Con il CoDiArch per il Consiglio dell'Ordine di Milano
di Paolo G.L. Ferrara
- 10/11/2005
Premessa
Una doverosa precisazione: pur se consapevoli che l'argomento riguarda specificatamente gli architetti della provincia di Milano, questo articolo si reso necessario causa lassoluta mancanza di organizzazione da parte dellOrdine di Milano in merito ad incontri aperti con gli elettori durante i quali potere loro proporre il programma delle singole liste. Solo ieri sera, 8 novembre, alla vigilia dell'apertura dei seggi, si svolto un incontro/dibattito tra i candidati. Nonostante fossimo appena 70/80 presenti, si avuto un leale, pur se duro, contraddittorio tra il CoDiArch e l'attuale consiglio in carica. Sono intervenuti anche i rappresentanti delle altre liste, per i quali AntiTHeSi assolutamente disponibile a pubblicare i loro eventuali articoli finalizzati a presentare il proprio programma. Convinti come siamo che luso del mezzo dinformazione sia patrimonio di tutti, pubblicheremo chiunque lo desiderasse, primi fra tutti i candidati di altre liste. Nel frattempo, per chi fosse interessato, ecco il link dell'Ordine degli architetti di Milano in cui trovare tutte le indicazioni
in merito alle elezioni: www.ordinearchitetti.mi.it/news/novita.html
La Redazione
Mi sono sempre tenuto molto distante da tutto quanto la politica ordisce pur di continuare ad essere gestore, e non garante, dei nostri diritti. Ci non significa avere fatto qualcosa di eccezionale ma solo lavere semplicemente scelto di essere uno dei tanti professionisti che credono che non si debba raccattare lavoro, bens svolgerlo con onest intellettuale.
Ed proprio questo il credo del Co.Di.Arch (Comitato in difesa degli architetti): ecco perch, non appena mi stato chiesto di fare da capolista per lelezione del nuovo Consiglio dellOrdine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori di Milano, ho accettato, senza alcuna riserva.
Certo, la battaglia pressoch impossibile da vincere, ma mi stuzzica lidea di potere creare uno schieramento che possa entrare in contraddittorio propositivo con chi gestir quello che, con i suoi 12.000 iscritti, considerato lOrdine pi potente dItalia. Correggo: non 12.000, ma 10.000 iscritti, perch gli altri 2000 andranno a formare lOrdine di Monzaproprio in contemporanea con il rinnovo del Consiglio di Milano. Una mossa abbastanza ambigua, ma di cui non ci resta che prendere atto e passare oltre.
Dicevo che lOrdine di Milano considerato il pi potente dItalia, il che, di per s, gi una cosa che non mi piace assolutamente: perch mai un Ordine dovrebbe essere potente se, in teoria, non di certo finalizzato ad essere una lobby?
Dunque, preferisco definire lOrdine di Milano quale avente un ruolo di certo importante ma, soprattutto, obblighi importanti verso i suoi 10.000 iscritti, in primis la loro tutela.
Sembra infatti che la tutela architettonica sia oggi da intendersi solo quale fatto prettamente paesaggistico e storico, la qualcosa di per s encomiabile. Ma chi tutela gli architetti? O meglio: chi tutela in modo equo tutti gli architetti, a prescindere dalla singola posizione professionale, in alcuni casi legata ai gruppi di potere, e in moltissimi casi legata esclusivamente alla fatica di lavorare per potere vivere?
Sia chiaro: per quel che intendo essere il garante di tutti, non minteressa assolutamente spulciare archivi e ricercare notizie denigranti quel collega o quellaltro. No, perch le candidature a presiedere unIstituzione, qualsiasi essa sia, devono essere finalizzate a dare vita a dei programmi nati da ci che si pensa, il che deve escludere necessariamente lattacco personale indiscriminato a chi si candida con programmi diversi.
Non ha senso alcuno attaccare per denigrare, piuttosto, molto pi fruttifero esporre le proprie idee per poi, lasciando la parola ai votanti, verificare quanti di loro le condividono.
Ecco che, in primo luogo, il programma -stilato con il CodiArch tutto- pone quale prima necessit il garantire che l'Ordine professionale, finanziato dagli iscritti, funzioni effettivamente come un'associazione di imprese che tuteli equamente tutti gli iscritti, cos come inteso nel diritto e nella giurisprudenza comunitari, evitando ogni e qualunque restrizione concorrenziale che avvantaggi singoli iscritti o gruppi di iscritti.
Come noto, lOrdine basa la sua credibilit su di un Codice Deontologico che tutti gli iscritti, pi che tenuti ad osservare, dovrebbero sostenere con la loro credibilit di professionisti. Ora, per quanto il Codice Deontologico sia necessario, altrettanto lo la sua revisione in riferimento a tutte le norme in esso contenute che contrastano con il Diritto Comunitario.
LItalia assolutamente indietro rispetto lEuropa e, soprattutto, vive di vita propria come se allEuropa non appartenesse. Infatti, che senso logico ha lessere cosa altra rispetto quanto succede nel resto della Comunit Europea? Forse la paura di non essere competitivi? O meglio, la paura di essere invasi dagli stranieri e, di contro, non avere la possibilit di lavorare noi in casa loro?
La questione sollevata dalla famigerata lettera dei 35 testimonia infatti che abbiamo paura di perdere privilegi sul territorio nazionale, il che la dice lunga su quanto protezionismo vige nel nostro settore: protezionismo tra pochi e proibizionismo per molti, se vero che, ad esempio, per potere partecipare ad un concorso si deve necessariamente avere un fatturato astronomico ed un curriculum altrettanto portentoso. Tutto ci alla faccia dei giovani professionisti, quelli per cui mettersi in proprio gi un miracolo, e che, a miracolo avvenuto, non possono sperare di potere esprimere le loro qualit anche attraverso il confronto con colleghi pi grandi ed esperti: il confronto solo sul fatturato, e lo si perde platealmente. Piuttosto, perch non dare la possibilit di confrontarsi esclusivamente sulle qualit progettuali? E perch non farlo attraverso il pubblico dibattito con la giuria esaminatrice?
LOrdine, oltre ad essere controllore della nostra professionalit, dovrebbe anche essere il garante della nostra crescita professionale e, per avvalorare tale ruolo, dovrebbe periodicamente promuovere il lavoro degli iscritti attraverso dibattiti, mostre, pubblicazioni, il tutto senza preclusioni di sorta, prime tra tutte quelle legate ad una precisa scuola: chiunque, qualsiasi linguaggio parli, ha diritto allo stesso trattamento.
Puntare sui giovani significa dare loro la possibilit di esprimersi e non, viceversa, vincolarli ai fatturati e alla periodica verifica delle loro capacit. Altro punto, questultimo, di assoluto anacronismo se vero che lesame di stato dovrebbe essere prova garante della professionalit, se pur sulla carta, dei laureati. Viene il sospetto che dietro la volont di sottoporre tutti noi alla verifica periodica delle nostre capacit ci sia un business niente male: listituzione di corsi di formazione continua farebbe girare parecchio denaro e toglierebbe agli iscritti la possibilit di aggiornarsi dove e come essi reputeranno pi conveniente, senza tralasciare il fatto che il mercato del lavoro stesso a sottoporci continuamente allesame della nostra professionalit. Non sarebbe pi utile per larchitettura tutta che gli Ordini si attivassero per il sostegno all'innovazione e alla ricerca in campi affini, collegati o alternativi, per creare nuove opportunit di lavoro?
Lo sfruttamento dei pi giovani prassi, anzi, quasi prassi legale, soprattutto se si considera che noto quanto molti studi professionali attuino un vero e proprio turn over tra gli stagisti in modo da non doverne pagare alcuno (e tralasciamo la vergognosa abitudine di trattarli quali manovalanza da fotocopia).
Larchitetto destinato ad essere precario finch non riesce ad imboccare la giusta strada (da intendersi quale quella che non sottintende compromissioni politiche e altri potentati), ma non tutti riescono nello scopo: la maggior parte destinata a lavorare quale dipendente, la qual cosa non certo denigrante ma per soggetta ad una serie di tarature professionali che non sono certo il massimo per chi , legalmente, un libero professionista.
Si rende perci necessario un costante monitoraggio da parte dellOrdine sul mercato del lavoro, finalizzato alla tutela di tutti gli architetti, iscritti e non.
Monitoraggio che deve espandersi sino alla verifica di come operano le pubbliche amministrazioni (spessissimo veri e propri soggetti attivi della restrizione concorrenziale) rispetto gli incarichi professionali conferiti: sar forse difficilissimo, ma finch qualcuno non ci tenter, estirpare il malcostume della spartizione politica degli incarichi sar di certo impossibile.
Ma linvasione/ingerenza nellambito architettonico, oltre che per gli speculatori e per una certa parte della politica senza scrupoli, un gioco da ragazzi anche per i geometri e per gli ingegneri, questa per del tutto legale, visto e considerato che possono anche queste due categorie di professionisti avvalersi del timbro del loro Ordine e firmare cos ogni sorta di progettazione edilizia.
Anche larchitetto pu fare altrettanto? Mica vero: quanti architetti firmano calcoli strutturali? E quanti di loro sono costretti a sbrigare pratiche catastali solo per potere sopravvivere? Sempre pi, stiamo perdendo dignit professionale perch non abbiamo mai avuto il coraggio di pretendere la netta distinzione tra i ruoli di architetto, ingegnere, geometra, ed cos che ci che pi di ogni altra cosa siamo delegati a fornire, ovvero la qualit del progetto architettonico, viene spesso lasciata allarbitrio di geometri ed ingegneri, professionisti indubbiamente altrettanto preparati tecnicamente ma che non sono stati formati per produrre la richiamata qualit architettonica.
Da qui lindispensabilit di creare i giusti limiti tra gli ambiti professionali delle tre categorie, impegnandosi affinch qualsiasi progetto veda il coinvolgimento dellarchitetto quale garante della qualit. Ovviamente, si confida che larchitetto stesso si autogarantisca attraverso la personale preparazione, non trascurando che ci deve avvenire sin da prima della laurea.
La laurea: altra dolente nota esempio di come sia mal gestito anche lambito universitario attraverso la farsa dellEsame di Stato. Quanti di noi possono dire di non considerarlo una vera e propria lotteria? Quanti di noi possono affermare con certezza che i nostri compiti desame vengano realmente giudicati secondo parametri rapportabili a quella che la preparazione di un qualsiasi studente al termine degli studi? ma soprattutto, quanti di noi possono mettere la mano sul fuoco che i compiti vengono corretti?
Il ruolo del membro dellOrdine centrale: dovrebbe essere la garanzia che lEsame di Stato certifichi la maturit alla professione, il che significa conferirgli un ruolo fondamentale, da controllore della commissione, di quelle commissioni che, il pi delle volte, si dividono gli elaborati da verificare per poi ritrovarsi solo al momento di decidere chi da abilitare e chi non lo . Ecco che lOrdine deve farsi garante della credibilit dellEsame di Stato: noi proponiamo che tutti gli elaborati vengano corretti simultaneamente dalla commissione, il cui operato dovr essere controllato dal membro dellOrdine che, a sua volta, dovr relazionare il Consiglio su quanto fatto, motivando le scelte. Ogni candidato bocciato dovr potere avere spiegazioni dalla commissione attraverso il membro dellOrdine, il che significa semplicemente che lo stesso membro appronti i verbali desame in modo chiaro ed esplicativo.
Ovviamente, un tale procedimento richiede impegno costante da parte dellOrdine e dei membri di commissione, quegli stessi membri che, se uno o due mesi prima hanno laureato uno studente, magari a pieni voti, allEsame di Stato lo bocciano.confutando la credibilit stessa della laurea. Non sarebbe allora pi semplice istituire la laurea abilitante, cos da eliminare un doppio, inutile, anacronistico esame? Crediamo fermamente che ci sarebbe pi attenzione nella redazione delle tesi di laurea, sia da parte degli studenti che dei professori. Infatti, la laurea abilitante diverrebbe un vero e proprio momento dimostrativo delle capacit dello studente cosicch chi dovr giudicarlo non lo far alla leggera, fiducioso che poi, tanto, allesame di Stato lo studente in questione verr bocciato.
La tutela degli architetti deve avere vita a partire dalla preparazione che gli viene data, ed anche qui che lOrdine dovrebbe avere un ruolo non secondario, ridotto attualmente a semplice cancelliere delle decisioni altrui.
Cancelliere delle decisioni altrui anche quando si deve intervenire in merito alle parcelle, tema scottante poich tutti noi siamo soggetti alle paturnie del cliente (in buona o malafede che siano; personalmente, in 11 anni di professione, sono stato costretto a finire in Tribunale per pi volte, e sempre per lo stesso motivo: al momento del saldo lavori, ecco che uno zoccolino posato male autorizzava il cliente a non pagare pi architetto e impresa). Da qui la necessit che lOrdine attivi nuove funzioni dintervento a favore dei propri iscritti in caso di contenzioso o di ritardo nel pagamento delle parcelle. I modi attraverso cui attuare tali nuove funzioni possono essere molteplici, primo fra tutti imporre il deposito contrattuale presso la sede dellOrdine per poi, al minio contenzioso immotivato, agire sul cliente insolvente attraverso iniziali azioni legali attraverso il proprio ufficio legale. Ovviamente, garante della veridicit della situazione sar lo stesso architetto coinvolto che, nel caso di dolo da egli stesso creato al cliente, subir le conseguenze sospensive che il Consiglio dovr sanzionare. Una tale operazione scoraggerebbe sia il cliente che il professionista ad agire in malafede.
La predisposizione di un contratto tipo che sostituisca i minimi tariffari si rende ancorch necessaria se la si lega a filo doppio a quella delle tariffe di riferimento per i servizi di architettura, cos come avviene nel resto dEuropa.
Tutte queste considerazioni sembrano banali ma, pur nella loro semplicit, rappresentano lessenza del nostro mestiere e si rende dunque necessario dibatterne serenamente con chi andr a governare lOrdine. Infatti, se lOrdine deve continuare a vivere, bene, che lo faccia secondo il ruolo che istituzionalmente gli dato: rendere competitivi i propri iscritti fornendoli di tutti gli strumenti necessari, primo fra tutti la loro tutela.
E con tale obiettivo che la lista del Co.Di.Arch. si pone in posizione europeista e propone il suo programma (www.codiarch.org) agli elettori.
(Paolo G.L. Ferrara - 10/11/2005)
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Commento 987 di Mariopaolo Fadda del 11/11/2005
C di che essere grati agli amici del Co.Di.Arch. per la loro folle trovata di sfidare il potentato dellordine professionale di Milano. Folle perch pur sapendo che, bene che vada, riceveranno in cambio ostracismo e denigrazione gratuita, ci provano lo stesso. Folle perch da suicidi esporsi cos apertamente, per una nobile causa, alle invidie e ai rancori di chi tenacemente attaccato allo status quo. Folle perch vuol mettere al centro del dibattito il ruolo professionale dellarchitetto nel nuovo contesto globale e non quello dei burocrati preoccupati solo di difendere e rafforzare posizioni di potere e sottopotere di unanacronostica corporazione. Una trovata folle, dunque ragionevole e praticabile che vorremmo si estendesse da Milano a Palermo, da Torino a Udine, da Ancona a Nuoro e via via sino alla pi remota periferia.
C di che essere grati a Paolo G.L. Ferrara, Giovanni Loi, Alberto Scarzella Mazzocchi e a tutti gli altri candidati in lista, per avere gettato il sasso nella palude politico-affaristica degli ordini professionali e posto allordine del giorno una svolta radicale che:
- metta finalmente mano a quel retaggio medievale chiamato codice deontologico,
- ponga fine allautolesionismo protezionistico,
- demandi alla libera scelta individuale laggiornamento professionale,
- ponga le basi per la liquidazione della squallida lotteria dellesame di stato,
- stabilisca i corretti ambiti delle categorie professionali affini,
- si faccia garante dei diritti dei giovani colleghi,
- stabilisca, quale principio irrinunciabile dellordine, la tutela generalizzata per tutti gli iscritti e non solo per le cerchie degli amici e degli amici degli amici.
In poche parole la liquidazione dellordine come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi e il primo passo per la creazione di una libera associazione in sintonia con il XXI secolo.
Uniniziativa che dovrebbe far rizzare le orecchie alle giovani leve che volessero svincolarsi dallincomoda posizione tra lincudine di tromboni e tromboncini (35) che firmano appelli pro-domo sua e il martello di un ordine che si ricorda di loro una volta allanno, al momento della riscossione della gabella. E, per chi non pi una giovane leva ed ha subto per anni lordine professionale, vieti ostracismi e colpi bassi di ogni genere, un invito a scuotersi dallapatia e sfruttare latto folle di questo pugno di colleghi intellettualmente e professionalmente integri. Per non restare intrappolati ora e sempre nellimpotenza e nella fatalit pi nere.
Mariopaolo Fadda
Los Angeles, CA
10 Novembre 2005
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Commento 988 di Renato Cavestro del 14/11/2005
Caro Ferrara,
ho letto con molto interesse larticolo da te pubblicato.
Avrei per qualcosa da aggiungere riguardo allEsame di Stato previsto dalla costituzione (siamo lunico paese in Europa ad averlo insieme alla Grecia), poich Questa non ne prevede le modalit ed i contenuti.
Nel corso degli anni, lEsame di Stato si trasformato in un vero e proprio secondo esame di Laurea, con la differenza che il rapporto tra Commissione e Candidato non pi di livello Professore/Studente, bens da Collega a Collega.
Con una sostanziale differenza per, poich il pi delle volte chi giudica non ha mai messo piede in cantiere.
Che senso ha dare un tema e dire: adesso hai 8 ore di tempo per fare un progetto!
LArchitettura non vive di regole prestabilite che si possono applicare come formule matematiche; fatta di idee, e questa non vengono a comando.
Quante volte ci capitato di ritornare, nel corso della fase di progettazione, a scelte iniziali scartate per chiss quali motivi? Di svegliarci nel cuore della notte, e con gli occhi sbarrati gridare il fatidico Eureka? Oppure di rimettere in discussione, (magari il giorno dopo) ore ed ore di lavoro perch la strada intrapresa si dimostrata sterile?
Non cos che si valuta la capacit di un candidato ad operare sul mercato, perch questo deve essere lobiettivo finale della Commissione esaminatrice, e non la bont delle sue scelte progettuali, o la verifica delle sue capacit come disegnatore.
Nel tuo articolo parli giustamente di Maturit alla Professione ecco cosa dovrebbe realmente verificare la Commissione. Verificare lapproccio del Candidato nei confronti della professione, e stabilire se questi preparato a soddisfare le richieste della committenza sia pubblica sia privata, attraverso le scelte che andr a fare.
Di fronte alle stragi di candidati che ci sono ad ogni tornata desame, lUniversit per prima dovrebbe interrogarsi sul perch ci avvenga: significa forse che i Politecnici italiani non siano in grado di formare laureati? O che la classe dei Professori non sia allaltezza?
Non credo.
Diciamo allora le cose come stanno veramente: negli anni, lEsame di Stato diventato uno strumento di selezione da parte delle Universit stesse e degli Ordini professionali nei confronti dei neolaureati, per creare mano dopera a basso costo.
Non si spiega altrimenti.
Ben venga lidea di istituire un Esame di Laurea abilitante, purch questo non penalizzi, come buona prassi italiana, chi come me, lavora da anni e ha rinunciato a farsi giudicare da chi, almeno sulla carta, dovrebbe essergli alla pari, dando la possibilit di dimostrare le sue capacit, come avvenuto nellimmediato dopoguerra, contro documenti.
Dr. Renato Cavestro
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Commento 989 di Andrea Pirisi del 16/11/2005
Egregio Prof. Ferrara, sono pienamente d'accordo sull'aggiunta relativa all'Esame di Stato fatta dal Dott. Renato Cavestro.
Io mi sono laureato "tardi" perch ho dovuto affiancare lo studio al lavoro e nel periodo dell'Universit ho continuato a svolgere la professione di geometra alle dipendenze di un'impresa.
La mia esperienza professionale (decennale) potrei definirla senza modestia sodddisfacente, ho lavorato nel privato, nel pubblico, ho fatto corsi per abilitarmi nei vari settori dell'edilizia o semplicemente per interesse personale (sempre e comunque nel campo dell'architettura, vedi ad esempio il corso di architettura bioecologica ANAB). Una volta laureato ho tentato l'esame di stato ma non l'ho passato. Mi chiedo in che modo una commissione che non sa assolutamente niente di me possa valutare la mia professionalit (non dico le mie capacit di architetto).
Ho deciso per protesta (ovviamente mia personale) di non tentarlo pi e di aspettare una modifica all'attuale normativa con la speranza che venga tolto ogni paletto e che la ver professionalit dell'architetto possa essere dimostrata "sul campo". Nel frattempo volendo potrei riiscrivermi all'albo geometri (per il quale sono gi abilitato) oppure.... lavorare per qualche ingegnere per il quale, non si capisce perch, l'esame di stato solo un pro-forma.
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Commento 990 di alessio lenzarini del 18/11/2005
Sono iscritto all'Ordine degli Architetti di Bologna dal 2000 (e forse ho avuto poco tempo per un'elaborazione del significato...) ma sinceramente mi sfugge ancora il motivo fondante dell'esistenza stessa degli ordini professionali. Non intendo banalizzare la questione con visioni anarco-individual-liberiste, ma tutto sommato se il significato degli ordini deve ridursi all'erogazione di un 'servizio' agli iscritti, in termini di tutela legale o di proposte formative o di qualsivoglia altra cosa, mi sembra abbastanza assurdo essere obbligati a pagare un servizio senza potere scegliere da chi e come riceverlo: e dico questo anche postulando la migliore delle ipotesi, ovvero un ordine professionale che quel servizio lo eroghi davvero, efficientemente, con vocazione paritaria alle esigenze di tutti gli iscritti, senza nessun abuso di potere o lobbismi vari. Se invece si suppone che il significato degli ordini vada al di l dell'erogazione di un servizio e consista cio nel 'rappresentare' i suoi iscritti, in senso quanto pi ampio si vuole, allora le cose cominciano ad essere complesse.
In generale, ho l'impressione che la concezione attuale dell'ordine professionale sia ancora abbastanza legata a vecchi schemi socio-economici, ad uno spirito 'corporativo' proprio di un mondo in cui la 'professione' la praticavano in pochi, e quei pochi si conoscevano pi o meno tutti fra loro, e appartenevano ad una precisa classe sociale che condivideva esigenze, obiettivi, interessi innanzitutto socio-economici e poi, eventualmente, culturali. Mi spiego meglio: ho spesso l'impressione che il significato dei nostri ordini rimandi ancora ad una concezione di dignit insita tautologicamente nella professione di architetto, come se la dignit e il valore professionale non derivasse da come si svolge tale professione bens dal fatto stesso di praticarla e potere scrivere 'arch.' sul biglietto da visita. Oggi di laureati in architettura ne abbiamo in abbondanza, sparsi tra tutte le classi sociali (che ancora esistono, non scherziamo) e molti fanno lavori che non centrano nulla con la loro laurea, e molti altri svolgono le mansioni che un tempo erano appannaggio dei geometri oppure si sono specializzati nelle nuove mansioni della computer-grafica, e moltissimi sono i dipendenti (o simil-dipendenti) malpagati di loro colleghi pi bravi o pi fortunati, e alcuni fanno i burocrati o, peggio, i censori nelle pubbliche amministrazioni, e pochi svolgono la libera professione e pochissimi la svolgono con il coraggio, il talento, la voglia e il tempo per coniugarla a qualche discorso contenutistico-espressivo. Pertanto mi chiedo: non un po' difficile, anche con le migliori intenzioni, che un ordine riesca a tutelare contemporaneamente tutte queste diverse specificit della professione (sarei tentato di dire: 'diverse figure professionali')? Come possono essere oggetto di tutela paritaria il datore di lavoro e il suo dipendente? Per non parlare, poi, di questioni di natura strettamente culturale: architetti, pianificatori, paesaggisti, conservatori... non nascondiamoci dietro alla bugia che si tratta sempre della stessa professione! E' senz'altro vero che per il momento queste differenziazioni del corso di laurea stanno trovando poca applicazione reale nel mondo del lavoro, ma se in futuro troveranno un riscontro concreto (cosa forse auspicabile) non ci si potr certo nascondere una contraddizione insita perfino nel nome stesso del nostro ordine professionale: contraddizione non di interessi economici ma, ben pi marcata, di vocazione intellettuale. Ammetto, con spirito tra lo scherzoso e il polemico, che personalmente non mi risulta graditissimo, in termini di principio, pagare ogni anno un'iscrizione ad un ordine che dovrebbe rappresentare sia me, ingenuamente orgoglioso del mio ruolo di progettista, sia altre figure che non riesco a non sentire alla stregua di miei 'nemici naturali': figure come, appunto, i pianificatori, i paesaggisti e i conservatori che, nella mia soggettivissima visione delle cose, dovrebbero risultare depositari, nel gioco democratico delle parti, di una propensione alla gestione e allo sviluppo del territorio quantomeno alternativa alla mia (per non dire opposta).
Se cambia il sistema socio-economico-culturale entro cui si attua l'esercizio della professione di architetto, allora dovrebbe cambiare -radicalmente- anche la concezione stessa dell'ordine professionale. E questo probabilmente pu avvenire, per usare una vecchia categoria critica, sia con le riforme (ovvero nuovi programmi e nuove idee) sia con la rivoluzione (ovvero abolizione degli ordini e nascita di un qualcos'altro ' X ').
Avanzo un'aspettativa a dir poco utopica: davanti ad un'attivit professionale che, rispetto a qualche decennio fa, risulta maggiormente condizionata dai quadri normativi di riferimento, sempre pi complessi e invasivi della libert espressiva, il futuro ruolo dell'ordine degli architetti non potrebbe consistere nel fare sentire la voce degli iscritti in termini legislativi per tutto ci che riguarda l'architettura? Anzich essere solo saltuariamente e pallidamente consultato come avviene oggi, l'ordine degli architetti non potrebbe diventare autorevole organo promotore di proposte di legge, referendum abrogativi o similari? E parlo di roba concreta, non di proclami su di una generica qualit architettonica: parlo di concorsi pubblici, di commissione edilizia, di soprintendenze, di piani regolatori, di riforme radicali a tanti aspetti della normativa vigente scritta palesemente da chi un edificio non l'ha mai progettato. Credo che pagherei molto volentieri la mia iscrizione ad un ordine che, dopo cinque anni di democratica battaglia, mi permettesse infine di lanciare sfere di diametro superiore a 10 cm contro parapetti da me progettati e assistere estatico all'evento dell'attraversamento! O, se si vuole, anche cose pi importanti...
buona giornata a tutti
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