Torna alla PrimaPagina

Altri articoli recenti
articoli

Commenti
Ci sono 15 commenti relativi a questo articolo

Commento 6471 di lilly greemens del 17/10/2008


Colpita e affondata... max nostalgia, malinconia, etc, etc... Se all'inizio del 2000 gi parlava di restaurazione, mi immagino i suoi scritti oggi... dove a Roma si sta pensando ad un finto parco x turisti con finti monumenti e x meri motivi politici si tenta di stoppare tutta la nuova architettura, perfino gi in cantiere... dove si d voce a Salingoros ed a tutte le sue idiozie... quando x ammazzare l'architettura contemporanea leggiamo trite e ritrite pseudo-critiche a generici archistar, senza saper + discernere chi davvero un architetto e chi ci fa solo x business... dove tutto il mondo accademico ha finto di essere decostruttivista ammazzandone l'indole, facendola diventare una moda senza senso... non capendo un 'acca del filo rosso che lega qst contemporaneo linguaggio architettonico alle + fervide sperimentazioni del passato, medioevo urbano - Borromini - costruttivismo ed avangiuardie del primo '900... con enormi buchi neri di restaurazione... ora stiamo cadendo dentro un nuovo buco nero, dove i vari Krier, salingoros, La cecla, etc... cercano di "redimere" le anime storte alla leggiadria geometrica dell'angolo retto...
Caro Bruno Zevi, ci manchi.
Il tuo grido, continua tu, tu, tu... caduto nel vuoto... nessuno, nessuno ha il tuo coraggio limpido, scevro ed estremamente vero.

Tutti i commenti di lilly greemens

 

Commento 6472 di Maurizio de caro del 18/10/2008


Immenso spessore critico unito ad una veemenza eretica.Zevi voce anche quando sceglie il silenzio disgustato.ha contrastato il "portoghesismo"con furia leonina. stato l'antidoto letterario alla bidimensinalit teorica e alla deriva polverosa della critica dominante.ma tanta forza non servita,hanno vinto gli idioti cerebrolesi che per tutta la vita ha umiliato. come se allo Strega avesse vinto Baricco contro Gadda..quer pasticciaccio brutto de via Nomentana.
Maurizio De Caro

Tutti i commenti di Maurizio de caro

 

Commento 6473 di Giannino Cusano del 18/10/2008


SAUDADE DE FUTURO !
... uno storico che cercava il dopo e un critico che comprendeva il prima ha scritto Lazier: mi pare centrale. E come non essere d'accordo?
Il futuro forse non lo mai stato, e mai come oggi non pi quello di una volta. La sensazione di aver perso la dimensione del domani mi pare la sola, vera "saudade" con cui fare i conti.
Non pi possibile, se mai lo stato, estrapolare alcun futuro dal presente o dal passato prossimo o remoto. Non concesso alcun "ritorno" o "predire" alcunch partendo dai presupposti di ieri e di oggi, perch le premesse del nostro agire sono, in brevissimo tempo, mutate alla radice.
Ecco perch il passato bell'e fatto, cos com' e magari "phylologically correct", non serve se non reinventato e rivissuto in un'avventura interiore. Noi siamo, e forse per la prima volta seriamente nella storia, "condannati" a inventare il nostro futuro a un grado poco tempo fa impensabile . Con una visione globale inedita e tutta da costruire, consapevoli dei rischi e delle responsabilit che questo comporta. Non c' pi un rassicurante domani che possa somigliare anche lontanamente a ieri o ad oggi perch gi l'oggi impone dei salti di inventiva e di qualit umana impensabili solo 30 anni fa. Dovremmo esserne felici: e invece ...
Solo, dunque, le "eresie" del passato e i punti di discordanza contro cui i conti s'infrangono e continuano a non tornare, possono esserci di un qualche aiuto. Perch di questa rottura con le inerti e fallimentari abitudini di ieri e di oggi , che c' davvero bisogno per ricominciare a sperare fattivamente.
Dopo la sbornia degli anni '50 -ricostruzione postbellica-, quella della crescita illimitata (anni '60) e il suo frenetico sperimentalismo, dopo la disillusione (anni '70) e l'ingiustificato senso di frustrazione, negli anni '80 si giunge timidamente ma decisamente a disancorarsi dalla "struttura" e dai miti strutturalisti, bench "La Struttura Assente" di Umberto Eco risalga gi al 1968. Dopo 40 anni ne abbiamo davvero tradotto l'apporto in architettura? E in quanti?
Gli eretici di oggi si chiamano Gehry, Eisenman, Hadid, Moss, Behnisch ... Archistar? Certo. Ma solo perch la distanza tra il reale quotidiano e il pensabile infinitamente pi ampia di 10 anni fa. Ma proprio del pensabile che abbiamo un tremendo bisogno: di tradurlo in quotidianit senza arrenderci all'illusoria prosecuzione del reale cos come il passato ce lo tramanda: questa , infatti, la sola vera fonte possibile di sconforto. E non ne abbiamo alcun bisogno.
Non abbiamo pi le antiche certezze, per fortuna. Non possiamo far altro che spogliarci di ogni bisogno di sicurezza, smantellare i facili ed illusori appigli e tuffarci nell'insicuro e senza timore di distruggere quanto ideologicamente ci trattiene e ci impedisce di guardare la realt per ci che e chiede di essere oggi perch ancora si possa dire di avere un domani. Non un gioco ma la nostra parte di responsabilit, ciascuno per le proprie capacit.

Zevi ci manca? Certo ... ma allora, ciascuno pu reinventare il suo Zevi interiore e cercare di andare avanti con faticoso ottimismo. Altre possibilit non abbiamo:
SAUDADE DE FUTURO !

Tutti i commenti di Giannino Cusano

 

Commento 6474 di Renzo Marrucci del 19/10/2008


Il futuro non nel potere della tecnologia ma nella qualit delluomo
Non del pensabile che abbiamo bisogno ma di qualit! Abbiamo bisogno di chi voglia misurarsi con i problemi reali senza evaderli schierandosi piattamente con la tecnologia e i mass media dellinformazione. Abbiamo bisogno di chi non sostituisce la ricerca della misura umana con settanta ferracci e tiranti che ti segano la voglia di pensare e di vivere nella citt. Abbiamo bisogno di chi cerca la realt evitando la voglia di diverso per il diverso che viene formata nella testa di molti dalla pseudo immaginazione dei media. Insomma abbiamo bisogno di chi abbia il coraggio di vedersi dentro e poi volga lo sguardo al mondo reale. Indispensabile chi percepisce il distacco che va formandosi nella realt tra il momdo reale e il mondo sensibile di chi vive la citt. Indispensabile chi sente la necessit di recuperare la funzione civile dellarchitetto nella sua funzione di tramite sensibile e disinteressato tra il mondo dellarte e della creazione e quello della vita reale, come abbiamo visto fare in molte architetture dei maestri americani ed europei della storia recente. Nessun ritorno al passato ma una ripresa di dialogo con il filo interrotto della storia che non vuol dire nostalgia o statica venerazione. Borromini agiva con gli strumenti consolidati del tempo marcando il tempo con la sua ardente genialit e non inseguiva tecnologie e false sperimentazioniAgiva senza inseguire astrazioni e materializzando il suo filtro sensibile di uomo e di architetto. Bruno Zevi ne rileva laspetto creativo e inquieto modellando forme e spazi sulla misura delluomo e del suo ambiente sicch le sue opere sono inventive e geniali e non manifestazioni di gratuito potere tecnologico e impositivo. Forme e spazi sulla misura delluomo devono essere pensati oggi perch la citt un organizzazione umana sociale e vera ! Non una scenografia vivente, o virtuale La citt il luogo della vita e non della rappresentazione della vita. Ogni uomo ha il suo tracciato nella societ in cui vive e purtroppo non servono nostalgieo manifestazioni di egocentrismo progettuale. Occorre interpretare e comprendere il proseguimento evitando cadute e ricadute e involi narcisistici fuori dalla realt, che da sola contiene tutto ci su cui giusto e importante esprimerci. Considerare come degli eretici oggi le archistar francamente un errore di interpretazione profondobisogna riflettere sulla differenza di contesto storico-sociale e considerare la societ avida e dissacrante di oggi per comprendere anche la lezione dinamica della storia, oltre che il Borromini rispetto al tempo che viviamo.

Tutti i commenti di Renzo Marrucci

 

Commento 6480 di Leandro Janni del 20/10/2008


La prima volta che ho letto un testo di Zevi avevo ventanni.
Oggi ne ho quasi cinquanta. A ventanni Zevi mi entusiasmava.
Oggi, il radicalismo estremo e anche un po forsennato dellultimo Zevi mi inquieta.
E comunque, Zevi un maestro. Un grande personaggio dellarchitettura moderna.
Di certo, un intellettuale che non ha voluto intendere, che ha categoricamente rifiutato il post-moderno.

Tutti i commenti di Leandro Janni

 

Commento 6481 di maurizio zappal del 21/10/2008


Comprendo benissimo quello che scrive Lazier in un momento di grande "nanismo" architettonico e urbanistico italiano! Passatemi l'ossimoro e vi chiedo: un miserabile paese di volpi sa cosa farsene della "contemporaneit" e del coragggio? Per chi conosce un pochino i portoghesi, la saudade era, tanto per semplificare, il sentimento che prendeva le donne che vedevamo allontanare i propri uomini sulle navi, alla conquista del mondo! E viceversa agli uomini che lasciavano i propri affetti, sapendo per lo pi, di non far ritorno a casa! Ora, credo che se vogliamo veramente "disturbare" un sentimento cos forte e carico di introspezionee significato, dobbiamo essere almeno degni dei Portoghesi! Purtroppo non cos! (Avete presente le trasformazione urbane di Lisbona, Porto, Setubal, Aveiro, Matosinhos, Coimbra ???) E sappiamo tutti che raramente ad un grande maestro corrispondono buoni discepoli! e cos per i padri con i figli, e etc etc...quindi, risarcito il lutto di Zevi, con grande difficolt e sempre avendo presente il suo "ingombro" intellettuale, la realt quella che non esiste un replicante di Zevi! Insomma, cosa vogliamo fare, vivere sempre nel passato? Non vi sembra altrettanto ingombrante, nel momento dell'acme della crisi, ricordare quando stavamo meglio? Non credo si faccia un buon servizio e Lazier lo dice chiaramente, a Zevi , se utilizziamo male il passato! Quindi che noia, ribadisco, "abitare le case degli avi"!Che vergogna non comprendere la contemporaneit! Il nostro problema che riusciamo a distorcere il passato per giustificare l'inabilit a vivere il presente ed ad immagginare il futuro! Insomma un paese di parrucconi, di volpi , di ovofans!!!

Tutti i commenti di maurizio zappal

 

Commento 6482 di giannino cusano del 21/10/2008


Ha scritto Renzo Marruccci:
"Il futuro non nel potere della tecnologia ma nella qualit delluomo"
Non mi pare che in questa sede, e in particolare nell'articolo di Lazier intitolato "Saudade" e nei commenti che ne sono seguiti, ci sia stato una sola persona che ha voluto identificare "futuro" con "potere della tecnologia".
La qualit umana -gi cara ad Aurelio Peccei- certo il punto focale, ma a patto di precisare cosa sia oggi la qualit umana, e pi in generale la "qualit". Che, altrimenti, rischia di scadere a formula vuota buona per ogni salsa.

Vorrei, peraltro, ricordare che nel 1957, 6 righe dopo essersi dichiarato "Romantico", a definire il suo lungo iter creativo "Un'architettura che spesso definita tecnologica. Di fronte all'aspra accusa, mi dichiaro colpevole" fu Frank Lloyd Wright (Testamento, ed. Einaudi, TO 1963). Qualcosa non torna? Temo che sia cos.

Prosegue Marrucci :" Non del pensabile che abbiamo bisogno ma di qualit! Abbiamo bisogno di chi voglia misurarsi con i problemi reali senza evaderli schierandosi piattamente con la tecnologia e i mass media dellinformazione. Abbiamo bisogno di chi non sostituisce la ricerca della misura umana con settanta ferracci e tiranti che ti segano la voglia di pensare e di vivere nella citt..." ecc.ecc. Mi permetto di insistere: proprio del pensabile, dell'immaginabile che abbiamo un gran bisogno. Di un'immaginazione che vada oltre la miopia e le conseguenze contingenti e immediate.
Torniamo al dunque: Borromini e i borrominiani di oggi. Con Borromini non possibile compromesso di sorta: pone degli aut-aut che non ammettono mezze misure. Traccia senza mezzi termini le alternative possibili ("pensabili") al torpore del suo tempo senza mai tirarsi indietro. E, bench gli incarichi che gli vengono affidati siano oltremodo modesti, non rinuncia ad additare strade "altre" da quelle.

Scrive ancora Marrucci:"Borromini agiva con gli strumenti consolidati del tempo marcando il tempo con la sua ardente genialit e non inseguiva tecnologie e false sperimentazioni" vero, ma solo a met. Manca l'altra met: Borromini denuncia con decisione l'usura di quegli strumenti, li scardina, li corrode dall'interno. E quali erano gli strumenti del suo tempo? La suadente deformazione barocca dei canoni classici, il manierismo nevrotico, elitario e teatralmente dubbioso anche quando non c' nulla di cui essere dubbiosi, infine il codice rinascimentale: l'unico dal quale Borromini parte convinta, nella efferata versione michelangiolesca, estraendone valenze inedite per procedere oltre. E riesce in pieno a bruciare qualsiasi connotato classicistico proprio in un'epoca in cui intervenire sui contenuti sociali dell'architettura precluso dalla Controriforma.
Ma -questo il punto, a mio avviso- si pu sempre agire sulle forme-significanti per svincolarle dalla strumentalizzazione tridentina e rendere quegli stimoli-significanti aderenti a nuovi contenuti tutti da concepire e inventare. Anche cos si addita e si incentiva il nuovo in quanto "pensabile" e fattibile.
Non solo, in un edificio minuscolo come San Carlino, brucia qualsiasi connotato cruciforme latino o greco, qualsiasi distinzione e scomposizione in successione di navata, transetto, tamburo, cupola e ogni possibile lettura "analitica" delle dimensioni spaziali; in Sant'Ivo fa molto di pi. Rende esplosivo e centrifugo un organismo a pianta centrale, teoricamente univoco nelle sue possibili letture in quanto subordinato.a un solo punto focale. Ma lui ne fa saltare l'impianto bloccato e semplicistico in una visione quanto mai complessa e ricca di dissonanti indicazioni dinamiche. Persino le "camere di luce", i sistemi ad illuminazione indiretta che prediligeva e inventava in continuazione, non consentono alla luce di fendere e ferire la continuit spaziale, ma contribuiscono a rifondere in un unicum continuo tutte le articolazioni del discorso. E' qui, tra l'altro, il cuore della critica di Zevi alla mostra sul Borromini nell'articolo riportato meritoriamente da Lazier: un'occasione sprecata, quella mostra, perch non se ne fece un incentivo a ripensare borrominianamente spazi espositivi dinamici ed esplosivi. Pigrizia eletta a rango di rigore!

Riassumo ci che penso: dopo la nutrita sperimentazione sociale incarnata dall'habitat '67 di Safdie fino a Byker di Erskine (primi anni '80), passando per Renaudie, Geilhoustet, Blom, pi nulla. La via dell'impegno comunitario sembra preclusa, interrotta dalla cattiva socializzazione in atto, di cui tardiva prova la crisi dei mutui e dei derivati di questi giorni. Eppure l'architettura pu ancora agire in profondit, malgrado le multinazionali della finanza internazionale siano tra i suoi principali committenti. Del resto, Borromini -al pari di Gaud- lavor per ordini della Chiesa Cattolica controriformata, non certo per dei luterani o dei calvinisti ribelli.
Ma, anche qui, prendiamo il Guggenheim di Bilbao: fondazione criticabile quanto si vuole, se si vuole vederla solo come un prodotto del marketing globale dell'arte, ma che -mi pare- non ha nulla a che spartire con il Sant'Uffizio. Ebbene: lo schema iniziale, come in Sant'Ivo, semplicissimo. Un nucleo centrale da cui si snodano le articolazioni dei vari corpi funzionali. Ma come procede Gehry? Non per addizioni successive, ma per grumi e amalgami progressivi. Anche nella cornice di un programma di mero marketing artistico, non la "langue" ma atti efferati di "parole": invenzioni di fluenze e cavit vive, rattenute o esplose, rifuse in un continuum pulsante e carnoso di momenti emozionali e "funzionali" inscindibili in immagini e sequenze separate.
Lo si riguardi nel suo intorno e si comprender il suo guardare oltre la dimensione del frammento urbano e suburbano, dell'isolato in tutti i sensi: anche in quello della frantumazione e dell'isolamento sociale.
E di cosa mai hanno bisogno, le nostre citt, se non di rifondere i propri strati affastellati dai miopi faccendieri del futuro prossimo senza pi alcuna logica di medio e lungo termine, se si vuole davvero ricominciare a parlare di continuit urbana come premessa a una nuova e coinvolgente continuit sociale? I temi programmatici mancano, forse, ma l'architettura gi l, presente all'appuntamento: lo anticipa e vi si rende disponibile. Ma se non sappiamo leggere la spinta reintegratrice di singole architetture, come pretendere di concepire una nuova citt organica? Certo, sono mutate le condizioni al contorno: ci sono le nuove tecnologie, per es., e le loro promesse di liberazione o di alienazione. ma la sfida sta nel ricucire anche queste in progetti di reale progresso umano, di farne, da meri strumenti di consumo, vere conquiste sociali..
A meno di pensare che il mondo possa continuare ad andare avanti saltando di bolla speculativa in bolla speculativa (chi fa miliardi di euro bene e tanto peggio per gli altri) il problema di uscire dalla mentalit del "passo dopo passo fino alla rovina" quanto mai urgente, per la qualit umana cara a Marrucci quanto a me.
E richiede enormi sforzi creativi in direzione reintegratrice.

Non l'abbiamo captata nella Roma di Michelangiolo e di Borromini, lasciando che soccombessero a quella celebrativa, bench per tanti versi persino meritoria di Sisto V: non commettiamo lo stesso errore oggi!
Gli eretici di oggi lo hanno capito, additano la strada e ne collaudano ad ogni edificio, con risultati com' ovvio a volte felici a volte meno, la strumentazione: certo, non attendono che i tempi maturino da soli, ma spingono perch lo facciano. Additano anche una rivolta morale:: sta a noi cercare di raccogliere e tradurre in diffuso costume ci che al momento pu solo essere, di nuovo, profezia.

G.C.

Tutti i commenti di giannino cusano

 

Commento 6483 di renzo marrucci del 21/10/2008


Credo che non sia solo da condividere questo scritto di Bruno Zevi ma assolutamente da rilevarne la sua sofferente attualit insieme a chi lo ripropone e direi anche giustamente in fin dei conti... E' un'epoca ingiusta quella che viviamo oggi e che non favorisce il coraggio e anzi lo bastona abbondantemente spesso tritandolo nelle maglie di una societ che predilige la cattiveria e il cinismo. Detto questo non vorrei atteggiarmi in posizioni sbagliate... Mi limito a fare delle constatazioni che lo stesso Zevi ha avuto il tempo di fare perch ci rifletto ormai dagli anni della sua scomparsa. Ogni uomo dice cose giustee cose da approfondire e rivalutare alla luce dei fatti nuovi che accadono e il giudizio come risultante storica si conferma o si modifica a volte si ribalta... E comunque si approfondisce sempre in qualche modo. Al tempo di Borromini si poteva essere eretici e coraggiosi ma al tempo nostro non pi. Un p di nostalgia lecito averla specialmente per chi ha conosciuto queste persone e ha studiato e a pensato con loro e non solo ma anche il dovere e l'onere di portare avanti idee e ragioni che sono il frutto di un lavoro vero e appassionato. Appunto il compito ideale e pertiene la singola coscienza e volont senza invidie e senza paure.

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 6488 di renzo marrucci del 22/10/2008


A Giannino con cortesia...
E' vero la parola tecnologianon compare ma sotto e sopra alle vostre righe e per qualche misteriosa assonanza mi si formata nella mente ed entrata di forza nel mio commento subito, appena ho cominciato a scriverlo. Sar che oggi si vive nella dominanza di questa parola... Che entra come un sogno e esce come un incubo a volte... ma solo nella coscienza di chi come me in qualche modo ne vede gli aspetti che soverchiano... Come una materia che andrebbe usata con attenzione e discernimento... Rispetto all'uso un p sviscerato e esibito, anzi troppo spesso gratuito e comunque privo di sostanziale sensibilit direi... senza quel filtro sensibile che media tra tecnologia e citt Che passa dalla mano, dal cuore e sostenuto dal cervello dell'uomo architetto. Tutte cose che affinano la sensibilit e la capacita del ragionamento e del sentire e capire quindi dell'operare, del pensare e del progettare. Mentre il pensabile appartiene ad una sfera slegata il pensiero scaturisce dai valori identificati nel problema che vivimo oggi Oggi tutto l il problema! L'uso senza filtro, cio senza l'architetto che non pi un filtro, ma tutto, o guasi, schierato direi ma meglio dire schienato... da questa benedetta parola "tecnologia" che traduce il tempo in materia e spazio servendosi dell'architetto formale e quindi poi dell'uomo che ci andr dentro. Di quale qualit si tratta?
La qualit io la riferisco sempre alluomo che usa gli strumenti, nellusare gli strumenti che hae d quella cosa importante e fondamentale che permette all'uomo di volere considerare gli altri nella loro realt e nelle loro possibilit di vita, che consente di capire e discernere la sostanza dei materiali e la loro capacit relazionante, che consente di entrare nella natura dell'ambiente e dello spazio, capirlo per enuclearne le valenze nella propria felicit, quella dell'uomo. Qualit intesa nel senso esteso dell'essere che si spinge nell'ideale per una traduzione realizzazione nel reale. Ecco! Direi che proprio quella sostanza umana che percepice il senso tra il brutto funzionale e il bello funzionale, tra il cattivo e il buono... e la possibilit di vivere...
Tutto ci che lontano da noi va riportato a noi come alla vita. Questa dovrebbe proprio essere lo sforzo dell' architetto tra gli uomini, ognuno nella sua misura. Funzione che stata grandemente tolta agli architetti privati della loro capacit rispetto all'ambiente della vita. Su Borromini le rispondo che era un eretico rispetto alle convenzioni del tempo per la sua grande qualit interpretativa del suo sentire, a cui non rinunciava in virt della sua capacit di credere in modo appassionato. Borromini aveva la passione... Oggi gentile dr. Cusano la passione? La forza di sentire e di credere? Ma ancora un sentimento? Che cosa . Ecco quale qualit. Se non sono stato chiaro ora abbia pazienza... lo sar... pi avanti...
F.L.W. commisurava ogni funzione alla realt del luogo usando materiali antichi e moderni i modo umano filtrando la tecnologia da quel grande architetto che era.
Ora ci rimane la sua lezione che non viene studiata e approfonditaPer mancanza di amore Di quellamore che spinge Il pensiero sulla realt.
Oggi ha senso parlare di eretici? Chi sono oggi gli eretici? Sono quelli che vivono sotto i ponti o ai margini della societ... sono quegli uomini che rifiutano il sistema mercificato della vita di oggi e di domani credo... Queli che pagano di pelle ?
La parola eretico oggi ha perduto la sua forza significante. Chi sarebbe un eretico tra gli architetti? Hadid, Gehry ? Ma se sono delle Star di un firmamento che si sta rivelando sempre pi formale vuoto e celebrativo... se Gehry ha costruito il suo museo nel posto dove il degrado regnava ... Tale museo non rimane che il museo di se stesso... Il problema rimane intero
Ebbene? Quali altri contenuti Lesasperato individualismo della Hadid che attira come un manifesto di diversit Cogliendo al volo quel senso della sfida del fare della sfida del possibile che tanto piacema a chi? Forse ai poteri che l impongono Dopo aver rimestato americanamente (cio facilmente e superficialmente nelle tasche del futurismo anche lei) il coniglio lucente tirato fuori dal cappello del prestigiatore di citt?
Zevi non ha fatto in tempo a vedere e capire questi dieci anni che sono stati come trenta e forse se ne anche andato via imaginandolo
Mi scuso per non aver curato la forma del mio scritto.
Cordialmente

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 6489 di Giannino Cusano del 22/10/2008


A Renzo, cordialmente:
mi rendo conto delle sue perplessit. Per fortuna, siamo qui per non essere tutti d'accordo. Il solo pensiero, anzi, mi farebbe venire la pelle d'oca..
Fino al terzo liceo classico volevo fare il medico. A met anno cambiai idea leggendo quasi per caso "Testamento" di F.L. Wright e "Saper vedere l'architettura" di Bruno Zevi. E c' ancora chi sostiene che leggere non cambia la vita! Non sapr mai se in meglio o in peggio, naturalmente, ma tant'. Sta di fatto che mi considero tuttora un medico, se penso alle nostre citt malate :)
Come sia, quei libri mi fecero immediatamente toccare con mano cosa significa ragionare in termini di spazi. "Saper vedere", poi, tratteggiava la storia dell'avventura, della scoperta e dell'esplorazione dello spazio come creazione umana: una faccenda entusiasmante. Il luogo del vivere assieme, del sociale, dell'intimit personale. L'umanit si esprime e si rappresenta cos. Si pu anche pensare legittimamente che questo rispecchiarsi negli edifici, pi in generale nella storia, sia una cosa da Narcisi. E' che anche il mito di Narciso va riletto a fondo e per intero. E' una faccenda drammatica; il mito della ricerca della nostra identit: col narcisismo non ha nulla da spartire.
Trovai, l'anno dopo, un testo altrettanto limpido, di quelli che non si dimenticano: "Architettura e Societ'", di Erwin Anton Gutkind.
Se non si presi dal feticismo delle "cose", degli "oggetti", della "buona composizione", ma anzitutto dalla vita che consente loro di esistere, ci vuole davvero passione, per mettersi davanti a un tavolo e studiare un modello o un disegno, modificarlo, ripensarlo da cima a fondo o reimpostare tutto da capo, perch nel frattempo la vita passa e non sappiamo mai se stiamo spendendo bene il nostro tempo.
La societ, la vita, sono quello che sono. Non ci si pu limitare a rispecchiarle fotografandole, come farebbe un reporter di guerra, ma nemmeno si pu rifarle da capo a nostro piacimento. Non si pu, insoma, progettare senza qualche forma di simpatia per i nostri simili. Anche se ci sembrano totalmente calati nella follia, nell'incoscienza, nello sperpero pi totale, c' sempre una buona possibilit, un raggio di umanit che splende dietro a tutto questo: e non viene da noi, ma dal mondo. Non sarebbe nemmeno possibile tentare di lavorare, se cos non fosse.
Ho visto, in dei filmati, Gehry al lavoro e ne ho tratto la netta conferma che animato da uno spirito simile. Che non il mio, sia chiaro, ma secondo me quello di qualsiasi vero architetto.
Sono certo che, come ha anticipato, sapr spiegare meglio alcune sue convinzioni. Abbiamo tutto il tempo: chi ci corre dietro?
Ho letto con attenzione il suo articolo su Ronchamp. Viviamo forse in tempi difficili, ma come umanit ne abbiamo passate di peggiori: non c' da disperare. Lo stesso Le Corbusier fu incalzato pi di noi da eventi drammatici e persino tragici. Ma i principi (o, come lei preferisce chiamarli, i valori) non muoiono per per questo :)
Un cordiale saluto,

Tutti i commenti di Giannino Cusano

 

Commento 6492 di Renzo Marrucci del 23/10/2008


Dubai: un museo di arte moderna firmato UNStudio : Museum of Middle East Modern Art ( Momema ), il primo museo di arte moderna del Medio Oriente di Dubai .
Un' astronave arenata...
Hadiddiana fino al midollo ma senza volont fisiologica...
Dalla natura al lunapark oppure un prodotto industriale da stampare in serie? Una architettura oggetto oppure un oggetto che aspira... A diventare architettura? E' del poeta il fin la meraviglia chi non sa far stupir vada alla striglia? Il barocco dialogava...Questo sta zitto senza dire niente di s...
Dubai Dubai... Un'altro museo dell'inconscio inquieto e...

Tutti i commenti di Renzo Marrucci

 

Commento 6497 di renzo marrucci del 26/10/2008


Una copertura di libeskind evoca G. Michelucci
Al Museo ebraico di Berlino una nuova copertura inserita dallarchitetto Libeskind
nel cortile interno delledificio progettato nel 1735 da P.G. stata ufficialmente presentata alla fine del mese di settembre. Lopera caratterizza fortemente quello spazio attraverso una struttura derivata dallo spirito naturalistico di matrice michelucciana declinandola con toni inquieti e contriti in una sorta di atmosfera tardo-tardo gotica, insomma tutta riverberi di angoli acuti con ombre e luce nei toni geometrici duri e contrastanti la naturalit a cui comunque si allude. Il principio della struttura ad alberi, tema felicemente studiato e sviluppato da Giovanni Michelucci anche nella chiesa sullautostrada del sole, trova in questo portico una traduzione asettica e senza la felicit che il maestro pistoiese genialmente interpreta nella sua ricerca poetica della campagna toscana.
Le citazioni da Leonardo sono per ora sospese... Qui tocca a Giovanni Michelucci

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

Commento 6498 di Carlo Sarno del 26/10/2008


Carissimo Sandro e carissimi amici di Antithesi, l'intervento di Bruno Zevi qui riportato dimostra che ancora vivo, le sue parole scolpiscono la nostra anima, dimostrano la sua lungimirante spiritualit, il suo genuino Amore per la vera Architettura!
Questo suo modo di scrivere ed attaccare senza remore n timori - che pu sembrare a volte troppo duro ed esagerato - scaturisce dalla sua strenua difesa delle verit costitutive dell'onesto fare dell'uomo, un fare rivolto alla creativit e alla felicit. E guai chi si contrappone a questo fine ! Guai a chi vuol far passare il genio di Borromini per un classico!
Il suo credo e il suo pensiero si spos nei suoi anni giovanili con l'Architettura Organica e fu fedele ai suoi principi per tutta la vita, e oggi, bench le maggiori riviste spesso trascurino la nuova generazione di architetti organici, essa risulta pi viva che mai nei suoi continuatori, fratelli spirituali di Bruno Zevi.
L'Architettura Organica Architettura con Amore, Bruno Zevi Critica Organica Integrale con Amore : entrambe non tramonteranno mai!
Fraternamente e organicamente, Carlo.

Tutti i commenti di Carlo Sarno

 

Commento 6499 di Renzo marrucci del 30/10/2008


La scultura se arte raggiunge il suo massimo e non ha bisogno di contenerla semmai ha bisogno degli spazi adeguati rispetto alluomo per essere fruitaPer esprimere la sua essenza, la sua qualit espressiva e l'equivoco nasce per effetto di chi confonde la scultura con l'architettura...In effetti equivoca, ambiziosamente, perdendo i rapporti con la vita e mischiandone confusamente i valori. E' difficile mantenersi in linea con i bisogni dell'uomo pi facile evaderli....Cos difficile fare ricerca per rispondere ai problemi della citt... meglio inventare qualche cosa di diverso, di distraente che assorbendo aiuti comunque a dare visibilit...a coltivare il tempo breve dell'ambizione....

Tutti i commenti di Renzo marrucci

 

Commento 6501 di renzo marrucci del 01/11/2008


PUNTA PEROTTI
ESEMPIO NOBILE DA SEGUIRE e da considerare per un dibattito serio sul "Il timore di vedere demolita la costruzione pu essere un deterrente per evitare pessime progettazioni e pessime edificazioni e pessime programmazioni?" La cultura della paura non ha mai prodotto nulla di buono lo sappiamo benissimo ma il disinteresse genera qualunquismo che l'ambito nel quale si diffonde la peggiore degradazione a cui possiamo andare incontro e quello che conta discuterne... avere il coraggio di parlarne... per prendere e fare prendere coscienza di quello che oggi sta accadendo nelle nostre citt nel nostro sistema di fare cultura e nel nostro sistema di fare ricerca
L'architettura il sintomo oggi forse pi palese e che mette in luce quello che oggi maggiormente incide nelle modificazioni sbagliate del nostro sistema di vita.
Occorre parlarne in modo chiaro e diffuso affinch si possano comprendere e far comprendere le ragioni del fare architettura, per far aumentare la capacit di senso critico sull'architettura che oggi completamente fuori dalla comune portata di chi vive la citt...

Tutti i commenti di renzo marrucci

 

[Torna su]
[Torna alla PrimaPagina]