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13621
di Pietro c.
del 13/05/2015
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Il padiglione italiano di Expo 2015
di
Sandro Lazier
Premetto che non ho visitato il padiglione in questione, quindi mi astengo da un giudizio definitivo su di esso. Detto ci a quanto si pu vedere dalle immagini condivido la recensione. Mi sento di aggiungere ancora una riflessione sulle motivazioni che possono spingere la progettazione verso questi risultati. Secondo me importante, per capire, tenere presente il contesto in cui quest'architettura si inserisce. Stiamo parlando di un contesto ad alto grado di spettacolarit (spettacolo che comunque non sempre intendo con accezione negativa, quando c' chi sa farlo), in cui i visitatori mediatici saranno enormemente superiori a quelli reali, ossia i fruitori dello spazio: in fondo, nel complesso della manifestazione credo (ahim) che le architetture ricoprano un ruolo di supporto, uno dei tanti elementi della socit soggetti a reificazione, la dove il fine ultimo il giro di denaro messo in circolo per far girare altro denaro. Questo non per giustificare le scelte progettuali, ma per provare a darne un'interpretazione.
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13619
di vilma torselli
del 12/05/2015
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Il padiglione italiano di Expo 2015
di
Sandro Lazier
Sandro, mi pare che l'architettura contemporanea, come del resto l'arte visiva, sempre pi tenda ad un linguaggio sinestetico entro il quale la scenografia (il come) rivendica la sua parte. Perch pelle, epidermide, facciata dovrebbero essere termini esclusi da ogni discorso sull'architettura? Forse la pelle non indispensabile tramite per portare in superficie l'urlo che parte da dentro? E non proprio la manifestazione epidermica, melodrammatica, teatrale che lo riverbera all'esterno? E la pelle, non forse il luogo in cui l'architettura confina col mondo ed acquisisce senso dal confronto con esso?
L'apparenza sta sempre pi diventando sostanza, sostituendo l'immagine della rappresentazione alla rappresentazione stessa in una 'realt aumentata' o aumentabile con informazioni 'aggiuntive' che possono alterare radicalmente la percezione spaziale di ogni architettura. Se l'architettura, come ogni esperienza umana, ci che percepiamo di essa, oggi l'architettura uno spazio, o meglio la percezione di uno spazio, radicalmente cambiato nei suoi stessi parametri, pluridimensionale, elastico, mutevole, colorato, interattivo, contaminato, multiforme, virtualizzato e, perch no, scenografico, questo ci dice il viaggio ai limiti della realt tra i padiglioni dell'Expo.
"La storia dell'architettura anzitutto e prevalentemente la storia delle concezioni spaziali" scrive Zevi ("Saper Vedere l'Architettura", 1948), ma lo 'spazio puro' non esiste pi e forse non mai esistito.
E se la 'sostanza architettonica' fosse oggi la 'forma esteriore' ?
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13618
di vilma torselli
del 11/05/2015
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Il padiglione italiano di Expo 2015
di
Sandro Lazier
Indubbiamente, come suggerisce Vito Corte, sarebbe meglio verificare sul posto, scoprendo che, da altre angolazioni, il volume decisamente meno goffo, laddove squarci vetrati sembrano voler liberare una seconda pelle, lucida e trasparente, dallintrico di sovrapposizioni che ne costituiscono il confine e linterfaccia con lesterno.
Di grande suggestione percettiva gli interni, dove una sorta di entropia architettonica fa venire in mente la versione brutalista di un Calatrava o certe sperimentazioni sullinvolucro di Herzog & de Mueuron.
Nel bene e nel male, unarchitettura frutto di una mente estesa in sintonia con la nostra natura biologica che aspira ad integrare dati emozionali, sensoriali, culturali, sociali secondo un principio di correlazione totale, tracciando la via per un post-decostruttivismo prossimo venturo che gi fa apparire obsoleti i scintillanti ghirigori barocchi di Gehry e le cervellotiche architetture diagrammatiche di Hadid.
Quanto all'albero della vita, lo vedrei perfetto per la piazza principale di Dubai.
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11/5/2015 - Sandro Lazier risponde a vilma torselli
La mia critica, Vilma, riguarda il come, non il cosa. Ed il come questa architettura stata espressa, in forma del tutto scenografica, che mi fa dubitare della sua capacit di superare quella che molti considerano la deriva decostruttivista. Infatti, credo, se si ha intenzione di generare nuovi linguaggi, questi non possano che procedere da una rinnovata scrittura, la quale non pu essere limitata alla sola pelle delledificio ma deve coinvolgere la sua struttura. N Gehry, n Hadid hanno mai concesso troppo allepidermide. Discorso diverso per Calatrava che, nella sua ripetitivit rimane, a mio parere, un neoclassico. Le strutture di Gehry e Hadid, se vogliamo, nel loro delirio drammaticamente espresso, urlano a partire da dentro; non sono espressioni di facciata su un fisico compassato e indifferente, pronto, se ce ne fosse necessit, a cambiare la propria pelle e il proprio destino. Insomma, una struttura buona per tutte le stagioni con su la maschera di circostanza. Siamo in pieno melodramma.
Ma forse sta qui tutta litalianit.
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13617
di scandellari
del 10/05/2015
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Il padiglione italiano di Expo 2015
di
Sandro Lazier
Articolo condivisibile in ogni sua parte. Una critica elegante, nel voler tralasciare i costi ma non la goffaggine del manufatto, che offende la sensibilit di Lazier e non suscita emozioni, come dovrebbe fare l'architettura quando poesia, invece il padiglione italiano, sotto la pelle decorativa, ha un malcelato e "bulimico metrocubismo".
Geniale l'albero della vita luminoso e l'idea del castro e del decumano con la Piazza Italia all'incrocio.
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13616
di Vito corte
del 10/05/2015
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Il padiglione italiano di Expo 2015
di
Sandro Lazier
Sono sostanzialmente d'accordo anche se mi riservo di andare e verificare sul posto. Le foto spesso ingannano (ma ancor pi spesso ingannano a favore dell'opera...).
Aggiungo che siamo al punto che dire queste cose, che non da male a nessuno e anzi farebbe bene a molti, suona stonato mentre fare 'ooooh' ammirati davanti a opere siffatte (e siffatte storie che stanno dietro queste opere) fa star nella cerchia della tendenza. Nel giro.
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13615
di vilma torselli
del 08/05/2015
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Rem Koolhaas, Fondazione Prada a Milano
di
Sandro Lazier
Rem Koolhaas mi ha sempre indotto qualche perplessit, del tipo "ci sei o ci fai?", alla lunga per ho finito per riconoscergli una onest intellettuale ignota a molte archistar contemporanee.
Dice del suo gruppo "abbiamo abbracciato il tema della conservazione", ironia, astuzia, disimpegno, ma anche umilt, rispetto, amore e magari un po' di nostalgia.
E dice "Dobbiamo preservare la storia", un racconto corale fatto da tutti, architetti compresi, l'antica Roma meravigliosa, pi che mai oggi "la gente vuole vivere in edifici con una storia".
C' pi di un eco di Marc Aug, di Zygmunt Bauman, il seguito di quanto gi dichiarato nella veste di curatore della passata biennale di architettura di Venezia 'Fundamentals': "si concentrer sulla storia - sugli inevitabili elementi di tutta l'architettura utilizzati da ogni architetto, in ogni tempo e in ogni luogo", la modernizzazione come percorso secolare senza soluzione di continuit, che vuol dire anche recupero, riconversione, riutilizzo.
Un percorso lungo il quale l'Italia un paese 'fondamentale'.
Pu essere una conferma?
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13598
di Vilma torselli
del 24/04/2015
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Metrocubismo in salsa verde
di
Sandro Lazier
Il confronto faccia a faccia con al mole antonelliana e quello a distanza con le cime spigolose delle alpi suggerivano, in effetti, il tema di un dialogo che non c'.
Non si capisce perch l'ecosostenibilit debba necessariamente esprimersi in uno "scatolone vetrato", specie se il pensiero va al grattacielo di un'altra banca, la Norddeutsche Landesbank ad Hannover, a firma di Gnter Behnisch, esempio di controllo sugli aspetti tecnologici, impiantistici, strutturali e funzionali che gi nel lontano 2002 poneva al centro della progettazione una gestione intelligente delle disponibilit energetiche nel rispetto dell'ecologia e dell'inquinamento ambientale: l'effetto camino per una ventilazione naturale, l'isolamento della facciata a doppia pelle, il raffreddamento tramite un serbatoio che ottimizza i consumi d'acqua, alette esterne per direzionare la luce naturale e specchi eliostatici per l'energia solare, migliaia di diodi inseriti nel cristallo stratificato delle facciate per l'illuminazione notturna a basso costo......... il tutto senza rinunciare ad un segno architettonico forte, visionario, espressionista come si addice a quella cultura.
A Torino, mi pare che Piano, spesso sospeso tra minimalismo high-tech e intellettualismo qualunquista, non si sia staccato dal suo target, realizzando un'architettura anonima e un po' vecchiotta, ad 'effetto ferraglia' come gi alle origini il suo Beaubourg, che per almeno cercava un confronto con la tipologia costruttiva delle demolite Halles e della tour Eiffel (credo!).
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13537
di giorgio de luca
del 12/02/2015
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C' un seguito alle invarianti di Bruno Zevi?
di
Franz Falanga
Salve, segnalo nel mio blog una serie di post dedicato al tema delle invarianti in architettura.
A partire dalle sette di Bruno Zevi, il professore e architetto Franz Falanga ha elaborato e approfondito la teoria delle invarianti
http://gdltrace.blogspot.it/search/label/invarianti%20architettura
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Commento 13630 di greemens
del 31/05/2015
relativo all'articolo Il padiglione italiano di Expo 2015
di Sandro Lazier
BRAVO Lazier... ti condivido in toto, hai proprio centrato il punto... l'architettura ha perso la sostanza, divenuta solo apparenza e tutti a gridare "contemporaneo, spettacolare", senza capire... parlare di architettura organica, o peggio di decostruttivismo, x questo manufatto "metrocubista" con pelle alla copia&incolla; (vd stadio Pechino) totalmente scisso interno/esterno davvero uno schiaffo a chi "sa vedere l'architettura"... il commento riparatore alla tua critica attesta la vera limitatezza culturale di questi "critici trend" che applaudono ad ogni schifezza che purtroppo da troppi anni ci fanno passare x architettura... la tristissima verit che l'architettura morta, purtroppo... hanno ammazzato il vero architetto togliendogli la libert, l'essenza vera alla base di ogni architettura... e non solo un discorso italiano (che ormai conosciamo bene), ma tragicamente mondiale... Gehry un po' resiste ancora, trovo che ultimamente anche la Hadid ha ceduto... e l'ignoranza architettonica impera...
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