L'eco di Eco
di Sandro Lazier
- 7/6/2001
Conosco la mancanza di considerazione sociale verso gli architetti in
Italia. Ridotti a decoratori di facciate, illusionisti del dettaglio,
sarti del mattone, arredatori di una urbanit resa scenografia
per turisti, hanno ormai l'autorevolezza che poteva avere al massimo il
maestro delle cerimonie di Luigi XIV.
Non stupisce quindi che la compagnia dei "siamo tutti architetti"
s'ingrossi senza un minimo di seriet e coscienza, e non si faccia
tanti scrupoli nel tirare in ballo questioni che all'architettura stanno
come i capelli alla specie umana.
Mi fa specie, per, che a questo gioco del tiro all'architetto
scemo partecipino personaggi del calibro di Umberto Eco il quale, in due
paginette scritte su golem
n.2 (Abbagli), criticando le luminarie del castello Sforzesco,
ci d le risposte che in cinquant'anni, cari architetti del dopoguerra,
non siamo riusciti a trovare malgrado migliaia di scritti, convegni, discussioni,
non tutte, ovviamente, assennate.
Naturalmente ho grande stima e simpatia per Eco - al quale, tra l'altro,
riconosco un sincero sense of humor - per cui sono sicuro che condivider
l'ironia con la quale personalmente ho accolto le sue troppo limpide e
troppo "ben-sensate" considerazioni. Quali?
Queste:
- "Diverso il discorso
che si deve fare per un monumento storico, verso cui la citt ha
altri doveri. Deve esibirlo, permetterne la visibilit anche di
notte e consentire al cittadino e al turista, sotto qualsiasi illuminazione
esso appaia, di coglierne sia i caratteri architettonici che la storia
che esso evoca, spesso attraverso la vicenda dei suoi restauri in epoche
diverse."
- "Sappiamo che si pu
restaurare (semplificando la faccenda) in due modi. Il primo
quello di Viollet-le-Duc (1814-1879), e consiste nel ricostruire il manufatto
come era all'origine. Fatalmente questo tipo di restauro dipende fortemente
dal modo con cui un'epoca vede il proprio passato, e le cattedrali toccate
da Viollet-le-Duc sovente non sono un esempio di gotico bens di
neogotico. Ma alla fine il tempo redime molte cose, e chi visita Piazza
Maggiore a Bologna, se proprio non storico dell'arte, vive come
medievali tante strutture ricostruite nel secolo scorso, per cui bisogna
rispettare, dal punto di vista dell'illuminazione e della manutenzione,
anche il Palazzo di Re Enzo, che in fondo ha pi anni dei Cloisters
di New York. E a questa categoria appartiene anche il Castello Sforzesco,
ampiamente reiventato da Luca Beltrami, ma che contiene ancora parti originarie
(basta guardare delle stampe rinascimentali, per esempio, per accorgersi
che dalla met in gi i torrioni sono ancora quelli di un
tempo).
Il secondo modo consiste nel mantenere quello che rimasto senza
celare le ferite del tempo. E cos come in un affresco si lasceranno
in grigio le parti irrimediabilmente scomparse, nello stesso modo il Colosseo
o le rovine nel Foro Romano esprimono, con le loro manchevolezze, il tempo
passato."
- "Nessun teorico ha mai parlato
di un terzo tipo di restauro, che consisterebbe nel prendere l'opera antica
(in buono o cattivo stato che sia) e modernizzarla attaccandovi sopra
qualcosa d'altro, come a dire inserire un Oldenburg sulle guglie del Duomo
o pitturare a strisce multicolori Santa Maria delle Grazie. E questo perch
bisogna insegnare (a cittadini e turisti, e specie ai giovani) a guardare
i ricordi del passato per quello che sono e per quella che stata
la loro storia, comunque essi siano stati restaurati. Falso sarebbe fare
ricostruire il Foro Romano da architetti di Hollywood e falso diroccare
il Castello per farlo apparire come era nelle epoche del suo maggiore
sfacelo, ma falso sarebbe anche appiccicare alla facciata del Castello
degli schermi circolari in cui appaiano dei Pokemon (che pure divertirebbero
molti). Fatta su un monumento storico, questa operazione, a casa mia,
si chiama sfregio, come mettere i baffi alla Gioconda, ma a quella vera.
Quindi sar bene mostrare il Castello puntando sull'imponenza delle
sue mura e delle sue torri, e quindi illuminandolo dal basso, lasciando
in penombra la sua parte meno autentica, che fa tanto paggio Fernando.
Un regista cinematografico sa benissimo che per mostrare la possanza di
una costruzione occorre riprenderla dalla base e non schiacciarla riprendendola
dal cielo."
- "Quindi non facciamo del facile
democraticismo (o populismo): non bisogna dare alla gente il Castello
che vorrebbero (perch, a dare ascolto alla gente, vorrebbero anche
visitarlo buttando per terra le lattine di Coca Cola, come fanno a Venezia),
ma insegnare alla gente quale Castello dovrebbero volere.
Altrimenti arriviamo al secondo rischio che corre oggi la citt.
Il bello delle citt che sono una diversa dall'altra,
e per questo si va in giro a visitarle invece di rimanere a casa propria.
Ora le citt rischiano di diventare molto uguali tra loro perch
in tutte trionfano ormai gli empori degli stessi stilisti, gli stessi
McDonald, le stesse megalibrerie. La loro diversit si salva ancora
proprio per l'emergenza dei monumenti storici. Ma una volta che il Castello,
San Pietro, Palazzo Vecchio, Notre Dame, la Torre di Londra, la Porta
di Brandeburgo e via dicendo diventassero tutti supporti per le fantasie
luministiche degli stessi decoratori internazionali, le citt diventerebbero
ancora pi uguali. Forse sarebbero divertenti, come divertente
che un Luna Park a Milano sia assolutamente uguale a un Luna Par k a Monaco
di Baviera. Ma credo che il fascino delle citt, specie di quelle
europee, dipenda ancora dalla loro differenza."
Lascio agli storici dell'arte le considerazioni sull'analogia di metodo
che Viollet Le Duc e Beltrami, anche semplificando molto, non credo possano
avere: il primo imita, non restaura; il secondo convinto di restaurare,
imitando.
Lascio, inoltre, ai teorici del restauro le considerazioni sulla possibilit
di stabilire regole sul come esso debba essere eseguito: puramente tecnico
o terapeutico oppure innovativo e creativo. In tutti e due i modi esistono
esempi eccellenti o pessimi quindi le ragioni, sul piano del principio,
si equivalgono. Come sempre il problema non il "come",
ma il "chi". E questa la ragione che mi fa dire:"
Oldenburg sulle guglie del Duomo? Perch no? In fondo
vero: " bisogna insegnare a guardare i ricordi del
passato per quello che sono e per quella che stata la loro storia,
comunque essi siano stati restaurati. ". Quindi anche da Oldenburg.
Storia su storia, cosa c' di meglio?
S, la storia, la tradizione, ma quale?
Mentre in Afganistan la fede iconoclasta dei talebani fa esplodere un
budda di 1500 anni, in Egitto la fede razionalista della rigorosa scienza
sta piastrellando la Sfinge per proteggerla dalla rovina. Chiedo a Eco:
chi dei due ha pi rispetto della storia e delle tradizioni?
La verit, a mio parere, che in natura nulla si conserva
e tutto destinato a morire. Universo compreso. Figuriamoci le
tradizioni. Promettere la vita eterna non pu essere mestiere di
architetti seri. L'idea stessa di monumento illusoria, traviante,
equivoca.
Ma non fraintendiamo.E' certamente un dovere curare i monumenti, cos
come si curano vecchi e malati, ma lecito, malgrado i turisti,
protrarne l'agonia?
Sono domande, queste, a cui difficile dare risposte di principio
senza cadere in qualche aporia. Personalmente, quindi, non ho risposte
certe come quelle di Eco. Sono argomenti, come l'eutanasia ad esempio,
che non ammettono soluzioni univoche, certe, universali. Ammettono solo
il particolare, la contingenza, l'unicit, cos come si
darebbe la vita per un figlio ma non per salvare l'intera umanit.
Un uomo solo si dice lo abbia fatto ma lo stesso resuscitava i morti,
eludendo il problema. E poi, in fondo, come diceva qualcuno di cui non
ricordo il nome, la vita n nasce n muore, continua.
L'unica certezza di cui mi fido che qualche talebano nel nostro
paese, se ben indirizzato, contribuirebbe senz'altro a ringiovanire vita
e spirito dei cittadini, insegnando loro che quattro luci non possono
turbare pi di tanto il prestigio del loro illustre passato. Sto
bestemmiando? Mi concesso: sono un eretico.
(Sandro Lazier
- 7/6/2001)
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