente, al ministro o al sottesegretario pro-tempore.
Per tutta la vita Zevi non si mai stancato di denunciare, nella complice indifferenza della casta architettonica italiana, la dittatura del Soprintendenze. Ora i nostri 35 Prof. Arch., con decenni di ritardo, scoprono, bont loro, che questi grigi funzionari hanno un potere incontrollato e chiedono che unaltro mostro burocratico in itinere, il Darc, si erga a giudice supremo. Al danno vogliono aggiungere la beffa. Ma chi se ne frega! Limportante avere poltrone da spartirsi e romboanti titoli di cui fregiarsi e questi carrozzoni parastatali sono una fonte inesauribile a cui attingere.
C da registrare, infine, il risvolto positivo della vicenda. Essa dimostra ampiamente che:
a) Questa universit, con simile campionario di docenti, non riformabile dal di dentro, come, purtroppo, molti giovani architetti (bravi, capaci e non compromessi) credono. Solo la creazione di libere scuole di architettura, di liberi istituti e di libere associazioni pu contribuire al superamento dello stato di anchilosi dellarchitettura italiana e, forse, alla riforma delluniversit di stato. Accapparrarsi cattedre nella speranza di cambiare il pachiderma velleitarismo suicida.
b) Le soprintendenze, queste soprintendenze, vanno liquidate, senza ulteriori indugi o ripensamenti. Anche in questo caso la posizione riformista assolutamente perdente, basti ricordare la moltiplicazione di questi bastioni oscurantisti, quando le competenze sul paesaggio passarono alle regioni: unimbarbarimento culturale da far accapponare la pelle. Solo la loro liquidazione potr portare alla formazione di organismi in grado di tutelare il passato senza inibire la modernit.
c) I concorsi seri saranno possibili solo quando verranno sottratti agli appetiti famelici degli ordini professionali, del CNA e delle baronie universitarie.
Una scritta del 68 alla Sorbona, che era un invito ai professori, recitava "Fate la somma dei vostri rancori e vergognatevi". Cari 35 Prof. Arch., quellinvito valido ancora oggi.
Mariopaolo Fadda
Los Angeles, CA 25 settembre 2005
Commento 965 di beniamino rocca del 26/09/2005
Ottimo, al solito, Ugo Rosa. Voglio solo aggiungere che la lettera stata scritta da Portoghesi e sottoscritta poi da altri 34. Cos,almeno, dice Sottsass in una lettera al corriere .Non c' da meravigliarsi troppo del contenuto allora, caso mai d stupore, e molta malinconia, che tra i firmatari ci siano anche ottimi architetti come Nicoletti, Isola, Passarelli, Achilli , Canella e lo stesso Sottsass. Chiedono che si riduca "...l'inerzia dell'apparato burocratico e si consenta libero accesso ai concorsi..." e, udite, udite, si invoca per un potenziamento del Darc: un nuovo carrozzone burocratico-ministeriale mica da ridere. L'universit italiana non ha proprio pi pudore. Se ne guardano bene, i 35 professori, dal cogliere l'occasione per denunciare la sciagurata legge Merloni che emargina i giovani dal mercato del lavoro chiedendo curriculum che, proprio perch giovani e neolaureati, non possono avere e premia , per legge, la "Quantit" piuttosto che la "Qualit". Parlano di storia dell'architettura italiana ma si dimenticano che con la Merloni, dal " Principe" si passa al "Responsabile di procedimento". Filarete insegna, il committente il padre dell'architettura e senza padre, l'architettura avrebbe qualche problema a nascere, l'architetto-madre non basta....e la fecondazione artificiale non piace nemmeno a Ruini...
Dice bene Diego Caramma quando cita Zevi ed il convegno di Modena del '97e io chiudo citando un fatterello illuminante dei rapporti tra Universit , Ordini , concorsi e architettura.
Mi riferisco a quanto riportato su L'architettura, cronache e storia, n511, maggio1998_ editoriali in breve-
: Roberto Maestro denuncia il concorso di Catanzaro.
Il progetto vincitore risultato, all'apertura delle buste, elaborato da un gruppo di professionisti guidati dal prof. arch. Paolo Portoghesi, del quale facevano parte, a quanto mi stato assicurato, presidenti e consiglieri degli Ordini e degli Ingegneri delle province calabresi. Il giudizio negativo sul valore di questo progetto era condiviso dal presidente della commissione , prof. arch. Antonio Quistelli, e dal prof. arch. Silvano Tintori. Il mio voto, espresso in forma radicale ( zero) vuol segnalare il mio totale dissenso su quel progetto ( a mio parere, il peggiore tra quelli presentati). La domanda cui chiedo di rispondere ufficialmente se possa ritenersi corretta la partecipazione al concorso di un gruppo costituito da presidenti e consiglieri degli Ordini professionali, quando della commissione giudicatrice facevano parte rappresentanti degli stessi Ordini".
Se in Italia ci fossero 50 ( o anche 49) Roberto Maestro, l'istituto dei concorsi sarebbe una cosa seria.
Come dargli torto?
Commento 967 di Franco Giorgi del 29/09/2005
Grazie, leggo sempre con estremo interesse ogni suo testo, per me fortificante e stimolante per nuove e approfondite riflessioni.
Commento 972 di Giannino Cusano del 05/10/2005
Non delude nemmeno questa volta la verve (tutta siciliana, mi pare) di Ugo Rosa. Ed assolutamente ammirevole che ci sia chi ha la forza morale di scherzare, e di farlo sul serio, in situazioni drammatiche come questa.
Mi colpisce, invece, questa volta, l'amarezza: comprensibile e giustificatissima. Il tuo 'dopo 25 anni' , per me, un dopo 30, dato che a fine Ottobre ne compio 56. (sono nato lo stesso giorno di T. Roosevelt, Roberto Benigni e Rino Gaetano: per la cronaca e per i cultori della materia, sotto lo stesso segno zodiacale di -ahim- Paolo Portoghesi e, per fortuna, di Luigi Piccinato: superfluo aggiungere che sono spudoratamente dalla parte del secondo ? ).
Questo a me sembra dividerci: se un edificio in Italia lo progetta la Hadid piuttosto che Gregotti, a me importa molto. Ma questione accessoria.
Vorrei solo, sommessamente, porre una donanda a Ugo: che facciamo, insieme, nei prossimi 2 o 3 anni per tentare, almeno, di scongiurare altri 25-30 anni come i precedenti, se non peggio?
Un caro saluto,
G.C.
5/10/2005 - Ugo Rosa risponde a Giannino Cusano
Caro Cusano
la sua domanda interessante e, probabilmente, anche sensata ma, per attenermi allo zodiaco, io sono nato in marzo, sotto il segno dacqua per antonomasia. Muto e senza mani, scivolo sulle cose e, ad afferrarle, non ci riesco. Cos mi esercito, come un tempo i teologi apofatici, a guizzare intorno al contorno di qualcosa che, alla fine potrebbe perfino rivelarsi un assenza. Non so proprio dirle, dunque, cosa fare: al massimo riesco (di tanto in tanto) ad intuire cosa non fare. Per giunta, avr notato, mi chiamo Ugo (proprio come Fantozzi) e Il mio onomastico cade il primo daprile: uno scherzo del calendario. Questo il mio Ming, i cinesi lo sapevano: il nome cifra e destino. Lei per, adesso che ci penso, si chiama Cusanolo vede come il cerchio si chiude? Guardi un po cosa scriveva il suo omonimo Nicola pi di mezzo millennio fa:
Strano, io vedo qui un uomo che si attacca a qualcosa che non conosce
Ma pi ci sarebbe da meravigliarsi se un uomo si attaccasse ad una cosa che egli credesse di conoscere
Commento 973 di Giannino Cusano del 07/10/2005
Be', caro Rosa, il mio omonimo si chiamava, in realt, Krebs, detto il Cusano perch proveniente da Kues, o Cusa (Germania).
Il cognome, per, ha origini pi lontane nel tempo e a me (lucano) pi vicine spazialmente, visto che Cusano Mutri il nome attuale di una cittadella medievale in provincia di Benevento (alcuni vi ravvisano traccia dell'anteriore Cossa dei Sanniti,rasa al suolo dai romani perch l in precedenza sconfitti e passati per le forche caudine). Da Cusano Mutri trassero il nome Cusano sul Seveso (o Milanino) e la stessa Kues.
Ora, chiamarsi come un luogo non mi pare cosa degna di chiss quale investitura: tanto pi che la radice (ebraico-caldea) di Cossa (poi longobardizzata in Cusa durante il regno di Autaris) sta per 'coppa', 'tazza', 'calice': conviviale, s, ma a mio avviso scarsamente speculativa.
N posso prendere troppo sul serio il pensatore umanista: il nome -che condivido col ben pi noto Stoppani, alias Gianburrasca- decisamente me lo impedisce.
Nomen omen? Forse: come vede, di "guai" in comune ne abbiamo pi di quanti sospettassimo 2 giorni fa :-)
Cordialit,
G.C.
Commento 974 di Giannino Cusano del 07/10/2005
PS per Ugo Rosa:
a margine, ma non per importanza: Lei stesso dice che fra cosa fare e cosa NON fare, Le riesce ben pi semplice la seconda opzione. Ed una cosa la esplicita, infatti: questi signori (i 35 firmatari dell'appello per l'architettura_italiana_torrone_nella_,calza_di_Babbo_Natale) bene non trovareseli nella propria trincea. Sicuramente pu essere una delle cose da NON fare e si potrebbe, a pensarci, condividere, cos come l'atteggiamento in generale.
Mi permette, allora, di riformulare la domanda? Oltre a quanto ha gi indicato, cosa ritiene sia da NON fare nei prossimi 2-3 anni per tentare, almeno, di evitare che i 25-30 a venire siano come i precedenti, se non peggiori?
Confido, almeno questa volta, nel Suo humour come scusante per la mia insistenza.
G.C.
Commento 976 di Adele Di Campli del 08/10/2005
Gentile Ugo,
leggo sempre con molto piacere i suoi scritti. Sorrido per lironia con cui affronta le questioni drammatiche dellarchitettura italiana. Senza ironia ci sarebbe solo da spararsi. O forse avremmo dovuto farlo da subito, al primo giorno duniversit. Perch loro, i sapienti professori, padri s dellarchitettura, ma soprattutto nostri pap, ci hanno avvertito, sempre, puntualmente, ad ogni primo giorno di scuola. Cambiate mestiere, siete ancora in tempo, che ci fate qui? Sarete tutti falliti!.
Ma si mettevano daccordo, tutti i nostri buoni pap che avevano a cuore la sorte degli sventurati studenti di architettura? (E pensare che il mio caro pap, quello vero, era cos orgoglioso di avere una figlia alluniversit, un futuro architetto che, per giunta, studiava in una citt darte!).
Ci avevano avvertito, ma non ci abbiamo creduto. Anzi, pensai quel giorno, ma che vuole questo?. E chiedevo in giro se avesse figli studenti di architettura. Certo che ne aveva! Ma come? Fa la paternale a noi e poi lascia che suo figlio, dico suo figlio, venga anche lui gettato insieme a noi nellarena con tigri e leoni?. Non capivo che il figlio nellarena non ci sarebbe mai andato; non solo, non sarebbe mai salito neanche sugli spalti, perch le arene con tigri e leoni, gli ha insegnato il pap, roba dellantica Roma!
Caro Rosa, siamo sopravvissuti a loro gi almeno una volta nella vita, sopravviveremo anche ai loro figli ed alle loro letterine. In fondo, un po di arena, far bene anche a loro.
Commento 980 di Tommy del 24/10/2005
Salve a tutti, sono uno studente d architettura a Palermo.
Sono al primo anno, e, non essendo bene informato sulla questione affrontata (anzi per niente informato) ma in ogni caso incuriosito, vorrei che qualcuno mi spiegasse meglio i termini della questione (quale modo migliore per essere informato se non quello di chiedere adesso a voi?). Vi ringrazio anticipatamente
ciao a tutti
Commento 981 di Ambra del 27/10/2005
Buona sera,
sono una studentessa del corso di laurea in Architettura delle Costruzioni al Politecnico di Milano, il mio preside il vostro collega Monistiroli.
Devo dire che la mia scelta a intraprendere questa "sfortunata carriera" stata molto consapevole, so bene che il futuro sar tutt'altro che rosa se non grazie a conoscenze che spero arriveranno con gli anni (purtroppo si pu solo contare su quelle).
La situazione che vedo tutti i giorni in universit la tipica: "ah ma quel professore figlio di quell'altro|" la cosa mi rattrista alquanto, se no si vedono dei professorini che sono l sfruttati dal docente di turno a leccargli il culo...bh questo credo non sia cambiato da 25 anni fa, no?
Altra cosa fondamentale nell'insegnamento, l'anno scorso alla fine del laboratorio di progettazione noi studenti abbiamo confrontato i nostrri progetti, forse per la prima volta, e abbiamo notato la somiglianza tra i nostri stessi lavori, ma anche molto simili a un progetto di Monistiroli....sar per colpa nostra o per il fatto che la nostra professoressa lavora con Monistiroli?
Non so se tirare delle conclusioni o lasciarvele fare a voi che forse siete pi esperti di me...
grazie
Commento 1022 di Beatrice Valle del 23/01/2006
Bene! Adesso posso proprio abbandonare tutte le (poche) rosee speranze che mi ero fatta iscrivendomi alla Facolt di Architettura! Se anche lei, dopo 25 anni di onorato servizio (credo... non la conosco personalmene) mi dice che la vita dell'Architetto fondamentalmente come la scala di un pollaio (cio corta e piena di m****), devo proprio arrendermi e ammettere che avevano ragione insegnanti e genitori nelle loro fosche previsioni sul mio futuro (per non parlare degli amici ingegneri...), e non avevano torto a fare quelli che la sanno lunga.
Restano due cose a consolarmi: l'incrollabile passione per quello che studio e progetto (o almeno ci provo...), che nessuno mi potr levare, a meno di strapparmi gli occhi stessi. E il buon vecchio proverbio: mal comune...
Beatrice
PS.: Da poco conosco questo sito, segnalatomi da un'amica e mia collega, ma ci tengo a farle i complimenti per il suo umorismo, la sua ironia e i suoi salaci commenti, sempre azzeccatissimi. Un balsamo per noi poveri studentelli supersfruttati dal satanico Politecnico!
La ringrazio. Per la mente provata dalle lunghe notti insonni passate davanti allo schermo del computer la rilettura delle sue belle sfuriate ci d la giusta carica. Funziona meglio del caff!
Commento 1085 di Antonio Bellanova del 11/02/2006
Caro Rosa,
tra cinquantenni c' poco da dirsi...ci si capisce. Quante erre mosce abbiamo sentito eh? E quanti papillon, e quanti occhialini tondi, e quanti sigari toscani in bocca, e quante damazze (anche studentesse), e quanti esami di gruppo, e quante moquette negli studi dei professori, e quanti incarichi professionali a senso (politico) unico o quasi?
E quanta angoscia di chiedere i soldi ai committenti, e quanta rabbia nel vederseli rifiutati, e quanto finto buon viso nel rientrare a casa a sera con la rabbia causata dai clienti, dagli assessori e dai soldi mancati, e quanta illusione (vedrai che dai e dai...)? Si, andata cos. Oggi forse un sorriso ci viene strappato dai nostri vecchi disegni (quelli fatti con la matita e la china)...su quei disegni non vediamo piante e sezioni, non vediamo alzati e prospettive: vediamo un ragazzo di trentanni che non aveva capito niente, vediamo un giovane marito che avrebbe voluto rendere la propria moglie orgogliosa di lui (anche le nostre donne abbiamo trascinato con noi). Beh, pazienza, andata cos.
Un caro saluto.
Commento 5308 di Antonella iacobello del 30/04/2007
...salve a tutti... stato per me a dir poco fantastico trovare, per caso, questo spazio dove poter dire finalmente quello che si pensa...ho letto con piacere tutti i commenti dei miei colleghi...io studio alla facolt di Architettura di Siracusa ...e per la prima volta con un pizzico di ingiustificato e inopportuno piacere mi sono sentita vicina alle "disgrazie"..."disagi"..."ingiustizie"..."stranezze" dei miei pi rinomati colleghi, ho avuto la conferma che TUTTO IL MONDO E' PAESE...
vi sembrer pazza ma oserei dire che stato (nel suo essere terrificante) bellissimo leggere che anche nelle storiche facolt di architettura si respira quell'aria satura di favoritismi, opportunismo e scorrettezze...in particolar modo leggendo il messaggio di Ambra mi sono ritornate alla mente quelle immagini da lei descritte: alla fine del corso di laboratorio inspiegabilmente tutti i progetti uguali !!!!!!! mi sono sempre chiesta com' possibile questo inspiegabile fenomeno!!!!!!
Non voglio fare solo polemica!!! ci tengo a dire che esistono anche realt che arricchiscono ogni giorno la mia vita da studentessa qui a Siracusa...
e sono sicura che al politecnico una cosa a noi ci invidiano.!! FARE LEZIONE E SENTIRE L'INCONFONDIBILE PROFUMO DEL MARE ... LASCIARSI ANDARE PER UN'ATTIMO QUARDANDO L'ORIZZONTE AZZURRO... RISCALDATI DA UN ORMAI CALDO RAGGIO DI SOLE....
Mi f piacere che chi ha pensato a questo spazio un siciliano, spero non pentito!!!
a presto.
Commento 5446 di ANTONELLA IACOBELLO del 14/07/2007
...salve a tutti... stato per me a dir poco fantastico trovare, per caso, questo spazio dove poter dire finalmente quello che si pensa...ho letto con piacere tutti i commenti dei miei colleghi...io studio alla facolt di Architettura di Siracusa ...e per la prima volta con un pizzico di ingiustificato e inopportuno piacere mi sono sentita vicina alle "disgrazie"..."disagi"..."ingiustizie"..."stranezze" dei miei pi rinomati colleghi, ho avuto la conferma che TUTTO IL MONDO E' PAESE...
vi sembrer pazza ma oserei dire che stato (nel suo essere terrificante) bellissimo leggere che anche nelle storiche facolt di architettura si respira quell'aria satura di favoritismi, opportunismo e scorrettezze...in particolar modo leggendo il messaggio di Ambra mi sono ritornate alla mente quelle immagini da lei descritte: alla fine del corso di laboratorio inspiegabilmente tutti i progetti uguali !!!!!!! mi sono sempre chiesta com' possibile questo inspiegabile fenomeno!!!!!!
Non voglio fare solo polemica!!! ci tengo a dire che esistono anche realt che arricchiscono ogni giorno la mia vita da studentessa qui a Siracusa...
e sono sicura che al politecnico una cosa a noi ci invidiano.!! FARE LEZIONE E SENTIRE L'INCONFONDIBILE PROFUMO DEL MARE ... LASCIARSI ANDARE PER UN'ATTIMO GUARDANDO L'ORIZZONTE AZZURRO... RISCALDATI DA UN ORMAI CALDO RAGGIO DI SOLE....
Mi fa piacere che chi ha pensato a questo spazio un siciliano, spero non pentito!!!
a presto.
Commento 6590 di carlo alberto cegan del 23/12/2008
Caro prof. Rosa,
che dire? tutto e nulla.....a rileggere i verbali delle intercettazioni telefoniche ho un senso di stordimento , di vertigine.
E penso all'onesta , gioviale, passionale e faticossissima lotta in terra di sicilia fatta da un vero uomo e architetto di cefalu'. Paquale Culotta.
Ma questa immondizia chi l'ha alimentata ??
.......No.! mi scuso, vorrei stare dalla parte della BELLEZZA .
allora ripenso alle scorribande in facolt con il Pasquale italiano io che arrivavo giovanissimo dal nord italia e lo andavo a trovare nel suo polversoso studio, per il piacere dell'onest e della sagacia, delle cose profonde e dei valori.
Questo ti insegna la vita e la professione!!
Rettitudine. R-E-T-T-IT-U-D-I-N-E..
lavoro duro , fatto di pazienza e sacrificio, lentezza, progettare, eseguire costruire e poi pubblicare .....Forse.
Qui, mio caro professore (mi permetta fraternamente questa debolezza a lei che non conosco) l'architettura si inabissa , in un mare di indifferenza e di raggiro in cui tutto si annulla nell'indistinta poltiglia della comunicazione, marketing , amici di amici, cattedre e favori, partito e affari, imprenditori e politici e architetti DI 3DSTUDIOMAX...........
buon natale
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