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1008
di roberto vallenzasca
del 21/12/2005
relativo all'articolo
Regalo di Natale a Pierre Alain Croset: nasi natur
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Ferrara,
fai benissimo a rimbeccare le palle che Casabella e altre riviste, testi e libri non smettono di raccontare: ventitre anni fa o oggi non fa differenza.
Ne ho appena trovata una fresca fresca nel libro (peraltro bellissimo) EXIT UTOPIA sulle avanguardie architettoniche anni Sessanta/Settanta. Ebbene, nelle sue tre righe biografiche Andrea Branzi riesce a scrivere di essere stato direttore (editor, il libro in inglese) di Domus.
Ma quando mai? Gli piacerebbe, forse.
Cari saluti,
Roberto Vallenzasca
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1007
di Giovanni Loi
del 19/12/2005
relativo all'articolo
Regalo di Natale a Pierre Alain Croset: nasi natur
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Paolo,
cercher per te una pungente replica di Manfredo Tafuri a Vittorio Gregotti che ricordo aver letto su un Casabella di quegli anni, in modo da metterti in buona compagnia. Se non ricordo male non era direttamente rivolta a Pierre Alain ma ad un altro redattore.
Conoscendo per bene il Pierre Alain giovane (ci siamo laureati tutti e due nella stessa universit a qualche anno di distanza), so che non devi essere troppo cattivo con te stesso quando parli del rispetto che nutri per chi mille volte pi preparato di te. Pierre Alain sicuramente molto preparato e in fin dei conti sempre stato anche un bravo ragazzo. Gli rimasta solo quella brutta abitudine che aveva da studente di fare sempre lezione a tutti, anche forse quando qualcosa gli sfugge.
Simpaticamente, invio un saluto da qui anche a Pierre Alain.
Giovanni Loi
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1006
di Carlo Sarno
del 19/12/2005
relativo all'articolo
Ri-costruire nei centri storici
di
Vulmaro Zoffi
Ringrazio Vulmaro Zoffi per aver evidenziato il problema della nuova architettura inserita nei centri storici. Scrive cos in un passo : "...In molti centri storici degradati e consumati dal tempo e dallincuria - c bisogno di architettura; ma di nuove architetture che dialoghino con quelle passate, con il suo vissuto che in massima parte sta ancora l. Con ci non si desidera tornare ai vecchi stili, pi o meno organizzati per citazioni, ma si desidera unarchitettura che scaturisca da un dialogo, da uno scambio intenso tra larchitetto e il suo pi potente committente: la citt. Citt intesa in senso ampio, interdisciplinare...".
La risposta al problema gi insita nella questione : per poter progettare armonicamente nei centri storici occore che gli architetti sappiano creare la storia, nuove architetture che si innestino organicamente nella citt vera, che vive, soffre, gioisce e ama....
Prima di atteggiarsi ad "architetto demiurgo" occorre semplicemente sentirsi un cittadino, parte organica di una citt che vivente, che ha una memoria, dei sentimenti, delle aspirazioni di rinnovamento ed evoluzione.
Occorre comprendere i processi generativi delle realt sociali, senza le quali ogni progetto risulta astratto e scollegato.
Occorre avere il coraggio di affrontare con la storia il futuro della citt, di cogliere l'energia ed il buono che scaturisce dai centri storici e proiettarla in una dimensione urbana attualizzata sulla vita di oggi, sull'uomo di oggi.
Occorre comprendere a fondo che qualsiasi centro storico non sarebbe esistito senza l'uomo, e che l'uomo e la sua felicit il vero fine dei nostri progetti e non la ossessiva e anacronistica conservazione di pezzi di citt che ostacolano lo sviluppo organico di essa, soffocandola e ghettizzandola.
Abbiate coraggio di fare la storia ! Abbiate coraggio di amare veramente la citt e la sua vita sociale non meno dei suoi monumenti ! Abbiate coraggio di difendere i nuovi valori di civilt conquistati dall'uomo a duro prezzo e che richiedono nuovi spazi e nuove architetture !
" Non abbiate paura !!! " ci diceva a gran voce il pontefice Giovanni Paolo II. Non temete di proporre il bene !
Affrontiamo l'attualizzazione dei centri storici con coraggio , rendiamoli vivibili per l'uomo di oggi e non solanto cadaverici musei urbani che nulla restituiscono della vita attiva e armoniosa dei costruttori e abitanti del passato !
Concludo con un esempio, una proposta e una speranza , lanciando un appello alla Chiesa Cattolica e Apostolica Romana :
come nel passato alla fine del 1400, in pieno umanesimo e rinnovamento dei valori, il Papa di allora Nicolo V prese la decisione di abbattere almeno parte della antica Chiesa di San Pietro, e in seguito Giulio II all'inizio del 1500 pose la prima pietra della nuova Chiesa su progetto di Bramante, e che da allora subir continui cambiamenti e trasformazioni in funzione delle nuove esigenze liturgiche e simboliche, ponendosi ad esempio sommo di come ci si deve comportare nei centri storici con il coraggio e la necessit di creare nuova storia, attuale e viva ;
cos auspico e spero che anche oggi, nel terzo millennio, spronati dalle parole di Papa Giovanni Paolo II " non abbiate paura ! " , ed a seguito del rinnovamento avvenuto nella Chiesa con il Concilio Vaticano II, promosso da Papa Giovanni XXIII nella rilettura della Parola di Dio portata a noi da Ges Cristo, la Chiesa dia ancora il suo messaggio di speranza e amore per la vita vera e abbia il coraggio di trasformare e ricostruire di nuovo la Chiesa di San Pietro in Vaticano, riattualizzando lo spazio liturgico in maniera fiunzionale e organica ai nuovi stimoli che provengono da tutta la cristianit.
Che lo Spirito Santo, che Spirito di sapienza e amore, illumini gli architetti che dovranno progettare e costruire nei centri storici per una citt vivente e che, mi auguro, un domani potranno contribuire all'edificazione della nuova Chiesa di San Pietro in Vaticano !
Carlo Sarno
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1005
di Ludovica Barassi
del 16/12/2005
relativo all'articolo
Regalo di Natale a Pierre Alain Croset: nasi natur
di
Paolo G.L. Ferrara
Non voglio essere polemica, sono solo curiosa del perch chiedere spiegazioni ORA riguardo una falsa notizia di TREDICI anni fa'???
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16/12/2005 - Paolo gl Ferrara risponde a Ludovica Barassi
Non sono 13 anni...sono 23, e avevo appena compiuto 19 anni (che giovane che ero!). Quando lessi il numero in questione ero al mio primo anno di facolt e mi stup molto che una rivista di tale prestigio potesse fare un errore del genere.
Scrissi a Casabella, ingenuamente. S, perch pensavo di potere avere risposte alla mia domanda, ma aspettai invano. Per iniziai a riflettere sulla credibilit delle riviste di settore: pubblicavano su commissione, senza verificare.
Poi, nel 1993, scrissi della cosa sulla rivista del prof. Marco Dezzi Bardeschi ("Ananke"), potendola rendendere finalmente pubblica.
Gi da anni (precisamente, dal 1984) avevo scoperto Bruno Zevi: tutti in facolt lo ostracizzavano( "non leggetelo!") e allora io lo lessi....E gli scrissi. Pensavo che, uno come lui, per il quale Wright veniva in Italia, per cui Le Corbusier si alzava da tavola per andarlo a salutare, pensavo che mai avrebbe risposto ad uno studentello...Passarono appena dieci giorni che ricevetti risposta. E continu cos per anni.
Cap che le persone di grande portata culturale lo sono perch, in primo luogo, la cultura, oltre ad averla, la fanno e non sottilizzano rispetto i titoli che l'interlocutore ha.
Da allora, tutti gli sbruffoni altezzosi mi fanno solo ridere: non hanno nulla da dare e nulla da insegnare, ma desiderano solo circondarsi di chi fa loro da "carta igienica".
Io credo fermamente che ci si debba sempre relazionare a chi pi capace, pi preparato di noi e non si deve cercare di distruggerli solo perch ci rendiamo conto di non potere essere come loro. Si devono ammirare e seguire: cresceremo anche noi.
L'episodio di Riesi da antologia della risata e, mi creda, in questi anni me ne sono fatte tantissime. C'era una redattrice di Casabella e, visto che il tema di discussione era proprio "comunicare l'architettura", ho semplicemente avuto l'occasione per avere la risposta attesa da 23 anni....E sono stato fotunato!
Cordialit
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1004
di Esc
del 15/12/2005
relativo all'articolo
Regalo di Natale a Pierre Alain Croset: nasi natur
di
Paolo G.L. Ferrara
Bellissmo articolo, soprattutto per il teatro in questione, straordinaria opera di Samon.
Per le calunnie di Croset, tutti cercano di difendersi come possono, in special modo quando vengono attaccati in pubblico!
Continui col suo spirito battagliero, perch fin quando ci saranno persone come lei, l'architettura potr ancora contare sul mettersi in discussione, evitando di vedere le cose SOLO da un punto di vista (e sono sicuro che ne ha di esperienze alle spalle!).
Buon lavoro.
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1001
di Pierluigi Di Baccio
del 14/12/2005
relativo all'articolo
Il Sindaco di Rivara risponde su Villa Colli
di
la Redazione
Se il sindaco avevsse avuto davvero l'intenzione di fare chiarezza sulla vicenda, vista la disinformazione che secondo lui regnerebbe, avrebbe avuto la cortesia di riassumere l'intera storia dal suo punto di vista e non si sarebbe limitato ad alcuni brevi appunti che presi cos come sono servono a poco, perch volutamente non spiegano nulla e fanno solo confusione.
Cordialmente,
Pierluigi Di Baccio
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1002
di Michele Ormas
del 14/12/2005
relativo all'articolo
Regalo di Natale a Pierre Alain Croset: nasi natur
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Paolo, al momento in cui leggerai questo post, un aereoplanino gremito di signori ben equipaggiati star sorvolando leggiadro la residenza dell'infausto croissant, proprio in corrispondenza della sua camera da letto. Attenderemo istruzioni..
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995
di Mariopaolo Fadda
del 01/12/2005
relativo all'articolo
Sogno e precisione - Villa Colli
di
Sandro Lazier e Renata Chiono
Egr. Sig. Silvio Riorda
Sindaco pro-Tempore
di Rivara (TO)
ITALIA
e p.c.: AntiTHesi
www.antithesi.info/
Spazio Architettura
www.spazioarchitettura.net/
Apprendo dalle reti televisive e dai giornali americani (ma so che se ne occupano anche i media di altri continenti) della stoica battaglia intrapresa dallamministrazione comunale di Rivara per tutelare il proprio futuro industriale messo a repentaglio dalla presenza di una villa privata.
CNN, FOX, NBC, CBS, New York Times, Los Angeles Times, Washington Post, Wall Street Journal non solo sottolineano, con diverse sfumature, la rilevanza internazionale della vicenda, ma dimostrano apprezzamento per le posizioni da Lei sostenute.
FOX News, per esempio, cita, in una corrispondenza da Rivara, una Sua lettera in risposta alle fastidiose intromissioni del FAI, in cui Lei afferma perentorio che la preoccupazione rivolta a questo punto non a Villa Colli... ma alle maestranze circa 150 famiglie occupate nelle aziende confinanti. E meno male! - scappa al cronista della rete televisiva che continua - da un lato una lussuosa villa e una famiglia (neanche rivarese) che la occupa, dallaltra una fabbrica e 150 (40 dice unaltra fonte non verificata) famiglie di Rivara, chiaro che unamministrazione lungimirante e paternalista deve tutelare le povere famiglie e al diavolo, una volta tanto, la cultura con tutti i suoi annessi e connessi.
CBS dedica alla vicenda unintero numero di 60 Minutes, in cui ricostruisce i sei anni di angherie che la fabbrica confinante con la villa ha dovuto subire a seguito delle ripetute cause legali intentate dai nuovi rissosi padroni della Villa. Angherie supportate da associazioni e societ di infimo livello che vanno dalla Societ degli Ingegneri ed Architetti di Torino al Fondo per lAmbiente Italiano, dai Giovani Architetti del Canavese allAssociazione Archivio Storico Olivetti. Questi dice il giornalista di CBS - la buttano sulla Cultura pur di mettere in mutande 150 famiglie rivaresi vere. Senza nessun pudore si sono permessi di scomodare un premio Nobel e persino il Presidente della povera repubblica italiana! Finora senza risultati, per fortuna.
Il servizio del Wall Street Journal si occupa, in particolare, del nuovo Polo di Stampaggio realizzato con fondi CEE a soli tre chilometri di distanza, che a parere del giornalista, contro ogni logica economico-finanziaria ed uno spreco inaudito di soldi pubblici. Il recente rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di un nuovo fabbricato industriale confinante con la famigerata villa la giusta decisione di unamministrazione comunale gelosa della propria autonomia e del proprio campanile. Non sarebbe meglio, a questo punto, si chiede ragionevolmente il giornalista newyorkese - che si trasferisse la famiglia proprietaria della villa, invece di costringere gli operai della fabbrica ad un incivile pendolarismo?
Il New York Times titola in prima pagina Italy: Nightmare and Sloppiness in Rivara (che suona pi o meno cos Italia: Incubo e pressapochismo a Rivara). Nellarticolo, a firma del suo critico di architettura, si stigmatizza il comportamento della gang di intellettuali [si proprio cosi li apostrofa, n.d.r] che tenta di far prevalere, ad ogni costo, il presunto valore storico-artistico della villa sul valore socio-industriale delle fabbriche che, come afferma Mr. Riorda, Sindaco pro-tempore di Rivara, gi al momento della costruzione circondavano la famigerata Villa (i maligni negano la circostanza), che quindi possiamo considerare un intruso in una zona vocata allindustria come recita il Piano di Zonizzazione Acustica. Un oltraggio al patrimonio industriale di Rivara da far accapponare la pelle.
Il Los Angeles Times d notizia della costituzione di un cosiddetto Comitato Internazionale per salvare Villa Colli. Tutta gente a cui non gliene importa nulla di Rivara, delle sue maestose fabbriche e delle povere famiglie operaie. Scrive, senza peli sulla lingua, il responsabile della sezione economica del quotidiano angeleno.
A proposito, non si preoccupi se vede comparire il mio nome nella lista di aderenti, si tratta di una fastidiosa omonimia. Non ho nulla a che vedere con quel sordido individuo che fa solo, mi passi il romanismo, caciara per nulla. Forse le sfuggita la sua ultima mascalzonata, un articoletto su quel fogliaccio online Spazio Architettura, scritto sotto levidente influsso di droghe pesanti.
Sa che le dico? Perch non costituiamo anche noi un Comitato Internazionale per radere al suolo uninutile e dannosa Villa? Ora che la vicenda sui media di tutto il mondo, nei suoi giusti termini come abbiamo visto, sar un gioco da ragazzi e agli intellettuali da strapazzo gli facciamo un bel cappotto.
Vediamo, infine, il presunto valore di questa casa di campagna. Progettata da d
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996
di Guidu Antonietti
del 01/12/2005
relativo all'articolo
AntiTHeSi su carta
di
Sandro Lazier
Longue vie antiTHeSi on paper !
Je ne manquerais pas de faire part de cet venement dans aRoots !
Amicizia
Guidu Antonietti di Cinarca
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998
di Andrea Pacciani
del 01/12/2005
relativo all'articolo
AntiTHeSi su carta
di
Sandro Lazier
Il pregio di www.antithesi.info (o era?) che non autocelebrativo e autoreferenziale ma insolitamente aperto e libero alle voci di tutti a volte anche troppo. Trovo infatti nobile l'affermare le proprie posizioni attraverso il contraddittorio pubblico e diretto con i lettori anche i pi contrari solo con la forza delle idee (quando ce n'...).
E' l'esposizione delle idee e dei loro contrari la forza del vostro sito.
Uscire su carta con voce monocorde della redazione mi sembra un gesto pi debole, un po' borioso, e riduttivo rispetto al web, senza offesa, anche se sicuramente gratificante per le fatiche trascorse in redazione. Mi sembra un po' una cosa che fate pi per voi stessi che non per il vostro pubblico.
Il contraddittorio in tempo reale ha una forza che un media cartaceo diverso dal web fatica a tenere il passo. Forse solo Domus degli anni '40 era risucita ad avere un'energia simile.
Da parte mia aspetto on line nuovi temi stimolanti al dibattito piuttosto che una summa del pensiero vostro da conservare sullo scaffale...comunque in bocca al lupo
con cordialit
Andrea Pacciani
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1/12/2005 - Sandro Lazier risponde a Andrea Pacciani
Concordo in pieno. Mi spiace, per, che la dose di veleno contenuta nellarticolo non sia arrivata come desideravo.
Comunque tranquillo, Pacciani, lautoerotismo non ci piace e non ci corrompe. Conosciamo bene i limiti del giornale. Per questo tentiamo di onorare le poche, ma preziose, qualit che abbiamo.
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997
di vito Corte
del 01/12/2005
relativo all'articolo
Noi, pesciolini rossi, meglio delle cernie
di
Paolo G.L. Ferrara
Da qualche tempo leggo le problematiche sollevate da questo Giornale in occasione del rinnovo degi consigli degli ordini: sono un presidente di ordine dal '94 (!); recentemente riconfermato con un inquietante consenso da parte dei colleghi. (Perch inquietante: ancora mi chiedo se non gliene frega niente oppure i miei colleghi-elettori sono davvero soddisfatti di come li ho finora rappresentati). Tuttavia non voglio subito prendere le difese d'ufficio e di conseguenza arroccarmi su una controffensiva che dichiari a priori la giustezza delle ragioni di chi sta negli ordini (a servizio dei colleghi, dovrebbe essere...). Vorrei riflettere e far sedimentare questa sollecitazione di critica e di polemica contro certi modi di prestare servizio nell'ordine perch ho impressione che molte rivendicazioni siano fondate e meritevoli di essere prese in seria considerazione, a prescindere dagli esiti elettorali (chi fuori dagli ordini, infatti, non pu immaginare quale capacit aggregativa possa tradurre in termini di consensi elettorali l'attuale meccanismo elettorale, pur se recentemente rinnovato). Se questo giornale lo riterr opportuno, allora, vorrei dare un contributo organico al dibattito, sforzandomi di essere equlibrato, concreto e, al contempo, sufficientemente idealista per immaginare come si potrebbe cambiare un sistema che, obiettivamente, deve essere revisionato.
E' bella/brutta l'immagine che Paolo restituisce degli architetti/pesci rossi. Anch'io, nonostante le apparenti circostanze, mi sento pesce rosso cos per come lo immagina Paolo, per dico che questo suo ragionamento applicato ad una parte di noi architetti vale anche per una parte di noi cittadini (penso che anche lui volesse dire questo, citando Danilo Dolci). Credo che dobbiamo sforzarci di capire quali strumenti utilizzare per una migliore e diversa partecipazione, agli ordini come ai consigli comunali.
per , ripeto, non ho ancora le idee chiare: vorrei prendermi un p di tempo, perch l'argomento merita.
V.C.
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991
di Mariopaolo Fadda
del 23/11/2005
relativo all'articolo
Elezioni Consigli degli Ordini: chi conosce i prog
di
Paolo G.L. Ferrara
Sapevamo da tempo che la gran massa degli architetti italiani (e quindi anche milanesi) vive con disagio e avvilimento la propria condizione professionale, ma che una parte di essi fosse sprofondata nel rancore plebeo non lo avremmo mai immaginato. Un autodeclassamento che deve far riflettere sul grado di corruzione etica e intellettuale di una professione che si picca di avere un ruolo sociale da svolgere. Certo, simile campionario umano, pronto a servire dieci, cento, mille padroni, lunico contributo che pu offrire la partecipazione alla spartizione del bottino. Nulla di pi.
La presentazione delle liste del Co.Di.Arch. ha avuto il duplice effetto di portare allo scoperto lesistenza di questa zavorra, che rischia di trascinare nellimbarbarimento lintera professione e il sistema che regola le elezioni dei Consiglio dellordine. Un sistema che fa apparire Ceacescu e compari, al confronto, come integerrimi garantisti.
La denuncia di Giovanni Loi, precisa e circostanziata, dovrebbe far rizzare i capelli a chi crede nella certezza del diritto, ma, temo, i calvi spunteranno come funghi e la certezza del rovescio trionfer.
Invito ancora una volta i colleghi milanesi che rifiutano questo squallido status quo a votare per i candidati della lista del Co.Di.Arch. Loro non promettono la spartizione di prebende, cariche, incarichi, poltrone e poltroncine ma si impegnano solo, e scusate se poco, a porre freno a questo lento, cupo inabissamento della nostra, della vostra, dignit professionale.
MPFadda
Los Angeles, CA
22/11/2005
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990
di alessio lenzarini
del 18/11/2005
relativo all'articolo
Con il CoDiArch per il Consiglio dell'Ordine di Mi
di
Paolo G.L. Ferrara
Sono iscritto all'Ordine degli Architetti di Bologna dal 2000 (e forse ho avuto poco tempo per un'elaborazione del significato...) ma sinceramente mi sfugge ancora il motivo fondante dell'esistenza stessa degli ordini professionali. Non intendo banalizzare la questione con visioni anarco-individual-liberiste, ma tutto sommato se il significato degli ordini deve ridursi all'erogazione di un 'servizio' agli iscritti, in termini di tutela legale o di proposte formative o di qualsivoglia altra cosa, mi sembra abbastanza assurdo essere obbligati a pagare un servizio senza potere scegliere da chi e come riceverlo: e dico questo anche postulando la migliore delle ipotesi, ovvero un ordine professionale che quel servizio lo eroghi davvero, efficientemente, con vocazione paritaria alle esigenze di tutti gli iscritti, senza nessun abuso di potere o lobbismi vari. Se invece si suppone che il significato degli ordini vada al di l dell'erogazione di un servizio e consista cio nel 'rappresentare' i suoi iscritti, in senso quanto pi ampio si vuole, allora le cose cominciano ad essere complesse.
In generale, ho l'impressione che la concezione attuale dell'ordine professionale sia ancora abbastanza legata a vecchi schemi socio-economici, ad uno spirito 'corporativo' proprio di un mondo in cui la 'professione' la praticavano in pochi, e quei pochi si conoscevano pi o meno tutti fra loro, e appartenevano ad una precisa classe sociale che condivideva esigenze, obiettivi, interessi innanzitutto socio-economici e poi, eventualmente, culturali. Mi spiego meglio: ho spesso l'impressione che il significato dei nostri ordini rimandi ancora ad una concezione di dignit insita tautologicamente nella professione di architetto, come se la dignit e il valore professionale non derivasse da come si svolge tale professione bens dal fatto stesso di praticarla e potere scrivere 'arch.' sul biglietto da visita. Oggi di laureati in architettura ne abbiamo in abbondanza, sparsi tra tutte le classi sociali (che ancora esistono, non scherziamo) e molti fanno lavori che non centrano nulla con la loro laurea, e molti altri svolgono le mansioni che un tempo erano appannaggio dei geometri oppure si sono specializzati nelle nuove mansioni della computer-grafica, e moltissimi sono i dipendenti (o simil-dipendenti) malpagati di loro colleghi pi bravi o pi fortunati, e alcuni fanno i burocrati o, peggio, i censori nelle pubbliche amministrazioni, e pochi svolgono la libera professione e pochissimi la svolgono con il coraggio, il talento, la voglia e il tempo per coniugarla a qualche discorso contenutistico-espressivo. Pertanto mi chiedo: non un po' difficile, anche con le migliori intenzioni, che un ordine riesca a tutelare contemporaneamente tutte queste diverse specificit della professione (sarei tentato di dire: 'diverse figure professionali')? Come possono essere oggetto di tutela paritaria il datore di lavoro e il suo dipendente? Per non parlare, poi, di questioni di natura strettamente culturale: architetti, pianificatori, paesaggisti, conservatori... non nascondiamoci dietro alla bugia che si tratta sempre della stessa professione! E' senz'altro vero che per il momento queste differenziazioni del corso di laurea stanno trovando poca applicazione reale nel mondo del lavoro, ma se in futuro troveranno un riscontro concreto (cosa forse auspicabile) non ci si potr certo nascondere una contraddizione insita perfino nel nome stesso del nostro ordine professionale: contraddizione non di interessi economici ma, ben pi marcata, di vocazione intellettuale. Ammetto, con spirito tra lo scherzoso e il polemico, che personalmente non mi risulta graditissimo, in termini di principio, pagare ogni anno un'iscrizione ad un ordine che dovrebbe rappresentare sia me, ingenuamente orgoglioso del mio ruolo di progettista, sia altre figure che non riesco a non sentire alla stregua di miei 'nemici naturali': figure come, appunto, i pianificatori, i paesaggisti e i conservatori che, nella mia soggettivissima visione delle cose, dovrebbero risultare depositari, nel gioco democratico delle parti, di una propensione alla gestione e allo sviluppo del territorio quantomeno alternativa alla mia (per non dire opposta).
Se cambia il sistema socio-economico-culturale entro cui si attua l'esercizio della professione di architetto, allora dovrebbe cambiare -radicalmente- anche la concezione stessa dell'ordine professionale. E questo probabilmente pu avvenire, per usare una vecchia categoria critica, sia con le riforme (ovvero nuovi programmi e nuove idee) sia con la rivoluzione (ovvero abolizione degli ordini e nascita di un qualcos'altro ' X ').
Avanzo un'aspettativa a dir poco utopica: davanti ad un'attivit professionale che, rispetto a qualche decennio fa, risulta maggiormente condizionata dai quadri normativi di riferimento, sempre pi complessi e invasivi della libert espressiva, il futuro ruolo dell'ordine degli architetti non potrebbe
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989
di Andrea Pirisi
del 16/11/2005
relativo all'articolo
Con il CoDiArch per il Consiglio dell'Ordine di Mi
di
Paolo G.L. Ferrara
Egregio Prof. Ferrara, sono pienamente d'accordo sull'aggiunta relativa all'Esame di Stato fatta dal Dott. Renato Cavestro.
Io mi sono laureato "tardi" perch ho dovuto affiancare lo studio al lavoro e nel periodo dell'Universit ho continuato a svolgere la professione di geometra alle dipendenze di un'impresa.
La mia esperienza professionale (decennale) potrei definirla senza modestia sodddisfacente, ho lavorato nel privato, nel pubblico, ho fatto corsi per abilitarmi nei vari settori dell'edilizia o semplicemente per interesse personale (sempre e comunque nel campo dell'architettura, vedi ad esempio il corso di architettura bioecologica ANAB). Una volta laureato ho tentato l'esame di stato ma non l'ho passato. Mi chiedo in che modo una commissione che non sa assolutamente niente di me possa valutare la mia professionalit (non dico le mie capacit di architetto).
Ho deciso per protesta (ovviamente mia personale) di non tentarlo pi e di aspettare una modifica all'attuale normativa con la speranza che venga tolto ogni paletto e che la ver professionalit dell'architetto possa essere dimostrata "sul campo". Nel frattempo volendo potrei riiscrivermi all'albo geometri (per il quale sono gi abilitato) oppure.... lavorare per qualche ingegnere per il quale, non si capisce perch, l'esame di stato solo un pro-forma.
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988
di Renato Cavestro
del 14/11/2005
relativo all'articolo
Con il CoDiArch per il Consiglio dell'Ordine di Mi
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Ferrara,
ho letto con molto interesse larticolo da te pubblicato.
Avrei per qualcosa da aggiungere riguardo allEsame di Stato previsto dalla costituzione (siamo lunico paese in Europa ad averlo insieme alla Grecia), poich Questa non ne prevede le modalit ed i contenuti.
Nel corso degli anni, lEsame di Stato si trasformato in un vero e proprio secondo esame di Laurea, con la differenza che il rapporto tra Commissione e Candidato non pi di livello Professore/Studente, bens da Collega a Collega.
Con una sostanziale differenza per, poich il pi delle volte chi giudica non ha mai messo piede in cantiere.
Che senso ha dare un tema e dire: adesso hai 8 ore di tempo per fare un progetto!
LArchitettura non vive di regole prestabilite che si possono applicare come formule matematiche; fatta di idee, e questa non vengono a comando.
Quante volte ci capitato di ritornare, nel corso della fase di progettazione, a scelte iniziali scartate per chiss quali motivi? Di svegliarci nel cuore della notte, e con gli occhi sbarrati gridare il fatidico Eureka? Oppure di rimettere in discussione, (magari il giorno dopo) ore ed ore di lavoro perch la strada intrapresa si dimostrata sterile?
Non cos che si valuta la capacit di un candidato ad operare sul mercato, perch questo deve essere lobiettivo finale della Commissione esaminatrice, e non la bont delle sue scelte progettuali, o la verifica delle sue capacit come disegnatore.
Nel tuo articolo parli giustamente di Maturit alla Professione ecco cosa dovrebbe realmente verificare la Commissione. Verificare lapproccio del Candidato nei confronti della professione, e stabilire se questi preparato a soddisfare le richieste della committenza sia pubblica sia privata, attraverso le scelte che andr a fare.
Di fronte alle stragi di candidati che ci sono ad ogni tornata desame, lUniversit per prima dovrebbe interrogarsi sul perch ci avvenga: significa forse che i Politecnici italiani non siano in grado di formare laureati? O che la classe dei Professori non sia allaltezza?
Non credo.
Diciamo allora le cose come stanno veramente: negli anni, lEsame di Stato diventato uno strumento di selezione da parte delle Universit stesse e degli Ordini professionali nei confronti dei neolaureati, per creare mano dopera a basso costo.
Non si spiega altrimenti.
Ben venga lidea di istituire un Esame di Laurea abilitante, purch questo non penalizzi, come buona prassi italiana, chi come me, lavora da anni e ha rinunciato a farsi giudicare da chi, almeno sulla carta, dovrebbe essergli alla pari, dando la possibilit di dimostrare le sue capacit, come avvenuto nellimmediato dopoguerra, contro documenti.
Dr. Renato Cavestro
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987
di Mariopaolo Fadda
del 11/11/2005
relativo all'articolo
Con il CoDiArch per il Consiglio dell'Ordine di Mi
di
Paolo G.L. Ferrara
C di che essere grati agli amici del Co.Di.Arch. per la loro folle trovata di sfidare il potentato dellordine professionale di Milano. Folle perch pur sapendo che, bene che vada, riceveranno in cambio ostracismo e denigrazione gratuita, ci provano lo stesso. Folle perch da suicidi esporsi cos apertamente, per una nobile causa, alle invidie e ai rancori di chi tenacemente attaccato allo status quo. Folle perch vuol mettere al centro del dibattito il ruolo professionale dellarchitetto nel nuovo contesto globale e non quello dei burocrati preoccupati solo di difendere e rafforzare posizioni di potere e sottopotere di unanacronostica corporazione. Una trovata folle, dunque ragionevole e praticabile che vorremmo si estendesse da Milano a Palermo, da Torino a Udine, da Ancona a Nuoro e via via sino alla pi remota periferia.
C di che essere grati a Paolo G.L. Ferrara, Giovanni Loi, Alberto Scarzella Mazzocchi e a tutti gli altri candidati in lista, per avere gettato il sasso nella palude politico-affaristica degli ordini professionali e posto allordine del giorno una svolta radicale che:
- metta finalmente mano a quel retaggio medievale chiamato codice deontologico,
- ponga fine allautolesionismo protezionistico,
- demandi alla libera scelta individuale laggiornamento professionale,
- ponga le basi per la liquidazione della squallida lotteria dellesame di stato,
- stabilisca i corretti ambiti delle categorie professionali affini,
- si faccia garante dei diritti dei giovani colleghi,
- stabilisca, quale principio irrinunciabile dellordine, la tutela generalizzata per tutti gli iscritti e non solo per le cerchie degli amici e degli amici degli amici.
In poche parole la liquidazione dellordine come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi e il primo passo per la creazione di una libera associazione in sintonia con il XXI secolo.
Uniniziativa che dovrebbe far rizzare le orecchie alle giovani leve che volessero svincolarsi dallincomoda posizione tra lincudine di tromboni e tromboncini (35) che firmano appelli pro-domo sua e il martello di un ordine che si ricorda di loro una volta allanno, al momento della riscossione della gabella. E, per chi non pi una giovane leva ed ha subto per anni lordine professionale, vieti ostracismi e colpi bassi di ogni genere, un invito a scuotersi dallapatia e sfruttare latto folle di questo pugno di colleghi intellettualmente e professionalmente integri. Per non restare intrappolati ora e sempre nellimpotenza e nella fatalit pi nere.
Mariopaolo Fadda
Los Angeles, CA
10 Novembre 2005
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986
di Michele Dimarco
del 09/11/2005
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Ancora da sotto il Ponte
di
Domenico Cogliandro
Io sono uno degli estensori del sito www.nopontestrettomessina.it, quindi puo' immaginare quanto sia d'accordo sull'articolo. Saluti
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985
di Osvaldo Pieroni
del 09/11/2005
relativo all'articolo
Ancora da sotto il Ponte
di
Domenico Cogliandro
Caro Domenico, la boutade di Monorchio relativa alla maxipenale stata prontamente smentita. Fino allapprovazione del Cipe del progetto definitivo si potr uscire senza pagare oneri aggiuntivi. Lo schema contrattuale prevede inoltre che il recesso del contratto sia
possibile senza penali qualora dal progetto definitivo risultassero
costi e tempi non coerenti con lofferta presentata in gara. Il Sole24ore, gi il 29 ottobre, chiariva bene questi aspetti. Sai meglio di me che , obbiettivamente, tempi e costi relativi ad un progetto definitivo ancora da fare non possono essere coerenti con l'offerta, a meno di non coprire - con una legittimazione istituzionale - il grande imbroglio. Ci sono grosse difficolt tecniche e ci sono un sacco di problemi giudiziari in ballo (dall'altol della UE a proposito delle aree SIC ed IBA cancellate dal ponte, all'inchiesta della magistratura nei confronti dell'ufficio VIA del Ministero dell'ambiente che avrebbe dato con troppa leggerezza l'OK,
all'indagine appena aperta sulla regolarit della gara vinta da Impregilo, alle indagini sugli interessi e gli ingressi della mafia, ecc. ecc.). Ci sono anche problemi dal punto di vista sociale. Non detto che quello che sta accadendo in Cal di Susa con la TAV non debba ripetersi - con fascia tricolore in testa - sulle rive dello Stretto. E poi tutta la mobilitazione degli ambientalisti, la maggioranza dell'Unione contraria (sar solo a parole?), la lotta che continua... Insomma il tuo appello agli architetti perch dicano apertamente la loro a proposito di un'opera inutile e devastante va bene, ma non soltanto la coscienza professionale che dovrebbe mobilitarsi, quanto piuttosto quella civile ed etica di ogni cittadino onesto (a parte la bassa coscienza economica, perch si tratta in toto di danaro dei contribuenti),,,
ciao e grazie
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982
di Fausto Capitano
del 30/10/2005
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L'Unione Europea dice 'no' al Ponte.
di
Domenico Cogliandro
La Commissione Europea ha aperto una procedura d'infrazione a carico dellItalia, sul Ponte sullo Stretto di Messina. Il progetto vola la Direttiva Comunitaria "Uccelli" ed carente per quanto riguarda la Valutazione dincidenza.
Accogliendo una segnalazione del Wwf, la Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea contesta allItalia di non aver adottato le misure necessarie a preservare gli habitat sui quali il Ponte sullo Stretto influirebbe, e a limitare i danni allavifauna in due Important Bird Areas (IBA). Inoltre, secondo la Commissione, il Governo italiano non ha eseguito correttamente la Valutazione dIncidenza del Progetto del Ponte, obbligatoria per tutti i progetti ricadenti in Zone di Protezione Speciale (ZPS). [...] Ricordiamo che il Governo italiano non nuovo a richiami di questo tipo: procedure di infrazione sono state aperte per il Mose di Venezia e per altri 11 casi di violazione delle normative ambientali.
[news tratta da www.EdilPortale.com - 27/10/2005]
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981
di Ambra
del 27/10/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Buona sera,
sono una studentessa del corso di laurea in Architettura delle Costruzioni al Politecnico di Milano, il mio preside il vostro collega Monistiroli.
Devo dire che la mia scelta a intraprendere questa "sfortunata carriera" stata molto consapevole, so bene che il futuro sar tutt'altro che rosa se non grazie a conoscenze che spero arriveranno con gli anni (purtroppo si pu solo contare su quelle).
La situazione che vedo tutti i giorni in universit la tipica: "ah ma quel professore figlio di quell'altro|" la cosa mi rattrista alquanto, se no si vedono dei professorini che sono l sfruttati dal docente di turno a leccargli il culo...bh questo credo non sia cambiato da 25 anni fa, no?
Altra cosa fondamentale nell'insegnamento, l'anno scorso alla fine del laboratorio di progettazione noi studenti abbiamo confrontato i nostrri progetti, forse per la prima volta, e abbiamo notato la somiglianza tra i nostri stessi lavori, ma anche molto simili a un progetto di Monistiroli....sar per colpa nostra o per il fatto che la nostra professoressa lavora con Monistiroli?
Non so se tirare delle conclusioni o lasciarvele fare a voi che forse siete pi esperti di me...
grazie
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980
di Tommy
del 24/10/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Salve a tutti, sono uno studente d architettura a Palermo.
Sono al primo anno, e, non essendo bene informato sulla questione affrontata (anzi per niente informato) ma in ogni caso incuriosito, vorrei che qualcuno mi spiegasse meglio i termini della questione (quale modo migliore per essere informato se non quello di chiedere adesso a voi?). Vi ringrazio anticipatamente
ciao a tutti
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977
di Giannino Cusano
del 08/10/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Mark Twain diceva che gli esseri umani sono attaccati al passato perch sono di memoria labile. Se penso alla (pseudo)storicismo, all'adorazione dei centri storici (che a volte, troppe, sanno di Controriforma e di Sant'Uffizio) non posso che dargli ragione.
Ma che dire, oltre i gi menzionati Luigi Pellegrin e Leonardo Ricci, di Maurizio Sacripanti, Marcello D'Olivo, Leonardo Savioli, Adalberto Libera, Vittoriano Vigan, Carlo Scarpa, Mario Fiorentino, Mario Ridolfi, Giovanni Michelucci, Claudio Dall'Olio, Luigi Piccinato, tanto per fare alcuni nomi possibili, senza passare per la triade Pagano-Persico-Terragni ? Lo so: accomuno molti nomi in un elenco che sarebbe interminabile: che iIn ciascuno c' almento un insegnamento cui attingere, per grandi o modeste che siano le opere concrete.
Ora alla lunga lista si aggiunge Giancarlo De Carlo: il suo lavoro mi pare contrassegnato da un impegno antidottrinario,umano, pragmatico, attento come pochi ai contenuti umani e sociali delle opere, quasi che ogni volta ricominciasse daccapo (ma a ben guardare non cos: che i principi che ne guidavano il lavoro erano quanto mai antidottrinari ed antidimostrativi).
Ce n' di che alimentare intere generazioni: e ancora si ciancia di identit dell'architettura italiana. C' ben di pi: c' un'eredit 'letteraria' (poesia e prosa poxo importa) vasta e articolata, convergente in una incessante ricerca di costume e civilt del vivere assieme , con cui alimentare generazioni di architetti: che pu e va ripresa e rilanciata verso orizzonti pi pregnanti. E De Carlo ne inscindibilmente parte. Ma le eredit non si 'hanno': o si conquistano con tenacia, fatica, impegno o decadono anch'esse e per prime a lugubri memorie.
Penso che molti umani si attaccano al passato quando sono stanchi di renderlo perennemente vivo e presente. Hanno la memoria corta perch pi comodo consumare e scialacquare allegramente che dare al passato un futuro, che riprendere il filo attuale di un impegno etico, invece di facili scorciatoie formalistiche. Comprendere i contenuti piuttosto che perdersi in meschine diatribe stilistiche: e la riprova che a giudicarlo con questo secondo metro, De Carlo proprio non regge. N fa moda o tendenza.
La nuova accademia da debellare , pi che mai oggi, quella che stilizza senza sforzarsi di comprendere. Dobbiamo ben pi di un grazie, di un omaggio o un tributo a Giancarlo De Carlo, perch da questa accademia fu sistematicamente immune: bisogna inalare almeno parte dell' l'impegno costante e quotidiano che ne qualific sistematicamente il lavoro. Impegno organico, sui contenut:i prima di tutto.
Non credo che passer molta acqua ancora sotto i ponti, perch questo accada: siamo solo, in Italia, in una difficile e confusa fase di transizione. L'effimero, per sua natura, prima o poi svanir.
G.C.
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976
di Adele Di Campli
del 08/10/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Gentile Ugo,
leggo sempre con molto piacere i suoi scritti. Sorrido per lironia con cui affronta le questioni drammatiche dellarchitettura italiana. Senza ironia ci sarebbe solo da spararsi. O forse avremmo dovuto farlo da subito, al primo giorno duniversit. Perch loro, i sapienti professori, padri s dellarchitettura, ma soprattutto nostri pap, ci hanno avvertito, sempre, puntualmente, ad ogni primo giorno di scuola. Cambiate mestiere, siete ancora in tempo, che ci fate qui? Sarete tutti falliti!.
Ma si mettevano daccordo, tutti i nostri buoni pap che avevano a cuore la sorte degli sventurati studenti di architettura? (E pensare che il mio caro pap, quello vero, era cos orgoglioso di avere una figlia alluniversit, un futuro architetto che, per giunta, studiava in una citt darte!).
Ci avevano avvertito, ma non ci abbiamo creduto. Anzi, pensai quel giorno, ma che vuole questo?. E chiedevo in giro se avesse figli studenti di architettura. Certo che ne aveva! Ma come? Fa la paternale a noi e poi lascia che suo figlio, dico suo figlio, venga anche lui gettato insieme a noi nellarena con tigri e leoni?. Non capivo che il figlio nellarena non ci sarebbe mai andato; non solo, non sarebbe mai salito neanche sugli spalti, perch le arene con tigri e leoni, gli ha insegnato il pap, roba dellantica Roma!
Caro Rosa, siamo sopravvissuti a loro gi almeno una volta nella vita, sopravviveremo anche ai loro figli ed alle loro letterine. In fondo, un po di arena, far bene anche a loro.
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978
di Giannino Cusano
del 08/10/2005
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Sicilia delenda est
di
Leandro Janni
Molti anni fa, giovane studente di Architettura e Belle Speranze, la pianificazione urbana e territoriale mi appassionava molto e mi dava l'idea di potermio rendere davvero utile al mio Paese. Un paio d'anni prima della mia immatricolazione era stata varata la 765 o Legg Ponte: ponte versb una riforma urbanistica che non solo non venne mai ma che, nei fatti, fu tenuta sempre pi lontana dai calendari politici della vita civile italiana: il ponte rimase a sbalzo nel vuoto, nel nulla.
Professori di altissimo valore come Gabriele Scimemi, Luigi Coppa, Federico Malusardi alimentavano, e giustamente, entusiasmi e rinnovate speranze che, noto anche ai bambini, sono sempre le ultime a morire. Gli scritti e gli interventi memorabili, brillantissimi di Luigi Piccinato, il fulgido quadro istituzionale e legislativo soprattutto -ma non solo- britannico, esempi di buoni piani redatti anche in Italia, nonostante condizioni al contorno devastanti: la strada era in salita, certo, ma quasi nessuno prevedeva che si sarebbe tramutata in una parete rocciosa del sesto grado.
Il quadro oggi supera ogni pi fosca previsione: la cultura del piano non solo, di fatto, costretta ad abdicare, ma a suicidarsi. Il caso Sicilia ne una conferma: e come al solito chi redige i piani dovr districarsi ed aggirare, quando pu, ostacoli sempre pi impervi.
Lo Stato centrale sceglie posizioni vieppi pilatesche, mentre con l'alibi federale le Regioni spesso sguazzano nella pi totale anarchia. Mi disinteressai piuttosto presto della materia, trovando pi agibile e interessante l'architettura, quindi seguo quanto basta le vicende urbanistiche, ma sembra proprio che citt e territori si trovino, come prima della 1150, avvolte in un marasma, in un fasciame inestricabile di leggi e centri decisionali (o indecisionali) in perenne e crescente conflitto fra loro. Persino la terminologia giuridico-urbanistica permane spesso nel vago, tanto da necessitare continue precisazioni e puntualizzazioni, sovente per vie legali.
Un quadro frammentato e neocorporativo che non riesce a ricucire grandi linee strategiche nazionali (figuriamoci, poi, le loro articolazioni regionali e subregionali) nemmeno di fronte alle nuove istanze ed esigenze che la crisi ecologica ed energetica imporrebbe di coniugare ad istanze di sviluppo e progresso.
Non so come andr avanti questo Paese; certo, il minimo attendersi tempi ... da Lupi !
G.C.
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974
di Giannino Cusano
del 07/10/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
PS per Ugo Rosa:
a margine, ma non per importanza: Lei stesso dice che fra cosa fare e cosa NON fare, Le riesce ben pi semplice la seconda opzione. Ed una cosa la esplicita, infatti: questi signori (i 35 firmatari dell'appello per l'architettura_italiana_torrone_nella_,calza_di_Babbo_Natale) bene non trovareseli nella propria trincea. Sicuramente pu essere una delle cose da NON fare e si potrebbe, a pensarci, condividere, cos come l'atteggiamento in generale.
Mi permette, allora, di riformulare la domanda? Oltre a quanto ha gi indicato, cosa ritiene sia da NON fare nei prossimi 2-3 anni per tentare, almeno, di evitare che i 25-30 a venire siano come i precedenti, se non peggiori?
Confido, almeno questa volta, nel Suo humour come scusante per la mia insistenza.
G.C.
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973
di Giannino Cusano
del 07/10/2005
relativo all'articolo
Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Be', caro Rosa, il mio omonimo si chiamava, in realt, Krebs, detto il Cusano perch proveniente da Kues, o Cusa (Germania).
Il cognome, per, ha origini pi lontane nel tempo e a me (lucano) pi vicine spazialmente, visto che Cusano Mutri il nome attuale di una cittadella medievale in provincia di Benevento (alcuni vi ravvisano traccia dell'anteriore Cossa dei Sanniti,rasa al suolo dai romani perch l in precedenza sconfitti e passati per le forche caudine). Da Cusano Mutri trassero il nome Cusano sul Seveso (o Milanino) e la stessa Kues.
Ora, chiamarsi come un luogo non mi pare cosa degna di chiss quale investitura: tanto pi che la radice (ebraico-caldea) di Cossa (poi longobardizzata in Cusa durante il regno di Autaris) sta per 'coppa', 'tazza', 'calice': conviviale, s, ma a mio avviso scarsamente speculativa.
N posso prendere troppo sul serio il pensatore umanista: il nome -che condivido col ben pi noto Stoppani, alias Gianburrasca- decisamente me lo impedisce.
Nomen omen? Forse: come vede, di "guai" in comune ne abbiamo pi di quanti sospettassimo 2 giorni fa :-)
Cordialit,
G.C.
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975
di Mario Mangone
del 07/10/2005
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Malattia italiana dell'identit
di
Giovanni Bartolozzi
Sono completamente d'accordo nel rilevare i poderosi salti di scala interpretativi per tutto ci che riguarda una "nuova identit" dell'archiettura. Infatti necessario un altrettanto poderoso processo organizzativo, storico e processuale nel ri-mettere in relazione le identit nazionali con i precari e non consolidati standard di conoscenza a scala globale.
Questa un campo culturale dove l'Italia ed in particolar modo gli italiani devono urgentemente apportare, in collaborazione con i colleghi architetti del nord e sud europa, un grande e decisivo contributo.
Questo il campo decisivo e fondante una nuova natura del progetto, nell'era della globalizzazione. Bisogna urgentemente ri-definire nuove relazioni storiche ed operative tra linguaggi, pratiche, organizzazioni, processi e discpline sino ad ora impensabili. La nostra universit non attrezzata per questo compito. Il nostro mercato professionale e disciplinare, nemmeno. Quindi come ne usciamo?
Prima fase avere consapevolezza metodologica.
Seconda fase bisogna costruire reti tematiche di sviluppo analitico e progettuale.
Terza fase istituzionalizzare questo processo.
Da Napoli un iniziale e flebile segnale di autonomia (naviga su www.copaweb.it ) vuole puntare verso questa direzione.
Ri-definire completamente il proprio punto di vista sulle cose attraverso il proprio locale nella citt-mondo. Lo scontro non su cosa scopriamo all'interno di essa. Questo un gioco che conoscaimo abbastanza bene e fa parte delle nostre pratiche di confronto-scontro scientifico e culturale che di prassi (da qui la decadenza culturale), ma di come rappresentiamo l'"oltre" della citt-mondo, del suo immaginario, della sua dimensione mitica, su questo campo l'architettura potrebbe slittare in una pericolosa regressione. Ma siamo solo agli inizi, anche se per me l'inizio di questa fase ha una data ben precisa :
Chicago 1893 : Esposizione Universale di Chicago o sottotitolata all'epoca "La Citt Bianca". Ma questa infatti un'altra storia, appunto, su cui sarebbe opportuno soffermarci per molto tempo .
Intanto buon lavoro e ritenetemi ampiamente disponibile per questo progetto collettivo.
Cordiali saluti Mario Mangone
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972
di Giannino Cusano
del 05/10/2005
relativo all'articolo
Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Non delude nemmeno questa volta la verve (tutta siciliana, mi pare) di Ugo Rosa. Ed assolutamente ammirevole che ci sia chi ha la forza morale di scherzare, e di farlo sul serio, in situazioni drammatiche come questa.
Mi colpisce, invece, questa volta, l'amarezza: comprensibile e giustificatissima. Il tuo 'dopo 25 anni' , per me, un dopo 30, dato che a fine Ottobre ne compio 56. (sono nato lo stesso giorno di T. Roosevelt, Roberto Benigni e Rino Gaetano: per la cronaca e per i cultori della materia, sotto lo stesso segno zodiacale di -ahim- Paolo Portoghesi e, per fortuna, di Luigi Piccinato: superfluo aggiungere che sono spudoratamente dalla parte del secondo ? ).
Questo a me sembra dividerci: se un edificio in Italia lo progetta la Hadid piuttosto che Gregotti, a me importa molto. Ma questione accessoria.
Vorrei solo, sommessamente, porre una donanda a Ugo: che facciamo, insieme, nei prossimi 2 o 3 anni per tentare, almeno, di scongiurare altri 25-30 anni come i precedenti, se non peggio?
Un caro saluto,
G.C.
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5/10/2005 - Ugo Rosa risponde a Giannino Cusano
Caro Cusano
la sua domanda interessante e, probabilmente, anche sensata ma, per attenermi allo zodiaco, io sono nato in marzo, sotto il segno dacqua per antonomasia. Muto e senza mani, scivolo sulle cose e, ad afferrarle, non ci riesco. Cos mi esercito, come un tempo i teologi apofatici, a guizzare intorno al contorno di qualcosa che, alla fine potrebbe perfino rivelarsi un assenza. Non so proprio dirle, dunque, cosa fare: al massimo riesco (di tanto in tanto) ad intuire cosa non fare. Per giunta, avr notato, mi chiamo Ugo (proprio come Fantozzi) e Il mio onomastico cade il primo daprile: uno scherzo del calendario. Questo il mio Ming, i cinesi lo sapevano: il nome cifra e destino. Lei per, adesso che ci penso, si chiama Cusanolo vede come il cerchio si chiude? Guardi un po cosa scriveva il suo omonimo Nicola pi di mezzo millennio fa:
Strano, io vedo qui un uomo che si attacca a qualcosa che non conosce
Ma pi ci sarebbe da meravigliarsi se un uomo si attaccasse ad una cosa che egli credesse di conoscere
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970
di Giannino Cusano
del 05/10/2005
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Sogno e precisione - Villa Colli
di
Sandro Lazier e Renata Chiono
Leggo solo ora, attraverso il commento di Mariopaolo Fadda, di Villa Colli.
E' una vicenda ignobile, inqualificabile, vergognosa alla quale occore reagire. Non conosco l'intera vicenda se non per sommi capi, come era logico attendersi da una rivista.
Non faccio commenti n elenco, per ora, motivazioni a favore della villa: a caldo, credo urgente e necessario agire su due leve:
1. dare il massimo spazio per approfondire e divulgare ulteriormente questa vicenda e credo che Antithesi vorr non solo rendersi disponibile ma anche spingere perch altri spazi di informazione si rendano disponibili;
2. occorre dare il massimo sostegno alle voci levatesi a favore di Villa Colli, a partire da quella del Capo dello Stato. Per questo credo che vada SUBITO istituito un Comitato per la difesa e la salvaguardia di villa Colli, che coinvolga figure di prestigio e comuni cittadini, e che sia capace di interloquire con le autorit locali. Io credo che alla fine almeno il buon senso (che cosa diversa dal senso comune) possa prevalere.
Dichiaro sin d'ora tutta la mia disponibilit per qualsiasi iniziativa atta pernseguire lo scopo auspicato: lettere al sindaco, all'Unione Industriali, al Ministro Urbani, al Capo dello Stato, al Sindaco o qualsiasi altra cosa sia auspicabile e sperabilmente efficace.
Ci faccia sapere anche la sig.ra Chiono, che ha il polso della situazione, cosa davvero pu essere utile in questo momento: il sostegno morale non basta e non intendo esprimerne. Forse tardi, ma serve sostegno concreto e operativo.
E non solo una questione di coscienza o di sensibilit: se non siamo disposti a scommetterci su nemmeno un capello, se cediamo alla rassegnazione e al pessimismo e gettiamo la spugna prima di aver tentato alcunch, non lamentiamoci poi se, in campo architettonico (solo?) , le cose in Italia vanno male: ce lo siamo (e ce lo saremo sempre di pi) cercato e ampiamente meritato!
Possibile che non abbiamo pi nemmeno la forza per scommettere su noi stessi? E se cos, non ci vergognamo per come ci hanno ridotti?
G.C.
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969
di Mariopaolo Fadda
del 03/10/2005
relativo all'articolo
Sogno e precisione - Villa Colli
di
Sandro Lazier e Renata Chiono
Torno brevemente sullargomento Villa Colli-Chiono, segnalato da AntiThesi nel luglio del 2003.
La denuncia di allora non ha prodotto nessun apprezzabile risultato e Renata Chiono sta per gettare la spugna. Sinceramente disperata per quanto accade qui ogni giorno, ho pensato pi volte di arrendermi, senza poi attuare questo mio pensiero... Con la prospettiva di un nuovo capannone industriale non posso pensare di andare oltre, nonostante coltivi, in cuor suo, timide speranze Ho ancora tanti progetti: ci che oggi vorrei, proseguire questa folle operazione culturale, organizzando un Congresso Internazionale di Architettura dedicato a Pagano, Levi-Montalcini e Alberto Sartoris, tre architetti torinesi a confronto.
Creare momenti di aggregazione offrendo gratuitamente, come sempre, lo spazio del giardino, che mi stato richiesto da una associazione che opera per un teatro creato da persone diversamente abili, affinch possano realizzare un loro spettacolo.
C da fremere di vergogna nel vedere le traversie a cui si esposta Renata e alle angherie che ha subito e subisce per fare quello che in un qualsiasi paese civile le avrebbe procurato onori e riconoscimenti. Si sono mossi la Societ degli Ingegneri ed Architetti di Torino, il Fondo per lAmbiente Italiano, i Giovani Architetti del Canavese, lAssociazione Archivio Storico Olivetti, si mosso persino il Capo dello Stato. Sono state fondate lAssociazione Storico-Culturale E X T E N S A Ratio e la biblioteca dedicata a Pagano e a Levi-Montalcini, ma di fronte allarroganza di unamministrazione comunale cieca e sorda e alle prepotenze corporative dei sindacati non c nulla da fare.
La vergogna di questa vicenda non sta solo nel prevalere di ottiche rozzamente economicistiche a danno della cultura, ma anche nel generale disinteresse degli addetti ai lavori. Accademici di fama, critici, storici e liberi professionisti si distinguono per il loro silenzio assordante, qualche rantolo, ma nulla di pi. Per non parlare del Darc, il carrozzone di burocrati in carriera, che giorno dopo giorno si qualifica sempre pi come unoffesa e un insulto alle ragioni dellarchitettura moderna.
Due sole le risposte allappello lanciato da AntiThesi.
I nostri architetti, sempre pronti a difendere a spada tratta catapecchie, purch vecchie, a deprecare lo sfacelo del nostro patrimonio storico, a firmare commoventi appelli per le sorti dellarchitettura moderna italiana, a inseguire le ultime mode non hanno tempo da perdere con cose insignificanti come la ventilata distruzione di un'opera significativa della vicenda architettonica italiana del XX secolo.
Uno spettacolo di pavidit e indifferenza da iscrivere nel libro nero dellarchitettura italiana.
Mentre 35 baroni e baronetti esibiscono, sulle colonne del Corriera della Sera, lipocrisia di una intera casta, Renata Chiono, una non-architetto, difende in solitudine, con i fatti (cio con impegno fisico, mentale e finanziario), la continuit di una ricerca che ebbe inizio negli anni trenta del Novecento. Un ceffone morale allintellettualismo inerte del mondo accademico e professionale.
Grazie Renata per questa lezione di tenacia, civilt e amore per larchitettura. Un vero appello per la promozione dellarchitettura italiana, che sottoscrivo senza riserve.
Mariopaolo Fadda
Los Angeles, 3 ottobre 2005
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967
di Franco Giorgi
del 29/09/2005
relativo all'articolo
Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Grazie, leggo sempre con estremo interesse ogni suo testo, per me fortificante e stimolante per nuove e approfondite riflessioni.
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964
di Pietro mangiacane
del 26/09/2005
relativo all'articolo
Chiudere l'appello a favore del museo ARA PACIS di
di
Giannino Cusano
Io non sono architetto, sono solo un cittadino. Ma da quello che so, l'architettura deve essere anche al servizio della citt. Altrimenti si rischia di avere strutture completamente avulse dalla realt, dal contesto e dall'amore dei cittadini. A me la struttura di Meier non piace affatto. E ho tutto il diritto di dichiararlo ad alta voce, visto che qui ci abito da quando sono nato. Sar che sono un "italianetto" di questa "italietta" scadente e tradizionalista, sorda alle risonanze dei grandi architetti statunitensi, che si chiude a riccio sulle proprie antichit, sui propri preziosi beni architettonici (anche se cos non stato, in realt, per la struttura di Renzo Piano, il Parco della Musica). Ma francamente penso che si tratti solo di piacere estetico, perch generalizzare addirittura all'interno di una citt di 4 milioni di abitanti davvero ridicolo ed arrogante. A me, e a molti romani, non piace la struttura di Meier per un motivo molto pi semplice: perch la troviamo brutta. E come sapevano i romani, gli antichi romani, de gustibus non dispuntandum est.
Saluti
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26/9/2005 - Giannino Cusano risponde a Pietro mangiacane
Indubbiamente ha ragione Pietro Mangiacane quando afferma che se un edificio non piace (o piace) si ha tutto il diritto di dirlo ad alta voce: che si sia addetti o no ai lavori. Non ci piove proprio, a maggior ragione se si 'comuni cittadini' e per giunta che abitano sul posto.
Vorrei osservare, parallelamente, che nessuno si mette a leggere Shakespeare o ad ascoltare Boulez o Beethoven di punto in bianco, senza un minimo di letture critiche sull'argomento. Invece con l'architettura accade eccome: specie in Italia.
Alla base dell'operazione Meier credo ci sia un difetto di informazione: non c' stato un concorso n, di conseguenza, i cittadini sono stati coinvolti. E, a cose fatte, non c' che qualche barlume di discussione sulla questione: discussione che serve a tutti a capire meglio e magari anche a motivare e rafforzare le stroncature.
Ci sono due riflessioni del tutto generali che mi paiono d'obbligo:
1. il linguaggio sempre scivoloso, come magistralmente ha insegnato Lacan. Io credo che occorra seriamente interrogarsi sul senso di espressioni, divenute semiautomatiche, come 'inserimento nel contesto', 'rispeto del contesto' e simili. Intanto per una semplice ragione: se, per esempio, il contesto fosse stato quello della civilt Villanoviana, ancora oggi vivremmo nelle palafitte. Tecnologicamente ed igienicamente riviste e corrette, magari, ma pur sempre palafitte. E poi: quando il contesto, a non 'servire' pi adeguatamente la citt, che si fa?
2. in Italia abbiamo qualcosa come il 50% del patrimonio storico-archeologico-architettonico mondiale (escludo opere di pittura e scultura, altrimenti la percentuale aumenta notevolmente). E' mai pensabile, in termini economici, di mantenere tutto com'era? Nessuno, di fronte a una persona, direbbe -Ha 99 anni, ormai non muore pi!- . Ma di fronte a un edificio, pi o meno palesemente, il ragionamento proprio questo :- Sta in piedi da 800 o da 2000anni, ormai non cade pi- E non affatto cos, mi creda: gli edifici nascono, invecchiano e muoiono esattamente come le persone. La differenza solo questione di tempo, ma lo stato di degrado che il tempo inevitabilmente comporta sommata alla necessit che ogni epoca ha di adeguare i vecchi edifici alle nuove esiganze spesso e volentieri accorcia la vita degli edifici (il caso Esquilino esemplare: e parliamo di edifici che hanno appena un secolo). Della civilt romana ci sono parvenute (quasi) integre non molte cose: il Pantheon, alcuni ponti ed acquedotti ecc. E Roma fu civilt di grandi costruttori. Ovvio che bisogna lavorare per dare lunga vita a queste opere e che questo costa cifre. Ovvio che bisogna manutenere e restaurare il patrimonio di ogni epoca. Ma proprio per questo bisogna fare delle scelte chiare e programmaticamente chiare: non potremmo conservare tutto nemmeno se l'intero bilancio U.S.A. e dei Paesi Arabi venisse impiegato allo scopo. Invece si pretende o ci s'illude che il contrario sia possibile e si lascia, di fatto, al caso decidere cosa, come e quando falcidiare impietosamente. Credo che non vada affatto bene.
Caso Meier: una scelta si fatta. Pu piacere o no, ma questo un merito indubbio: si demolita una teca anonima e microclimatiocamente inadeguata con un edificio completamente nuovo. Pu non piacere, certo, ma chi, un domani, ci impedirebbe di sosituire l'edificio di Meier con un intervento pi brillante, critico, coraggioso? Nessuno, tranne una cosa: la logica del conservare indiscriminatamente e ad ogni costo.
Cordialmente,
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965
di beniamino rocca
del 26/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Ottimo, al solito, Ugo Rosa. Voglio solo aggiungere che la lettera stata scritta da Portoghesi e sottoscritta poi da altri 34. Cos,almeno, dice Sottsass in una lettera al corriere .Non c' da meravigliarsi troppo del contenuto allora, caso mai d stupore, e molta malinconia, che tra i firmatari ci siano anche ottimi architetti come Nicoletti, Isola, Passarelli, Achilli , Canella e lo stesso Sottsass. Chiedono che si riduca "...l'inerzia dell'apparato burocratico e si consenta libero accesso ai concorsi..." e, udite, udite, si invoca per un potenziamento del Darc: un nuovo carrozzone burocratico-ministeriale mica da ridere. L'universit italiana non ha proprio pi pudore. Se ne guardano bene, i 35 professori, dal cogliere l'occasione per denunciare la sciagurata legge Merloni che emargina i giovani dal mercato del lavoro chiedendo curriculum che, proprio perch giovani e neolaureati, non possono avere e premia , per legge, la "Quantit" piuttosto che la "Qualit". Parlano di storia dell'architettura italiana ma si dimenticano che con la Merloni, dal " Principe" si passa al "Responsabile di procedimento". Filarete insegna, il committente il padre dell'architettura e senza padre, l'architettura avrebbe qualche problema a nascere, l'architetto-madre non basta....e la fecondazione artificiale non piace nemmeno a Ruini...
Dice bene Diego Caramma quando cita Zevi ed il convegno di Modena del '97e io chiudo citando un fatterello illuminante dei rapporti tra Universit , Ordini , concorsi e architettura.
Mi riferisco a quanto riportato su L'architettura, cronache e storia, n511, maggio1998_ editoriali in breve-
: Roberto Maestro denuncia il concorso di Catanzaro.
Il progetto vincitore risultato, all'apertura delle buste, elaborato da un gruppo di professionisti guidati dal prof. arch. Paolo Portoghesi, del quale facevano parte, a quanto mi stato assicurato, presidenti e consiglieri degli Ordini e degli Ingegneri delle province calabresi. Il giudizio negativo sul valore di questo progetto era condiviso dal presidente della commissione , prof. arch. Antonio Quistelli, e dal prof. arch. Silvano Tintori. Il mio voto, espresso in forma radicale ( zero) vuol segnalare il mio totale dissenso su quel progetto ( a mio parere, il peggiore tra quelli presentati). La domanda cui chiedo di rispondere ufficialmente se possa ritenersi corretta la partecipazione al concorso di un gruppo costituito da presidenti e consiglieri degli Ordini professionali, quando della commissione giudicatrice facevano parte rappresentanti degli stessi Ordini".
Se in Italia ci fossero 50 ( o anche 49) Roberto Maestro, l'istituto dei concorsi sarebbe una cosa seria.
Come dargli torto?
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963
di Mariopaolo Fadda
del 25/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
SHAME ON YOU, PROFESSORS!
Come non condividere lo scherno con cui Ugo Rosa liquida il delirante appello autocelebrativo dei 35 Prof. Arch.?
Come non invidiare Marco M. Santagati che se l scampata bella dallavere a che fare con simili colleghi?
Certo lappello impressionante sia nei contenuti che nelle firme. Impressionante per la disinvoltura con cui un pugno di Prof. Arch. si autoassolve per il generale sfacelo urbatettonico italiano. Impressionante per la sfilza di nomi che, pi che rappresentare la cultura architettonica, incarnano alla perfezione la supponenza professorale, la disinvoltura etica e la vilt intellettuale della casta accademica italiana.
Con la miopia culturale che li contraddistingue, hanno impiegato ben 46 anni per scoprire quello che per Reyner Banham era gi chiaro nel lontano 1959 e cio "The Italian retreat from modern architecture". Ma, a parte questo dettaglio, ci che salta subito agli occhi lassenza di qualsiasi accenno, nelle 466 parole dellappello, al ruolo svolto dalluniversit (cio da loro) nello strangolamento della libera ricerca e della libera cultura. Ma per questi soloni le responsabilit ricadono sulle spalle di altri, persino, si legge tra le righe, su quelle dellimmancabile Berlusconi che ormai lalibi a cui ricorre lintellighenzia italiana per mascherare la propria ipocrisia e la propria impotenza. Ha ragione lamico Belzeb quando dice che luniversit li rovina tutti (gli architetti) che da parte loro ripagano questo abbruttimento sfornando analfabeti a ritmo industriale. Un circolo vizioso denunciato circa trentanni fa da Zevi che non volendosene pi fare complice se ne and sbattendo la porta. Chi dei 35 soloni che allora era professore o aspirante tale ebbe il coraggio di seguire lesempio di Zevi? Nessuno. Attaccati come cozze al miserabile potere che gli conferisce la cattedra non c santo che li smuova. O almeno cos pareva, fino a ieri. Oggi la globalizzazione ha mandato in fumo i loro sogni drogati di gloria. Finito lo sciovinismo, morta lautarchia, spazzato via il provincialismo si trovano catapultati dal ruolo di onnipotenti protagonisti in quello di innocui spettatori. Devono fronteggiare con crescente frustrazione una concorrenza straniera con cui non possono competere per manifesta inferiorit: culturale, etica, professionale. Che fare quindi? Mostrare un sussulto di dignit, ammettere il proprio fallimento e dimettersi dalle cattedre, dagli incarichi, professionali, dalle direzioni delle riviste, dai comitati organizzatori di seminari e convegni? Neanche per sogno. molto pi semplice truccare le carte trasformando i carnefici in vittime e i voltagabbana in salvatori della patria. Per santificare il tutto basta stendere un accorato appello, raccogliere firme titolate, trovare un grosso quotidiano compiacente e il gioco fatto.
Ma come far presa sul grosso pubblico? Con la saccenteria professorale, diamine! Il rischio di questa situazione che si interrompa la continuit di una ricerca che ebbe inizio negli anni trenta del Novecento. Come se non lo sapessero anche le pietre che quellinterruzione, ma sarebbe meglio dire stroncatura, della fragile ricerca architettonica moderna italiana roba vecchia di decenni. I responsabili? Basta scorrere lelenco dei firmatari, non difficile rintracciarne alcuni.
Il tono professorale non sufficiente? Via libera ai di piagnistei sullesclusione, di una irrinunciabile risorsa culturale italiana (loro), dalle Biennali di Venezia. Poverini, geni cos incompresi! Loro che per decenni si sono spartiti il bottino di Biennali, Triennali, Quadriennali, mostre, convegni, seminari. Ma guardiamo ancora una volta la lista dei firmatari. C un ex-direttore che ha prodotto alcune delle pi squallide e squalificanti Biennali che si ricordino, il cui unico intento era proprio quello di interrompere la continuit della ricerca moderna per recuperare lorrido repertorio architettonico del potere oligarchico-totalitario. La verit detta in mala fede sorpassa ogni possibile menzogna diceva Blake.
Come se tutto ci non bastasse a svelare la disonest intellettuale delloperazione-appello, si appellano al ricambio generazionale per invocare, senti, senti i CONCORSI! In realt poco gli importa dei giovani, loro sono solo preoccupati per i pozzi, ormai prosciugati, degli incarichi pubblici e per i professionisti stranieri che gli stanno soffiando sotto il naso incarichi prestigiosi e remunerativi. Non ci dicono, lor professori, che genere di concorsi preferirebbero, ma conoscendoli, non ci vuole molto a capire che gradirebbero quelli in salsa italica, dove gli amici sono concorrenti e gli amici degli amici giudici e il vincitore, soprattutto se straniero, pu essere cacciato a calci nel sedere se inviso alla casta, al soprintendente, al ministro o al sottesegretario pro-tempore.
Per tutta la vita Zevi non si mai stanc
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962
di Marco M. Santagati
del 22/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Per mia fortuna non sono un architetto...
E' che fortuna!
Altrimenti mi toccherebbe disegnare una nuvola su di una lastra di vetro e scoprire per chi s quale alchima, uscirne fuori un'automobile. Dico meglio cos, altrimenti avrei progettato "neo moschee gotiche" e ne sarei pure stato orgoglioso che con i petrodollari si potessero fare tali magnificenze.
Si si, meglio cos caro Ugo, perch sono stato previgente a non iscrivermi in architettura... anzi, dopo aver fatto il giro delle "cento messe" universitarie, ho compreso che l'ipocrisia italica si annidava in alcuni accademici; non faceva proprio per me. E per tale mia nausea ne vado fiero anche se, continuo ad amare l'arte e l'architettura
Che Dio protegga gli stolti...
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959
di Vito Corte
del 22/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Al solito Ugo ricama con raffinato e leggiadro pizzo letterario una veste gi di suo importante e preziosa.
Andando al sodo del problema, l'argomento dell'"appello dei 35" senza dubbio meritevole di dibattito: ma purtroppo la circostanza a me risulta perfettamente in linea con tutto quanto sta succedendo nel nostro Paese.
La presa di distanza del documento settembrino da quel modo di concepire il rapporto tra architettura e citt, tra didattica e ricerca, tra tradizione e innovazione, e che stato proprio degli ultimi propagandistici anni in questa nostra Italia senza che nessuno di fatto abbia sollevato concrete obiezioni fino a quel momento (mentre si continuava liberamente a becchettare il mangime ancora residuo nelle aie milanesi cos come in quelle siciliane) mi pare che assomigli molto a quel camaleontismo che sta caratterizzando questi utlimi mesi di "fuga dalla nave".
Tutto questo piuttosto triste, ma spero vogliate riconoscere che fa parte del patrimonio genetico nazionale: una sorta di istinto di sopravvivenza, utile per chi ce l'ha particolarmente sviluppato anche se non certo improntato ai principi della correttezza e del rigore.
Con questo difetto, in ogni caso, non potremo assicurare un progresso diffuso e condiviso n alla popolazione degli architetti n a nessun altro italiano.
Giusta la critica di Ugo e tutte quelle che le si accomunano, ma una considerazione dura va fatta: ormai il timer partito e i pi pronti, i pi furbi, i pi adattabili, sono gi partiti. Sicuramente sono quelli che torneranno ad avere ruoli primari nel teatrino nazionale.
Molti di quelli che oggi si dicono incavolati e scandalizzati dell'attuale cambiocasacchismo non hanno fatto molto prima e, se l'hanno fatto, lo hanno fatto troppo sommessamente. Alcuni di quelli che si scandalizzano per il comportamento degli altri lo fanno perch non riescono o non sono riusciti ad avere (anche alle stesse condizioni) quanto altri hanno ottenuto (la fiaba della volpe e dell'uva di Esopo ...) Proprio a quelli che, autoincensati di un'aura di sacrale integrit, si crogiolano nel dispregio delle cose della vita di tutti i giorni (che una vita di mediazionie di equilibri, non di posizioni assolute), vorrei dire che continuando cos non si sposta niente.
Avremo sempre da un lato i pi veloci e i pi furbi che sperimenteranno e realizzeranno architettura e dall'altro quelli che diranno che, in fondo, non gliene importava nulla.
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958
di Marco Caciagli
del 22/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Ringrazio Ugo Rosa. Non c' da aggiungere molto. Sono d'accordo!e mi riempie di soddisfazione che qualcuno lo dica. Ribadisco solo che a lui come a me e molti altri non cambia niente. E' tutto molto divertente....?! se penso poi a come me la passo...e al fatto che nonostante il lavoro in nero, i pochi soldi guadagnati male, tutto il giorno davanti al pc a disegnare per uno dei tanti mafiosi, riesco ad avere lo stesso (la sera a casa) la voglia di continuare a fare concorsi (pochi, quelli forse che non contano niente) e peggio ancora, a crederci! grazie.
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956
di Michele Simeone
del 21/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Egregio signore,
un gran bel commento uscito dal suo pensar.
A loro per il tempo passa nel corpo e non nel lor pensar.
Nell'et avanzata lo studiar e il dibatter con se stessi, dovrebbe esser la vita migliore e non dar retta alle chiacchere dei mortal.
Lor per hanno mortal cervelli.
Grazie
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954
di Giovanni Bartolozzi
del 21/09/2005
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Il professore protesta
di
Ugo Rosa
Ringrazio Ugo Rosa per aver sollevato l'attenzione sull'appello pubblicato dal Corriere della Sera, e per averlo fatto con la sincerit di chi ha vissuto venticinque anni di professione.
Ringrazio anche Diego Caramma per l'interessante e condivisa nota scritta la scorsa settimana.
Credo che si sfiori il paradosso. Anche se il contenuto dell'appello non dovrebbe stupire, considerando che i firmatari sono i relatori (e gli organizzatori) dei convegni fiorentini sulla "Identit dell'architettura Italiana".
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957
di Marco Mauro
del 21/09/2005
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Bravo Eisenman. Anzi, no
di
Vilma Torselli
"Quando i bambini fanno oh
c' un topolino
Mentre i bambini fanno oh
c'e' un cagnolino
se c' una cosa che ora so'
ma che mai pi io rivedr
un lupo nero che da un bacino
a un agnellino"
questa la canzoncina di podia che ha avuto tanto successo a sanremo. purtroppo ricordo benissimo quando bruciavo le formiche o staccavo le zampe alle cavallette. o quanto lasciavamo le lucertole marcire in una bottiglia o annegare. o quando catturavamo le farfalle. o bucavamo da parte a parte gli insetti pi coriacei. ma ricordo anche quel piccione malconcio e spennacchiato; mentre altri quattro o cinque gli bucavano la testa a suon di beccate, o quei criceti che si mangiavano fra di loro lasciando il mangime l, o l'orso che ammazza - senza mangiarli - i cuccioli dell'orsa, o l'osservazione di lorentz e di quella convivenza cucciolo-coppia genitoriale che portava all'uccisione del piccolo, e tutto il resto che solo certi animalisti non vogliono raccontare perch temono che l'uomo si faccia idee sbagliate sul genere animale - il loro. la sua lettura di tom&jerry; giusta, ci mancherebbe! ma il mio gatto - che non si chiamava tom - giocava bene con i topi. ma preferiva staccare la testa agli uccellini dopo averli palleggiati per qualche mezz'ora. la testa la nascondeva sempre. alla faccia della necessit! ma non di animali che volevamo parlare.
le do ragione quando dice che fra gli architetti vige in generale una mono-cultura che li porta a mettere l'architettura in cima al sistema delle arti ma questo non riguarda me che non pratico il mestiere ('per fortuna' dir lei 'ecco perch perde tempo a scrivere' diranno tutti gli altri) e non riguarda nemmeno tantissimi studenti, neolaureandi e neolaureati e gli under 50 - ma su questo torner pi tardi. non volevo nemmeno criticare la sua - bella, detto senza ironia e senza piaggeria - analisi alle opere degli artisti che ha considerato. nel mio scritto precedente, ironizzando, volevo solo farle notare che - a mio parere - le argomentazioni e il metodo che ha usato per spiegare i concetti di quelle opere contemporanee, non possono funzionare per l'analisi di un'opera cos diversa come quella di eisenman; chiaramente impostata su un linguaggio 'minimalista'. e uso le virgolette perch ormai parlare di minimalismo come parlare di postmoderno. cio tutto e niente. ma non trovo un sinonimo migliore di quello generico che ho utilizzato. quello che non mi piaciuto del suo scritto il tentativo - cos parso - di analizzare - per fare l'ennesimo parallelismo - l'ivanhoe come se fosse un romanzo psicologico. se avesse scritto che a lei i romanzi storici non piacciono, le avrei potuto al massimo chiedere 'perch' senza volerle imporre la lettura. ma nel suo articolo sembra tanto che per forza balzac sia meglio di scott. 'la pelle di zigrino' o 'l'antiquario'.
(sul parallelismo letteratura-architettura scriverei volentieri - bella la sua provocazione stile 'fallo sul tuo diario' - ma all'architetto non importa un tubo della letteratura - arte minore per eccellenza secondo loro. la letteratura il vero tab di chi in facolt ci insegna solo a leggere 'le citt invisibili' - ma anche l ho avuto docenti che ci volevano spiegare 'l'uomo senza qualit', queneau, etc. e che ci chiedevano con supponenza e senso di sfida quanti libri leggete, solo perch lui si sentiva un lettore forte perch ne leggeva uno solo - e misero - al mese)
comunque, per ritornare a prima della parentesi, dando anche per buona quella sua comparazione, non mi sembra che l'originalit del punto di vista possa essere di alcuna rilevanza nel giudicare la qualit di un'opera. semmai, in questo caso, evidenzia ancor di pi l'evidente: la profonda diversit delle opere. la loro incomparabilit. non sono di certo 'egregio' ma posso dirle - perch anch'io uno straccio di laurea ce l'ho - che la lettura arte visiva-architettura, impera in questi anni al politecnico. basta consultare qualsiasi bibliografia di qualsiasi corso. certo, poi, come in tutte le altre materie, ci si ferma alla met del novecento, ma di certo fra tutte le arti di sicuro quelle visive godono di grande successo, attenzione e seguito. e lo dimostrano anche le mostre di warhol, o quelle organizzate da caroli, o le varie biennale d'arte sempre popolate da bovisaschi - particolarmente agghindati, modello studente di brera. oggi non c' architetto che non ami infilare mondrian in ogni discorso - anche durante gli aperitivi perch alle conferenze parlano solo gli over 50. kandinskij quasi l'intercalare fra un crodino e l'altro - ma meglio un rosso che fa chich. se zevi avesse immaginato quanti pseudoarchitetti ora si credono i massimi conoscitori del bauhaus e del cubismo forse avrebbe evitato certe 'allusioni'. tutti gli studenti crescono in facolt guardando i meravigliosi 'quadri' - lascio a lei il giudizio - del sommo lecorbu, per non dire i disegni amabilmente paste
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953
di Marco Mauro
del 20/09/2005
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Bravo Eisenman. Anzi, no
di
Vilma Torselli
Questa la sintesi della parte centrale dello scritto di Vilma:
'Per fare un tavolo ci vuole il legno
per fare il legno ci vuole l'albero
per fare l'albero ci vuole il seme
per fare il seme ci vuole il frutto
per fare il frutto ci vuole un fiore
ci vuole un fiore, ci vuole un fiore,
per fare un tavolo ci vuole un fio-o-re.'
Inizia cos: 'la finalit una sola: non dimenticare'.
Poi ci insegna che 'Gli animali uccidono per necessit'. E verrebbe da dimenticare di Tom&Jerry; per adeguarsi al suo linguaggio semplicistico da cartoons. Ma basterebbe un qualsiasi trito documentario per smentirla.
Poi pontifica: 'l'animale uomo, unico sulla faccia della terra, uccide anche senza che ce ne sia il bisogno, n il motivo, n la ragione, uccide perch odia'. Gi. Prima usa l'anche' per paura di ci che sta per scrivere e poi conclude con quel 'perch odia' come se l'odio non fosse esso stesso motivo e ragione sufficiente - e deprecabile direbbero non solo i puritani - per uccidere.
E conclude la parte centrale insegnandoci - con una strampalata logica causa-effetto modello 'legno-albero-seme-frutto-fiore' applicata all'irrazionalit - che 'il risultato uno solo: non dimenticare l'odio'.
Poi elenca una serie di altre opere di artisti tentando profonde interpretazioni documentate, senza porsi di fronte all'opera di Eisenman con lo stesso atteggiamento e - soprattutto - PREDISPOSIZIONE ALL'ASCOLTO.
E procede senza degnarsi di analizzare quell'opera con lo stesso vano - ma nobile - tentativo di andare un po' pi a fondo delle analisi necessitragioneodiooblio precedenti. Insomma, chiaramente il suo giudizio sul memoriale sintetizzabile con una sola parola: 'PARALLELEPIPEDI'.
Dopo qualche settimana credo che quel suo scritto meriti una qualche attenzione e una seppur breve considerazione. Non si pu fingere di non averlo letto.
Penso che Vilma, in una trasposizione letteraria dell''analisi', avrebbe potuto concludere saggiamente: 'brava Anna Frank. anzi no.' E lo direbbe dopo averci spiegato che la Hillesum scrive meglio. Quanta arguzia.
Seguendo i suoi amati parallelismi potremmo discutere di letteratura e architettura: Agota Kristof della 'Trilogia della citta di K.' o Imre Kertesz di 'Fiasco'?
'Certo', ci direbbe, 'meglio la Kristof perch nel parlar di violenza e guerra c' in lei l'ORIGINALITA' DEL PUNTO DI VISTA'. Questo ci dice alla fine lo scritto di Vilma. Peccato che non abbia letto Kertesz.
Io, da moralista da quattro soldi, di fronte a simili analisi taccio.
Lascio Vilma con la SUA apodittica certezza nel SUO s-ragionare 'frutto di un'associazione di idee elementare ed automatica, immancabilmente confermato' - per usare le SUE parole chiarificatrici.
Taccio come vago in silenzio nel memoriale. Lascio la Torselli mentre bercia con le sue scatole - quelle s - rotte.
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20/9/2005 - Vilma Torselli risponde a Marco Mauro
"...... Poi ci insegna che 'Gli animali uccidono per necessit'. E verrebbe da dimenticare di Tom&Jerry; per adeguarsi al suo linguaggio semplicistico da cartoons. Ma basterebbe un qualsiasi trito documentario per smentirla.
-Ma egregio Marco Mauro, Tom&Jerry; sono, appunto, come lei argutamente rileva, dei cartoons e come tali umanizzati nei sentimenti dalluomo che li ha creati e che sa odiare, a differenza dei topi e dei gatti.-
Poi pontifica: 'l'animale uomo, unico sulla faccia della terra, uccide anche senza che ce ne sia il bisogno, n il motivo, n la ragione, uccide perch odia'. Gi. Prima usa l'anche' per paura di ci che sta per scrivere e poi conclude con quel 'perch odia' come se l'odio non fosse esso stesso motivo e ragione sufficiente - e deprecabile direbbero non solo i puritani - per uccidere.
-Infatti molto si ucciso in nome dellodio, dire perch odia non implica un giudizio, puritano o meno, ma solo una constatazione.-
"E conclude la parte centrale insegnandoci - con una strampalata logica causa-effetto modello 'legno-albero-seme-frutto-fiore' applicata all'irrazionalit - che 'il risultato uno solo: non dimenticare l'odio'."
-Se lei non capisce il legame elementare che sottende questa frase, rinuncio a spiegarglielo.-
"Poi elenca una serie di altre opere di artisti tentando profonde interpretazioni documentate, senza porsi di fronte all'opera di Eisenman con lo stesso atteggiamento e - soprattutto - PREDISPOSIZIONE ALL'ASCOLTO."
-Qui aprirei una parentesi: un dato di fatto che gli architetti italiani, egregio Marco Mauro, in genere snobbano larte contemporanea, non hanno una '"predisposizione allascolto" per una disciplina che ha con larchitettura strettissime relazioni. Fra gli architetti vige in genere la mono-cultura di un pensiero unico e monodirezionale che presume, chiss perch, che larchitettura debba essere superiore allarte, lei stesso ironizza sulla possibilit di profonde interpretazioni documentate sullopera di alcuni artisti, rispetto ai quali io avrei trascurato la profondit dellopera di Eisenman. Le dir che ero convinta di dialogare con lettori che, in quanto addetti ai lavori, ben conoscevano il memoriale di Berlino, il mio modesto sforzo andava nella direzione di sottolineare lidea delle interrelazioni arte visiva-architettura, che poi la linea base di tutti i miei interventi su Antitesi. Certo avremmo potuto "discutere di letteratura e architettura", andrebbe benissimo, io non so farlo, non ne ho la sufficiente preparazione, lo faccia lei, gliene saremo tutti grati-
"E procede senza degnarsi di analizzare quell'opera con lo stesso vano - ma nobile - tentativo di andare un po' pi a fondo delle analisi necessitragioneodiooblio precedenti. Insomma, chiaramente il suo giudizio sul memoriale sintetizzabile con una sola parola: 'PARALLELEPIPEDI'."
-Vede, egregio Marco Mauro, il paradosso sta proprio qui, il memoriale proprio un insieme di PARALLELEPIPEDI, in questo sta la raffinata concettualit dellopera, che con la sua complicata semplicit produce in lei, mi pare di capire, un certo senso di spaesamento, come se si chiedesse:possibile che siano solo parallelepipedi? Ci deve essere sotto qualcosa!, ma forse lei faticher a trovarlo, forte del suo punto di vista monoliticamente architettonico, delle sue conoscenze letterarie e delle sue ignoranze artistiche.-
"Dopo qualche settimana credo che quel suo scritto meriti una qualche attenzione e una seppur breve considerazione. Non si pu fingere di non averlo letto. ............... Lascio Vilma con la SUA apodittica certezza nel SUO s-ragionare 'frutto di un'associazione di idee elementare ed automatica, immancabilmente confermato' - per usare le SUE parole chiarificatrici."
-Purtroppo per me, non ho apodittiche certezze n sullarchitettura, n su Eisenman, n su come il tema dellolocausto si sarebbe potuto affrontare, non volevo insegnare nulla, solo porre qualche dubbio e, per lennesima volta, sottolineare la possibilit, non sempre sfruttata, che dalla contemporanea lettura dellarte moderna si possa ricavare un pensiero pi articolato su quello che significa oggi fare architettura.
Tuttavia, a pensarci bene, devo dire che almeno una certezza ce lho, quella che lei, egregio Marco Mauro, sia molto pi bravo a demolire che a costruire, il che, se si parla di architettura, un pericoloso non-sense!
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952
di Carmelo Aretusa
del 12/09/2005
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Abbiamo una formazione Cybermediale?
di
Domenico Cogliandro
Ho visto il sito della cybermediarchitettura mi sembra fantastico. www.cybermediarchitect.com
Se ci fosse un laurea che si occupasse di questo e formasse delle menti che fossero pronte a interloquire su questi argomenti con le vecchie generazioni di architetti sarebbe una grande rivoluzione.
Perch non creare dunque una facolt con queste caratteristiche?!
Le risposte sarebbero innumerevoli. Con me in testa.
Carmelo Aretusa
Facolt di Architettura di Siracusa
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950
di Paola Ruotolo
del 07/09/2005
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Inter-ferenze
di
Giovanni Bartolozzi
Gentile Giannino Cusano,
il pdf di "Interferenze" pubblicato nella sezione "Testi" di OSAweb, al seguente link:
http://www.osaweb.net/pagine/risorse/Interferenze.pdf
Cordiali saluti
Tutti i commenti di Paola Ruotolo
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949
di Giannino Cusano
del 06/09/2005
relativo all'articolo
Inter-ferenze
di
Giovanni Bartolozzi
Auguri ad 'Interferenze' + noticina x Saggio.
Formulo i migliori auguri a questa interessante iniziativa: soprattutto perch propone un taglio critico volto a smuovere la acque stagnanti italiane e perch si propone come iniziativa a termine, cosa mai abbastanza degna di lode. Chiedo: dove si pu trovare? Solo in ambito fiorentino? So che la distribuzione gi un grave problema, per la carta stampata italiana, figurarsi per un organo che vuoll essere controcorrente in una realt nella quale ormai non si osa quasi pi neppure rincorrere l'incarico del giorno dopo.
''W la ricerca' lho visto. Dire che il quadro che ne emerge sconcertante essere generosi con la melma italica.: abbiamo talenti .che sprechiamo con una disinvoltura da far rabbrividire. Ne sono convinto: anche in campo architettonico. Galvagni solo un esempio: e personalmente l'ho scoperto grazie alle pagine di Antithesi. Sarei proprio curioso di sapere quanti ce ne sono in giro, se un minimo il nostro Paese investisse (e non in chiave economica) un pezzetto di futuro su di loro.
Giustissimo rilanciare, come ha fatto Saggio, e porsi il problema di essere operativi e di tentare di scardinare l'italico torpore. Penso che un modo potrebbe essere repicare ovunque possibile un'esperienza che (sbaglier) mi pare centrata , per ragioni logistiche pi che per scelta, su una realt 'locale'. Come? Ho varie ipotesi in mente, ma per il momento mi pare importante raccogliere l'iniziativa e cercare di definire un possibile e pi ampio obbiettivo.
Peraltro, e fin dai tempi -vent'anni fa- della mostra-convegno 'La citt vuota' (di idee, era sottinteso) in sede In/Arch, nella quale esposi e che contribuii ad organizzare con 2 anni di intenso lavoro preparatorio, ho sempre condiviso l'idea di tradurre quella iniziativa in un Movimento -privo di denominatori comuni che non fossero il ripudio dell 'Accademia' e dell'ovvio, capace di spingere su idee forti e innovative. Di qui -in questo fui pressocch solo, a parte l'entusiasmo di Zevi, ma era solo una questione di tempi- era mia intenzione costituire un Istituto di Ricerca architettonica.
Quali erano i suoi confini ed ambiti operativi? Si trattava di riunire gli architetti di avanguardia, da un lato, quelli che tuttora spesso lavorano e sognano negli scantinati, e dall'altro di andare alla ricerca di aree o edifici marginali dal punto di vista del mercato, formulando proposte i)o anche consulenze progettuiali) nedite di riassetto e mettendo in contatto proprietari e Comuni, con indubbio vantaggio per tutti. L'idea era di mettere, eventualmente, il tutto sotto legida prestigiosa dell'In/Arch.
Per ragioni che non sto ad esporre, la mostra non si tradusse mai neppure in Movimento: figurarsi l'Istituto.
Neppure il Movimento, si fece: figurarsi l'Istituto.
Credo che al fondo di questa debcle, di cui sono tuttora fierissimo, ci fosse gi allora una sorta di scoramento, di scetticismo, di autocensura in alcuni casi, fra tantii di noi: non tutti, ma bast a ottenere un nulla di fatto. Ritengo che tuttora questo sia un problema centrale: non riuscire a dire con determinazione a noi stessi che, tutto sommato, ci giova credere di pi nelle nostre possibilit. Per quanto neri siano il presente e la 'realt': ammesso che ci sia una realt pensabile fuori dai canali dell'immaginario. La nascita di Inter-ferenze mi pare che nell'approccio dimostri, ancora una volta, che la sola possibilit concreta che abbiamo di non subire la realt ma di cercare di immaginarla , di pro-gettarla oltre i suoi, ahim, sempre pi angusti confini.
G.C.
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948
di Guidu Antonietti
del 05/09/2005
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Riso amaro
di
Ugo Rosa
Aux amis Italiens qui lisent le franais, je propose ce topic
/ Larchitecture au fminin / - lire sur le forum de aRoots
http://www.aroots.org/forum2/topic_architecture_338.html
Grazie
Guidu Antoniettti
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947
di Antonino Saggio
del 05/09/2005
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Inter-ferenze
di
Giovanni Bartolozzi
Come sarebbe, non ci sono Commenti...Ne dobbiamo fare, assoultamente di commenti. Sia sulla trasmissione televisiva "W la ricerca" che Paolo Ferrara giustamente ricorda, sia sull'iniziativa "InterFerenze" di Bartolozzi.
Su Giovanni per la verit avevo gia scritto sui Commenti del giovedi del 2 luglio che comunque per comodit qui riporto:
"Che dire? Giovanni Bartolozzi dopo essere stato attivo nel fare praticamente con le sue sole forze un convegno su Zevi nel 2001, dopo avere scritto un bel libro su Leonardo Ricci, dopo essersi impegnato in molti modi per risvegliaredal colpevole torpore tipologico buona parte dell'accademia fiorentina, ci sorprende con una iniziativa diretta, semplice, giusta e corraggiosa. E' un atto di protesta contro i rassemblement accademici italiani che sotto il vacuo termine "identit" tentano di stringere le maglie del potere baronale e di operare qualche sortita in un mondo della ricerca e dell'impegno dell'architettura che li ha ormai esclusi. Rimangono ostaggi di questo sistema soprattutto gli studenti, costretti a cercare piccoli maestri fuori dall'universit, o all'estero. Che uno studente protesti, che faccia un foglio a sua spese, che dica "no" esponendosi in prima persona ci fa sperare che l'identit critica, l'unica che abbia un senso, non sia scomparsa. Voglio dire chiaramente: io sono con i Giovanni, io cerco e cercher di sviluppare sempre la presa di coscienza critica degli studenti perch credo che qui sta il cuore della educazione e della cultura.
2 luglio 2005"
Sulla trasmissione televisiva voglio raccontare che l'ho vista insieme alla mia famiglia che comprende anche un ragazzo che comincia l'Universit e che era, giustamente, sgomento. Mi sono profondamentamente vergognato, perch non vi salvezza individuale in questo genere di cose, ma solo azioni di coscienza collettiva.
Forse giunto il momento per riunire le forze e pensare seriamente sul da farsi, no?
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946
di Giannino Cusano
del 01/09/2005
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Bravo Eisenman. Anzi, no
di
Vilma Torselli
Olocausto significa offerta sacrificale di s: autosacrificio. Non si parla di 'olocausto' ma di genocidio dei curdi, dei tibetani, dei croati, dei bosniaci , dei montagnard: del pari, parlerei di genocidio (shoah) o di sterminio, non, mai, di olocausto del popolo ebraico.
Non solo una precisazione filologica: che le vicende di tutti i popoli che hanno subto stermini e genocidi, nella storia, sono quanto mai simboleggiate dalle plurimillenarie vicende del popolo della memoria: quello ebraico. Che non si arroga certo questa prerogativa.
Se memoria non sta solo per 'non dimenticare', ma soprattutto come monito contro analoghe tentazioni future e contro chicchessia, il 'popolo della memoria' prorpio per questo quasi, se non l'unico, che a tutt'oggi riuscito a non (far) perdere traccia di s, a non morire del tutto. In questo senso, credo, non comprendere a fondo e
Identit etnica? Religiosa? Come efficacemente dimostra Sartre nel suo breve e magistrale saggio iintitolato 'L'antisemitismo' , n l'una n l'altra: l'identit ebraica , per lui, storicamente anzitutto il prodotto primo dell'antisemitismo.
Vengo ad Eisenmann: condivido il giudizio di approvazione solo parziale del suo progetto, ma comprendo un po' meno le ragioni: vedere da un punto di vista originale tragedie di sempre non , a mio giudizio, sempre fondamentale. Forse, anzi, sarebbe pi incisivo ed efficace rivederle 'con gli occhi di sempre', quasi fuori del tempo: forse perch siamo troppo propensi a pensare che il tempo e il nuovo della storia abbiano in s gli anticorpi di antiche tragedia. E cos non . in questo, senso, credo, la concettualit (che in genere non amo) di Eisenmann, collimante quasi con la metafisica, addita una condizione di straniamento, un non identificarsi con le cose e col presente che, fra struggente ed (auto) ironico, appare sistematicamente nella temperie ebraica: come se il tempo della storia vera dovesse ancora cominciare, come se quella che conosciamo altro non fosse che un periodo di prove.
Siamo di fronte a parallelepipedi astratti, quasi uguali, cui negata quasi ogni differenziazione e identit, se non, appunto, come parallelepipedi. La dimensione in cui ogni tensione etica sospesa fra astrazione dello spazio (Dio) e trascorrere del tempo, in cui l'assurdo si realizza e l'esistenza, tragicamente o meno, s'inceppa.
Forse personalmente avrei affrontato il tema con altro senso del dramma: ma questione di differenti sensibilit. Il punto che nessuno di noi sa veramente dire chi sia: pu solo cercare di definire la propria identit in divenire, vivendo, agendo, Quanto a vivere questa disidentit sulla propria pelle, per, e come condizione proveniente dall'esterno, tutt'altra questione. Il museo ebraico di Libeskind, a mio avviso, centra molto meglio la questione: uno spazio architettonico negato per simboleggiare coloro ai quali lo spazio stato negato. Eppure pur sempre spazio..
Se lo spazio Dio, Dio stesso nella Shoah negato, interrogato, rimesso in discussione: forse aveva ragione chi ha sostenuto che gli unici veri religiosi, oggi, sono i senza Dio. Non so; certo, questa dimensione di negazione, di sottrazione che proprio e solo per questo, togliendo, 'pone', nel Memoriale di Eisenmann mi riesce difficile da scorgere.
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945
di Carlo Sarno
del 31/08/2005
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Bravo Eisenman. Anzi, no
di
Vilma Torselli
Cara Vilma Torselli, si...credo che tu abbia ragione, nell'opera di Eisenman manca qualcosa di importante, qualcosa che faccia superare l'odio nel momento del tragico ricordo... si, cara Vilma, proprio cos...manca semplicemente questo:
" LA DOLCEZZA... DEL PERDONO !!! "
Cordialmente Carlo Sarno
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944
di alighiero ramelli
del 10/08/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Scusate! ho scritto una scemenza, Burdett dirige il Cities Programme della London School of Economics,
ho confuso IUS con LSE, problemi di sigle...
Scusate anche ancora se non c'entra niente con De Carlo.
Tutti i commenti di alighiero ramelli
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943
di alighiero ramelli
del 10/08/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Scusate ma Antithesi chiusa per ferie? Mica ce l'avevate detto!
Yuhuhu, c' nessuno?
Ma avete visto cos' successo alla Biennale di Architettura? Boeri e Casamonti - che tentavano l'inciucio in coppia - trombati alla grande per far posto a Richard Burdett, quello almeno s che ha le palle... Dirige l'Institute for Urban Studies, perfettamente bilingue italiano e inglese, consulente del governo di sua Maest Britannica e della City of London, lo stato del Comune di Roma, mica farfuglia il toscanenglish come Casamonti.
E poi non lo capiva Boeri che la doppietta di Sudjic Domus/Biennale non poteva riuscire anche a lui?
Va bene l'inciucio come professione ma il troppo troppo.
Per che autoritario 'sto Presidente Croff, prima si sceglie lui il tema della mostra, poi chiama il Direttore. Mah...
Saluti roventi, scusate se non c'entra niente con il povero De Carlo.
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942
di Fabio Forero Surez
del 02/08/2005
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La casa popolare in Triennale
di
Maurizio De Caro
Amici, adesso faccio un lavoro sul tema della "Casa Popular" nel mio paese Colombia, Sudamerica, per la mia tesi di dottorato a Barcellona, e come parte di contesto per il mio progetto di ricerca ho provato cercare su questo tema e vedo frequentemente che appare il libro La Casa popolare 1903-2003 della Triennale di Milano, di Maurizio De Caro, come faccio per trovarlo?
Vi sarei molto grato...Mil Gracias !!!!
FABIO ENRIQUE FORERO SUREZ
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941
di Alighiero Ramelli
del 23/07/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Hei, ma che dibattito da vecchi babucchi!
Il vero problema non mica che, morto il Re,
qualcun altro gli faccia troppi elogi funebri!
Il problema che a Boeri non importa niente di pubblicare
l'architettura italiana.
Che ce ne facciamo di un progetto come quello di Casamonti, che solo un bel rendering, magari rifatto apposta per Domus?
Fateci vedere gli edifici veri degli architetti italiani,
non gli esercizi al computer!
Saluti
Tutti i commenti di Alighiero Ramelli
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938
di roberto vallenzasca
del 18/07/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Cara Antithesi, caro Fadda e caro, ignoto sodale Vannucci,
mi pare che il caldo cocente di questi giorni abbia portato troppo ad ebollizione la discussione, partita dalla mia osservazione critica (un po' al vetriolo, lo ammetto, ma sempre meglio dei panegirici accademici) alla straordinaria tempestivit dell'omaggio di Domus a De Carlo.
Adesso tutto pare ridursi a un certame pro/contro Boeri: di cui personalmente non ho nessuna stima, ma neanche credo sia il vero argomento della discussione. Che invece il problema se per l'architettura non sia possibile oggi in Italia un'informazione - su Domus, su L'Arca, Area, Abitare,Il Giornale dell'Architettura, etc. etc. - non tendenziosa e clientelare.
Le conclusioni di Antithesi e della pilatesca Torselli (suvvia Fadda, non si abbassi a salire anche sul carro dei pilateschi) mi sembrano semplici, limpide come l'acqua.
Boeri porta Domus, oltre che a un crollo di vendite, al macchiettismo dell'informazione, al "voto di scambio" tra i suoi soci professionali e le pagine della rivista, pur di mantenere l'equilibrio di potere che serve alla sua carriera?
ME NE FREGO!
Certo, dimenticavo, il motto che gli italiani hanno meglio imparato dal Duce, defunto Cav. Benito Mussolini. Tutto avrei pensato di Antithesi, meno che anche qui e tra i suoi lettori si annidasse qualche germe del caro vecchio fascismo. Un vero peccato.
Mi dispiace un po' di pi per Domus, che per molti anni (decenni?), con qualche eccezione, stata una rivista importante da seguire.
Vuol dire che, come consiglia Vannucci, aspetteremo la fine della direzione Boeri per riprendere a leggerla.
Cari saluti,
Roberto Vallenzasca
PS
Curiosit: ma come riesce Fadda a intervenire nella discussione sui contenuti di Domus, se non la legge? Onniscienza divina?
Tutti i commenti di roberto vallenzasca
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18/7/2005 - Paolo gl Ferrara risponde a roberto vallenzasca
Fascisti all'interno di antiTHeSi? Forse, e forse anche comunisti, radicali, interisti, feticisti, milanisti, democristiani, leghisti.
Siamo sul web, siamo un sito libero di fare esprimere chiunque, di qualsiasi colore politico e tifo calcistico, tranne carrieristi, inciucisti, leccaculisti.
Caro Vallenzasca, come a Lei, di cui disconosco fede politica e tantissime altre cose, a tutti data la possibilit di esprimersi. Su antiTheSi.
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937
di Vilma Torselli
del 18/07/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Mi conforta il fatto che Mariopaolo Fadda, e spero non solo lui, abbia capito perfettamente lo spirito del mio discorso, il che pare non sia accaduto con Attilio Vannucci, probabilmente deviato da un atteggiamento preconcetto talmente radicato che gli impedisce ogni apertura al dialogo.
Solo un passaggio del suo commento merita comunque una sottolineatura: Ma lo sa la signora Torselli che, oltre a somministrare ai suoi lettori decine di pagine sull'architettura sgangherata di Koolhaas, Boeri progetta da tempo di far compilare al "Giordano Bruno vestito di Prada" (come os scrivere una volta il povero Sudjic, poi fatto fuori dalla direzione della rivista per far posto allo stesso rampante Boeri) un intero numero di Domus?.
Ecco, siamo arrivati allultima spiaggia, il processo alle intenzioni.
Ma lo sa, signor Vannucci, che oggi non si processano per le intenzioni neanche i terroristi?
Figuriamoci i direttori di riviste darchitettura!
Tutti i commenti di Vilma Torselli
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939
di Marco Mauro
del 18/07/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Cari lettori, che dire, qui la faccenda si fa complessa per i dietrologhi antiboeriberlusconiani.
A quanto pare i conflitti d'interessi in Domus si sono fatti planetari.
Il numero di giugno di Domus aveva in copertina il Ryugyong Hotel a Pyongyang. E credo se ne siano accorti anche Vallenzasca e Vannucci. Anzi. Dato che non leggono Domus, ricordo loro che quella copertina tratta di un'iniziativa della rivista -in collaborazione con il Politecnico di Milano- che ha l'intento di promuovere una consultazione per il completamento e la ridefinizione funzionale di quell'edificio.
Ora per caso, leggendo tre quotidiani al giorno (so benissimo che a detta di Lec, per coprire una finestra sul mondo basta un foglio di giornale, ma lo cito perch sia chiaro che non mi vanto delle mie quotidiane letture diseducative), ho trovato ad esempio sul Corriere della Sera del 14 luglio e in quello del 16, ben tre articoli su Pyongyang: "Il 'Manifesto' miope sulla vita in Nord Corea", "Quadri e palazzi, il 'Kim style' seduce l'Occidente" e "Tra i bambini impauriti del parco di Pyongyang". Articoli che in sintesi - non entro nello specifico per non tediare gli annoiati - riferendosi chiaramente all'iniziativa di Domus, riportano i riflettori sul Nord Corea e puntualmente a Pyongyang (fu scontato parlarne ai tempi degli incidenti ferroviari o delle finte strette di mano fra Nord e Sud - per limitarci ovviamente a episodi recenti del nuovo millennio). Caro Vannucci, spero di non interromperla mentre conteggia su Domus le pagine "Koolhaas/altri architetti", ma lei capir quanto questa strana coincidenza necessiti delle sue indagini. La invito -e nell'interessantissima ricerca pu farsi aiutare da Vallenzasca dato che con una certa lucidit analizzate le cose con una visione non distorta delle cose, vi invito quindi- a cercare i legami fra gli autori degli articoli sopra citati e il direttore di Domus. Le risparmio un po' di tempo: gli autori sono Marco del Corona e Giuliano Gallo. S perch, ci direte fra qualche ora che sicuramente il Direttore di Domus ha comprato i giornalisti per pubblicizzarsi sul Corriere. Tanto su Repubblica gi compare ogni mese la pubblicit della sua rivista: ora c'era bisogno anche del Corriere. Anzi, forse Vannucci potrebbe scoprire che Marco del Corona un collaboratore fascista di Multiplicity e Giuliano Gallo il suggeritore di Koolhaas. O che i due giornalisti siano in cerca di uno spazio anche su Domus e con quegli articoli abbiano cercato di accattivarsi il direttore.
Illuminatemi.
Io nel frattempo mi limito a constatare -per l'ennesima volta, ennesima conferma - la risonanza delle iniziative di questa Domus. Il tentativo di avviare discussioni importanti (altro che rivista da non leggere). Alla faccia di tutte quelle copertine delle passate edizioni da incorniciare ma troppo spesso prive di contenuti.
Se poi invece di discutere delle idee di Koolhaas, o dell'iniziativa Pyongyang, volete contare le pagine dedicate a x o a y, vi invito a leggere "Il Giornale dell'Architettura" (non sfogliarlo) di qualche mese fa: troverete un'analisi completa con tanto di tabelle, con tutto l'elenco in ordine alfabetico degli architetti (italiani) pubblicati sulle maggiori riviste nazionali del settore (Domus, Casabella, Lotus, Interni, etc.) e con il numero di pagine che venivano a loro dedicati volta per volta nei diversi anni - ma forse gi in questo sito se ne parl ai tempi.
Quando rientro dalle vacanze su eventuale richiesta pubblicher l'elenco cos anche i conteggiatori perditempo potranno mettersi l'anima in pace e risparmiarsi faticosissime sfogliate multiple - anche se un po' di sventagliate non gli guasterebbero con questi caldi. Potranno ancora una volta prendersela con Fuksas perch tutti ne parlano o prendersela con Casabella perch pubblica troppi gregari, amici solo perch anche loro nemici dello stesso nemico - confondiamo il banale senn non c' gusto -o perch Zucchi troppo pubblicizzato da Domus, o perch dopo quella tal pubblicazione su quella tal rivista, tutte le altre riviste l'hanno seguita, o perch tizio pubblicato meno di caio nelle riviste dirette dal nemico sempronio. Tutte polemiche, tanto gridate da tutti i partiti che non governano, quanto taciute dagli stessi al momento del loro turno governativo. Poi quelli non contenti inizieranno le indagini incrociate Olmo-Allemandi-Politecnico di Torino. Alla ricerca di conflitti d'interessi o di doppi fini riguardo la pubblicazione di quelle statistiche, o di quelle relative all'et media dei docenti delle facolt di Architettura. Possibile Vallenzasca-Vannucci che non ci siano doppi fini? Possibile che Olmo, visto la carica che ricopre nel suo ateneo, sia libero d'informare? Oppure Olmo sottolinea le disfunzioni accademiche solo per accattivarsi giovani amici rampanti che potrebbero scalzarlo?
Ovviamente l'anima di quella rivista sta nei rapporti Olmo-Allemandi e non nei contenuti. Questo i
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940
di Attilio Vannucci
del 18/07/2005
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Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Cara Antithesi,
ma chi glielo fa fare a Mauro di occuparsi della difesa d'ufficio di Boeri?
Non siamo certo in un processo per genocidio, l'idolo di Mauro si terr i suoi galloni da generale conquistati sul campo grazie ad un'estrema abilit nell'inciucio: mica vogliamo crocifiggerlo per questo.
Il problema per rimane sempre lo stesso, irrisolto da questa appassionata "baruffa chiozzotta", cui forse sar bene dare un taglio.
E' giusto usare una rivista soprattutto per far carriera ?
I fascisti hanno gi risposto ME NE FREGO.
I democratici di centro pi o meno lo stessa cosa.
Vabb, non muore mica nessuno.
Si conferma solo che molti architetti italiani hanno parecchia fifa di chiunque ha un po' di potere. Perci gli "leccano il culo" (consentitemi di parafrasare una garbata espressione di Fadda) ogni qual volta lo considerano utile, magari, chiss, in futuro.
Cari saluti
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936
di Mariopaolo Fadda
del 18/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Mi pare che Vannucci prenda a pretesto il pacato intervento di Vilma Torselli per invitare Antithesi a mettersi alla testa di una crociata contro Domus-Boeri. Da lettore ritengo linvito inutile, pericolo, controproducente e, personalmente, non aderisco a questa chiamata alle armi.
Ma quale atteggiamento pilatesco! Pretendere che chiunque debba prendere per forza posizione contro questo o quello espressione di un pensiero culturalmente manicheo che si ritiene depositario di chiss quale verit assoluta. Va benissimo polemizzare, anche duramente (e i lettori di Antithesi sanno bene che chi scrive non va tanto per il sottile), ma tacciare di diserzione chi non si allinea al linciaggio di turno roba da neo-giacobini.
Obiettivit dellinformazione? Neanche gli accreditati giornalisti americani si sognano pi di rivendicare un simile non-sense. Senza scomodare troppo Einstein, sappiamo che esistono solo punti di vista e non un punto di vista privilegiato e tanto meno obiettivo.
Domus, tra laltro, non un quotidiano ma un mensile di architettura e, per quel che ne so, non finanziata con i soldi dei contribuenti: ergo libero di fare quello che gli pare e fottersene dei punti di vista e dellequilibrio. Boeri libero di pubblicare gli autori che lui preferisce e mettere la rivista a disposizione di chi gli pare. Fino a che non verr espropriata per pubblico interesse o chiusa per oltraggio alla Cultura di Stato.
Per quanto mi riguarda, pratico da tempo quanto consiglia, giustamente, Torselli: infatti, pur avendo il privilegio di poter consultare Domus gratuitamente (senza quindi finanziarla), non la leggo, perch, appunto, non ho tempo da perdere e trovo infinitamente pi interessanti altre pubblicazioni. E le preferenze di Boeri non sono in cima ai miei pensieri. Punto.
Una domanda infine, chi sarebbe linnocente mandato sulla croce dalla buona Vilma (che ritengo dotata di sufficiente caratura culturale per difendersi da s)? Gli amici dei nemici di Boeri? Linteresse pubblico? Riccardo Cuor di Leone?
Mariopaolo Fadda-Pilato
Tutti i commenti di Mariopaolo Fadda
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935
di Attilio Vannucci
del 15/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Cara Antithesi,
temo che la voglia di chiacchierare futilmente che distingue gli italiani non solo al telefono cellulare dilaghi ormai anche in luoghi e su argomenti che dovrebbero essere seri.
Ho sempre pensato che sulle pagine del vostro sito si potessero affrontare questioni importanti con la velocit e la leggerezza caratteristiche del Web, ma qui siamo arrivati alle battute da bar.
Con l'occasione dolorosa della scomparsa di uno degli ultimi maestri italiani in architettura qualcuno solleva la questione dell'obiettivit dell'informazione su Domus? La critica diviene insulto (altro tipico tratto della propaganda berlusconiana), Boeri puo' fare quello che gli pare, chi non condivide la sua impostazione della rivista puo' benissimo non leggerla.
Non c' bisogno di evocare il Signor Ockam o gli Anziani dei Protocolli di Sion: questo si chiama atteggiamento pilatesco. Ovvero, se mi si pone un problema, io me ne lavo le mani: che l'Innocente vada sulla croce o, pi banalmente, usate pure Domus per i vostri interessi privati.
Ma lo sa la signora Torselli che, oltre a somministrare ai suoi lettori decine di pagine sull'architettura sgangherata di Koolhaas, Boeri progetta da tempo di far compilare al "Giordano Bruno vestito di Prada" (come os scrivere una volta il povero Sudjic, poi fatto fuori dalla direzione della rivista per far posto allo stesso rampante Boeri) un intero numero di Domus? Se questo non mettere a disposizione la rivista come "house organ" di OMA/AMO (lo studio di Koolhaas), vorrei sapere cos.
Lallegato con gli scritti di Giancarlo De Carlo potr anche non essere stato cos cinicamente pianificato come congettura Vallenzasca, ma altre, troppe coincidenze fanno pensare che davvero Boeri usi Domus soprattutto per aiutare s stesso e i suoi amici: che come si sa, in Italia e non solo, sempre un buon sistema per farsi strada nella vita, specialmente per chi scarseggia di vero talento.
Cari saluti
Tutti i commenti di Attilio Vannucci
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934
di Vilma Torselli
del 13/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Spero che nessuno si offenda se dico che i numerosi commenti che larticolo ha sollecitato risultano complessivamente pi interessanti dellarticolo stesso, senzaltro meno celebrativi, meno ovvii e soprattutto pi umoristici. E interessante notare come largomento sia progressivamente scivolato dalliniziale primo commento Grazie Giancarlo De Carlo, allultimo circa le ..perplessit nei confronti dell'allegra gestione che a Domus Boeri fa di vivi e morti, a cominciare da De Carlo , in un processo di strisciante reificazione del soggetto originario che diviene alla fine oggetto pretestuoso per quelli che la redazione definisce eufemisticamente scambi interpersonali poco gentili: De Carlo morto, viva De Carlo, parliamo di Boeri.
E a questo punto, per uno che si autodefinisce, relata refero, un dilettante e che non durer pi di qualche anno i pareri si sprecano: il nocciolo del contendere pare comunque definire se sia pi o meno giusto che il direttore della pi importante rivista italiana - stampata - d'architettura la usi a fini di promozione di un preciso gruppo di professionisti [..]" per concludere da una parte che no, non giusto, n corretto, dallaltra che sarebbe assurdo per Boeri rinnegare tutte le sue ricerche, ignorare quelli che partecipano con lui alla progettazione [.] ecc. ecc.
Applicando con spirito salomonico il rasoio di Ockam, semplice regoletta implicante il minimo sforzo di comprensione accanto alla minima complicazione dei ragionamenti da sviluppare, criterio di semplicit non disdegnato a suo tempo nemmeno da Martin Lutero, sono propensa a credere che neanche lo stesso Boeri pensi di parlare, o scrivere, in nome di Dio, ma che Boeri parli per Boeri.
E vero che Ockam venne accusato di eresia, condannato e segregato (correva lanno 1324), tuttavia vale ancora oggi la regola che, tra tutte le possibili spiegazioni di un fatto, quella pi semplice ha maggiori possibilit di essere vera: in questo caso quella pi semplice e veritiera pare essere che Boeri scriva a buon diritto e da un punto di vista inevitabilmente soggettivo, ci che vuole su una rivista non finanziata da fondi pubblici, non palesemente investita di un qualche ruolo ufficiale, liberamente supportata da chicchessia, come molte rispettabili testate giornalistiche, della quale a tutti gli effetti , seppure transitoriamente, egli il responsabile.
Nella pluralit delle voci che, democraticamente, si esprimono oggi anche sullarchitettura, ciascuno pu ascoltare ci che meglio gradisce, astenendosi dallascolto di ci da cui dissente, almeno se non in grado di fornire un apporto dialettico costruttivo nellambito di un confronto civile.
Insomma, il rasoio di Ockam suggerisce di non leggere Domus, piuttosto che insultare il suo direttore.
Tutti i commenti di Vilma Torselli
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933
di Attilio Vannucci
del 13/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Caro Vallenzasca,
mi rivolgo a te che mi sembri il pi lucido in questo divertente battitecco scatenato dalla tua legittima -mi pare- perplessit nei confronti dell'allegra gestione che a Domus Boeri fa di vivi e morti, a cominciare da De Carlo.
Ti inviterei per a non scaldarti tanto, in primo luogo con un interlocutore cos povero di argomenti come il solito ignoto Mauro. Il suo il tipico repertorio di chi obnubilato dalla comunicazione tutta uguale che oggi fanno le riviste. Nomina testi come "Mutations" - che credo proprio non passer alla storia dell'architettura -come chiss quale opera fondamentale. Compie un bel transfert freudiano tra il provincialismo suo e di Boeri -cio quello tutto intento a fare da megafono proprio agli "olandesi" etc.- e il giusto desiderio di molti giovani architetti italiani di vedere riconosciuti i propri sforzi per realizzare un'architettura contemporanea in Italia: possibilmente prima di avere sessant'anni come Piano o Fuksas. Provinciale non chi vive e lavora in provincia (era forse De Carlo provinciale?) ma chi crede che pubblicando solo -anzi diciamo al 90% - stranieri su Domus la si renda internazionale.
Gio Ponti, tanto per dire, ha fatto grande Domus parlando sicuramente pi di architettura e design italiani, e comunque dosando attentamente la miscela italiani/stranieri.
Quanto poi al curioso argomento che il conflitto d'interessi sia un "luogo comune" dimostra solo fino a che punto la propaganda berlusconiana e lo stile di vita ribaldo si siano insinuati fin nel midollo degli italiani, disposti ad accettare qualsiasi livello di clientelismo nel loro quotidiano pur di continuare a godere di privilegi, anche i pi miserabili.
Mi sembra per pi utile mantenere un atteggiamento pi sereno verso questa situazione di inciucio -per non dire conflitto d'interessi- anche a Domus: intanto come si sa i suoi direttori non durano pi di qualche anno, la direzione di Boeri passer e verr ricordata pi o meno alla stregua di quella di Lampugnani: cio zero. Certo, quando questo succeder non lo sappiamo, ma la netta flessione subito dalle vendite della rivista, iniziata con Sudjic e diventata drammatica da quando Boeri fa finta di dirigerla, certo non depone a suo favore.
E poi gli architetti, specialmente i giovani, hanno da tempo imparato a seguire "Detail" o la meno crucca "The Plan", che pure si avvantaggia, come Abitare e perfino Casabella, dell'illeggibilit di Domus.
I veri architetti -un po' come diceva Che Guevara sui rivoluzionari che devono fare la rivoluzione -vogliono fare l'architettura: e non escluso che possa servire loro pi l'analisi -anche un po' pignola- di un progetto dal punto di vista tecnico, rispetto alla centesima intervista di Obrist all'ennesimo artista (straniero, guarda un po') o ai tromboni -come li chiami tu, Vallenzasca- Branzi, Mari, Mendini, etc.
Ma non era forse agghiacciante quella copertina di Domus con quattro o cinque designer, tutti rigorosamente milanesi e oltre i settanta, che si guardano con aria interdetta e un po'assonnata?
La fotografia della mummificazione del design italiano, altro che voglia di fare e proporre.
Concludo: la situazione, lo diceva Flaiano, grave ma non seria.
Per provare ad uscirne basterebbe forse dare meno importanza al chiacchiericcio delle riviste e affrontare i veri nodi problematici - critica, formazione, mercato, professione, ricerca, industria e produzione edilizia, corruzione, influenze politiche, etc. - dell'architettura italiana (le "tendenze" lasciamole alle riviste per signore). Vorrei vedere -il giorno che questi temi diventassero di moda- se anche le riviste "alte", Domus compresa, non tonerebbero ad occuparsene.
In fondo, perfino i quotidiani hanno cominciato a farlo. E penso che anche a De Carlo non sarebbe dispiaciuto leggere anche di questo su Domus.
Cari saluti
PS
Per l'idea del punteggio pagine Koolhaas/altri architetti non male.
Se trovo tempo in un week end provo a farlo, poi vi scrivo
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930
di Roberto Vallenzasca
del 12/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Caro Mauro,
dalle sue parole desumo che nel conflitto d'interessi tipico dell'era berlusconiana, di cui Boeri un acuto interprete di sinistra, Lei ci sguazza.
E' proprio del qualunquismo e del craxismo ("I soldi li prendevano tutti") fare un bel pasticcio come quello in cui lei mette insieme di tutto e di pi: e si salvi chi pu.
Solo una precisazione: Casamonti, unico tra i pochi fortunati che ha vinto il terno al lotto di uscire su Domus in questi mesi, il Boeri di destra, e non ne fa mistero.
Se Boeri lo pubblica, ne avr di certo vantaggio in qualche modo: mentre sterminato l'elenco di tanti altri giovani bravi architetti italiani che, non offrendogli niente in cambio, Boeri su Domus non pubblica e non pubblicher mai.
Quanto alle mie letture - oltre ad essere affar mio - sono certo migliori delle sue, visto lo stato in cui queste le hanno ridotto il raziocinio.
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12/7/2005 - la Redazione risponde a Roberto Vallenzasca
Visto e considerato che il nostro sito non può permettere che i lettori s'insultino vicendevolmente, preghiamo sia Vellenzasca che Mauro di limitarsi a commentare criticamente e non scambiarsi appunto insulti attraverso antiTHeSi. La critica e le opinioni sono ben accette. Gli scambi interpersonali poco gentili, no.
Grazie
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932
di Marco Mauro
del 12/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Le domande che verrebbero da porsi sono: dato che nel prossimo numero verr pubblicata una conversazione sull'idea di museo contemporaneo, per non entrare in conflitto d'interessi non si dovr nominare Koolhass e parlare solo di Albini come ha fatto qualche altra rivista? Oppure, dato il conflitto d'interessi, sar meglio non parlare di museo contemporaneo? Nessuno spero dica che Boeri per pubblicare con Koolhass "Mutation" nel 2001, sia dovuto diventare direttore di Domus tre anni dopo. O che Koolhass abbia in un qualche modo bisogno della pubblicit di una rivista italiana. Boeri dovrebbe rinnegare tutte le sue ricerche, ignorare quelli che partecipano con lui alla progettazione e pubblicare, che ne so, giovani architetti italiani arroganti under 50? O magari c' qualcuno che vorrebbe far diventare Domus una specie di pamphlet universitario dove vengono pubblicati i saggi dei grandi docenti italiani? O ci sono altri che vorebbero trasformarla in una specie di secchio che raccolga tutte le plottate dei nuovi renderisti italiani? Domus dovrebbe pubblicare il lavoro dei numerosi MVRDV italiani che - privi talvolta di mezzi di ricerca ma sempre di mezzi critici e analitici - continuano ad intasare le mail dei direttori o dei vari concorsi di idee, con la speranza di essere pubblicati, guarda caso, proprio su Domus?
Ovviamente tutti risponderebbero no.
Eppure anche libri pamphlet tipo il recentissimo "NET.IT" non mancano.
Di cosa ha bisogno la nuova (?) architettura italiana, di un Domus provincialotto che si facesse portavoce di chi non sa parlare? Il WEB stracolmo delle loro cose. Non c' bisogno di riviste che intasino anche le librerie. Anche quelle abbondano.
Fra l'altro Domus, a differenza di molte altre riviste che vengono elogiate (ma non lette) perch allergiche a mode passeggere (come se in un nuovo revival razionalsocialista fosse motivo di cui vantarsi l'esser coerenti e categorici), abbia proprio il pregio di non aver mai avuto una "continuit" (non per citare malamente la Casabella dei tempi che furono) di intenti o di impostazione. E sarebbe davvero scolastico tentare di scovare i fili conduttori. Cos esili da non condurre un bel nulla. Un esercizio di ricerca che al pi pu portare a morte considerazioni.
Per quel che mi riguarda credo che Domus abbia la forza di proporre. Abbia il coraggio di fare. E di fronte a pachidermiche istituzioni, patriarcali redazioni e criticismi politicizzati, mi sembra che sia un mezzo d'investigazione architettonica di indubbia efficacia.
Come anche lei ben sa, ci sono ancora persone (e questo la dice lunga) che comprano Domus aspettandosi solo piante, prospetti, sezioni, scala di rappresentazione, foto a colori (ma molto meglio i render cos possono capire un po' di effetti o rubare un po' di texture) e al massimo qualche intervista all'architetto. Come se Domus fosse un Atlante dell'Architettura o un libretto cento domande a. E spesso amici mi dicono: "questo numero non lo compro, c' solo un progetto". Lo richiudono e passano a sfogliare Detail.
E tutti ragazzi sanno benissimo che Domus non Detail. E che l'Architettura non solo piante prospetti sezioni. Eppure alcuni continuano a cercare solo quello. Parlano di concetti moderni, ma le loro librerie sono vuote. Sono alla moda (soprattutto nel vestire) ma leggono quando va bene Calvino e quando va male Lyotard. Sanno usare 3dStudio ma vanno ancora in cerca di dettagli costruttivi sul Manuale dell'Architetto.
E' tutto cos paradossalmente legato alla disfunzione universitaria (che pare in alcuni casi voler appositamente non insegnare autocad o 3dstudio per evitare che troppi ragazzi imparino a fare le scarpe ai docenti dei laboratori) che, ancora una volta, parlare male di Domus, significa essersi lasciati plasmare dagli insegnamenti universitari che - e nessuno si dovr mai stufare di ripeterlo, rileggerlo e ridirlo - insegnano ai giovani solo a diventare presuntuosi dato che l'Universit la prima a non riconoscere agli altri meriti e demeriti.
Detto ci alcune critiche a Domus le farei anch'io, ma se non ci si toglie di dosso il luogo comune, che fa molto politichese, del conflitto d'interessi, mi riesce impossibile aver voglia di discutere. Specie se poi vedo quelle accuse di "conflitto d'interesse" (lo ripeto solo per tediarvi), sgorgare dalle bocche di chi rabbioso, tenta prima con smancerie di farsi pubblicare dalle riviste (Domus in testa) e poi, essendo cestinato, sfoga i suoi rancori in pseudogiornalismod'assalto.
Comunque Vallenzasca, il fastidio che mi ha dato il suo commento di certo mi hanno certamente portato a scrivere male, straparlare, fraintendere, banalizzare, e mi scuso di questo - al di l di qualsiasi patetismo - e mi scuso anche per i miei toni che sono stati giudicati offensivi.
Ma - e concludo finalmente - se mi dice che ho scritto cose apparentemente prive di raziocinio, di certo non offende me ma forse lei stesso
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931
di Roberto Vallenzasca
del 12/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Cara Antithesi
non era certo mia intenzione creare una rissa intorno al cadavere di De Carlo e mi scuso sinceramente se i toni del mio ultimo messaggio sono un po' risentiti.
Ma resta il problema di fondo intorno al quale Mauro continua a girare in tondo con i pi svariati argomenti. E' giusto che il direttore della pi importante rivista italiana - stampata - d'architettura la usi a fini di promozione di un preciso gruppo di professionisti, da Koolhaas ad Armin Linke (per inciso, non proprio il pi grande fotografo contemporaneo, caro Mauro, e quindi anche lui bisognoso di protezione e promozione) con cui egli lavora normalmente sotto vari marchi ed etichette?
Penso che ogni persona onesta, pi o meno di cultura, pi o meno giovane o vecchia, non potrebbe rispondere che no, non giusto, n corretto.
Se Mauro e altri intendono abbandonarsi all'onda dell'inciucio e del "pro domo mea" che gi divora questo paese si accomodino, ma almeno non si nascondano dietro fumosi alibi culturali.
Forse con il caso denunciato dal prof. Giugni (concorsi truccati) qualcosa si smuover anche nell'orrenda palude universitaria italiana, dove pure si abbeverano abbondantemente Boeri, Branzi, Casamonti, Gambardella e altri amici loro.
Stiamo a vedere se anche qui non entreranno in gioco i soliti insabbiatori.
Cari saluti
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928
di Roberto Vallenzasca
del 11/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Cara Antithesi,
considererei normalmente un eccesso di protagonismo instaurare un "botta e risposta", ma il commento ingenuo ed esaltato di Mauro al mio intervento mi obbliga a qualche chiarimento.
Non sono un giovane: leggo Domus almeno dal 1975, la considero la testata storica di architettura pi interessante al mondo.
Per questo mi indigna la strumentalizzazione che Boeri ne fa al fine primario di una promozione sua e del suo gruppo di amici/clientes.
La vicenda del Supercoccodrillo su De Carlo solo una goccia nell'oceano del suo conflitto d'interessi .
Vogliamo fare un test?
Calcoli Lei, Mauro -che legge con tanta passione la Domus di Boeri - la somma delle pagine finora dedicate a Rem Koolhaas e quelle dedicate a un architetto italiano coetaneo - ovvero possibile concorrente - di Boeri, diciamo un cinquantenne. Fatto? Mi dice la differenza?
Temo che sia alta, molto alta, altissima.
E lei sa da chi formato il gruppo Multiplicity?
Oltre a Boeri e sua moglie (che ha curato l'evento flop di San Siro in aprile), Armin Linke e Francesco Jodice, i fotografi che spadroneggiano da un anno e mezzo nei reportage di Domus.
Lei sa chi Kayoko Ota, che per qualche mese Boeri ha cercato di spacciare come vice direttore di Domus? E' la responsabile di AMO/OMA, il settore ricerca/comunicazione dello studio di Rem Koolhaas.
Alla faccia dell'obiettivit.
S'informi, caro Mauro, s'informi.
E qualsiasi dei personaggi illlustri che lei menziona dalla storia di Domus si sarebbe accorto del vuoto che sta dietro al bla bla qualunquista di Boeri sulla"citt-che-fa-schifo-ma-in-fondo-va-bene-cos-specialmente
-se-riesco-a-piazzarci-qualche-mio-edificio".
Molti saluti,
Roberto Vallenzasca
PS
Quanto a certi tromboni, buoni per l'ospizio come Eisenman, Branzi, Mari, Mendini, Magistretti, o freschi d'universit come Belpoliti (si legga che simpatica raccolta di stupidaggini, pubblica o ri-pubblica da Domus in un suo librettino per Einaudi, diventato ormai l'editore dei comici TV), sono solo le vocine di contorno del grande discorso berlusconiano: "Sparale grosse, continua a spararle e prima o poi ti eleggeranno".
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929
di Marco Mauro
del 11/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Giovane Roberto, lei mi sa che sottovaluta tutti. Da De Carlo che -a sua detta- si farebbe monopolizzare da Boeri, a Boeri, a Kayoto Ota a Mari, Mendini, Eisenman, che lei dice essere "tromboni buoni per l'ospizio" (quel tromboni non mi nuovo...).
Gi questa sua supponenza mi lascia basito ma voglio rispondere alle accuse insolenti che mi rivolge.
Veniamo all'elenco di collaboratori di Multiplicity, Domus, etc. Lei ha scoperto l'acqua calda, e mi sta riproponendo lo stesso articolo che apparve su questo stesso sito diversi mesi fa, quando appunto usc il primo contestatissimo numero di Domus (se non lo ha letto se lo legga bene).
Innanzi tutto si faccia una visita alla redazione di Domus dove magari per la prima volta nella sua vita potr vedere la scrivania e la sedia disegnate da Gio Ponti e che usava lui stesso. Poi magari potr nella libreria su quel muro aprire uno dei tanti faldoni che trova con la scritta Pierre Restany e potr leggere quel che di bello c' dentro. Ah gi che anche Restany un trombone. I nomi che lei mi cita, tipo Armin Linke di certo non ha bisogno di Boeri per pubblicizzarsi (a meno che lei Vellanzasca non conosca nulla di fotografia), o della Ota ad esempio. Se poi Boeri ha il difetto di fare ricerca e di chiamare chiunque a gestire o a collaborare, parenti compresi, lei Vallenzasca forse non mai stato in nessun studio di architettura - ad esempio. Se mi paga a nome, le faccio un'elenco sterminato di studi di architettura, riviste, direzioni, etc. dove si registrano la presenza di fratelli (F.lli), parenti e negli altri casi amici o amici di amici. Qualche novizio per fortuna c' sempre ma questo ovviamente non garanzia di qualit o che.
Ora le sue accuse di conflitto d'interessi sono, queste s, ingenue. Forse Fuksas non stato pubblicato abbastanza? Renzo Piano nemmeno? Forse non stato fatto uno speciale sul progetto Fiera dove Boeri/Koolhass hanno perso con tanto di copertina col progetto Libeskind/Isozaki/Hadid/Maggiora? Forse Casamonti (direttore di Arca e architetto) non stato pubblicato? Forse Casamonti sull'Arca non ha nel suo staff di collaboratori amici? Forse il 90% dei saggisti che scrivono su Casabella non scrivono anche per l'Electa-Mondadori (Dal Co compreso)? Forse lei preferisce le riviste d'Architettura che ogni mese presentano un editoriale del direttore che una minaccia quasi politica? O preferisce ancora Sudijc che oltre a tutti gli interessi del suo mestiere, in diversi numeri di Domus oltre all'editoriale firmava 3-4 articoli? Forse Boeri non dovrebbe pubblicare Koolhass che guarda caso presente a ruota su tutte le riviste nazionali e internazionali ma dovrebbe pubblicare tutti i lavori di Ando come fa Dal Co? Forse Boeri o Dal Co non possono avere loro preferenze? Forse Dal Co avendo scritto la monografia su Ando per l'Electa e la Phaidon non dovrebbe mai pi recensire opere di Tadao su Casabella? Dal Co altro trombone? Forse sono ingenuo io ad essere andato a San Siro e all'Alzaia ad ascoltare Einaudi o a visitare lo stadio come mai avrei potuto fare? Un fiasco cos grande che si ripeter il prossimo anno? Ma lei c'era? Ha letto cosa ha scritto il Corriere sull'evento? O forse il Corriere di parte perch Boeri ha scritto e scrive spesso anche sul Corriere? Oppure lei, dati alla mano, mi vuole dimostrare che per forza tutto deve essere sbagliato quello che fa Boeri?
Mi creda che prima di fare indagini sulle cose che sono alla luce del sole, o prima di venire a dire a me di informarmi, dovrebbe spararle meno grosse.
E poi, se il vecchio editore snob Einaudi pubblicava i libri dei suoi amici (si legga "I migliori anni della nostra vita" di Ferrero) di certo Vallenzasca, non ho fatto una scoperta...e se forse lei iniziasse a leggere meno libri di Furio Colombo e pi libri d'architettura, forse inizierebbe a dirci cose finalmente interessanti.
Forse lei non li legge i libri dell'Einaudi se dice che pubblica solo pattume. E' appena uscito "Eutanasia della critica" di Lavagetto. Lo legga cos inizia ad appassionarti anche di letteratura e a scoprire che l'Einaudi pubblica ancora libri di grandissimi scrittori (Coetze, Marias tanto per rimanere ai primi due che mi vengono in mente) o magari si faccia un giro sul sito cos scopre un po' di nomi che, se a lei non dicono nulla, le garantisco che non sono n i suoi amati comici di Zelig e nemmeno i suoi amici giornalisti della gazzetta dell'Oltrep (non ce l'ho con quelli). Lei aspira a quelli mi s. Oppure preferisce fare il free-lance a StudioAperto.
Buona lettura
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926
di Marco Mauro
del 10/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Gentile Roberto Vallenzasca,
mi sorprendono la sua mancanza di rispetto e la sua presunzione. Conclude il suo commento con una domanda che, pi che provocare, denota la sua supponenza. Non solo la sua analisi dei fatti ci vorrebbe far credere che il cinico Boeri, e non lei Vallenzasca, che si permette di dubitare dell'intelligenza di De Carlo (strumentalizzazione dell'agonia? ma cosa ci sta dicendo? che l"anarchico" De Carlo uno sprovveduto e Boeri un lustrascarpe di chi vorrebbe camminare scalzo?) .
Lei addirittura accusa Boeri di aver dato voce a De Carlo - che, nonostante tutto, senza il supporto di Domus probabilmente non sarebbe mai arrivato nelle case di studenti sognatori come lei.
Innanzi tutto il libretto "Scritti per Domus" non a pagamento. E la rivista non nemmeno uscita a prezzo maggiorato (lo sottolineo perch dalle sue parole sembra che qui si voglia speculare sulla pelle altrui). Inoltre il libretto contiene gli scritti per Domus, che non sono mai stati ancora raccolti ed editi in un unico volume (compresi quelli del 1995, 1988, 1946 e 1947 - che lei non ha mai potuto leggere).
Inoltre Boeri non ha scritto nessun articolo 'strappalacrime' per estorcere sentimenti o guadagnarsi simpatie intellettuali.
Inoltre De Carlo sempre stata persona sufficientemente libera (e non solo in senso ideologico) da non farsi manipolare da nessuno tanto meno da un direttore di una rivista. Lo stesso libretto presenta in copertina una foto meravigliosa - splendida - scattata da Colombo, che spiega senza commenti o parole inutili quanto le mie, l'atteggiamento di De Carlo e il carattere dell'amata Giuliana. Inoltre quella che fu definita "la nuova Domus di Boeri", ha profondi legami con "la vecchia Domus", ma lei Vallenzasca ignora ad esempio l'indice della "Domus" di Rogers (redattore capo Marco Zanuso) dove vi si legge uno sforzo costante di legare l'architettura ai temi pi complessi della cultura in tutti i campi. In quella "Domus" (mi legga con attenzione caro Vallenzasca) comparivano articoli di Lionello Venturi sull'arte astratta, di Dino RIsi sul cinema, di Malipiero dulla musica, di Dorfles sulla pittura contemporanea, di Ballo, di Ragghianti, di Elio Vittorini, di Starobinski, di Roberto Rebora, di Sergio Solmi. Anni nei quali, guardacaso, De Carlo scrisse 3 saggi. Ora, caro Roberto, bastava leggere la Storia dell'architettetura italiana di Tafuri per sapere queste cose? No. Bastava semplicemente amare "Domus" e chi l'ha creata. Le consiglio - col dissenso forse di Irace che ama Ponti ma odia tutte le riviste compresa quella, anzi quelle, dove lui stesso scrive, "Amate l'Architettura" .
Se lei avesse letto "Domus", ora forse (forse perch lei mi sa che uno di quelli che non sa quel che legge) avrebbe un po' pi di prudenza nel criticare le scelte di Boeri.
Ma a lei Domus non piace. Gi lei ci dice che la Domus "ciarliera e insulsa".
Scusi, ma lei conosce Pierre Boulez, Cattelan, Dorfles, Eisenman, Branzi, Magistretti, Latour, Mari, Belpoliti, Mendini, Parreno, Obrist? Ma lei sa chi sono e di cosa si occupano? Ha letto quel che dice Boulez? E le legge le provocazioni di Sottsass? E Sterling?
Di certo non mi metto io a spiegarle differenze e legami fra le Domus di Ponti, e quella di Zanuso o quella di Mendini o quella di Sudijc o quella di Boeri. E non lo faccio anche perch io, a differenza di lei, non ho l'arroganza di accusare un direttore di "dipendenza" che sa tanto di favoritismi, scambi sottobanco, favori.
Se le riviste parlano di Koolhass, tanto meglio.
Faccia lei una rivista dove magari possiamo trovare ogni santissimo mese le oscenit che abbiamo potuto vedere alla Triennale alla mostra sugli architetti italiani under 50. Oppure qualche sunto del pensiero dei sommi teorici italiani (noti solo ai familiari, fortunatamente, ma incapiti anche da loro - e non faccio l'elenco di nomi per mancanza di spazio e tempo)
La sua critica, caro Roberto Vallenzasca, sembra quella degli architetti italiani pi provincialotti che aborrono chi vede la complessit e ama gli approci coraggiosi all'architettura (le ricordo ad esempio che le ricerche di Multiplicity coinvolgono non solo il geometra della porta accanto o il collega docente dell'ateneo compagno di merende e pubblicazioni di qualche cooperativa universitaria).
Ma lei Vallenzesca, evidentemente uno di quelli che ignorando l'affinit di intenti nella pi comprensibile e auspicabile diversit di vedute, preferisce sottolinearne le cose pi banali. Gi perch dato che Rogers faceva le passeggiate con De Carlo, allora De Carlo non poteva per "libert intellettuale" accettare di scrivere nella sua Casabella (questo sembra che lei voglia dire quando quasi rinfaccia a Boeri l'amicizia con Koolhass).
Le ricordo che De Carlo quando ha nuovamente "incontrato" Rogers, questa volta su "Casabella" nel '54, non ha esitato ad andarsene "in amicizia" per incompatibilit di i
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925
di Paolo Giordano
del 09/07/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
Gent.mo Mariopaolo Fadda,
"le opinioni sono come i coglioni: ognuno ha i suoi" sosteneva un certo Gaber, personaggio assai poco raccomandabile in odore di vetero marxismo venato di anarchismo, la specie peggiore.
Dunque lei ha espresso la sua, nonostante tutto, rispettabile opinione. Lo ha fatto con degnissime e dotte argomentazioni. Eppure traspare dalle sue parole un astio mal represso che vanifica, nella sua coerenza, le tesi addotte.
Mi perdoni, ma la sua accusa di 'marxismo organicista' quale "spettro che si aggira" per le universit italiane (e che, come conquistador, ha fatto "piazza pulita") avr pur qualche fondamento, ma appare come le parole dell'omino che sostiene che la cultura italiana sia in mano alla sinistra, come se la cultura fosse un'azienda controllabile a maggioranza d'azionato.
Il problema che lei solleva, per quanto riguarda l'Italia, mi sembra irrilevante dal punto di vista ideologico. Semmai dobbiamo lamentarci che ad una ormai conclamata caduta delle ideologie non vi sia successo alcunch. O meglio, si lasciato campo libero ad una non-ideologia, cio il mercato.
Sono d'accordo con Speaks, e quindi con lei, che una teoria che voglia essere onnicomprensiva (vogliamo dire olistica?) nel suo interesse del reale, non pu che essere d'ostacolo allo sviluppo di una cultura innovativa, la quale ha invece necessit di quegli 'uncertain spaces' dai quali trae la sua linfa. Eppure se il pensiero architettonico non innervato da una pur minima impalcatura teorica, dove andiamo a ricercare la coerenza interna del progetto? Oppure dobbiamo rassegnarci al fatto architettonico come gesto estemporaneo (magari spontaneo)? Oppure, come accade adesso, legato pi al glamour dell'evento che alla sostanza?
Quanto al metodo scientifico (galileiano, prova e riprova) del pensar-facendo non mi convince troppo come metodo esclusivo di progettazione. Troppe le problematiche che il fare architettura comporta da poter essere risolte in un tecnicismo che, come gi accade, fine a se stesso. Sarei comunque felice di poterlo sperimentare, se soltanto si presentassero un poco pi di occasioni. Come lei ben sa lItalia non ancora lAmerica, almeno non per tutti.
Sostenere legemonia della scuola marxista sulla cultura italiana, e sullItalia tutta, mi pare, francamente, un poco allarmistico. Essa talmente sfumata nella sua caratterizzazione ideologica (con sollievo delle nostre nonne che di fronte allo spettro bolscevico raccomandavano sempre di tenere docchio i bambini, non si sa mai) da non essere riconoscibile. Prova ne sia che talvolta, allinterno della stessa sinistra italiana, si sviluppano posizioni antitetiche quando non di contrasto.
Anche di fronte allaffossamento che ella fa dellintellighenzia architettonica italiana, il problema grave non che sia marxista - sui generis, pi radical-chic e bon vivant che altro ma che sia, da trenta-quarantanni a questa parte, sempre la stessa, composta dagli stessi soggetti che hanno accesso a media e riviste. Dunque un problema di ricambio generazionale, pi che ideologico.
Sulle idee confuse degli studenti, per quanto mi consta, non ci giurerei troppo. Semmai il problema delle universit italiane, pervase da unondata di disimpegno generalizzato e politically correct, che non stimolano a farsene, di idee.
Cordialit
Paolo Giordano
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924
di Roberto Vallenzasca
del 09/07/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Giancarlo De Carlo morto: onore a De Carlo, al compagno partigiano, all'ottimismo della volont e al pessimismo della ragione.
E disonore a committenti e politici che lo hanno relegato - come altri della sua generazione - a un localismo di nessun peso nella tragicomica realt urbanistica italiana.
Ma disonore anche a chi ne riuscito a strumentalizzare per bene l'agonia. Si sapeva benissimo che la sua era da anni una lunga marcia verso la morte. Per questo il campione del nuovo cinismo culturale, il finto sinistro Boeri lo ha spinto (obbligato?) a scrivere per un anno e mezzo sulla sua pessima Domus, nel tentativo di darsi un patentino progressista - visto che dalla sua penna pi di frasi ambigue mormorate sottovoce non escono. E quando De Carlo trapassa, ne ripubblica lesto lesto gli stessi scritti appena usciti sulla rivista.
Ma si pu essere pi cinici di cosi? Programmare scientificamente non un "coccodrillo" ma un "Supercoccodrillo": per un dilettante, come ama definirsi Boeri, non male. Un altra mossa mediatica che si aggiunge alle carnevalate a San Siro (che gli servono per far passare il suo progetto di risistemazione dello Stadio), alle quattro o cinque presentazioni mensili della rivista dal Manzanarre al Reno, al profluvio d'interviste, dichiarazioni, sproloqui fatti in ogni angolo della periferia dell'Impero.
Altro che riserbo, metodo, analisi, altro che i "ragionamenti limpidi che richiedono paziente lavoro e fervida immaginazione" di cui De Carlo scrive. La Domus ciarliera e insulsa che producono Boeri e gli altri dipendenti di Rem Koolhaas, piena di ammiccamenti alla decadenza dell'Occidente - da rappezzare con qualche forma geometrica un po' sbirula, che per loro l'architettura - proprio all'estremo opposto di quanto coraggiosamente, contro ogni evidenza, De Carlo continuava a pensare.
Povero Maestro, ma non si accorto di quanto era interessato
l'interesse di Boeri?
Con tristezza,
Roberto Vallenzasca
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923
di Mariopaolo Fadda
del 07/07/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
La testimonianza di Beniamino Rocca a margine delliniziativa degli studenti del Politecnico di Milano esemplare nel descrivere la via italiana allabbruttimento architettonico. Il clima che si respirava alla facolt di architettura di Milano, tra la fine degli anni 60 e gli inizi dei 70, era lo stesso che si respirava in qualsiasi altra facolt di architettura italiana. Nella furia di sbarazzarsi degli accademici post-fascisti, una classe rampante di professionisti della rivoluzione globale metteva alla gogna, con unoperazione culturalmente criminale, anche le menti migliori della nostra cultura architettonica. Iniziava cos quella dittatura marxista che avrebbe trasformato la scuola dlite in laureificio di massa e larchitettura italiana in vuoto contenitore di repellenti teorie socio-economiche.
Un articolo, After Theory, pubblicato sul numero di giugno di Architectural Record (pp. 72-5), sebbene riferito alla situazione americana, si attaglia perfettamente anche alla situazione italiana. Lautore, Michael Speaks, ex-docente dello SCI-Arc, attacca senza timori reverenziali la cosiddetta architettura critica, ma sarebbe meglio dire i paladini delle iper-teorie di derivazione marxista e le scuole darchitettura dlite americane che le propagandano. Il critico americano non ha peli sulla lingua quando accusa le cosiddette scuole dlite di aver ... inibito lo sviluppo di forme alternative di pensiero.
Egli, unitamente a Stan Allen di Field Operations, a Sylvia Lavin e Robert Somol docenti alla UCLA e Sarah Whiting docente alla Graduate School of Design di Harvard costituisce un gruppo che George Baird chiama post-critics (sebbene Speaks rifiuti tale etichetta). Un gruppo che ha in comune, pur con differenti sfumature, lavversione alla teoria architettonica tout-court. Lavin e Allen la ritengono ormai un retaggio storico assolutamente irrilevante nel contesto contemporaneo. Speaks pi puntuale e drastico la teoria non solo irrilevante ma era e continua ad essere un impedimento allo sviluppo di una cultura innovativa in campo architettonico.
Mentre nellattaccare le scuole di architettura si mantiene sul generico, anche se non difficile individuare i soggetti dei suoi strali (la Graduate School of Design di Harvard e la Columbia University di New York su tutte), per quanto riguarda i profeti della Teoria fa due nomi e cognomi: Peter Eisenman e Michael Hayes. Il primo penso non abbia bisogno di presentazioni, mentre il secondo professore di Teoria Architettonica alla Graduate School di Harvard ed uno studioso di scuola marxista, quella, in particolare, che si riconosce negli scritti e nel pensiero di Manfredo Tafuri. Il padre di tutte le teorie marxiste sullarchitettura.
Lapproccio marxista, che, negli Stati Uniti, si espresso principalmente attraverso le riviste Oppositions e Assemblage fondate e dirette rispettivamente da Eisenman e da Hayes, si fondava sul principio che larchitettura dovesse essere una forma di lotta al capitalismo e al corrotto libero mercato. Lunica via per una nuova architettura era dunque quella rivoluzionaria di un nuovo mitico ordine sociale che avrebbe portato il paradiso sulla terra. Una raccapricciante utopia che si invece spappolata insieme al muro di Berlino, ...queste teorie davanguardia decisamente negative sono state rese irrilevanti dalla rapida modernizzazione e dal generale livellamento del mondo che ha iniziato a prendere forma nel passato decennio. Questo discorso vale anche per lItalia, con una sostanziale differenza. La differrenza sta nel fatto che la scuola marxista, in Italia, non per niente irrilevante ma ancora egemone, nei media, nelle universit, nelle corporazioni professionali, nelle istituzioni culturali. Stordita, incerottata, coperta di lividi, ma ancora gramscianamente egemone.
La critica di Speaks non si limita a liquidare il retaggio marxista, operazione di per s non proibitiva, ma si spinge sino a mettere in discussione il principio illuminista dellautonomia del pensiero rispetto al fare pratico o, meglio, il principio che la teoria possa guidare la pratica architettonica. Lazione dipende cos dalla scoperta o dalla declamazione di un sistema di verit o principi guida, anche se, come nel caso della teoria, la verit che non c nessuna verit.
Riviste come Oppositions e Assemblage si sono fatte carico di fornire allavanguardia architettonica un programma intellettuale politicamente di sinistra che la abilitasse a resistere, a criticare e a proporre utopiche alternative al capitalismo e al libero mercato. Questa fantasia ha finalmente perso la sua attrazione e le sue connessioni con il mondo reale. La comunit architettonica rimasta a fronteggiare il futuro senza la guida di una saccente teoria davanguardia che ha dominato le scuole fin dagli anni 70.
In questo contesto, lItalia fornisce una testimonianza di primordine. Dalle farneticazioni di
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922
di Arianna Sdei
del 02/07/2005
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Berlino Kinshasa
di
Paolo G.L. Ferrara
Fate fare sculture ad Eisenman perche' gli riesce davvero bene. La decostruzione e' davvero indicata a dirigere opere d'arte. Tuttavia oggi l'emergenza ambientale urge risposte. Quello che piu' conta negli edifici civili e d'abitazione dovrebbe essere l'attenzione al clima nel quale essi si collocano.
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921
di vilma torselli
del 29/06/2005
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Il campo di margherite
di
Silvio Carta
Ci che Silvio Carta descrive ha una precisa denominazione scientifica, si chiama kainotetofobia, paura dei cambiamenti e delle novit, di tutto ci che non noto, compreso e riconducibile a canoni consolidati. E una paura che ha anche i suoi aspetti positivi, poich attiva utili meccanismi di difesa, ma che ha talvolta innegabilmente frenato il corso della storia e della scienza.
Il nuovo ci fa temere linvalidazione delle credenze assimilate e divenute parte della nostra identit individuale e collettiva ed averne timore un innato ed inevitabile retaggio antropologico, la ripetizione del comportamento del nostro antenato preistorico che, indifeso davanti allimprevisto a causa della propria ignoranza, temeva ogni novit ed ogni dirottamento da una realt nota e quindi dominabile, che significava spesso la garanzia della propria sopravvivenza.
Le reazioni emotive che regolano la nostra vita non sono molto differenziate, sono tuttavia sottilmente modulate ed adattate ai vari contesti, cosicch i sentimenti indotti da un paesaggio urbano o da un pezzo di citt non sono diversi da quelli che entrano in gioco nei rapporti tra esseri umani, per questa via che una piazza pu associarsi alla sacralit del ricordo di mio nonno.
Il termine ricordo, infatti, deriva etimologicamente dal latino cor-cordis, che vuol dire cuore, ad indicare la valenza emozionale dellatto del ricordare, non confinabile entro i limiti di una confortante ragionevolezza, cosicch la reazione empatica al ricordo di mio nonno si pu estendere, seppure irrazionalmente, ai luoghi che con lui ho frequentato, ad una piazza o ad oggetti inanimati che in qualche modo gli associo.
Una persona che conosco e che da decenni vive a New York, quando ricorda la sua citt natale, Perugia, fa immancabilmente riferimento ad unantica struttura, la torre degli Sciri, che ha visto passare generazioni di nonni e di nipoti e che resta tuttora per quella persona imprescindibile riferimento spazio-temporale, com destino di tanti elementi architettonici o urbanistici, realt ferma e concreta nel mutevole divenire della vita. Ebbene, se tornando a Perugia quella persona trovasse al posto della sua torre un bel campo di margherite, vogliamo negargli il diritto di restare delusa, di rimpiangere in qualche modo quello che non c pi?
Ci che caratterizza larchitettura, o una sistemazione urbanistica, unorribile vasca per i pesci rossi o una fontana del Bernini , fra laltro, la fisicit, la concretezza, unesteriorit inequivocabilmente definita, solidamente fissata nel cemento, nella pietra, nel ferro, sar per questo che, col tempo, ci scopriamo incredibilmente affezionati al loro aspetto, divenuto noto e familiare come quello di una persona cara.
E sar pure per questo che un grande della passata generazione ha lasciato scritto Amate larchitettura, fisicamente, come si amano le persone, al punto da rimpiangerne la scomparsa.
Ci non significa che si debba lasciare il mondo cos com, il mutamento lessenza della vita, ma significa che ogni cambiamento, leradicazione di un passato rassicurante perch noto, la distruzione di punti di riferimento conosciuti , comportano unelaborazione simile a quella di un lutto, la presa di coscienza della necessit e dell'inevitabilit del cambiamento e laccettazione di un nuovo stato delle cose, in virt di quelladattamento della psiche alla variet delle situazioni di cui dicevo prima.
vecchio non necessariamente bello, infatti, solo vecchio, con la sua carica di significati positivi e negativi. Cambiamolo, senza scandalizzarci se, comunque, non sar unoperazione indolore.
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920
di Beniamino Rocca
del 23/06/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
Bello la spunto che d Uboldo Peroni : chi questo Giacomo Scarpini, maestro e colonna portante del sapere di tanti giovani architetti?
Io, da "geometrarchitetto" ho frequentato il politecnico dal '69 al'76, durante il "Turno serale" e l'ho conosciuto personalmente. Seguivo l'unico gruppo di docenti che in quegli anni voleva fare qualcosa veramente di "sinistra" . Insegnare cio" architettura ed urbanistica" nelle uniche ore disponibili - dalle 18.00 alle 21,00- anche a quei rozzi lavoratori-studenti-geometri che incominciavano a popolare la facolt perch almeno, da architetti, potessero contare un p di pi in questa brutta societ capitalisica. Il gruppo mitico, questo s, era quello di Bottoni, Canella, D'Angiolini, Meneghetti. Nel'71 il ministro Misasi avrebbe sospeso i primi due insieme a Albini, Helg, De Carli, Portoghesi, Vigan (un grande, caro Pacciani), ma Meneghetti e D'Angiolini (soprattutto quest'ultimo) continuarono a organizzare un minimo di ricerca, anche il sabato e la domenica quando era necessario e gli studenti pi impegnati lo chiedevano.Tentavano di guadagnarsi lo stipendio aiutando proprio i lavoratori-studenti a crescere, culturalmente e anche politicamente, perch no?.
Bene, Giacomo Scarpini docente di Scenografia, e tra i pi solleciti a garntire a tutti il 27 politico, era allora in quel gruppo di professori che tenacemente si oppeneva al gruppo di Bottoni ed al suo tentativo di organizzare una didattica di massa : la "Didattica a domanda", organizzata cio dagli studenti stessi su temi e luoghi specifici di loro interesse. Giacomo Scarpini faceva parte del CDA -comitato d'agitazione permanente- con docenti che come leader avevano, lo ricordo bene: Piperno, Magnaghi, i due Perelli, E. Battisti e Cesare Stevan (che, come sappiamo, come tanti altri del suo gruppo sarebbe saltato alla fine degli anni ottanta dall'estrema sinistra a quel rampante craxismo che lo avrebbe portato ad essere preside di facolt e il glorioso PSI a sparire dalla politica, ma qui il buon Cesare non c'entra).
Scarpini, come tutti i suoi amici professori di quel tempo, non insegnava n scenografia , che forse sapeva, n architettura, n urbanistica, n scienza delle costruzioni. Anche per lui lo slogan era" Distruggere la facolt per rfondarla, siamo tutti studenti-massa". Occupare ed autogestire l'Innocenti , partecipare alle manifestazioni nei cortei degli extra-parlamentari., questo bastava per diventare architetto, tanto, tutti i professori che ho citato, come lo stesso Scarpini avevano gi stipendio, pensione garantita e casa al mare.
Dopo Bernardo Secchi preside, eletto con i voti determinanti del CDA, ecco il preside Stevan dagli anni ottanta. Non so cme sia stata rifondata la facolt (o forse, lo so fin troppo bene) e cosa insegnasse Scarpini negli anni ottanta, ma metterlo vicino a Bottoni (e agli altri) ,a mio modo di vedere, una disonest culturale che, ahim , la dice lunga sul libro fatto da questi bravi studenti che certo avranno un avvenerie certo da aspiranti accademici, meno , credo, come architetti che sappiano costruire architetture. Scenografie ne sapranno certo fare, e di bellissime anche.
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918
di andrea Pacciani
del 22/06/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
per Vilma Torselli:
ho frequentato il politecnico di Milano negli anni 84/90 e di Scarpini ho un ricordo indelebile per un convegno annunciato il cui titolo recitava pi o meno cos nelle locandine sparse nell'ateneo: "Architettura fatta con i piedi, progetti di Calza, Li Calzi, Scarpa e Scarpini. Interveranno gli autori". Ricordo che il giorno del convegno l'aula era piena ma degli architetti annunciati (i tre in vita erano docenti al Poli) nessuna traccia....... e chi si aspettava ingenuamente una stroncatura di Carlo Scarpa rimase deluso.
Mi auguro che gli studenti di oggi abbiano la stessa fantasia di allora....
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917
di Vilma Torselli
del 22/06/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
La richiesta di Ubaldo Peroni ha sollecitato la mia curiosit. Ho avuto la fortuna di laurearmi alla facolt di architettura del Politecnico di Milano nei mitici anni in cui i docenti si chiamavano Carlo De Carli, allora anche preside della facolt, Ernesto Nathan Rogers, Franco Albini, Franca Helg, Vittoriano Vigan, Ludovico Barbiano di Belgioioso ecc. eppure non riesco a ricordarmi affatto di un architetto-docente Giacomo Scarpini, n mi aiuta il fatto che, nell'unico ritratto che ho reperito in rete, egli si copra intenzionalmente il volto .
Una rapida ricerca su internet mi dice che potrebbe invece ricordarsene tale Piero Milesi, collaboratore di Fabrizio De Andr (sic!), architetto evidentemente non militante, ma presumibilmente informato.
Confesso che mi interesserebbe conoscere la soluzione di questo interessante "Chi l'ha visto?"
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919
di Andrea Pacciani
del 22/06/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
Della mia esperienza al Politecnico ricordo pochi docenti degni di omaggio pubblico in quanto tali; Bernasconi-Geometria descrittiva (oggi si insegna un decimo di quello che faceva nel suo corso ed causa dell'ignoranza degli architetti) Patetta-Storia dell'architettura (le sue lezioni su Brunelleschi e Michelangelo finivano spesso con un'applauso spontaneo per la passione che sapeva trasmettere agli studenti pigiati in aule stracolme, ) De Miranda -Tecnica delle costruzioni (ti insegnava a calcolare fin quanto un ingegnere strutturista: non l'ho mai fatto nella professione ma gliene sar sempre grato. Oggi incontro colleghi che non sanno dicsernere tra una struttura a telaio e una a muratura portante, n dimensionare una putrella).
Questi tre sono docenti i cui progetti architettonici non conosco e credo nemmeno mai entrati nell'elite delle riviste, ma sapevano insegnare e trasmettere parti importanti della nostra disciplina. Non credo sar mai dedicato alcunch in ricordo o omaggio del loro insegnamento.
Stenderei piuttosto un velo pietoso sugli edifici di Vigan e Ponti sede della facolt di architettura del Politecnico di Milano e sulla trasmissione della composizione architettonica (su questo spero i tempi siano cambiati).
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916
di Ubaldo Peroni
del 21/06/2005
relativo all'articolo
Diritto d'Autori - il diritto a un ricordo... il d
di
Davide Crippa
Pi che un commento la mia una ricerca di informazioni sull'Arch. Giacomo Scarpini. Desideravo sapere se possibile vedere, anche in foto, qualche opera dell'Arch. Giacomo Scarpini. Oppure se potete segnalarmi una pubblicazione o qualcosa circa i suoi lavori.
Grazie molte.
U. Peroni - Milano.
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914
di Leandro janni
del 18/06/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
E' morto Giancarlo De Carlo.
Uno dei pochi, pochissimi architetti italiani non feticisti.
Un uomo libero e serio.
Consistente e imprevedibile.
Un politico creativo.
Chi lo ha conosciuto, se ne ricorder.
Leandro Janni
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913
di Carlo Sarno
del 08/06/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Scrive Giancarlo De Carlo : "...l'architettura diventa generosa e significante per gli esseri umani solo se un'estensione gentile e delicata dell'ordine naturale..."
"...A Siena nel centro storico il processo di formazione stato tra i pi organici che si conoscano e lo sviluppo non stato ancora cos dirompente da sconvolgere la mirabile corrispondenza tra spazi solidi e cavi, n l'intrecciata presenza di disparate attivit umane. Per questo le piazze a Siena hanno ancora senso e per tutti - cittadini e viaggiatori - in loro stesse, nelle loro sequenze, nei riflessi di quell'assoluta origine e destinazione che per ciascuna di loro il Campo..."
"...Le citt sembrano diventate irrazionali, mentre il loro scopo di origine era di stabilizzare isole di razionalit nel mare degli arcani misteri della natura. Non sono pi confortevoli n sicure, mentre la sicurezza e le punte di comfort che offrivano erano tra i motivi pi certi della loro forza di attrazione. non sono pi opere d'arte e neppure d'ingegno o di maestria, mentre un tempo sulle citt si concentrava il meglio dell'invenzione umana per renderle riconoscibili e memorabili..."
"...In parallelo alla scoperta che il commercio del suolo urbano pu offrire redditi considerevoli perch il valore delle aree edificabili cresce automaticamente con l'estendersi della superficie urbana, il processo di sviluppo della citt si sottratto alla molteplicit delle sue leggi organiche per conformarsi alla univocit della correlazione tra domanda e offerta..."
"...La struttura che le ordinava si disfatta e per questo sono diventate incomprensibili. Dall'nsieme non si riconoscono i ruoli delle parti e nelle parti non si rintracciano i segni delle assonanze che le fanno concorrere in uno stesso insieme..."
Da queste brevi citazioni di Giancarlo De Carlo subito si evince la sua sensibilit , professionalit e consapevolezza del problema urbanistico contemporaeo.
Il pensiero architettonico di Giancarlo De Carlo affonda le sue radici nell'Architettura Organica e Sociale Italiana, nell'APAO (Associazione per l'Architettura Organica promossa da Bruno Zevi ed altri nel dopoguerra), nell'approccio urbanistico organico di Luigi Piccinato e Giuseppe Samon; a tutto questo si innesta una sua particolare sensibilit per i problemi etno-antropologici e culturali dei sistemi sociali, abbinata ad una profonda conoscenza del mestiere di architetto e urbanista.
Grazie Giancarlo De Carlo per la tua meravigliosa vita dedicata alla Causa della Architettura!
Carlo Sarno
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912
di Paolo Giordano
del 07/06/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Gent.mi
Sandro Lazier e Paolo G. Ferrara, posso dire di sposare per intero quanto affermato nel commento de La redazione. In aggiunta vi invio alcune righe che mi sono permesso di preparare nella giornata di domenica, non appena saputo del decesso. Le avrei voluto inviare a tutti gli iscritti della mailing list della ns. associazione dei Giovani Architetti del Canavese. Poi, un po' temendo di venire etichettato per passatista, ho soprasseduto. Preso dal timore di esternare quelle opinioni che De Carlo ci insegnava a difendere. Ci mancher la sua presenza tutelare.
Cordiali saluti
Paolo Giordano
"(...) Quali erano i nostri sogni (si allude al Team X, n.d.r.)? Cosa ne resta oggi? Naturalmente alcuni di essi erano sbagliati, ma meglio avere sogni sbagliati che non averne del tutto. I protagonisti di quella vicende (il Movimento Moderno, n.d.r.) avevano fatto molti errori - Le Corbusier arriv la punto di pensare che Mussolini avrebbe potuto aiutarlo a favorire l'architettura moderna - ma se si pensa alla loro passione, anche al fatto che erano pronti a vendersi l'anima per realizzare la propria idea di architettura, beh, credo che tutti loro meritassero e meritino un incredibile rispetto.Oggi invece, tutti questi architetti che - anche se con talento - creano edifici identici ovunque, che cosa fanno davvero? Hanno un'idea del mondo, una Weltanschauung? Che sogni hanno?
Io credo che se c' una possibilit di uscire da questa posizione scivolosa, di omologazione, solo quella di aiutare l'architettura a tornare ad avere un punto di vista e un'idea del mondo che ci circonda. E vedo alcuni segnali intorno a noi, dove dappertutto ci sono giovani - giovani non organizzati - che cercano qualcosa di nuovo, che vogliono cambiare il volto dell'architettura. Pu darsi che non ne abbiano i mezzi, ma hanno un desiderio e una tensione con i quali dobbiamo fare i conti. E aiutarli a cercare qualcosa di nuovo nella molteplicit di eventi che accadono insieme, forse in modo confuso, attorno a noi; perch io credo davvero che in questa confusione ci sia qualcosa di interessante".
(da un'intervista a Giancarlo De Carlo di Stefano Boeri, Peter Davey, Axel Sowa, Domus 874, ottobre 2004)
Nella mattina di sabato 4 giugno Giancarlo De Carlo morto a Milano. Aveva 85 anni.
Le righe che riportiamo sono parte dell'ultima intervista rilasciata dall'architetto prima che la malattia ne costringesse l'astensione, con l'unica eccezione della laurea ad honorem in Pianificazione Territoriale rilasciatagli dal Politecnico di Milano il 15 dicembre 2004, dalle 'scene pubbliche'.
Crediamo che siano le parole non di un 'vecchio Maestro', quale senz'altro stato, ma di un 'giovane', con quell'impeto e quella speranza che troviamo con difficolt tra noi stessi che giovani lo siamo davvero, ma solo per anagrafe. Forse l'impasse teorico e culturale di cui tutti siamo testimoni potrebbe trovare motivi di spinta al superamento da un dibattito che includa una riflessione attorno alla scottante attualit dell'eredit teoretica di alcuni personaggi del panorama architettonico italiano troppo frettolosamente messi in un angolo per seguire le sirene dell'architettura mediatica.
Alcuni mesi fa, pur intuendo la seriet della malattia di De Carlo, facemmo il pensiero di interpellarlo - sapendo che difficilmente avrebbe accettato - perch venisse a parlare ad una platea di giovani professionisti e studenti, per spiegare, per incuriosire, per stimolare.
Qualcosa di improcrastinabile non ce ne ha dato il tempo.
Ci restano le sue parole.
Tutti i commenti di Paolo Giordano
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911
di Silvio Carta
del 07/06/2005
relativo all'articolo
Giancarlo De Carlo morto
di
la Redazione
Nell'essere pienamente d'accordo con quanto scritto nell'articolo, vorrei esprimere la mia opinione nell'asserire che forse il problema nella "pubblicizzazione" dell'architettura/architetti italiana/i piuttosto che di quella degli "olandesi, gli spagnoli e i portoghesi". Quante volte sono apparsi "Pellegrin, Ricci e altri maestri" e quante volte appare invece Rem Koolhaas? Sappiamo tutti di vivere in una societ di immagini, come sappiamo tutti che se vogliamo comprare il pane dobbiamo usare l'euro e non la lira.
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910
di C. Marcello Desole
del 01/06/2005
relativo all'articolo
Acqua al mio mulino
di
Silvio Carta
Caro p.p., stia tranquillo che non tutti si nascondono e se si indagassero le
ragioni profonde per le quali non ha potuto studiare Architettura a Cagliari si
renderebbe conto che gli interessi alla base di ciò non hanno una sola
bandiera (così come un solo sesso). Si potrebbero fare esempi e nomi...
Lei ha ragione comunque, come ha ragione S.C.: la situazione, il mercato non é
certo facile e ho paura che l'Università (che dovrebbe aiutare a migliorare
il sistema) stia ragionando più in termini di competizione territoriale
che formazione (sostenibile con e per il territorio) di eccellenze.
Quello che le posso consigliare (se vuole e se può) é di coltivare
l'interdisciplinarietà, reale, e come valore aggiunto: conosco diversi
bravi Ingegneri della sua città che la sanno applicare, così come
ne conosco altri che non condividono nulla, a cui non interessa cambiare il sistema
e che sono diventati squali avidi (così come succede in tanti altri settori
della società, anche il suo).
Ad ogni modo non si faccia usare e non smetta di provare a fare ciò che
desidera, non è il solo ad avere queste aspirazioni. Consapevolezza nelle
scelte.
Cordialmente
C. Marcello Desole
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909
di Alessandro Ronfini
del 01/06/2005
relativo all'articolo
Il campo di margherite
di
Silvio Carta
Credo che la la malinconia sia il peggior male d'Italia. Quella malinconia che fa rimpiangere ai nostri vecchi (e purtroppo anche ai miei genitori) i bei tempi, in cui si giocava per strada, in cui "qui era tutta campagna" in cui si faceva il bagno nel fiume e, non dimentichiamolo, in cui esistevano ancora le mezze stagioni.
Questo sentire comune, continuamente ripetuto nelle orecchie di noi giovani (sono un giovane studente 21enne) crea una sorta di disprezzo verso il tempo in cui viviamo, et del caos, dell'industrializzazione selvaggia, della distruzione della natura e del ciclo delle stagioni.
Cos molti adulti d'oggi nutrono, anche se spesso non l'hanno mai vissuta, o hanno solo immaginato di viverla, una nostalgia verso "l'et dell'oro" che si tramuta in un desiderio di vedere costruita la propria casetta in mezzo ai campi dotata di tetto a falde, di giardino con l'erbetta ben curata (speriamo senza nani...), di pozzo e finestre con le imposte verde scuro, anonima, senza tempo e qualit come mille altre a lei uguali.
Lo stesso vale per chi nei suoi sogni ha il suo appartamentino di citt con la lampada-gondola sopra la tv: gli serve un ricordo su cui appoggiarsi, da cui ricavare sicurezze, come pu essere un parco, un fontanella, una brutta aula della sua brutta e vecchia scuola.
E non credo che tutto ci nasca da ignoranza ma nemmeno dalla paura che il nuovo sia brutto (anche se la realt di numerose architetture dalla forma e dai colori molto discutibili danno una forte scossa a questa argomentazione): la paura piuttosto quella che il nuovo vibri un colpo violento alla pacifica e rilassante stagnazione che il nostro paese sta vivendo. Abbiamo un'economia che ha sempre funzionato basandosi su piccole industrie con poche aspirazioni di crescita, su un costante flusso di turisti, su prodotti tipici secolari, sui piccoli agricoltori, accontentando bene o male la maggior parte della popolazione: aprirsi al nuovo vuol dire stravolgere questo comodo sof di routine, stravolgere il proprio lavoro cercando nuove soluzioni impegnative, stravolgere le proprie abitudini, i propri ritmi. E' un qualcosa che pochi sostengono e tanti cercano di evitare come fosse il diavolo in persona.
Spero che il periodo di crisi nel quale siamo entrati oggigiorno dia una indispensabile scossa al nostro paese, che nasca un rinnovamento che si fondi anche sull'architettura (cos che questa venga riconsiderata come immagine della societ che si evolve) cosicch per chi sta entrando nel mondo vi siano maggiori possibilit di quante, a quanto pare, ne offra il presente.
Tutti i commenti di Alessandro Ronfini
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908
di p.p.
del 26/05/2005
relativo all'articolo
Acqua al mio mulino
di
Silvio Carta
Da un altro articolo mi parso di capire che viviamo nella stessa citt. Perci quello che ho letto mi sembra strano. Io ho scelto di non fare ingegneria, nemmeno quei "due anni e poi ti trsferisci" che qualcuno mi ha consigliatio, ma ho deciso di attraversare il tirreno per iscrivermi ad architettura. Ma quando sono tornato da architetto ero ormai un pesce fuor d'acqua... Se ci sono persone, ingegneri, che vivono nell'ombra per la paura dei commenti, come pensa possa vivere un architetto, che gi nel nome porta intrinseche tutte quelle "caratteristiche di cui vergognarsi"?
Ma poi vero che "snobbiamo" gli ingegneri? a volte magari si, ma in questa citt impossibile considerarli "garzoni per le commissioni". Casomai siamo noi che veniamo considerati di volta in volta "decoratori", "arredatori",ecc. E il mio problema pi grosso che qui a Cagliari sono troppi a pensarla cos...
N.B. Commento firmato.
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907
di Rosario Di Petta
del 26/05/2005
relativo all'articolo
Portoghesi escluso? E chi se ne frega
di
Sandro Lazier
Zevi, Portoghesi, Gregotti.. sono personalit diversissime tra loro, ma che hanno contribuito all'evolversi del dibattito disciplinare nella seconda met del XX secolo. Scrivo non per prendere le difese di qualcuno, ma solo per sottolineare che alti e bassi appartengono all'operato di ognuno. A volte siete portati a prendere posizioni un p estreme...ad esempio: definire disastro il lavoro di Aldo Rossi un errore grave come quello zeviano dell'esclusione del tempio greco dall'architettura.
In sostanza, i grandi personaggi (fra cui Bruno Zevi) che con le loro intuizioni hanno segnato le vicende architettoniche, sono anch'essi esseri umani e certamente qualcosa prima o poi la sbagliano.
Trovo inutile infierire sull'uno o sull'altro...piuttosto penso che sia una fortuna se tra le nuove generazioni cominci ad intravedersi qualcuno che possa almeno avvicinarsi allo spessore dei protagonisti citati.
Tutti i commenti di Rosario Di Petta
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906
di Isabel Archer
del 26/05/2005
relativo all'articolo
Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
Che cosa ci dobbiamo aspettare se anche i cosidetti canali alternativi della critica architettonica generano novelli Hitler, affannati nella ricerca della razza pura italiana, incasellando in categorie posticce ci che di buono viene prodotto dai giovani italiani, affiancando ricerche sideralmente lontane pur di fare lasso pigliatutto. Dov che sinsegna la storia? Nei surgelati di Italia Nostra o negli OGM dellUniversit parentale?
E un peccato che tanta buona volont, fuori e dentro lUniversit, fuori e dentro la rete, marcisca nei procedimenti compromessi di unalimentazione cognitiva alterata.
La debolezza di un solo anello della catena di trasformazione pu essere sufficiente a rendere difettoso lintero processo. Attenzione allintossicazione collettiva, meglio stare a dieta.
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905
di Vilma Torselli
del 25/05/2005
relativo all'articolo
Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
Gli studenti d'architettura non potranno mai pensare allarte come ad una profonda estensione esplorativa della loro personalit soprattutto perch i docenti non insegnano loro le profonde e puntuali correlazioni dell'arte visiva con l'architettura. Probabilmente perch essi stessi non ne valutano l'importanza (non voglio pensare che non ne siano in grado) o non ne vedono la necessit, alla faccia della contaminazione interdisciplinare!
Tutti i commenti di Vilma Torselli
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904
di Stefano Tesotti
del 20/05/2005
relativo all'articolo
Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
Eppure tu, mio caro Marco Mauro, non hai sentito parlare di "Mies Van Doesburg" all'esame di Composizione Architettonica I (in una facolt di Ingegneria, se questa precisazione da ritenere pertinente). Se solo non fosse stato per questa imprecisione il "gi(u)ovane" incosciente si sarebbe portato a casa un bel 30 e lode. Peccato, solo 28.
A questo punto sono aperte le iscrizioni per le prossime Olimpiadi di LANCIO DEL LIBRETTO. O forse una disciplina propria deI Giochi della Gi(u)ovent?
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903
di Carlo Sarno
del 20/05/2005
relativo all'articolo
Intervista a Attilio Terragni
di
Paolo G.L. Ferrara
Bravo Attilio! Il tuo sforzo e il tuo lavoro non andr perduto! Hai dato inizio ad un recupero di Giuseppe Terragni e credo che ormai la sua figura non potr pi essere accantonata.
Certo, ognuno ha modi di vedere diversi, chi avrebbe evidenziato di pi un aspetto, chi un altro, possono sorgere anche dei costruttivi dissensi, ma...resta il valore della tua azione intesa a comunicare l'importanza di un grande architetto italiano come Giuseppe Terragni alle nuove generazioni.
L'architettura di Terragni una architettura intensamente umana, che con i mezzi e la tecnica della sua epoca cerca di trasmettere i migliori valori dell'uomo, superando il funzionalismo per una attenzione alla vita e al sociale, alle sofferenze e alle gioie che attraversiamo nel tempo e nello spazio.
Non releghiamo Terragni ad una fredda lettura ufficiale ed accademica, o meramente "colta" che dir si vuole, ma apriamo l'architettura di Terragni ad una lettura pluralista e complessa, democratica e variegata, libera e spontanea, ma vera e ricolma di sentimento....e credo Attilio che il tuo lavoro stia facendo tanto in questo senso!!!
Continua cos Attilio, e vedrai che dal bene uscir bene, che l'insegnamento dell'architettura di Giuseppe Terragni ha ancora da dare tanto per una buona e veritiera Architettura Italiana....e questo...e ti sia di conforto.... anche ci che pensa Antithesi e il sottoscritto.
Carlo Sarno.
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902
di Marco Mauro
del 20/05/2005
relativo all'articolo
Gli studenti universitari non conoscono la storia
di
Paolo G.L. Ferrara
Gentile Paolo G.L Ferrara,
le scrivo di getto e quindi mi perdoner spero - io perdoner a me stesso - le imprecisioni. Mi muove la rabbia, non contro di lei premetto, ci mancherebbe altro, ma contro la boutade che ha scritto che ha avuto efficacia su di me, in fatto di scuotimento del sistema nervoso.
Vorrei spiegarmi meglio. Che gli studenti universitari non conoscano la storia dell'architettura, e la storia, mi sembra un dato di fatto. E' evidente. E il fatto che lei l'abbia sottolineato con il suo articolo mi piaciuto. E mi piaciuto molto il suo articolo.
Il fastidio che ho provato per dovuto ad una domanda che mi sono fatto: ma che diavolo ne sa un docente sulla MIA preparazione in storia dell'architettura? ma come cavolo posso accettare che un docente dica che gli studenti non conoscono la storia quando valutano cani e porci allo stesso modo? e non solo per colpa della cecit del docente o della furbizia dello studente ma per colpa di un sistema idiota - mi passi l'aggettivo - un sistema idiota, dicevo, in base al quale un uomo che dedica la vita alla sua materia deve sentir parlare uno sbarbatello di concetti che il 99 per cento delle volte butta l senza nessuna capacit linguistica, critica e con un'estensione lessicale che vanta una cinquantina di parole, interrotte da ripetuti "praticamente". ecc. un sistema idiota perch un docente come diavolo pu in venti minuti sapere se uno studente conosce la storia?
Ho sostenuto come ultimo esame del mio corso di laurea in architettura, proprio l'esame di storia dell'architettura. Il programma? Rinascimento, Cinquecento e Seicento. La mia preparazione?
Io prima di sostenere quell'esame ho preso 30 e lode nei due esami di storia dell'arte con tanto di proposta di tesi. Con due docenti diversi. Ed entrambi mi hanno riconosciuto la preparazione. Pensi, e non lo dico per vantarmi, che volendomi mettere in difficolt, il docente mi chiese il Savoldo. E io gli dissi (senza tirarmela non oserei mai!) che il Savoldo aveva la particolarit di nascondere la firma nei suoi dipinti e feci una lunga serie di esempi. Una chicca che, magari sapr anche lei, ma che lessi in una noticina del catalogo della mostra sul Cinquecento Lombardo. Allora mi chiese di parlargli della Lezione di anatomia di Rembrandt - classica domanda che, secondo me, si fa per mettere 18 perch come dire "mi parli di quello che vuole". E io elencai tutti gli eventi storici avvenuti l'anno della realizzazione di quel dipinto. Dissi che nel 1632 nascevano Spinoza, Vermeer, Galileo concluse la Teoria sui massimi sistemi...ecc.ecc. Non pot non darmi 30 e lode. E cos anche in storia dell'arte contemporanea. La docente mi chiese Courbet. E io gli parlai di Baudelaire. Della Parigi di quegli anni...e via via un parallelismo davvero ben riuscito e documentato sulla letteratura e l'arte che in quel periodo davvero erano una cosa sola. "Complimenti. Ci sono ragazzi molto preparati. Ma poi persone speciali come lei." 30 e lode.
Allora? Premesso questo e premesso che credo - e non lo dico per vanto ma per condanna caratteriale che mi porta a rinchiudermi in casa invece di andare in discoteca - che credo, dicevo, di essere uno dei pochi ragazzi che legge ogni giorno 2 quotidiani e ha letto oltre 200 romanzi fra ottocento e novecento (altro che Dan Brrown e Follet), una camera stracolma di libri d'architettura, che leggo con passione ogni giorno, e saggi d'arte d'architettura e letteratura. Le giuro che vivo sommerso dai libri.
Ecco. Vengo all'esame di storia dell'architettura. Amando il Rinascimento e il Cinquecento alla follia - non che la follia porti bene - lessi oltre ai testi obbligatori (Wittkover ovviamente, Lotz ovviamente, Ackerman fortunatamente) i capolavori di Bruschi (Bruschi il mio mito - perdoni il linquaggio da sms)! Benevolo, Argan, Gombrich, Zevi, Schulz, Frommel...anche l'amato Hauser...il contestato Burckhardt insomma amo l'architettura.
All'esame la docente mi chiese Giulio Romano. Non potevo non prendere 30 e lode. Dissi della risaputa amicizia con Raffello soffermandomi anche sulla pittura ovviamente, come separare le cose? Parlai poi anche del complesso concetto di Manierismo con accenni sul Barilli-pensiero. E cos via. Anche quando mi chiese l'Ariccia di Bernini dissi che nel libro stranamente l'autore del testo (obbligatorio - era il Marder) si limita a dire che lo scultore possedeva il Serlio ma non dice esplicitamente che possedeva nella sua biblioteca il capolavoro grafico-letterario di Palladio (anche perch solo Fagiolo dell'Arco, dopo la pubblicazione del Marder, riusc a recuperare l'inventario dei beni di casa Bernini).
Insomma lo sa alla fine dell'orale come and?
"Guardi le va bene 26? ...vedo che ha un'infarinatura generale ma non sa bene le cose".
Ok. Ha ragione. Dovessi valutarmi io mi darei 18 per l'impegno. E ammetto di non sapere una montagna di cose. E ammetto di aver parlato male del Pantheon
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901
di mara dolce
del 18/05/2005
relativo all'articolo
Intervista a Attilio Terragni
di
Paolo G.L. Ferrara
Personalmente ritengo che il lavoro che svolge Attilio Terragni con la sua fondazione per ricordare il suo illustro parente, sia addirittura imbarazzante per almeno due motivi:
Il primo che lui stesso non ha capito lapporto e linfluenza che Giuseppe Terragni ha avuto per larchitettura internazionale e che non si riduce ad un'apporto sociologico come lui in pi occasioni sostiene, (si legga : ...abbiamo appena riniziato a ripensare a Terragni per fare tornare lidea che larchitettura pu raccontare la storia dellanimo umano... non riuscendo evidentemente a spiegarne i meriti (che sono altri) con competenze architettoniche.
Il secondo motivo che con il nome di Atilio Terragni non si fanno altro che vedere, da un p di tempo a questa parte, discutibili e superficiali publicazioni, che con la scusa di attualizzare la figura di Terragni, ripropongono le opere dellarchitetto ri-fotografate alla moda; vale a dire con questaurea digitale che fa capire solo che lunico che poco o niente ha capito della modernit di Giuseppe Terragni lautore stesso del libro.
Lasciare che attilio Terragni gestisca simile eredit un autentico spreco, perch si ha la sensazione che tutta loperazione sia meno culturale di quanto si voglia far credere. Ma in fondo un p la legge della regressione verso la media, che vede i grandi finire tra le mani di eredi medriocri che non posseggono neppure se non il talento, almeno il coraggio - di farsi da parte per lasciare a gente pi competente e di livello ,il gravoso compito di gestire tali eredit.
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900
di amit wolf
del 17/05/2005
relativo all'articolo
Decostruttivismo: a chi deve parlare e a chi no
di
Vilma Torselli
il discorso di Derrida in '' of grammatology'' tratta di un momento anteriore alla lingua (che sia parlata o scritta) - l'arch'scrittura. Egli dimostra come La Diferrenza (tra fon e fon o fra segno grafico e un altro - non cambia niente) infatti l'unica a permettere il simbolo neutro, cio il segno arbitrario -quello che sta alla base del sistema significato/significante di Saussure; quello che permette il linguaggio e la linguistica come scienza. La Difference >le trace che lascia in negattivo l'archscrittura. Derrida ippotizza una nuova scrittura che va cercata in grado di ri-rapresentre al meglio La Difference .
in tutto cio le refferenze citatte dei neuro scienziati non fanno altro che rafforzare la nozione di uno strato precedente alla formazione nel cervello di un linguaggio e di una coscienza.
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899
di Vilma Torselli
del 16/05/2005
relativo all'articolo
Riso amaro
di
Ugo Rosa
Il femminismo di ritorno, che ha perso ogni mordente, perch non c pi niente da mordere, e sfoggia un pacato equilibrio annacquato di qualunquismo, dopo che le battaglie femministe hanno dato alle donne uno spazio che esse stesse non sono state capaci di prendersi, il modo pi o meno elegante che il genere femminile ha scelto oggi per una strisciante e dignitosa marcia indietro, dopo aver sperimentato che, in fin dei conti, il potere ha i suoi aspetti negativi, frustranti e stressanti e logora anche chi ce lha.
Personalmente sono sempre stata molto lieta del pregiudizio discriminante che mi ha proibito di fare la minatrice, o la camalla, e che non mi ha mai impedito, invece, di fare larchitetto, nei limiti delle mie potenzialit intellettive e delle mie capacit generali, probabilmente ho avuto vita facile, o mi sono accontentata, o ho mediato tra le molte cose che una donna vuole dalla vita, cio un po tutto, rinunciando un po a tutto.
Diversamente da come lo avrebbe fatto un uomo, perch non sono un uomo.
Per libera scelta, come fanno molte donne, non necessariamente architetti, perch le donne hanno rispetto agli uomini priorit diverse, un cervello strutturato diversamente, come ormai la scienza ha dimostrato, una diversa visione del mondo, una costituzione fisica diversa, interazioni ormonali specifiche, partoriscono, hanno il ciclo mensile, la sindrome premestruale, insomma sono DIVERSE.
Sar forse per questo che ci sono meno donne che uomini architetti, dato inoppugnabile, statistiche alla mano, di cui il genere femminile non ha nulla da vergognarsi, perch le donne vogliono fare dellaltro, magari le veline, ambito nel quale, invece, gli uomini sono tenacemente discriminati.
Insomma, il tira e molla di Casabella non spezza nessuna lancia a favore delle donne, architetti o meno che siano, semmai ne mette in risalto incertezze, debolezze, ovviet e superficialit mettendo le mani avanti con tutti i suoi distinguo, le precisazioni, le cautele e le scuse. Ma se gli architetti, come gli angeli, non hanno sesso, perch mai Casabella distingue? E se invece il sesso ce lhanno, perch Casabella non ha mai dedicato, che mi risulti, un numero agli architetti uomini?
Mi aspetto dissenso e proteste dalle femministe, dalle donne-architetto e probabilmente anche dallassociazione donne architette dellOrdine di Roma, in compenso, credo che avr leterna riconoscenza di Ugo Rosa.
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898
di Enzo Bentivoglio
del 11/05/2005
relativo all'articolo
Vittorio Giorgini
di
la Redazione
Oggi, 11 maggio 2005, l'incontro con Vittorio Giorgini nella Facolt di Architettura di Reggio Calabria fa parte di quegli eventi -che per ragioni anagrafiche dei protagonisti saranno sempre pi rari - ove esperienze di studio, ricerca e realizzazioni condensano quegli stati di eccitazione culturale quali quelli che si producono al riaffacciarsi a una normalit di vita ricolmi di speranze. Giorgini ha oggi fornito a Docenti e Discenti i percorsi di un insegnamento di francescana essenzialit nel modo come far maturare una inclinazione a fare architettura e come questa - pur negli slanci di poetiche "nuove " - non debba perdere il rapporto con l'uomo nella sua capacit di penetrare e interpretare la "natura" nella sua interna ragione geomertrica. LA VILLA SALTARINI A BARATTI del 1961 VA SALVATA.
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897
di Mara Dolce
del 11/05/2005
relativo all'articolo
Riso amaro
di
Ugo Rosa
Casabella dimostra che la banalit come lintelligenza non ha sesso, che la buona come la cattiva architettura non appannaggio maschile piuttosto che femminile. Fatto cos questo numero era meglio non farlo, non serve a niente e a nessuno. Di fatto, un problema delle donne nella professione e in questo caso nellarchitettura, esiste, ma un problema generale: gli uomini fanno carriera, le donne lavorano.
La differenza tra una architetta che lavora e una architetta di successo, che questultima un bel giorno ha deciso di far carriera piuttosto che di sbarcare il lunario. Le donne, (e questo non lo dico io, ci sono tonnellate di pubblicazioni in proposito,) non sono educate allassunzione del rischio e mal sopportano gli errori che commettono. Gli uomini sbagliano e si rimettono in gioco con pi coraggio.
Sono questi, e non la solita lagna del maschilismo ( che esiste in parte ) alcuni dei motivi che impediscono alle donne di occupare posti di potere.
Casabella avrebbe forse dovuto sottolineare questo punto di eccellenza delle architette intervistate: sono donne che, al di l delle cose pi o meno sensate che hanno dichiarato, sono riuscite a superare condizionamenti e difficolt oggettivamente maggiori per una donna che decida di fare questo lavoro esponendosi in prima persona.
E poi penso allassociazione donne architette dellOrdine di Roma, esiste qualcosa di pi patetico? A parte incontrarsi per partorire collettivamente superflue e oziose riflessioni , lunico apporto utile che potrebbero dare politico: si sono per caso accorte che dai dati nazionali dellInarcassa, nel nord come nel sud le architette italiane guadagnano esattamente la met degli uomini? Come mai?
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896
di Francesco Bertuletti
del 10/05/2005
relativo all'articolo
Nonsolomoda, anche idiozie
di
Paolo G.L. Ferrara
Un cordiale saluto a tutti coloro che leggeranno queste mie righe.
Mi sono imbattutto su questo sito ed ho letto con stupore l'intervento riferito al programma nonsolomoda dove con garbati riferimenti, si sostiene che occuparsi di architettura in un programma dedicato al concetto di esteriorit e di glamuor sia un errore, inoltre occuparsene in modo incompetente.
Bene, mi trovo in completo disaccordo. L'archittettura, come l'arte in genere, deve superare da sola le criticit e le obiezioni che vengono mosse dalla societ. Ci che stato evidenziato, non voleva in nessun modo sminuire le qualit architettoniche e concettuali, ma anzi, riflettere sull'opportunit, oggi, di realizzare cattedrali architettoniche dedicate ad un filone sociale sempre pi elitario e che equindi non coinvolge pubblico e curiosi. L'architettura non potr mai, a differenza dell'arte stessa, navigare e percorrere strade lontane dall'esigenza sociale e culturale del popolo e quindi se ne dovr tenere conto in futuro.
Un flash su Nonsolomoda. In alcuni casi leggero e poco ficcante, ma concedete una piccola finestra su un mondo che viene letteralmente abbandonato e tale programma, ha il minimo pregio di elencarci e farci sbirciare tra le pieghe di eventi, mostre e iniziative. Positivo.
Tutti i commenti di Francesco Bertuletti
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895
di Beniamino Rocca
del 03/05/2005
relativo all'articolo
Delimitare gli spazi della modificabilit
di
Franco Porto
E' bello leggere che un'amministrazione comunale chieda consulenza all'In-Arch , ente benemerito, anzich all'ordine professionale degli architetti ( ente non benemerito e, specie per l'organizzazione dei concorsi d'architettura , persino dannoso... quando addirittura non truffaldino come denunciava Bruno Zevi sul n 511 della sua prestigiosa rivista a proposito di un concorso in Calabria vinto da Portoghesi, se non ricordo male....).
L'inizio del concorso a Catania dunque promettente.
E' troppo chiedere al collega Franco Porto che si tenga conto, almeno in parte ,delle proposte che come Co.Di. Arch ( Comitato di difesa degli architetti) portiamo avanti da anni e cio:
1- Dibattito pubblico delle riunioni della giuria
2- una sola tavola formato AO e una sola pagina di relazione
3- concorsi palesi.
Si spendono soldi pubblici per sistemare una piazza, perch il dibattito dei giurati non deve mai essere pubblico?
Non credete che sarebbe un'occasione formidabile per stimolare attenzione all'architettura da parte dei cittadini e riempire , finalmente, le aule dei consigli comunali?
ps. Nel nord Europa si fanno da sempre ottimi concorsi di architettura, e gli ordini professionali ad iscrizione obbligatoria non esistono, esistono libere associazioni , vedi il RIBA. Sar un caso?
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893
di Carlo Sarno
del 21/04/2005
relativo all'articolo
Vittorio Giorgini
di
la Redazione
Ringrazio la Redazione di Antithesi per la sua pronta attenzione a favore del significativo tentativo di Luigi Prestinenza Puglisi di recuperare Vittorio Giorgini nell'ambito della cultura architettonica italiana.
Vittorio Giorgini di classe 1927, si laurea a Firenze nel 1957, recepisce i principi dell'Architettura Organica, opera negli Stati Uniti dal 1970, questo allontanamento forse comporta la sua eclisse dalla critica architettonica italiana insieme ad una difficolt di comprensione della sua profonda poetica spaziale.
Ma per comprendere il valore della concezione architettonica organica di Vittorio Giorgini - emblematica la sua Villa Saldarini, Baratti, 1961 - lascio che lui stesso parli con sue parole, e sar facile per tutti comprendere la pregnanza del suo approccio ad una architettura per l'uomo libero e creativo, frutto di una originale teoria topologica-linguistica che lui chiama "spaziologia".
Scrive Vittorio Giorgini nel 1971 :
"...la natura con le sue geometrie di ordine superiore opera con dimensioni spaziali e strumentali adeguate a infinite funzioni di una economia varia e affascinante. Imaparare la lezione e reperire tecniche che consentono nuove realizzazioni significa creare strutture inattese, significa riscoprire il mondo interiore dell'uomo in qanto le "dimensioni interiori", (lo "spazio dell'anima" di Finsterline) sono locate nella struttura organica dell'uomo, nutrite dal suo funzionamento biologico e quindi contenute in spazi geometrici di ordine superiore. Pertanto lo spazio psichico dell'uomo trova equilibrio solo in uno spazio di egual natura. L'uomo sopporta lo spazio euclideo solo in quella percentuale contenuta in natura. Ne deriva che se fino a oggi l'uomo ha potuto vivere in un ambiente totalmente euclideo, ha potuto farlo grazie a una abitudine lentamente acquisita non accorgendosi di quanto ci gli fosse nocivo. Infatti, le sue caratteristiche interiori, lo si potrebbe individuare statisticamente, sono andate degradando in maniera proporzionale alla crescita dell'ambiente artificiale che l'uomo andato costruendosi nel tempo. Sarebbe auspicabile fossero compiuti studi comparativi in questo senso, fra caratteristiche di popolazioni con habitat che si differenziano. Infatti, l'uomo si salva finch le sue abitazioni raggruppate in piccoli nuclei riescono a beneficiare ancora dell'ambiente naturale..."
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892
di Riccardo Rossini
del 21/04/2005
relativo all'articolo
Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
Non crede di essersi comportato anche lei come rinfaccia a Fuksas di essersi comportato, cio usando l'architettura e la fiera per scopi politici/polemici?
Di fatto il suo articolo tratta pochissimo di architettura, sembra pi una polemica contro Fuksas, anche se nella parte centrale, quando si accenna ad una critica architettonica alla fiera, mi trovo assolutamente d'accordo con il suo giudizio.
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891
di Paolo Marzano
del 18/04/2005
relativo all'articolo
Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
Larchitetto Paola DArpino nel commento 890, coglie laspetto che volevo dare ad unevoluzione formale, ad un linea darchitettura, intrapresa da alcuni progetti. S, vero il riferimento al mio scritto 'Luomo altrove' (trilogia dei miei appunti di rete intorno alluomo e alle sue nuove coordinate spaziali, nellurbano vivere contemporaneo), riesente di questo tipo dentusiasmo formale, cercando di riflettere e discutere sul perch di queste trovate in scatola. Come se, delle forme messe sottovetro, sublimassero questo loro valore formale solo astraendole dal contesto, grazie ad una teca trasparente o strutturalmente definita (vedi esempi che cito nel mio scritto + un altro esempio che ledificio per il PIRELLI HEADQUARTER, il progetto di Gregotti Associati International), ma astrarle dal contesto significa unaltra cosa, che tutti riconosciamo appartenente ad altri tempi e non solo quelli di Ledoux o Boulle, pi vicino a noi infatti, H. Wofflin spiega, ma ancora pi vicino lesauriente Impero dei segni di R. Barthes che richiama la descrizione della scatola preziosa, a volte magari, pi importante del contenuto. Certo difficile come ho sempre sostenuto, divincolare quella parte strutturante dellarchitettura che lo spazio e riuscire ad evidenziarlo. E la cosa pi difficile, ma leffetto pacco regalo oppure da deposito di zio Paperone sarebbe, evidentemente da evitare. Purtroppo qualunque corpo, potrebbe essere esaltato da questa pratica da supermercato, anche un carciofo o unautomobile o una scarpa. Quando, ricordo non tanto tempo fa, Fuksas and a parlare della sua nuvola alla trasmissione condotta dalla Dandini con Dario Vergassola, ma ancora prima partecipando alla pubblicit di una nota autovettura disegnando una nuvola su di un vetro con un pennarello, oppure sul TG 3, qualche giorno fa, quando parlando della sua mostra personale, ha descritto nuovamente il suo progetto della nuvola, dovrebbe darci, a livello percettivo, delle risposte pi precise riguardo linserimento di una forma cos metafisica posta in uno spazio di soglia, cos relazionante! Troppo semplice se tutto si risolvesse, nella distanza creata tra i muri della scatola e il corpo contenuto (illuminato N.B. nella stessa trasmissione s indicata, infatti, Dario Vergassola ironizz sulla possibile interpretazione della Nuvola con una lampada dellIKEA - questa la realt).
Il mio modesto parere rimane quello di non perdere occasioni quando si deve costruire o progettare un edificio di quella grandezza. Approfitto, come sempre per indicare a tale proposito (interventi architettonici che scadono nel facile surrealismo o nel banale fuoriscala) due piccoli ma potenti libriccini editi dallEinaudi: di H.Focillon, Vita delle forme, e del suo allievo George Kubler il saggio La forma del tempo, sempre Einaudi.
E molto semplice infatti che venga confuso largomento:
ARCHITETTURA E MEDIA con ARCHITETTURA MEDIA.
Paolo Marzano
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890
di Paola D'arpino
del 17/04/2005
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Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
Quando, da ragazzina, passavo nei pressi della Palestra di Paliano, nella mia ingenua testolina che certo non immaginava ancora neanche lontanamente che sarebbe diventata a sua volta una testa da architetto, non capivo quella struttura, quell edificio era per me un dilemma, non capivo perch fosse storto, cadente, mi metteva ansia e preoccupazione, mi chiedevo ma quando chiameranno le gru per raddrizzarlo ? Poi il modo di operare di Fuksas cambiato, si evoluto e le sue realizzazioni sono ora pi comprensibili anche ai non addetti ai lavori. Non amo molto le polemiche ma trovo comunque che larchitettura e gli architetti non dovrebbero agire politicamente n fare dichiarazioni che vadano ad inserirsi in contesti che dovrebbero rimanere solo per i politici di professione. E parliamo dunque di architettura. Trovo che il nuovo centro fiere di Milano sia una grande opera con importanti aspetti positivi come ad es. la grande funzionalit, la celerit di realizzazione, la comprensibilit immediata dei tracciati, cosa di primaria importanza per un visitatore che in poco tempo ha la necessit di visitare tutto nel minor tempo possibile. Quello che per condivido pienamente con quanto espresso da Ferrara la perplessit su quella caratteristica ormai ampiamente diffusa in molti architetti in, di progettare cose che potrebbero stare ovunque, opere astratte, introspettive, prive di rapporti con il contesto*. Potremmo vederle come una nuova architettura globalizzante, oppure una sorta di digital-re-newinternational-style, tanto per evidenziare che anche questa non una novit, e neanche di grandi prospettive se dobbiamo considerare il breve successo del primo international style. E oggi, come allora, potremmo porre le stesse obiezioni su aspetti oggettivi e strettamente pratici, come la diversit di clima, perch ad esempio, personalmente sarei curiosa di sapere come sono stati risolti gli aspetti di bilancio termico estivo ed invernale e di FEN secondo normativa nella Nuvola di Roma. Poi ci sono gli aspetti pi soggettivi e quindi opinabili come lapertura al territorio e lintervento per mutare il luogo, il rapporto con la citt ed i suoi fruitori. Personalmente ritengo che anche questi aspetti soggettivi siano irrinunciabili: le architetture non sono n monumenti celebrativi fini a stessi e neanche semplici strumenti per lesplicazione di una specifica funzione, sia essa espositiva, abitativa o produttiva. Le architetture sono prima di tutto per gli individui, gli uomini e le donne che devono vivere, attraversare, guardare le loro case, i loro uffici, le loro citt e perdere il rapporto con lintorno porta a perdere proprio quel rapporto con lUomo.
A proposito della querelle su chi scrive troppo e costruisce poco: scrivere significa ragionare, avere delle opinioni, comunicarle, discuterle e magari, anche metterle in dubbio ed essere pronti a perfezionarle. Progettare con la consapevolezza delle proprie idee non pu far altro che aiutare a costruire mondi migliori.
Paola DArpino
*(aspetto gi evidenziato nel mio commento Nuvole? su http://www.architettiroma.it/archweb/dettagli.asp?id=6550)
e da Paolo Marzano in LUomo altrove su http://www.costruzioni.net/l'uomoaltrove.htm )
Tutti i commenti di Paola D'arpino
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889
di Luca Salmoiraghi
del 15/04/2005
relativo all'articolo
Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
"... ma crede davvero Fuksas che gli italiani siano cos imbecilli da votare un partito o laltro solo perch hanno dato vita ad una grande opera?"
Caro Paolo, non credo che si possa dare dell'imbecille ad un cittadino che valuta le forze politiche di qualsiasi colore esse siano in base a cio' che di concreto promettono (in campagna elettorale) e poi eseguono (durante il mandato). Mi ritengo un pragmatico stufo delle ideologie politiche effimere (tra l'altro oggi tutte uguali), che continua pensare che il governo sia a concreto servizio del cittadino e perch no anche degli architetti. Non che per caso anche tu stai diventando cosi', tante parole e pochi mattoni??? mi raccomando non cadere nella trappola.
Un 'architetto' imbecille. ciao. Luca.
Tutti i commenti di Luca Salmoiraghi
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15/4/2005 - Paolo GL Ferrara risponde a Luca Salmoiraghi
Caro Luca, perché ti definisci un “architetto imbecille”?
Non ho dato dell’ “imbecille” a nessun cittadino...anzi...ho semplicemente rimarcato che i cittadini “imbecilli” non sono. E tu sei un “cittadino”, dunque non sei “imbecille”.
Detto questo, e visto che “imbecille” non sei, perché mai mi dici che sto diventando “tante parole e pochi mattoni”? Vuoi forse dire che dovrei progettare di più e parlare di meno? Eppure ti garantisco che progetto, anche se non mando i miei progetti in giro per i siti internet e non li condisco di relazioni enfatiche.
Però, a pensarci bene, se è vero che ho il coraggio di dire e scrivere quello che penso e non mando i miei progetti in auto pubblicazione, forse sono io l’ imbecille.
Difatti, in un mondo fatto di “carta igienici” (che sono peggiori dei “leccaculo” in quanto ti puliscono delicatamente e servizievolmente) so bene che stando fuori dal “sistema”, non faccio altro che fare la figura dell’imbecille. Ma ti dirò che non mi dispiace affatto.
Ti saluto caramente
Commento
888
di Vilma Torselli
del 15/04/2005
relativo all'articolo
Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
Fare unarchitettura ad alto contenuto tecnologico che riesca a sembrare gi vecchia e gi vista, fare progetti plurisignificanti in cui, afferma la moglie/collaboratrice Doriana Mandrelli, non esiste mai un punto di vista preciso n una direzione privilegiata per osservarli, tanto che invano si cercherebbe quella giusta per dare un senso al tutto, riuscire ad avere contemporaneamente il cuore a sinistra e il portafoglio a destra (Il Cavaliere e lArchitetto, Corriere della Sera, 01.04.2005): queste le rare concomitanze che, con delicato equilibrismo, solo Massimiliano Fuksas riesce a conciliare.
Fortunatamente.
Uno basta ed avanza.
Tutti i commenti di Vilma Torselli
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887
di Michele Simeone
del 14/04/2005
relativo all'articolo
Il moralista: miracolo a Milano
di
Paolo G.L. Ferrara
Egregio Signore,
sono daccordo con lei. Dove sia la bravura o la novit di questo architetto, non si sa.
Sempre con figure plastiche chiuse e banali, senza nessun rapporto o almeno sintonia con lambiente che lo circondo.
Se una va in giro per i paesi o le strade di Italia trova delle architetture mille volte il valore di quelle di Fuksas e di tutti le altre star.
Quando bello andare in giro camminare con gli occhi verso il cielo o verso lorizzonte e oltre a varie schifezze, vedere una casa, un palazzo, una scuola ben fatta e bella, ma di cui non si sa il nome dellarchitetto e non importa neanche del suo nome, perch parla la sua architettura. Gli architetti ultimamente parlano un po troppo invece di costruire belle opere.
Grazie.
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885
di Irene Guida
del 31/03/2005
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Euclide Neo
di
Fausto Capitano
non commento.
inutile parlare al vento.
continui pure a usare il suo "talento archidigitale", signor Fausto Capitano.
vedremo dove la porterà.
spero più lontano della sua scrittura.
distinti saluti
irene Guida
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884
di fausto capitano
del 29/03/2005
relativo all'articolo
Euclide Neo
di
Fausto Capitano
Euclide con Neo: improbabile accostamento? Non direi. Un contrasto tra due idee di spazio? Pu darsi! Una chiusura banale? No! Chi ha chiuso cosa? Piuttosto, il tentativo d'apertura su una soglia (uomo/hardware/software/spazio) per imparare a vedere cosa c'. Irene, sulla soglia c' (tra le altre cose) la modifica profonda del modo di formarsi della conoscenza dello spazio. La nostra mente "cambia il lavoro eseguito sulle informazioni": la ricezione e l'elaborazione degli input spaziali sta subendo riorganizzazioni strutturali. L'hardware, oggi diffusamente disponibile, "il motore" di questa congiuntura; il software, oggi incredibilmente diverso dai suoi antenati degli anni '80/'90 dello scorso secolo, l'habitat operativo in cui incubare e plasmare cause ed effetti delle combinazioni attivabili dall'uso di nuove chiavi cognitive. La percezione di questo habitat ancora nebbiosa, e a questo proposito, ecco che ti suggerisco, Irene, un altro accostamento ("inedito", al pari del principale!): Eisenman, De Kerckhove e Saggio con Sant'Agostino; la "Carta di Zurigo" versus le "Confessioni". Chiamiamo in aiuto il sempre presente prof. Antonino Saggio. Chiediamogli cos' "la giungla". Quali sono i suoi pericoli Sant'Agostino sorriderebbe compiaciuto: le risposte non diraderebbero la nebbia, in quanto esse stesse se ne nutrono. Altres, proprio l'accostamento umilmente proposto ad innescare la sua eliminazione. Irene, scoprirai che le risposte di Saggio non ti servono, perch Sant'Agostino ha detto gi tutto quello che c'era da dire. Quindi, ritorneresti al punto di partenza: la soglia. E per oltrepassarla, capiresti di aver bisogno dell'hardware, del software, del tuo "talento archigitale" e della tua mente libera. Ce l'hai queste cose, Irene?
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883
di Irene Guida
del 27/03/2005
relativo all'articolo
Euclide Neo
di
Fausto Capitano
ho reagito perch invece a me piacciono le parole.
ho letto l'articolo perch trovavo bello l'aver definito il contrasto tra due idee di spazio con due personaggi cos improbabili da accostare, come Euclide e Neo.
Per poi sono stata delusa dal contenuto, che si liberava proprio dell'intuizione migliore del titolo.
Io anche sono convinta che la realt annulla le differenze che al pensiero sembrano opposizioni, per, visto che hai trovato una opposizione cos radicale, e che per liberarsene occorre molto lavoro, ingiusto sbarazzarsi della questione dicendo: tutti dicono cazzate, non parliamone proprio che meglio.
la questione interessante, la strada pure, ma per favore, non chiudere tutto in modo cos banale.
va meglio?
ciao
I.g.
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882
di Fausto Capitano
del 19/03/2005
relativo all'articolo
Euclide Neo
di
Fausto Capitano
I miei pi cari amici mi contestano la fraudolenta tendenza a complicare i messaggi di cui mi faccio portatore, cadendo nel triste paradosso di non comunicare affatto quando, invece, desidero farlo con tutto il cuore. Confesso di non saper scrivere, confesso di aver studiato sui testi di critica del De Sanctis quandero troppo piccolo per farlo, subendone gravi contraccolpi (un po come vedere lesorcista a 11 anni!) Ma tu, Irene, oggi mi fai letteralmente mangiare la polvere. Scusami: ti rimango abbondantemente dietro. Non sono in grado di capirti. Se puoi, frena ed accosta: vienimi affianco e fatti comprendere. Parafrasandoti: raggiungi lastrazione del contatto dialettico non per privazione di senso, ma attraverso un processo di sublimazione della sua assenza; tutto cos minutamente fuori posto eppure cos tipico da essere pura polvere di parole.
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881
di Irene Guida
del 18/03/2005
relativo all'articolo
Euclide Neo
di
Fausto Capitano
Scusami tanto, per mi sembra che a furia di fare piazza pulita, alla fine tu abbia divelto pure il lastricato.
A proposito, ti racconto una storiella della mia bisnonna: quando era molto anziana, diceva sempre di voler sopravvivere a tutti e a tutto, per diventare ricchissima e rivendersi i paesi, uno per uno. A quel punto mio padre gli domandava: scusa, nonna, ma a chi li vuoi vendere?
Allora non so cosa rispondesse, per credo che la sua risposta e la tua tenderebbero a coincidere.
Lei mor da l a poco.
Ovviamente, tocca ferro, per il bello del mondo che un gran casino e non facile impostare correttamente le cose.
Fine.
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879
di FRANCESCO PAGANI
del 16/03/2005
relativo all'articolo
Master Digitale
di
Mara Dolce
SIGNORA DOLCE FORSE LE FAREBBE VENE BERE 2 BIRRE COME MR NOVAK , FORSE AVREBBE UN PO OIU DI GIOIA NELLA SUA VITA E PROBABILMENTE ANCHE NELLA SUA PROFESSIONE . FORSE E MEGLIO CERCARE DI COMPRENDERE QUELLO CHE NON SI CAPISCE PIUTTOSTO CHE CRITICARLO PER MEZZO DI LUOGHI COMUNI .
UN GIOVANE ARCHITETTO
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878
di Andrea Pacciani
del 25/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
Gentili Emanuele e Domenico,
scusate se mi intrometto, ma se si parla di regionalismo non posso non dire la mia, non sulle vostre questioni ma sull'idea di architettura regionale.
E' un concetto che esplicitamente pu appartenere solo alla architettura tradizionale e non alla ricerca del nuovo e all'approccio sperimentale della modernit.
Bisogna stare attenti, riammettere il regionalismo vuol dire riammettere l'architettura come linguaggio e questo considerato sacrilegio dal dibattito contemporaneo.
Larchitettura creazione di identit spaziali che in passato si sono espresse in linguaggi pi diversi, che nel corso della storia si sono evoluti, con le loro declinazioni dialettali vernacolari e regionali, con le proprie regole e grammatiche, senza contaminazioni.
Il moderno non un linguaggio perch nasce dallincomunicabilit linguistica intrinseca, sono suoni che presi uno per uno possono avere un perch ma che per invariante non devono assonare tra di loro n con i suoni del passato.
E' perci improbabile una ricerca regionalista apprezzabile con i criteri della modernit. Chi sente la mancanza di un'architettura regionale deve coerentemente rientrare nei binari della tradizione. Lascino alle poche e geniali e star pionieristiche dellarchitettura sperimentale la possibilit di scoprire qualcosa di nuovo che col tempo contaminer inevitabilmente e positivamente anche la architettura tradizionale e regionale.
Chi non si sente di tal genio abbia il coraggio di ammetterlo, guardi ai migliori risultati degli architetti del passato e cominci a copiare, s copiare, chi ha fatto in precedenza meglio di lui; magari guardando allinterno della propria realt locale dove sicuramente giacciono impolverati esempi che hanno superato la prova della storia, che hanno rinunciato per il bene collettivo allimposizione della propria presenza, senza aspirare ad entrare in classifiche o nomination.
siate regionali e sarete universali diceva Federico Fellini in tuttaltro contesto ma a grande ragione.
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877
di Emanuele Piccardo
del 24/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Domenico,
applaudo la tua volont nel lavorare all'interno di una realt difficile come quella calabrese. Rimangono le differenze di pensiero tra noi, ma non importante, viva la discussione. Dopo un p le discussioni diventano sterili e preferisco adoperarmi sul campo per cambiare la cultura architettonica del paese con i mezzi in mio possesso:il web e la passione. Sono d'accordo che si debba recuperare il valore culturale di un'architettura regionale perch se confrontiamo un progetto di Zucchi con un progetto della Grasso Cannizzo evidente che progettano architetture che tengono in considerazione una sorta di "regionalismo" influenzato dalle condizioni sociali, culturali e ambientali dei luoghi in cui sono collocate.
ciao
Emanuele
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875
di Leandro A. JANNI
del 21/02/2005
relativo all'articolo
Niemeyer e Ravello: si far
di
la Redazione
Gentile Redazione,
per amore di precisione:
la presidente nazionale di Italia Nostra si chiama
Desideria Pasolini dall'Onda.
Cordiali saluti,
Leandro A. JANNI
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874
di Mara Dolce
del 20/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
IL TOP DEI TOP
Molti avranno visto l'inserto del Sole24ore che dedica ogni luned al tema architettura e territorio.
Il critico di turno si piglia a cuore un architetto da spintonare e dichiara, con toni pi o meno accesi che proprio quello l'uomo (quasi mai una donna), che far uscire l'Italia dal baratro del nulla architettonico. Ce lo promettono e ce lo giurano da almeno 6 anni, ognuno stila la sua classifica del top dei top: i primi dieci, i secondi venti, i prossimi cinque, il futuro numero uno.
Nel Sole 24ore della scorsa settimana il top-one del futuro prossimo per Prestinenza Puglisi -autore dell'articolo e di una delirante classifica che lo segue- si chiama Michele Mol.
Non vogliamo entrare nel merito dei meriti dell'architetto spintonato dal critico. Ci limitiamo esclusivamente a delle considerazioni elementari:
operazioni di promozione di tal fatta e con questi toni si addicono a quelli della propaganda elettorale che nulla hanno a che vedere con la promozione culturale; ricordano piuttosto le gag di tg satirici "...bisogna promuovere e esportare il prodotto Italia", dice il finto Luca di Montezemolo.
Operazioni di mutuo appoggio a coppia: critico-emergente-architetto-emergente, sono sicuramente un genuino prodotto prettamente italiano, nel senso che la sagra paesana travestita da promozione culturale un fenomeno sconosciuto al resto d'Europa, bisogner solo vedere se sar un prodotto esportabile.
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873
di Paolo Marzano
del 20/02/2005
relativo all'articolo
Con De Masi per Niemeyer
di
Paolo G.L. Ferrara
Oscar Niemeyer un indiscutibile maestro, un instancabile creatore di architetture che sfiorano il sublime, inteso nellaccezione che la storia dellarchitettura ha dato a questo termine. Immane il suo lavoro, conseguente ad una vigorosa ed evidente passione. Larchitetto Niemeyer, racconta il suo lavoro utilizzando i segni e trasformandoli poi, in immagini; crea ambiti variabili di ritrovata potenza espressiva. Genera senza sosta indelebili confluenze formali caratterizzate da una calcolata e fin troppo colta, differenza. A suo carico un percorso architettonico straordinario; imbastisce oggetti rari, formalmente appartenenti ad un mondo possibile ora plausibile. Traduce dalla stessa materia, unenergia scultorea sofisticata. C di pi, chiediamoci del rapporto delle sue opere con lo spazio, chiediamoci perch le sue forme cos libere e suadenti riescono a confrontarsi con esso senza contrapporvisi violentemente. Bene, la risposta nello studio e nella sua ricerca continua con matita e foglio, nei paesaggi della sua terra maturati ed ri-ri-elaborati, nella semplicit progettuale e costruttiva, dote comune ai grandi maestri dellarchitettura. Uno dei migliori architetti che sanno coniugare il contenitore funzionale, con unevidente partecipazione dello spazio alla struttura convincendola di una propria valenza scultorea. Oscar Niemeyer si cos avvicinato alla storia complessa dello spazio architettonico, alla sua pi recondita e difficilmente interpretabile essenza. Basta guardare le immagini dei numerosi progetti in cui ha proposto architetture ai bordi di crude curve di livello, di muraglie naturali a picco sul mare. Le sue opere nascono dallo spazio ed in esso si proiettano dilatandosi visivamente e diventandone parte integrante. Ora, molto presumibilmente, una sua opera far parte del paesaggio italiano, in particolare a Ravello dove, dopo una vivace quanto fruttuosa e stimolante discussione, che sottolinea lavanzato grado di civilt del nostro paese, verr costruito un auditorium. La locazione , guarda caso, in un posto esattamente come lo sono quelli in cui larchitetto, si dimostrato essere insuperabile. Plauso, quindi alle amministrazioni del posto, anche alle testate giornalisctiche che hanno contribuito di volta in volta a farci conoscere le vicissitudini degli accadimenti (come avevo sperato succedesse nei miei scritti risalenti allinizio della discussione). La componente pi importante rimane il fatto che il suo progetto ha in s tutta la sua storia e grazie ad esso comprenderemo maggiormente gli ambiti elettivi di un territorio, tenendo presente che uno spazio creato sempre e comunque uno spazio rivelato.
Rivelazioni dArchitettura http://www.costruzioni.net/Marzano.htm
di Paolo Marzano
http://www.fondazioneravello.it/oscar/progetto.html
http://www.larticolo.it/modules.php?name=News&file;=article&sid;=1054&mode;=ℴ=0&thold;=0
http://www.architettiroma.it/dettagli.asp?id=5000
http://www.niemeyer.org.br/
http://www.sintesieuropa.com/schede/oscar_niemeyer.htm
http://www.nextonline.it/archivio/11/07.htm
http://www.archphoto.it/IMAGES/Manzione/manzione1.htm
http://musibrasil.net/stt/vsl_stt.asp?ids=30
http://www.architettiroma.it/archweb/dettagli.asp?id=4947
Tutti i commenti di Paolo Marzano
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872
di Domenico Cogliandro
del 18/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Emanuele,
scrivo a proposito del tuo commento al mio commento (prot. 869). LPP, secondo quanto indica Sole24Ore, classifica, mentre Luca Molinari, stessa fonte, segnala. Io capisco che ci si possa appigliare alle parole e farne un romanzo, ma il prossimo articolo che far? Individuer, indicher, sceglier, ragioner su, discriminer? La questione non riguarda i termini che si utilizzano, o che sono stati utilizzati, quanto piuttosto il fatto che alcuni, come LPP o Luca Molinari, individuano una serie di architetti, o progettisti, o che dir si voglia, che secondo loro, dati una serie di parametri soggettivi (conoscenza, amicizia, simpatia, lettura delle opere, supposizione di futuro, etc.) e oggettivi (premi, concorsi, progetti realizzati, pubblicazioni, teorizzazioni, etc.) emergono rispetto ad altri. E' una loro opinione. Di qui a dire che si tratti di critica operativa ne passa. Lo , piuttosto e probabilmente, quando, come tu dici, studiando le carte (vedi sopra), ci si pu fare un'opinione che va di l dal proprio sentire e diventa altro. Diventa un sentire comune. Molti degli architetti nominati sulle liste io non li conosco neppure (come dire, mai sentiti), eppure avrei altri da indicarne di cui ritengo validi i progetti e le intenzioni. Ma io non sono n un critico n un opinionista, sono uno che ogni tanto tenta di fare qualcosa per puro piacere di fare le cose. Spesso con risultati terribili (ma di questo ho gi scritto, altrove). Insomma, il format del Sole24Ore corretto. Diamine, per anni ce la siamo tirata col fatto che non c'erano pi i Maestri, o che l'architettura era modaiola, o che tutto stava andando a scatafascio. Ora che Edilizia e Territorio (che possiedo dal primo numero uscito) dopo anni che pubblica informazioni legali, giuridiche, politiche eccetera, o che riguardano appalti, lavori, movimenti di borsa ed elenchi dei costruttori, finalmente si apre ad indicazioni che provengono dagli architetti (quanto utile possa essere indicare alle imprese gli architetti "bravi" solo questi ultimi possono saperlo), una buona scelta pu essere quella di proporsi come uno dei critici in grado di elencare, o quello che ti pare, il proprio listino, su altre basi opinionali e secondo criteri propri. E a te credo che non manchino capacit e proposizioni. A parte questo, e giusto per perorare la causa degli architetti "poco noti" o, comunque, fuori dai listini della critica di settore (comprendi il glissato!), grazie ad un manipolo di folli o di incompresi savi, a Reggio Calabria sto coordinando un'osservatorio sugli architetti calabresi che hanno operato in Calabria negli ultimi 15 anni, e che vogliamo diventi: sia occasione d'incontri per una crescita professionale che tenga conto delle difficolt di operare qui, sia una sorta di sdoganamento dell'architettura calabrese che, sia per motivi territoriali che per mancanza di promotori reali e disinteressati, stata saltata a pi pari negli ultimi anni (le riviste "cartacee", per fare un esempio, si sono divertite ad inseguire prevalentemente architetti campani e siciliani). Le liste di LPP e di Luca Molinari ne danno una conferma ulteriore: da Roma si va a Napoli e poi via, verso la Sicilia. In Calabria nessuno progetta nulla. O, se qualcuno fa qualcosa, non abbastanza glamour da poter essere indicato tra i viventi. Dir di pi, nelle liste non ci sono sardi, lucani, umbri e valdostani, e non ho approfondito abbastanza. Un buon sano regionalismo, forse, ci potrebbe salvare da un internazionalismo battente, e ci farebbe comprendere meglio motivi, sensi e conoscenze di cose e luoghi per una progettazione a misura del nostro tempo e delle nostre necessit.
cari saluti
domenico
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871
di Domenico Cogliandro
del 18/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
Caro Sandro Lazier,
"Non vedo perch ci sia differenza tra stupidaggini dette e scritte sulla carta e quelle che invece viaggiano in internet".
Cari saluti
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870
di Carlo sarno
del 16/02/2005
relativo all'articolo
L'architettura di pietra. Dalle 'pietre della natu
di
Alfonso Acocella
Caro Alfonso ti ringrazio per il recupero del valore del significato di un materiale come la "pietra" che da sempre ha accompagnato la creativit costruttiva dell'uomo e dell'architetto in particolare.
Felice nella tua esposizione il richiamo alla natura del materiale "pietra", allidea della permanenza in stretta continuit con il suolo, alle sue caratteristiche di 'massa', 'volume', 'solidit', 'durata', ed entusiasmante l'approccio alla geologia della Terra come fonte di stimoli e bellezza naturale.
Mi sorprende per, devo essere sincero, il finale del tuo articolo Alfonso, che sembra rinchiudere e limitare l'utilizzo della pietra al "monumentalismo", o quanto meno a fattore simbolo dell'idea di monumentalit in architettura, e il richiamo al vuoto formalismo citando l'Estetica di Hegel "...opere di architettura che quasi siano sculture, se ne stiano per s autonome e portino il loro significato non in un fine e bisogno diverso, ma in loro stesse.".
Alfonso come tu stesso hai precisato nel finale le pietre da 'naturali' divengono 'configurate' per seguire le aspirazioni di una costruzione, ma occorre precisare bene che le aspirazioni consistono nella vita degli uomini che abiteranno quel determinato spazio e che non necessariamente dovranno rappresentare monumentalit o rigido schematismo (per non dire classicismo), ma anche libert, divenire, trasformazione.
La pietra pu essere utilizzata anche in maniera anticlassica, antimonumentale, frammentaria, non rigidamente conformata - mi riferisco alle architetture della tradizione zen giapponese , o all'utilizzo 'naturalistico' della pietra in Frank Lloyd Wright , Bruce Goff, Bart Prince, ecc. esponenti dell'Architettura Organica.
Concludo questa mia breve osservazione ringraziandoti Alfonso per l'attenzione rivolta ad un materiale cos importante per gli architetti e per il giudizio critico come la "pietra", ma volevo solo segnalare agli amici lettori di Antithesi che possibile un utilizzo della pietra anche in maniera pi naturale, anticlassica ed organica.
Termino con una citazione dal libro Per la causa dell'Architettura di Frank Lloyd Wright : " Ogni materiale ha in s un suo messaggio e, per l'artista creativo, un suo canto...".
Carlo Sarno
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868
di cristina alga
del 11/02/2005
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Omert
di
Mario La Ferla
esploravo per la prima volta questo sito. non sono architetto. vivo a palermo, ho 26 anni. faccio parte di una cooperativa - CLAC - che, con grandi difficolt etiche e pratiche, cerca di lavorare nella progettazione culturale. vorrei leggere il suo libro, per farmi un'opinione personale di quanto si dice nel forum e perch le terre del Belice nel bene e nel male hanno un'inquietante fascino e mi piacerebbe saperne di pi. l'idea che sia difficile qui reperirlo mi provoca una gi nota rabbia. il mio tempo, le conoscenze, la forza di volont (quando c') e quanto altro possa servirle sono a sua disposizione per presentare il libro a Palermo, o (altrove si direbbe "semplicemente") fare in modo che possa essere letto. come gi scrive emanuele piccardo qualcosa si pu fare...ci contatti quando vuole, cristina alga
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869
di emanuele piccardo
del 11/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
caro domenico,
vorrei precisare alcune cose a partire proprio da Archphoto. La rivista nasce per dare voce e visibilit ad autori (architetti, artisti, sociologi, antropologi,liberi pensatori...)poco noti ed emergenti del panorama architettonico nazionale e internazionale, mettendo cos in relazione l'architettura alle discipline ad essa connesse come l'arte contemporanea, il cinema, la fotografia,la sociologia...Dovresti leggere pi attentamente Archphoto e scopriresti che una rivista tematica,ossia ogni tre mesi viene indivudato un tema e indagato da differenti punti di vista. Cos negli anni abbiamo trattato il rapporto dell'architettura e le arti e nell'ultimo biennio il tema stato le architetture continentali (latinoamerica, asia, europa, e prossimamente nordamerica). Ogni tema viene affrontato con una pluralit di contributi che hanno reso grande visibilit agli autori che abbiamo invitato e hanno fatto crescere la nostra esperienza professionale ed umana. Questa la nostra linea editoriale!Le critiche a Prestinenza sono doverose e sono dovute al metodo, che senso ha fare una graduatoria e individuare delle categorie?Qual' il plusvalore di un contributo acritico come quello di LPP?Per fare il critico occorre studiare, studiare, studiare e verificare nel tempo la validit di un architetto non lo si pu giudicare da un progetto riuscito o perch potenzialmente pu essere un bravo architetto, ci pu avvenire se comprovata una ricerca seria e attendibile che dura anni. Quando nel 2002 ho organizzato "14_02" ho portato in evidenza, anche con l'aiuto di LPP(riferito alla Sicilia), quegli architetti invisibili come Grasso Cannizzo, Sanna, Latina, studioata,D'Ambrosio,altro_studio di cui nessuno aveva mai sentito parlare. Come fai a parlare di nuovissima architettura, una parola tremenda che non ha nessun significato. Nuova rispetto a cosa?L'architettura per essere nuova deve avere un elemento di novit, nell'approccio ad un contesto, nell'uso della tecnologia costruttiva,nel tema che l'architetto indaga (mobilit,spazio pubblico, paesaggio,nomadismo,abitare) .Non corretto fare una classifica dove chi costruisce e fa una ricerca seria sulla bio-architettura come Cucinella viene collocato al 5 posto, mentre studi che iniziano oggi ad aver costruito piccoli edifici sono nelle prime posizioni. Anche noi(Archphoto) come Lazier e Ferrara, se avessimo a disposizione risorse economiche illimitate, forse saremmo cartacei, ma la nostra libert intellettuale nello scrivere e pubblicare senza condizionamenti probabilmente ne risentirebbe.
Emanuele Piccardo
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867
di domenico cogliandro
del 10/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
Ora, io non so a dove passi l'acredine o la "critica" alle cose, agli elenchi, ai fatti, ma mi pare che una guerra tra poveri non porti da nessuna parte. Ho letto, e riletto, con attenzione il testo di Paolo, quello di Luigi e il commento di Emanuele. Mi pare che nel percorso ci sia stata una deviazione fuori luogo. E quando la deviazione "fuori luogo", per definizione porta "da nessuna parte". Io non vedo come si possa paragonare il volume sulla "nuova architettura italiana", edita da Laterza, redatta da Portoghesi allo scadere dei tempi supplementari che gli sono stati concessi, circa dieci/quindici anni fa, con la PresS/Tletter di Luigi, o con il suo articolo sul Sole24Ore. Come dire, passeggiando per Brasilia ( solo un esempio, gli avveduti se ne accorgeranno), con il ben di Dio che ha realizzato Nyemeier; "Ma chi ha realizzato questo cartello stradale? Non vi pare che stoni con il contesto?", nulla togliendo all'esegesi di Luigi sulla "nuovissima architettura"! La PresS/Tletter un magazine che viaggia attraverso la rete condotto da una serie di bites, come lo Antithesi, come Archphoto, Arch'it, ChannelBeta, NIB, e gli altri (e sono tanti!). Anzi, con molta franchezza, direi che un magazine con una "sua" linea editoriale, con spazi seri e faceti, che veicola "informazioni", per quanto il termine sia fastidioso e ormai uso al consumo. Magari d spazio a troppe voci, e non se ne riesce a vedere il fondo (ma, data la risposta di Luigi a Paolo, ci dovremo aspettare quanto prima una pubblicazione di, chess, Meltemi che raccoglie tutte le interviste e che si intitoler "Interviste 1"?), ma cosa significa questo? Che Luigi non perfetto? Vivaddio, abbiamo fatto una scoperta! Ma vi ricordate (chi se lo ricorda) cos'era il postmodern di Portoghesi, delfini, amici, lecchini e quant'altro? Quale era il suo risultato nella vita italiana (e non solo) del tempo, e in quali ambienti? Mica solo l'architettura "colta"! A dispetto, peraltro, dei nomi stratosferici di quella contemporaneit. "A quel tempo" vivevano personaggi come Zevi, Quaroni, Battisti, Tafuri che, nonostante il quadro sconfortante, davano voce ad altre architetture (che si possa essere o meno d'accordo sugli esiti e le qualit complessive). Luigi, che stimo prima come individuo e poi come critico (anche se non sono spesso in linea con le sue letture), uno di quelli che si fa un mazzo per dire cose che ad altri scoccia dire, per cui avrei piacere che ognuno dei "nuovi critici" come Paolo (Antithesi, dopotutto, un magazine di critica), Emanuele, Gianluigi e altri come Nino Saggio, Luca Molinari, Fulvio Irace dessero, sulla base di un ragionamento esplicito, idea a chi opera dentro le architetture e per l'architettura, di quale sia la loro linea. Se non ci si prende la responsabilit di fare la lista della spesa (!) a nessuno verr mai in mente di dire che quella lista sbagliata, o che mancano le verdure anzich la frutta. Mi piacerebbe, per questo, capire cosa intendono per "nuovissima architettura" le persone che ho nominato, e chi sta nella loro lista, e perch, e chi non c'entra nemmeno in zona Cesarini, e perch. Di pi "paradossalmente", il 90% delle persone che normalmente vivono una vita normale, citato da Paolo, e che non leggono necessariamente d'architettura, conosce di certo Michelangelo e Palladio, ma dinanzi a Le Corbusier e Wright hanno seri tentennamenti, tanto che uno di questi (avvocato penalista, 45anni, bella casa farcita da libri d'arte e quadri d'autore) pensava, e pensa tuttora, che Le Corbusier sia un liquore. E con lui sua moglie. Per altri, probabilmente, Wright ancora soltanto il tastierista dei Pink Floyd. Come avr fatto a fare carriera anche da architetto? Non si sa!
con affetto
domenico
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10/2/2005 - Sandro Lazier risponde a domenico cogliandro
Caro Domenico Cogliandro, dici che non si va da nessuna parte? E aggiungi: La PresS/Tletter un magazine che viaggia attraverso la rete condotto da una serie di bites, come lo Antithesi
Ma neanche per sogno!
Io e Paolo non stiamo e non vogliamo stare in nessun carrozzone mediatico che viaggi su bites o meno. Stiamo in internet per la semplice ragione che lunico strumento di comunicazione che ci possiamo permettere. Chissenefrega dei bites. Non vedo perch ci sia differenza tra stupidaggini dette e scritte sulla carta e quelle che invece viaggiano in internet. Non vedo che differenza ci sia tra le baggianate che pu dire Portoghesi in un libro serioso e quelle che possono arrivare dalla press/letter di Prestinenza Puglisi.
Se si vuole fare critica seriamente occorre innanzitutto liberarsi dai condizionamenti. A partire dallo strumento con cui si comunica il giudizio. Se invece si vuole scherzare vanno bene i talk show degli amici degli amici.
Questo in sintesi il concetto che condivido e che trovo profondamente pertinente dellarticolo di Paolo.
Commento
866
di Emanuele Piccardo
del 09/02/2005
relativo all'articolo
PresS/Tletter? no, PresS/Tabloid
di
Paolo G.L. Ferrara
caro Ferrara,
nonostante io non sia sempre d'accordo con il tuo pensiero, questa volta devo darti ragione. Prestinenza ha fatto una valutazione superficiale, rispetto sia all'individuazione delle categorie che in merito alla classificazione degli architetti. L'architettura deve trovare altre forme di interagire con la societ questo indubbio, ma se la strada quella tracciata da Prestinenza che,in una sorta di classifica da Sorrisi e Canzoni, lancia giudizi affrettati risultato di un innamoramento di renderings la questione seria. Soprattutto quando l'articolo appare su una testata come Il Sole 24 ore che ha un prestigio e una fama nell'informazione economica e culturale. Vorrei per ricordarti che Prestinenza stato creato dalle webzines (Arch'it in primis, Channelbeta...) e il "valore" del suo pensiero viene valutato nel momento in cui gli viene dato credito. Se fossi un architetto inserito nella Prestinenza's list mi sentirei preso in giro, soprattutto leggendo le note di accompagnamento. Ma va tutto bene, tanto ormai siamo una societ che vive di pettegolezzi e l'architettura italiana (quella cresciuta nelle webzines )di questi ultimi anni ne invischiata. Gli architetti cercano di avere visibilit ancora prima di aver dimostrato la capacit di saper fare buona architettura ma basta avere "rapporti in Francia e Spagna" e vincere "tutti i concorsi possibili e immaginabili" ma costruire poco per partecipare al nuovo show online su Press/Tabloid letter "Saranno Famosi".
Un saluto.
Emanuele Piccardo
direttore Archphoto
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865
di Leandro A. JANNI
del 30/01/2005
relativo all'articolo
Omert
di
Mario La Ferla
Come si pu essere siciliani, oggi?
E' ovvio: con difficolt.
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864
di Beniamino Rocca
del 23/01/2005
relativo all'articolo
L'orecchiabile esibizione di Botta alla Scala
di
Paolo G.L. Ferrara
E' bravo, questa volta, Stefano Boeri che a proposito della critiche di Mario Botta ai futuri grattacieli della Fiera stronca il superprofessionista svizzero cos sulle pagine del Corriere della Sera di domenica 23 gennaio "... cos come si pu dare il colpo di grazia all'architettura di un antico e celeberrimo Teatro d'opera mentre ci si appella alla storia e al suo "contesto". All'architettura non servono anatemi generici, ma esperienze coraggiose e critiche puntuali".
Naturalmente c' chi continuer a guardare al cubo ed all'ellisse di Botta scambiandoli per " ali di gabbiano ", ma a qualche giovane architetto l'intervento di Boeri far sorgere qualche dubbio sull'architetto svizzero e sulla sua orecchiabile e sempre simmetrica architettura.
Il Piermarini, Milano ed i milanesi non meritavano quel " colpo di grazia", perch di questo si trattato .
Complice , al solito , la Soprintendenza ai Monumenti, la legge Merloni ed i suoi "Appalti Integrati" . Ma quello di modificare questa sciagurata legge voluta dai dipendenti pubblici ( eh s, proprio " il Responsabile di Procedimento" il novello "Principe" che la legge Merloni incorona), che il vero problema per fare buona architettura, oggi, non interessa nessun critico d'architettura, Domus in testa, purtroppo.
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863
di Francesco Finizio
del 21/01/2005
relativo all'articolo
L'orecchiabile esibizione di Botta alla Scala
di
Paolo G.L. Ferrara
L'intervento di Botta era quasi scontato, interessante sicuramente il nuovo palcoscenico piu tecnologico e adatto alle nuove esigenze artistiche, giuste le demolizioni di strutture ormai fatiscenti che si sono stratificate nei diversi periodi di restauri..e giusta ed espressiva la sistemazione,l 'invenzione dei due corpi l'elissoide e il cubo chiamato ingiustamente e volgarmente dai pi "lo scatolone" costruiscono una scenografia teatrale che proietta la facciata del Piermarini sulla piazza antistante, la rende leggera, la fa librare nel cielo come ali di gabbiano, due strutture semplici elisse e il cubo dialogano fra loro la curva e lo spigolo, la purezza dello schermo cubico e la curva frastagliata della torre creano un gioco di rapporti continui che purtroppo nessuno riesce a notare.......ma l'effetto pi suggestivo lo riscontra nel notturno ....le minuscole luci del cubo.....come stelle liberano le strutture dal loro volume riducendole a semplici schermi a semplici fondali.......secondo me l'intervento di Botta il risultato di un'attenta lettura sia storica che artistica del monumento....non porta novit ma riesce a rendere attuali e al passo con i tempi le stutture architettoniche facendo dialogare il nuovo con l'antico.
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862
di Domenico Cogliandro
del 18/01/2005
relativo all'articolo
Omert
di
Mario La Ferla
Ho letto rapidamente la lettera "Omert". Rispondo telegraficamente, prima di decantare quel che intendo dire. Di getto, non mi sorprendo pi di niente: n per quel che riguarda il tema, n per quel che riguarda il riscontro editoriale. Quello che certa generazione chiama ancora, e con disagio, "capacit critica" non appartiene ai nostri tempi. Oggi persiste, parallelamente al concetto in disuso test nominato, il "cotto e mangiato", magari sveltamente digeribile e defecabile quanto prima.
Gliene dico una. Ancora il volume non circola molto, ma il prof. Jos Carlo Gambino, Direttore di un Dipartimento dell'Universit di Messina, ha pubblicato, per un editore di Bologna e con una veste editoriale piuttosto dimessa, un libro che glorifica, esaltandone le qualit miracolistiche, il progetto corrente per il Ponte sullo Stretto di Messina. Un libro che sembra uscito dai depliants, opportunamente oliati e/o distesi, delle societ che lavorano indefessamente per ampliare il debito pubblico dello Stato Italiano. Il libro avr una risonanza? S, proprio perch non leggibile. Traduco: un libro che possibile sventolare dinanzi al volto degli indecisi, dei detrattori, dei contestatori, dicendo "Vedete qua? Questo un professore dell'Universit..." e via con lo sventolo.
Caro La Ferla, il suo libro scuote le coscienze e non fa digerire il tempo trascorso, la qual cosa va contro il concetto filosofico del "cotto e mangiato". E poi, non ha nemmeno la dimensione utile allo sventolo...
Affettuosamente, Domenico Cogliandro
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861
di Emanuele Piccardo
del 17/01/2005
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Omert
di
Mario La Ferla
Gentile Mario La Ferla,
capisco la sua amarezza ma proverei a forzare la mano, organizzando insieme ad antithesi, Giovanni Bartolozzi e tutte le persone interessate... un happenning a Palermo e Gibellina, dove lei legge dei brani tratti dal suo libro. Credo che la coscienza collettiva della Sicilia non collusa con la mafia possa aiutarla in questa missione. Proprio partendo dal basso, con la partecipazione dei cittadini si pu avere quella carica che le istituzioni non riescono a infondere, a partire dalla lezione di Dolci. Oppure in modo provocatorio chiederei alla Procura di Palermo di fare nella sua sede la presentazione, magari insieme a un magistrato che ha indagato su Gibellina. Attraverso la rete pu diffondere la vendita del libro anche usando i blog degli studenti delle universit siciliane, in quanto pi se ne parla e meglio per la Sicilia, affinch riesca a sconfiggere l'omert verso temi caldi come quelli affrontati nel libro.
Un saluto.
Emanuele Piccardo
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860
di Antonino Saggio
del 17/01/2005
relativo all'articolo
Omert
di
Mario La Ferla
Come dissi a Sciacca: "Mai Muti" e anche insieme "Mai Soli". Reputo che questo libro sia un importante contributo e che vada letto, commentato, mediato e soprattutto distribuito.
Non so quale istituzione palermitana abbia cancellato la presentazione ma me ne dolgo anch'io. Se non arrivano smentite circostanziate mi sembra giusto associarmi all'amaro parere dell'autore
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859
di Giuseppe Volante
del 16/01/2005
relativo all'articolo
Omert
di
Mario La Ferla
Salve, chi le scrive Giuseppe Volante, un artista sicilano. Dopo aver letto il suo articolo su Gibellina le volevo far conoscere la mia opinione sulla sua contestazione nei confronti della citt siciliana. Penso che Lei si sia troppo accanito sulla questione Gibellinese, non ho capito se Lei c'e l'ha con "l'idea di citt ideale", nuova nel panorama nazionale, o con il suo proseguo che stato a mio modo di vedere pessimo. Tra l'altro chi Le scrive ha vissuto sulla propia pelle un fatto eclatante, precisamente ho realizzato un'opera che poteva stare nel contesto di Gibellina, invece per colpa dell'ignoranza dilagante, stata distrutta in maniera barbara. In sostanza ho realizzato una scultura dalle grandi dimensioni dedicata "agli angeli del molise", e poi stata distrutta con una motoserra (www.comunemarianopoli.it/presepe.htm).
Purtroppo i siciliani non sono pronti a recepire l'arte contemporanea, ma noi artisti siamo chiamati a far valere il nostro pensiero e a comunicare ci che pensiamo.
Cordiali saluti, Giuseppe Volante
www.tuttarteonline.it/volante
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Commento 1009 di Vilma torselli
del 23/12/2005
relativo all'articolo Ri-costruire nei centri storici
di Vulmaro Zoffi
Vorrei citare poche parole di Marc Aug che forse non sono strettamente pertinenti all'articolo, ma che ,secondo me, colgono efficacemente lo spirito di un concetto di modernit dove si sintetizza la possibilit o
necessit di un continuum tra passato e presente senza il quale non esisterebbe la storia dell'umanit (e dell'architettura, che ne la concreta traduzione).
"Presenza del passato nel presente che lo supera e lo rivendica: in questa conciliazione che Jean Starobinski scorge l'essenza della modernit." Nello stesso testo, riportando ancora Starobinski , Aug approfondisce il concetto parlando della "possibilit di una polifonia in cui l'incrociarsi virtualmente infinito dei destini, degli atti, dei pensieri, delle reminiscenze poggia su un 'basso continuo' di fondo che ritma le ore del giorno terrestre e che segna il posto che occupava (che potrebbe ancora occupare) l'antico rituale [......] "Basso continuo"; l'espressione utilizzata da Starobinski per evocare i luoghi e i ritmi antichi significativa: la modernit non li cancella ma li pone sullo sfondo. Essi sono come degli indicatori del tempo che passa e che sopravvive". (Marc Aug, 'Nonluoghi', pag.71)
Sono forse le stesse variazioni su un tema dato di cui parla l'autore
dell'articolo, o comunque ci che mi venuto alla mente leggendolo.
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