Architettura: la Sicilia torna ad essere 'bedda'
di Paolo G.L. Ferrara
- 4/7/2007
Il 28 giugno abbiamo ricordato Danilo Dolci, che ha dedicato gran parte della sua vita ai problemi della Sicilia e dei siciliani.
Dolci arriv a Trappeto nel 1952, epoca in cui la Sicilia era dominata da Calogero Vizzini, Giuseppe Genco Russo, Michele Navarra. Tutti e tre potenti uomini donore, e con la tessera politica in tasca. La Sicilia era davvero Cosa loro ed per questo motivo che le battaglie di Dolci furono ancora pi grandi. Nei successivi decenni, soprattutto negli anni 60 e 70, Dolci ebbe, suo malgrado, a che fare seppur indirettamente- con altri uomini donore, quali Luciano Leggio, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e con politici quali Vito Ciancimino, Salvo Lima, oltre che con i cugini Salvo, ovvero la bella compagnia, attorno alla quale ruotavano tutti gli interessi economici dell Isola, il tutto a discapito dei suoi abitanti meno abbienti, quelli per cui Dolci lottava.
In mano ai suddetti personaggi, la Sicilia aveva dimenticato larchitettura, ovvero ci che, attraverso diverse lingue, esprimeva la sua millenaria storia.
Larchitettura era semplicemente fatto speculativo. Ciancimino e Lima (assessore e sindaco), riuscirono a concedere pi di 4.000 licenze edilizie in pochi anni, ma il pi che ben 3.000 furono appannaggio di sole 5 persone, veri e propri prestanome (uno di questi risultava esercitare ufficialmente il mestiere di carrettiere). Negli anni 70, nella povera Sicilia si consum un quantitativo di sacchi di cemento equivalente alla met di quelli usati per il resto delle costruzioni in tutta Italia Un quantitativo abnorme, non certo usato solo per i progetti con licenza e non solo dai mafiosi (per quante "scarpette di cemento" possano avere fatto...), ma anche da chi, sullonda di unassoluta anarchia, costruiva abusivamente, facendolo talmente con cognizione di causa che era assolutamente prassi lasciare i pilastri dellultimo piano pronti a riceverne un altro
Nel 1983, il giornalista Giuseppe Fava descriveva perfettamente gli effetti del sacco di Palermo: "Camminare a Palermo? Gli osceni edifici a dodici, quindici piani, che si affollano l'uno sull'altro, lungo la riva del canalone che scende dalla collina al mare, con un rivolo d'acqua putrida al centro, e gi in basso i tuguri dove si ammassano venti persone, a due metri da quel rigagnolo giallo. I bambini che giocano da una riva all'altra. Bambini cos, anche cani cos che corrono in mezzo ai bambini, li ho visti solo a Palma di Montechiaro. Anche il colore, anche il fetore di quel rigagnolo lo stesso di quel liquame che scorre orribilmente fra le rupi di Palma. Tutto questo retorica, lo so. A Palma di Montechiaro per tre bambini su dieci muoiono prima di arrivare all'et scolare. E da qualche parte, in questa immensa citt, c' qualcuno che sta discutendo quale sar il destino di questi bambini di Palermo per i prossimi venti o trent'anni.
E quale sar il suo guadagno.
Palermo una delle citt pi belle d'Europa e certamente una delle pi infelici. Forse pi della stessa Napoli. Palermo sontuosa e oscena. Palermo come Nuova Delhi, con le reggie favolose dei maharaj e i corpi agonizzanti dei paria ai margini dei viali. Palermo come Il Cairo, con la selva dei grattacieli e giardini in mezzo ai quali si insinuano putridi geroglifici di baracche. Palermo come tutte le capitali di quei popoli che non riuscirono mai ad essere nazioni. A Palermo la corruzione fisica, tangibile ed estetica: una bellissima donna, sfatta, gonfia di umori guasti, le unghie nere, e per egualmente, arcanamente bella."
Giuseppe Fava fu ucciso dalla mafia nel gennaio del 1984.
Da poco pi di un anno me ne ero andato via, a Milano.
Oggi la Sicilia diversa rispetto a come era in quegli anni.
Diversa perch, allora, nulla faceva presagire che laspetto culturale dellarchitettura sarebbe diventato argomento importante per lo sdoganamento dalla nomea di essere solo terra di mafia.
Attenzione, perch anche negli anni 70 e 80 la cultura architettonica era attiva ma, nonostante personaggi della statura di Giuseppe Samon, non si poteva certo pretendere che la cultura del progettare fosse fatto diffuso: in un territorio in cui, su 4 milioni e mezzo di abitanti, vi era una sola facolt di architettura (a Palermo) ci era assolutamente impossibile. Una facolt che solo in parte (ma questo un male di tutte) era affidata a veri docenti, quelli la cui passione per linsegnamento cosa unica con quella per larchitettura.
Dicevamo di Samon, che muore nel 1983, proprio negli anni in cui larchitettura isolana era imperniata su lidea Gregotti, ben presente attraverso opere quali il quartiere Zen e il Municipio di Gibellina (proprio con i Samon). Gregotti insegna a Palermo dal 1967 al 1974 e ha tutto il tempo per importare in Sicilia la sua idea di architettura, facendo da chioccia a futuri protagonisti quali Franco Purini (che collabora al progetto Zen), il cui nome diventa noto con la Casa del Farmacista, a Gibellina.
Quella Gibellina Nuova che era il luogo principe a cui gli studenti di architettura di Palermo degli anni 80 facevano riferimento, guardando con notevole interessa anche alla cosiddetta scuola di Cefal di Pasquale Culotta.
Queste brevissime citazioni dimostrano che, anche negli anni pi bui, la Sicilia non era certo priva di uomini di cultura ma, proprio per questo, ci significa che la forza della speculazione politico/mafiosa era talmente dirompente che riusciva a debellare qualsiasi sforzo propositivo che individuava nella qualit architettonica una delle strade per svegliare le coscienze della popolazione, la maggior parte della quale, senza futuro lavorativo, era soggiogata dal clientelismo (ovvero la materia prima del potere mafioso).
A 19 anni, seppur attratto da essa, non capivo nulla di architettura ma, chiss perch, Gregotti e Gibellina (Culotta un po meno) mi mettevano assoluta tristezza: che ci facevano quelle scatole rigide e tristi sotto il sole brillante ed allegro della Sicilia?
Me ne andai a Milano pensando chiss cosaed invece, quasi fosse la legge del contrappasso, mi trovai in una facolt dove le scatole rigide e tristi dovevi farle se non volevi essere bocciato (ma tenni duro e, nonostante tutto, nessuno mi bocci).
Furono cinque anni di lotte contro rossiani e grassiani ma, in fondo, un tale supplizio me lo ero meritato perch avevo snobbato la mia terra e chi vi rimaneva.
A 25 anni di distanza certamente facile ammettere che chi rimasto nella bedda Trinacria non ha forse fatto la scelta sbagliata e che, soprattutto, si deve in gran parte a queste persone se oggi la Sicilia mostra la volont di ritagliarsi un ruolo importante nellambito della cultura architettonica.
La crescita della sezione regionale dellIn/arch, presieduta da Franco Porto, uno degli esempi dellinteresse culturale e del gran lavoro indigeno, cos come lo sono (solo per citare quelli che conosco personalmente o per il loro lavoro) Maria Grazia Cannizzo, Antonietta Lima, Ugo Rosa, Maurizio Oddo, Domenico Cogliandro, Claudio Lucchesi, Luigi Pellegrino, Luigi Prestinenza Puglisi, Leandro Janni, Vito Corte, Marcello Panzarella (e tanti altri ancora), senza dimenticare il preziosissimo Centro Studi di Archittettura, al Villaggio Monte degli Ulivi di Riesi, di cui Emanuele Tuccio lanima.
Personaggi certamente differenti ma che, proprio per questo, hanno dato linfa vitale allinteresse per larchitettura in tutta la regione.
Ma c di pi: questa variegata vivacit ha certamente stimolato molti continentali (veri o, come me, semplicemente emigranti) a guardare in essa, con il desiderio di alimentarla con piccoli contributi.
Il convegno Conversazione di architettura in Sicilia, da noi di antiTHeSi e dall In/Arch Sicilia organizzato a Sciacca nel 2002, fu un momento davvero importante poich si misero per la prima volta a confronto le due scuole isolane, ovvero quella palermitana e quella catanese, il tutto con la partecipazione di architetti e docenti provenienti anche dal continente. Fu il momento in cui presi coscienza che la cultura architettonica siciliana cera ed era in fermento.
Non ho citato a caso il convegno di Sciacca: infatti, fu in quell'occasione che ebbi modo di approfondire la conoscenza con Franco Porto che, da anni presidente dell InArch Sicilia, ha svolto si dall'inizio della sua carica un lavoro assolutamente encomiabile, organizzando a rischio della sua posizione numerosi eventi, mettendo in conto che essi potessero avere pi o meno successo, ma sempre consapevole che il ruolo che ricopre quello di chi deve mettersi in prima linea.
Un esempio potrebbe essere la presentazione del libro di Mario La Ferla Te la do io Brasilia!, ove si raccontava della ricostruzione del Belice terremotato, evidenziandone le malefatte politico/mafiose.
Potrei descrivere minuziosamente le 20 persone che erano presenti nel maggio del 2005 a Sciacca. S, solo 20 persone nonostante levento fosse stato pubblicizzato a tappeto: furono i sindaci del Belice a fare il passaparola affinch nessuno tra loro si presentasseEppure, cinque mesi prima, la presentazione del libro a Catania fu un successo, con molto pubblico e assolutamente interagente con i conferenzieri. La Sicilia anche questa, fatta da territori ben delimitati e controllati
Da qualche anno, chi -tra molti altri- si sta interessando attivamente della Sicilia Antonino Saggio. Il suo gruppo Nitro Saggio ha infatti, sin dallo scorso anno, una sede a Gioiosa Marea. Attenzione perch la cosa non di poco conto, soprattutto se si considera che Saggio opera prevalentemente a Roma (dove insegna alla Sapienza e dove ha sede il Gruppo Nitro) e non ha certamente necessit di impegnarsi in unavventura tuttaltro che facile, ovvero quella di organizzare in Sicilia eventi che possano coinvolgere gli architetti, gli studenti ed i cultori di architettura siciliani in argomenti assolutamente attuali quali quelli della Rivoluzione Informatica.
Vero che oggi il web ci permette di essere sempre e comunque al passo con gli sviluppi culturali planetari, ma non c niente di paragonabile al contatto diretto, al partecipare fisicamente ai dibattiti e ai simposi.
Ecco che il simposio ed il workshop che si svolgeranno dal 5 al 12 settembre a Gioiosa Marea saranno unoccasione dincontro e di scambio, confrontandosi sul tema IT Revolution in Architecture The Changing Notion of Space and Time in Contemporary design.
Limpegno di Nitro Saggio certamente un passo in pi per lattivismo culturale della Sicilia, soprattutto in virt del fatto che, solitamente, la cultura prigioniera di facolt e convegni blablabla.
Scrissi anni fa che Saggio, tramite il web, stava attuando quelluniversit dellaria sognata da Zevi. Con la fondazione del Nitro Sicily Lab, luniversit dellaria trova nuovi sviluppi nella ricerca del rapporto diretto con i suoi utenti, marcando un punto in pi per la Sicilia quale luogo in cui di architettura, vista la diversa formazione dei partecipanti in qualit di docenti del workshop e di relatori al simposio, si dibatte in modo eterogeneo con lo scopo di darle contemporaneit.
Da siciliano, desidero ringraziare tutti coloro i quali simpegnano affinch la Sicilia possa dirsi viva, sprigionando cos tutta la sue potenzialit.
Ovviamente, per la sua complessit e per le condizioni epocali in cui si svolse, il lavoro di Danilo Dolci inarrivabile, ma chiunque simpegna per dare alla Sicilia un ruolo culturale di prestigio, beh, non credo di dire eresie affermando che -a ragione- si potr sentire discepolo di Dolci. E non poco.
Maurizio Zappal risponde
Mentre qualcuno afferma di non avere ancora le idee chiare, io dichiaro apertamente di fare larchitetto! Tralasciando tutte le problematiche di farlo in Sicilia e ancor pi in quella orientale, ritengo che la crisi un momento potenzialmente positivo, e tale possiamo e dobbiamo considerarla se la vagliamo alla luce del suo possibile esito, del suo risultato finale: la trasformazione del vecchio in nuovo, il rinnovamento delle energie interiori, la rigenerazione dello spirito umano. Pensata in questa luce, la soluzione della crisi appare come la giustificazione del suo stesso formarsi: non conclusione virtuosa di una crisi accidentale, ma essenza stessa del problema, di cui la crisi rappresenta il confuso affiorare e la soluzione lautentica presa di coscienza. Ovviamente per perseguire la mia tesi bisogna attuare il massimo del pluralismo. Su questo ho seri dubbi! Infatti aldil di tutte le paranoie e luoghi comuni, ineludibile che detenere potere o apparente potere (fumus!) porti a esercitarlo! Scontata considerazione che deve far riflettere, per non cadere nel sillogismo potere=verit.
Detto ci, con grande sacrificio, non intendo polemizzare con chi si spende con capacit settaria nella propaganda dellarchitettura contemporanea dalle nostre parti ma intendo sottolineare che, naturalmente, non debba avere la presunzione di essere il verbo di riferimento! Altro c e non pu essere tralasciato. Chi simpegna affinch le cose cambino ha un solo nemico lignoranza! Allora non pu essere considerato ectoplasma limpegno che da anni, con mezzi congrui alla mia professione, perseguo e non da solo. Inaccettabile la superficialit della non attenzione!(da parte di chi fa il mestiere di promotore culturale in Sicilia! O che si ritiene tale!) Primo e non ultimo linteresse su un tema strategico che mi pare essere lINVESTIMENTO ESTETICO e di conseguenza il lancio attraverso convegni e sollecitazioni progettuali sul tema waterfront di Catania. Chi intellettualmente mi accompagna ha scritto anche libri sullargomento (vedi: Tino Vittorio, Storia del Mare, Selene Ed.)! Abbiamo organizzato mostre come: Pensieri e idee sulla citt di Catania, insieme alla mostra I Fiaschi dello studio MBM di Barcellona, al Monastero dei Benedettini di CT (2002)e pubblicato articoli (Gomorra, La Sicilia, etc) e progetti (il Nuovo Varco Doganale del Porto di CT, eliminazione degli archi della marina, etc.) e concorsi (Boa Visions- 1 premio per p.zza Magione a PA, Le cinque piazze, Biennale di Venezia, etc). La cosa non riveste interesse planetario ma sinserisce senza alcun dubbio nella normale attivit di architetto impegnato nella trasformazione urbana ed intellettuale. E certo non per tutti.
Questa una delle possibili critiche che potrei sollevare ma aprirei un taglio che non porta da nessuna parte o al contrario potrebbe essere vista come il tentativo di incensarsi! La mia preoccupazione quella che ironia della sorte, non si stia innescando la solita guerra tra poveri? Poveri, naturalmente, dintelletto! Una sorta dintellighentia stomachevole che mira a imporre i propri adepti o coloro (illuminati da Dio!) che sarebbero (a loro dire!) i nuovi enfant prodige dellarchitettura terrona e non! Quindi non discuto su giudizi soggettivi (per me non condivisibili) che si perpetrano nei concorsi in cui questi personaggi & c. orbitano ma sul registro della cronaca. Il lavoro l ed oggettivamente incontrovertibile! Altro non essere daccordo, altro essere ignoranti! E comunque tutta la strategia mi sembra povera, perch non strategica! In altre parole, oltre al servizio dinformazione ci deve pur essere una politica dintraprendenza che miri a forzare lovviet! Per noi la svolta il mare! In chiara sintonia alle tesi di Sloterdijk. Egli contrappone al naufragio heideggeriano, levento dei marinheiros portoghesi del XV secolo, che dichiara i portatori del pensiero pi sconvolgente dellepoca moderna.
Per descrivere ci che intende Sloterdijk per svolta riporto alcuni dei passi conclusivi dellultimo paragrafo di Caduta e Svolta: La loro idea, che si veniva chiarendo gradualmente, era di percorrere il mare aperto tenendo ostinatamente una rotta verso ovest dinanzi allaliseo del nord, fino a imbattersi, vertiginosamente lontano, nelle zone del vento dellovest da cui si poteva guadagnare la spinta del vento per il ritorno. Questaudace manovra che presto divenne cos usuale ( si dice che, eccetto i capitani, nessun altro pi ci fece caso), ricevette dalla gente di mare portoghese un nome risonante: volta do mar, la svolta del mare. Essa , per cos dire, la Kehre dalto mare. Si pu dire che, attraverso di essa, il potenziale pratico della filosofia del movimento di Heidegger venne realizzato a bordo delle navi. () Senza la svolta del mare lAmerica non sarebbe stata scoperta dagli europei. Senza di essa non ci sarebbe stata nessuna circumnavigazione del mondo () Nel centro della globalizzazione terrestre, nella quale la terra venne elaborata come monade geologica, si situa una figura nautica, che ha inspirato la gente di mare. La volta do mar impersona il tratto principale del Dasein come mosso: il lasciarsi cadere nella tendenza iniziale, la partenza nella lontananza, la svolta consapevole che porta indietro. Essa sembra rispondere da lontano alla dottrina di uno Heidegger risoluto non navigatore, secondo la quale il punto di svolta si nasconde nel cuore del pericolo. Insomma la tettonica di Heidegger viene superata dal dinamismo di Sloterdijk, anzi meglio, dal suo movimento cinetico e nasce lantropotecnica. E se Derrida il filosofo del Decostruttivismo, Sloterdijk potrebbe essere il filosofo del Maritorio come direbbe il mio amico Tino Vittorio!
Mi sembra, quindi, anacronistico discutere di architettura contestualizzata nellepoca della globalizzazione e ancora pi vetusto di architettura della memoria in epoca di digitalizzazione sfrenata! Questi temi appena appena accennati non sarebbe spunto di approfondimento di quei geniacci che imperversano nel nostro territorio Kulturale?
P.S: Nulla di personale con le persone che tu avrai ben individuato ma polemica sulla sostanza intellettuale! Non ritengo di sostenere la ribalta del tuo organo informativo ma tenevo a migliorare la nostra piccola incomprensione
(Paolo G.L. Ferrara
- 4/7/2007)
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Commento 5411 di Maurizio Zappal del 06/07/2007
Vorrei semplicemente sottolineare e ricordare al bravo P.G.L. Ferrara che le lobbies esistono anche tra i poveri! Io credo che per quanto sforzi positivi abbiano fatto tutti i citati da Ferrara nel suo articolo, la strada di salita come dicono a Liverpool! Chi non frequenta quei salotti bene tagliato fuori! Ma ci non mi scandalizza n meraviglia! Perch se ce la fai, ce la fai! E questa legge di vita! Con questo voglio dire che raccogliere olio dal macco ( purea di fave) tante volte strategicamente utile, dissacrante ma attenzione a non ammanigliarsi furbescamente perch qui tutti siamo vaccinati e grandi. Conosco tutti quelli citati e non tutti conoscono me! Ci mi d un vantaggio notevole; io li osservo sempre e so i loro movimenti non molto segreti che . Uno solo rispetto perch di pallido vestito ma di fioretto servito! Ed bello dialogare con lui perch almeno combatto! Anche se gradirei di pi che non facesse il farmacista di CL. Gli altri, omologhi ed accoscati se la intendono! Il terreno che preferirei indagare sempre quello dellarchitettura. Poich sostengo che gli architetti fanno di tutto tranne che il loro mestiere! Gli intrattenitori culturali devono esistere ma raramente sanno quanto la malta rassa o maura! E non cosa da poco! Allora impegnarsi nella divulgazione della contemporaneit dalle nostre parti, non facile e tante volte non basta! Soprattutto quando ti tirono la giacchetta! Allora parliamo daltro e cio dellarchitettura. Scopro da te che esiste una scuola catanese! Sei sicuro? Unaffermazione simile, credo che sia impegnativa da un lato e divertente dallaltro! Lultima scuola, in senso architettonico, di Catania si ferma al linguaggio un po sdolcinato e non tanto originale di quello che pu essere definito Art Dec o Liberty catanese che dir si voglia (Lanzerotti, Fichera, Aloisi e, tirati per i capelli, Fiducia, Marletta e Aiello). Ma dagli anni Cinquanta del secolo scorso in poi c il vuoto! E non vorrei cadere nel ridicolo se glisso tout-court sui dodici per larchitettura (Maimone editore)!C il vuoto e non c la Facolt dArchitettura (non mi convince la decentrata di Siracusa)! Se questo il substrato, mi diverte alquanto sentire parlare di scuola catanese. Quindi da emigranti siamo stati costretti ad andare chi a Palermo, chi a Reggio! Da un lato lomologazione alla scuola palermitana, che ha prodotto replicanti gregottiani e culottiani e dallaltro puriniani e accastiani della pi cattiva scuola romana . Ecco, questo il panorama sintetico ma emblematico dellultimo trentennio siciliano. Qui in oriente chi non riuscito a fare scatole ha fatto falso antico con archi, colonne, timpani, mattoncini e ferro battuto, comprensivo di nanetti in giardino. Dolci non un architetto; la mafia fa affari con tutti, escluso gli inesistenti (farebbe affari anche con la buona architettura che inesistente); Fava faceva affari pericolosi e letali (per s) con tutti ( da Ciancio a Diego Lo Giudice). Insomma, niente architetti e la mafia non c'entra con la nientificazione degli architetti.
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Commento 5474 di Tino Vittorio del 06/08/2007
Il mio amico Maurizio mi ha chiamato in causa sulla questione del waterfront.. Ma leggendo l'articolo di Paolo Ferrara pensavo alla grandezza e alla qualit del potere mafioso che riuscitao a mettere sotto scacco tutta la grande architettura italiana operativa a Palermo, ma sofferente. Riflettevo sul sindaco di Palermo Ciancimino, geometra, e mi sono convinto della tesi di Ferrara. Che geometra quel Ciancimino! Ma nessuno ha spiegato a Ciancimino che la speculazione edilizia poteva essere ingentilita e coonestata nei salotti buoni con una bella spruzzatina di architetti, tanti ,sexy ed ammanigliati nella furba citt di Palermo? Ed in altre citt d'Italia quale mafia ha sostenuto l'inconsistenza degli architetti italiani.?
P.S. Non sono architetto, ma vado in giro per il mondo.
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Commento 6561 di Leandro Janni del 28/11/2008
IRREDIMIBILE. Questo - ben noto - il termine utilizzato da Leonardo Sciascia per descrivere la realt sociale e politica siciliana. Quale termine potremmo utilizzare oggi? Forse, informe?
Il problema, il dramma della Sicilia attuale linsostenibile contrasto tra la forma - forte e definita, direi assoluta - dellIsola, e la sua informe sostanza sociale, culturale, politica. Come un corpo senzanima e senza ragione. Forse il compito degli intellettuali siciliani oggi troppo arduo e faticoso. Irrisolvibile, insomma.
Ma gli architetti sono, o no, intellettuali?
Un caro saluto,
Leandro Janni
Tutti i commenti di Leandro Janni
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