Il progetto di Fuksas per il Centro Congressi Italia all'Eur a Roma
di Sandro Lazier
- 30/10/2016
Sabato 29 ottobre, si inaugurato il Nuovo Centro
Congressi allEUR di Roma, che Massimiliano e Doriana
Fuksas hanno progettato dopo incarico ottenuto con
pubblico concorso 18 anni fa.
Diciotto anni costellati di ritardi, liti, rinvii per
mancanza di fondi, con tutto il corollario di polemiche che ne sono seguite.
Polemiche che, ovviamente, si sono concentrate e sommate nel momento dell'inaugurazione, dividendo pubblico e cittadini tra favorevoli e contrari, tra
entusiasti ammiratori e accaniti detrattori.
Tutto quanto nelle migliori
tradizioni dellarchitettura, che hanno riservato alle novit sempre la stessa
vivace accoglienza, soprattutto da parte di coloro che non ne sanno molto in materia ma
si sentono in diritto di sparare, nel mucchio delle sciocchezze, sentenze e
giudizi in virt dellindole pubblica della medesima.
E come vuole la migliore tradizione, non mancano gli sproloqui
dei tanti conservatori della sapienza pedante che, data la loro formazione poco
avvezza alle evidenze della scienza, trovano argomenti quasi sempre letterari
per condannare ci che con la letteratura non ha nulla da spartire.
Con la danza e la musica forse, ma sicuramente
non con la letteratura e le sue considerazioni sulla condizione umana.
Ci premesso, vorrei dare il mio giudizio, ma liberandomi
innanzitutto delle ragioni principali che i detrattori utilizzano per
condannare e addirittura ridicolizzare lopera in questione.
La prima ragione riguarda il costo eccessivo che viene
imputato allopera. Tantissimo denaro che, in unepoca di crisi e ristrettezze,
sarebbe meglio servito a curare le ferite di un paese in ginocchio.
Ora, voglio ricordare che se le architetture dovessero
nascere in ossequio a questa banalissima evidenza etica, Roma non sarebbe il
capolavoro che conosciamo. Sicuramente non ci sarebbero chiese, Basilica di San
Pietro compresa, tutte realizzate sottraendo denaro ai poveracci del mondo cristiano,
con la promessa della vita eterna. La verit che, la vita eterna, questa
citt lha conquistata grazie alle sue cattedrali e ai suoi monumenti,
finanziati tutti con lillusione di conquistarsi il paradiso. Quindi, con un
minimo di lungimiranza, facile comprendere che il valore di unopera darte
supera i limiti del tempo e del momento, quindi del denaro che stato
necessario per realizzarla. Se si facesse la somma delle stupidaggini senza
futuro finanziate con i mille rivoli della politica del consenso, che ha sperperato
i soldi pubblici in questi anni, ci si potrebbe permettere unopera darte vera
ogni anno.
La seconda ragione riguarda la metafora della nuvola nella
teca e la retorica pittoresca che ne ha compromesso la lettura architettonica.
Molti lamentano la pesantezza e la poca trasparenza della sala centrale, oltre
leccessiva orditura della scatola vetrata esterna, che insieme mortificherebbero la somiglianza
tra lidea e la sua realizzazione.
Detto onestamente, a me non importa molto se ci che si coglie pi la visione
di una patata in gabbia che di una nuvola racchiusa nella teca vetrata. Le
cose, e le nuvole in particolare, si prestano alle figurazioni pi disparate, e
la fantasia e lironia di ognuno possono volteggiare come meglio credono.
Importante, secondo me, che, da un punto di vista
architettonico, questa cosa non stata costruita n per fare la nuvola e
funzionare come una nuvola, n per fare il tubero e finire nellolio fritto,
ma per contenere sale ed auditorium in una configurazione informale rispetto allinvolucro
stereometrico che la ospita. Altre letture non mi interessano e distraggono
solo lattenzione e non hanno nessun valore da un punto di vista rigorosamente
critico.
Ora, al di l di queste due irrilevanti ragioni, occorre
stabilire se siamo di fronte ad unopera darte vera o ad una costosissima gigionata.
Operazione possibile solo se si hanno strumenti e, possibilmente, le competenze
critiche necessarie per dare un giudizio approfondito. Ovviamente, la qualit di
tale giudizio, spetta sempre ai lettori infine giudicare.
Bruno Zevi, al quale mi ispiro senza indugio quando sono in
difficolt, sosteneva che per dare giudizi sullarchitettura occorre innanzitutto
conoscere larchitettura. Sembra una frase banale ma non sempre cos scontato
nel mondo dei giudicanti. Voleva dire, in effetti, che occorre di fatto essere architetti,
capaci di leggere un progetto attraverso gli strumenti della sua
rappresentazione, che sono le piante e le
sezioni.
Analizzando i disegni di pianta e sezione possibile
cogliere la difficolt dellimpianto e le sue soluzioni progettuali (non solo
formali), e da una loro lettura attenta anche possibile definire il grado di
accuratezza e di profondit del progetto nel suo insieme. Raramente, se lesito
di questo esercizio ha procurato in voi soddisfazione, sarete delusi dallopera
realizzata. E questa corrispondenza risulta maggiormente affidabile quando il
progetto presenta un alto grado di complessit.
In questo caso la complessit risulta elevata, e sicuramente
ha costretto gli autori della progettazione esecutiva ad un confronto faticoso
ma fertile e soddisfacente. La qual cosa sempre evidente nella risoluzione
dei dettagli, nellincontro dei piani e dei nodi, risolti mai in modo banale.
Il progetto stato di certo fortemente pensato e gestito con rigore.
Come per prodigio, il rigore della progettazione e dellesecuzione dei dettagli
concorre sempre a promuovere il risultato anche spazialmente; in questo caso,
data la scala monumentale che non favorisce sicuramente la concentrazione
visiva, pare essere risolto senza pause inespresse.
Il mio giudizio, quindi e per quel che vale, per ora positivo.
Avr la fortuna di essere a Roma tra un paio di mesi e avr la possibilit di una visita di persona.
Sono sicuro che non ne rester deluso.
(Sandro Lazier
- 30/10/2016)
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Commento 14414 di Vito corte del 31/10/2016
Rispetto le considerazioni di Sandro Lazier e ne condivido la critica specialmente per il modo in cui essa formulata: offrendo cio gli argomenti di verifica, grazie ad una sufficientemente completa rassegna di documenti tecnici (il progetto architettonico allegato, purch in scala 1:200, consente di supportare oggettivamente molte riflessioni).
Vorrei tuttavia, se possibile, formulare le mie riflessioni. Esse sostanzialmente si concentrano su due aspetti.
Il primo quello dei costi.
D'accordo sulla necessit/inevitabilit che una grande opera significativa per la Nazione necessariamente deve essere una opera impegnativa sotto il profilo dei costi necessari per realizzarla.
Ma i costi devono essere ben preventivati, specie quando non si tratti di una bazzecola.
Immagino, anche perch io stesso vittima incolpevole di un sistema burocratico amministrativo e politico italiano che definire inaffidabile solo eufemismo, che le condizioni al contorno abbiano determinato un progressivo incremento dei costi ma vi sono alcuni elementi che nella forma e nella sostanza a me non "suonano" a favore dell'opera. Leggere infatti che nel corso dei lavori sono state effettuate ben dieci perizie di variante e suppletive, leggere che esiste tuttora un rilevantissimo contenzioso con l'impresa esecutrice e che ancora le corposissime riserve da essa formalizzate (ammontanti a milioni di euro) non sono state ancora risolte, mi porta ad esprimermi non pi solo da architetto amante ed appassionato dell'architettura e del mestiere. Sono consapevole che questa posizione si presta ad essere sbrigativamente collocata nella categoria del professionismo puro, ma non il professionismo a farmi esprimere cos: invece un'esperienza ormai lunga di un mestiere che amo pi di ogni altro ma che vede sempre pi svuotato di contenuti. C' un impegno civile ed etico, insieme a quello creativo e tecnico, che muoverebbe l'architetto di un'opera - specie se pubblica- informando i suoi atteggiamenti verso la misura ed il rigore. E qua, sono i documenti a dirlo, non c' stata misura n rigore.
Altro aspetto critico quello del linguaggio.
Esso pi pertinente alla disciplina del progetto: quando il passaggio di scala dal concept disegnato a mano al disegno esecutivo rimarca evidenti soluzioni di continuit allora credo che ci sia qualche problema.
Spiegandomi meglio: fintantoch l'opera architettonica, nel suo tentativo "artistico" di staccarsi dal figurativo per avvicinarsi al concettuale sar costretta a prendere forma con materiali e soluzioni costruttive tradizionali, allora vorr dire che il tentativo non sar del tutto riuscito.
Quando cio - e il caso in esame accomuna questa opera con molte altre di altri grandi architetti, tra cui F.O. Gehry - il "sistema intelaiato" costituito da membrature metalliche continua ad essere sempre uguale al trilite arcaico, pur nelle modulazioni e deformazioni del caso, non potr dirsi, a mio parere, che si sia fatto un significativo passo avanti.
Se l'opera concepita in tutto o in parte come risultato espressionista (e qua mi riferisco proprio alla nostra storia dell'architettura moderna che ha prodotto veri avanzamenti in tale direzione) allora che sia coerente in tutti i suoi passaggi e che non affidi, invece, al cartongesso la risoluzione della finitura superficiale ad occultare buona parte dei processi costruttivi.
Spero che queste mie considerazioni possano essere accettate e che si possa ulteriormente discutere sull'argomento.
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31/10/2016 - Sandro Lazier risponde a Vito corte
Sui costi.
Pare che Fallingwater di F.L. Wright sia costata 5 volte quanto preventivato. Le varianti in opera non si contarono. Wright sperimentava, faceva facendo, che secondo me lunico modo possibile per portare a termine opere di complessit elevata. Giustamente un edificio pubblico deve dar conto dei costi ma, telo dico per esperienza, senza modifiche in corso dopera, limature e affinamenti il risultato non mai di alto livello. Solo opere banali e ripetitive possono essere definite completamente a priori, e spesso sono la gioia dei costruttori.
Altra cosa sono le ruberie e il malaffare. Ma l larchitettura non centra nulla.
Sul linguaggio.
Ci sono due aspetti che non possono pi essere tralasciati nel linguaggio artistico contemporaneo.
Il primo riguarda il rapporto nuovo/vecchio. Noi abbiamo vissuto per secoli nella convinzione che il nuovo dovesse sostituire interamente il vecchio. Un vero processo di sostituzione storica. Da ragazzino immaginavo che negli anni duemila ci fossero solo grattacieli di vetro e strade sospese in aria.
Ma non accaduto cos. Lavvento della rete informatica, il web, ci ha invece fatto capire che il nuovo non sostituisce il vecchio, ma si somma ad esso. Come nel web, le informazioni sono sempre presenti. Basta richiamarle in vita quando servono. La portata di questa novit straordinaria perch, nel caso dellarchitettura (occidentale) recupera tremila anni di storia conosciuta e li riattualizza.
Questo concetto, malamente interpretato dal movimento postmoderno che ha pensato di fare il nuovo pescando nel vecchio, come se tutto non cambiasse mai, ha liberato i progetti da quella che un tempo era definita coerenza: lo stile, l-ismo. Il fatto di utilizzare concetti arcaici come il trilite (peraltro qui realizzato ad una scala inimmaginabile nellantichit) non pu pi porre pregiudizio alla attualit dellopera.
La scelta di una struttura regolare per il contenitore parte del risultato scenico del contenuto.
Il secondo aspetto riguerda luso dei materiali. I materiali sono come le parole e in architettura non esistono parole nuove, vecchie, brutte, cattive. La novit o la vecchiaia, la virt o la volgarit dipendono esclusivamente dalle frasi che si compongono, da come si mettono insieme le parole. Proprio Gehry ce lo ha insegnato.
Commento 14415 di Marrucci del 31/10/2016
Si parte con l'idea fascinosa di una nuvola per approdare a quella pi terricola di una patata trasparente imprigionata dentro ad un strutturalit che pare assai pi vicina alla gabbia...
Il costo pare un mistero ma che dire? in Italia il mistero irrivelato pare abbia un fascino irresistibile...
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Commento 14416 di vilma torselli del 31/10/2016
Sandro, vorrei, a margine, sottolineare, come tu stesso rilevi, che nel caso della Fallingwater, Wright sperimentava a spese del signor Edgar J. Kaufmann, proprietario dell'omonima catena di grandi magazzini, che non doveva rendere conto ad un popolo di contribuenti di ci che spendeva.
E' chiaro come il progetto della nuvola nella teca (poetico gioco di ruoli che vorrebbe imprigionare ci che non si pu imprigionare) persegua l'intento di creare una "configurazione informale" in quella che Zevi avrebbe definito action architetture, perseguita con un notevole "grado di accuratezza e di profondit del progetto nel suo insieme" tanto pi lodevole trattandosi di un progetto molto complesso, accuratezza e profondit necessarie e doverose, ci mancherebbe altro, dopo 18 anni di elaborazione progettuale e un esborso di euro pubblici lievitato da 275 milioni a 413 non ancora definitivi, oltre ad un prestito governativo di 100 milioni di euro.
In attesa di stabilire "se siamo di fronte ad unopera darte vera o ad una costosissima gigionata", vale la pena di sottolineare che il ruolo etico dell'architettura non un optional o un'invenzione di pochi benpensanti, e voglio ricordarlo citando uno stralcio dal libro di un biogenetista Edoardo Boncinelli: Come nascono le idee, Edizioni Laterza, 2008 pag.107:
"In un famoso studio condotto su un nutrito gruppo di architetti, si osserv per esempio che l'interocampione mostrava nei test di intelligenza punteggi superiori a quelli misurati nella popolazione generale, ma quando gli architetti, giudicati come pi creativi dai colleghi, venivano confrontati con il resto del campione, architetti creativi e architetti per cos dire pi normali non mostravano differenze significative nei punteggi riportati nei test di intelligenza. D'altra parte, i soggetti giudicati creativi erano anche giudicati come pi intelligenti dalla media dei loro pari. Ci pu dipendere dal carattere fortemente sociale della creativit. Per essa occorre anche il riscontro della valutazione collettiva. Essere creativi implica produrre qualcosa di innovativo che appaia utile o comunque rispondente a un bisogno condiviso e che ottenga pubblico consenso per entrambi i termini. Il prodotto creativo, cio, deve poter essere giudicato dalla comunit in cui l'atto creativo espresso come innovativo realmente utile." Per quanto strano possa sembrare, un biogenetista parla specificatamente di architetti e pone laccento sulla qualit sociale che si accompagna alla creativit e che giudica latto creativo degno di riconoscimento in quanto origine di un prodotto socialmente utile, in grado di sintetizzare ruolo civico e valenza etica.
Apparentemente, guardando al fenomeno delle archistar, non sembra pi necessario il pubblico consenso n una particolare capacit sociale, essendo la maggior parte dellarchitettura e (dellarte) moderna estranea ed incompresa per il grande pubblico e per la comunit in cui si esprime. Del resto stato cos anche quando hanno costruito la Basilica di San Pietro.
E' irrilevante che da allora siano passati secoli? Che qualcosa sia cambiato nella consapevolezza sociale dell'uomo di oggi?
E' scontato "che per dare giudizi sullarchitettura occorre innanzitutto conoscere larchitettura", ma il resto del mondo, che non ha conoscenze per dare giudizi di architettura (e magari neppure ne d), ma la paga e la subisce e dovrebbe essere l'utilizzatore finale, che ruolo ha?
Cogliendo i commenti sulla festa di inaugurazione molto elitaria del centro di Fuksas, osserva Alessandro Tempi, attento osservatore del sistema dell'arte moderno: "lidea che il popolo - o il pubblico, i cittadini - debba solo (gioiosamente?) confermare quanto altri hanno scelto per loro in campo artistico ha qualcosa di perverso, per almeno un paio di motivi, il primo dei quali presto detto: esso dissimula il fatto che solo questi altri siano in grado di dire cosa arte possa essere o diventare; il popolo pu solo venire a far festa dopo."
Non voglio essere polemica, n sono in grado di offrire proposte di soluzione per una dicotomia che, anche da prima della costruzione della Basilica di San Pietro, sempre stata "il riflesso di quella stessa fastidiosamente disinvolta autoreferenzialit che affligge la nostra classe politica, che si sforza di rendere appetibile lItalia affamando gli italiani."
Tutti i commenti di vilma torselli
Commento 14445 di andrea pacciani del 09/01/2017
"contenere sale ed auditorium in una configurazione informale rispetto allinvolucro stereometrico che la ospita".
Ci non accade nell'edificio di Fuksas poich stereometriche sono gli spazi interni delle sale e dell'auditorium per cui il formalismo della nuvola assolutamente gratuito e manierista; pertanto nulla di nuovo per questa triste architettura fatta da un inutile groviglio di putrelle...
Siamo fermi ai capricci di un re sole dell'architettura moderna, poco cambia da questo progetto di casa elefante:
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Elephant_fountains#/media/File:Ribart_Elephant_triomphal.jpg
Tutti i commenti di andrea pacciani
9/1/2017 - Sandro Lazier risponde a andrea pacciani
Stereometrici gli interni della nuvola?
Dalle sezioni non direi proprio.
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