La casa popolare in Triennale
di Maurizio De Caro
- 5/1/2004
Sar unopera buona e un buon affare,cos si esprimeva il senatore socialista Luigi Luzzatti dopo il varo della sua proposta di legge , la prima in Italia, per lattivazione di sostegni alledilizia popolare.
Siamo nel 1903 e altri anni dovranno passare prima della costituzione degli Istituti per le Case Popolari ma, ci che conta, lorientamento, tipico per altro del governo Zanardelli-Giolitti, che faceva intravedere un potenziamento degli aiuti e facilitazioni fiscali per gli imprenditori dellepoca.
La mostra che celebra il centenario della Casa Popolare, inaugurata nei giorni scorsi alla Triennale di Milano, costituisce un primo approfondimento su questo immenso programma edificatorio realizzato in Lombardia e in tutto il resto del paese.
Con la responsabilit scientifica del Politecnico di Milano, coordinatore Raffaele Pugliese, e lattiva partecipazione delle undici ALER (Aziende Lombarde per lEdilizia Residenziale, nuova dicitura degli ex- IACP), e dellAssessorato ai LL.PP. della Regione Lombardia, la mostra un affascinante viaggio nella memoria del secolo scorso e nella lettura che le varie correnti dellarchitettura italiana hanno dato a questa nuova potenzialit urbana.
I veri protagonisti dellarchitettura italiana hanno trovato, soprattutto dagli anni trenta e con maggiore incisivit dopo gli anni 50, la possibilit di sviluppare le proprie idee teoriche progettando un diverso modo di vivere, di abitare e di relazionarsi.
Scorrendo la mostra si intuisce la comunione di intenti nellincontro dialettico tra architetti, dirigenti dellIstituto ( principalmente Broglio e Diotallevi in epoche storiche e politiche molto diverse) e amministrazioni che ha espresso la vera speranza progettuale dellarchitettura moderna.
Gi Pagano affermava costruiremo in periferia la citt nuova,un diverso modo di abitare e di vivere e quella periferia rest modello fino allesplosione demografica e migratoria degli anni sessanta e settanta.
Con risultati spesso contrastanti ma di grande impatto estetico e sociale le nascenti firme italiane da Figini e Pollini a Gardella, da De Carlo a Bottoni ai BBPR fino ad Aldo Rossi, hanno tentato di trasferire sul piano reale il furore grafico delineato appena da SantElia e le loro tante piccole citt esprimono il sapore signorile della residenza tradizionale per i meno fortunati.
Ieri e per tutto il secolo la scelta della periferia era una necessit e una sfida per il movimento razionalista legata alla rendita fondiaria e alla possibilit di esprimersi in totale libert.
Quelle aree marginali nel corso del tempo diventeranno sacche di emarginazione indipendentemente dal valore tipologico e morfologico degli edifici (e la mostra esprime in sintesi il valore di quella realizzazione infinita pari a circa 100.000 appartamenti!) che continua ad affascinare gli storici mentre terrorizza gli antropologi.
Le tre sezioni della mostra (che rester aperta fino al 25 gennaio) riguardano in primo luogo la questione abitativa da un punto di vista legislativo con una sequenza dettagliata delle norme e delle leggi .
La seconda sezione illustra il contributo del Politecnico e delle sue migliori energie creative alla formazione dellidea stessa di casa popolare; ricordiamo tra gli altri i lavori di Franco Albini, Piero Bottoni e del BBPR (aggiungerei, Gardella, De Carlo, Figini e Pollini).
La terza parte occupa unindagine pi dettagliata sugli interventi con la presentazione di novanta esempi realizzati in cento anni in Lombardia, su tutti un piccolo progetto di Terragni di rara e controllata bellezza.
Fin qui la storia, ma il vero convitato di pietra di questa esposizione rimane la periferia, termine che continua a fare paura perch rappresenta il luogo della fuga e dellinstabilit, la parte della citt da cui allontanarsi proporzionalmente alla personale crescita economica.
In questo psicodramma collettivo Milano, metafora del paese (perch da sempre oscilla pericolosamente tra impensabili ricchezze e spaventose sacche di emarginazione) ha rimosso la sua coscienza sociale, per cui quei quartieri modello di un tempo sono diventati invisibili perch aggrediti da un sempre pi immenso centro.
Nella logica limpida del pianificatore-immobiliare contemporaneo questo progresso farebbe scomparire la periferia, la povert, la delinquenza e tutte le bruttezze urbane, pagando, naturalmente, e molto.
La mostra ci ricorda unalternativa estetica e culturale che potrebbe diventare la vera innovazione per i modelli abitativi del terzo millennio, per ricominciare a dare senso ai nuovi quartieri senza centro e senza periferia. Soltanto belli.
Gi pubblicato su La Stampa del 22/12/2003
(Maurizio De Caro
- 5/1/2004)
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Commento 942 di Fabio Forero Surez del 02/08/2005
Amici, adesso faccio un lavoro sul tema della "Casa Popular" nel mio paese Colombia, Sudamerica, per la mia tesi di dottorato a Barcellona, e come parte di contesto per il mio progetto di ricerca ho provato cercare su questo tema e vedo frequentemente che appare il libro La Casa popolare 1903-2003 della Triennale di Milano, di Maurizio De Caro, come faccio per trovarlo?
Vi sarei molto grato...Mil Gracias !!!!
FABIO ENRIQUE FORERO SUREZ
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