Mascalzonate di un critico mediocre
di Sandro Lazier
- 19/7/2013
In un recente scritto sul web, Punto e a capo per la critica in Italia (n.2) , Valerio
Paolo Mosco compie una di quelle azioni che volgarmente vengono definite mascalzonate.
Chi si comporta in maniera disonesta, falsa, e senza scrupoli, non pu essere
definito diversamente. Il suo scritto, tra laltro in risposta ad uno peggiore
di Luca Molinari, non fa che darci la dimensione dellacredine e della
frustrazione presenti nei personaggi di quel mondo autoreferenziale e decotto
che approvvigiona le varie scuole darchitettura italiane.
Un blabla nauseante, condito di retorica nichilista e pedanteria
letteraria, messo in atto al solo scopo di deprimere un contesto culturale sul
quale possano emergere i pochi nani del loro affezionato carrozzone accademico.
Non sto a elencare tutte le falsit denunciate in un pur breve testo sedicente critico. Mi
limiter a dire quelle relative alla figura di Bruno Zevi.
Dice Mosco: Come si
sa la costruzione critica di Zevi un peculiare prodotto di sintesi tra purovisibilismo,idealismo crociano (a cui si aggiunge De Sanctis) e verve militante alla Persico, ingredienti tenuti
insieme dalla fede che lanalisi critica del linguaggio avrebbe identificato le
tendenze e con esse i paradigmi generali che sottendono le stesse.
Vi una grossa contraddizione in questa frase. Se la
costruzione critica di Zevi si fonda su purovisibilismo
e Croce, cio sullarte per larte, l'espressionismo, il soggettivismo della visione, come pu la stessa produrre paradigmi a
sostegno di tendenze? Lanalisi critica del linguaggio condotta da Zevi, le
famose invarianti, non sono modelli ma chiavi di lettura. La difficolt di
conciliare la libert espressiva con i confini imposti dal linguaggio ha
ispirato la teoria delle invarianti: non si possono dare regole per progettare
ma si possono individuare identit sintattiche nella lettura delle opere. Per
Zevi, leggere e scrivere non sono atti simmetrici. E questo Mosco non lha sicuramente
compreso.
Dice ancora Mosco: Zevi
in quello che si pu considerare il suo testamento intellettuale, il Manifesto
di Modena, svilisce la sua argomentata costruzione schiacciandola su tesi che ormai
hanno perso la plasticit argomentativa del passato. Nel Manifesto egli afferma
infatti che finalmente la battaglia dellarchitettura moderna era vinta in
quanto lallora imperante decostruttivismo dimostrava che modernismo e senso
organico avevano trovato finalmente una sintesi operativa. Sarebbe bastato
quindi continuare a storcere ancora di pi gli edifici, deflagrarli
arbitrariamente, congestionarli oltre la ragionevolezza, renderli organismi
compulsivi come tribolanti figure manieriste, per arrivare al porto sicuro di
una modernit paga dei suoi stessi tormenti.
Questo assolutamente falso. Travisa quanto Zevi nelloccasione
ebbe modo di dire. Lo so perch ero presente. Zevi non parlava mai di
modernismo ma di modernit. La vittoria dellarchitettura moderna, a cui Zevi
faceva riferimento, riguardava la modernit nel senso che Baudrillard aveva
dato a questo termine: modernit come crisi trasformata in valore. Chiunque minimamente
si sia occupato di Zevi non pu ignorare questo aspetto. Non pu confonderlo
con unidea triviale di modernismo, come fa scorrettamente Mosco nel suo
scritto. Se sintesi avvenuta, una sintesi nobilmente costruttiva, capace di
costruire poesia sopra la retorica rovesciata degli edifici storti, della loro
crisi. Il portato di tale novit concettuale strabiliante perch apre larchitettura
allesperienza di nuovi strumenti, mezzi e geometrie spaziali. Proprio quelle geometrie
che irritano quei pedanti dellaccademia, tradizionalisti nel profondo, poco colpiti
dalla crisi che sono quindi poco disposti al cambiamento. La modernit non paga dei propri tormenti ma appena
agli esordi dun cammino fecondo, appena frenato da giullari e buffoni di corte
che occupano impropriamente gli assi ortogonali delle istituzioni culturali di
questo paese.
Per finire, il gran finale di Mosco, con riflessione sullimportanza
della rete.
La pochezza delle
argomentazioni di Zevi nel breve testo del Manifesto allarmante; rileggendola
si ha gi il sapore di quel chiacchiericcio per slogan che da allora in poi
avrebbe nutrito il battibecco ad oltranza del web.
Cosa dire? In fondo, scrivendo egli stesso sul web, si d del coglione da solo..
(Sandro Lazier
- 19/7/2013)
Per condividere l'articolo:
Altri articoli di Sandro Lazier | Invia un commento all'articolo |
Stampa: "Mascalzonate di un critico mediocre.pdf" |
Commento 12501 di davide tommaso ferrando del 19/07/2013
Sono contento che questo post stia generando un certo dibattito, era proprio quello l'obiettivo, ma ho difficolt a capire la posizione di chi si infuria quando viene offerta una lettura critica - corretta o sbagliata che sia - del pensiero di un autore che, per quanto importante, morto pi di dieci anni fa.
Soprattutto quando tale lettura non costituisce il nocciolo della questione. Lo stesso era successo con il testo di Molinari, che solo tangenzialmente toccava il problema della critica su web (due paragrafi VS tre pagine di articolo), ma che proprio su quella parte stato messo ampiamente in discussione da, guarda un po', tutti (o quasi tutti) coloro i quali non sono stati menzionati.
Sul ricorso a certi aggettivi, invece, preferisco stendere un velo pietoso.
Tutti i commenti di davide tommaso ferrando
19/7/2013 - Sandro Lazier risponde a davide tommaso ferrando
Scusa Davide, dovremmo finirla di trattare i dibattiti come se fossimo al circolo del bridge.
Se devono volare schiaffi, pazienza, ma smettiamola con il tono ipocrita e permaloso di chi vive sopra i problemi con la presunzione di esserne indenne.
Ho difeso Bruno Zevi perch lo conosco meglio. Ma il testo di Mosco pieno di cialtronerie che riguardano anche altri. Se vai sul blog di Prestinenza, ne troverai quante ne vuoi.
Quando si vuol parlare di tutto, e Mosco in questo caso la fa, c' il rischio d'esser superficiali e di trovare qualcuno che ti tiri le orecchie. Giustamente. Se Mosco non si desse tante arie, diremmo che le sue sono dimenticanze, approssimazioni. Ma un primo della classe come lui, che scrive quel che scrive, finisce dritto dritto nel girone della cialtroneria.
Sull'articolo del distratto Molinari, per finire, certo che ha reclamato chi non stato citato! Chi doveva reclamare, la badante?
Commento 12502 di lilly greemens del 20/07/2013
Bravo Lazier...
A costo di passare x nostalgica, credo fermamente che la vera critica architettonica purtroppo sia morta con Zevi... i tristi tempi che stiamo vivendo portano ad un recensionismo "on demand" estremamente capillare che, mistificando, deprime tutto... si parla a vanvera solo x supportare la mediocrit imperante nel nostro settore, pensando solo e soltanto al tornaconto personale di brevissimo periodo, non curandosi minimamente delle conseguenze, ossia del dilagare di un'omologazione nauseante.
Si autocelebrano personaggi indubbi, si esalta il nulla... manca come non mai una voce critica che, senza "padroni", sapeva vedere l'architettura.
L'Universit ha colpe immense... ha sdoganato la mediocrit x far numero... ed ora siamo circondati da supponenti personaggi che ci stanno soffocando in tutti i sensi... il vero architetto sta morendo, isolato dal "dividi et impera" artatamente perseguito da chi vuole annientarci definitivamente con leggi, norme e commi che piano piano, anno dopo anno, ci stanno rubando il nostro bellissimo mestiere.
Tutti i commenti di lilly greemens
Commento 12503 di davide tommaso ferrando del 20/07/2013
Trovo spassoso che nel 2013 ci sia ancora chi pensa che essere menzionati in un articolo abbia qualche significato, al di l del piacere personale. Capisco nel secolo scorso, quando o si era recensiti in una delle poche riviste in circolazione, o il proprio lavoro restava sconosciuto. Ma riscontrare queste logiche nell'era del web e dei social networks, soprattutto se a utilizzarle sono scafati blogger, fa tenerezza.
Molinari: gli si tira le pietre quando apre troppo le maglie, come nella selezione per il Padiglione Italiano del 2010, e gli si tira le pietre quando decide di chiuderle, come nell'articolo su ilPost.
Mosco: le bacchettate sulle mani dei maestrini zeviani fanno ridere. Invece di fare dispetti al "primo della classe", perch non scrivere e pubblicare versioni alternative dei fatti, possibilmente altrettanto documentate, per trasformare queste tristi e inutili rappresaglie in una serie di testi capaci di aprire e mantenere un confronto?
Tutti i commenti di davide tommaso ferrando
20/7/2013 - Sandro Lazier risponde a davide tommaso ferrando
Senti Davide, i maestrini zeviani hanno una loro posizione netta, chiara, conosciuta, dichiarata, che difendono quando la si vuole archiviare come roba vecchia di un vecchio e scomodo rincoglionito.
Gli zeviani hanno per anche un merito: discutono a viso aperto. Questo perch non fanno marchette, di solito, e quando lo fanno perch ci credono. Quando ci credono documentano, sempre.
Altri, curatori e non, fanno marchette per fare marchette, cercando di deprimere lintorno per far emergere i nanetti della loro corte. Il fatto che, una volta emersi, poi si vede cosa fanno.
Le versioni alternative dei fatti, come le chiami tu, sono rintracciabili da almeno 20 anni. Da 10 anni, da parte nostra, non abbiamo fatto altro che argomentare le cose che ci piacevano o quelle che ci spiacevano.
Per trovare il chiacchiericcio devi andare a scovare altri testi, in qualche altro luogo della rete.
Ti consiglio questo http://www.artribune.com/2013/06/architettura-nuda-1-un-invito-sulla-nudita/, dove Mosco, in un breve scritto di una pagina e mezza, d prova di esperto saltimbanco della citazione da chiacchiericcio. Un name dropper che riesce a mettere insieme in sequenza: Panofsky, Rowe , San Pietro, Karl Marx, Rousseau, ovviamente Nietzsce, Freud, Agamben, Nancy, Giedion, Pevsner, Zevi, Banham, Weber, Foster Wallace. Con tanto di grado zero citato a sproposito.
Mi pare che la confusione regni da unaltra parte, non qui.
Sul fatto delle menzioni s discusso abbastanza al tempo. Ritengo largomento esaurito.
[Torna su]
[Torna alla PrimaPagina]