Cartella L - sezione museo
di Antonio Mastrogiacomo
- 20/11/2017
Una definizione accogliente di museo sembra potere essere rintracciata nella cartella L dei Passages di Walter Benjamin - quando li inserisce tra le case di sogno della collettivit "Case di sogno della collettivit: passages, giardini dinverno, panorami, fabbriche, musei delle cere, casin, stazioni. [L 1, 3]."
La storicit della gestione della macchina museale mostra infatti il progressivo coinvolgimento delle masse nella gestione delle opere. La nostra costituzione, ad esempio, inscrive tra i principi fondamentali l'art. 9 per dedicare alla voce paesaggio e patrimonio storico e artistico della Nazione l'azione della tutela; proprio su questa leva legislativa, si pu leggere nella categoria della moda il rapporto di adeguamento della tutela al capitolo voce di bilancio. L'iniziativa della prima domenica del mese rappresenta dunque la mera occasione per ridurre questa frequentazione alla forza impressionante del numero.
Se dovessi riassumere in hashtag: #DomenicaalMuseo e "LArte ti somiglia".
Il caso infatti ha voluto che questa condizione si realizzasse pienamente proprio quando le masse hanno potuto documentare la loro esperienza attraverso la mano tecnologica - o meglio il dito - entrando grazie alla fotografia nel riquadro dell'opera. Gli stessi musei invitano i fruitori ad inviare gli scatti effettuati, sebbene in qualche struttura, timido, un cartello vieti inutilmente la fotografia delle opere. Solo qualche vip artist pu meritare la vigilanza. La fotografia non tocca le opere, sembra. Eppure, ha totalmente riscritto il rapporto con esse, a partire dalla possibilit di studiarle anche da lontano. Ma non per questo motivo che i musei possono essere letti quali case di sogno della collettivit.
Sono i servizi a qualificare oggi i musei quali casa di sogno. Sono i servizi quale portato autentico della legge Ronchey (la cui "vita nuova" ha semplificato drasticamente le procedure per l'affidamento dei servizi aggiuntivi in musei ed istituti del ministero - Nuova vita per la legge Ronchey ) a definirli tali. Per lo stesso motivo per il quale troviamo i caf nei centri commerciali, i caf trovano spazio anche nei musei non diversamente che dai teatri: la ristorazione interna certifica lo statuto domestico di una struttura, qualsiasi essa sia, circoscrivendone i bisogni insieme alle toilette. Ma non solo la ristorazione: la cultura si fa brand nello shop per riprodurre nuovamente quale valore economico. Senza dimenticare il rispetto dei parametri di accessibilit e sicurezza, veri pilastri della dimensione domestica - il processo di vigilanza si sviluppa stavolta a partire dalla trasparenza delle pareti, e non dal circondarsi di mura. Una casa a misura di tutti, ma solo per alcuni.
La formula del biglietto avvicina infine il museo al parco giochi, allo zoo. Una volta entrati, si guadagna infatti la libert di vagare per i confini stabiliti. Eppure, nuove condizioni di fruizione limitano l'esperienza dell'opera (si veda il caso esemplare della cappella degli Scrovegni a Padova) al tour o alla visita a tempo. La prenotazione assicura quindi una visita che pu avvenire solo se programmata, facendosi pellegrinaggio. La teologia dell'arte sostiene questa funzione delle opere quali assegnazione di valore esclusivamente economico.
I musei sono la residenza delle mode culturali del nostro tempo. Ecco perch ci sentiamo a casa quando varchiamo le loro soglie.
(Antonio Mastrogiacomo
- 20/11/2017)
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Commento 14672 di vilma torselli del 29/11/2017
Come spesso accade quando si parla di 'mode', culturali e non, l'Italia sta cercando di adeguarsi al modello americano, efficacemente rappresentato, uno per tutti, dal Guggenheim, una griffe come Prada e Armani diffusa nel mondo, a New York a Bilbao a Venezia a Berlino (dove in joint-venture con Deutsche Bank), vera e propria multinazionale dellarte che gestisce la totalit delle opere del 900 e parallelamente un enorme bilancio per ci che riguarda lindotto (vendita di cataloghi, riproduzioni, gadget firmati, shop museum, guggenheim store, caf museum ecc.), una delle multinazionali dellarte in mano a famiglie americane ricche e potenti che, mettendo a frutto le proprie opere private, gestiscono autonomamente oltre ai vari Guggenheim, il Getty Museum, il Whitney Museum, il Metropolitan ecc. per iniziativa di singoli individui ai quali la comunit, diversamente che in Italia, non ha delegato alcun compito rappresentativo.
Nulla di male che il museo, oltre che cultura, produca anche reddito e servizi, anzi, tuttavia, come commenta Salvatore Settis in una vecchia ma ancora attuale intervista su Repubblica, non va dimenticata la "profonda differenza ontologica tra musei italiani e statunitensi secondo la quale i musei americani non hanno alcun legame storico con il luogo in cui sorgono, a differenza dell'Italia dove formano invece un tutt'uno con la citt, il villaggio, il paese. Gli Uffizi appartengono a Firenze cos come Firenze rappresentata dagli Uffizi. Il Metropolitan, il Getty sono delle "astronavi" che potrebbero vivere ovunque negli Stati Uniti . . (http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/cronaca/musei/settis/settis.html).
Quindi s a ristorazione, bar, oggetti ricordo, gadget, cataloghi, volantini e quant'altro, ma soprattutto iniziative e nuove idee per la valorizzazione del "nesso museo-territorio", per non omologare il nostro paese unico e bellissimo, fatto di realt molteplici ed tutte diverse, alla imperante McDonaldizzazione che non ci rappresenta e non ci meritiamo.
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