La citt Cyberpunk
di Daniele Antonioli
- 5/5/2001
Il matrimonio del nostro corpo con la tecnologia non potrebbe
funzionare se non fossimo già immersi in un paesaggio artificiale,
un paesaggio in cui le cose e le loro rappresentazioni si confondono,
un paesaggio che, grazie alla potenza e alla pervasività della
tecnologia che lo costruisce, ha la forza di iscriversi direttamente nel
nostro sistema nervoso. [...] La nostra soggettività non è
più un nucleo stabile che rispecchia il mondo, lo ordina con la
sua razionalità, gli conferisce un senso: è un grumo temporaneo,
di una densità appena sufficiente a garantire una parvenza di identità,
destinato a sciogliersi e a riformarsi, ogni volta diverso su quel paesaggio
che, adesso lo vediamo, non è che un flusso di informazioni continuo,
dinamico sempre al confine tra stabilità e instabilità.
La sintesi filosofica che A.Caronia propone in queste poche righe tocca
alcuni argomenti chiave di un nuovo modo di vedere e concepire il paesaggio
che presenta notevole interesse per quanto riguarda la realtà attuale
e che si trova molto spesso a non poter fare altro che constatare una
crisi metodologica davanti a un crescere di complessità nei sistemi
urbani.
E' indubbio che uno dei riferimenti culturali forti riscontrabili dietro
ad un tale approccio si possa ritrovare nelle relazioni tra territorio
tecnologia e trasfigurazione tipica del cyberpunk, una poetica che nasce
negli anni ottanta legata alla fantascienza proponendo un cambio di scenario
rispetto alle ambientazioni e alle problematiche classiche ribaltandone
alcuni parametri basilari.
Uno dei campi in cui questo nuovo modo di scrivere fantascienza ha subito
incentrato la sua analisi è quello dello scenario urbano e della
città, dando una chiave di lettura che potrebbe aiutare a comprendere
e chiarificare l'attuale situazione di crisi della pianificazione a qualunque
livello essa venga applicata.
I romanzi cyberpunk descrivono personaggi che operano ai margini della
legalità e della società più in generale, disadattati
drogati e hakers che operano senza moralità cercando di sopravvivere
in un mondo governato dalle multinazionali che speculano su ogni cosa,
rette da consigli di amministrazione corrotti e collusi con le Triadi
mafiose giapponesi.
La totale mancanza di implicazioni morali e la mera volontà descrittiva
di una situazione senza darne una lettura critica sono già di per
sé un grosso cambiamento rispetto alle opere precedenti in cui
il protagonista aveva chiara la differenza tra bene e male e si schierava
dall'una o dall'altra parte (si pensi ad esempio al lato oscuro della
forza di Guerre Stellari).
Uno dei campi su cui la fantascienza cyberpunk si sofferma in maniera
più approfondita è la metropoli/città, che riflette
a suo modo la mancanza di valori oggettivi tipica di questa poetica passando
da luogo cartesianamente ben tenuto e programmato dei romanzi di Aasimov
dove la tecnologia creava e gestiva il miglior ambiente possibile a luogo
dove la tecnologia prende il sopravvento evolvendosi in maniera mutante
e virale sul territorio, dove l'uomo è quasi un parassita che vive
sulla pelle di questo organismo senza riuscire a scalfirlo né a
governarlo in alcun modo.
Il cielo sopra il porto aveva il colore di un televisore sintonizzato
su un canale morto inizia il Neuromante di W.Gibson mostrando sin da subito
l'attenzione ad un ambiente in cui la componente tecnologica e virtuale
prende il sopravvento sul reale trasfigurandolo e mutandolo.
Nel panorama attuale in cui la crisi dei modelli pianificatori sembrerebbe
far supporre l'impossibilità di governare la complessità
urbana e territoriale potrebbe essere utile soffermarsi a riflettere sulla
concretizzazione di questa poetica in quanto essa potrebbe portare ad
una strategia offrendo una visione alternativa non cartesiana e metanarrativa.
Una applicazione reale della visione cyberpunk a livello urbano è
riscontrabile nelle metropoli asiatiche, fonte di ispirazione di questo
genere letterario per stessa ammissione degli autori, che spesso traggono
spunto da metropoli quali Hong Kong, Tokyo o Shangai.
Se ci soffermiamo meglio su queste realtà è subito chiara
la differenza tra questi ambienti urbani e le metropoli occidentali come
Londra o New York.
HK, e la città cyberpunk più in generale, è un luogo
assolutamente policentrico in cui non è possibile evidenziare una
gerarchia: ogni luogo è epicentro fenomenico senza che tuttavia
possa essere additato come unico, è un paesaggio artificiale in
cui gli edifici e le loro rappresentazioni si confondono in un continuum
spaziotemporale.
La differenza tra questa metropoli e quella occidentale, per esempio NY,
è che quest'ultima ha delle emergenze attorno a cui si creano eventi
satelliti: esiste un edificio importante - un fulcro - e una serie di
attività - il quartiere o la zona - che vivono per e con questa
emergenza architettonica.
A HK non esistono epicentri e qualunque luogo è immerso in un continuum
di cui esso è al tempo stesso fulcro e satellite, in cui la nostra
soggettività non è più un nucleo stabile che rispecchia
il mondo ma ordina il contesto attraverso un estremo sforzo di volontà
della densità appena sufficiente a garantire una parvenza di identità
destinato a sciogliersi e riformarsi in quel paesaggio che non è
che un flusso di informazioni continuo, dinamico sempre al confine tra
stabilità e instabilità.
La struttura di HK è molto simile quella della rete: la città
è un brodo primordiale di informazioni che si svelano nel momento
in cui ci si arresta e si cerca una logica, senza tuttavia cristallizzarsi
in una oggettività urbana ma dinamizzandosi in un'infinità
di soluzioni possibili e altrettanto verosimili.
NY usa l'architettura e l'urbanistica per creare delle emergenze attorno
a cui ruota il resto, usando come substrato una maglia regolare che si
ripete potenzialmente all'infinito lasciando spazio al costruito per creare
ordine: è una realtà che si inserisce sul territorio e lo
piega al suo volere non lasciando spazio a nulla di naturale e casuale,
in questa ottica lo stesso Central Park perde la sua connotazione di parco
e diviene un'opera di pianificazione pura e innaturale.
La griglia ortogonale svela come la dimensione territoriale venga forzata
da un atto di volontà cartesiano e oggettivante, figlio di logiche
positivistiche ottocentesche che pensavano di poter scientificamente risolvere
la complessità mediante una semplificazione del reale scartando
il rumore di fondo e gli eventi di confine.
Tutto il razionalismo aveva gli stessi presupposti, e solo la presa di
coscienza della complessità (da Venturi in poi fino all'istituto
di Santa Fè) ha potuto mostrare gli errori di questa logica che
si concretizzava, senza riuscire a tracciare una via d'uscita, nei quartieri
ghetto descritti da J.Jackobs.
HK e la città cyberpunk più in generale sono totalmente
differenti: non esiste una maglia e le emergenze sono talmente tante da
non poter più essere considerate tali. Non si può dire di
essere nella zona della Bank of China perché se ci si sposta al
di là della via si è già nella zona della Hong Kong
and Shangai Banking Corporation e tutte le realtà attorno sono
altrettanto emergenti da non gravitare attorno a nulla se non al percorso
- grumo temporaneo - che una singola identità effettua, gerarchicamente
paritario a tutti gli infiniti percorsi possibili e sempre a confine tra
stabilità e instabilità.
Non ci si sposta di Zona a HK, si entra in un flusso che si perpetra in
maniera autosomigliante, con le stesse logiche di fondo in ogni luogo
in maniera assolutamente trasversale.
Ci sono luoghi a HK in cui il territorio è l'architettura stessa,
un organismo artificiale che nasce sul territorio inglobandolo secondo
processi orogenetici virali.
Si cammina lungo percorsi trasversali che entrano nelle architetture sopraelevati
rispetto alla strada e al terreno in cui si svolge il solo traffico veicolare
e senza la possibilità di muoversi a piedi.
Le macchine a loro volta entrano negli edifici attraversandoli in altezza
mentre le persone camminano sotto in un ribaltamento percettivo che sradica
la tradizionale percezione geometrica della realtà urbana.
NY vive ciclicamente: alcune zone sono degradate, qualcuno se ne accorge
e ci specula riqualificandole e di conseguenza altre zone subiranno declino
e degrado fino a che non torneranno in auge.
HK è escatologica, non si può parlare di degrado perché
ogni zona è allo stesso modo degradata e di tendenza, totalmente
in balia di qualunque energia contemporaneamente presente, da un ciclone
al battito delle ali di una farfalla.
Non esistono contrapposizioni binomiali a HK e nella metropoli cyberpunk;
non si può parlare di concetti quali vuoti e pieni, perché
tutto può essere vuoto o pieno a seconda del continuum spaziotemporale
in cui è immerso in un dato istante, tutto è centro e periferia
fino ad arrivare al paradosso di Tokyo che si fonde con Kyoto in maniera
talmente stretta da rendere impossibile non solo l'individuazione del
passaggio dall'una all'altra realtà urbana ma addirittura da non
avere differenze di sorta nell'edificato tra le due.
Tuttavia dietro all'apparente anarchia delle metropoli asiatiche, dietro
al caos che apparentemente le governa, si può leggere una forma
di autorganizzazione ferrea, la capacità della città come
complesso sociale economico geografico e politico di reagire secondo le
stesse logiche e dinamiche a qualunque scala in maniera autosomigliante,
frattale.
Lo stesso ordine nel caos è visibile sia guardando lo skyline dalla
passeggiata di Kowloon sia addentrandosi nei più piccoli mercati
della giada; lo stesso tipo di dinamiche aggregative sono riscontrabili
ovunque senza che mai si possa dire che esse si ricalcano in maniera esatta
ma avendone sempre chiari i meccanismi.
Mentre la matrice di NY è cartesiana, radicata nella sua ortogonalità,
quella di HK è frattale e, non operando una sintesi e una selezione
degli spazi riesce a rispondere alle singole esigenze contemporaneamente
nello stesso luogo.
Unico modello di pianificazione che può funzionare in una realtà
come quella descrittà è intervenire puntualmente e in maniera
trasversale: non è possibile oggettivizzare nulla, non è
possibile definire una strategia a lungo termine, l'unica possibilità
è operare di continuo controllando attraverso un processo di feed
back che la strada sia continuamente adeguata alle forze in gioco.
Non si può più parlare, nella metropoli cyberpunk, di grandi
interventi pianificatori perché essi presupporrebbero di poter
dare un giudizio di valore che si basa su logiche binomiali (vero/falso)
che si sono già dimostrate inapplicabili.
Siamo oltre all'urbanistica classica che si proponeva di controllare la
qualità urbana, non esiste qualità urbana, non esistono
realtà che restino oggettive così a lungo da poter essere
cristallizzate.
Tutto ruota attorno a energie sociali, economiche, culturali urbanistiche,
architettoniche che devono muoversi con le stesse logiche, identiche a
quelle della città e del territorio.
Qualunque altro modello sarà di per sé un fallimento perché
imporrà uno sforzo di volontà già vecchio nel momento
in cui viene concretizzata.
Se infatti guardiamo alla realtà di Singapore possiamo subito riscontrare
quanto si sia attuata una ibridazione che non funziona.
Ad una matrice frattale tipica delle metropoli asiatiche si è voluto
rispondere con una logica cartesiana basata sulla filosofia che tutto
ciò che a Singapore fuziona può funzionare meglio, arrivando
addirittura a demolire interi quartieri considerati socialmente degradati
anche se pieni di vita e di gente, per riedificarli secondo parametri
di qualità urbana più alti basati su principi alquanto opinabili
scevri da qualunque tipo di oggettività.
Il risultato è che aree estremamente vive e dinamiche come Bugis
Street sono state trasformate in quartieri residenziali assolutamente
vuoti e tranquilli, figli della grande monotonia, in cui vanno solo i
turisti sperando di trovare un po' di Mulin Rouge asiatico che nulla è
se non un teatrino organizzato ad hoc.
Proprio i quartieri che dovrebbero funzionare meglio perché riqualificati
dalla municipalità sono quelli che funzionano meno, e che si avvicinano
di più alle problematiche occidentali che negli ultimi trent'anni
hanno causato agli urbanisti notti insonni.
(Daniele Antonioli
- 5/5/2001)
Per condividere l'articolo:
Altri articoli di Daniele Antonioli | Invia un commento all'articolo |
Stampa: "La citt Cyberpunk.pdf" |