Rem Koolhaas, Fondazione Prada a Milano
di Sandro Lazier
- 7/5/2015
Koolhass dimostra ancora una volta d'esser un geniale patafisico.
Egli non risolve i problemi, ma li cavalca con l'ironia; per poi abbandonarli e lasciarli come li ha trovati.
Ma lo fa con perizia e intelligenza, affidando alla raffinata suggestione della moda la confezione di circostanze note e spesso banali. Il mondo, per lui, non cosa da cambiare radicalmente. In fondo, gli sta bene cos com'. Infatti, come la moda insegna, quando una realt sfacciatamente favorevole, non va sostituita ma, piuttosto, vestita.
Egli sa, con astuzia, che la condizione privilegiata che gli concede il ricco mondo della mercanzia d'autore necessita d'un bagno d'umilt da procurarsi con l'acqua santa del paradosso, tanto apprezzato dai sacerdoti del pensiero debole dell'architettura.
Egli sa, in particolare, di non aver doti rivoluzionarie capaci di assorbirlo nella ricerca sofferta di neologismi architettonici. E di tale mancanza fa tesoro, riciclando tutto il riciclabile nel teorema della naturalezza del delirio urbano, in cui l'oro zecchino interpreta s stesso nel duplice atto di riscattare col lusso le cianfrusaglie e, per converso, costringere lo sfarzo a vestire i panni dell'ascetismo minimale.
Non ci dato di sapere se il disimpegno ideologico, che accompagna pomposamente la sua produzione ultima, provenga da una riflessione storico-sociologica nella quale gli eventi non sono pi situazioni da superare e sostituire, ma piuttosto da sommare, come ci ha mostrato la realt informatica.
Averne conferma rimetterebbe in gioco col dibattito culturale il suo ardire nel rimescolare continuamente le stesse carte.
Cosa di cui, per ora, dubito fortemente. Mi dichiaro comunque pronto a ricredermi.
Ps:- Intervista di Marianne Wellershoff di Spiegel sulle ragioni di Koolhaas nel progetto della fondazione Prada a Milano.
(Sandro Lazier - 7/5/2015)
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Commento 13615 di vilma torselli del 08/05/2015
Rem Koolhaas mi ha sempre indotto qualche perplessit, del tipo "ci sei o ci fai?", alla lunga per ho finito per riconoscergli una onest intellettuale ignota a molte archistar contemporanee.
Dice del suo gruppo "abbiamo abbracciato il tema della conservazione", ironia, astuzia, disimpegno, ma anche umilt, rispetto, amore e magari un po' di nostalgia.
E dice "Dobbiamo preservare la storia", un racconto corale fatto da tutti, architetti compresi, l'antica Roma meravigliosa, pi che mai oggi "la gente vuole vivere in edifici con una storia".
C' pi di un eco di Marc Aug, di Zygmunt Bauman, il seguito di quanto gi dichiarato nella veste di curatore della passata biennale di architettura di Venezia 'Fundamentals': "si concentrer sulla storia - sugli inevitabili elementi di tutta l'architettura utilizzati da ogni architetto, in ogni tempo e in ogni luogo", la modernizzazione come percorso secolare senza soluzione di continuit, che vuol dire anche recupero, riconversione, riutilizzo.
Un percorso lungo il quale l'Italia un paese 'fondamentale'.
Pu essere una conferma?
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