Tradizione e identit
di Sandro Lazier
- 18/11/2002
Tutte le volte che incontro un tradizionalista mi incuriosiscono gli argomenti che mi propone. Ma ne resto sempre deluso perch sono sempre gli stessi: le periferie fanno schifo; che bello il centro storico dove ci abitano i professionisti di successo; il mercato, che oggettivo, premia il centro antico e condanna il moderno; basta con gli esperimenti sulle spalle della brava gente che vuole cose serie e non stravaganze formali autogratificanti che, oltretutto, fanno perdere identit e guastano il contesto.
Di contesto, e del paradossale utilizzo che se ne fa, sono stufo di parlarne. Per quanto riguarda il concetto di identit ho invece parecchie obiezioni da porre.
1.
Intanto credo che, senza il presupposto del nichilismo, il significato che si affida al concetto di identit e alle sue deduzioni, che tanto affascinano e alimentano il tradizionalismo e lo storicismo, perda il suo carattere nostalgico e reazionario. Infatti, senza lidea del niente, facile dimostrare che lidentit non si perde ma si cambia. Se perdo una specifica identit ne assumo inevitabilmente unaltra. Se sono vivo e comunico non posso non avere identit. Ora, se il nichilismo non altro che un paradosso metafisico, come sostiene Emanuele Severino, che senso ha privare le famigerate periferie di una identit altra? Le citt, quindi, non perdono identit, semplicemente la cambiano. Questo pu piacere o meno, ma allora tutto un altro discorso.
2.
Mutare identit appartiene alla storia perch parte del processo evolutivo. Non intellettualmente interessante se levoluzione tende al peggio o al meglio; la sostanza che inevitabilmente si cambia e, per vivere, si deve cambiare. Allora, se si considera il periodo che i tradizionalisti chiamano con molta superficialit moderno e la considerazione vale per tutti gli aspetti e le conoscenze presenti in quellepoca quale progetto meglio soddisfaceva le attese di cambiamento e adattamento alla condizione nuova? Se lo sviluppo urbanistico fosse avvenuto secondo criteri tradizionali e quindi con il linguaggio formale della tradizione costruttiva ottocentesca teoricamente avrebbe risolto e atteso le indicazioni culturali del momento? Se si in buona fede si deve dire no. Ricordo benissimo quando i centri storici erano rifugio di poveracci e immigrati perch la borghesia nuova di zecca preferiva le case moderne e luminose dei grandi quartieri soleggiati. Chi poteva riscattava la propria vita, e quella delle generazioni precedenti, da unesistenza umiliante condotta dentro tuguri cupi e malsani, in senso fisico e mentale, affidando le risorse e la speranza della redenzione alla promessa di una rivincita sociale che le teorie dellepoca avevano in mente di produrre.
3.
Se si cambia perch si costretti a cambiare e questo mi pare un motivo pi che ovvio. La stessa idea di conservazione non spiegabile senza il presupposto della mutazione cui sono condannate le cose e le persone. Conservare le cose sempre stato un grande problema per lumanit, dal cibo alle case, dai ricordi alla storia, gli egizi conservavano persino i morti. Ma se voglio conservare la frutta devo mutarla in marmellata e, allora, loggetto della conservazione non pi lingrediente ma il ricavato (Ci si preoccupa di conservare la marmellata, non la frutta). Perci ci si illude di rifare marmellate nel modo dellantica tradizione, ma si scorda che i frutti sono sempre nuovi. Cos ci si pu illudere di fare case in foggia e maniera dellantica tradizione, ma i mattoni sono sempre nuovi e inesorabilmente rivelano lequivoco del travestimento. Conservare quindi atto pi scomodo di ci che riguarda la semplice apparenza perch cambia loggetto della conservazione. Paradossalmente, colui che pi vuole conservare, pi costretto a mutare. Ma allora chi meglio di un moderno ha sensibilit al nuovo e alla mutazione? Quindi, anche per conservare lantico, ci vuole un moderno. Daltronde, la storia il racconto di come le cose sono cambiate, ovvero di come sono diventate moderne.
4.
E del tutto illusorio pretendere che le cose rimangano come sono. Peggio pensare di riportarle come erano. Non ci resta che indagare, promuovere e sperimentare il cambiamento, compito che la modernit quella che comprende tutte le esperienze del secolo scorso e non solamente gli scatoloni della speculazione edilizia e della pianificazione tecnocratica ha svolto con grande passione e fervore, alla conquista di una nuova identit compatibile con le necessit contingenti.
Per finire, non condanno chi per nostalgia o rimpianto intende illudersi e gratificarsi con il ricorso al mito e alla leggenda del bel tempo antico, dei sapori veri e del centro storico (che una volta tutto restaurato sar del tutto non vero). Dico solo che culturalmente vale niente perch solo una perdita di tempo.
(Sandro Lazier
- 18/11/2002)
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Commento 228 di Carlo Sarno del 25/11/2002
Frank Lloyd Wright , dal libro Testamento :
" ... Si pu garantire la libert; non donare la libert. La libert nasce dal di dentro. Malgrado ogni abuso cui la libert oggi soggetta - perch l'uomo protocollato come un articolo commerciale, e mutilato del suo diritto di nascita attraverso l'eccesso insano e la corruzione che il sistema del profitto produce - pure l'uomo pu essere ancora innamorato della vita e trovare sempre meno vita, proprio per questa ragione. La verit della libert, che sempre d sicurezza , che sempre affermativa, dunque conservatrice. La verit proclama il rifiuto delle tradizioni minori invecchiate, seppellite dalla grande Tradizione . La legge del Mutamento il grande fattore ' eterno ' della verit. E' la libert , questo ' grande divenire ' ....
... Pertanto, rompere con molti modi di vita comunemente accettati indispensabile per la libert. Attraverso l'operare naturale della propria sensibilit , la libera mente dell'uomo vivente in democrazia sempre aperta alla verit. Mente e cuore costituiscono insieme la sua anima, e l'unit di essi la vera protezione - forse l'unica - della sua libert ...
... La vita pu essere redenta, resa pi nobile, solo da un pensiero e da un sentire veramente grandi, in ogni arte nostra, e nel netto rifiuto di tutte le manifestazioni d'insania, destituite di spiritualit, che abbiamo chiamato per tanto tempo tradizione. La nostra cultura non si manifesta ormai attraverso nient'altro che uno 'Stile' fondato sul gusto. Pericoloso, perch il 'gusto' (sia vecchio sia nuovo) fondamentalmente figlio dell'ignoranza, e raramente, e solo per avventura, va d'accordo con la conoscenza del principio poetico. Occore conoscenza ; non gusto... ".
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Commento 229 di Vilma Torselli del 29/11/2002
Tradizione e identit, un dualismo che per noi italiani un po un chiodo fisso, perch per noi il passato non mai passato completamente.
C da dire, a nostra discolpa, che riflettere sulla modernit significa anche, inevitabilmente, mettersi a confronto con il passato e rintracciare rapporti di causa-effetto, cos come ognuno di noi rintraccia nella propria infanzia le ragioni della sua attualit, scoprendo che intervenuto, per fortuna, il Cambiamento, proprio con la c maiuscola, grazie al quale la vita, e larchitettura, vanno avanti.
E quindi, dice Zevi confidate nel nuovo, nella modernit rischiosa, nella modernit che fa della crisi un valore, anche se la modernit non un valore temporalizzabile, uno stato, una tensione, una coscienza per la verit con il dubbio che questultima frase sia in realt attribuibile pi verosimilmente a Duchamp.
Ecco, in tutto il suo bellarticolo, egregio Sandro Lazier, che raggiunge il sublime nella metafora gastronomica della marmellata, mi pare che sia troppo sfumato proprio il concetto di modernit, attorno a cui, peraltro, ruota specificatamente la tesi (o forse il caso di dire lantithesi).
E vero che il nocciolo della questione il cambiamento, attuato in nome e per conto della modernit, ma anche vero che si deve volere/potere cambiare, possibilmente sapendo che cosa si lascia e che cosa si cerca, affinch la modernit non diventi una promessa mancata di libert.
Ecco, leggendola, egregio Sandro Lazier, a un certo punto si persino sfiorati dal dubbio che modernit significhi nuovi regolamenti igienico-sanitari, coefficienti aereoilluminanti, assi eliotermici e roba del genere: fosse cos, saremmo davanti alluovo di Colombo, anche questo con la c maiuscola, tanto per restare nellambito culinario.
La lascio rinnovando alla sua pubblicazione i miei complimenti non solo per la freschezza dei contenuti ma anche per il lessico ironico, pungente e stimolante con il quale gli argomenti vengono esposti, ed aggiungo un piccolo contributo, non mio, alla definizione del concetto di modernit: "La "modernit" forma, non periodo: forma capace di stare nel tempo (dal tempo attraversata e alimentata) perch pensata da civilt ove la dimensione temporale sia concettualmente agibile e operativamente efficace."
Cordiali saluti
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