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Ci sono 15 commenti relativi a questo articolo

Commento 7610 di Renzo marrucci del 20/11/2009


Caro Lazier ,sulla Concetto Marchesi di Pisa il problema del conservare il moderno come l'antico non si pone. Il vero problema non cancellare un'architettura moderna in un contesto povero di sollecitazioni vive e di volerla capire, superando un clima culturale piuttosto farraginoso e legato al tradizionalismo anzichen. Una citt rimasta un p ferma sulla torre di Pisa e i suoi cm o mm di bella pendenza e al suo Camposanto e altro l... in quella iperconnotata piazza.
Su quella scuola verte una problematica culturale profonda grazie alla interessante opera di un architetto vivo e stimolante come lo era Pellegrin. Ci significa anche una possibilit di inserire, una volta tanto in questa citt, una nota critica di vitalit e di cultura democratica senza se e senza ma, e che in fondo in fondo lo assai poco se per tradizionalismo si torna indietro con la scusa di non saper capire e gestire una funzione per viscosit culturale, Caro Lazier.
La Concetto Marchesi non ha esaurito alcuna funzione architettonica e nulla che non possa essere normalmente riorganizzato e mantenuto con civile correttezza! Anzi tutta da riscoprire e da rivestire la sua funzionalit, ammesso che sia stata mai usata nelle sue valenze innovative, ancorpi attuali oggi in tutto il suo valore. Si spera solo che qualche mano e cervello un po' pi aperti vi vorranno porre attenzione. Quindi la sua demolizione da combattere culturalmente e in seconda istanza architettonicamente ! Questi sono temi veri per la cultura architettonica e di grande attualit che la politica viscosa e macchinosa e riverberante oggi le sue sonore incapacit, dimostrano con chiarezza la sua dissociazione dai temi della vita attuale.

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20/11/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci

Marrucci dice: Quindi la sua demolizione da combattere culturalmente e in seconda istanza architettonicamente!
Assolutamente no!
Questa una dottrina che non porta da nessuna parte. Se questopera vale tuttora, vale per la sua architettura. Solo ed esclusivamente per la sua scrittura architettonica.
Come si fa a dire che da allora nulla cambiato? Basta vedere il contesto attuale: questopera in totale sofferenza culturale e sociale, soffocata non solo dallincuria e dallanalfabetismo dello scatolame edilizio che la circonda, ma soprattutto dal rifiuto ideologico di comprendere che pu diventare altro da ci che avrebbe dovuto essere e non mai stato. Vederla in tale stato strappa il cuore a qualsiasi persona di buon senso. Quindi o si riesce a farla rivivere degnamente o la si sopprime per un puro sentimento di piet. Occorre essere laici anche nel confronto con le idee, non solo con le persone.

 

Commento 7612 di Renzo marrucci del 20/11/2009


Credo di no! credo che sia da mantenere in vita a maggior ragione per la cattiva volont dimostrata dall' amministrazione nel non dare la cura e la manutenzione dovuta... invece di affrontare i problemi di gestione spaziale e funzionale interna ed esterna dello spazio architettonico. Cosa che non stata fatta con una sorta di volont e convincimento prederminato. Conosco quella realt e non la si voleva proprio per ragioni tradizionaliste, cio contro quella architettura. Ora il fenomeno culturale che sta dietro alla volont di liberarsene forte in senso etico e morale inadeguato, caro Lazier. Quell'architettura poi fondamentale in quello specifico contesto, in quanto portatrice di sfida mentale e funzionale e non vi dubbio... non si demolisce un' architettura perch non la si vuole... credo che il valore morale del fare architettura non debba avvalersi di cattive volont. Per questo, in questo volere l'abbattimento ci vedo involuzione e arroganza verso all'intelligenza e per me diventa forte una ragione culturale e sociale .
Per cui credo che sia un dovere dell'intelligenza difendere quella architettura e intervenire nelle sue criticit!

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Commento 7613 di Vilma Torselli del 21/11/2009


Trovo che lidea di unarchitettura che, se non ha pi nulla da raccontare, possa/debba essere demolita sia estremamente moderna, oggi, quando la rapidit del divenire spinge inesorabilmente ogni forma espressiva verso il provvisorio, il superamento di s, secondo lidea che architettura sia non solo il costruito e labitato, ma anche il temporaneo, il precario, linstabile, leffimero eterno" direbbe Daniel Spoerri, artista concettuale del tableaux-pige.
La radicata opinione che larchitettura sia fatta per durare nei secoli, cosa che di fatto spesso accaduta, si scontra oggi con lidea che anchessa debba avere un ciclo vitale, decada e si consumi.
.ogni cosa dura il tempo che dura. Perch auspicare che un'architettura si conservi per l'eternit? (Massimiliano Fuksas, "Pi emozioni in periferia", intervista di Leonardo Servadio, L'Avvenire on line, 02.02.05).
E forse ci che intende Marc Aug in modo indubbiamente pi articolato e sottile, quando scrive: Larchitettura contemporanea non mira alleternit ma al presente: un presente, tuttavia, insuperabile. Essa non anela alleternit di un sogno di pietra, ma a un presente sostituibile allinfinito..
Il che tuttavia, mi sembra contrasti, quantomeno in termini pratici, con la possibilit che la scrittura abbia invece un suo valore atemporale e sia praticamente sempre attuale o attualizzabile e conservabile, con una prelazione di eternit. Voglio dire, come si fa a decidere quando si pu demolire (perch unarchitettura non pi in grado di servire materialmente una funzione) e quando invece valga la pena di conservare una testimonianza di scrittura anche quando il contenuto non ha pi efficacia o interesse?
Il colosseo non serve pi da parecchi anni, ma si deciso che la sua scrittura meritasse di sopravvivere alla sua funzionalit, a quanto pare, e stessa sorte potrebbe toccare alla la scrittura di Pellegrin. E per evidente che mancano criteri oggettivi per stabilire simili distinguo, specie se si parla di architettura recente, il che abbastanza grave perch unarchitettura demolita non si pu riabilitare come si fa con una critica negativa, una demolizione per sempre.
Nel dubbio, noi italiani abbiamo sempre optato preferibilmente per la conservazione, in nome della memoria o dellindifferenza o della incapacit di operare scelte, non so, applicando ci che Sandro propone, una riattualizzazione di strutture obsolete, ma di buona scrittura, talvolta con qualche evidente forzatura. Il che, sono certa, non sarebbe il caso della scuola di Pellegrin affidata a Galvagni.

Gi che ci siamo, vorrei aggiungere che non darei proprio per scontato che larte concettuale, in mancanza di interazione tra pensiero e cosa pensata abbia rinunciato a considerare limportanza della scrittura, anzi, larte concettuale nasce proprio come tentativo di far coincidere l'opera darte con l'analisi del linguaggio e del sistema in cui si colloca, con la scrittura, appunto, secondo un metodo non pi intuitivo, ma analitico-scientifico attraverso il quale comunicare un concetto. Non a caso nel suo 'Art after Philosophy' Joseph Kosuth parte dal pensiero di Wittgenstein, filosofo del linguaggio, per affermare lidea di unarte in cui gli oggetti non hanno altro scopo che definire s stessi, al di l di ogni pretesa soggettiva, estetica o contemplativa, per unarte senza cervello, estranea alla fisicit della materia.
L'arte ha a che fare coi significati e non con la loro forma, quella concettuale ignora la grammatica e predilige la logica del linguaggio, come un gioco che costruisce se stesso, la sua mancanza di referenzialismo non significa mancanza di scrittura, significa circolarit di un processo in cui il linguaggio diviene esso stesso arte.
In questo caso non c diversit tra pensiero e cosa pensata, la scrittura coincide con questa relazione di identit, ci che lartista concettuale vuol dire coincide con ci che dice.

Be, cervellotico, ma affascinante!

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Commento 7616 di renzo marrucci del 23/11/2009


Risposta a Vilma Torselli

Per quanto concerne la Concetto Marchesi di Pisa non un problema di architettura asfittica e fuori contesto da inquadrare come un serio problema di sperimentazione sbagliata... Entra il dovere di intervenire per renderla aderente alla realt del contesto nel rispetto della stessa architettura e non esiste un dovere di demolizioneper dar credito al rifiuto bigotto di adeguare interni ed esterni e manutenzioni tali per rendere pi fruibile quella realt. Realt architettonica che si cercato di mandare in malora evitandone la manutenzione che avrebbe dovuto ricevere. Ora esiste anche una cattiva intenzione da nascondere
Nulla in contrario ad abbattere qualche architettura che ha esaurito la sua funzione oppure intralcia la democrazia e la vivibilit e crea problemi di degrado civile e umano... Casi che gi ci sono in Italia e per i quali non si pensa nemmeno lontanamente all'abbattimento, n alla loro recuperabilit... Casi che ci saranno sempre di pi negli anni a venire, per come le cose si vedono andare avanti. Le cose vanno... C' un dibattito nella citt di Pisa che arrivato e si aperto a tanti architetti in Italia, partito proprio dalla fondazione Zeviana e che ha inquadrato bene il problema... Non si tratta di un ostinata ottusa polemica, ma di una polemica civile che reagisce al fatto che non concepibile e soprattutto non ammissibile che si mandi in rovina un architettura e le sue valenze, solo perch ci si rifiuta con ostinazione di apportare manutenzioni o modifiche idonee ad essere funzionali per una gestione di poca lungimiranza e visione. Il compito bisogna farlo in un bunker? Benissimo!
La scuola pu essere ripresa e migliorata funzionalmente secondo i livelli funzionali necessari, rimettendo in gioco le varianti vitali dell'architettura di Pellegrin.
Questo ci si rifiuta di fare contro ad ogni logica umana, sociale, economica e architettonica. Non facendo gli struzzi e rifiutando l'architettura che si risolvono i problemi... e questo accade anche nella vita, per questo il problema assume un forte significato e senso culturale .
Renzo Marrucci

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Commento 7617 di Vilma Torselli del 24/11/2009


Renzo Marrucci,
mi pareva di aver capito che l'articolo di Lazier volesse affrontare il problema in termini pi generali, ma posso aver sbagliato. Secondo me ci su cui si dovrebbe discutere la 'demolibilit' di strutture diventate estranee non solo al contesto, ma alle loro stesse intenzionalit. Questo non viene determinato da infiltrazioni d'acqua o da scrostameto di intonaci, ma dal fatto che l'edificio non serve pi, essendo venute meno l'ispirazione sociale e la base ideologica che ne hanno informato il progetto.
Quindi, la manutenzione che lei auspica potrebbe certamente salvare la struttura, ma se "Il valore (dell'opera d'arte) non pi nella materia e nella forma che la costituiscono ma nel racconto che essa propone.", racconto esaurito e divenuto vuoto di significato, perch farlo?


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Commento 7618 di giannino cusano del 24/11/2009


La forma segue la funzione voleva l'adagio razionalista. In realt, come delucida Gadamer, la funzione a consacrare la forma attraverso, sempre, una pubblica cerimonia.

Poi vennero espressionisti ed organici ad ampliare il campo delle funzioni e delle forme che ne sarebbero discese. Se le funzioni investono mille dimensioni imprevedibili, imponderabili e non preventivabili con algoritmi, la forma prismatica non razionale. Ancora il rito della consacrazione, duro a morire, di rimando stabil surrettiziamente che il significato di quello spazio in un uso sociale che quello, per cui mutando quest'ultimo il significato andrebbe perduto. Non si tratta di favorire vuoti formalismi e archetipici quanto inesistenti simbolismi formali e astratti. Si tratta di capire che i significati che possono traslare sul piano sottostante a quello dei significanti, fissandosi in nuovi rimandi, sono tanto pi numerosi quanto meno siano ovvi i significanti: le forme-cavit-significanti, le radici "semantiche".

Pochi anni fa, circa 4, ero ad Ivry: il primo brano abitativo di Jean Renaudie era un manufatto in abbandono e in degrado; intonaci scrostati, copriferro saltati, infissi malconci. Sembra che a un certo punto nessuno abbia pi voluto sentirne parlare e abitarci, nonostante l'entusiasmo dell'utenza iniziale, e sia stato man mano lasciato al suo destino di edificio vuoto. Da vari anni l'amministrazione parigina ha messo a punto per Ivry dei progetti di rinnovo ad ampio respiro e raggio, non a scala del singolo edificio.

Come sia, forse per eccessiva distanza da Parigi e dalle opportunit urbane sempre pi centralizzate che la capitale offre, il primo intervento di Renaudie ad Ivry era, qualche anno fa, in serie difficolt. Proprio per questo, forse, era coabitato da immigrati africani e cinesi. Si: non so oggi, ma allora convivevano mescolandosi nello stesso complesso, nei suoi ambienti collettivi e semipubblici, andavano e venivano per le rampe e i terrazzamenti antistanti i singoli alloggi.
Sul tratto a ponte che scavalca la strada campeggiava un'enorme insegna al neon con vistosi ideogrammi cinesi e traduzione francese: era un ristorante cinese.

Pi nulla pi dello stimolare la creativit repressa della gente attraverso forme che rifiutano il prisma chiuso, l'angolo retto e la ripetitivit? Pi nulla del "dare un giardino pensile a ogni abitante, anche al 12 piano? Certo: la rivoluzione dell'utenza e del suo senso spaziale iniziata a Ivry durata poco. Ma cinesi e africani hanno fatto propri e reinventato quegli spazi mescolandosi tra loro, con tutti i loro background culturali. Forse hanno trovato una valida alternativa, caotica e rimaneggiabile quanto basta, alle bidonville? E' da verificare. Ma una cosa mi pare certa: il segno scritturale, la traccia affiorante, polimorfa e dalle mille valenze aperte funziona lo stesso, in modi del tutto o parzialmente difformi dal previsto, per giunta con persone non provenienti dalla nostra cultura. Lo spazio stimola comportamenti.

Recuperare la scuola di Pellegrin sarebbe un'operazione di pura e povera filologia, noiosissima e pigra: l'ennesima consacrazione rituale per cui un quadro dovrebbe somigliare a Napoleone e varrebbe proprio perch "significa" Napoleone. Ma chiedersi quanto si presti a essere reinventata la scuola in quanto valore spaziale, a me pare una domanda molto seria e di tutt'altra e stimolante natura.

G.C.

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Commento 7619 di Renzo marrucci del 24/11/2009


Quell' architettura stata ritenuta da alcuni come un corpo estraneo perch troppo innovativa... Ci piace scrivere INNOVAZIONE sulle targhe e riempirci la bocca con questa parola... ma poi ci tiriamo indietro quando qualcuno affronta e propone il tema nella realt... salvo poi fare tanti gridolini di falsa gioia su architetture delle archistar, concepite e realizzate a senso unico...
Troppa saccenza e leggerezza nel gestire e nel voler intendere il nuovo che, quando viene in termini pensato, crea le vere ipotesi nonostante tutto!
Quell' architettura, Cara Torselli non ha esaurito proprio un bel niente...
Se la si vede ora, la scuola, nello stato di abbandono in cui stata premeditatamente lasciata... si pu anche lasciarsi convincere, ma cos non .
Occorre metterci mano e venire incontro ai tradizionalisti in modo da farli lavorare con le loro idee, ma lasciar leggere l'idea di democrazia e di libert che l'architettura contiene ed esprime... in attesa che uomini dalla mentalit pi aperta e creativa possano agire e "saper vedere" la spazialit di un organismo e semmai utilizzarne lo spirito spaziale che l'architettura contiene...
Tutto questo se vogliamo andare avanti davvero e non fermarsi nelle controtensioni e incrostazioni, animate solo nella viscosit della paura. Occore pi che altro umilt e volont di affrontare in termini concreti il futuro...

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24/11/2009 - Sandro Lazier risponde a Renzo marrucci

Marrucci, lei a volte davvero criptico. Seguirla davvero difficile. Ma ci provo:
Quell' architettura stata ritenuta da alcuni come un corpo estraneo perch troppo innovativa... Ci piace scrivere INNOVAZIONE sulle targhe e riempirci la bocca con questa parola... ma poi ci tiriamo indietro quando qualcuno affronta e propone il tema nella realt... salvo poi fare tanti gridolini di falsa gioia su architetture delle archistar, concepite e realizzate a senso unico...
Fin qui tutto bene, ma una semplice lagnanza.
Troppa saccenza e leggerezza nel gestire e nel voler intendere il nuovo che, quando viene in termini pensato, crea le vere ipotesi nonostante tutto!
Chi sarebbe saccente e leggero, e nonostante cosa?
Quell' architettura, Cara Torselli non ha esaurito proprio un bel niente... Se la si vede ora, la scuola, nello stato di abbandono in cui stata premeditatamente lasciata... si pu anche lasciarsi convincere, ma cos non .
Convincere di cosa, che non in stato pietoso? Oppure, questione sulla quale concordiamo, che non da abbattere?
Occorre metterci mano quello che sosteniamo sia Torselli, che Cusano che il sottoscritto e venire incontro ai tradizionalisti in modo da farli lavorare con le loro idee ma non sono proprio questi che hanno avversato lopera rinunciando alla manutenzione? Venir loro incontro vuol dire, quindi, demolire ma lasciar leggere l'idea di democrazia e di libert che l'architettura contiene ed esprime ...la scrittura, appunto in attesa che uomini dalla mentalit pi aperta e creativa possano agire e saper vedere la spazialit di un organismo e semmai utilizzarne lo spirito spaziale che l'architettura contiene ... qualcuno che io ho individuato in Mario Galvagni.
Tutto questo se vogliamo andare avanti davvero e non fermarsi nelle controtensioni e incrostazioni, animate solo nella viscosit della paura. la paura di chi?
Occore pi che altro umilt e volont di affrontare in termini concreti il futuro... infatti! Pi concreti, coraggiosi e umili di cos?!

 

Commento 7620 di Renzo marrucci del 25/11/2009


La paura quella di chi non accetta la C. Marchesi con la sua apertura spaziale. Aver paura del futuro e di ci che porta al futuro. La paura di affidarsi ad una spazialit veramente democratica e aperta. Parlo della paura delle persone... e di quelle che non hanno voluto manutenzionarla e lasciarla andare a s...
Chi convinto e chi si lascia convincere dallo stato di fatto attuale a cui si arrivati nella convinzione indurita di procedere alla demolizione. Se Sandro Lazier non tra questi non posso che esser lieto.
Saccente e leggero rivolto a quel numero di persone che vogliono demolire, a Pisa ci sono e son tante, per far posto a qualche cosa di pi appetibile al mercato evitando di consolidare l'idea di una citt che merita invece una scuola intelligente e all'avanguardia anche come architettura e innovante nel comportamento e nel rapporto tra allievi e studenti...
Mi scuso se a volte mi dimentico di spiegare cose che per me sono del vissuto personale e viscerale e mi pare che siano scontate ma dipende dalla forma dello strumento e di scrittura che mi incalza all'immediatezza e mi spinge forse nel criptico e forse solo nella passione.

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Commento 7625 di pietro pagliardini del 27/11/2009


Sul boschetto in Piazza Duomo a Milano, e su tutti i boschetti in genere che molti vorrebbero collocare nei centri storici, sono assolutamente daccordo con Mario Galvagni. La citt contemporanea e luomo hanno s bisogno di natura al proprio interno, che siano parchi urbani, parchi di quartiere, intimi angoli di vicinato, giardini privati e quantaltro ma lo spazio pubblico storico non tollera boschetti.

La citt lo spazio antropizzato per definizione e la citt storica la citt per definizione, mentre il bosco natura alla stato puro, quella che luomo ha combattuto per ricavare spazio per s, per le sue citt, per lagricoltura e poi per la produzione; un bosco non pu dialogare direttamente con una piazza perch le due parti sono, filosoficamente, lesatto contrario: o vince luna o vince laltra. Quando una citt decade e poi muore viene risucchiata dalla natura che se ne riappropria, come si riappropria delle colline non coltivate o abbandonate, quindi collocare un bosco in uno spazio fortemente costruito e strutturato il simbolo di una sorta di minaccia alla sopravvivenza della citt. Del tutto diverso il caso di un bosco allinterno di un parco, perch assolve a molte funzioni essenziali per luomo, che parte della natura.

E stupefacente che Renzo Piano abbia dato credito ad unoperazione conformistica di pura immagine e senza alcun beneficio reale, fatta in ossequio ad unideologia che, esaltando una natura immaginaria, nella sostanza contro luomo e contro la sua storia fatta, come afferma Galvagni, di una lotta secolare non per affrancarsene, che non possibile n auspicabile, ma per dominarla e piegarla ai propri bisogni.
Anche quando io ero piccolo cera la festa dellalbero, con la relativa retorica, ma serviva ad esaltarne l'utilit per luomo e, soprattutto, non veniva piantato in piazza.
Saluti
Pietro

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Commento 7626 di Flavio Casgnola del 27/11/2009


"La natura contro luomo e luomo contro la natura. La lotta delluomo stata quella, nella storia, di antropizzare la natura per vivere in armonia con essa. Il paesaggio la natura antropizzata."
Tutto vero solo che...Architettura, appunto quella con la maiuscola, "armonia" ed equilibrio, sforzo sublime di "limitare lo spazio" per renderlo leggibile (nella bellezza) ed utile all'uomo, sarebbe quindi interessante capire cosa si intenda, oggi, per utilit e bellezza.

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Commento 7627 di Renzo marrucci del 28/11/2009


..."Stupefacente che Renzo Piano"... ma che dici caro Pagliardini? Come se fosse la prima volta e ci fosse da stupirsi... Oggi la figura di un architetto se non quella di un attore non lavora o lavora male se non ha valore aggiunto... comunque il compiacimento o il conformismo cosa naturale, semmai obbligata o anche gratuita ma sempre accompagnata da Kilometri di parole gratuite o a pagamento ! Quando Piano spiega le sue riflessioni, non so se ci fai caso, in Tv oppure dietro da qualche bancone... c' vero sussiego malcelato con posa tipica del ruolo... quel ruolo appunto! Ormai si vende anche l'eskimo rosso, il sorriso o l'erre moscia con il quale partecipa alla sua grandeur... Ma non solo merito suo... la colpa vera di certi critici ammansiti e di mas media che hanno bisogno di costruire, di enfatizzare, di ingrandire l'immagine per vendere meglio, dicono, anche il prodotto italiano. Oggi la trovata architettonica solo marketing, globalizzazione e interesse diffuso e non c' da stupirsene purtroppo! Autorappresentazione e marchio... La miglior cosa non pensare con la propria testa, non previsto... se ci pensano gli altri...

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Commento 7630 di Vilma Torselli del 30/11/2009


Mi pare che Marrucci tratteggi con acuta efficacia la 'macchietta' del pi grande architetto vivente (cos ho sentito definire Piano), che Prestinenza Puglisi, con minor ironia e maggior conformismo definisce "il pi persuasivo e affascinante degli architetti presenti sulla scena internazionale" riconoscendogli in dote " straordinaria retorica neo-umanista e accortezza tattica e comunicativa da manuale" (Due sfide per Piano, 2007).
La stessa retorica del boschetto di Milano, la stessa che assegna un nome vagamente 'ambientalista' ,Vulcano Buono, ad un allucinante centro commerciale giocato attorno ad una piazza vuota di alienante squallore.
Se questo quello buono, figuriamoci quello cattivo ........

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Commento 7631 di pietro pagliardini del 30/11/2009


Sul bosco incantato del mago Zurl vi segnalo questo articolo:
http://www.selpress.com/cesar/immagini/301109R/2009113037519.pdf
A me sembra, quella di Abbado, un vero e proprio ricatto ideologico in chiave conformista: volete la star? L'avrete solo se voi, gente di destra, magliari insensibili all'ambiente e al verde, vi inchinerete al Maestro e all'ideologo. Se abboccano affari loro, io non abito a Milano.
Bizze da primadonna...politicamente corrette!
Saluti
Pietro

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Commento 7634 di Renzo marrucci del 01/12/2009


Piantare pi alberi in citt, ma ben venga, intanto conserviamo e curiamo quelli che ci sono come dovrebbe essere, dopo nulla esclude un
ripopolamento arboreo e una spintina al bianco capelluto assessore Cadeo, non male anche per distogliere dalla mania dei parcheggi che stanno infestando Milano mentre la Moratti non si accorge al di l di ogni logica urbana... Ma poi questo il problema da affrontare e a cui Renzo Piano da con il suo solito sorriso quarantaduedentesco, beato lui, il suo solare soccorso? Milano ha tutt'un tratto un disperato bisogno di alberi ? Di musica e di alberi ? Gi ma quando due stars si incontrano si fa spettacolo o mi sbaglio?

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Commento 7635 di pietro pagliardini del 02/12/2009


Non voglio importunare pi di tanto, ma questo articolo di Marco Romano sul Corriere mi sembra che chiuda il discorso sui boschi in piazza.
http://www.selpress.com/cesar/immagini/021209R/2009120238826.pdf
Saluti
Pietro

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