Il padiglione italiano di Expo 2015
di Sandro Lazier
- 9/5/2015
Il padiglione italiano di Expo 2015, progettato dallo studio Nemesi di Roma, senza entrare nel merito dei costi - che comunque dovrebbe contare nel giudizio di un'opera, se non altro perch questo tipo dimmunit pretenderebbe di frequentare i quartieri alti della storia dell'arte - lascia piuttosto perplessi per alcuni motivi che cercher di esporre in dettaglio, anche se uno, in particolare, sarebbe necessario e sufficiente a escludere questo progetto dal novero degli eletti: la sua goffaggine.
La contemporaneit della scrittura architettonica concede una variet di possibilit espressive che spaziano dalla rielaborazione dellesistente, affidandosi questo al rigore della geometria classica, fino alla distruzione dogni valore compositivo, capace di tirare in ballo geometrie molto complesse.
In ognuna, a parte le ovvie distinzioni teoriche che caratterizzano ogni dottrina di progetto, c la possibilit di trovare aspetti che, pur non condivisibili sul piano teorico, possono suscitare positive reazioni emotive.
Come dire che la poesia, quando c al livello pi alto, se ne frega delle teorie che la generano.
Unarchitettura, quando si presenta con la postura dun militare, rigida e simmetrica, difficilmente riesce a colpire la mia personale sensibilit. Ma ci sono casi in cui pu accadere ed accaduto.
Cos unarchitettura libera, quindi capace di invadere lo spazio in modo dinamico, leggero e vivace al pari duna danza riesce, in principio, a ottenere il mio plauso; ma quando si presenta goffa, tramortita e immobile (questa ha la parvenza di un pachiderma incapace di alzarsi) non c teoria o metafora della natura in grado di rimediare al cruccio che si potesse realizzare comunque qualcosa di meglio.
Se poi sindagano i motivi di tale risultanza, non si pu non partire dal pi evidente.
Se luso di morfologie di chiaro riferimento naturalistico devono ispirare in maniera organica il progetto (organica nel senso della tradizione architettonica che ha generato questa definizione), questo non pu appartenere alla sola pelle che ricopre una struttura in tutto e per tutto contraddittoria. Vi spreco di risorse e di concetti.
Non si pu realizzare una maglia rigida e schematica, che segue esclusive logiche statiche elementari, costringendola oltretutto a forzati artifici sovrastutturali, per potergli appiccicare un costoso e greve rivestimento, tirando in ballo la retorica della natura. La natura, infatti, non si comporta in questo modo. In natura, struttura e rivestimento sono morfologicamente e organicamente coerenti.
Sembra evidente, a questo punto, che laspetto scenografico abbia condizionato lintero progetto e questo aggrava la sua condizione critica. La domanda infatti questa: se contava innanzitutto la forma, perch risultata cos goffa?
Altro elemento criticabile, se effettivamente lispirazione del progetto traesse origine dal tema della sostenibilit ambientale e da una nuova coscienza delle risorse del pianeta, la ricerca assillante di geometrie distorte che, come pieghe di mantello sontuoso, ricoprono il corpo sfatto dun bulimico metrocubismo di convenienza.
I dettagli sovradimensionati che traspaiono dietro la pelle confermano unattenzione rivolta pi alla forma esteriore che alla sostanza architettonica e ai particolari che, nei migliori esempi, la nobilitano.
(Sandro Lazier
- 9/5/2015)
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Commento 13616 di Vito corte del 10/05/2015
Sono sostanzialmente d'accordo anche se mi riservo di andare e verificare sul posto. Le foto spesso ingannano (ma ancor pi spesso ingannano a favore dell'opera...).
Aggiungo che siamo al punto che dire queste cose, che non da male a nessuno e anzi farebbe bene a molti, suona stonato mentre fare 'ooooh' ammirati davanti a opere siffatte (e siffatte storie che stanno dietro queste opere) fa star nella cerchia della tendenza. Nel giro.
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Commento 13617 di scandellari del 10/05/2015
Articolo condivisibile in ogni sua parte. Una critica elegante, nel voler tralasciare i costi ma non la goffaggine del manufatto, che offende la sensibilit di Lazier e non suscita emozioni, come dovrebbe fare l'architettura quando poesia, invece il padiglione italiano, sotto la pelle decorativa, ha un malcelato e "bulimico metrocubismo".
Geniale l'albero della vita luminoso e l'idea del castro e del decumano con la Piazza Italia all'incrocio.
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Commento 13618 di vilma torselli del 11/05/2015
Indubbiamente, come suggerisce Vito Corte, sarebbe meglio verificare sul posto, scoprendo che, da altre angolazioni, il volume decisamente meno goffo, laddove squarci vetrati sembrano voler liberare una seconda pelle, lucida e trasparente, dallintrico di sovrapposizioni che ne costituiscono il confine e linterfaccia con lesterno.
Di grande suggestione percettiva gli interni, dove una sorta di entropia architettonica fa venire in mente la versione brutalista di un Calatrava o certe sperimentazioni sullinvolucro di Herzog & de Mueuron.
Nel bene e nel male, unarchitettura frutto di una mente estesa in sintonia con la nostra natura biologica che aspira ad integrare dati emozionali, sensoriali, culturali, sociali secondo un principio di correlazione totale, tracciando la via per un post-decostruttivismo prossimo venturo che gi fa apparire obsoleti i scintillanti ghirigori barocchi di Gehry e le cervellotiche architetture diagrammatiche di Hadid.
Quanto all'albero della vita, lo vedrei perfetto per la piazza principale di Dubai.
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11/5/2015 - Sandro Lazier risponde a vilma torselli
La mia critica, Vilma, riguarda il come, non il cosa. Ed il come questa architettura stata espressa, in forma del tutto scenografica, che mi fa dubitare della sua capacit di superare quella che molti considerano la deriva decostruttivista. Infatti, credo, se si ha intenzione di generare nuovi linguaggi, questi non possano che procedere da una rinnovata scrittura, la quale non pu essere limitata alla sola pelle delledificio ma deve coinvolgere la sua struttura. N Gehry, n Hadid hanno mai concesso troppo allepidermide. Discorso diverso per Calatrava che, nella sua ripetitivit rimane, a mio parere, un neoclassico. Le strutture di Gehry e Hadid, se vogliamo, nel loro delirio drammaticamente espresso, urlano a partire da dentro; non sono espressioni di facciata su un fisico compassato e indifferente, pronto, se ce ne fosse necessit, a cambiare la propria pelle e il proprio destino. Insomma, una struttura buona per tutte le stagioni con su la maschera di circostanza. Siamo in pieno melodramma.
Ma forse sta qui tutta litalianit.
Commento 13619 di vilma torselli del 12/05/2015
Sandro, mi pare che l'architettura contemporanea, come del resto l'arte visiva, sempre pi tenda ad un linguaggio sinestetico entro il quale la scenografia (il come) rivendica la sua parte. Perch pelle, epidermide, facciata dovrebbero essere termini esclusi da ogni discorso sull'architettura? Forse la pelle non indispensabile tramite per portare in superficie l'urlo che parte da dentro? E non proprio la manifestazione epidermica, melodrammatica, teatrale che lo riverbera all'esterno? E la pelle, non forse il luogo in cui l'architettura confina col mondo ed acquisisce senso dal confronto con esso?
L'apparenza sta sempre pi diventando sostanza, sostituendo l'immagine della rappresentazione alla rappresentazione stessa in una 'realt aumentata' o aumentabile con informazioni 'aggiuntive' che possono alterare radicalmente la percezione spaziale di ogni architettura. Se l'architettura, come ogni esperienza umana, ci che percepiamo di essa, oggi l'architettura uno spazio, o meglio la percezione di uno spazio, radicalmente cambiato nei suoi stessi parametri, pluridimensionale, elastico, mutevole, colorato, interattivo, contaminato, multiforme, virtualizzato e, perch no, scenografico, questo ci dice il viaggio ai limiti della realt tra i padiglioni dell'Expo.
"La storia dell'architettura anzitutto e prevalentemente la storia delle concezioni spaziali" scrive Zevi ("Saper Vedere l'Architettura", 1948), ma lo 'spazio puro' non esiste pi e forse non mai esistito.
E se la 'sostanza architettonica' fosse oggi la 'forma esteriore' ?
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Commento 13621 di Pietro c. del 13/05/2015
Premetto che non ho visitato il padiglione in questione, quindi mi astengo da un giudizio definitivo su di esso. Detto ci a quanto si pu vedere dalle immagini condivido la recensione. Mi sento di aggiungere ancora una riflessione sulle motivazioni che possono spingere la progettazione verso questi risultati. Secondo me importante, per capire, tenere presente il contesto in cui quest'architettura si inserisce. Stiamo parlando di un contesto ad alto grado di spettacolarit (spettacolo che comunque non sempre intendo con accezione negativa, quando c' chi sa farlo), in cui i visitatori mediatici saranno enormemente superiori a quelli reali, ossia i fruitori dello spazio: in fondo, nel complesso della manifestazione credo (ahim) che le architetture ricoprano un ruolo di supporto, uno dei tanti elementi della socit soggetti a reificazione, la dove il fine ultimo il giro di denaro messo in circolo per far girare altro denaro. Questo non per giustificare le scelte progettuali, ma per provare a darne un'interpretazione.
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Commento 13630 di greemens del 31/05/2015
BRAVO Lazier... ti condivido in toto, hai proprio centrato il punto... l'architettura ha perso la sostanza, divenuta solo apparenza e tutti a gridare "contemporaneo, spettacolare", senza capire... parlare di architettura organica, o peggio di decostruttivismo, x questo manufatto "metrocubista" con pelle alla copia&incolla; (vd stadio Pechino) totalmente scisso interno/esterno davvero uno schiaffo a chi "sa vedere l'architettura"... il commento riparatore alla tua critica attesta la vera limitatezza culturale di questi "critici trend" che applaudono ad ogni schifezza che purtroppo da troppi anni ci fanno passare x architettura... la tristissima verit che l'architettura morta, purtroppo... hanno ammazzato il vero architetto togliendogli la libert, l'essenza vera alla base di ogni architettura... e non solo un discorso italiano (che ormai conosciamo bene), ma tragicamente mondiale... Gehry un po' resiste ancora, trovo che ultimamente anche la Hadid ha ceduto... e l'ignoranza architettonica impera...
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