La questione Gehry a Modena
di Sandro Lazier
- 5/3/2001
Abbiamo seguito con particolare interesse la questione di
Gehry a Modena.
Personalmente non conosco il progetto perch non l'ho veduto e
speravo che qualcuno, pro o contro, avesse argomenti minimamente seri
da pormi nella condizione di esprimere un giudizio. Chiaramente del tutto
personale, ma pur sempre un giudizio.
La funzione della critica, da sempre, fondamentalmente quella
di dare giudizi, ma senza partecipazione cosciente e consapevole, senza
quella tensione etica che accompagna l'esperienza estetica del conoscere,
soprattutto in ambito poetico, non possibile esprimere un parere,
un'opinione che abbia la decenza del confronto seriamente critico. Di
solito la lettura di testi interpretativi dovrebbe svelare al lettore
gli aspetti, positivi o negativi, che un'opera in questo caso di architettura
esprime oltre al fatto stesso di esistere o poter esistere.
L'esistenza di un'opera - il fatto che esista materialmente -
poi la condizione essenziale che la stessa possa rientrare nella considerazione
dello storico. La storia giudica i fatti, mai le intenzioni tanto che
noi stessi saremo ricordati per ci che abbiamo fatto e non per
ci che avremmo potuto realizzare. Fare e dunque necessario
ai fini della storia e poter fare condizione che pu essere
contestata da una decisione preconcetta che chiamiamo pre-giudizio.
Decidere di fare o meno costruire a Gerhy, senza dubbio poeta dell'architettura,
la sua opera a Modena dovrebbe dunque esigere un pre-giudizio intensamente
congiunto con l'esperienza estetica e la tensione etica cui prima accennavo.
Infatti, poco valgono le teorizzazioni che tendono a escludere in base
a categorie l'essenza o meno di oggetti artistici, qualunque essi siano.
Addirittura ridicola e contraddittoria la teoria per cui la storia
e la sua rappresentazione architettonica dovrebbero negare il confronto
con la contemporaneit in virt di una pre-esistenza pre-giudicata.
Come posso avere la percezione della storia - ossia del trascorrere del
tempo, dei suoi significati in relazione alla mia vita, della sua formazione
e delle implicazioni etiche, filosofiche, sociali, politiche,ecc.. - teoricamente
confrontando fatti ai quali la stessa teoria non concede la possibilit
di accadere?
Ho detto ridicola perch questa stessa teoria, che ispira l'ignavia
- non la prudenza come dice Gregotti nell'articolo apparso sulla Stampa
e al quale risponde per le rime P. G. L. Ferrara - delle sovrintendenze
del nostro paese, ha l'originalit di colui che nel salotto antico
non vuole il mobile moderno. Ma la cultura non questo.
Nessuno ha contestato il lavoro di Gehry analizzandolo da un punto di
vista critico oggettivo. Tutti hanno fatto ricorso a generi, categorie,
teorie generali che con l'oggetto proposto hanno veramente poco da spartire.
La stessa stampa, nell'articolo citato in precedenza, chiede pareri ad
architetti i quali dubito possano avere elementi intellettuali adatti
al confronto con testi architettonici antitetici ai loro.
In particolare M. Botta, produttore di scatole e scatolette pi
o meno mortificate, non credo possa avere coscienza del racconto gehryano
e dovrebbe avere almeno il coraggio di sprezzare ci che la sua
storia progettuale dichiara in modo estremamente palese.
Ma in questo paese l'importante non esporsi, tanto di architettura
nessuno vuole capire niente.
(Sandro Lazier
- 5/3/2001)
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