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11016
di Leandro Janni
del 31/12/2011
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Un anno molto difficile
di
Sandro Lazier
Diciamo cos: inesorabilmente oggi paghiamo il nostro debito verso l'ingiustizia.
Auguri a tutti!!!
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11060
di pietro pagliardini
del 31/12/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Caro Lazier, ma lei sfonda una porta aperta. Pennacchi dice chiaramente che Mussolini non avrebbe voluto citt perch voleva ruralizzare, e nell'agro pontino voleva solo costruire dei presidi di carattere funzionale allo scopo della bonifica e per garantire la distribuzione di merci e materiali per le popolazioni insediate. Ma, una volta visti i primi risultati e i loro successi, si convinse, probabilmente perch ne vide l'aspetto propagandistico. Non c' dubbio che Mussolini sia stato il primo che ha capito l'importanza della propaganda attraverso i vari canali "moderni", quali radio, cinema e la cultura. Insomma, un Veltroni ante-litteram. MA questo, mi perdoni, dimostra intelligenza e basta. Non mi faccia prendere le difese di Mussolini di cui non mi frega niente e che non mi ha mai nemmeno intrigato in nessun senso. Ma negare l'evidenza sarebbe come dire che Stalin fosse un imbecille: tutto, ma non un imbecille.
Ma a noi non interessano mica le intenzioni del duce o del regime, a noi interessano i risultati. E i risultati sono straordinari per la bonifica e buoni e qualche volta ottimi per l'urbanistica e l'architettura.
Quanto a Pagano e agli altri, Pennacchi non menziona l'arrivismo, o almeno non in senso negativo; parla solo, molto realisticamente, e se lei fa il professionista come credo capir, di normale, umano, sano desiderio di affermazione professionale.
Non sar mica un atteggiamento riprovevole voler emergere e se possibile eccellere! Non di questo che si parla in quel brano n nel libro. Si parla di una storia diversa, raccontata in maniera piacevole e molto documentata, che cozza per contro la retorica ufficiale antifascista di cui ormai hanno tutti piene le scatole. Poi potr non piacere l'architettura del periodo, ma il giudizio non pu essere partigiano fino al punto di negare la realt e di dividere il mondo in maniera manichea tra i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, quando poi, alla fine, stavano tutti dalla stessa parte. Almeno fino al momento drammatico delle leggi razziali.
Allora che dire di Le Corbusier, lui s arrivista veramente, che blandisce tutte le dittature del periodo, da quella comunista a quella fascista? C' una sua lettera in cui implora un incontro con Mussolini per convincerlo alla nuova architettura (la sua, ovviamente). Questo arrivismo di bassa lega non quello di chi si riunisce in un gruppo, di pi giovani, per cercare di prevalere sul gruppo meglio piazzato, di pi vecchi! Lecito attaccare, lecito difendersi, mi sembra ovvio.
Quanto a Pagano, nel pezzo che lei riporta, scrive una cosa abbastanza "fascista": lui vuole convincere il duce a "un'arte di stato". Razionalista, ma non importa questo. Quindi chi senza peccato scagli la prima pietra. Con queste premesse, se Pagano fosse stato in una commissione edilizia, allora s che sarebbero stati cavoli amari! Altro che libera espressione dell'architetto!
Saluti
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31/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Vorrei ripetere per chiarezza, altrimenti si rischia di perdere il senso delle cose che stiamo dicendo:
1 ho citato criticamente il primato della propaganda fascista a conforto della tesi che il fascismo utilizzasse temporaneamente i concetti del razionalismo per fini esclusivamente promozionali. Il regime non avrebbe mai condiviso fino in fondo i concetti del razionalismo traducendoli in realt sociale; sapendo, oltretutto, che provenivano dalla democratica e disprezzatissima repubblica di Weimar. Dallideale razionalista (sostanzialmente democratico e socialista) e dallefficacia del suo messaggio, appena ne percep il pericolo, il fascismo prese immediatamente le distanze. Non tacci questarte, come invece fecero nazismo e comunismo, dessere corrotta e degenerata ma, nel nostro paese, questa fu subito messa in soggezione dal modello di romanit che il regime intendeva invece promuovere e vantare orgogliosamente come proprio.
Il risultato quello che definiamo stile littorio, dove la razionalit sta nellassenza di stilemi, decorazioni e ornati e nella banalizzazione geometrica di colonnati, arcate e altri elementi della tradizione architettonica arcaica, mantenendo intatto limpianto spaziale monumentale. Il razionalismo (e le sue varianti; gli -ismi dinizio secolo sono molteplici) svuotato della sua istanza ribelle per eccellenza, ovvero la concezione spaziale antiscatolare, antimonumentale, particolarmente critica verso la fatalit dellidealismo storicista che vorrebbe invece luomo soggiogato ad essa, diventa ornamentale e mansueto, incapace finalmente di comunicare unidea di cambiamento sostanziale delle ragioni dellesistenza e delle classi sociali che la esperiscono.
Fortunatamente, sfumate nel clamore delle pompose fanfare dellarchitettura imperiale, qualche genio, come Terragni, seppure in questo clima reazionario e con non poche difficolt, riusc a concepire opere di grandissima libert spaziale, la cui portata rivoluzionaria probabilmente non fu giudicata dalla censura con la dovuta attenzione.
2- Non stavano tutti dalla stessa parte. Pagano, come Le Corbusier, avevano ben chiara la portata rivoluzionaria e lesito profondamente democratico dellarchitettura che proponeva. Non promuoveva s stesso ma la sua architettura. Non era un farsi largo per vanit od orgoglio personale. Cera qualcosa di pi. Rompere le scatole, anche in senso architettonico, alleggerire i volumi e smembrare i piani, disallineare finestre e pilastri, liberare i vani dalla dittatura della struttura muraria, fino a giungere allequilibrio precario dei fabbricati e alla loro decostruzione, sono metafore della precariet e insieme solidit dei fragili sistemi democratici, ai quali, per sopravvivere, serve un minimo di disordine e confusione. Larchitettura dei monumenti statica, grevemente inerme, rigida e poco disposta alla trasformazione, triste e malinconica, finalmente mortifera; larchitettura degli anti-monumenti flessibile, leggera, dinamica, viva e fondamentalmente felice. Questi pensieri sono anche quelli che presiedono alla mia attivit professionale, prima della vanit, dellorgoglio e del tornaconto. Anchio, come Pagano allora, cerco oggi di convincere le amministrazioni, di destra o di sinistra, a usare larchitettura in cui credo, ma non per questo devo sentirmi minimamente fascista.
Ps: - Sono un organico, particolarmente critico verso il razionalismo, soprattutto quello di bocca buona della speculazione edilizia. Ma, in questo caso, devo difenderne le ragioni e lo faccio con forza. C, credo, un equivoco di fondo. Gregotti, Rossi, Botta e tanti che i tradizionalisti tacciano di modernismo, in effetti moderni non sono. Per chi la pensa come me stanno tra i premoderni proprio per la loro vocazione compositiva fondamentalmente solenne e monumentale.
Auguri per un 2012 felice
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10962
di pietro pagliardini
del 30/12/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
E' diventato abbastanza difficile se non impossibile trattare tutti gli argomenti toccati in questa discussione che sta assumendo toni forti. Segno, lo ripeto per l'ennesima volta, della centralit del tema "commissione edilizia".
Vorrei rispondere a Lazier su Fascismo e razionalismo e/o nazionalismo cafone e a Gianni Marcarino.
A me sembra che lei, Lazier, tenda a vedere dell'architettura del periodo fascista i due classici poli raccontati nei libri di storia dell'architettura e dell'arte (ovviamente): Libera-Pagano-Persino da una parte, i buoni, Piacentini dall'altra, il cattivissimo. E' troppo schematica e, lo devo dire, molto accademica e perfino un po' conformista, proprio da lei che conformista non mi sembra affatto.
Non sono uno storico ma l'estate scorsa mi sono letto un libro che le consiglio vivamente di leggere, se gi non lo avesse fatto: Fascio e martello, viaggio tra le citt del Duce, di Pennacchi. Gi il titolo la dice lunga su quanto sia equivoco l'abbinamento tra architettura e politica: un comunista "vivente", innamorato dell'architettura del Duce! Ma, a parte questo, lei trover in quel libro una ricca documentazione fotografica e descrittiva che smonta lo schema che lei invece tende a riconfermare.
Questo un brano significativo:
"I manuali parlano di lui (Petrucci) solo per dire che era uno dei fondatori del RAMI, il Raggruppamento architetti moderni italiani - ossia i razionalisti ligi all'ordine e alal disciplina del partito - che si contrapponevano al MIAR (Movimento italiano architettura razionale), ossia quello dei presunti pi arrabbiati. Non naturalmnete che questi "arrabbiati" non fossero fascisti, anzi, in senso sansepolcrista erano anche pi fascisti di quegli altri. Erano architetti punto e basta. Quella di volerne saggiare il maggiore o minore tasso di fascismo - per giudicarne l'arte- una mania codista in cui si incanalata tutta la storiografia dell'architettura, in Italia, dal dopoguerra ad oggi. Erano tutti fascisti ed erano tutti architetti. E giovani. Che mozzicavano i vecchi solo perch volevano farsi spazio. Giustamente. E volevano lavorare. Punto e basta. Da Pagano a Piccinato, da Terragni a Libera. E i vecchi - Piacentini, Giovannoni, Alberto Calza Bini, Brasini, BAzzani - si defendevano come potevano. Giustamente pure loro. E qualche volte pure a bastonate".
Vede quanto laico nel giudizio il comunista Pennacchi, quanto realistico, niente affatto incline alla retorica e soprattutto "credibile"!
E se lei guarda le foto non trover capitelli e colonne, solo qualche arco (e che sar mai) e molto razionalismo magari un po' annacquato dall'essere progettato per piccoli borghi agricoli. Ma di pomposit ce ne assai poca, salvo forse in qualche torre littoria o in qualche casa del fascio, che a me sembra anche un modo corretto di auto-rappresentarsi di un potere che, indubbiamente, c'era, piaccia o meno.
Si pu affermare che le citt di fondazione siano "nazionalismo cafone e grottesco"? A me pare proprio di no. A me, che tra l'altro ho una formazione modernista, sembrano pure dei bei progetti che difficilmente abbiamo ritrovato nell'architettura del dopoguerra. Certamente non nella rivista L'Architettura Cronache e storia, che davvero pubblicava di tutto e di pi. Sono sincero: a me metteva tristezza anche allora.
Certo che un razionalismo "italiano" (ahi, lo so che lei crede che i popoli non esistano, ma allora perch si lamenta se Piacentini ha devastato qualche nostro centro storico?), che c' un sapore di tradizione e di elementi conosciuti (ma anche Aldo Rossi ne faceva uso), ma io mi posso immaginare, anche leggendo il libro, che ai nuovi abitanti insediati nell'Agro Pontino facesse semmai l'effetto opposto, quello cio di essere del tutto stranianti e "moderni" rispetto alle realt da cui provenivano. Quindi, voglio dire, le cose vanno valutate in tutte le loro implicazioni e non in base ad un'idea precostituita, a principi immutabili e fissi cui la realt dovrebbe adeguarsi, come mi sembra che lei tenda a fare.
A Gianni Marcarino rispondo - anche se non lo ha chiesto a me ma non si arrabbier per questo - alla domanda " A quanti km da casa mia finisce la mia tradizione e comincia quella degli altri!". Bella davvero la domanda ma subdola. Non esiste una tradizione mia diversa dalla sua, se io e lei abitiamo nella stessa citt, nella stessa vallata, nello stesso colle, nello stesso bacino. Esiste la tradizione e basta i cui caratteri sono facilmente riconoscibili e definiti e un architetto la deve saper riconoscere e se non lo sa fare da solo la studia, non c' problema. E' la nostra professione, il nostro mestiere. Nessuno nasce imparato ma applicandoci possibile scoprirla. Se poi si domanda: "Oppure come e' possibile pensare di progettare per la vita di oggi con criteri spaziali e formali maturati nel passato, con necessita' e aspettative molto diverse?" Sono io che le pongo la domanda:
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30/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Per quanto riguarda i giovani architetti fascisti, non eran proprio tutti arrivisti,
come sostiene il fascio-comunista Pennacchi.
Tratto da: Cattivi maestri: Giuseppe Pagano
(http://www.elapsus.it/home1/index.php/arte/architettura/584-cattivi-maestri-giuseppe-pagano)
Dopo essersi concluso il cantiere per quello che forse
il suo capolavoro, lUniversit Bocconi di Milano, nel 1941, Pagano
accetta la conduzione della rivista Domus, ma dopo pochi mesi
viene richiamato alle armi a seguito della sua richiesta volontaria. Aveva quarantacinque
anni.
Il maggiore Giuseppe Pagano guida un drappello duomini in Albania, ma
continua, per corrispondenza, la sua collaborazione a Casabella,
e continua, soprattutto, la sua battaglia per larchitettura moderna.
A seguito della pubblicazione dellarticolo Potremo salvarci dalle
false tradizioni e dalle ossessioni monumentali? il direttore della stampa
italiana, Gherardo Casini, richiama Pagano. Nel numero seguente della rivista
Pagano, per nulla intimorito, fa pubblicare un altro articolo, ancora pi
acuminato del precedente: la rivista viene sequestrata; Pagano scrive allora
a Casini una lettera privata infuocata, e il direttore della stampa italiana
risponde, compunto: Ho eseguito il sequestro di Casabella che conteneva
il vostro articolo perch ne ho avuto lordine. Larchitetto,
impavido, gli invia una cartolina: Poich siete stato soltanto
un trasmettitore di ordini vi sar grato se vorrete far
leggere la mia lettera a chi vi ha impartito lordine del sequestro.
Nel 42 rientra dal fronte e il rapporto, sottilmente sadico, che lo lega
al fascismo, si spezza definitivamente; come ha scritto Rogers, in un testo
che ricorda lamico: non ci accorgemmo subito che, per amore dellamore,
rischiavamo di avere un figlio da una prostituta; Pagano lascia il partito
ed entra nella Resistenza.
Il 19 luglio del 43 muore Giuseppe Terragni, quando Pagano ne ha notizia,
cinque giorni pi tardi, scrive: che la mia verde maledizione
secca e rabbiosa e demoniaca si scarichi come un colpo di clava sulle teste
di chi sappiamo. E di Ojetti e di Piacentini e di tanti altri mezzi coglioni
in gloriati si faccia un sottofondo da latrina. Non so dire. Vorrei sparare
subito e spaccare teste.
G. Pagano, Legato allarchitetto romano Amedeo Luccichenti nel comune impegno per unarchitettura svincolata dai maneggioni di Stato, vorrebbe convincere il duce dellesigenza di una radicale svolta sul terreno dellurbanistica, delledilizia popolare e pi in generale dellarchitettura razionalista come arte di Stato, ma alla richiesta di udienza gli si risponde di inviare un memoriale: Come vedi scrive a Luccichenti siamo fregati in pieno e non credo che sia il caso di insistere oltre; Pagano evoca una dignit umana che non pu essere superata e indica la via di una battaglia di testimonianza, per cercare ancora di creare una minoranza moralmente pura, vigilissima e piena di fede in modo di salvare, per la storia, il buon nome dellarchitettura italiana, senza speranze di vittoria: moriremo sulla breccia con la bandiera dellarchitettura moderna (lettera del 1 gennaio 1940).
Per quanto riguarda la propaganda: Il Fascismo fu forse il primo
al mondo ad utilizzare la moderna "arma" della propaganda. Mass-media,
manifesti, cinematografia: tutto rivolto a magnificare l'operato del regime.
Non a caso il ministero per la Propaganda fu infatti uno dei pi attivi.
Ancora oggi la propaganda fascista oggetto di studio: negli altri paesi
del mondo fortissimo fu il suo sviluppo durante la seconda guerra mondiale;
il Duce stesso descrisse la cinematografia come l'arma pi efficace."
(http://www.ilduce.net/propaganda.htm)
Per quanto riguarda le nuove citt e fondazioni che citt
non sono mai state ma agglomerati agricoli - questa che segue la ragione
per cui le voleva il duce quando le ha concepite:
Tratto dal discorso dellascensione del 26 maggio 1927 di B. Mussolini:
Questo ancora non basta. C' un tipo di urbanesimo che
distruttivo, che isterilisce il popolo, ed l'urbanesimo industriale.
Prendiamo le cifre delle grandi citt, delle citt che si aggirano
e superano il mezzo milione di abitanti. Non sono brillanti, queste cifre: Torino,
nel 1926, diminuita di 538 abitanti. Vediamo Milano: aumentata
di 22 abitanti. Genova aumentata di 158 abitanti. Queste sono tre citt
a tipo prevalentemente industriale. Se tutte le citt italiane avessero
di queste cifre, tra poco saremmo percossi da quelle angosce che percuotono
altri popoli. Fortunatamente non cos: Palermo ha 4177 abitanti
di pi - parlo di quelli che nascono,
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10958
di vilma torselli
del 30/12/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Ettore, ma io sono infantile, fortunatamente e saggiamente infantile, ho dubbi, ripensamenti, crisi, esitazioni, autocritiche, incertezze . so che domani non sar pi la stessa e vedr quello che ho fatto ieri in modo nuovo, forse opposto, certamente critico, ogni giorno accade qualcosa che cambia il mondo, che ci cambia, le fonti ufficiali restano ufficiali, siamo noi che cambiamo e con noi il loro senso, la storia raccontata muta a seconda della finalit che vogliamo darle, troviamo quello che cerchiamo solo se sappiamo cosa cercare prima di trovare, non esiste la storia "raccontata in maniera cruda e vera", esiste la storia raccontata da te e quella raccontata da tanti altri che non sono te.
Neanche la storia di Dio ha una sola versione (su Ges ci sono vangeli canonici, vangeli gnostici e vangeli apocrifi) non resti che tu, EMM, quale depositario di versioni uniche, racconti asettici e storia vera e documentata.
Non ti devi risentire se te lo faccio notare, una fortuna che, sotto sotto, ti invidio un po'.
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10957
di ettore maria mazzola
del 30/12/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Lazier,
pedante sar lei, con la sua presunzione ed arroganza, e con le sue patetiche frasi alla Zevi sull'architettura di stampo tradizionale.
Credo proprio che il suo problema sia quello della "volpe e dell'uva".
Visto che, come ha sostenuto nel precedente commento, nella sua formazione c' "pochissima accademia", piuttosto che parlare per luoghi comuni e menzogne, accusando gli altri delle proprie colpe, vada lei a riformarsi, perch lei, e non io, la dimostrazione dei limiti dell'universit italiana.
Impari a dialogare civilmente con chi non la pensa come lei ... o le d fastidio non poter continuare a fare i suoi monologhi?
Il web democratico, e tutti hanno la possibilit di replicare, specie quando si sostiene l'assurdo per tenere in piedi il suo castello di falsit e di pregiudizi.
Accusa gli altri di non rispondere alle domande, ma lei uno slalomista da far impallidire Alberto Tomba, non ha dato ancora alcuna risposta alle domande precedenti.
E si aggiorni, sembra la fotocopia mal riuscita del suo idolo Zevi.
Non ho problemi a riprendere il discorso, ma a patto che si rientri nei limiti della civilt, mi auguro quindi che pubblichi questa mia replica e rientri nei limiti della correttezza.
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30/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola
Non ho problemi a pubblicare repliche. Ci mancherebbe.
Piuttosto, a parte le caricature mia, di Zevi, della volpe e dell'uva, in tanta confusione mi son perso le domande a cui dovrei dare risposta. Sicuramente sar un mio limite accademico, perch oltretutto non so neppure sciare. Ma non fa nulla, non me ne dispiaccio. Direi di salutarci qui per non annoiare oltre chi ci sta seguendo.
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10956
di Gianni marcarino
del 30/12/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Infine, secondo EMM, le commissioni edilizie dovrebbero tutelare l'euritmia e la dignita' estetica degli edifici e salvaguardare le facciate esterne dalle interpretazioni individuali perche' l'edificio e' della citta' e non del proprietario, se ho ben inteso.
Per cui esisterebbe un senso comune, condiviso, che fissa le norme secondo cui costruire e comunicare col linguaggio architettonico. Di conseguenza, sono necessari i sacerdoti che stabiliscano quello che e' lecito fare o non fare e cio' che le persone devono considerare giusto o sbagliato, bello o brutto.
Rimane misterioso, almeno per me, il momento esatto in cui fissare queste norme e per quanto tempo esse abbian ragione di esistere, se non in funzione della loro attualita' culturale, altrimenti destinate a produrre inutili decorazioni dell'esistenza, come antiche parrucche posate su teste che non se ne fanno piu' nulla. Mi pare proprio forzata l'immagine dell'architetto cattivo maestro e del committente pacioso, bucolico, ingenuo, traviato da visioni invasate.
La tradizone viene continuamente tradita dal mutare e dal moltiplicarsi delle informazioni che le persone si scambiano giorno per giorno. E' un processo che ha subito una accelerazione enorme ed inevitabile in questi ultimi anni. Come puo' oggi prescindere da questi cambiamenti il linguaggio architettonico?
Oppure come e' possibile pensare di progettare per la vita di oggi con criteri spaziali e formali maturati nel passato, con necessita' e aspettative molto diverse?
Cosa significa inserire la tradizione nel nuovo?
Esattamente, come si fissa una norma per dire quello che e' per oggi(o per sempre?) tradizionale?
Qui vicino? A quanti km da casa mia finisce la mia tradizione e comincia quella degli altri!
Nelle polemiche dei commenti non ho intravisto risposte.
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10955
di ettore maria mazzola
del 30/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Vilma,
non ti facevo cos!
Per cui mi costringi a dirti che so bene che mi rendo conto che la cultura altrui possa dare fastidio ma non posso farci nulla.
La cultura produce tanti nemici, ed inimicarmi persone che dicono certe cose non mi dispiace.
Non mia intenzione fare "il Dio", ed quanto meno infantile esprimersi come hai fatto nel tuo commento.
Visto che amo la ricerca, e visto che amo non fossilizzarmi su ci che ho studiato - a differenza di chi continua ad esprimersi per luoghi comuni e pregiudizi figli della pseudo cultura anni '60-'70 - quando scrivo lo faccio per il piacere di condividere, con chi ne abbia voglia, un po' di cose che la "cultura" ufficiale non ha fornito. Non lo faccio per vanagloria, ma solo perch spero che certe "cose non dette" possano aiutare tutti a riflettere sulle proprie convinzioni, e a smontare quel castello di menzogne che stato costruito nel mondo dell'architettura, dell'urbanistica e dell'arte italiana nel quale ami crogiolarti!
Se ti disturba non posso farci nulla, resta pure nel tuo mondo che finge di aggiornarsi ma rifiuta di guardarsi alle spalle per vedere se tutto ci che finora stato detto e scritto corrisponda a verit!
Quando scrivo i miei libri e articoli (non ovviamente i commenti su un blog), mi baso su fonti ufficiali che cito sempre, per evitare che qualche malpensante mi accusi di metterci dentro dell'ideologia.
A me non piace la storia "interpretata", ma quella raccontata in maniera cruda e vera. So benissimo che, scrivendo in questo modo, possa capitarmi di schiacciare i piedi a troppe persone, specie quelle autoproclamatesi esperte di storia e di critica, ma "cos se vi pare".
Se devo dirtela tutta, ne ho le scatole piene di parolai che scrivono cose incomprensibili per giustificare cose astruse. Queste persone sono dannosissime, perch alimentano quel sistema schifoso che vuole che a poter parlare di arte, architettura e urbanistica possano essere solo gli autoproclamatisi "esperti", mentre la gente comune deve limitarsi a subire le angherie degli "esperti" e fare da cavia per le loro sperimentazioni. Riflettici su
Tutti i commenti di ettore maria mazzola
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10954
di vilma torselli
del 30/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
"Io sono la Via, la Verit e la Vita", Gv.14,1-6
E' bello vedere tante luminose certezze radunate in una sola persona, tante apodittiche verit trovate, scritte e avvallate (in modo asettico) da un solo individuo, tante inconfutabili dimostrazioni prodotte da un solo uomo che ha raccontato, dimostrato, pubblicato, sempre mettendosi in gioco in prima (e unica) persona nel nome della Verit assoluta.
E' bello e ci conforta, vuol dire che Dio esiste.
E si chiama E.M.M.
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10952
di ettore maria mazzola
del 29/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Caro Lazier,
prima di accusare la gente di dire idiozie, si documenti. La frase di Zevi che ho menzionato e che lei crede unidiozia invece una cosa verissima che, nel 1996 venne anche utilizzata a mo di slogan per uniniziativa dedicata a Zevi, ricordo che ne presi nota vedendo la locandina affissa nel Dipartimento di Architettura e Analisi della Citt di Valle Giulia io non dico idiozie, mi limito a raccontare i fatti in maniera asettica, diversamente da Zevi e da lei, che non sapete fare a meno di infarcire la vostra storia storicista di ideologia.
Sul secondo punto del suo commento, visto che, fortunatamente ammette che il mio testo corrisponda a verit anche se dice solo in parte non mi ripeto, perch non ne vale la pena, per vorrei farle notare, retorica o non retorica, lunica architettura che il fascismo ha imposto per legge quella del Razionalismo. Questa cosa lho raccontata in prosa e musica, riportando tutti i fatti che lo dimostrano, dal voltafaccia di Mussolini nei confronti di Brasini, dopo essersi fatto fare il lavaggio del cervello con la Tavola degli Orrori della mostra di Bardi, alla vera storia della Casa del Fascio di Como, e tutto ci che venne detto e fatto in conseguenza di quellevento, fino alla norma del 38 che ho riportato nel precedente commento.
A proposito di idiozie, la sua frase relativa al Corviale davvero di proporzioni immani: scelta urbanistica e architettonica che, sebbene imperfetta per tante ragioni, creava un argine (intenzionalmente di dimensioni geografiche) ad una citt che altrimenti, sulloratoria del quartierino a misura duomo e del volemosebbene che tutto concilia, si sarebbe concessa ad una espansione sconfinata, priva dun tessuto autentico, anche se travestita con le carnevalate postmoderne dun tradizionalismo alla deriva. La invito a leggersi il mio La Citt Sostenibile Possibile, nel quale ho potuto smontare pezzo per pezzo queste balle che ci sono state raccontate, dimostrando con i conti ufficiali attualizzati (presi presso larchivio dellIACP), quanto sia costato costruire gli edifici (organizzati per tipologie edilizie) di quartieri come Testaccio, San Saba, Garbatella, Sannio, Appio, Trionfale, Flaminio, ecc. e quanto sia costato il Corviale. Inoltre, grazie ai meticolosi documenti di cantiere custoditi presso lo stesso archivio, ho potuto dimostrare quanto tempo sia stato necessario per costruire le prime 122 case di Corviale (uninezia rispetto alla dimensione totale) e quanto ce ne sia voluto per costruire gli edifici dei quartierini che lei tanto critica parlando per luoghi comuni!
Quanto allo sperpero di territorio, con il progetto di rigenerazione di Corviale che ho sviluppato lo scorso anno, ho potuto dimostrare che, aumentando di 2000 unit i residenti e inserendo una serie di attivit oggi inesistenti, sfruttando il premio di cubatura, si pu realizzare uno dei quartierini a dimensione umana che lei detesta. La cosa interessante che, alla fine, risulta possibile restituire al territorio circa 13 ettari compromessi dallattuale Corviale, inoltre possibile non solo dare una casa a chi ne ha bisogno, creando un mix sociale e funzionale, ma anche ottenere un grande guadagno economico per la pubblica amministrazione, che si tradurrebbe in un beneficio per lintera cittadinanza talvolta i luoghi comuni possono essere smontati, semplicemente mettendosi in gioco, e provando a vedere se quello che ci stato detto corrisponda davvero a verit!
Sul credo bigotto di Burke la cosa non mi interessa, visto che anchio mi sento un laico, e le dico anche che la cosa non ha alcun senso relativamente alla frase che le ho citato. evidente che lei preferisca citare una frase che possa aiutarla a screditare Burke nel vano tentativo di avere ragione a me per questo atteggiamento mi stimola una citazione di Viollet-Le-Duc: amiamo vendicarci delle conoscenze che ci mancano con il disprezzo ... ma sdegnare non significa provare.
Se lei conoscesse bene la Teoria del Falso Storico, come lha enunciata Cesare Brandi, ovvero quando e come si configura un reato di falsificazione, probabilmente eviterebbe di dire che se lantica statuaria non fosse stata restaurata da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi i musei risulterebbero pi autentici, meno formali e bugiardi ma non c peggior sordo di chi non voglia ascoltare.
Infine lei dice: Per finire il mio rapporto con Zevi. Se lei sapesse quanta poca accademia c nella mia formazione, forse capirebbe la ragione del mio vigoroso e sincero sostegno zeviano. Ho le mie idee, non si preoccupi, che non sempre concordano con quelle di chi considero un maestro, darchitettura e di vita. Difendo Zevi per quello che di lui conosco e mi irrita parecchio se qualcuno ne imbroglia superficialmente la memoria per semplice propaganda personale. Tutto qui chiarendomi tante cose!!
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29/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola
Mazzola, con lei, come con i pedanti pieni di sé in genere, ci vuole un
sacco di pazienza.
Le ho chiesto di documentare la sua frase, che ho definito uno strafalcione, e
lei, invece di citarmi uno scritto, un documento, mi risponde parlando di convegni
imbattuti per caso. Io posso anche credere che, nella contingenza d’una
situazione particolare, Zevi abbia sostenuto che l’insegnamento della storia
dell’architettura (tra l’altro la materia che egli stesso insegnava)
potesse inibire la formazione degli architetti. Se, per esempio, la storia fosse
quella che propugna lei, lo affermerei anch’io, senza alcun dubbio. Lei,
a sostegno del suo impianto accusatorio, se così si può dire, potrebbe
anche affermare che Zevi si masturbasse in aula leggendo Il Linguaggio Classico
dell’Architettura di John Summerson, ma lo dovrebbe dimostrare con documenti
e prove. E, se anche riuscisse a dimostrarlo, probabilmente questo episodio non
basterebbe a scalfire sensibilmente la personalità profondamente anticlassica
e antiaccademica di tutta la vita di Zevi.
Ma lei pensa davvero di poter intaccare un monumento della cultura del novecento,
qual è stato Bruno Zevi, semplicemente provando a rovistare nel cestino
della spazzatura?
Lei dice: “…l’unica architettura che il fascismo ha imposto
per legge è quella del Razionalismo”.
Lo vede perché la storia che racconta lei inibisce la formazione degli
architetti? Come si può sostenere una tesi così banale e bugiarda?
Il fascismo cavalcò, per propaganda, il periodo razionalista dei migliori
e più attenti architetti italiani dell’epoca. Il razionalismo non
fu un’invenzione italiana. Il fascismo non poté fare propria quest’invenzione
rivoluzionaria se non strumentalmente, per cavalcarne l’ideale di rivoluzione
civile e sociale poi puntualmente disatteso. Una volta raggiunto il potere,
prevalse l’ideale littorio e monumentale del’identità nazionale
e della conservazione, il cui esito architettonico fu affidato principalmente
a Marcello Piacentini. Furono gli anni della devastazione dei centri storici
e delle città gotiche e romaniche, sostituite dall’urbanistica
trionfale e dalla mistificazione del passato per giustificare le assurdità
del presente. Ai regimi non interessa né il passato né il futuro.
Interessa solo il presente. I giovani architetti razionalisti, formati su concetti
internazionali e cosmopoliti, s’illusero di determinare l’esito
sociopolitico che questi concetti professavano. Concetti che ben presto svanirono
nella melassa del nazionalismo cafone e grottesco di capitelli, colonne, archi
e italici monumenti. I migliori tra gli architetti del razionalismo non ebbero
il tempo di riscattare con la maturità lo slancio intellettuale della
loro gioventù che li vide ingenui complici del regime: Giuseppe Pagano
morì a Mauthausen il 22 aprile 1945 all’età di 49 anni;
Edoardo Persico venne trovato morto nella sua casa di Milano, nel gennaio 1936,
a trentacinque anni di età; Attilio Terragni morì fulminato da
una trombosi cerebrale a Como, il 19 luglio del 1943, all’età di
39 anni.
Marcello Piacentini muore, senza riscattare nulla, a Roma il 18 maggio del 1960
all’età di 79 anni ma, come architetto, come disse Zevi, anche
lui morì giovane, nel 1925.
Per quel che riguarda Corviale, non credo che si possa rimediare ad un errore
proponendone uno ancora più grande. Se occorre vestire gli ignudi, non
è il caso di ricorrere ancora alla crinolina.
Per quanto riguarda Bardi, lascio parlare egli stesso:
“Il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale
dell’opera d’arte, purché ciò sia possibile senza
commettere un falso artistico o un falso storico,
e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte
nel tempo.” (Brandi, Teoria del restauro, 1963:34-36)
” Una volta che il materiale è stato usato nella costruzione
fisica, passa alla storia come risultato di opera umana. Prendendo lo stesso
tipo di marmo dalla stessa cava in due tempi differenti, uno al tempo della
creazione originale e l’altro all’epoca del restauro, la materia
è la stessa chimicamente, ma con una differente rilevanza storica sia
nella esecuzione sia nell’aspetto. Non si può, perciò, pretendere
che una ricostruzione possa avere lo stesso significato dell’originale;
Commento
10951
di ettore maria mazzola
del 29/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Caro Lazier,
che lei sia un discepolo di Zevi lo abbiamo capito gi in precedenza, che lei non sia in grado di mettere in discussione le cose che ha detto e fatto il suo maestro, altrettanto.
Tuttavia Zevi, bench abbia scritto libri di storia dell'architettura (moderna e contemporanea) colui il quale, emulo di Gropius, tenne a dire che l'insegnamento della storia dell'architettura andava eliminato perch limitativo delle potenzialit della mente dell'architetto.
Zevi quel personaggio che, come ha ricordato un paio di anni fa Marconi, al suo ritorno in Italia dolpo l'esilio negli USA per scampare alle persecuzioni razziali, nel '61-'62, una volta insediatosi a Valle Giulia avvi quel processo di manipolazione della storia dell'architettura che ha portato alla ridicola confusione attuale che vede l'architettura tradizionale come "fascista" e quella moderna come "liberale". Zevi quello che si present ad un "uno contro tutti" di Maurizio Costanzo per difendere a spada tratta il Corviale di Mario Fiorentino. Zevi quello che chiam ad insegnare a Roma personaggi che, a parte l'ideologia politica (e architettonica) non avevano titoli, alimentando il clima di odio nei confronti di personaggi come i Fasolo che erano visti come "fascisti". Lei potr continuare ad accusare di fare tutti gli strafalcioni che crede, ma la realt che per Zevi la storia guardava solo in avanti e poco o nulla indietro. Ma, come diceva Edmund Burke: Una civilt sana quella che mantiene intatti i rapporti col presente, col futuro e col passato. Quando il passato alimenta e sostiene il presente e il futuro, si ha una societ evoluta.
Quanto al discorso sulla "falsificazione", ferma restando la citazione della norma contenuta nelle "Istruzioni per il Restauro dei Monumenti" del 1938 che ho riportato nel commento precedente, basterebbe che lei conoscesse le ragioni reali che muovevano Brandi e Pane per capire quale fosse il motivo, tutto italiano, di sostenere certe idiozie che, mai in passato, erano state sostenute. Chi sarebbe stato mai Winkelman se i romani non avessero fatto copie della statuaria greca? Cosa sarebbero i musei di tutto il mondo senza le aggiunte alle statue antiche fatte da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi? Penso che una lettura di Carlo Ceschi potrebbe aiutarla a liberaarsi da qualche luogo comune e da tanti pregiudizi figli dell'educazione che le stata impartita nell'universit. In ogni modo, lei nel suo ultimo commento ha rigirato la frittata, e non ha risposto alle mie domande.
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29/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola
- Zevi tenne a dire che l'insegnamento della storia dell'architettura andava eliminato perch limitativo delle potenzialit della mente dell'architetto
Mi dice dove ha preso una simile idiozia? totalmente falso. Zevi sosteneva esattamente il contrario.
-Zevi una volta insediatosi a Valle Giulia avvi quel processo di manipolazione della storia dell'architettura che ha portato alla ridicola confusione attuale che vede l'architettura tradizionale come "fascista" e quella moderna come "liberale"
In parte vero. Zevi non manipola la storia ma la rilegge. Considera luomo padrone del proprio destino e non carbone da bruciare nella locomotiva della storia (Popper). Nessuno storicismo (n fascita, n nazista, n comunista, n quantaltro) e nessuna teoria che annienta la libert dei singoli individui ha, per cos dire, una vocazione espressiva liberale. Tutti i fascismi si vestono di certezze e quindi di tradizione, mistificando con la retorica del passato soprattutto il presente, che la sola cosa che a loro interessa. Il tradizionalismo quindi un indicatore oggettivo duna tensione verso lautoritarismo politico e sociale.
-Zevi quello che si present ad un "uno contro tutti" di Maurizio Costanzo per difendere a spada tratta il Corviale di Mario Fiorentino
Questo vero. Difese coraggiosamente una scelta urbanistica e architettonica che, sebbene imperfetta per tante ragioni, creava un argine (intenzionalmente di dimensioni geografiche) ad una citt che altrimenti, sulloratoria del quartierino a misura duomo e del volemosebbene che tutto concilia, si sarebbe concessa ad una espansione sconfinata, priva dun tessuto autentico, anche se travestita con le carnevalate postmoderne dun tradizionalismo alla deriva. (Vedi Krier e Portoghesi ad Alessandria)
- ma la realt che per Zevi la storia guardava solo in avanti e poco o nulla indietro
Questo verissimo. Per Zevi, i veri capolavori dellarchitettura contemporanea non hanno dieci anni, o cinquanta, o cento, ma trentamila!
-Da laico convinto sorvolerei su E. Burke, fondamentalmente un bigotto conservatore con il dono della profezia. Ecco cosa prediceva nel 1790 a proposito della Rivoluzione Francese: Se questa mostruosa costituzione continuer a vivere, la Francia sar interamente governata da bande di agitatori, da societ cittadine composte da manipolatori di assegnati, da fiduciari per la vendita dei beni della Chiesa, procuratori, agenti, speculatori, avventurieri tutti che comporranno una ignobile oligarchia , fondata sulla distruzione della corona, della Chiesa, della nobilt e del popolo. Qui finiscono tutti gli ingannevoli sogni e visioni di eguaglianza e di diritti dell' uomo. Nella "palude Serbonia" di questa vile oligarchia tutti saranno assorbiti, soffocati e perduti per sempre".
Non c' che applaudire!
- Cosa sarebbero i musei di tutto il mondo senza le aggiunte alle statue antiche fatte da personaggi come Bartolomeo Cavaceppi? Forse sarebbero pi autentici? Meno formali e bugiardi?
Per finire il mio rapporto con Zevi.
Se lei sapesse quanta poca accademia c nella mia formazione, forse capirebbe la ragione del mio vigoroso e sincero sostegno zeviano. Ho le mie idee, non si preoccupi, che non sempre concordano con quelle di chi considero un maestro, darchitettura e di vita. Difendo Zevi per quello che di lui conosco e mi irrita parecchio se qualcuno ne imbroglia superficialmente la memoria per semplice propaganda personale. Tutto qui.
Commento
10949
di ettore maria mazzola
del 28/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Penso che lapertura del post di Lazier: Tra i diritti fondamentali di una persona c anche quello di potersi costruire la casa con unarchitettura rappresentativa della propria cultura e sensibilit, bench vera, sia totalmente priva fondamento.
Infatti, sarebbe vera se a progettare e costruire gli edifici fossero i cittadini. Purtroppo per, visto che a farlo sono gli architetti che tendono a fare solo ed esclusivamente ci che la loro mente ideologizzata gli suggerisce, e mai ci che i loro clienti gradirebbero non ha alcun senso dire che non si dia la possibilit alla gente di vivere negli edifici che vorrebbe.
Ci vuol dire che il lamento di Lazier relativo alla agli architetti di fare ci che vogliono magari fosse vero!
Che mi risulti, l'unica cosa che non si pu fare in Italia un edificio tradizionale, e, se per miracolo lo si realizza, non c rivista che lo pubblichi. Ergo, lunica cosa che si dovrebbe condannare sarebbe lostracismo nei confronti di chi fa architettura, da parte di chi sa solo fare edilizia Hai visto mai che, per ragioni di coerenza, sia stata chiamata commissione edilizia e non architettonica.
In questa vergognosa diatriba, chi ne paga le conseguenze proprio il cittadino che, a digiuno delle polemiche ideologiche degli architetti, gradirebbe semplicemente vivere in un ambiente rappresentativo della propria cultura e sensibilit.
Per onest espositiva quindi, lautore dellarticolo avrebbe potuto evitare i patetici commenti infarciti di ideologia modernista, e avrebbe fatto bene a riflettere sul fatto che architetti lobotomizzati a parte alla gente comune non frega un bel niente del presunto falso storico e delle fantomatiche case di Nonna Papera!
Forse, anzi ne sono certo, per questa ragione che oggi c chi sostiene che la gente andrebbe educata allarchitettura contemporanea. Ma la realt dei fatti che, non la gente a dover imparare come vivere nelle architetture assurde, ma gli architetti a dover imparare a progettare in maniera umana e rispettosa degli altri!
Lautore s poi spinto in questa affermazione: Non si pu imporre a tutti, per diritto, una tendenza culturale per sua natura reazionaria, generalmente avversa ad ogni forma di novit formale, fondamentalmente conservatrice e tradizionalista, in cui si sostiene il falso storico e si rimpiazzano le poche cose originali rimaste in piedi con la loro caricatura. Non si pu imporre uno stile, una tipologia, nemmeno con lalibi filologico, spacciando il nulla per linguaggio architettonico, a chi non ne vuole sentir parlare perch giudica insensata la mistificazione affermazione del tutto priva di fondamento perch in Italia ci troviamo esattamente in una situazione opposta a quella qui esposta, tant che, sin dal 1938, i nostri soprintendenti seguono alla lettera le istruzioni per il restauro dei monumenti emanate dal Ministero della Pubblica Istruzione che, al punto 8 recitavano: per ovvie ragioni di dignit storica e per la necessaria chiarezza della coscienza artistica attuale, assolutamente proibita, anche in zone non aventi interesse monumentale o paesistico, la costruzione di edifici in stili antichi, rappresentando essi una doppia falsificazione, nei riguardi dellantica e della recente storia dellarte, istruzioni che non sono mai state abrogate e, semmai, peggiorate dalla Carta di Venezia e dal Memorandum di Vienna.
Penso che sia davvero inaccettabile quindi che si possa manipolare la realt facendo credere a chi non conosca i fatti che le cose siano come Lazier le ha raccontate. Per dirla tutta, voglio far notare allautore che gli edifici storici, e non la gente, gradirebbero essere restaurati in maniera filologica, e non con materiali e forme alieni. E non per ragioni nostalgiche e/o estetiche, ma per motivi prettamente strutturali che, a chi non ha cultura, o conosce solo la cultura consumista del mordi e fuggi non interessano affatto, perch la cosa richiederebbe uno studio filologico approfondito che, come tale, non ben visto dagli architetti demiurghi che pensano di poter far derivare le proprie conoscenze sono da s stessi!
E allora, indipendentemente dalla necessit di dover rivedere non solo le Commissioni Edilizie (ma non per le ragioni di Lazier), ma tutta la disciplina urbanistica a partire dalla 1150 del 1942, perch figlia di unideologia che il tempo ha dimostrato fallace, voglio ricordare a Lazier e a chi possa pensarla come lui, un paio di illuminanti norme che, in nome del rispetto per gli altri, dovrebbero essere riconsiderate nel caso si riuscisse a cambiare le cose:
[] Tra le attribuzioni del Comune e della Commissione, dovr essere quella che fa capo al Diritto Architettonico, in quanto lopera esterna non tanto appartiene al proprietario quanto alla citt (estratto dalla Relazione al Piano di Bari Vecchia del 1930)
In armonia con la norma precedente, ma non si tratta di una no
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28/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola
Tirato per i capelli, rispondo.
Conosco la posizione sua, che quella di Salingaros e discepoli.
Posso capire, ma non condividere, le argomentazioni emozionali che cercano di tradurre in teoria uno stato danimo avverso, secondo me per pregiudizio, a qualsiasi ricerca e novit formale.
La deriva demagogica che ne consegue non aiuta certo la comprensione di opere e architetti che, molto seriamente e spesso faticosamente, hanno riflettuto e lavorato ben al di l della propria vanagloria.
Gli appelli a presunte volont popolari, al desiderio della gente e dei cittadini ripeto che per me sono solo entit statistiche prive di un sentimento e di una volont univoca sono, questi s, materia ideologica da maneggiare con cura. La storia, quella autentica, ce lo insegna.
Tema, quello dellautenticit, che converrebbe approfondire con un confronto anche serrato, a condizione di metter da parte battute inopportune sullonest culturale di chicchessia, la facile propaganda dei luoghi comuni sul bello e la bellezza e altre amenit collegate come leuritmia compositiva.
Commento
10950
di ettore maria mazzola
del 28/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Nelle mie parole non c' nessuna "argomentazione emozionale che cerca di tradurre in teoria uno stato danimo avverso, per pregiudizio, a qualsiasi ricerca e novit formale". Tant' che, per esempio, mi sono pi volte espresso contro il sistema Beaux Arts, e il New Urbanism, ed ho apertamente criticato il progetto di Lon Krier & co. (pi & co. che Lon per Tor Bella Monaca).
Io faccio l'architetto e l'urbanista, e sono anche uno storico, cosa ben diversa dallo "storicista", quindi sarei davvero curioso di sentir dire da lei quale sarebbe "La storia, quella autentica". A tal proposito, proprio perch ritengo che da Zevi in poi la Storia si sia insegnata in maniera fuorviate e ideologica, nel 2004 ho pubblicato un libro che si intitolava "Controstoria dell'Architettura Moderna in Italia", e poi ho pubblicato "Architettura e Urbanistica - Istruzioni per l'Uso", fino all'ultimo "La Citt Sostenibile Possibile", dove la Storia, quella vera e documentata, stata riportata con tanto di fonti, proprio per dimostrare i pregiudizi e le menzogne che ci sono stati impartiti. Quanto al "Falso Storico", ho scritto diversi articoli, e un capitolo del libro "Como, La Modernit della Tradizione", nel quale dimostravo, dati storici inconfutabili alla mano, quanto falso sia il problema della falsit.
Nella mia professione, pur essendo un sostenitore della "continuit nella tradizione" (che non vuol dire fossilizzarsi, ma semplicemente rispettare sempre il contesto e non ripetersi "stilisticamente"), non ho mai avuto pregiudizi nei confronti della ricerca, tant' che sono stato il primo ad utilizzare a Roma il sistema dell'elettroosmosi attiva per il risanamento dall'umidit del Convento di Sant'Alessio all'Aventino (pubblicato su Costruire nel lontano 1997). Come vede, lei ad avere troppi pregiudizi nei confronti di "Salngaros e i suoi discepoli", che dice di conoscere, ma forse solo per sentito dire.
Sarei curioso anche di sapere quali sarebbero quelle "opere e quegli architetti che, molto seriamente e spesso faticosamente, hanno riflettuto e lavorato ben al di l della propria vanagloria", magari potremmo divertirci a discuterne a fondo per vedere quanto la cosa corrisponda a verit.
Non ho assolutamente dubbi sulla sua affermazione: "Gli appelli a presunte volont popolari, al desiderio della gente e dei cittadini ripeto che per me sono solo entit statistiche prive di un sentimento e di una volont univoca sono, questi s, materia ideologica da maneggiare con cura. La storia, quella autentica, ce lo insegna", poich si tratta di cose che agli architetti antitradizionali, che non intendono confrontarsi con gli altri esseri umani, non interessano affatto. A tal proposito, relativamente alle "entit statistiche prive di un sentimento e di una volont univoca", dalla conoscenza della "controstoria" a me risulta esattamente l'opposto di ci che lei va dando per certo ... come la mettiamo?
cordialmente
Ettore Maria Mazzola
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28/12/2011 - Sandro Lazier risponde a ettore maria mazzola
Scusi Mazzola, ma definire Zevi uno storico ideologico mi sembra veramente uno strafalcione che non pu passare indenne. Ma quando mai? Con quali argomenti sostiene una cosa del genere? Accusa sommariamente Zevi dideologismo mentre lei stesso afferma dati storici inconfutabili alla mano, quanto falso sia il problema della falsit? Ma si rende conto di cosa sta dicendo? Dinconfutabile, per Zevi e chi la pensa come lui, non c proprio nulla! Zevi ha una concezione della storia sostanzialmente critica, sempre discutibile e, soprattutto, intenda bene, popperianamente falsificabile. Altro che il falso problema della falsit che lei cita inciampando in un paradosso grottesco.
I nostri storicisti neoclassici, neobarocchi, neoislamici, neo-post-moderni dovrebbero arrossire dalla vergogna; anzi, peggio. "Come il fanatismo cattolico ieri, lo storicismo moderno una fede che ha sulla coscienza milioni di morti. Il perch presto detto. lo storicismo il punto di vista secondo cui esiste una legge di evoluzione della societ e della storia, una legge che gli uomini non fanno ma subiscono e a cui, collaborano. Ma se c' una legge che governa la storia "malgrado gli individui", come diceva Croce, o che regola il movimento della societ, come diceva Marx, o ancora che presiede allo svolgimento dello Spirito, come affermava Hegel, allora la conoscenza di questa legge - la conoscenza del futuro della storia - non d scampo: poich il futuro necessario, chi vi si oppone semplicemente si pone fuori dalla storia e pertanto pu e deve essere abbattuto come un ostacolo da chi invece l'asseconda, facendosi portatore del progresso e levatrice dell'inevitabile. E' cos che , sentendosi chiamata dalla voce del destino, la razza eletta o la classe eletta va in battaglia al grido "Dio con noi" o a quello equipollente " la Storia con noi"". Infatti, "lo storicismo e le teorie che ad esso si richiamano sono una mistificazione; esse non prendono la via corretta delle scienze sociali, ma quella della teologia della storia". (da Procedimenti induttivi e scientificit inventiva - Leggere, scrivere, parlare architettura di Bruno Zevi- Marsilio)
Ma come si fa ad accusare la teoria popperiana della falsificabilit, il massimo del pensiero anti-ideologico, dideologismo? Che senso pu avere?
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10947
di amedeo giordano
del 23/12/2011
relativo all'articolo
La confusione delle forme nelle scuole di architet
di
Sandro Lazier
Ho letto con piacere questo breve stimolo a ragionare sulla "forma" in architettura, credo per che il vero tema sia quello dell'insegnamento all'uso della forma in architettura. Tema che tocca corde delicatissime e soprattutto rimanda al vero nucleo sostanziale: esiste un insegnamento universitario capace di adeguarsi al rapido evolversi del linguaggio? visto che il corpo docente nella migliore delle ipotesi si formato ormai diversi decenni orsono? e soprattutto come possibile che l'insegnamento sia a quasi totale appannaggio di chi nella vita non svolge attivit professionale? (alludo ovviamente alle materie compositive). So bene che basterebbero queste due domande a scatenare un dibattito complicatissimo. Cercher quindi, come si fa quando si ha esigenza di sintesi, di fare un esempio pratico, che tra l'altro mi ha visto coinvolto in prima persona. Dopo la laurea alla facolt di architettura di Napoli ho conseguito un dottorato di ricerca in Architettura degli Interni al Politecnico di Milano e, parallelemante alla libera professione ho coltivato "la passione" per l'insegnamento (naturalmente a contratto)...ottenendo anche ottime soddisfazioni visto che sono risultato fra i docenti pi graditi dagli studenti nei questionari anonimi che sono regolarmente chiamati a compilare durante l'anno accademico per giudicare i corsi, i docenti e quindi l'universit in generale. Risultato di tutto questo: da quest'anno, pur risultando vincitore del contratto, per il quale ho concorso, sono stato "costretto" a rinunciare per inadeguatezza economica, non superando i 40.000 di reddito annuo che una legge della Gelmini ha imposto come criterio di selezione del corpo docente a contratto, ribadendo peraltro che "possono insegnare a contratto: pensionati, gi dipendenti pubblici, liberi professionisti con reddito superiore a 40.000 di reddito". ...Non vedo come non si possa dedurre dell'impossibilit di parlare dell'universit se non per raccontare di una triste agonia. Cordiali saluti a tutti e Auguri di un anno migliore. Amedeo Giordano
Tutti i commenti di amedeo giordano
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23/12/2011 - Sandro Lazier risponde a amedeo giordano
Il 5 marzo di questanno Luca Guido ha affrontato la questione di cui lei ci d testimonianza nellarticolo Universit per ricchi. Si trova nella sezione universit.
Commento
10945
di paolo giordano
del 22/12/2011
relativo all'articolo
La confusione delle forme nelle scuole di architet
di
Sandro Lazier
Gentile Sandro Lazier,
la questione formale , da sempre, il grande tab delle nostre universit. O per lo meno lo era sicuramente ancora quando l'ho seguita io. Erano gli anni 90 quando si avvertivano i primi echi di uno sconosciuto Gehry che sarebbe poi 'esploso' mediaticamente col Guggenheim. Ma le forme 'libere' sono sempre state guardate con sospetto accademico. Perch la confezione poteva sovrastare e celare le carenze del contenuto. Ma anche perch, e non sono il pi titolato per dirlo, salvo poche eccezioni la docenza delle scuole di architettura raramente costituita da buoni professionisti in grado di confrontarsi con un panorama appena oltre Chiasso. Dunque paura, prima che gregario spirito retrivo. Alle volte le forme, essendo l'input principale che affascina nell'ideazione architettonica, non necessitano necessariamente di giustificazioni a posteriori. Son belle per s e in s. Penso a Nemeyer che sconfina nel gesto artistico ma realizza opere suggestive. Che vanno bene in determinati ambienti e non in tutti, d'accordo. Ma anche in questo frangente si rivela, come in tutte le cose dell'umana vita, la tirannia del buon senso. Quindi no a negazioni aprioristiche dell'importanza della forma, ma nemmeno abbandono dissoluto alla forma per elle mme. Non tutti siamo Niemeyer, ma nemmeno Mollino (tanto per ricordare un nostrano irregolare che proprio per la predilezione della sensualit della forma fu osteggiato in vita). Il buon senso e la modestia suggerirebbero quindi di lasciare che certi divertissement siano lasciati ai capaci mentre gli altri si rassegnino a fare della buona edilizia (che visto il desolante panorama, sarebbe gi qualcosa). Ma mi accorgo che gi guardo avanti nella professione, mentre qui il focus sulla funzione della scuola. E allora dico che concordo con lei nella necessit di lasciare briglia sciolta alla fantasia dello studente, purch vi sia il docente che guida la mano (o il mouse, veda lei) lontano da sclerotizzazioni solo estetiche e non funzionali. Vede, sar un po duro di comprendonio, ma non credo che dalla dicotomia forma-funzione si possa sfuggire. Il problema che non sempre chi dovrebbe sorvegliare conosce questa distinzione in modo da poterla insegnare. Ma parlare di forma adesso, quando non c la sostanza perch non c effettivamente lavoro per tutti, mi sembra quasi di dare al popolo affamato di pane delle brioches.
Tutti i commenti di paolo giordano
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22/12/2011 - Sandro Lazier risponde a paolo giordano
Io credo che chiunque voglia occuparsi di critica, visto che farlo azione risoluta anche se in tutto gratuita, debba per forza considerare larchitettura come un fatto principalmente artistico. Altrimenti, se cos non fosse, sarebbe del tutto inutile perder tempo in chiacchiere e teorie, lasciando alla funzionalit della prassi il solo metro di giudizio. Azione, questa, che gioverebbe alla razionalit della biologia e della meccanica sociale, ma costringerebbe lo spirito umano ad un letale digiuno emotivo.
Larchitettura, come fatto artistico, astratta quindi dalla contingenza della funzione, ai nostri occhi appare come un fatto del tutto formale, essenzialmente comunicativo, anche se la sua vocazione originaria stata sicuramente quella di servire alcune necessit abitative. Spesso vediamo edifici di cui non conosciamo le funzioni interne; la cosa, per, non ci fa minimamente riflettere sul fatto che, chi lha progettato, avesse o meno in mente alcune precise attivit. Diamo la cosa per scontata, per abitudine mentale, anche se, come in quasi tutti gli edifici storici, la funzione pensata allepoca del progetto stata in seguito totalmente rivoluzionata. Oggi accettiamo queste architetture da un punto di vista formale, senza chiederci altro. Non capisco, quindi, perch ci si debba raffreddare nellinsegnamento, quando laspetto morfologico risulta principale rispetto ad ogni altra questione. La stessa teoria rigorosa, che vorrebbe la forma subordinata ad una funzione precisa, ha come esito evidente, per esempio nelle ristrutturazioni dove il contrasto chiaro, la traduzione di questa funzione in una nuova morfologia, in un rinnovato linguaggio che andr ben oltre la contingente funzionalit che lha concepito. del tutto inutile, a parer mio, tentare di sottrarsi alla forma ignorandola o subordinandola.
Vivendo oltre ogni contingenza, essa tende a condurre una vita propria, costruendo culturalmente le civilt. Preferisco, per finire, lesuberanza formale in forma schietta e disinvolta rispetto a quella, molto pi ipocrita, che trova solo minuscole brecce nella frustrante solidit compositiva del tradizionalismo accademico. Il formalismo rischioso, ma indubbiamente fecondo e innovativo. Ottime qualit per uscire dalla crisi contemporanea.
Commento
10939
di pietro pagliardini
del 21/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Decisamente la pensiamo in maniera opposta: l'Europa fallita perch non l'Europa dei popoli. Non giusto dire "non fallir" gi fallita. Almeno in questa forma, l'unica, come oggi effettivamente .
L'Europa dei cittadini, che non contraddice affatto quella dei popoli, dato che i popoli sono costituiti dai cittadini e non da zombi, avrebbe potuto esistere, convivere e svilupparsi serenamente e in pace, come stato per 50 anni, attraverso la libera circolazione delle persone e delle merci. Con questi presupposti (che gi c'erano) le persone si spostano da un luogo all'altro, si incontrano, si riconoscono in ci che li rende uguali, la libert e la dignit umana, e in ci che li rende diversi (fortunatamente), la loro cultura individuale e quella del territorio di loro provenienza.
Questo avrebbe dovuto essere il processo naturale, che richiede tempo per, quanto nessuno lo sa, non l'accelerazione folle, scriteriata e forzata di un gruppo di ottimati spinti da ideali illuministici, ottimi per il settecento, e aggiungerei anche di ideali massonici ( una pura constatazione e non un pregiudizio).
I popoli esistono, fortunatamente, se lo metta lei il cuore in pace. E le dir anche che proprio in un vero stato sovrannazionale che le diversit e le specificit dei territori si esaltano, senza mediazioni intermedie quali lo stato nazionale. Ma non un processo da qualche anno, un processo storico, in cui il fattore tempo insondabile, che non pu subire forzature per diventare naturale e condiviso. Non siamo gli USA, nati da un guerra d'indipendenza, di liberazione direi.
Questa bruttissima Europa che con le sue leggi tutto omologa, dai cibi ai culi (l'esempio classico delle misure dei seggiolini del bus cui la perfida Albione giustamente si oppose, constatando che esistono culi diversi), l'Europa delle norme, della burocrazia iperpagata, questa s vera casta fuori di ogni controllo, lEuropa delle regole impositive e astratte, proprio quelle che lei contesta alla commissione edilizia, non pu che fallire. E poi questa unEuropa tedesca.
Ci stato imposto un modello economico che non ci appartiene. Non appartiene al nostro popolo perch non appartiene agli individui che lo compongono. Ci hanno distrutto il tessuto economico connettivo che fatto di piccole aziende, imponendoci un modello da grande industria. Gi, ma secondo lei dobbiamo diventare tedeschi, evidentemente il modello di individuo ideale. Per fortuna che gli stessi tedeschi si stanno rendendo conto che stanno rinascendo vecchi fantasmi del passato contro di loro e si domandano se non stiano sbagliando qualcosa!
Voler imporre queste regole, senza alcuna democrazia, dato che l'Europa governata da scelti, cooptati non da eletti, una forma gentile di fascismo. E' un incubo orwelliano (cui sta dando una mano il nostro governo di migliori, la nostra piccola Repubblica dei filosofi platonica, guarda caso).
Alla sua ultima domanda rispondo cos:
S, uno scatolone con il tetto migliore di quello senza perch non ci piove (la tecnica) e perch si conclude in alto (il linguaggio). Invece gli edifici modernisti, quando hanno i pilotis, non hanno inizio e non hanno neppure fine: sono pura astrazione geometrica che in basso nega la strada e quindi la citt, e quindi la comunit, e in alto appaiono non finiti e pronti ad una sopraelevazione, come nelle case abusive con i ferri pronti.
Molto meglio sarebbe, ne convengo di buon grado, un edificio non banale con il tetto.
Per, almeno su un punto, potrebbe riconoscere che ho avuto ragione: il tema commissione edilizia davvero sconfinato, un vero condensatore di molti temi apparentemente diversi.
Cordiali saluti
Tutti i commenti di pietro pagliardini
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21/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Non mi ha risposto sul paradosso dell'identit.
Ma non fa nulla. E' sempre interessante dibattere con lei.
Un sincero augurio di buone feste.
Commento
10938
di pietro pagliardini
del 20/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Difficile incontrarsi con lei Lazier che nega legittimit addirittura all'esistenza dei popoli. Le confesso che quello che dice Zevi per me vale quanto quello che dice chiunque altro perch in genere mi interessa il contenuto e non il contenitore. Ho abbandonato lidolatria da molto tempo e mi trovo veramente bene. Posso cambiare idea senza rinnegare nessuno.
Io non esalto il nazionalismo, figuriamoci, come so che l'uomo prova gli stessi sentimenti ovunque, che gioie e dolori sono condivisi da culture diverse, pur con reazioni espresse diversamente (ed anche per questo che la gente prova nei confronti dell'abitare un sentimento orientato pi alla "casa della nonna" che non alle pi bislacche architetture moderne), ma negare la ricchezza dell'esistenza di culture diverse mi sembra non solo di un'astrattezza senza limiti, ma anche di un pericolo senza limiti. Il caso europeo ne un esempio lampante: mettere insieme a forza ,con unoperazione elitaria e dallalto, popoli diversi, anche se con moltissima storia e cultura comune, privarli della loro moneta imponendone un'altra e addirittura senza uno stato dietro azione di cui oggi constatiamo drammaticamente il fallimento, oltre che essere atto di una violenza inusitata.
La costituzione europea, quando stata messa a referendum, di massima non passata: ci sar un motivo! Forse sono ignoranti i popoli?
La coabitazione forzata di culture diverse fonte di tensioni pericolose. Questo ideale mondialista e universalista che nega e reprime le diversit non solo non lo condivido affatto ma, nei limiti del possibile, lo combatto politicamente e culturalmente. Sono le grandi dittature che vogliono creare l'uomo nuovo: questi sono davvero i grandi fascismi.
Stalin ha tentato di annientare le diversit, sempre per creare luomo e il mondo nuovo, deportando da una parte all'altra dell'impero i popoli dominati, con il risultato di avere spinto ad esaltare le differenze e fatto rinascere pi feroci di prima i nazionalismi. Le varie pulizie etniche nella ex Jugoslavia sono anche figlie della violenza con cui Tito volle tenere insieme popoli diversi. E lei dice che i popoli non esistono e non dovrebbero esistere! Libero di pensarlo, ma rifletta sul passato (che non una parolaccia) per capirne le conseguenze su quegli individui che dice di esaltare. Si faccia un giro in Lituania e chieda cosa pensano dei russi che lhanno desertificata abbattendone i boschi non solo per appropriarsi del loro legname ma per umiliarne lidentit.
Sul rapporto arte-architettura, lesempio della bellezza dei prospetti , come dire, scontato. Certo che c un aspetto di formalismo nellarchitettura (ma Zevi non sarebbe propriamente daccordo)! Quanti edifici hanno sul Canal Grande facciate bellissime mentre dietro e lateralmente sono non finiti! Ma questo dimostra sia il desiderio di rappresentarsi del committente (in armonia con il carattere della citt, potremmo dire con la bella casa della nonna) ma anche di piacere al popolo. La componente artistica pu essere presente in architettura, ed auspicabile che ve ne sia, ma di qui ad assimilare larchitettura allarte ne corre. E poi se c arte ci deve essere anche lartista, e chi lo dice che gli artisti siano cos numerosi! Se c davvero, stia tranquillo che esce fuori, senza fare tanto chiasso. La migliore architettura in genere nasce laddove maggiori sono i vincoli e i limiti (non i vincoli inventati dalle norme); se non c, esiste la statistica certezza che ci sar solo chiasso.
Concludo con un esempio personale immagino analogo e contrario a quello che deve essere accaduto a lei.
Primi anni 90. Comune di San Giovanni Valdarno, una piccola Siberia. Cooperativa di 12 alloggi in un PEEP ipermodernista che vieta le coperture a tetto. Obbligo di copertura piana. Proviamo a forzare la noma e ci facciamo il tetto. Viene bocciato. Ci adeguiamo, ovviamente. Il piano oggi tutto realizzato: una Siberiasenza tetto.
Oggi anche a San Giovanni Valdarno si costruisce con il tetto, ma non c una norma che costringe a farlo.
Forse cambiato il vento. Era lora. Forse ad un conformismo se ne sostituisce un altro. E possibile.
Mi auguro che lei abbia protestato anche per casi analoghi al mio.
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20/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Zevi maestro vero. Citarlo non fa mai male e rileggerlo d una bella carica. A lei non servono i ricostituenti? Se no, beato lei.
Si metta il cuore in pace, Pietro, lEuropa non fallir.
Se fallito qualcosa proprio quel concetto incerto e francamente anche un po ipocrita di Europa dei popoli.
Ma lEuropa dei cittadini non fallir. Meno popoli e pi cittadini, questo il nostro destino, malgrado le brusche frenate e le reazioni che inevitabilmente le crisi procurano da sempre. Crisi che costringeranno la boria patriottica a fare i conti con la necessit di un sereno futuro europeo per i nostri figli e nipoti.
Lei si chiede retoricamente se son ignoranti i popoli. Ma i popoli non possono esserlo. Nessun numero pu essere dotto o ignorante. Solo gli individui, che sono soggetti pensanti, possono avere queste propriet. Chi parla in nome del popolo assumendone per intero lidentit scivola inesorabilmente nella demagogia.
Infine, ecco il solito paradosso dellidentit.
Ci sono gruppi che, per affermare la loro diversit rispetto al resto del mondo devono pretendere allinterno del gruppo una severa omologazione, rifiutando in tal modo tutte le diversit individuali di chi il gruppo compone. Per realizzare lidentit del gruppo, al suo interno tutti si devono comportare allo stesso modo, contraddicendone in tal modo il fine: la diversit. La verit che sono solo le persone ad avere unidentit, non i gruppi. Ed la diversit dei soggetti che va tutelata, non quella dei popoli che non esiste se non in mondo esclusivamente retorico.
Per questo motivo trovo inopportuno il riferimento alle dittature che spazzerebbero le diversit a favore di unomologazione diffusa. La quale non avviene certo a favore dei singoli che, nei regimi assoluti, sono i primi ad essere annientati. Lomologazione avviene verso un pensiero unico che, sempre, guarda caso, si veste architettonicamente con abiti classici, spesso tronfi e indigesti, ma confezionati secondo rigorosa tradizione, mai con architetture sinceramente moderne. (Il fascismo si serv della modernit per semplice propaganda; una volta al vertice si affid al monumentalismo celebrativo di Piacentini.)
Unultima domanda: ma secondo lei, uno scialbo scatolone di periferia, col tetto o senza, fa differenza?
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10930
di vilma torselli
del 20/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Mi incuneo brevemente e sinteticamente nel dibattito su un punto per me di particolare interesse.
Sul rapporto arte-architettura, sulla possibile ma non necessaria inutilit delluna e la necessaria e sempre possibile utilit dellaltra, mi sembra illuminate ci che Gramsci scrive nella sua Letteratura funzionale sul fatto che larchitettura sola, tra le varie attivit creative svolte dalluomo (per esempio la letteratura) debba/possa essere funzionale secondo un indirizzo sociale prestabilito: forse perch larchitettura risponde a necessit mentre le altre arti sono necessarie solo per gli intellettuali, per gli uomini di cultura?
Larchitettura, sulla scia di Persico e prima di lui di SantElia, per Gramsci linguaggio pratico di dimensione sociale attraverso il quale essa si incunea nella societ reale, perch proprio i pratici si propongono di rendere necessarie tutte le arti per tutti gli uomini, di rendere tutti artisti .
In questa filosofia (o estetica) della prassi, dove larchitettura si qualifica come tramite per soddisfare i bisogni umani e delineare le relazioni tra organizzazione sociale e ambiente, sembra concludersi una conciliazione accettabile tra arte e architettura per la realizzazione di un mondo socio-umano.
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10929
di Leandro Janni
del 20/12/2011
relativo all'articolo
Nell'area dello Stretto si impone il principio di
di
Leandro Janni
C' chi non si rassegna al principio di realt.
Per la Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Messina, diretta dallarchitetto Salvatore Scuto, il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto merita l'autorizzazione paesaggistica e pu, pertanto, approdare al successivo, ultimo stadio della progettazione esecutiva.
Naturalmente - puntualizza il soprintendente Scuto - a condizione che ottenga il via libera da tutti gli altri enti nella speciale conferenza dei servizi nazionale che esamina il progetto definitivo. La nota, contenente il dispositivo della approvazione paesaggistica, giunta qualche giorno fa sul tavolo del consorzio Eurolink, aggiudicatario della progettazione definitiva-esecutiva e della costruzione della mega opera infrastrutturale, ed stata notificata al governatore Raffaele Lombardo, agli assessorati regionali al Territorio e ai Beni culturali, al "Mibac" (Direzione generale per il Paesaggio, le Belle arti e l'Architettura del ministero Beni culturali) e, a Messina, a Comune e Provincia.
Va subito annotato il passaggio chiave, in quattro capoversi, che considera "soddisfatte" le prescrizioni date dalla Soprintendenza 1'11 giugno 2003, all'interno del nulla osta al progetto preliminare, firmate dall'allora soprintendente Gianfilippo Villari: Osservato che le raccomandazioni pro-gettuali avanzate da quest'ufficio nel disposto approvativo numero 5459 del 2003 - riassume Scuto - hanno trovato l'attenzione del procedente nella fase di elaborazione definitiva, nell'ambito delle variazioni dei tracciati progettuali e delle cantierizzazioni; Osservato che le risultanze progettuali, pur di livello definitivo, contengono profili e soluzioni secondarie suscettibili di miglioramento e implementazioni finalizzate al mantenimento dei livelli della vivibilit delle popolazioni progressivamente raggiunte dalle cantierizzazioni; Considerato che la complessit e specificit dell'elaborazione ingegneristica e architettonica richieder un confronto dinamico tra i soggetti attori a partire dall'elaborazione del progetto esecutivo: Ci visto e osservato, questa Soprintendenza esprime parere di conformit del progetto ai contenuti normativi ed ai principi di tutela paesaggistica e rilascia, ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 42 del 2004, la richiesta autorizzazione paesaggistica.
A questo punto, serve un riepilogo delle prescrizioni che la Soprintendenza, dopo una serie di perplessit sul rapporto tra la mega opera e il paesaggio dello Stretto, diede nel 2003 all'interno del documento che comunque accord il "nulla osta". Si chiedevano, testualmente, forme e modalit pi precise di mitigazione degli impatti, ad esempio la necessit di distanziare i piloni lungo i viadotti Pace, Curcuraci, Ciccia e Annunziata per ricondurla ai 73 metri delle pile del viadotto Pantano. Chiarezza veniva reclamata in merito alle conseguenze dell'opera sull'ecosistema lagunare di Ganzirri, e sulle aree da utilizzare per cantieri, depositi di materiali, zone di stoccaggio ed itinerari di servizio: Occorre definire il programma d'interventi di ripristino e di rinaturazione, finalizzandoli alla ricostruzione del paesaggio. E si sottolineava l'opportunit di utilizzare il materiale di risulta, proveniente da scavi e sbancamenti, per la realizzazione di una o pi grandi opere di particolare rilevanza ambientale a fruizione della citt. Cosa ne stato, dunque, delle prescrizioni di otto anni fa? Sono state tutte recepite nel progetto definitivo che, da parte nostra, pu trasformarsi in esecutivo ad eccezione delle opere compensative il cui quadro non ancora noto visto che l'apposita commissione non ha concluso i lavori ineffabilmente risponde larchitetto Scuto. Soprintendente.
Lautorizzazione della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Messina si aggiunge a quella dellUfficio tecnico comunale.
Con riferimento a tali autorizzazioni, Anna Giordano ha scritto di recente su Centonove: Per cortesia, fate altri mestieri che non abbiano la responsabilit della vita di migliaia di cittadini nelle vostre mani.
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10928
di pietro pagliardini
del 18/12/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Tema di straordinario interesse la commissione edilizia perch condensa quasi tutte le problematiche legate allarchitettura moderna e al suo rapporto con il passato e con il presente, allidea stessa di architettura e a quella di architetto e, come ribadito pi volte dallautore, al tema della libert e dei diritti del cittadino.
La commissione edilizia - trascurando ovviamente le contingenti anche se non infrequenti storture quali lessere spesso luogo di potere, favoritismi o prepotenze professionali, o di incapacit dei suoi componenti o di opacit delle decisioni prese, ma considerandone solo lessenza teorica - rappresenta lanello di congiunzione tra passato e presente, in quanto permanenza di una istituzione antica, erede delle decisioni collettive sulla citt, entro una societ atomizzata il cui protagonista lindividuo. E il caso esemplare delle pratiche pre-moderne dellurbanistica moderna di cui ha scritto Francesco Finotto. Ho diviso questo lungo commento in titoli, pi ad uso mio che degli altri.
La Libert
Lazier affronta largomento sotto il profilo della libert del progettista, estendendone per il campo alla libert dellindividuo. Non c dubbio che il nodo centrale del dibattito tra gli architetti sia questo, ma la soluzione che egli propone, e che sembra dare per scontata, che invece tutta da discutere e secondo me da confutare alla radice perch la progettazione architettonica non attiene al campo della libert despressione artistica. Daltronde cosa c da aspettarsi da un intellettuale della domenica alla cui categoria probabilmente appartengo?
Intanto non vorrei parlare di libert del progetto perch la Libert una condizione di grado ben superiore, e direi una e indivisibile: o c o non c, non pu essercene abbastanza per quella situazione o poca per quellaltra. Se c, ci deve essere piena per tutte quelle che sono le espressioni del pensiero umano, altrimenti non c. Poi c la legge che garantisce al cittadino, elencandole, determinate libert ma sono specificazioni di azioni che siamo liberi di compiere o, al contrario, che ci sono negate, come quelle libert che arrecano danni ad altri. Non certamente ammessa la libert di prendere a schiaffi una persona che ci ha causato un danno. E s che talvolta il desiderio sarebbe forte, ed pure un desiderio umano che per deve essere controllato e riportato nellalveo della legge. Si pu parlare in casi come questi, di violazione della nostra libert? Direi proprio di no.
Dunque limitare alcune azioni, anche se scaturite dal pensiero umano, rientra nelle regole del contratto sociale che sta alla base dellesistenza stessa di una societ. Non si pu gridare alla fine della libert se determinate azioni sono impedite (dopo sappiamo che esistono legittimi ed autorevolissimi filoni di pensiero, soprattutto negli USA, che negano lesistenza stessa dello stato, ma questo un altro discorso), si tratta di determinare il giusto equilibrio tra chi privilegia il diritto naturale e chi invece il diritto positivo soggetto al mutare dei tempi e dei costumi e che si adegua diventando specchio di una determinata fase evolutiva della societ. Si tratta dunque di determinare quali siano le azioni che appartengano esclusivamente alla sfera della libert individuale e quali invece siano soggette a limitazioni affinch la libert di ciascuno non vada a configgere con quella degli altri fino a disgregare le fondamenta del contratto sociale.
Non c dubbio che lespressione artistica non debba essere limitata o censurabile. Prendiamo il caso della scultura. Lartista deve essere libero di fare ci che vuole e se non ha mercato vuol dire che non piace. Per, anche in questo caso, c un problema. Fino a che lopera rimane nel campo del mercato o della pura passione individuale la libert assoluta, ma se lopera dovesse diventare patrimonio pubblico, cio essere collocata in una piazza, chi autorizzato a prendere la decisione? Chi ha titolo per scegliere lo scultore Tizio o lo scultore Caio? In questo caso, infatti, si tratta di denaro e interesse pubblico e qualcuno deve assumersi la responsabilit di scegliere. Non credo possa essere un Responsabile del procedimento, un funzionario. Immagino che debba essere un amministratore eletto oppure un suo esperto di fiducia, che altro non che una emanazione dellamministratore. Dunque dovr essere la politica a decidere. Mi sembrato di capire che anche Lazier sia daccordo su questo punto, con la precisazione che le minoranze debbano essere tuttavia tutelate, qualunque esse siano. Mi sembrato di capire anche, in via deduttiva, che il politico non dovrebbe scegliere in base ad un principio estetico stabilito, perch dice, ed io sono assolutamente daccordo, che lo stato non deve avere una cultura ufficiale, una cultura di stato.
Il principio giusto ma la sua applicazione pratica lo un po meno. Se ad esempio ci fosse d
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18/12/2011 - Sandro Lazier risponde a pietro pagliardini
Cercher dessere conciso. Pagliardini mi perdoner la sintesi.
A proposito di libert dice:
Poi c la legge che garantisce al cittadino, elencandole, determinate libert ma sono specificazioni di azioni che siamo liberi di compiere o, al contrario, che ci sono negate, come quelle libert che arrecano danni ad altri. []
Dunque limitare alcune azioni, anche se scaturite dal pensiero umano, rientra nelle regole del contratto sociale che sta alla base dellesistenza stessa di una societ.
Imporre al prossimo cosa deve o non deve fare non centra nulla col contratto sociale ed una grave limitazione della libert personale. Dire cosa non si pu fare una cosa; dire cosa si deve fare tutta unaltra. R. Barthes, una volta, parlando di linguaggio e della sua inclinazione al conformismo, afferm che questo non per sua natura n conservatore n progressista; esso semplicemente fascista, perch fascismo non impedire di dire, ma obbligare a dire.
Obbligare il prossimo a rifare la casetta della nonna facendo leva sulla retorica del consenso (re)azione storicamente nota.
A proposito di architettura e arte lei dice:
Perch apprezzare solo le differenze degli individui e trascurare invece quelle delle Nazioni? Perch omogeneizzarsi come insieme, come nazione, annullarsi nella globalizzazione culturale e volersi invece distinguere come architetti creativi?
Bruno Zevi, maestro sempre attuale, parlava di consorzio umano. Non a caso. Gli individui sono, per loro natura, degli elementi universali finiti, che non puoi sciogliere in aggregazioni maggiori quali nazioni, stati, collettivi o altri termini statistici privi di una volont univoca. Io non credo che i popoli, le nazioni, le societ in genere abbiano una loro volont. Gli individui hanno volont ed esprimono desideri, i popoli no. I popoli, le nazioni, esistono perch esistono glindividui, unici degni di superiore tutela. Esiste la dichiarazione dei diritti delluomo, non quella dei diritti delle nazioni, delle associazioni, delle leghe o altre bislacche aggregazioni. Le nazioni sono solo realt statistiche, matematica ad uso dellamministrazione pubblica per fornire servizi ai cittadini (che sono individui). Litalianit, lo spirito dei luoghi, lidentit sono solo retorica ad uso dei robivecchi incapaci di riformare minimamente un linguaggio, che li opprime al punto da far loro confondere qualsiasi idea polverosa con la storia. La storia cosa seria, tanto che ogni generazione deve scrivere la sua, proprio per non copiare e rifare gli errori di quelle che lhanno preceduta.
Tutte le arti mancano di utilitas, in senso oggettivo ovviamente e non soggettivo. Larchitettura non pu essere ridotta, e aggiungo sminuita, a pura manifestazione artistica.
Io credo che palazzo Carignano del Guarini a Torino sia unopera darte e darchitettura. Non cera nessuna utilitas nellinserire in facciata una semicupola svuotata. Una geniale e totalmente superflua forzatura, puramente linguistica.
Eppure, come dice lei, anche questa architettura fatta di tecnica, di lavoro collettivo di molti soggetti contemporaneamente e in tempi diversi, di manualit e di esperienze di individui diversi, di architetti e manovali, di committenti, di produttori e fornitori di materiali, di statica, di fisica, di impresari, di enti pubblici e di mille altre figure e situazioni. Non vedo quindi nessuna preclusione affinch larchitettura, seppure descritta come lei fa, non possa essere una massima forma darte, capace di riformare il linguaggio. E non vedo proprio la ragione per cui larchitettura, come altra qualsiasi forma espressiva, non possa concorrere alla ricerca del rinnovamento linguistico. Larchitettura di un paese ci d la misura della sua civilt dando forma alle sue speranze di rinnovamento. Dovremmo rinunciare alla civilt per il fastidio di qualche reazionario intollerante? Che si costruisca le sue casupole, noi le tolleriamo, ma non si permetta di proibire agli altri di volare un po pi in alto.
Il resto del commento cita il bene comune, il paesaggio, il patrimonio artistico (ma, se larchitettura per Pagliardini non arte, non vedo cosa centri), la costituzione che dovrebbe tutelare questi beni. Ma la costituzione, non dovrebbe tutelare, in modo simmetrico, innanzitutto i cittadini e la loro libert personale? Se a me non piacciono le caricature della storia e il loro proliferare - che questo s, secondo me, devasta il paesaggio - la Costituzione mi difende?
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10900
di Franco Galardi
del 23/11/2011
relativo all'articolo
Andrea Branzi sulla linguistica architettonica
di
Andrea Branzi - Bruno Zevi
Nella pratica della professione sento sempre la necessit di confrontarmi con i modelli classici, quelli dell'architettura di pietra scolpita a mano, che come la scultura restituisce l'opera dopo un lavoro sapiente.
Queste architetture in pietra, nelle forme classiche, sono il linguaggio eterno che parlano nel presente, anche se le biblioteche che esse contenevano sono ormai estinte. Quindi all'architettura si affidato, ma ancora oggi si deve affidare il senso di un messaggio che supera i secoli.
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10821
di vilma torselli
del 18/11/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
C una sentenza del TAR del Piemonte (n. 657/2005) circa la legittimit di un permesso di costruire che recita: "Seppure la Commissione Edilizia abbia perso, a seguito delle innovazioni introdotte dal D.P.R. 380/2001, il suo carattere di organo necessario ex-lege potendo oggi scegliere gli enti locali se conservarla o sopprimerla , laddove si sia optato per la persistenza di tale organo, leffettiva espressione di un parere da parte di una commissione illegittimamente composta da soggetti politici, in violazione del generale principio di separazione delle funzioni politiche da quelle amministrativo-gestionali (principio che ha portata generale ed per ci stesso in suscettibile di eccezioni che non siano espressamente previste dalla legge), inficia di conseguenza gli atti successivi del procedimento e travolge la legittimit del provvedimento finale".
Il che oltre a sancire il principio di separazione fra competenze politiche e competenze amministrative, in un certo senso sancisce anche la sostanziale libert di giudizio, ma anche l'inutilit, della C.E.
Della quale peraltro, da sempre il parere consultivo e non costituisce presunzione della emissione di concessione: secondo il T.U. sullEdilizia (D.P.R. 380/2001) che ne mantiene in vita l'istituto, sulla base dell'art. 4 comma 2 la C.E. facoltativa e disciplinata in base a quanto statuito nel Regolamento Edilizio di ciascun comune che di essa intenda valersi. Ovviamente, la decisione sottost a logiche squisitamente politiche che prescindono da valutazioni estetiche o dalla originaria attribuzione della C.E. al momento della sua costituzione come Commissione di ornato (r.d. 23 ottobre 1859 n.3702).
Se la C. E. pu essere un alibi per scelte che nulla hanno a che fare con i suoi presunti compiti, c' quindi da chiedersi perch un comune scelga di dotarsi di C.E. ed un altro no. Voglio dire, il problema va spostato su un piano politico, forse non sono le C.E. che impediscono "il confronto delle idee", la strumentalizzazione che la politica ne fa, con la scusa di fermare il brutto.
Secondo me ci sarebbe da discutere sul fatto che "Cos come ci si sceglie vestito e automobile e ci si esprime liberamente con parole e gesti, allo stesso modo si ha il sacrosanto diritto di abitare a proprio gusto e piacere .. ", perch l'architettura ha peculiarit ben diverse da un abito o un'auto, beni di consumo di durabilit variabile e comunque contenuta: l'architettura resta, in particolare in Italia, dove si tende a conservare tutto indiscriminatamente, il ciclo vitale di un edificio pu durare secoli, dopo di che difficilmente esprimer il "modo molto intimo e personale di stare al mondo" di chi lo ha pensato, ma pur perdendo la sua giustificazione estemporanea rester comunque e per lungo tempo un elemento connotativo dell'ambiente e del paesaggio (beni indiscutibilmente collettivi), anche se magari non era questa l'intenzione n del committente n del progettista. Mi sembra un nodo importante, ancorch di difficile soluzione.
Cos come mi pare difficile scegliere tra la presenza di C.E. che censurino la libert progettuale dellarchitetto esprimendo poco deontologici giudizi di merito, e, in assenza di esse, sindaci o assessori che si inventino chiss quali strumenti giuridici per fermare il brutto. E magari sono pure geometri!
Il parallelo tra arte e architettura moderne, a mio parere uno dei temi portanti della cultura contemporanea, cozza da sempre ed inevitabilmente contro un discrimine irremovibile: larte libera perch inutile, larchitettura no, quantomeno non inutile, quantomeno nella maggior parte dei casi.
Ma questa unaltra storia.
Saluti
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10820
di Bela lugosi
del 17/11/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Io pratico in svizzera e mi sono imbattuto in una vostra commissione in un caso di consulenza ad un conoscente.
Noto un paio di cose:
1. Le decisioni prese e le relative spiegazioni non sono neanche lontanamente razionali ma completamente soggettive, ridicole. Smontare le loro controtesi un esercizio elementare e divertente, la tentazione di infierire anche pesantemente contro chi le ha esposte irrefrenabile, ma vista la loro insindacabile onnipotenza consigliabile valutare bene le strategie per non
compromettere definitivamente ogni futura possibilit.
2. Le commissioni suppliscono un carente sistema di diritto edile e tutelerebbero, di fatto, da una carenza professionale di chi progetta. Il problema che se il progettista scarso, le commissioni sono a loro volta formate e supervisionate dalla medesima scadente figura professionale: il geometra.
3. Nel mio paese il geometra un ingegnere laureato in topografia, che si occupa esclusivamente di misurazioni geomatiche. Quando mi hanno spiegato quale mestiere svolge il geometra in italia, ebbene non capivo. Tra le sue competenze, per cui formato, nessuna pertinente alla progettazione, ne alla costruzione, ne alla gestione di un progetto. Quindi il geometra , in architettura, una figura aliena, che in italia comunque abilitato a progettare e anche a legiferare su questioni di teoria. Anzi, in Italia detiene il controllo dell'edilizia assieme ai costruttori e i promotori immobiliari.
4. Alcuni geometra italiani operano anche nel mio paese, ma sono attivi quasi esclusivamente nelle imprese di costruzione, con mansioni molto variate e spesso imprecisate: fanno un po di tutto e non lo fanno tanto bene.
Per concludere il mio punto di vista, io penso che le commissioni siano un inaccettabile abuso di potere, dal momento che limitano i diritti di certi (!!!) cittadini senza averne competenza e senza che ve ne sia un tangibile risultato qualitativo per la collettivit. Il loro scopo pu solo essere quello di esercitare potere economico e politico, di tutelare e perpetuare la loro casta professionale di geometra altrimenti destinata a morire.
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10817
di Leandro Janni
del 15/11/2011
relativo all'articolo
Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
Una citazione.
"Nella distruzione della vostra Riviera responsabile tutta la vostra classe dirigente, non soltanto quella politica. Ne sono responsabili quella imprenditoriale, quella finanziaria, quella mercantile, quella alberghiera.Tutti.
Tutti, anche il cosiddetto uomo della strada: tutti abbacinati dall`irruzione dei cantieri, fabbriche di miliardi e di posti di lavoro;dalla speculazione edilizia che prender d`assalto il promontorio dando agl`indigeni la grande occasione di arricchirsi con un orto.
Che pacchia! Una pacchia che durer sei, sette, dieci anni, per poi ridurre questo angolo d`immeritato paradiso alla solita colata di cemento e di asfalto".
(Indro Montanelli, Corriere della Sera dell 8 aprile 2001)
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10813
di Leandro Janni
del 07/11/2011
relativo all'articolo
Opere faraoniche e tragedie annunciate
di
Leandro Janni
10 ottobre 1970: alluvione di Genova; morte e distruzione. 4 novembre 2011: alluvione di Genova; morte e distruzione. Stessi luoghi, stesse tragiche immagini. Sono cambiati soltanto lo stile degli abiti, il design delle auto e il sindaco. Insopportabile.
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10812
di Franco Galardi
del 28/10/2011
relativo all'articolo
Gehry, Oldenburg e l'archiscultura
di
Vilma Torselli
Ricordo: all'esame di plastica ornamentale, facolt di architettura di Firenze, non seppero commentare un mio progetto, pur dandomi il massimo dei voti, spesso mi sono chiesto la motivazione del progetto, a cavallo tra scultura e architettura ed oggi riesco a definirlo ed a capirne il senso pi profondo con la parola, archiscultura. (credo che aprir un sito dedicato a queste mie opere e lo chiamer "arksculpture")
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10790
di Emmanuele pilia
del 12/10/2011
relativo all'articolo
Cielo Infinito. Il cimitero-grattacielo e la super
di
Paolo G.L. Ferrara
Dire che pacchiano come usare un eufemismo. Banale e di cattivo gusto, un modo inutilmente "fighetto" di affrontare un tema che invece dovrebbe meritare il massimo impegno e la massima riflessione. Peccato, perch la sfida molto interessante, e potrebbe essere effettivamente un problema che prima o poi dovr essere affrontato. Certo che questa proposta semplicemente patetica...
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10654
di vilma torselli
del 02/09/2011
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
In risposta alla sana e simpatica incazzatura di Claudio Giunta:
[] il compito dell'architetto, servire o dirigere?". La risposta semplice ed implicita in quanto ho detto: ponete una "e" al posto della "o". Servire e dirigere appaiono interdipendenti. Il buon architetto deve servire gli altri e simultaneamente svolgere una reale funzione di guida, fondata su una convinzione reale: guidare tanto il suo cliente quanto il gruppo di lavoro che si raccoglie intorno all'edificio. Dirigere non dipende solo dall'innato talento, ma anche, e moltissimo, dall'intensit di convinzione che si possiede e dalla volont di servire.
Come potr raggiungere questa posizione? Mi stato spesso domandato dai miei studenti qualche consiglio sul problema di divenire architetti indipendenti dopo la laurea, ed evitare di svendere le proprie convinzioni a una societ ancora abbastanza ignorante circa le idee moderne in architettura e in urbanistica.
La mia risposta questa:
Guadagnarsi la vita non pu essere l'unico scopo di un giovane che vuole soprattutto realizzare le proprie idee creative. Perci il vostro problema come serbare intatta l'integrit delle vostre convinzioni, come vivere quel che propugnate e, nello stesso tempo, guadagnare. [..........] Create centri strategici dove il pubblico sia posto di fronte a una realt nuova e tentate poi di superare l'inevitabile stadio di violenza critica finch la gente non abbia imparato a rimettere in funzione le proprie atrofizzate capacit fisiche e mentali, in modo da utilizzare adeguatamente la nuova soluzione che le offerta. Dobbiamo distinguere tra i bisogni vitali, reali della gente, e la consuetudine dell'inerzia, l'abitudine, cos spesso gabbata per "la volont del popolo".
Le forti e terribili realt del nostro mondo non saranno attenuate rivestendole di "nuove vedute", e tentare di umanizzare la nostra civilt aggiungendo alle nostre case fronzoli sentimentali sar ugualmente futile.
Ma se il fattore umano diverr sempre pi dominante nel nostro lavoro, l'architettura riveler le qualit emotive del suo autore proprio nelle ossa degli edifici, e non solo nei loro rivestimenti: sar il risultato di un giusto servire e di un giusto guidare."
(Walter Gropius, Architettura integrata, edizioni il Saggiatore, 1954)
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10652
di Claudio Giunta
del 31/08/2011
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Desidero precisare l'apparentemente piccola questione sollevata da un commento da me qui letto che sottintendeva la colpevolezza, almeno etica, degli "Emeriti Architetti" riguardo la costruzione della citt nuova di Gibellina: la citt di Gibellina non stata pensata, progettata quindi costruita da "Emeriti Architetti"(intesi, come sottende sarcasticamente quel commento, come le stars dell'architettura), pi semplicemente i suddetti Architetti, anni dopo la costruzione della cittadina, sono stati chiamati allo scopo di intervenire con progetti puntuali su una citt gi realizzata secondo visioni nord europee che certamente non avrebbero desiderato gli stessi Architetti che, anzi, si sono dimostrati, pur nei loro differenti linguaggi, concordi nell'intervenire per dare significato a contraddizioni che gi negli anni ottanta, ai loro occhi, erano evidenti. Ma ai loro occhi, professionalmente e non turisticamente parlando, quali contraddizioni potevano essere importanti? si sono concentrati, guarda un p, sulle incongruenze di un infelice progetto urbanistico, addirittura sulla non logica del tessuto urbano, sulla sua dispersivit, sulla mancanza del cosidetto (ma anche nuovo, perch no) "centro storico" e cos via. Nei commenti da me letti si insinua invece il dubbio che essi - gli Emeriti - avrebbero dovuto caricarsi del compito di risolvere l'economia, la politica, la distribuzione dei redditi, lo sviluppo del lavoro possibile in questta cittadina.
Coseguenza di ci, a trent'anni di distanza, il solito giochetto: sono colpevoli i Signori Purini, Venezia, Gregotti, Collov et similia, non certo una Regione indifferente (e oggi a dire solo indifferente sono un santo) e una popolazione che, nel migliore dei casi, voleva il posto subito magari anche come articolisti; e visto che ci non capitato, tutti in Svizzera, rosicandosi il fegato contro gli Architetti e magari contro Ludovico Corrao che, al contrario di centinaia di altri Sindaci di paesi siciliani ri-costruiti opportunamente allo scopo di privarli di significato, almeno ha desiderato mostrare un volto possibile di civilt, attendendosi magari da chi di dovere il proprio contributo, politico ed economico, evidentemente mancato.
Concludo: invito a viaggiare in Sicilia tra cittadine, anche importanti per il territorio, pensate progettate e realizzate ma soprattutto mantenute come Beirut (ovviamente gi bombardata); invito a smetterla di parlare degli Architetti come coloro che, realizzando un singolo edificio in una citt, diventano per sempre gli artefici nel bene e nel male del destino di questa. Anzi no, artefici solo nel male perch, come noto, quando va tutto bene mica si ringraziano gli Architetti ........
piccola postilla: ma del fatto che nel quartiere ZEN di Palermo manchino ancora le fogne, sar per caso colpa di Gregotti che non le voleva e ha imposto autorevole veto a realizzarle? chiss. In tal caso, uccidiamo gli Emeriti Architetti. Io mi salvo perch, nonostante sia Architetto, non sono, come oggi sarcasticamente si usa in termini denigratori dimenticando la nobilt del termine, Emerito. Grazie.
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10651
di Leandro Janni
del 17/08/2011
relativo all'articolo
Estetica dell'abuso
di
Sandro Lazier
1) A Gela sono capaci di costruire una casa abusiva in 36-48 ore.
2) A proposito di sedie, poi, capita spesso che i dirigenti scolastici siciliani chiedano, a genitori e alunni, di portarsele da casa. E di certo, non per amore di sperimentalismo linguistico-espressivo.
3) Provate voi a somministrare un questionario - sul senso dell'abitare - in certi quartieri di Palermo, di Favara o di Palma di Montechiaro. Provateci!!!
Saluti molto cordiali. Dalla Sicilia
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10646
di vilma torselli
del 07/08/2011
relativo all'articolo
Estetica dell'abuso
di
Sandro Lazier
Sandro, mi sono divertita molto a leggere larticolo ed anche a documentarmi in rete su questo artista, strano personaggio di cuneese trapiantato al sud, che, come tutti gli artisti, gode del privilegio di poter essere irrazionale, utopista, sovversivo, visionario, provocatorio, anarchico, superfluo.
Certo, se un progettista, architetto o ingegnere o geometra, avesse distribuito agli utenti un questionario come quello di Tibaldi come base per un reale progetto architettonico, sarebbe stato gentilmente invitato a recarsi presso il pi vicino centro di igiene mentale, ma Tibaldi non si inserisce in alcuna categoria, quindi segue le procedure che crede. E lui sa che non dovr progettare veramente quellimprobabile condominio, quindi provoca, perch lui pu farlo, perch lui un artista, mica un architetto, il suo mestiere provocare, non fare case. Leterogenea schiera di condmini del suo utopic building probabilmente la stessa che si siede attorno alla sua tabula rasa portandosi da casa la sedia ed inscenando attorno al tavolo una sorta di happening dellarredamento, o la stessa armata brancaleone che costruisce in tempo record una casa bifamiliare abusiva neanche peggio di quelle erette con tutti i sigilli dellufficialit.
C una parola che accomuna tutto ci, ed libert. E quella che si legge nellinusuale questionario che non dar luogo ad alcun condominio ma che avr fatto sognare qualcuno, nellaccozzaglia di sedie scompagnate dove nessuno rinuncia alla propria comodit, nel perverso efficientismo dellillegalit, libert dalle regole, dalle convenzioni, dalle imposizioni, dallapparato burocratico, dal minimalismo modaiolo, dal significato ad ogni costo.
Da tempo larchitettura guarda allarte con interesse, con emulazione e con dichiarata invidia, cerca di indagarne i codici linguistici aprendosi alla contaminazione ed allinterdisciplinarit, di evadere dalle imposizioni della ragione e della funzionalit per poter finalmente volare.
Gerhy o Hadid sono grandi evasori, la loro architettura artisticizzata un tentativo continuo di sottrarsi ai condizionamenti culturali, stilistici, persino statici, opera aperta che, come larte, rifiuta dichiarazioni formali o funzionali definitive.
E larte non fa prigionieri, larte si lascia dietro solo cadaveri nel continuo superamento di s, una fuga in avanti che lascia il vuoto, che ce la fa perdere di vista e quando la raggiungiamo spesso non riusciamo a riconoscerla.
Invece larchitettura, per sua stessa natura, comunque destinata a divenire testimonianza permanente ben oltre le sue ragioni progettuali, perch
nessunaltra attivit umana influisce sullambiente e sulla qualit della vita in modo cos determinante e soprattutto duraturo, perch la materia dellarchitettura sopravvive alla sua stessa idea.
Quanto larchitettura necessaria, altrettanto larte inutile e proprio linutilit sembra essere il decisivo discrimine tra queste due discipline. Certamente anche unarchitettura pu essere inutile, tutte le volte che non d risposte convincenti ai singoli senza avere il coraggio di liberarsi da generiche soluzioni generaliste autocompiacenti e auto compiaciute, ma questo non la rende unopera darte, solo una brutta architettura.
Quando tu invochi, la liberazione dellarchitettura sullesempio di unarte che, a differenza di essa, capace di affrancarsi dallomologazione e dallinscatolamento di massa affermando la priorit del singolo sulla presunta tutela dun astratto fine collettivo che nessuno individualmente riconosce come proprio, quando auspichi la libert degli architetti (e presumo anche unadeguata capacit professionale), mi vengono in mente parole del lontano 1954, di Walter Gropius (Il compito dell'architetto: servire o guidare?, Architectural Forum, New York) che sintetizzano ci che lui definiva comporre in funzione del vivere: l'architetto dovrebbe concepire gli edifici non come monumenti ma come asili del flusso di vita che essi debbono servire , il flusso di vita, sedie scompagnate, condominii utopici, maestranze improvvisate, le tensioni estetiche ed emotive degli uomini che abitano larchitettura.
Per citare un ricorrente tormentone, non servono nuove leggi, basta applicare quelle che gi ci sono, parafrasando si potrebbe dire: non servono architetti liberi, solo architetti capaci.
Per legge.
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10645
di Valeria scandellari
del 03/08/2011
relativo all'articolo
In/Arch: una brutta strada
di
Sandro Lazier
Caro Sandro,
un articolo straordinario, che denuncia tutti i mali della nostra burocrazia. Meriterebbe pi attenzione da parte di tutti i cultori dell'Architettura e in sostanza rivela l'urgenza di trovare una via d'uscita.
Il quartiere Zen, come le Vele di Scampia e similari andrebbero decisamente abbattuti per il bene della comunit.
cari saluti
Valeria Scandellari
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10644
di Gianni Marcarino
del 01/08/2011
relativo all'articolo
Estetica dell'abuso
di
Sandro Lazier
II finale del tuo articolo su Tibaldi pare un manifesto politico.
La politica in sintesi lo strumento, pacifico e mediatore, che il consorzio umano utilizza per trasformare ipotesi e teorie in azioni concrete che si riflettono continuamente sulla convivenza civile.
Probabilmente la politica nata in seguito all'agire dell'uomo primordiale. Il suo comportamento non era mediato da nulla e guidato solo dall'istinto e dalla necessit, per cui occorreva un luogo ideale in cui trattare e dirimere gli interessi quasi mai convergenti degli esseri umani.
Dico questo perch non cos usuale leggere articoli a sfondo non prettamente politico, con un finale cos determinato nelle conclusioni. Questo perch la politica, almeno la nostra, si man mano resa campo autonomo dalla vita reale, riparata dentro un proprio recinto, sfibrata da un avvitarsi intorno ad ogni sfumatura ideologica ma sostanzialmente incapace o disinteressata ad incidere nel continuo cambiamento delle cose, nel cercare di imprimere una direzione figlia di un pensiero, di un progetto.
Chiss quando e come usciremo da questa anestesia parolaia, legata ancora agli schemi ed agli schieramenti del dopoguerra, ad uno schema sociale in fondo ottocentesco, nel quale la borghesia dominante oscilla tra conservatorismo e comunismo, indifferentemente, pur di tenere bloccati gli schemi sociali.
Bravo chi lo capisce; intanto opportuno continuare a tenere d'occhio lo scivolamento di tempo e di senso che l'arte suggerisce, perch essa dice ogni giorno alla realt ed al potere: prova a prendermi....
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10643
di Alessandra Fan
del 29/07/2011
relativo all'articolo
Scrivere di architettura e scrivere architettura
di
Paolo G.L. Ferrara
Mi appresto a leggere con grande interesse questo articolo, mentre sto cercando altro nel web. Mi appare all'improvviso e m'incuriosisco.
E' vero, molto pi facile trovare teste pensanti che bravi progettisti, ma non sempre facile trovare chi sappia individuare le parole giuste per esprimere sottilmente ed in maniera interessante i concetti pensati.
E' anche vero che saper progettare non significa saper scrivere, e, viceversa; e questo articolo non mi capita per caso sotto mano, visto che, da non molto tempo ho scoperto la voglia e la carica di scrivere , accanto al progettare.
Ho qualcosa da dire...e sento le parole per dirlo.
Chiss se, secondo i concetti da lei espressi, sapr pi progettare o pi scrivere? mi auguro di saper fare entrambi.
Sono comunque convinta che la sensibilit personale, unita ad una giusta quantit di capacit, naturalmente, influisca moltissimo nel "fare "professionale, oltre che in quello privato.
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10642
di renzo marrucci
del 29/07/2011
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Universit per ricchi
di
Luca Guido
Bh si! non si pu che condividere... aggiungerei che proprio uno schifo ma
non bisogna troppo martellarsi sulle ...
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10641
di renzo marrucci
del 29/07/2011
relativo all'articolo
Cielo Infinito. Il cimitero-grattacielo e la super
di
Paolo G.L. Ferrara
Rileggo il mio commento 9312 su anthitesi e lo confermo ora con pi forza...
la vai della morte naturale e l'uomo dovrebbe avere l'intelligenza e la sensibilit di rispettarla ...
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10454
di stefano panunzi
del 15/07/2011
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Kairos e modernit
di
Paolo G.L. Ferrara
Ho vissuto l'esperienza del Dottorato inseme a Nino e mi fa molta impressione che alcuni architetti della nostra generazione abbiano una particolare sensibilit per quella che chiamerei una gestione speculativa del Tempo, intesa nel senso pi profondo del termine. Ma credo che sia la chiave per capire molte cose ed ora siamo giunti sicuramente in momento speciale. Cacciari scrisse (Casabella n.705 - novembre 2002) un articolo criptico e difficile, Nomadi in Prigione, che andrebbe riletto oggi e che qualche anno fa mi fece scrivere quanto segue.
Palindroma: la Citt degli Angeli
di Stefano Panunzi
su Metamorfosi n.55 - Quaderni di Architettura - Luglio/Agosto 2005
Stiamo giungendo alla fine del viaggio ma nessuno vuole pi scendere, quasi ci fossimo dimenticati la destinazione. Siamo vicini alla fine del verso di lettura della nostra storia. Ormai quasi tutto il tempo si riversato nello spazio ed disponibile come luogo, non rimane che percorrerlo liberamente avanti e indietro. Nel tempo divenuto spazio, la telecontiguit ha portato a compimento la cronocontiguit in quanto l'attrito della distanza ormai quasi nullo e non produce pi tempo, quel tempo che separava e che consumava l'esistenza negli spazi. La fine di una storia palindroma anche il suo inizio. Il problema che la stringa della storia palindroma solo in una parte del mondo, nell'altra parte non si ancora giunti alla fine e non pu essere svelata, altrimenti non si riuscirebbe a chiuderla. Non tutto il tempo si riversato ovunque. Se il mondo andasse ormai letto cos com', come una stringa palindroma, la nostra storia contemporanea sarebbe tutta compiuta nello spazio attuale, mentre le nostre storie passate servirebbero per capire le altre storie che si stanno compiendo nel resto dello spazio contemporaneo. Palindroma una metropoli uguale a quelle che gi conosciamo, dove lo spazio riuscito a diventare paradossale e reversibile grazie a tre principi, noti da secoli a scienziati, filosofi e poeti ma, ormai in modo esponenziale, sempre pi praticati nelle parti pi elettrificate del mondo :
- la Telecontiguit : ritagli di realt per collage di luoghi distanti
- la Macchina del Tempo : richiami evocativi dal passato e dal futuro per l'apparizione i architetture fantasma
- lo Specchio di Alice : zone di sospensione delle regole tettoniche e dimensionali
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10453
di Antonino Saggio
del 15/07/2011
relativo all'articolo
In/Arch: una brutta strada
di
Sandro Lazier
Mio dio Sandro che pezzo! Forte e serio.
Questa per esempio una arma logica fondante. Ti cito:
"Ma perdio, lincuria cera prima del progetto. Era parte proprio di quel contesto tanto tirato in ballo dallautore. C da chiedersi di quale contesto parli Gregotti. Tradurre lincuria in architettura, direbbe Zevi, avrebbe onorato sicuramente meglio il contesto e gli abitanti del quartiere. "
Sono entrato in merito alla questione facolt di Architettura di Palermo. Velocemente. L'articolo partiva con questa frase che ho spostato nel commento per non personalizzare due piani e due concetti.
L'articolo originariamente cominciava cosi.
Finalmente anche Danilo Dolci viene fatto santo, dal suo esatto opposto: l'eccellenza Vittorio Gregotti, il pi strapotente architetto e docente italiano degli anni Settanta e Ottanta. Ma lasciamo stare, lui e il "Corriere della sera" del 13 luglio, ringraziandolo del comunque utile contributo, ed entriamo nel merito...
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10452
di Antonino Saggio
del 15/07/2011
relativo all'articolo
Kairos e modernit
di
Paolo G.L. Ferrara
Un mio dottorando mi ha chiesto "perch il libro finisce con Rural Studio". Ho detto di leggere questo articolo e l'ho riletto ancora oggi anche io, questo articolo, cos denso e importante, pieno di idee e che soprattutto "visualizza la critica." L'idea della sfera, quella dei cerchi tutti diversi eccetera. Sono immagini potenti che interpretano il lavoro. Non possibile, far un libro (o una dissertazione) pensando esplictamente a queste strutture, lo si fa il libro o il quadro o il progetto e basta, ma sacrosanto interpretare e far capire agli altri alcune "strutture" interne al lavoro come fa Paolo Ferrara!. A me sembra di grande profondit e ricchezza questo suoscritto, un vero esempio. raro, di una lettura metodologica.
PS
Rispondendo alla questione sconto, segnalo che Amazon.it fa uno sconto
http://www.amazon.it/Architettura-modernit-Bauhaus-rivoluzione-informatica/dp/8843051644/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid;=1310722377&sr;=8-1
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10440
di franco pecci
del 21/06/2011
relativo all'articolo
Gibellina: vergogniamoci, tutti.
di
Paolo G.L. Ferrara
Ho letto l'articolo su "Gibellina: vergogniamoci, tutti", e sono d'accordo con l'autore Paolo G.L. Ferrara.
Anch'io, questa la seconda volta (giugno 2011) che cammino per Gibellina e sento rabbia nel vedere tante opere (?) ormai cadenti. penso che queste rovine vogliono ricordare il terremoto che in un certo senso stato il motivo della loro nascita.
Come stato possibile sprecare tanto denaro pubblico !!! Si rintracciassero i politici committenti e si faccia pagare a loro personalmente.
Nel 1996, la volta precedente che sono stato a Gibellina (Nuova), ho provato la stessa desolazione e per le vie deserte e per le "opere" cadenti.
Vergogniamoci tutti, ma principalmente i politici che fecero ricostruire Gibellina in questa maniera strana e con le inutili opere.
Franco Pecci
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10163
di Antonino Saggio
del 03/06/2011
relativo all'articolo
Universit per ricchi
di
Luca Guido
Leggendo questo articolo, e pensando anche ad "Antithesi" che lo ospita, credo che magari ce lo ricorderemo questo scritto sugli "Incarichi per ricchi" quando ... completamente sommersi dal fango... ci domanderemo: ma stavamo proprio tutti zitti?
Grazie a tutti e tre.
Nino
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10153
di Francesco martone
del 12/05/2011
relativo all'articolo
Universit per ricchi
di
Luca Guido
Sono uno studente universitario, a volte penso "purtroppo di architettura".
Lei ha pienamente ragione, l'universit va ripensata, rivoluzionata da cima a fondo... e quando Luigi Frati mi invia l'annuale lettera, scrivendo che lo studente finalmente al centro della didattica, mi viene da vomitare.
In realt sono sempre pi convinto che non manchino i finanziamenti (sicuramente sono centellinati o scarsi), ma manca la voglia di organizzare, la voglia di fare, di costruire, di dare un senso ad una didattica allo sbando, senza filo logico e dallo scarsissimo valore formativo a fronte di un potenziale vastissimo.
Da studente mi sento chiuso in un vecchio treno bestiame e trattato come tale... spero solo che alla fermata io sia ancora pieno di passione e di voglia come il primo giorno che misi piede in facolt.
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10152
di vilma torselli
del 10/05/2011
relativo all'articolo
La Fiera e la Moda
di
Gianni Marcarino
La parola consumo, specie a causa dellazione demistificante della pop art, stata talmente demonizzata da venir oggi usata quasi esclusivamente per indicare una generalizzata cattiva abitudine che percorre trasversalmente strati sociali e stati politici nel nome del fatidico compro quindi sono.
Eppure proprio grazie al consumismo che nato il design, un'idea che si fa derivare, soprattutto nell'immaginario collettivo degli architetti, dal mitico Bauhaus.
Il quale, tuttavia, nonostante le premesse populiste pi che popolari, fu un movimento elitario, intellettualistico, nato a tavolino, che sostanzialmente fall i suoi scopi, tanto che Paul Klee nel 1924, dichiara: "Non abbiamo l'appoggio della gente. Ma ci stiamo cercando un popolo. proprio cos che abbiamo cominciato, laggi al Bauhaus. Abbiamo cominciato con una comunit a cui abbiamo dato tutto quello che avevamo. Non possiamo fare di pi".
Il design che si riconosce figlio di questo movimento, come il design italiano di trent'anni fa, non fu un'utopia, perch, come la pop art, insegn alla gente a guardare l'oggetto quotidiano con occhi nuovi, a capire che se un apriscatole, oltre che funzionale, anche bello, ci non guasta.
Scontato che 'non ci sono pi i designer di una volta', mi sembra resti in sospeso la differenza individuata da Andrea fra design e non design. Perch se vogliamo riagganciarci al Bauhaus, la sequenza logica di una corretta operazione di design sarebbe questa: progettazione/produzione industriale-seriale/abbattimento dei costi/accessibilit al mercato, irrilevante dove avvenga la produzione, in o fuori Europa, lo scopo di produrre a basso costo prodotti in serie utili e tecnologicamente aggiornati. Qualunque oggetto pu essere design quando assolve a questi fini, sia che esprima tendenze di elite che popolari, design per il modo in cui tutti i fattori si sintetizzano e non per una presunta ed opinabile bellezza formale. Anche perch il concetto di design figlio della mentalit positivista del suo tempo ("la forma segue la funzione") e non persegue primariamente, almeno in teoria, una ricerca estetica.
Se oggi i progetti di vita, come le occupazioni lavorative, sono a termine, se un tostapane dura pi di un matrimonio, inevitabile 'pensare ikea', per soluzioni abitative anch'esse a termine, senza che ci tradisca lo spirito del design (alcune proposte ikea sono a mio avviso veramente geniali!).
Design usa e getta per vite usa e getta . tutto torna.
Ci non scongiura il proliferare di una parallela produzione di pseudo design che se ne frega dell'abbattimento dei costi, delle difficolt di produzione seriale e del politically correct: basta girare per i vari saloni e fuori saloni e dare un'occhiata alla seduta-tappeto di Sophie de Vocht, alle varie poltrone-trono o alla neonata VM Valeria Marini Home Collection .
Ricorrendo alle facili astuzie svelate da Gianni Marcarino, si parla di brand design oriented , di styling, di desing process, quello che Andrea definisce prototipazione e sperimentazione.
E esattamente quello che mi viene in mente guardando un progetto di Gehry, anche in questo caso tutto torna.
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10150
di gianni marcarino
del 09/05/2011
relativo all'articolo
La Fiera e la Moda
di
Gianni Marcarino
Vilma dice: "In definitiva mi pare che la sfida del mercato si giochi oggi tra la durata nel tempo di un oggetto di qualit per pochi e la transitoriet di un oggetto usa e getta per molti, gi allorigine concepito per una breve durata perch destinato comunque ad essere eliminato per obsolescenza".
Non c' contrapposizione infatti tra oggetti che nascono con scopi e concetti diversi. Spesso si tratta di campi operativi distanti, quali l'arredo e l'elettronica, ognuno con prerogative e sviluppi propri.
Non solo lo sviluppo tecnologico, ma anche le dinamiche sociali hanno spinto in una nicchia produzioni di design, spesso non cos impossibili da acquistare da un consumatore"medio", ma durevoli anche in vista di un progetto di vita e non di frammenti d' esperienze. Se metti su famiglia verso i quaranta, se a quarantadue ti separi e cerchi il monolocale, se poi il lavoro non stabile oppure molto mobile, sar pi difficile pensare ad oggetti e arredi che non siano Ikea. Che tra l'altro ha buon gioco a fare man bassa "democratica" di nuove forme od idee uscite dalla nicchia dei designer e produttori di qualit, potendo contare peraltro su enormi risorse da spendere in comunicazione.
La risposta della controparte al momento, in effetti, affidata all'astuzia.
Redesign, vintage, riproduzione pari pari di oggetti mai nati o messi in pensione gi decenni fa. Risposta debole, da tiriamo a camp, poi si vedr...
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10149
di andrea pacciani
del 02/05/2011
relativo all'articolo
La Fiera e la Moda
di
Gianni Marcarino
Vilma dice: "In definitiva mi pare che la sfida del mercato si giochi oggi tra la durata nel tempo di un oggetto di qualit per pochi e la transitoriet di un oggetto usa e getta per molti, gi allorigine concepito per una breve durata perch destinato comunque ad essere eliminato per obsolescenza".
E' esattamente il mio pensiero anche se rirtengo che la sfida sia gi finita e persa.
Dei primi oggetti si occupa il design griffato europeo che prende a modello gli scenari consolidati della moda.
Dei secondi oggetti si occupano studi cinesi, indiani e coereani che lavorano per il 99% dei prodotti messi sul mercato.
L'utopia del design italiano di trent'anni fa, se ti ricordi bene, e che per inerzia forse si insegna ancora nelle scuole oggi, era quella che il Design colto del Bauhaus e compagnia cantando avrebbe cavalcato la produzione industriale del globo migliorando la vita di ciascuno.
Purtroppo non andata cos; la produzione di massa di ogni settore emigrata fuori europa e cos la sua progettazione, se ci guardiamo intorno vediamo che gli oggetti che ci circondano passati sotto la buona progettazione del deisgn sono pochissimi, meno forse dei tempi di Castiglioni e Zanuso.
Lo iato tra Design e non Design enorme e incolmabile senza possibilit di recupero; il design dell'elettronica di da bene il polso della situazione; apple e qualche altra marca leader puntano sul design e i suoi costi ma il 99% del venduto non ha alcun interesse a fare degli oggetti giusti.
Il Design perci sopravvive e pu sopravvivere solo mettendosi alla guida di tendenze d'elite da rinnovare di continuo per non essere raggiunti dalla produzione di massima, esattamente come nella moda.
pensiamo solo ai continui restilying delle automobili che sono ormai annuali (una volta un modello rimaneva uguale a se stesso per almeno 4 anni!)
Sicuramente la durata di vita un oggetto ormai assimilata a quella di un capo di abbigliamento (non considerando l'usa e getta) non ci vedo nulla di male se mercato e produzione usino ormai gli stessi scenari di comunicazione con il pubblico
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10146
di vilma torselli
del 30/04/2011
relativo all'articolo
La Fiera e la Moda
di
Gianni Marcarino
L'oggetto durevole non necessariamente il pi bello, forse il pi solido, certo il pi caro, ma questo, dal punto di vista dell'accessibilit economica da parte delle masse e quindi della divulgazione di un (buon)gusto diffuso ( o al fine della "missione educativa e sociale del design "), un limite, non un merito.
Le tecnologie si bruciano nel tempo di una stagione non perch imitano la moda, ma perch il progresso tecnologico pi veloce di quello dei nostri tempi di adattamento, non facciamo in tempo ad affezionarci ad una cosa che gi obsoleta, meno sicura, meno efficiente, non ergonomica, non a norma. Ho fatto ricablare la mia vecchia Pavoni, ora perfetta, non si prende pi la scossa, l'interruttore sicuro, i contatti sono a posto .. ma fa un caff da schifo, oggetto cult, durevole, costoso, oggi superato nei risultati dalla pi economica delle macchinette per espresso made in Japan che costa un quinto, dura un decimo e magari ha una linea stilisticamente pregevole.
'Design' sta per 'industrial design', il prodotto finale, inteso come tensione tra funzione, forma, materiali, innovazione pesantemente connotato dall'aspetto tecnologico, fa parte del gioco il fatto che il prodotto venga eliminato (butter la mia Pavoni!) se la funzione alla quale deve la sua nascita non pi assolta al meglio, non c niente di male se nel giro di un anno ci orienteremo su oggetti pi aggiornati stilisticamente, specie se laggiornamento deriva da radicali riprogettazioni tecniche (basti pensare cosa ha significato stilisticamente la miniaturizzazione dei componenti elettronici per tanti oggetti duso comune).
In definitiva mi pare che la sfida del mercato si giochi oggi tra la durata nel tempo di un oggetto di qualit per pochi e la transitoriet di un oggetto usa e getta per molti, gi allorigine concepito per una breve durata perch destinato comunque ad essere eliminato per obsolescenza. In realt io non ci vedo una contrapposizione, ci sono oggetti che appartengono alla prima categoria (lo spremiagrumi di Stark, perch si pu prevedere che ancora per un bel pezzo gli agrumi si continuer a spremerli nello stesso modo) ed altri alla seconda (il rasoio Bic, la penna a sfera). Difficile stabilire dove sta pi genialit.
Quando Zanuso ha disegnato la Cubo per Brionvega voleva progettare una radio portatile, vorrei vederlo quello che oggi se la porterebbe . ed anche se si tratta di un oggetto dotato di intrinseca bellezza, tutto tranne che una radio portatile e come tale non ha pi senso.
Per i nostalgici, resta la rivisitazione operata dal redesign, astuta operazione di 'cosmesi', per dirla con Gillo Dorfles, proposta anche da certa architettura, secondo me da evitare accuratamente.
Vilma
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10145
di andrea pacciani
del 29/04/2011
relativo all'articolo
La Fiera e la Moda
di
Gianni Marcarino
"design inteso come tensione tra funzione, forma, materiali, innovazione" quello che mi hanno insegnato 25 anni fa al politecnico di Milano, quello di Castiglioni e Zanuso. Nobilissimo, bellissimo e raffinatissimo finch si vuole ma oggi il mondo cambiato, in peggio ma cambiato dobbiamo prenderne atto. A quei tempi c'erano pochi oggetti e si pensava che si potesse pian piano riprogettarli tutti educando l'utente finale ad usare le cose migliori qualitativamente e pi belle.
Ma il mercato ha travolto tutto come uno tsunami: l'offerta dei prodotti di consumo talmente elevata che non c' spazio per oggetti durevoli e di qualit se non per piccoli numeri e un elite di persone che se lo possono permettere.
La missione educativa e sociale del design del secolo scorso fallita (tanto quanto quella dell'architettura moderna che per ha fatto danni maggiori), travolta dal mercato della globalizzazione da tecnologie, innovazioni e forme e che si bruciano nel tempo di una stagione esattamente come avviene nella moda.
Non vedo nulla di strano perci se il mondo del design di oggi ripropone gli stessi copioni della moda e la tv tratti il design alla stessa stregua della moda; infatti con cadenza annuale (per ora) c' il lancio della stagione al salone con grandi eventi "fuori salone" per presentare l'equivalente dell'alta moda, nel design di quest'anno; perci griffes e stilisti autoreferenziati dalle elite che danno l'imput stilistico al pret a porte che rappresentato dalle case che invadono il mondo di oggetti che non si riesce nemmeno a consumare o perch si rompono subito o perch nel giro di un anno ce li ricompriamo pi aggiornati stilisticamente.
Al design rimane solo il mondo della prototipazione e della sperimentazione, ma non quello della produzione degli oggetti che adoperano le masse di persone comuni; tanto quanto le architetture moderne rimangono per le elite colte ed il mondo autoreferenziale delle riviste mentre le masse di persone comuni abitano in edifici epigoni ammansiti da caratteri tradizionali per renderli pi vivibili.
Ad un operatore del settore ho chiesto se si rendesse conto dello iato tra il design da rivista e l'aspetto sociale che invece il design dovrebbe avere
per migliorare la vita delle persone: la risposta stata che era meglio cos perch altrimenti non si potrebbero sostenere i costi altissimi dei loro prodotti che si possono mantenere solo con una manifesta qualit superiore
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10141
di vilma torselli
del 25/04/2011
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La Fiera e la Moda
di
Gianni Marcarino
Qualcosa di pi interessante ed intelligente sul tema del rapporto moda/design (ma anche arte e architettura) si trova su RAI5 (per esempio 'Il bello il brutto e il cattivo', magazine settimanale sulla creativit italiana, 'Tous les habits du monde', 11 documentari intorno alla moda nel mondo come indicatore visivo della societ).
Tutti i commenti di vilma torselli
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9313
di christofer giusti
del 15/04/2011
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Universit per ricchi
di
Luca Guido
Non sarei cos sicuro che la classe politica e, in particolare chi "governa" non sia in grado, come dice lei di: "riflettere ed immaginare le conseguenze delle proprie azioni".
Probabilmente la maggior parte di loro: servi e puttane, questo sforzo intellettuale e di "lungimiranza" non sono oggettivamente nella condizioni
mentali di poterlo fare. La "sifilide" del vizio e del soldo, hanno loro completamente lobotomizzato la mente; ma i loro capi, proprio per questo ancor pi gretti, il loro disegno di degrado e disfacimento l'hanno ben chiaro in mente.
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9312
di renzo marrucci
del 11/04/2011
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Cielo Infinito. Il cimitero-grattacielo e la super
di
Paolo G.L. Ferrara
Qualcuno, non ricordo chi, afferm che : all'imbecillit non c' limite...
credo sia ormai un classico ... e accade soprattutto quando si vuole innovare senza sapere che cosa voglia dire innovare... Capita, questo, solo agli amminustratori e con una certa frequenza direi...
Al ministero di qualche ministro c' anche qualche ufficio addetto all'innovazione che naturalmente invecchia e uccide tutto ci che f e mi pare anche naturale del resto ...
Perci che concerne un grattacielo dei morti che dire... sembra anche una poetica asserzione se non fosse davvero una autentica prova di incapacit a pensare ..
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9304
di fabrizio guccione
del 10/03/2011
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Ancora sulle Commissioni edilizie
di
Alberto Scarzella Mazzocchi
Rifletto sulla mia esperienza all'interno di una commissione edilizia. Ho trovato limitante non l'esistenza di un grado di giudizio ma il modo in cui il giudizio si esprime. Un giudizio, se espressione di un confronto aperto, solo indice di una comunit che in grado di scegliere con maturit.
Sono i giudizi chiusi, autoreferenziati, quelli che vanno rifiutati. Il problema comune l'asservimento delle pratiche anche creative a logiche di perversioni burocratiche.
Combattiamo la burocrazia. Del giudizio di una societ democratica non avrei paura.
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9303
di andrea bonessa
del 08/03/2011
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Ancora sulle Commissioni edilizie
di
Alberto Scarzella Mazzocchi
Come non essere d'accordo con Alberto. La censura sempre censura, comunque la si voglia chiamare.
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9291
di luigi prestinenza
del 01/03/2011
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A proposito di assenza
di
Sandro Lazier
Si vero caro Sandro che la critica una facolt universale e che chiunque deve esercitare la propria, che altro non che il proprio giudizio di valore. Cos come il pensare non necessariamente presuppone i filosofi. A volte anzi sono i non pensatori di professione a dire le cose pi profonde e i filosofi le pi sciocche.
Il critico per non fa solo "critica" ma un "lavoro critico" che lo impiega per buona parte del suo tempo con un insieme sistematico di attivit. Infatti promuove iniziative, lancia talenti, scrive con una certa frequenza, gira per conferenze, dirige collane o riviste, insegna ecc... ecc... Porsi il problema della sua indipendenza quindi porsi un problema a mio avviso molto serio: un po' come porsi il problema dell'indipendenza di un giornale...
Concordo anche con te che bene che il critico sappia cosa sia la progettazione e ne abbia esperienza, anche per non farsi abbindolare dal tanto fumo che fanno gli architetti sulle loro opere. Ma se vuole fare "lavoro critico" bene che non mostri, n tanto meno cerchi di far premiare la sua produzione per evitare confusioni.
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9284
di Flavio Casgnola
del 23/02/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Carissimo Sandro, non posso far altro che condividere totalmente quanto sostieni...sia nell'analisi sia nelle conclusioni e, per una volta, devo dire che Palermo... all'avanguardia, lo ha fatto da molto tempo...
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9277
di vilma torselli
del 14/02/2011
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Rivendichiamo l'AntiPiacentinismo
di
Antonino Saggio
"........ La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non intrinseca
perch fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla pi vera e pi giusta ......"
da 'La storia', di Eugenio Montale.
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9276
di Alessandro Romolini
del 14/02/2011
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Rivendichiamo l'AntiPiacentinismo
di
Antonino Saggio
... proprio vero... se siamo ancora a disquisire se si debba o meno parlare di qualcuno, che piaccia o sia gradito a certa "intelighentia", o se escludere dal revisionismo storico certe figure che hanno fatto la storia, solo perch essa stessa non gradita a "lor signori"... abbiamo ancora tanta strada da fare!!!
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9273
di Gaetano manganello
del 10/02/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Ringrazio Sandro Lazier per avere sviluppato e proposto il tema o meglio il problema delle Commissioni Edilizie. Io sono stato anni fa componente di commissione edilizia, la mia esperienza personale da componente e anche quella da progettista mi porta a fare queste considerazioni:
-Le commissioni sono centri di interessi economici
-L'interesse economico non collima con l'architettura
-I progettisti che sanno fare buona architettura sono una percentuale risibile della massa di tecnici che presentano progetti banalmente anonimi
-I funzionari comunali sono attentissimi ai parametri quantitativi, ma insensibili alla qualita' del progetto
-le leggi e i regolamenti edilizi sono assolutamente insufficienti a garantire costruzioni di qualita'
Che fare dunque?
Ritorno sull'argomento per fare chiarezza, penso che solo un buon medico abbia il diritto/dovere di esercitare la propria professione, e' in gioco la salute delle persone;
Penso che solo un buon architetto abbia il diritto/dovere di costruire, e' in gioco la vivibilita' e bellezza delle nostre citta' e del nostro paesaggio ( nostro=di tutti)
Bisogna allora stabilire chi ha le competenze e capacita' professionali di costruire architettura civile, e non basta una laurea.....non bastano nemmeno le varie commissioni edilizie.....
Proponiamo allora commissioni formate da esperti progettisti, critici di architettura, storici, ma anche artisti.....non si puo' pensare di abolire le commissioni rivendicando la liberta' di pensiero.....sarebbe come dare campo libero a orde di tecnici incompetenti.
Formiamo un movimento per la qualita' dell'architettura, rivendichiamo la bellezza del nostro paesaggio...cominciamo a educare le giovani generazioni.....riformiamo l'universita'
Uniamo i pensieri di tutti coloro che hanno a cuore la buona architettura....
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9272
di alessio lenzarini
del 10/02/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Ovviamente d'accordo con tutto l'articolo di Lazier, che sviscera 'il problema dei problemi' dell'architettura italiana, mi permetto di discordare solo su un aspetto: l'annosa questione della commissione edilizia talmente squallida e banale che non merita nemmeno una disamina cos lunga e articolata e intelligente, perch alla fin fine si risolve in una pura e semplice questione di censura vs libert d'espressione. Temo che ci sia poco altro da sviscerare. La commissione edilizia non pu essere identificata in nessun altro modo se non come un organismo di censura linguistica che mina la libert d'espressione del cittadino. Nasce dichiaratamente per fare quello e non fa altro che quello. Nessuna oggettiva analisi di natura tecnica viene demandata alla commissione edilizia, che si occupa unicamente di soggettive valutazione estetiche. Se un tale organismo repressivo fosse applicato, per legge e sistematicamente, a qualunque altra disciplina artistica o culturale, vedremmo quotidianamente decine di emeriti intellettuali incatenarsi in tutte le piazze d'Italia per protestare contro lo scandalo: applicata alla disciplina architettonica, sembra invece all'opinione pubblica normale e necessaria, compresa tragicamente anche l'opinione di moltissimi addetti ai lavori. Le ragioni di questo fatto possono essere tante e Lazier le analizza puntualmente: ma alla radice c' il solito male dell'architettura italiana che versa nella condizione di disciplina artistica alienata ovverosia non percepita come tale nell'immaginario collettivo. Per l'architettura non valgono, evidentemente, i pi elementari principi di libert d'espressione che nessun cervello liberale e democratico si sognerebbe di negare alla letteratura o alle arti visive. Impedire la costruzione di un edificio perch "non si integra nel contesto" o pi tautologicamente perch "non ha sufficiente qualit" o magari ce l'ha "sul prospetto nord ma non abbastanza su quello est" equivale ad impedire la pubblicazione di un libro perch offende il comune senso del pudore o perch disturba la sensibilit religiosa della maggioranza o, al limite del paradosso, perch non corrisponde ai parametri estetici di chi deputato a porre il veto. La risposta scontata che mi sono sempre sentito dare, dai profani ma anche da molti colleghi, naturalmente che un libro puoi scegliere se leggerlo mentre un edificio costruito sei obbligato a vederlo tutti i giorni. Come a dire che l'arte pu essere davvero libera solo quando comunque rimane ghettizzata nel museo, nella biblioteca, nel ristretto e innocuo circolo di appassionati addetti ai lavori: mentre se esce in strada, se si mostra in pubblico, se aggredisce il fruitore-spettatore obbligandolo in qualche misura a considerarla, allora deve essere calmierata e regolamentata col saggio giudizio di pacati esperti che sappiano edulcorarne gli eccessi, per mandare tutti a letto tranquilli. Perch, ovviamente, l'unico risultato concreto e plausibile che la commissione edilizia pu ottenere quello di mitigare gli eccessi linguistici, per una sedativa concordia sociale, e non certo di innalzare il livello linguistico dei progetti pi banali. Se non sai progettare, la commissione edilizia non pu certo insegnartelo, e poi un progetto banale non fa male a nessuno, mentre se costruisci qualcosa di "strano" potresti allarmare qualche raffinato buongustaio del portichetto.
Tutti i commenti di alessio lenzarini
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9271
di Zennaro
del 09/02/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
La professione di architetto, e mi limito solo a questa, ormai per buona parte misconosciuta. Non possibile che un architetto, il giorno dopo che ha terminato gli studi, cancelli tutto ci che ha imparato all'Universit e si inventi una nuova professione tentando di mimare gli ingegneri, che notoriamente nulla sanno di qualit formale poich non il loro mestiere, e i geometri, che anch'essi occupano uno spazio professionale improprio. Nel suo sforzo di soddisfare il mercato delle costruzioni, non sapendo fare il suo mestiere, trova nella commissione edilizia la prima causa dei suoi problemi ed il primo a plaudire alla sua eliminazione. Tutto si vorrebbe abolire, soprattutto la commissione edilizia formata dal macellaio e dal droghiere (o da tutti quelli menzionati), e credo che su questo punto non vi nulla da eccepire. Quando, per, i primi ad abolire la conoscenza del mestire sono i mestieranti stessi non si capisce pi di cosa si sta parlando. Chiedo venia se sono lievemente drastico, ma dovendo esaminare, da esperto (individuato senza collocazioni politiche), i progetti dei miei colleghi, ogni volta che lo faccio ne esco assai depresso (faccio parte di una commissione ambientale di esperti nata sulle ceneri della commissione edilizia). Tranne rarissimi casi sono proprio i professionisti stessi che, accampando giustificazioni improbabili (la pi frequente si nasconde dietro la considerazione che bisogna pur mangiare, o che il committente vuole quella soluzione), producono edilizia faticosamente qualidficabile. Quando arrivano progetti, anche a volte azzardati, ma contemporanei, ci si apre il cuore. Non ammissibile che nella maggior parte dei casi i geometri presentino progetti migliori di un architetto, che nascondendosi dietro la scusa di essere originale ad ogni costo propone banalit inqualificabili. Pertanto aboliamo pure tutto, ma in primo luogo proporrei di abolire il titolo di architetto, o conferiamolo ai soli che sono capaci di dare dimostrazione pratica di saperlo fare.
Credo che non siano le commissioni edilizie ad essere sottoposte a cancellazione, semmai la loro composizione, che sarebbe utile fossero composte da soggetti competenti. Andrebbe invece cancellata la incapacit di pensare l'architettura. In una democrazia che non ha valori da celebrare l'architettura non ha pi senso (o ha senso solo se opera d'arte che rappresenta il contemporaneo), e quindi per fare dell'edilizia basta un capomastro qualunque. Le lagnanze sono spesso frutto di incapacit di porsi e di trovare una soluzione.
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9/2/2011 - Sandro Lazier risponde a Zennaro
Se me lo concede vorrei essere chiaro e diretto. Il suo commento, a mio avviso, denuncia un evidente peccato originale: Vittorio Gregotti. Ovvero una irrisolta questione ontologica che riguarda larchitettura. Se postuliamo, quindi diamo per scontato, larchitettura essere qualcosa con dei confini definiti, siano essi funzionali, formali, sociali, ecc, lasciando alla sua vocazione creativa e spaziale lesigua parte restante, la poniamo sicuramente nella condizione dessere trasmessa al prossimo con lesempio e linsegnamento, come un mestiere, come giustamente, dal suo punto di vista, lei la intende. Un mestiere a cui si richiede anche, finalmente quando si parla di qualit, un minimo di fantasia creativa.
Se invece, come io credo larchitettura essere sostanzialmente larchitettura, ovvero una semplice tautologia, quel luogo della creativit che ha per oggetto lo spazio, ovviamente abitato delle persone, ma principalmente rivolto a s stesso, allora le cose cambiano. Cambiano perch non c pi nulla da insegnare e, dagli insegnamenti, trarre una qualche misura qualitativa universalmente condivisa. Si pu insegnare la tecnica dellarchitettura, come la grammatica e le tecniche pittoriche. Una buona scuola serve a questo. Ma non si pu insegnare a esser poeti, artisti e nemmeno architetti.
Per cui, oltre ad abolire il titolo architetto, in fondo, colui che autore di opere di architettura, ingegnere, geometra, macellaio non importa, anche se non possiede il titolo specifico occorrerebbe rifondare luniversit, istituendo magari una laurea in tecnica dellarchitettura, lasciando libert dinsegnamento (nessuna laurea, nessun valore legale) alle varie anime e correnti culturali che, onestamente, non possono pi stare dentro la stessa chiesa sopportando gli uni le eresie degli altri. Smettendo di gabellare la societ con lipocrisia che tutti gli iscritti allordine sarebbero garanti di una competenza equivalente e certificata, faremmo un grande salto verso quella tanto ambita qualit dellarchitettura di cui sentiamo parlare da anni. Ma in modi, ovviamente, del tutto diversi. E soprattutto potremmo fare a meno di commissioni e commissari che tutti, a loro modo, si sentono istituzionalmente competenti.
Per finire, e qui rispondo anche al commento di G. Manganello, voglio ricordare che la qualit non si raggiunge per induzione, ma per competizione, che non una cosa bella. Vuol dire concorrenza didee, da difendere spesso con lo scontro, che a volte vuol dire ripudio di ci che si pensava prima. Grado zero, direbbe Zevi. Ma quanti Zevi occorrerebbero in Italia nelle commissioni edilizie di 8.000 comuni?
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9270
di Gaetano manganello
del 09/02/2011
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Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Penso che le Commissioni edilizie non debbano essere abolite, molto semplicemente dovrebbero essere formate da componenti qualificati anzi da Architetti Progettisti con all'attivo una grande esperienza e diverse architetture costruite e riconosciute di qualit'. Essi dovrebbero utilizzare questa esperienza per dare giudizi sulla qualita' degli edifici proposti dalla maggioranza di geometri e ingegneri e purtroppo anche di architetti che non hanno la minima idea di cosa significhi architettura contemporanea di qualita'.
E, naturalmente di bocciare quella maggioranza di progetti presentati in modo da togliere a chi fa scempio del paesaggio con la miriade di anonima casupole costruite, la possibilita' appunto di costruire.
La qualita' del progetto e non la becera osservanza delle quantita' urbanistiche.
Da progettista rivendico la possibilita' di essere giudicato da altri progettisti, e non da "tecnici" nominati dai soliti politici per favorire i soliti clientelismi.
Le stesse considerazioni sono valide anche per le Soprintendenze, per fortuna non tutte, molto spesso composte da tecnici che comprendono soltanto il cosiddetto stile soprintendenza nazional-tradizional-popolare.
Tutti i commenti di Gaetano manganello
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9269
di Antonino Saggio
del 08/02/2011
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A proposito di assenza
di
Sandro Lazier
Grazie Sandro, questo pezzo ci fa sentire bene!
Quanto citi fa pensare al "sono tutti i ladri rivolto ai politici" e ricordo il Nanni M. incavolato.. che diceva <2ma ladro sar lei.." o qualcosa del genere.
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9256
di Silvana Castro
del 01/02/2011
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Pompei
di
Leandro Janni
Sono sconcertata da quanto ho letto nel tuo articolo!
Trasferire una buona parte degli incassi delle vendite dei biglietti per
accedere all'area archeologica ai musei..........
Io penso che tutti i proventi debbano andare al RESTAURO delle costruzioni, alla sistemazione delle piazze, ai rifacimenti delle Pitture murali che sono esempi irripetibili di ARTE del passato.
Studiando dei Piani adeguati, dando una certa PRIORITA' alle fondazioni
che servono per "aggrappare" il manufatto al terreno e poi proseguendo....
Certo i Tecnici devono essere specializzati, devono conoscere i materiali,
le tecniche di Restauro e non avere assegnato il lavoro per questa o quella conoscenza!!!
Con tanti Restauratori che ci sono in giro a girarsi i "pollici" perch non si convocano e si affidano loro i lavori?
Avremmo meno disoccupazione in Italia e certamente pi Opere QUALIFICATE.
Affidiamo i lavori ai giovani per motivarli e farli crescere, altrimenti i ragazzi si scoraggiano e non IMPARANO MAI!!!
L'esperienza si deve fare sul posto, certo deve essere supportata da un'adeguata preparazione e da un esperto (anziano) , si potrebbero
attribuire dei punti sia al restauratore che all'anziano da potere utilizzare successivamente.
Se pensiamo ai periodi artistici che ci hanno preceduto, quando i ragazzi lavoravano a"bottega" avevano minime capacit per, se erano adeguatamente incoraggiati e gratificati lavoravano alla fine con Armonia
e alla fine l' allievo superava il maestro. Non quello che abbiamo studiato a Scuola?
Non sono d'accordo con il fatto che si debbano affidare i lavori solo ai soliti grandi architetti e tante volte stranieri!
Se i giovani non sono incoraggiati e supportati adeguatamente ci troveremo intorno un' Architettura non NOSTRANA !!!
DIAMO UNA MANO AI NOSTRI FIGLI MERITEVOLI E AI QUALI ABBIAMO INSEGNATO IL VALORE DELLA CULTURA, perch l'Arte italiana unica,
i nostri Pittori, Scultori e Architetti sono stati chiamati negli altri paesi e
hanno esportato CULTURA!
La CULTURA un mezzo per produrre REDDITO, in Sicilia ci sono tante aree che sono trascurate, soprattutto le Madonie, se volete vi invio un repertorio fotografico da dove si potrebbe evincere tutto ci!!!
Abbiamo avuto frane e dissesti Idregeologici, a Castelbuono le strade (delle arterie esterne)fanno acqua da tutti i lati e nessuno si interessa pi di tanto!!!
Mente a S.Fratello e in altri posti stanno realizzando palificazioni in c.a.
da noi non si fa un bel niente, i soldi, se ci sono, sono stanziati per risolvere altre questioni.
Tutti i commenti di Silvana Castro
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9255
di angelo errico
del 31/01/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Perch imporre a Matera l'uso di certi materiali per costruire nella zona dei sassi? Perch ad Alberobello non si pu usare una persina a lamelle in ingresso di un trullo, oppure una porta in anticorodal? Perch a San Giminiano o a Castiglion della Pescaia non si pu inserire nell'abitato anche storico, un box auto per la propria vettura con tutte le tecniche costruttive della contemporaneit anzich camuffarlo con rivestimenti di pietra antica? Per non parlare poi di quei regolamenti che vogliono nei cimiteri, le lapidi tutte di marmo con scritte di un certo colore e calibro. Concordo s. Sacrosanto il diritto del buon gusto proprio sul proprio territorio. E poi c' tutto quel discorso pure! di decoro della facciata. Ma qui si sposta il mirino della questione. Per in certi casi non possibile anche quando i proprietari tutti concordano magari sul modificare un ingresso, un balcone, per un buon gusto contrario della Sorpintendenza. Ma c' chi come Sgarbi, sulla difesa della bellezza ( la sua, a parer suo! ) ha scritto libri su libri. E quindi, con Lazier, la partita finisce 1-1.
Tutti i commenti di angelo errico
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31/1/2011 - Sandro Lazier risponde a angelo errico
Una partita alla pari con Sgarbi improbabile: pesi troppo diversi. Lui brucerebbe dieci persone per salvare un Raffaello; io dieci Raffaello per salvarne una. Purch questa non sia lo stesso Sgarbi.
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9254
di stefano lettini
del 31/01/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Complimenti! cosa possiamo fare per estirpare la dittatura della commissione edilizia? sono pronto a collaborare.
Tutti i commenti di stefano lettini
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9253
di alberto scarzella
del 31/01/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
Quanto scrive Sandro Lazier addirittura lapalissiano e forse proprio per questo suo aspetto poco condiviso dai burocrati e dagli ipocriti.
Da quando la responsabilit della concessione ad edificare non ricade pi sul Sindaco (cittadino che pu non avere conoscenze tecniche sufficienti all'esercizio di un corretto controllo delle conformit del progetto alle precrizioni di legge e dei regolamenti) ma sull'ingegnere capo, dagli Statuti di alcuni Consigli Comunali la Commissione Edilizia stato stralciato l'articolato che istituiva e regolamentava la Commissione Edilizia. Purtroppo le amministrazioni Comunali che hanno aggiornato il loro Statuto sono pochissime. Quelle poi che hanno mantenuto le Commissioni Edilizie non hanno ritenuto di dover pretendere che i giudizi negativi debbano essere supportati da motivazioni che consentano di essere contestate e discusse.
Noto il fumosissimo giudizio: non si inserisce nel contesto ambientale. Naturalmente senza la precisazione di quali siano gli elementi che impediscono questo naturale inserimento.
Cosa possiamo fare per contrastare questa ignobile prassi?
Gli Ordini sono sordi su questo tema. Recentemente ho cercato di responsabilizzare quello della provincia di Milano. Sono passati mesi nel silenzio pi assordante.
Se qualcuno ha qualche concreta proposta per attivare azioni a difesa di quanto Lazier ha denunciato sono disponibile e con me, sono certo, diversi colleghi. Parliamone.
Tutti i commenti di alberto scarzella
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9252
di giacomo airaldi
del 31/01/2011
relativo all'articolo
Sopprimere le Commissioni edilizie
di
Sandro Lazier
ben detto, ottimo! erano anni che non leggevo qualcosa di cosi pacato e pregnante nello stesso tempo come il tuo scritto. Sarebbe da mandare a tutti i membri di commissioni edilizie. Io condivido tutto
saluti Giacomo
Tutti i commenti di giacomo airaldi
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31/1/2011 - Sandro Lazier risponde a giacomo airaldi
Grazie Giacomo.
Il testo a disposizione di tutti quelli che condividono quanto ho scritto.
Sarebbe molto importante che, lettori con qualche influenza sulla stampa locale, lo proponessero per la pubblicazione. Forse si riuscirebbe a fare un po di chiarezza e a parlare pubblicamente e diffusamente di un argomento che a molti interessa mantenere nella massima omert.
Da parte mia do fin d'ora il consenso alla pubblicazione.
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9250
di DAVIDE DONATI
del 29/01/2011
relativo all'articolo
Dorigati a Pavia. Ingresso al mercato coperto. Let
di
Giueppe Zappelloni
Siamo ormai abituati alla brutalit delle architetture di Dorigati. La chiesa di Petosino doveva essere un ambiente ipogeo, risultato uno scatolone di ferro e vetro artificiosamente incassato nella montagna. Gli edifici residenziali di Abitare Milano dovevano configurare una rivisitazione del "borgo", ne risultato invece un impattante patchwork di pannelli ipercolorati mal rifiniti.
Quello che sembra contare per Dorigati l'architettura come gesto brutale, come "voler esser-ci".
Tutti i commenti di DAVIDE DONATI
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9245
di renzo marrucci
del 17/01/2011
relativo all'articolo
Corredo Libeskindiano
di
Domenico Cogliandro
IL PONTE SULLO STRETTO VA LARGO?
Adesso si arriva al problema vero del ponte sullo stretto di Messina.
Dopo aver perso tempo si arriva al problema.
Dopo aver perso tempo in opinioni retr e punti di vista malinconici si comincia a scorgere l'obbiettivo.
QUALE PONTE DEVE CONGIUNGERE LO STRETTO?
Mentre il salotto si snervava tra Scilla e Cariddi, si progettava e si pensava di
chiamare qualche superstar da rotocalco per la furba e necessaria "tocca" di guscio da destinare alle pagine della Kultura... necessaria per far andare in brodo di giuggiole le satinate e lucenti pagine del vuoto rotocalco architettonico ed anche quelle satinate e non dell'informazione massiva.
Naturalmente, questo per progettare le delicatissime opere di raccordo tra i due estremi terreni punti e semmai da prevedere, con qualche pseudo-invenzione, come oggetto di una sorta di esangue risoluzione formale ai danni del territorio che sar tutta da assistere e da osservare per il divertimento di tutti coloro che gettavano il sudario : sul ponte si sul ponte no! l'Italia due spaghi.
La logica quella di sempre, chiara chiara, che fa anche un po schifo a dire il vero. La parte tecnica tecnica e basta , la parte poi del raccordo territoriale si risolve con un imbellettatura secondo lo stile crudo e asettico di una star : e cho pronto pure il pennello per madama la marchesa... Per cui si chiama l'archistar pi in agio sul territorio oggi in Italia o similia. E via? Simulando e tratteggiando un bel chi se ne frega della realt italiana qui gli affari contano e su questi, si sa, si piegano penne e pennini... al vento che tira.
L'architetto non pi neanche la succulenta, affabile ballerina del can can, ANZI PEGGIO: LINVENZIONE DELLE VELINE con quel balletto un po sullo stitico costituisce la cosa pi congeniale e geniale da rilevare per il tempo di oggi, per dare l'immagine, cio coprire legittimando il guscio ed alla parte sostanziale ci pensa qualche buona societ di ingegneria dimenticandosi tutto quello che c' da dimenticarsi e alla faccia di quel fantomatico e incomprensibile rompi, che il rapporto integrativo tra manufatto e ambiente in fondo non vale nulla !
Su questo si potrebbe discutere : su ci che non vale nulla e sull importanza
dell incapacit a capirlo
Tutti i commenti di renzo marrucci
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9244
di giovanni barsacchi arch.
del 17/01/2011
relativo all'articolo
Le Corbusier e la dissonanza di Ronchamp
di
Cesare De Sessa
Mi sembra una giusta lettura di Ronchamp,avrei solo aggiunto qualche riferimento ad alcune opere realizzate da Corbu a Chandigaar,dove la poetica del Maestro trova assonanze ed echi che ci rimandano a R.
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9242
di piero idone
del 16/01/2011
relativo all'articolo
Corredo Libeskindiano
di
Domenico Cogliandro
Caro Domenico,
quello che era un tempo uno dei pochi polmoni verdi che portava frescura ai cannitellesi, oggi una landa desolata con mezzi di cantiere che, devo dire in maniera non troppo convinta, armeggiano per la costruzione di una ipotetica variante ferroviaria pro ponte. Tutto sembra paradossale nella sua assurdit, si sposta la ferrovia prima che ci sia la certezza del sito del pilastro; si parla di ponte senza che vi sia accesso alle carte del progetto definitivo (o presunto tale); si parla di nuovo assetto urbanistico del territorio e non ci si rende conto che il consumo di territorio pu essere talmente devastante per questa comunit al punto di non potersi pi identificare in esso. Questa storia ha ridotto a brandelli il futuro di tutta l'area dello Stretto di Messina, e c' il rischio che nessuno abbia intenzione di pagarne i danni. Il tuo intervento una pillola di saggezza in un mare di confusione............................................
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9243
di alessio lenzarini
del 16/01/2011
relativo all'articolo
Un anno difficile
di
Sandro Lazier
cosa posso dire? credo fosse da molto tempo che non mi capitava di leggere parole che mi suscitassero tanta affinit e tanta condivisione: perch mi sembra proprio che la riflessione di Lazier metta il dito nella piaga di molti dei nodi pi cruciali del bacchettonismo architettonico nostrano.
innanzitutto la consapevolezza di attraversare (o avere attraversato?) una fase di "ricerca linguistica e formale che non ha precedenti nella storia dell'architettura". personalmente estenderei il discorso non soltanto alla recente leadership espressionista-decostruttivista ma in generale ad un periodo trentennale intessuto di pluralismo, durante il quale abbiamo conosciuto molteplici direzioni di ricerca, spesso antitetiche le une alle altre e ciascuna portatrice di una compiuta e complessa visione del mondo tradotta in strategia progettuale. nell'ultimo decennio queste correnti hanno iniziato ad ibridarsi reciprocamente, perdendo forse qualcosa in rigore concettuale ma arricchendosi di contrasti, trasversalit, intersezioni. ecco, mi sembra che il problema sia questo: non percepisco assolutamente, nel dibattito architettonico italiano, la piena consapevolezza critica dell'importanza di questi 'linguaggi diversificati di fine millennio'. avverto al contrario (come dice Lazier) continui segnali di stanchezza lagnante, di richiami all'ordine, spesso addirittura di noia da indigestione, malcelata dietro ai fastidiosi e futili luoghi comuni sulle archistar troppo narcise o sui presunti eccessi formali. e capisco che i cultori del contesto e della tipologia siano atterriti dall'orgia di linguaggi che gli si spalancata davanti, ma rimango molto deluso quando non avverto molto entusiasmo nemmeno da chi fino a poco fa auspicava un ritorno all'avanguardia sperimentale. e mi spiego meglio: non che la produzione contemporanea sia tutta straordinaria, ma sta a noi, architetti o critici o spettatori, sapere distinguere, sviluppare canali interpretativi, valutare chi innova davvero e chi lo fa solo strano. e ce ne sarebbe da analizzare e studiare... e sarebbe tanto interessante riflettere e sviscerare...
e invece, come nota Lazier, aleggia nell'aria il peccato originale del fardello etico dell'architettura, ovverosia un sacco di aria fritta condita in monito serioso. come se l'unica etica possibile di un artista, e quindi di un architetto, non fosse semplicemente stimolare il pubblico al pensiero attraverso la propria opera. comunicare qualcosa e poi lasciarsi reinterpretare. i richiami alla responsabilit etica fanno sorridere perch non colgono mai un solo obiettivo concreto che abbia davvero a che fare con la progettualit architettonica: MAI. il sospetto che i bacchettoni della responsabilit etica siano in fondo architetti limitati, progettualmente e culturalmente, che non riescono a trovare soddisfazione in termini spazio-compositivi o poetico-concettuali, e quindi devono autoconvincersi che la buona progettazione quella che fa 'vivere bene la gente', per sentirsi bravi e importanti. come se potesse esistere una formula della felicit, tantomeno uguale per tutti gli individui, tantomeno ascrivibile ad un progetto di architettura.
ma a ben guardare, il richiamo etico in architettura si fonda su un solo concetto: negare all'architettura, con la scusa dello specifico funzionale-abitativo, il pieno status di arte, intesa nell'accezione contemporanea, come attivit volta innanzitutto a fertilizzare la societ, sviluppare concetti, instillare dubbi, provocare e dissacrare, deragliare dai binari. dietro al richiamo etico si cela nient'altro che il richiamo ad una disciplina architettonica sedativa, volta a fomentare nel pubblico un placido senso di identificazione senza tanta inutile crescita intellettuale.
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9241
di Salvatore D'Agostino
del 15/01/2011
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Hopeless Monster (Night at the museum)
di
Ugo Rosa
Ugo Rosa,
leggo solo adesso la tua risposta.
Condivido questo tuo pensiero: Funziona, dunque, ci che risponde al compito per cui stato messo in atto e vi risponde nel modo pi adeguato.
Qual il compito di un museo darte contemporanea di una capitale non solo europea ma mondiale?
Tre appunti:
CAPITALISMO TRANSNAZIONALE
Per Leslie Sklair non possiamo trascurare linfluenza della classe capitalistica transnazionale sullarte e larchitettura contemporanea.
Classe capitalistica che abita le citt globali.
In suo articolo apparso su Lotus (n.138) concludeva con una riflessione:Oggi anche utile riflettere su come la nuova architettura iconica nei quartieri e nelle citt possa incontrare i bisogni di coloro che vivono senza assecondare semplicemente la cultura-ideologia consumistica. Ma ci implicherebbe la fine della globalizzazione capitalistica che noi conosciamo.
LARTE RELAZIONALE
Nicolas Bourriaud nel suo saggio (ora libro anche in Italia) Estetica relazionale dice: Per inventare strumenti pi efficaci e punti di vista pi corretti, importante capire ci che cambiato e ci che continua a cambiare. Come si possono comprendere i comportamenti artistici manifestati dalle mostre degli anni Novanta e le modalit di pensiero che li animano se non si parte dalla stessa situazione degli artisti?
Per Bourriaud larte di oggi uno stato dincontro.
OGGETTI DARTE
Joseph Kosuth ---> http://www.globartmag.com/wp-content/uploads/2009/10/joseph-kosuth.jpg
Kateřina ed ---> http://www.exibart.com/foto/78514.jpg
Chris Marker ---> http://journals.dartmouth.edu/cgi-bin/WebObjects/Journals.woa/2/xmlpage/4/article/289/immemory18.jpg
Il tuo articolo ha due pecche (non unaccusa):
la prima, comune alla critica degli ultimi ventanni (quella che ha amato pi la filosofia che la sostanza), la lettura dellimmagine (costi, politica, analogie visive arca-sarcofago, ) pi che la sintassi dellarchitettura.
Conosco tre architetti che lavorano per Zaha Hadid che parlano solo di sintassi. Sintassi che, personalmente non condivido (ma questo non importa);
la seconda, lincapacit, della stessa critica di parlare con la stessa veemenza, della continua devastazione a opera del popolo del cemento del nostro paesaggio. Troppo poco cool, non da happy hours.
Per questo motivo trovo inutile e troppo semplice parlare di questo museo, totalmente devastato (poich mozzato) dalle revisioni dei tecnici comunali (per ricordarci che siamo in Italia).
Detto tra noi, io apprezzo le analisi sullarte di Mario Perniola nel suo "L'arte e la sua ombra ma ho altre necessit (ma anche questo non importa).
Io partirei da un critico eteronomico, che apprezzo secondo la maschera che indossa.
Si chiama UGO ROSA.
Il 19 ottobre del 2008 su archit, ha scritto un articolo, geniale direi perfetto, dal titolo GIUSEPPE DI VITA. Complesso parrocchiale a San Cataldo.
Ti passo il link: http://architettura.it/architetture/20081019/index.htm
Ripeto perfetto, perch LEGGE LA SINTASSI DELLARCHITETTURA E NON LA SUA IMMAGINE.
Essendo pedestre, non sopporto i critici 'incazzati' cool da divano come Ugo Rosa preferisco Ugo Rosa.
Saluti,
Salvatore DAgostino
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9240
di Pietro Salvino
del 12/01/2011
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Corredo Libeskindiano
di
Domenico Cogliandro
Caro Leandro.
sono, mio malgrado, referente del gruppo ambiente del "movimento5 stelle Palermo"
Personalmente sono ipercontrario al ponte.
Non ne abbiamo mai parlato all'interno del meetup
Comunque quanto ci racconti non fa che confermare i giudizi ed i pre-giudizi che fin qui avevo formulato sulla vicenda.
Si, vero, facile dare addosso a st ponte ma solo per il fatto che un'opera cos importante in Italia, come al solito, stata imposta dall'alto senza studi ( che non fossero a-posteriori e quindi solo giustificativi) e senza regole chiare.
Basta questo.
Una infrastruttura del genere con questi presupposti potrebbe mandare in bancarotta uno stato con
l'aria che tira;
Qui ci sono i presupposti per fermi e sequestri della magistratura gi dal primo minuto in cui si parlato del ponte.
Quindi la cosa pi razionale da fare in una economia depressa come la nostra dirottare, lo sappiamo tutti, quei fondi , laddove esistessero , realmente su un sistema razionale di infrastrutture serio per il turismo e losviluppo economico del sud.
Alla Sicilia o alla Calabria a prescindere da chi vengano firmate, queste faraoniche opere non servono.....a noi serve ben altro: qui c' una intera organizzazione sociale che va a fondo e ci si preoccupa di buttare soldi ?
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9237
di domenico cogliandro
del 10/01/2011
relativo all'articolo
Corredo Libeskindiano
di
Domenico Cogliandro
Caro Leandro, di fronte all'esigenza di creare il vuoto io avrei fatto di meglio.
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9236
di Leandro Janni
del 09/01/2011
relativo all'articolo
Corredo Libeskindiano
di
Domenico Cogliandro
Caro Domenico,
come saprai, Daniel Libeskind, appena ricevuto da Pietro Ciucci e dalla societ Stretto di Messina, ha affermato: "Il progetto architettonico testimonia la memoria del Mediterraneo quale epicentro storico e culturale dell'Europa e del mondo. Il Ponte una sfida meravigliosa e ambiziosa, un'opera che deve saper dialogare con i cittadini e diventare centro di aggregazione e incontro tra culture".
Perfetto. Alle prossime!
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9235
di domenico cogliandro
del 09/01/2011
relativo all'articolo
Hopeless Monster (Night at the museum)
di
Ugo Rosa
Ho gi detto ad Ugo qualcosa intorno al testo. Mi trovo nella difficile situazione dell'innamorato che non pu fare a meno di amare, perch quella la sua condizione o la sua pena. Vorrei essere frainteso ma non posso esserlo, fuor di dubbio. Ecco: amo Ugo Rosa. Come a suo tempo ho amato Raymond Chandler, follemente, o disperatamente Peter Handke. Come ho odiato (amando) il notabile Umberto Eco nella descrizione minuziosa delle eresie o la terribile attesa che accadesse qualcosa tra una nave in secca e la penna di Joseph Conrad. Mi sono dichiarato, dunque: non sono obiettivo. Ecco perch penso che Ugo abbia sbagliato passo, nel senso di cammino, percorso, trazzra. Ha scritto per alcuni naufraghi che pensano ancora di vedere la zattera che han detto loro di notare se si parla di isole, mare e orizzonti. Nostalgici del dito, non della luna. Pi prosaicamente: vera architettura quella che resiste al tempo e che ha come dannazione l'incomprensione del proprio, tempo. In questo affresco Ugo somiglia al redivivo Isidro Parodi, vive nel luogo (assente) da cui possibile sbrogliare i nodi non essendovi imbrigliato. Io faccio cos quando mi trovo per mano dei fili imbrogliati: chiudo gli occhi, e sbroglio. Per questo lo amo. Ma tra il dito e la luna non c' solo una distanza astratta, c' il mondo intero.
Tutti i commenti di domenico cogliandro
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9227
di domenico cogliandro
del 07/01/2011
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Novit sul ponte (sullo Stretto). Senza commento (
di
Leandro Janni
Caro Leandro, sar breve.
Guido Signorino avrebbe ragione se non tenesse in considerazione un vizio di forma, Remo Calzona s' fumato una canna come non ne vedeva da anni. Nemmeno commento l'idea del pilastro intermedio, essendo convinto che la migliore soluzione fu formulata, e mai tenuta in considerazione, dall'ing. Morandi (ma inutile spiegarlo a Calzona, se proprio vuole mettere un pilastro in mezzo al mare). Guido Signorino ha ragione, ma gioca la sua partita su un tavolo diverso: quello della realt. Le analisi sull'opera si riferiscono ad un teorema che dice: l'opera (fisica) possibile, noi facciamo le analisi del caso. Signorino dice: i dati che analizzo mi dicono che l'opera (fisica) non possibile, per cui non capisco di cosa stiano parlando. Da una parte abbiamo una proiezione teorica, o di interposta verit, su cui si poggiano analisi di fattibilit che, per forza di cose, dicono che la cosa (teorica) fattibile; dall'altra un'analisi concreta su una supposta verit, accettata come tale, i cui dati non hanno riscontri reali (e non ne possono avere, trattandosi di un teorema indimostrabile) ma che l'analista economico tratta come tali e, per questo, danno risultati impossibili.
In questa diatriba, per, i soldi se li becca Libeskind che non il progettista del ponte, per, ma di quello che ci sta sotto, cio noi.
Tutti i commenti di domenico cogliandro
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9226
di Salvatore D'Agostino
del 06/01/2011
relativo all'articolo
Corredo Libeskindiano
di
Domenico Cogliandro
Domenico,
il tuo scrivere sul ponte ormai un mantra.
Condivido, questo un ponte allitaliana a nessuno frega se regge o meno.
Daniel Libeskind uno specchietto per le allodole a livello mondiale.
Per la teoria della semplificazione giornalistica tutti i tabloid parleranno del ponte di Libeskind.
Con questatto furbo larchitettura definitivamente morta.
Se ti va possiamo iniziare a parlare delle macerie lasciate dalla generazione degli inani, ma serve pazienza, poich bisogna inventarsi una nuova etica del racconto urbano.
Converrai con me che questarticolo semplice da scrivere. Quasi scontato.
Serve altro per attirare i distratti mediatici.
Non credi?
Con stima,
Salvatore DAgostino
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9225
di Angelo Errico
del 03/01/2011
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Un anno difficile
di
Sandro Lazier
Cara collega,
forse cos va meglio, non avevo intuito che quella signora dal nome gentile, Wilma, fosse un'architetto.
Avevo pensato pi a una, davvero! gentile signora, colta, amante dell'architettura. I nomi dei geni citati sono, come dire? un p tradizionali, contemporanei in senso per pi ampio della parola. A una signora,io non so che appellativi porgere.
Poi che dire in mia discolpa? Mi scuso.
Di pi, francamente, non saprei fare.
Con Lazier, che posso dire?
Obbedisco.
Chi ha un'opinione differente, che deve fare? Mi scuso per essere diverso.
E non user - se capiter di scrivere un commento - appellativi con quell'educazione ricevuta da scuola e da casa, a chi non intendo porgere uno scontro, ma un confronto, non conoscendo peraltro l'interlocutore se non dalle poche parole lette.
Per, chi ha deformazioni catastali come me, e non nebbie e crisi esistenziali all'avanguardia, s'attacca a quel che di "vitruviano" conosce anche nel linguaggio.
Concedetemi l'attenuante del vintage.
Architetto Angelo Errico
( Ord.Arch. Milano n.15686 )
P.S.
Lavoro da alcuni anni al Comune di Milano, in un settore tecnico che vede progetti di social housing, di architetti ( sar un caso, di solo architetti uomini ) nella nebbia e distaccati dai beceri scrupoli amministrativi di doverli poi pure accatastare. Ringrazio iddio di avere gi una casa.
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9224
di vilma torselli
del 03/01/2011
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Un anno difficile
di
Sandro Lazier
Oltre che una 'cara Signora' (bont sua) alla quale rivolgere 'garbate riflessioni', sono anche un architetto regolarmente laureata al Politecnico di Milano parecchio tempo fa.
E' incredibile come ancora nel terzo millennio si tenda a rivolgersi alle donne con pi o meno celata sufficienza, come ad 'esseri' alieni avulsi dalla societ attiva e dalla realt lavorativa (roba da uomini, sia chiaro, e non da casalinghe di Voghera, che parlino di uncinetto, se proprio devono parlare!)
Non si adombri, caro Signor Errico, mi rivolgo a lei perch per caso me ne ha offerto lo spunto e probabilmente perch oggi ho la luna storta o Saturno contro, prego i maschietti di astenersi da commenti, il mio off topic, a una cara signora si pu concedere.
Saluti
dr. arch. Vilma Torselli
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9223
di Angelo Errico
del 03/01/2011
relativo all'articolo
Un anno difficile
di
Sandro Lazier
Esimia signora Wilma,
l'elenco dei geni da Lei citati, un sottogruppo di un insieme di creativi pi ampio.
Vedo fermarsi l'elenco a Loos, Nervi, Ponti. Perch non le venuto spontaneo citare chess: Libeskind, Hadid, Gregotti, Piano, MDVR ? La risposta non necessaria.
Per il rischio di populismo, la mia era un'invocata: estensione, al gelataio, all'edicolante, alla parrucchiera.
Non desidero peraltro un ritorno all'architettura senza architetti ( e ho scritto s che andavo un p contro i miei interessi, ma non con l'autolesionismo ), credo per che nell'articolo fosse implicito come dietro alle grandi archistar ci sia il coinvolgimento di manger, scrittori, professori. Ampliavo soltanto ai meno illuminati, un principio: la demo-scopia, su cosa cio desidarano magari come casa, come negozio, come parco di quartiere.
Le sembra gretto e senza valore? O una pratica in uso e abuso asfissiante a oggi?
Aggiungerei in coda un'altra garbata riflessione.
Che il buon design, e cio la buona progettazione, possa migliorare la vita e renderla addirittura pi gradevole, non sia pi da considerare un principio di assoluta verit, controvertibile come per il motto "mens sana in corpore sano".
Per vita, intendo ovvio quella comune dell'edicolante, del gelataio, della portinaia, che non vedo migliorata se, per esempio, vede il ricorrere all'uso di posate di una serie di Philip Stark, e l'abitare in una casa creata da Fucsas ( senza alcun piccato riferimento, ma semplici nomi presi a caso ).
Poi Le dir, cara Signora, che un altro genio come stato Gaud in Spagna, visto con terrore dagli stessi spagnoli.
Una citt intera, creata con la sua originalit, avrebbe reso un luogo di relazioni sociali ( e citt ha etimologia da civitas, che fa coppia con civilt ) un ambiente da delirio anzich da ammirare, e la Disneyland in California una ampliata casa per le bambole.
Quella che noi chiamiano oggi: citt, era per gli antichi: l'urbe. Ma qui introduco cos un altro argomento di riflessione che non proseguo.
I geni del passato da Lei citati, questa differenza, la conosceva. E bene.
Buone cose.
(Angelo)
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3/1/2011 - sandro lazier risponde a Angelo Errico
Scusi Errico ma faccio difficoltà a seguirla. Nel commento precedente (9219) quella che lei definisce “solfa delle responsabilità” è solo una elementare attribuzione di ruoli affidati ad un titolo professionale o lavorativo in genere. Ma non era questo il punto sul quale intendevo far riflettere nel mio articolo. Secondo me non c’è nessun problema se un ingegnere o un macellaio vogliono fare l’artista o l’architetto, se ne hanno le doti, (dei titoli, per favore, chissenefrega). Il punto è che, nel momento in cui decidono di dedicarsi ad una di queste cose, in particolare all’architettura, chi lo ha scelto deve fare l’architetto e basta, senza tirare in ballo tutto un bagaglio di teorie sociali che, in assenza di una minima qualità architettonica, producono solo alibi per progetti fallimentari. Sono perfettamente d’accordo con Torselli: l’interdisciplinarità sì, ma al servizio dell’architettura, quando si fa architettura. No all’architettura al servizio di altre discipline, se no la responsabilità dei fallimenti è sempre di qualcun altro.
Quindi Errico, secondo me, ben venga un po’ di confusione tra “chi è mamma chi è sorella chi è moglie e chi è la portinaia”, tra maniglie, ospedali, ex-loft e altre denominazioni che, dal mio punto i vista, sono semplificazioni funzionali che non dicono nulla sulla loro architettura. Tipologia utile a una classificazione catastale, ma niente di più. La confusione stimola la ricerca, come la crisi. Nella nebbia, quando non vedi, sperimenti una direzione nuova, perché non vedi più quella abituale.
Di mamma, sorella, moglie e portinaia all’architettura devono interessare prima di tutto le fattezze (le direzioni), poi, magari,anche i ruoli sociali. Ma dopo dopo.
Sul secondo commento (9223) lascio a Torselli la risposta ai riferimenti personali che la riguardano.
Ma lei Errico dice:” Ampliavo soltanto ai meno illuminati, un principio: la demo-scopia, su cosa cioè desiderano magari come casa, come negozio, come parco di quartiere.”
Ma secondo lei le città nuove, le periferie, sono state fatte come le volevano gli architetti più visionari?
Il 98% dell’edilizia italiana è stata determinata da precise scelte di mercato, per il quale l’unico elemento che contava e conta ancora è proprio la demoscopia. Per cui lascerei proprio cadere la riflessione che lei propone con un po’ di boria alla fine del suo commento.
Commento
9222
di vilma torselli
del 02/01/2011
relativo all'articolo
Un anno difficile
di
Sandro Lazier
Brunelleschi, Bernini, Palladio, Longhena .. furono per il loro tempo grandi architetti/archistar, portatori di una libert espressiva tanto dirompente e spiazzante (o eccessiva per alcuni) quanto quella dell'architettura contemporanea. Quanto all'ibridazione dei linguaggi, che si potrebbe anche chiamare interdisciplinarit, forse va ricordato che Michelangelo fu pittore, scultore e architetto, che Leonardo fu artista e ingegnere, che Loos fu architetto, designer, arredatore e stilista, che Nervi fu ingegnere e architetto, che Gio Ponti fu architetto e creatore di piastrelle, che Morris fu architetto, artigiano e disegnatore di carte da parati tutti personaggi 'inclassificabili', forse perch geniali, ma cos averne!
Invochiamo pure quali partecipanti alle iniziative degli architetti "il gelataio, l'edicolante, la parrucchiera", ma invitiamo anche lo scrittore, il professore, il manager, altrimenti si rischia di fare della demagogia populista, che forse peggio della cortigianeria.
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Commento 11059 di Gianni marcarino
del 31/12/2011
relativo all'articolo Sopprimere le Commissioni edilizie
di Sandro Lazier
....definire una tradizione e gli stilemi che fissano le consuetudini di un certo periodo come memoria condivisa che diventa norma per tutti.
E' certamente possibile che il secolo scorso abbia vissuto il mito del nuovo , del progresso, dell'accelerazione talvolta in modo acritico, secondo un percorso lineare a prescindere,escludendo il passato dal contributo che ha necessariamente dato al presente.
Il punto rimane quello di accettare una oggettivita' della storia che si traduce in regole sociali, nel definire i si ed i no del linguaggio, nello stabilire una sorta di fermo-immagine temporale.
Ho molti dubbi che tutto questo corrisponda ad un comune sentire popolare e non elitario.
Si tratta forse di una lite che propone soluzioni apparentemente consolatorie, percio' piu' facili da digerire al tavolo dell'arte.
Buon anno.
Tutti i commenti di Gianni marcarino
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