Il design cambia il mondo?
di Gianni Marcarino
- 15/4/2001
Ho letto su ECCODESIGN
la risposta di Gloria Cerini allarticolo di Barbara Friedrich pubblicato
su Interni n. 499.
Mi occupo di arredamento per mestiere nel senso che vendo mobili, tra
cui oggetti di Zanotta , Moroso ed altri ( stop alla reclame
), ed
ho trovato interessanti le Sue considerazioni circa lattuale situazione
di crisi del design.
Il lavoro mi consente di essere quotidianamente a contatto con gli attori
che recitano nel teatrino dellarredo ( designer, produttori, riviste,
commercianti, consumatori) ed il Suo intervento mi da lopportunit di fare una riflessione e partecipare al dibattito.
Il design e larchitettura, non possono cambiare il mondo in cui
viviamo, se per mondo sintende la cultura e non solo superficiale
civilizzazione o peggio stile.
Essi sono , semmai, la cartina al tornasole della situazione in cui viviamo perch assorbono lessenza delle qualit culturali ed etiche di una societ in un dato momento.
La pretesa degli architetti e dei designer di una propria funzione salvifica, decisiva per il bene della societ, la glorificazione del progetto inteso come pianificazione del futuro, stata ed un presuntuoso gesto di aristocratico distacco dalla realt. Intendo dire che la cultura complessiva di una data societ, in altre parole il modo di vivere e sentire la quotidianit, che determina ed allo stesso tempo si relaziona con attivit quali il design o larchitettura. Se la societ vive un cambiamento di valori questi si riflettono nei prodotti che vengono creati . Se mutano i progetti e gli oggetti, vuol dire che si stanno modificando le condizioni generali che ne consentono la nascita e lo sviluppo.
Dunque, pi modestamente , e dallinterno della societ, il designer,
larchitetto possono combattere la loro battaglia INTERAGENDO col
mondo, se hanno cose, idee, visioni da proporre. Sicuramente saranno in
grado di migliorare il mondo quei prodotti che in senso pratico ed estetico
offriranno alle persone una risposta tangibile ai bisogni; ma questo mi
pare secondario, quasi ovvio, rispetto al modo in cui il progettista si
pone di fronte ai problemi, quando crea ,quando opera delle scelte e formula
delle proposte.
E questa forse oggi la crisi del design. Nel dopoguerra ognuno faceva il proprio mestiere.
Il produttore era un personaggio tecnicamente abile che si preoccupava di fare al meglio le cose, il progettista aveva una visione nitida del progresso come avanzamento della modernit e cera un pubblico disponibile a tuffarsi nel consumo colla voglia di cose nuove. Il tutto per lasciare alle spalle la guerra, la morte, la fame. Era normale che la voglia di nuovo, di vita, di giovent prendesse il sopravvento. Non dimentichiamo che materialmente, cera bisogno di tutto .
Uno scenario molto diverso da quello attuale che ci ha consegnato un benessere stanco.
Le cause sono molteplici e stanno nella storia italiana di questi decenni.
Credo, tra le principali, il mancato progresso della nostra societ verso
maggior libert e responsabilit individuali. Ogni categoria sociale ha
cercato di costituire norme, leggi, regolamenti sempre pi complicati
ed inestricabili per garantirsi una sopravvivenza di tipo corporativo,
col risultato di una vita sociale pi costosa e pi difficile. Da qui
il riflusso, la nostalgia di tempi apparentemente felici, il rifiuto della
modernit.
In questo contesto le aziende che hanno fatto la storia del design hanno
in un certo senso subito la situazione, ma hanno anche colto loccasione data dal marketing di posizionarsi, usando la comunicazione, in una nicchia estetico-sociale cercando di
difendersi dallattacco delle grandi distribuzioni.
Naturalmente occorre distinguere il design dinterni che ha vissuto
questi eventi in modo drammatico dagli oggetti progettati per essere visti (auto, accessori, elettronica ecc
) che hanno invece avuto una evoluzione pi legata alla moda ed alla tecnologia; ma proprio larchitettura ed il design per la casa sono un bello specchio della cultura reale.
Fenomeni come IKEA od altre grandi distribuzioni organizzate che vivono sulla copia del
prodotto originale non possono certamente essere salutati come la democratizzazione
del design per tutti ma penso siano un effetto della volgarizzazione ( ovvero dellaccesso di milioni di persone ai beni prima disponibili ai soli privilegiati) della nostra societ . Questaccesso non pu essere elegante, colto, morale, perch non ci sono le condizioni perch ci avvenga. Allenfasi ipocrita dei prezzi bassi e democratici di certi mercatoni (perch il rapporto qualit prezzo non giustifica luso di tali definizioni) ha per contribuito purtroppo un atteggiamento moralistico presente, in parte, nel design:
prodotto in serie, per tutti, a basso prezzo. Il prezzo giusto
nasce dalla somma e dallelaborazione dei costi che fanno giungere
loggetto dal progetto al consumatore in tutte le fasi necessarie,
dalla produzione alla distribuzione. (Questo nel suo insieme il design).
Dovrebbe essere la libera concorrenza a fare da elemento equilibrante.
Cos alla fine, attraverso la pubblicit , chi ha copiato e continua a
copiare si impossessato del messaggio politico-morale di
molto design del dopoguerra, vendendo poi le cose che conosciamo.
Alternative? Forse la possibilit di una parte sempre maggiore della popolazione di accedere alle informazioni, di confrontare le proposte, le idee, per poter premiare nel tempo chi mette anche un poco di anima nelle merci.
(Gianni Marcarino
- 15/4/2001)
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Commento 6600 di samu del 25/12/2008
Va bene, pero, noi come posiamo sostenere anche la classe pi potente e chiamiamola pi bisognosa? Sto parlando delle famiglie che vivono con 1500 euro al mese.
Ci dovrebbe essere una soluzione se non arricchirli tutti per permettersi ci che piace a tutti noi.
Oppure i oggetti di gran classe da essere pi accessibili cosa impossibile dal punto di vista morale (non puoi chiedere ad artisti di gran classe a produrre degli oggetti a basso costo, ed altro ancora), oppure quelli in seguito dovrebbero comprare da fuori Italia e investire in paesi dove anche la mano di artisti costa molto meno di qua (cosa gi presente nella nostra vita) che porta a un sviluppo sempre sempre pi in basso.
Perch alcuni si e altri no? Chi dice ci che alcuno debba avere e che i altri non possono? Voi? Tu? Io? O no.. non se ne parla proprio.
Probabilmente l'unica possibilit da differenziare sar sempre di portare l'innovazione, e un nuovo stile, sempre pi arrogante pi intrigante e pi razionale, esattamente simile a un ritorno al passato con nuove tecnologie e materiali eco sostenibili.
Pensateci comunque a una soluzione che potrebbe differenziare questo "clonaggio" , simile al come sono differenziati i marchi automobilistici, e non criticate l'opportunit per ogni uno di avere quello che desidera.
Buon Natale e Auguri per il nuovo anno che suona'l campanello.
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