Indietro tutta: l'architettura tutta un quiz
di Paolo G.L. Ferrara
- 23/1/2002
Facciamo un gioco, una sorta di Test/Quiz.
Domanda: usando quale elemento dellarchitettura il progettista raggiunge il piacere ?
Possibili risposte: A-Pianta; B-Prospetti; C-Sezioni; D-Nessuna di queste, ma attraverso la sua totalit.
Se hai risposto A: la tua visione dellarchitettura piatta, bidimensionale, comunque astratta poich la pianta la si vede solo nei disegni e, in realt, non esiste se non quale piano di calpestio; elemento fondamentale per qualsiasi architetto, la pianta per solo la base per la tridimensionalit e per la quadridimensionalit: senza di esse la pianta solo tracciato immateriale, e solo con esse la pianta diventa parte dello spazio architettonico.
Se hai risposto B: la tua visione architettonica classicista, retorica, immobile. I prospetti sono parte di un processo che non contempla il separarli dal resto, dunque essi sono espresione dello spazio che racchiudono, non spazio inteso funzionalisticamente, ma spazio quale vuoto dinamico, spazio spazialmente esteso.
Se hai risposto C: la tua ricerca del piacere dovr essere appagata durante la costruzione delledificio. Una volta terminata, non potrai pi godere dellorgasmo provato guardando i disegni di sezione. C per una possibilit di maggiorare il punteggio corrispondente alla risposta C: se per sezione intendiamo un lavoro fatto in sinergia con tutte le altre direzioni dello spazio architettonico, allora si passa alla risposta successiva.
Se hai risposto D: significa che provi piacere solo quando la tua idea di spazio ( e dunque, del vuoto) trova realizzazione nel constatare che esso esiste e fa esistere piante, sezioni, prospetti.
Il test/quiz di cui sopra un giochino divertente che - e ne sono consapevole- lascia il tempo che trova, cos come il titolo dellarticolo che ricorda la goliardia di Renzo Arbore e della sua truppa ( tra cui cera Mario Marenco, architetto e, per quanto io ne sappia, anche bravo).
Test/quiz e titolo che servono per per affrontare, con un po dironia, un tema serio, sollevato da Beppe Finessi in un articolo pubblicato sulla rivista Abitare di gennaio 2002 : Vedere (dallalto) per credere (nellarchitettura) il titolo, e gi da esso si sollevano le mie perplessit.
Finessi afferma che [] E la pianta il piacere dellarchitettura, la sua verifica, la sua prova del nove. E il piacere dellarchitetto[]". Una serie innumerevole di citazioni a conferma di ci: Albini, Lubetkin, Kahn, Aalto, Le Corbusier, Mollino, Scharoun, Melnikov.
Certo, non si pu negare l'importanza della pianta e il suo ruolo nella genesi progettuale, ma innegabile che nessuno di questi architetti abbia inteso darle il senso compiuto della propria architettura. Citare Scharoun per "[]linvenzione pura di una strada che distribuisce i corpi di fabbrica nel progetto di una scuola a Darmstadt[...]" puro riduzionismo e distorsione dellopera dellarchitetto tedesco. Difatti, se c una cosa che Scharoun ha sempre considerato solo una parte, seppur importante, della sua architettura proprio la pianta. Lho gi detto nellarticolo Lequivoco bidimensionale, pubblicato sulle pagine di questo giornale ( sezione Fonti della critica), e lo ripeto: Scharoun affronta il progetto cercando di concepirlo nella sua totalit, considerando limpianto planimetrico (bidimensione) soggetto a variazioni continue, in quanto slegato da ogni irrigidimento a priori; si pensi che alcune volte, terminata la costruzione di un edificio, si procedeva ad un suo rilievo per restituirne proprio le piante, poich i disegni originari venivano mutati nel corso della costruzione. Del resto, Scharoun aveva pi volte ripetuto che ...un vero architetto non deve seguire le sensazioni, deve riflettere .
Analizziamo la Scuola di Darmstadt citata da Finessi. Siamo di fronte ad una dinamizzazione spaziale che non ha soluzione di continuit tra bidimensione e tridimensione. Indubbio che la pianta partecipi attivamente, ma altrettanto vero che non vi alcun elemento ordinatore di essa, men che meno una strada che distribuisce i corpi di fabbrica. Tuttaltro: sembra che siano i corpi di fabbrica, spingendosi lun laltro, a creare i percorsi distributivi, che sono vuoto dinamico solo garzie alla tridimensionalit dei corpi di fabbrica stessi, al loro elevarsi a differenti quote e con diffrenti direzioni spaziali. Si sale, si scende, si girano gli angoli di scatto, si seguono angoli che accompagnano, sincontrano spazi aperti che riconducono in quelli chiusi, si biforcano i percorsi: niente, proprio niente ordinato per mezzo di una strada.
Libero da qualsiasi remora bidimensionale, Scharoun lascia che i singoli corpi delle funzioni sincastrino tra di loro, dando vita ad unarchitettura che rende lo spazio artefice del movimento tanto quanto lo sono muri, scale, tetti, pareti, corti, finestrature. Scharoun dimostra senza possibilit dappello che larchitettura linguaggio in tutti i suoi elementi. E non un caso che egli sia riuscito a coniugare espressionismo ed organico.
Finessi afferma che "[]E la pianta, strumento da cui tutto nasce (complementare al lavoro sulla sezione), il momento di riflessione a cui non possiamo e vogliamo rinunciare[...]". Bene, che ognuno decida per quella che crede la strada pi giusta, ma -per favore- evitiamo di coinvolgere architetti come Scharoun o come Melnikov descrivendone i gesti provocatori ( tra l'altro, fatti in un epoca non proprio di clima accogliente per entrambi) rintracciandoli nella "bellezza di una pianta".
A Parigi Melnikov non pu essere ricordato per la pianta del Padiglione, ma per il Padiglione, se vero e lo - che la dinamizzazione avviene soprattutto in terza dimensione, a mezzo del ponte gradonato che elimina dincanto la rigidezza del lotto rettangolare e libera le pareti dai vincoli con il percorso in diagonale.
Solo due esempi, ma potrei continuare con gli altri architetti citati. Richiamo invece Borromini, precedente che non pu essere trascurato: della sua architettura si spesso fatto notevole gioco ambiguo, identificandone i significati nelle piante; esempio noto la continua tiritera su San Carlino alle Quattro Fontane, tiritera di chi vive larchitettura in bidimensione e che si limita a sottolineare limpostazione della pianta nata dal razionale insieme di figure geometriche, trascurando i veri significati dellatto creativo del Borromini nella totalit dellopera.
Per ora mi fermo qui, sicuro che Beppe Finessi vorr replicare e confrontarsi, pregandolo solo di non farlo a corpo nudo ed in un bagno, che Finessi indica quale "[]luogo primo in cui il nostro corpo si confronta, nudo, con gli elementi anche fisici dello spazio dellarchitettura[]". Per mio conto, preferisco il web o un bel dibattito pubblico, e presentarmi abbigliato.
(Paolo G.L. Ferrara
- 23/1/2002)
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Commento 48 di Davide Crippa del 02/02/2002
Con questo articolo voglio rispondere al precedente apparso su Antithesi e scritto da Paolo Ferrara "Indietro tutta: l'architettura tutta un quiz", in cui si attaccava in modo esplicito, e certamente argomentato un ulteriore scritto, quello di Beppe Finessi pubblicato sulla rivista Abitare del Gennaio 2002: "Ragionare sulla pianta".
Pur condividendo alcune delle critiche avanzate da P. Ferrara, ( indubbio che l'articolo in questione sia stato almeno su alcuni punti approssimativo e troppo condensato, cos da rischiare di diventare quasi criptico, e nelle molte citazioni forse impreciso), tuttavia ritengo necessario sottolineare come l'atteggiamento "riduzionista" adottato da B. Finessi sia spiegabile con l'esigenza di concentrare nelle poche righe di scritto la solita miriade di riferimenti ("solita" per chi segue i suoi elaborati, sempre molto densi).
Queste citazioni, se da un lato stimolano una pi approfondita analisi delle varie tematiche, arricchendo i lettori interessati di infiniti spunti di riflessione, dall'altro possono per, se dati troppo per scontato,impedire all'autore di spiegarsi pienamente ed indurre cos malintesi, proprio come nel dibattito in questione, perch penso che di malintesi si tratti.
Ecco qui, dunque, la mia "difesa" dell'articolo di B. Finessi (anche se, conoscendolo, so che non ne avrebbe alcun bisogno!), una difesa che per mi sembra dovuta sia per dovere di precisazione e di verit, che per chiarire, almeno in parte, i lati oscuri lasciati dalla sfilza di nomi presentati.
Allora partiamo dall'inizio: credo che sia giusto sottolineare come il titolo sia "Ragionare in pianta" e non l'altro, certamente pi ambiguo, da Paolo citato: "vedere (dall'alto) per credere (nell'architettura)", che in realt il sottotitolo.
Il titolo gi prelude a quello che sar il tema di tutto il servizio, tema che viene espresso in maniera molto chiara nella frase "...[la pianta] il piacere dell'informare i comportamenti dei fruitori, il sognarli nei loro gesti, radiografarli nei loro giorni, immaginarli nel prima e dopo[...]", per questo l'amico Beppe afferma in seguito quello che riportato da Antithesi, che cio essa "il piacere dell'architettura".
Dunque non si parla dell'amore per la pianta in s, e sarebbe fazioso ridurre il discorso solo a questo: si parla, come ben espresso nella frase che ho riportato sopra, di uno spazio di vita.
Inoltre vanno evidenziate quali siano le esperienze, che si scoprono essere molto pi che ragguardevoli, da cui sono derivate tali affermazioni: evidente che il riferimento va agli studi fatti sugli spazi minimi, ad esempio di B. Munari, dove ogni movimento dell'utente radiografato e studiato, dove tutto deve funzionare come un orologio. In questa ricerca si possono comprendere tutte le sperimentazioni svolte sulle abitazioni temporanee, sulle unit di emergenza (per capire si pensi a quella di Zanuso/ Sapper o di Rosselli), ma non solo, vi si possono inserire anche gli studi relativi alla progettazione di imbarcazioni, tram, aerei, automobili (e non a caso nell'articolo Finessi cita Lazzarini/Pickering, che nei loro interni hanno molte volte sfruttato le esperienze accumulate nella progettazione degli interni delle navi).
Per quanto riguarda Scharoun in particolare penso siano nati i pi forti fraintendimenti, e non possono essere altro perch tutto l'articolo "discusso" prende come pretesto la pianta per dimostrare per la stessa tesi sostenuta nel vostro articolo, dove forse espressa in maniera pi chiara, ma analogamente valida: "un vero architetto non deve seguire le sensazioni, deve riflettere" ;se si analizzano i progetti proposti dai giovani Coex e Cliostraat non si pu infatti non osservare l'estrema intelligenza delle soluzioni avanzate, che certo hanno necessitato una forte ed accurata riflessione, senza cui in nessun modo sarebbero potuti nascere questi piccoli capolavori di concetto!!!
Per quanto riguarda il riferimento a Melnikov il discorso diverso, perch non solo nell'articolo viene sostenuta la stessa vostra tesi, ma essa viene questa volta anche esplicitata a parole, e non lasciata tra le righe dei progetti; semplicemente, dato che il filo conduttore scelto era la pianta, l'idea stata espressa in maniera diversa, a partire dal bidimensionale, ma sempre condividendo la vostra preoccupazione che ci ricorda come l'architettura vera sia sempre in 3D, mai contraddicendola!
D'altronde un taglio del discorso di tal tipo non ci deve essere nuovo, mi viene in mente ad esempio la bella copertina del libro "Marco Zanuso Architetto", in cui Manolo De Giorgi riporta proprio una pianta/schizzo esemplare dove il progettista ridisegna sovrapposti i vari movimenti che l'utente dovr fare per usare questo spazio attrezzato.
Infine voglio ricordare che la frase da Paolo ripresa ironicamente riguardante il corpo nudo che si confronta con lo spazio dell'architettura e del bagno in particolare una frase nota, che pure si riconduce a referenti illustri: il bravo Gaetano Pesce per primo, parecchi anni fa, ha presentato un lavandino in silicone, spiegando la scelta per il fatto che il nostro corpo proprio nel bagno risulta pi indifeso che in altri posti (in quanto nudo) forse questa una riflessione ironica? A me sembra invece piuttosto acuta, e non perch il tema cos pratico e comune che il discorso si debba considerare secondario, anzi mi sembra che qui davvero si ragioni sullo spazio, uno spazio pensato per l'uomo, uno spazio da vivere! Si pone forse in maniera ugualmente critica chi decide di progettare per il bagno arredamenti/sanitari dai materiali duri e dagli spigoli vivi? La sperimentazione dell'acuto G.Pesce ha trovato poi anni pi avanti l'applicazione anche nel lavandino prodotto, rivisto e corretto dai Droog Design.
Fin qui i necessari chiarimenti; a fronte di una narrazione sicuramente difficile mi piace per sottolinearne la "leggerezza" di un testo che come al solito regala "quel sorriso in pi", e che mi ricorda uno dei miei maestri preferiti (Bruno Munari).
Se per capire il senso di molti degli articoli di Beppe Finessi bisogna conoscere molto bene ci di cui sta parlando, quindi, d'altro canto essi si presentano molto freschi e brillanti, anche se poco "didattici".
Quello che per pi mi piace dell'articolo analizzato la scelta (consapevole) dell'autore di porre dei giovanissimi praticamente alla stregua di Le Corbusier o A. Aalto, dicendo che i loro progetti sono di valore assoluto; ci vuole coraggio (forse incoscienza?) per sostenere questa tesi, io comunque apprezzo questo tipo di valutazione, che si svincola da giudizi precostituiti per vagliare invece il singolo progetto, indipendentemente dal nome del progettista, che non pu a-priormente ed a-criticamente essere garanzia assoluta di qualit. Penso che, specie per noi giovani, sia importante (oltre che stimolante) che qualcuno parli anche dei trentenni come di grandi maestri dell'architettura, senza aspettare "il sigillo del tempo".
Vi lascio dunque con un quesito: a me sembra che i bravi Coex nel loro interno (Abitare, pag. 50), ponendo il letto in aria all'interno di una vera e propria scultura di legno, che rompe il muro penetrandolo e rimanendo sospesa forse,nel loro piccolo, non hanno fatto come Scharoun "...che lascia che i singoli corpi delle funzioni s'incastrino tra di loro..." ?
Davide Crippa
Tutti i commenti di Davide Crippa
2/2/2002 - Paolo G.L. Ferrara risponde a Davide Crippa
Prendo atto che Finessi non avrebbe bisogno di qualcuno che difenda le sue idee, né lo dubitavo. Andiamo oltre, rispondendo a Davide Crippa e a quelli che definisce “malintesi”. Se di malintesi si trattasse, ciò escluderebbe a priori la volontà di fare “[…]una difesa […] dovuta sia per dovere di precisazione e di verità[…]”, come Crippa tende a sottolineare. Ma di malintesi non si tratta ed allora è necessario capire se io abbia camuffato la verità dell’articolo di Finessi, i suoi significati.
Prima obiezione di Crippa è il titolo, che non è quello da me citato bensì “Ragionare in pianta”; al proposito, si cita la frase di Finessi “[…]è la pianta il piacere dell’architettura […]è il piacere dell’architetto, è l’informare i comportamenti dei fruitori, è il sognarli nei loro gesti, radiografarli nei loro giorni[…]”, e si definisce la pianta da intendere quale “spazio di vita”.
Mi oppongo: lo “spazio di vita” non può essere dedotto dal ragionamento in pianta, soprattutto quando si chiama in causa Scharoun, sul quale respingo ogni possibilità di fraintendimento; citare Scharoun e prendere “a pretesto” la pianta per dimostrare la stessa tesi sostenuta da me è solo pretestuoso. Sono due punti di vista totalmente discordanti; io di Scharoun non prendo a pretesto niente: mi limito solo a constatare che la pianta non è “ strumento da cui tutto nasce”, almeno nel caso di Scharoun e soprattutto nel caso dell’architettura citata.
Fraintendimenti non ce ne sono, e la frase di Finessi, con la quale chiude l’articolo, è assolutamente chiara al proposito : “[…]E’ la pianta, strumento da cui tutto nasce (complementare al lavoro di sezione), il momento di riflessione a cui non possiamo e non vogliamo rinunciare”. Conoscere molto bene quello di cui Finessi sta parlando per potere capire il senso dei suoi articoli? No, non è così, perché chi scrive non deve dare per scontato un bel niente, e non pretendere che il lettore conosca e sappia decodificare i significati che l’autore nasconde dietro le sue parole.
Caro Davide, se avevi capito l’ironia della mia citazione sul nudo in bagno, c’era proprio bisogno di fare le citazioni su Gaetano Pesce…? D’altronde, sono sicuro che anche Finessi non si presenterebbe mai nudo ad un dibattito con me.
Concludo: porre giovanissimi alla stregua di Le Corbusier o Aalto? Tutto il mio rispetto per i citati progettisti e per le loro capacità, ma non scherziamo e soprattutto evitiamo di definire “di valore assoluto” un progetto. Rispondi a me, Davide: cos’è e qual è il “valore assoluto” di un progetto? Il sigillo del tempo? No, non è il tempo che mette i sigilli, bensì le capacità di esprimere i propri concetti, ricordandosi sempre che i grandi architetti non hanno mai accettato sigilli.
Commento 241 di Giovanni Gabbia del 20/12/2002
La mia impressione che qui si sia andati fin troppo indietro.
Mi chiedo che scopo abbia una critica cos sterile e circostanziata.
Charles Edouard Jeanneret ha affermato che la pianta l'elemento generatore e che bisogna guardarsi dall'illusione delle piante (karlsrue... lo scrivo approssimativamente onde dar maggiori spunti polemici al nostro critico)
non mi sembra ci sia altro da dire sull'argomento "pianta", sicuramente il format del pensare architettonicamente.
A meno che non si voglia rinfacciare a qualcuno la sua futuribile nudit.
Giovanni Gabbia
Tutti i commenti di Giovanni Gabbia
20/12/2002 - PaoloGLFerrara risponde a Giovanni Gabbia
Caro Gabbia, Lei parla di critica "sterile e circostanziata": bene, ma credo che abbia letto superficialmente il mio articolo. Lo rilegga con più calma; probabilmente non cambierà opinione ed allora Le chiedo di scrivere Lei sulla "pianta", di darci la Sua di critica. Non basta "citare la citazione ", soprattutto quando si tratta di Le Corbusier...
La pianta un "format"? suvvia, finiamola! l'architettura è un tutt'uno (vedi sempre Le Corbusier, o Scharoun, o..., o...).
Allora, attendiamo davvero con piacere che Lei scriva compiutamente e che possa dare un ulteriore contributo ai nostri lettori. E' lo spirito di antithesi. Poi, non apena avrà esposto il Suo pensiero (approfonditamente), sarò felice di dibattere. La prego, smonti il mio articolo punto per punto. E non sto per nulla scherzando. La diversità di pensiero è il nostro "credo", ma deve essere ben spiegata.
Cordialità
Commento 562 di Silvio Carta del 25/12/2003
Ritengo personalmente che nellarticolo di Paolo Ferrara siano contenuti dei richiami estremamente illuminanti per la critica. Per contro, non ho reputato altres stimolanti gli interventi di Crippa.
Penso che sia buona cosa circoscrivere alcune affermazioni che vengono dipinte come assunti inequivocabili e sembrano invece avere laspetto di supposizioni personali.
Il piacere dellarchitettura veramente corrispondente al piacere di informare i comportamenti dei fruitori, il sognarli nei loro gesti, radiografarli nei loro giorni, immaginarli nel prima e nel dopo? Davide Crippa ci dipinge un architetto con una missione quasi sacra, una specie di santone; nella nostra coscienza ci sentiamo veramente cos? Io no, a dire il vero.
Secondo - La citazione del concetto di B.Munari dove tutto deve funzionare come un orologio, mi sovviene una frase: Die Wohnung fur das Existenzminimum, ed una certa teoria sugli spazi minimi; ma che strano, il mio calendario riporta lanno 2003. Forse, prima di farsi scudo con tutto ci che possiamo reperire nei testi di storia dellarchitettura, sarebbe consigliabile verificare se effettivamente sia il caso di farlo. Lo dico perch per me non facile capire fino a che punto le vecchie teorie possano essere ancora valide in tutta la loro interezza.
Terzo A conferma delle teorie sopra citate vengono chiamati in causa personaggi che hanno realizzato dei progetti frutto di ricerche sul movimento (minimum) allinterno di navi e treni. Infatti i treni, le navi e i tram sono noti per essere fra i luoghi pi comodi ed invidiabili per abitare, non confondiamo la ricerca per le situazioni di vita temporanee con lo studio delle condizioni ottimali per vivere.
Ultimo Leggo Per capire il senso di molti degli articoli di Beppe Finessi bisogna conoscere molto bene ci di cui si sta parlando, cos essi si presentano molto freschi e brillanti.
Certo, perch prima di leggere il gabbiano Jonathan Livingston si devono per forza leggere tutti gli scritti di Richard Bach, altrimenti si rischia di non capire il vero senso della storia.
Spero il mio intervento non appaia troppo polemico e che si riesca a leggere la vena propositiva presente tra le righe.
Tutti i commenti di Silvio Carta
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