Complessit e contraddizioni della conservazione
di Vincenzo Ariu
- 10/10/2016
Complessit e contraddizioni della conservazione e recupero del patrimonio architettonico in Italia
Il patrimonio architettonico storico senza ombra di dubbio una ricchezza delle civilt da conservare e curare come testimonianza e memoria del passato ma soprattutto come parte della realt che d senso al nostro essere al mondo hic et nunc. In Italia l'imponente patrimonio architettonico oggetto di tutela talmente grande e radicato nel paesaggio urbano ed extraurbano da rappresentare una seconda natura originaria per i suoi abitanti. Data l'importanza del patrimonio architettonico italiano il ruolo delle Sovrintendenze , ed stato, fondamentale per la sua difesa dagli attacchi della speculazione edilizia e dagli interessi economici e politici. Nonostante questo fondamentale ruolo di difesa del patrimonio storico, non possiamo non notare alcune problematiche che nel tempo hanno ingessato e impedito lo sviluppo di una sensibilit condivisa capace di ri-pensare tale patrimonio in funzione di una sua per cos dire fruizione o meglio parte della realt contemporanea della vita dei suoi potenziali abitanti. chiaro che addentrarsi nel tema del recupero, restauro e riuso dei beni architettonici storici, e tra essi potremmo considerare nel loro insieme i centri storici, significa confrontarsi con le teorie che da almeno centocinquantanni si contrappongono senza trovare soluzioni condivise. A scanso di equivoci, l'innumerevole letteratura delle posizioni anche contrapposte, che anche oggi dividono i teorici del recupero e del restauro, sono lo sfondo di alcune riflessioni/provocazioni che prover a illustrare.
Conservare o riutilizzare?
Il primo aspetto che vorrei affrontare, tanto problematico quanto complesso, riguarda ogni genere di bene ereditato dal passato: pi importante il valore del bene in quanto memoria di un passato oppure cosa buona e giusta far s che il bene sia utile alla vita di coloro che ne usufruiscono in un certo periodo storico? evidente che le due possibilit, seppure conciliabili dal punto di vista teorico, nascondano delle contraddizioni non sempre facilmente sanabili.
Storicamente noto che i beni materiali del passato sono consapevolmente considerati un valore solo recentemente, in particolare nellottocento con lemergere della sensibilit scientista e storicista. Prima delle teorizzazioni di Ruskin e Viollet le Duc, i materiali del passato rappresentavano cose pi o meno apprezzabili dal punto di vista estetico, ma essenzialmente utili nella loro interezza formale o nel loro potenzialmente essere utili ai bisogni funzionali ed estetici di un tempo che non poteva che essere il presente. Il passato, pi che essere materia, era racconto, storia e mito.
La storia come racconto era considerata una forma di conoscenza in grado di oltrepassare la transitoriet delle cose, rappresentando il senso dellesistenza individuale e collettiva. La ricerca del significato delle vicende storiche dellumanit si manifestava nella ricerca della direzione di sviluppo che a seconda delle culture veniva individuato nella realizzazione di un piano stabilito dalla volont di un progetto superiore ( fondamento religioso), alla cui realizzazione gli uomini potevano, al massimo, cooperare. Nella stessa visione hegeliana la storia universale come sviluppo dello spirito del mondo si sacralizza traslando il concetto religioso di provvidenza in un pi laico concetto di progresso, passando il testimone da Dio alluomo sempre e comunque in una visione profetica.
Parallelamente al declino delle teorie di progresso e la trasformazione della storia da narrazione a disciplina umanistica fondata sul metodo scientifico, il materiale fisico, il documento e il reperto hanno via via acquisito nella cultura occidentale un valore assoluto sul quale fondare la ricostruzione e linterpretazione del passato.
In tal senso dalla met dellottocento assistiamo ad una disputa tra i fautori della conservazione tout court della materia fisica come documento del passato nella sua autenticit e verit e coloro che privilegiandone lorigine di senso (la funzione funzionale, istituzionale e valore estetico) promuovono, nelle diverse declinazioni dialettiche o imitative, la progettazione finalizzata allutilizzo e lappagamento estetico del potenziale fruitore di oggi.
Il novecento e le Carte del Restauro
Se il dibattito ottocentesco si concentrato sul significato identitario del bene storico con le posizioni estreme di Ruskin e Viollet Le-Duc, il dibattito novecentesco cerca di circoscriverlo, codificando metodologie scientifiche o ritenute tali in protocolli internazionali che vanno dalla Carte di Atene del 1931 sino alla recente Carta di Cracovia del 2000.
Il principio che emerge nella sequela delle Carte del restauro, sia internazionali sia nazionali, la volont di conservare il patrimonio storico, rinunciando in parte ad un'ideologica e estemporanea valutazione di valore, di tutte le forme di espressione antropica del vivere delle diverse civilt. Al di l di questo principio condivisibile, ma di difficile realizzazione, le Carte del Restauro codificano metodologie di studio del bene architettonico e artistico privilegiandone l'autenticit materiale e la filologia del restauro scontrandosi spesso con l'esigenza contingente delle comunit di utilizzare il passato e la sua manifestazione fisica rappresentata dal bene per confermare o costruire una identit collettiva. In questo senso possiamo distinguere alcuni casi differenti, non esaustivi, che in diversi luoghi e tempi storici hanno fatto maturare scelte di recupero del patrimonio storico completamente differenti:
- Il recupero dei beni architettonici e la ricostruzione dopo le distruzioni belliche;
- Il recupero dei beni architettonici e la ricostruzione dopo un evento catastrofico naturale;
- Il recupero dei beni architettonici e la ricostruzione dopo evento catastrofico naturale causato dallazione delluomo;
- Il recupero dei beni architettonici abbandonati o in stato di degrado per uso improprio;
A seconda degli eventi che ne hanno determinato la distruzione, o lo stato di degrado, il sentimento collettivo, la politica e le stesse comunit scientifiche hanno privilegiato la ricostruzione o il restauro del bene architettonico della forma, della materia, della tecnica, della tipologia o semplicemente riprogettando loggetto del recupero conservandone memoria documentale e quindi privilegiando lautenticit materiale al suo significato collettivo sia esso ideologico sia esso funzionale alle abitudini di un luogo.
Il recupero dei beni architettonici e la ricostruzione dopo le distruzioni belliche
In questi casi il dramma collettivo ha avuto nel novecento il suo apice nelle ricostruzioni del secondo dopoguerra. La casistica aim amplissima ed ha avuto risposte differenti a seconda del sentimento che il pi grande dramma della storia della nostra civilt causato dalluomo suscit nei paesi coinvolti. In Germania un senso di colpa collettivo fece privilegiare una sorta di tabula rasa che promosse lideologia del Moderno e i principi Bauhaus un po in tutto il territorio. Differente, come noto, fu latteggiamento in Polonia ed in particolare a Varsavia, citt simbolo della persecuzione degli ebrei e quindi considerata dalla comunit, allora socialista ma con una fortissima ascendenza spirituale e cattolica, emblematica per una scelta di continuit storica almeno per il centro della citt. Dopo un dibattito urbanistico piuttosto complesso che vide in qualche modo la contrapposizione di coloro che avevano abbracciato le teorie urbanistiche lecorbusierane della Carta di Atene e il nuovo corso stalinista che privilegiava il classicismo, Il dibattito sul centro storico della citt divenne il laboratorio della ricostruzione come era ( o quasi) e dove era giustificato dalla necessita di ribadire una identit locale che non si piegasse alla monumentalizzazione classicista sovietica e non si perdesse nelle interpretazioni moderniste memori del plan Voisin per Parigi di Le Corbusier. Si scelse la strada della ricostruzione del centro storico recuperando le parti ancora esistenti e ricostruendo gli edifici con metodi costruttivi storici senza rinunciare a innovare le tecniche. Come in tutte le ricostruzioni che partono dallassunto dove era e come era la presunzione di verit che vede nellautenticit della materia originale ma anche nella sua imperfezione e patina messa da parte in funzione di un concetto di verit allargato che comprende la ricostruzione riproducendo tecniche, metodologie e materiali ma in unottica idealistica di definizione formale (tant che in questo caso come in altri casi analoghi si utilizzarono materiali iconografici come le vedute del Bellotto). In Italia il dibattito del dopoguerra decisamente eterogeneo e paga, o da un certo punto di vista ne fa tesoro, le contraddizioni/contrapposizioni ideologiche del fascismo e dellantifascismo. In molti casi per i monumenti simbolici della cultura italiana la scelta di ricostruire i beni architettonici secondo lo slogan come era e dove era con diverse sfaccettature che dipendono dal privilegiare la forma esteriore o anche la tecnica costruttiva e la concezione statica. Nel caso della ricostruzione dellAbbazia Montecassino, distrutta dagli Alleati, dopo acceso dibattito si scelse la strada della ricostruzione fedele, recuperando per quanto possibile i resti materiali, con linserimento di rinforzi strutturali in cemento armato. In questo caso il manufatto preesistente non era frutto di un unico progetto unitario e compiuto ma come naturale una stratificazione storica di modifiche e perfezionamenti che rendeva improbabile una ricostruzione fedele della concezione tipologica e statica in un sito tra laltro ad alto rischio sismico. Per il ponte di Santa Trinita a Firenze, distrutto dai tedeschi in ritirata, le posizioni tra chi intendeva ricostruire il manufatto seguendo fedelmente il progetto ben documentato dellAmmannati sono decisamente pi condivisibili e la ricostruzione del manufatto segue quasi fedelmente ( il cantiere non certo rinascimentale!) la logica costruttiva, statica e materiale del manufatto originale, concepito da Bartolomeo Ammannati secondo principi tecnici e scientifici , ancora credibili per la comunit scientifica dellepoca.
Il recupero dei beni architettonici e la ricostruzione dopo un evento catastrofico naturale
Le distruzioni del patrimonio architettonico storico, che sia un brano di citt o un monumento, causate da un evento naturale come un terremoto, una eruzione vulcanica o unesondazione ( in questi ultimi due casi per le responsabilit vengono scaricate allincuria delluomo o allassenza di rispetto per madre natura) il dramma collettivo assume caratteri completamente differenti dalla distruzione causata deliberatamente dalluomo con un atto di violenza ( potremmo dire dolo). In questi casi il sentimento di pietas e impotenza prende il sopravvento e la sciagura sembra un atto rivolto dallimpotenza di una comunit come rappresentante dellumanit intera di fronte alle forze inaudite della natura. Lintera comunit umana senza distinzioni, si stringe intorno alla comunit colpita che, soprattutto se si tratta di eventi come quelli che hanno colpito centri abitati storici di grandissima qualit artistica e storica come ad Assisi, lAquila o recentemente le Marche, non pu essere incolpata, se non in rari casi per gli edifici di nuova costruzione, di incuria o aver concepito male quelli che nel tempo sono diventate icone dallaltissimo valore culturale. Dopo ogni evento di questo tipo, il dibattito della ricostruzione si infiamma e a differenza delle distruzioni belliche, il come era e dove era alla maniera della ricostruzione del ponte di Santa Trinita, cio riproponendo la forma, i materiali e la concezione statica che leventuale evento distruttivo ne ha dimostrato limpotenza, non pu essere razionalmente ipotizzato, neanche dai pi ideologici assertori di una verit, bont e autenticit della tradizione e di un passato idealizzato. In questi casi nel novecento e in Italia in particolare abbiamo assistito alle pi svariate posizioni quasi tutte inficiate da sentimenti estemporanei che di volta in volta hanno fatto privilegiare scelte tra loro contradditorie sino ad arrivare ai paradossi di intere comunit che per pi di una generazione sono state costrette a vivere in uno stato di emergenza permanente come nel caso del terremoto dellIrpinia con linevitabile spreco di risorse e malaffare. Non potendo affidarsi al consolatorio slogan dove era e come era potremmo considerare come soluzioni possibili la costruzione di una nuova urbanizzazione ( oggi ideologicamente chiamate new town, ma ieri esemplificate utopicamente dalla costruzione creativa di Gibellina, un intervento ad oggi considerato fallimentare ma in futuro potenziale incubatore di valori trasmissibili alle future generazioni) o ricostruire in situ con la consapevolezza che il come era e dove era dovr fare i conti con linterpretazione storica di quello che fu, imperfetto e fragile, e quello che potenzialmente sar, allaltrettanto imperfetto ma ci si augura meno fragile e supportato dalle nuove conoscenze tecniche e daltro canto, non possiamo occultarle, di concezioni dellabitare differenti dal passato, senza per questo annullare i valori psicologici intrinsechi a forme architettoniche e urbane spesso pi immaginate che percepite.
Il recupero dei beni architettonici e la ricostruzione dopo evento catastrofico naturale causato dallazione delluomo
un caso molto frequente nel mondo e in Italia. Per certi versi rassicurante perch levento tragico ha un colpevole che in qualche modo assolve gli altri. Trovare il capro espiatorio, fare giustizia o meglio anche essere semplicemente convinti di trovarsi di fronte ad un evento che ci ha trasformato in vittime di un sopruso quanto mai consolatorio. Purtroppo non sempre cos facile distinguere il bene e il male e spesso di fonte alla semplificazione si nasconde, come direbbe primo Levi, una zona grigia, quella zona che spesso ci vede complici e che vorremmo annullare scagliandoci contro i colpevoli.
In questi casi levento catastrofico distingue anche i manufatti compromessi in buoni e cattivi: una diga che cede inequivocabilmente cattiva perch costruita in un contesto non adatto, perch progettata male, perch costruita male dal malaffare, perch essa stessa nella sua concezione non rispetta madre natura comunque sia perch la tracotanza umana per interesse proprio o per sfidare la natura ha osato tanto. Le cittadine coinvolte con i suoi abitanti non possono che essere considerate vittime della tracotanza di pochi. Se poi lo sviluppo di tali cittadine e dellindotto sono dovute proprio a quel manufatto che ha fatto tanto male, pochi oseranno mai dirlo e devo dire che anchio ho forti dubbi a sostenere che la fiducia collettiva nelle scelte politiche ed economiche di un paese debba essere considerata una colpa. Anche perch se fosse cos qualsiasi iniziativa verrebbe soppesata e procrastinata allinfinito alla ricerca di quella sicurezza che non cosa umana (un atteggiamento che conosciamo bene in Italia e che come conseguenza ha lo spreco di risorse).
Certo il dubbio e il principio di prudenza, nonch lestrema accuratezza dovrebbero rassicurare le comunit coinvolte in grandi progetti con la consapevolezza che lerrore e i limiti della conoscenza lasceranno sempre un varco allimponderabile.
Il tema della ricostruzione dei manufatti buoni quindi di nuovo consolato dallo slogan come era e dove era prima che il manufatto cattivo alterasse lo stato che potremmo definire naturale, e quindi buono in s. Caso emblematico quando la causa di evento naturale straordinario come una eccezionale esondazione di un fiume devasta un territorio le cause sono plurime e in gran parte umane come ledificazione selvaggia, la speculazione sino ad arrivare allo scientificamente comprovato cambiamento climatico dovuto allazione delluomo. In questi casi la ricostruzione del patrimonio edilizio si deve interfacciare con la riprogettazione di un argine o di manufatti di protezione che non esistevano allorigine. paradossalmente consolatorio pensare che ci sia una colpa originaria tipo lindustrializzazione e linquinamento, che ha determinato lo squilibrio di uno stato ideale passato e spesso si dimentica (almeno i politici e il sentimento comune) che quegli stessi eventi si erano gi presentati in passato prima delloggettivo cambiamento climatico.
Il recupero dei beni architettonici abbandonati o in stato di degrado per uso improprio
Il caso meno tragico e pi diffuso ovviamente il recupero dei beni architettonici presenti nel territorio e che per cause differenti sono stati abbandonati, manomessi. In Italia in particolare costituiscono un enorme patrimonio che a seconda del contesto in cui si trovano possono essere recuperati e data loro nuova vita o essere destinati a diventare ruderi, presenze di un passato oramai inutilizzabile se non come memoria della presenza delluomo come le tracce delluomo preistorico in una caverna. Lestremizzazione che ho proposto non casuale perch proprio in questa distinzione, tra manufatti che possono essere rivitalizzati ricostruendoli o recuperandoli inserendo nuove dinamiche al passo con il tempo presente e i manufatti intoccabili che non possono essere ripensati per la vita delloggi perch dislocati in luoghi particolari ( i ruderi della civilt contadina diffusi in tutte le nostre colline) o perch intoccabili per un atteggiamento eccessivamente conservativo che rende impossibile nuove interpretazioni per la vita contemporanea ( manufatti presenti nelle citt che anche quando trovano linvestimento ammettono solo la generica funzione di contenitore esposito destinato nella maggioranza dei casi ad essere inutilizzato), si trova la possibilit di trovare investitori pubblici e privati capaci di una visione complessiva che possa dare loro nuova vita. In questo caso le distinzioni tra i manufatti sono essenziali e superare lideologia della conservazione delloggetto materiale senza immaginarne un utilizzo significativo per la vita contemporanea non pu che significarne labbandono. Un abbandono che solo in parte pu rimandare ad un tempo futuro la possibilit di un recupero idoneo anche perch solitamente tali ruderi isolati nel territorio si trasformano in zone abbandonate al degrado che tutto deturpa e nulla conserva. Come in una casa abbandonata da tempo, i segni del tempo lasciano cicatrici indelebili e non paragonabili allincuria di abitanti negligenti.
Questo il rischio che corre una buona parte del patrimonio storico italiano, tutelato allinverosimile da qualsia ipotesi di recupero e interpretazione e di conseguenza destinato allabbandono o a restauri semplicemente conservativi in genere finanziati pubblicamente, che se non per i monumenti pi importanti che hanno comunque un valore storico nella loro semplice presenza, rischiano di rimanere contenitori vuoti destinati allincuria.
Conclusioni
Senza porsi arbitrariamente al di sopra di un dibattito cos eterogeneo e sensibile agli umori delle differenti situazioni storiche, politiche, sociali ed economiche, forse possibile fare qualche considerazione. Il patrimonio storico parte inscindibile del nostro presente e aldil di qualsiasi pregiudiziale, la conservazione, il recupero ed eventualmente la sua ricostruzione non deve essere caricata di significati alieni o fideistici. Non esiste un significato a priori dellinterpretazione progettuale e concetti come verit, autenticit sono solo costruzioni ideologiche che variano nel tempo e nello spazio. Il valore della materia in quanto tale anchesso un presupposto di un modo di pensare della cultura scientista occidentale, sicuramente interessante, ma non per questo incontestabile.
Il tentativo di definire regole e precetti sul recupero del patrimonio storico lodevole ma non pu trasformarsi in leggi incontestabili, ma in suggerimenti alla riflessione e allinterpretazione complessa del recupero, restauro o ricostruzione sicuramente pi ricca di applicazione scolastica di regole fredde oltrech sempre discutibili.
Nella convinzione che tutte le interpretazioni, se argomentate, rientrino nel dibattito culturale di una civilt, bisognerebbe che ogni intervento avesse quel margine di libert che consenta al progetto di recupero dellesistente la possibilit di misurarsi con il passato prendendo coscienza di esso, senza limitarsi alla distanza che una analitica filologia spesso nasconde.
Nei casi tragici causati dalluomo o dalla natura che ci costringono alla ricostruzione di intere parti del patrimonio storico stare attenti agli umori e sentimenti collettivi evitando le ricette facili e ideologiche e proponendo in alternativa proposte multiple che consentano il recupero e nello stesso tempo linnovazione perch la ricostruzione anche quando vorrebbe essere dovera e come era sempre un progetto del presente in prospettiva storica.
(Vincenzo Ariu
- 10/10/2016)
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Commento 14425 di Dipl. Architekt nicolo piro del 13/12/2016
L' Huffington Post 13.12.2016
Da Gentiloni una buona Politica per la
Stia per attento alla "lealt" offertagli dal cannibale e sciacallo, imbro(co)glione, narciso e ignorante Matteo Renzi (e corte), per evitare che gli venga riservata la fine di Letta. La baggianata della crisi con in primo piano uno scialbo e zoppo pdR. Sergio MATTARELLA-BUCCELLATO, cerimonie, picchetti di (dis)onore, passarelle di cadaveri, stupidit raccontata dai media ruffiani ha un solo aspetto di positivo: la spedizione - speriamo definitiva - del pupo fiorentino nella discarica della storia di questa vuota repubblica dove, come narciso, avr tutto il tempo per andare in cerca di pozzanghere dove specchiarsi.
Gentiloni, inoltre, che si guardi bene da comunisti velenosi come Del(i)rio ed Err a n o, e il pi presto possibile provveda a sostituirli in quanto incapaci di gestire una operazione s complessa come la ricostruzione dei luoghi colpiti dal sisma per la quale irrinunciabile deve essere il ruolo di studiosi di sociologia urbana, storia, storia dell' Urbattura medievale, ingegneri strutturisti, ingegneri tecnologici, e l' apporto oltremodo irrinunciabile di esperienze internazionali recepibili rivolgendosi ad architetti di Olanda, Germania, Danimarca, Giappone - in primis il grande architetto danese Jan Ghel - e con l' indire concorsi internazionali di progettazione, come esemplarrmente continua a fare la Germania, con punto focale proposte d' intervento nella citt storica italiana medievale e alla riscoperta dei caratteri dei suo caratteri cristiani (Italia centrale) e islamici (Italia meridionale e Sicilia), avendo posto come punto di partenza una indagine accurata sull' Urbanistica greca (Polis) e romana (Urbs), vista come nucleo costitutivo della
Porti, pertanto, il Capo del nuovo (mal)Governo, Paolo Gentiloni, la cultura urbana al posto che merita e che in questa Italia cialtrone non le viene concesso, e trovi il coraggio di fare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti il
Questa sarebbe veramente la
Un buon lavoro, pertanto, auguro a Paolo Gentiloni con l' auspicio che la Signora (architetto) possa essergli brava consigliera,
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Categoria: Politica
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