Storia e critica 4 - racconto di come le cose sono cambiate
di Sandro Lazier
- 16/8/2003
Nel mio percorso alla ricerca del significato attuale della storia - vedi gli
articoli
storia e critica, storia
e critica 2, storia
e critica 3 - ho rintracciato un testo di Domenico Parisi dell'Istituto di
Psicologia del C.N.R. che, nel Convegno sulle Tecnologie Didattiche tenuto alla
Fiera di Genova nel febbraio 2001, in tema di "innovazione curriculare nelle
materie umanistiche" e in relazione alla storia dice:
<< Dal punto di vista dei contenuti e degli obbiettivi la storia ha avuto
fino ad oggi una serie di caratteristiche che riguardano non solo la storia come
materia scolastica ma anche la storia come disciplina scientifica. La prima di
queste caratteristiche e' che la storia tradizionalmente
si presenta essenzialmente come un racconto del passato, come la descrizione di
un succedersi nel tempo di eventi, fatti, personaggi, entit politiche
e culturali. L'accento e' sulla descrizione e sul racconto, non sulla spiegazione
del passato, cio sulla comprensione del perch le societ
del passato erano organizzate in modi che variavano a seconda del tempo e dello
spazio e del perch dei cambiamenti delle societ nel tempo. Ovviamente
la storia cerca anche di interpretare e di capire il passato ma come disciplina
e' attrezzata soprattutto a descrivere e raccontare, a raccogliere e analizzare
i documenti e le testimonianze del passato, piuttosto che a spiegare il passato
nel modo in cui la scienza cerca di capire e spiegare tutta la realt.
In secondo luogo la storia conserva ancora oggi una caratteristica che la accompagna
fin dalle sue origini come disciplina, origini che risalgono alle antiche societ
preclassiche e classiche, e cio il suo essere memoria
del passato volta a stabilire e a perpetuare l'identit di gruppo, cio
il senso di appartenenza a una data comunit etnica, politica e culturale.
Per questo la storia e' necessariamente la "nostra" storia, distinta
dalla storia di altri gruppi umani, e per questo la storia pu diventare
facilmente luogo di contrapposizione ideologica in quanto si cerca nella storia
la legittimazione di una certa lettura politica del presente e di una certa parte
politica.
La terza caratteristica della storia, collegata alle due precedenti, e' che tradizionalmente
la storia e' storia "locale", cio storia limitata alla parte
del mondo in cui si vive, all'entit politica (stato) a cui si appartiene
(per noi l'Italia), al suo passato, e al massimo alle altre entit politiche
che sono all'origine dell'entit politica a cui si appartiene o che sono
entrate in contatto con essa nel tempo (per noi il mondo classico e l'Europa).
Dal punto di vista dei metodi di insegnamento, ma anche dal punto di vista dei
metodi di ricerca della storia come disciplina scientifica,
la storia e' legata a doppio filo al linguaggio verbale. Il linguaggio e' il canale
di comunicazione e di apprendimento della storia. Lo studente apprende la storia
leggendo i libri di storia e ascoltando le lezioni dell'insegnante. Altri strumenti
di comunicazione e di apprendimento (immagini, grafici, visite a musei, ecc.)
hanno un ruolo del tutto marginale. Ma anche lo storico fa storia usando
quasi esclusivamente il linguaggio: legge i libri di storia precedenti, consulta
documenti prevalentemente scritti (gli storici fanno addirittura coincidere la
storia con la scrittura fino al punto che non chiamano storia, ma preistoria o
protostoria, la storia delle societ senza scrittura), e formula i prodotti
del suo lavoro scrivendo a sua volta libri di storia.
La storia, intesa come materia di insegnamento ma anche,
inevitabilmente, come disciplina scientifica, deve cambiare sia nei suoi contenuti
e nei suoi obbiettivi che nei metodi di insegnamento e di ricerca. Il cambiamento
e' richiesto da due cambiamenti che sono avvenuti e stanno avvenendo nella societ.
Il primo cambiamento e' la globalizzazione, cio il fatto che oggi un essere
umano tende a vivere in una realt che, per il continuo crescere delle
interconnessioni economiche, ecologiche, comunicative, culturali e politiche,
ormai si estende all'intera Terra, e non e' pi ristretta allo spazio locale.
Il secondo cambiamento e' che vi e' una crescita della complessit dei
fenomeni a cui gli esseri umani sono esposti e che essi hanno bisogno di capire
se debbono reagire con qualche consapevolezza e capacit di previsione
e controllo. Uno dei principali strumenti per ottenere questa maggiore comprensione
della realt che e' richiesta oggi e' la conoscenza e la comprensione del
passato delle societ umane e del modo in cui queste societ sono
cambiate nel tempo.
Per far fronte a questi cambiamenti nella societ la storia deve in buona
parte perdere le caratteristiche che le appartengono tradizionalmente.
Deve prima di tutto cessare di essere prevalentemente racconto del passato e deve
diventare tentativo di comprensione e spiegazione del passato, cio meno
registrazione e memorizzazione di eventi, date e personaggi e pi identificazione
di meccanismi, processi e cause che spiegano perch le societ umane
del passato sono state quello che sono state, perch sono state diverse
a seconda dei tempi e dei luoghi, perch sono cambiate nel tempo nel modo
in cui sono cambiate. Solo in questo modo la storia pu diventare
uno strumento potente di comprensione del presente e di progettazione del futuro.
In secondo luogo la storia deve cessare di essere memoria del passato volta
a creare una identit culturale locale perch, con la globalizzazione,
gli esseri umani hanno sempre meno bisogno di questo e sempre pi di una
identit comune di specie. In terzo luogo la storia deve cessare di
essere storia "locale" e diventare storia globale, cio storia
di tutte le societ umane che ci sono state sulla Terra, cominciando da
molto prima delle "civilt" in possesso della scrittura da cui
normalmente si fa cominciare la storia. I tre cambiamenti sono collegati tra loro
perch una storia come spiegazione non pu pi essere una
storia solo "locale" ma deve essere necessariamente una storia comparata
e quindi basata su un campionario quanto pi ampio di societ, e
questo e' anche richiesto da una storia volta a creare una identit di
specie invece che, come e' avvenuto fino ad oggi, una identit etnica e
culturale locale.
Anche dal punto di vista dei canali comunicativi attraverso i quali la storia
viene appresa il cambiamento richiesto e' radicale. Il linguaggio deve cessare
di essere il canale di apprendimento privilegiato della storia. La
storia non come racconto ma come comprensione del passato deve poter essere appresa
anche attraverso canali non linguistici, canali basati sull'esperienza, sul vedere
e sul fare>>
L'atteggiamento verso la storia di Domenico Parisi veementemente scientifico,
visto il ruolo che ricopre, e pu ingenerare perplessit e sospetto
tra gli amanti del pensiero laterale.
Mi pare per importante notare che, anche in ambito propriamente scientifico,
si convinti che l'indole narrativa della disciplina storica di fatto
ne costituisca il senso.
Mentre la storia racconto di come le cose sono cambiate, l'accento
viene quasi sempre posto sul come, invece, le cose nostalgicamente sono state,
come se la storia fosse immagine archiviata di qualcosa perduta per sempre.
La realt presente si tramanda per racconto di chi ne fa esperienza.
ovvio che, mutando, i tempi e i luoghi dell'esperienza comunque non
potranno ricostruire fedelmente i fatti, dei quali avremo sempre conoscenza
nella interpretazione del loro racconto.
Tradotto per l'architettura questo vuol dire che la citt contemporanea
trova significato e senso nel racconto della sua evoluzione e cambiamento e
non nella riproposizione fedele di un suo stato precedente. Lo stesso contesto
storico architettonico non va mantenuto e preservato dalla contaminazione del
presente perch il suo significato sta nel cambiamento, non nella conservazione.
Di contro, il cambiamento non presume la soppressione, come si sentito
ultimamente, ad esempio, per il carcere di San Vittore a Milano.
(Sandro Lazier - 16/8/2003)
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Commento 394 di Vilma Torselli del 17/08/2003
Mi sembra di capire che per parlare di storia, qualunque storia, delluomo, dellarchitettura, dellurbanistica, sia innanzi tutto necessario mettersi daccordo sul concetto di storia, per esempio seguendo Sandro Lazier nel suo percorso alla ricerca del significato attuale della storia.
E su questo mi pare che non ci piova.
Ad affiancare e forse integrare il testo di Domenico Parisi suggerirei comunque la lettura di una pagina di Giacomo Marramao, professore ordinario di Filosofia politica presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali dell'Universit di Roma Tre, dove si legge fra laltro: "Storia" una parola greca, "histora", che vuol dire "rendiconto", all'inizio. E poi diventa una parola che esprime l'idea di un corso degli eventi, che ci abbraccia tutti insieme. Questa idea di storia, che greca, originariamente occidentale, oggi si trova al cospetto di un mondo globalizzato, in cui l'Occidente ha a che fare con le altre civilt. Molti mettono in dubbio che si dia quindi una unica storia, che la storia sia unitaria e che la storia possa inglobare insieme tutte le civilt. Si pongono degli interrogativi molto seri sul concetto stesso, sull'idea stessa di storia(Giacomo Marramao, Che cos' la storia?")
Ci che va messo in crisi, infatti, nellepoca della globalizzazione, non come ma se si debba o possa fare storia, almeno nella comune accezione del termine.
Mi pare, comunque, che anche sullidea di una storia che recepisca lodierna crisi dei linguaggi e delle identit nazionali non ci piova, anche se credo che una storia che sia storia globale, cio storia di tutte le societ umane che ci sono state sulla Terra.volta a creare una identit di specie ci sia gi e si chiami antropologia. Cos come mi pare che oggi, come Parisi auspicava nel febbraio 2001, il linguaggio abbia cessato di essere il canale di apprendimento privilegiato della storia, dato lenorme sviluppo, intervenuto nel frattempo, dei mezzi tecnologici di diffusione di cui disponiamo (tecnologie digitali, realt virtuale, interattivit, ipertesti ecc.), tutti canali non linguistici democraticamente ed indiscriminatamente alla portata di tutti.
Sulla convinzione che la storia sia lorganico racconto, in chiave evoluzionistica, di come le cose sono cambiate si potrebbe discutere, tirando in ballo la nostra necessit di dare giudizi (Sandro Lazier, Storia e Critica 2 - Verit storica e verit dei fatti), che potrebbe viziare il nostro comportamento, o, se vogliamo, rifacendoci a Lucien Fvre quando dice che siamo noi che, nel bisogno di organizzazione del passato, diamo un ordine, che continuamente viene rivisto, ad una catena di fatti apparentemente senza significato: perch in tal caso la rilevazione e la lettura di come le cose sono cambiate risulterebbero del tutto arbitrarie, perch, in tal caso, la concatenazione storica degli eventi dipenderebbe dallarbitrario lavoro dello storico, un ansioso insicuro alla ricerca di una consolatoria giustificazione che gli permetta di dare un senso al passato, nella recondita speranza di trarne rassicuranti suggerimenti comportamentali per il futuro.
Lo storico, per definizione, portato al pensiero progettuale, mentre la visione globalistica passa attraverso la destrutturazione, filosoficamente intesa, che lantitesi della progettualit, come ci ha insegnato Bruno Zevi con la sua entusiastica adesione al decostruttivismo: si tratta di due verit incontrovertibili ma incompatibili, delle quali una di troppo.
Essere in grado di leggere un testo (o un evento o unarchitettura o un piano urbanistico) senza interporre un'interpretazione soggettiva rappresenta non solo la forma ultima di esperienza interiore", stando a Nietzsche, ma anche la certezza di non dare ad un racconto un senso che non ha o addirittura di non leggere un consequenziale rincorrersi di cause ed effetti che possono non esserci. E difficile, per loccidente, sospinto incessantemente da un bisogno di ricostruzione storica del passato secondo un concetto evoluzionistico che gli appartiene, ma ci che dovremo fare se vogliamo che i nostri discorsi sulla globalizzazione e sulla storia globale abbiano un senso.
Dobbiamo porci il dubbio che evoluzione e cambiamento siano due concetti generati dalla metafisica occidentale basata sull'opposizione dualistica del o non (essere/divenire, vero/falso, bene/male, in questo caso immobilismo/mutamento ecc.), che inducono a leggere gli avvenimenti come racconto del passato nel quale cercare processi e cause con la pretesa di attuarne un tentativo di comprensione e spiegazione.
E mi pare che alla luce di tutto ci possa essere irrilevante stabilire se sia o no storicamente corretto demolire o meno il carcere di San Vittore.
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