In/Arch: una brutta strada
di Sandro Lazier
- 31/5/2011
Marted 24 maggio, a Roma, si tenuta lAssemblea Generale
In/Arch.
Ho ricevuto la sintesi della relazione programmatica del presidente nazionale
Adolfo Guzzini, che allego in calce a questo articolo.
Queste che seguono sono le mie considerazioni e riflessioni.
Devo dire di aver apprezzato e condiviso quasi tutto il documento, in specie nelle
premesse e nellanalisi della situazione devastante e devastata di una nazione
caoticamente dispotica, ostaggio di una burocrazia in totale paranoia legislativa:
in Italia la Pubblica Amministrazione, a tutti i livelli, non
chiede qualit ai progetti di trasformazione del territorio. Non la chiede
perch non gli interessa. Chiede altro e si interessa daltro. Chiede
carte, burocrazia, asseverazioni, giuramenti, metri cubi, rispetto di parametri
inutili, verifiche di vincoli astratti e contradditori. Si compiace nel costruire
corse ad ostacoli sempre pi difficili e fantasiose, nel moltiplicare i
centri decisionali, i diritti di veto, lattribuzione di competenze a soggetti
incompetenti. Amplifica allinverosimile norme e contro-norme, livelli di
pianificazione, inutili regolamenti.
Nel paese che ha inventato il fascismo, che non chiudere la bocca
ma soprattutto obbligare a dire - come diceva R. Barthes - le libert
individuali e i diritti che le presiedono sono visti come minacce, come potenziali
furberie di cui le persone potrebbero profittare per ottenere qualche indeterminato
beneficio privato. Libert che in tutto il mondo civile si traducono
in prosperit collettiva, da noi, in assenza di una dimensione autenticamente
liberale e laica della politica, occorre scontare affidandone lesito
ad un populismo bigotto e volgare da un lato o consociativo e giustizialista
dallaltro. sistemi che tendono alla creazione di nuovi
privilegi attraverso coalizioni o interessi organizzati, (con) un numero sempre
crescente di persone (che) si allontana dal sistema prevalente.
(F.A. von Hayek - Legge, legislazione e libert - il
Saggiatore 1986)
La nostra cultura respinge gli individui, le loro potenzialit
enormi. Il nostro un paese associativo e consociativo, non si basa
sui diritti e sui doveri degli individui.[] So di non essere popolare,
ma lo ripeto: un raccomandato che guadagna duecentomila euro a spese del contribuente
eticamente a un livello ancora pi basso di un delinquente comune,
e gli effetti economici che produce sono di gran lunga pi devastanti.
Intervista
a Claudio Piersanti di Enzo Mansueto, tratta da Corriere della Mezzogiorno,
11 giugno 2006
Il riferimento al primato, in un qualsiasi giudizio, della procedura sulla
regola - che argomento di massima riflessione da parte mia perch
questa, secondo me, la prima rivelazione della tirannia di fatto -
mi ha particolarmente colpito per chiarezza e determinazione: Sulla
barriera delle procedure si infrange qualsiasi altro ragionamento: sullarchitettura,
sulla qualit, sullurbanistica, sulla felicit dei popoli
e quantaltro. Leccesso di burocrazia e di procedure sadicamente
complesse e poco chiare, distoglie lattenzione da tutto il resto: non
si progetta pi per produrre spazi di vita che consentano di dare risposte
alle esigenze dei cittadini per farli vivere meglio: si progetta per rispondere
solo alle esigenze delle procedure.
Trovo poi il riferimento al tempo puntuale e preciso. Il tempo, nella logica
classica, variabile indipendente, ma solo li rimasta tale.
Ricordo che larticolo Elettrodinamica dei corpi in movimento,
in cui A. Einstein battezzava la relativit, del 1905, ma nei
tribunali e nei parlamenti, presumibilmente orgogliosi di una formazione culturale
disdegnosa delle faccende di scienza, ancora non arrivato:
In tutto ci irrompe prepotente la componente tempo,
prima vittima delle leggi e delle procedure inutili.
Il tempo non una variabile indipendente, come pensano i tanti burocrati
delle pubbliche amministrazioni. Pesa come un macigno sulla qualit dellarchitettura,
sulla pianificazione, sullo sviluppo economico, sulla societ. Posso
avere in mano il miglior progetto di trasformazione urbana del mondo, il pi
attento alla sostenibilit, al contesto fisico e sociale, alla fattibilit
economica, allinnovazione tecnologica ecc. ecc. Ma se lo realizzo dopo
20 anni dalla sua concezione diventer comunque un progetto sbagliato!
Operatori immobiliari, investitori, costruttori, progettisti quando e se riescono
a raggiungere la fine del labirinto burocratico per realizzare un intervento
non hanno pi n la forza n la voglia n le risorse
per occuparsi della qualit dellArchitettura. Ma come
possibile che nessuno si renda conto di come questa macchina infernale che
stata costruita tra vincoli e procedure la strada sbagliata che ha
prodotto degrado e devastazione del territorio?
Non posso che applaudire. Analisi precisa, spietata, sicuramente provata da
fatti e situazioni di cui tutti i lettori avranno sicuramente fatto esperienza
o perlomeno sentito il racconto.
Una domanda per mi preme. Tutti questi personaggi che hanno contribuito
e contribuiscono al massacro normativo, sono architetti o cosa? E se lo sono,
a quale specie appartengono visto che vengono formati o deformati -
nelle stesse scuole?
Formati, o deformati, in quelle scuole dove per anni ha pontificato proprio
quel Vittorio Gregotti che, con mia massima sorpresa, non avrei mai pensato
di veder citato con ammirazione in una relazione dellIn/Arch.
Ma cos .
Per il presidente Guzzini, lossessione patologica di Vittorio Gregotti
per le libert formali pare essere lantidoto ai mali dItalia
che, paradossalmente, non sono pi leccesso normativo partorito
proprio dalla stupidit teorica di regole compositive, di tipologie e
contestualizzazioni astratte, frutto di assurde pretese ontologiche che proprio
il nostro maestro per quasi un secolo ci ha calato sullapparato genitale
dalle pi gloriose testate italiane, ma: Dobbiamo essere sinceri
fino in fondo: molti dei nostri architetti, estasiati dalle mirabolanti performance
delle archistar, hanno continuato a credere che la soluzione fosse tutta racchiusa
in riflessioni di tipo morfologico-compositivo, in un gioco formale che
li liberasse da altre responsabilit.
In fondo in questi anni larchitettura cos intesa, quella del
brand, della firma, della genialit del singolo anche diventata
di moda nelle riviste, nei programmi televisivi, sui quotidiani. Ma lestetica
del mercato e del consenso altra cosa dallimpegno per una trasformazione
sostenibile delle nostre citt e dei nostri territori. Vittorio Gregotti,
nel suo recente libro intitolato contro la fine dellarchitettura,
sviluppa una articolata riflessione sullarchitettura contemporanea denunciando
la dilagante deriva della rincorsa allultima moda dellarchitettura
intesa come oggetto singolo ingrandito. Ci troviamo di fronte
scrive Gregotti ad una nuova espansione abusiva del termine creativit
ed alla necessit di unoriginalit estetica astratta come
valore assoluto, indipendente da ogni altra condizione di contesto
Mi domando: a quali altre responsabilit facevano riferimento,
ad esempio, F.L. Wright progettando Fallingwater, Le Corbusier progettando Ronchamp,
Mendelsohn la torre Einstein, Terragni la casa del fascio, Michelucci la chiesa
sullautostrada, e potrei continuare per ore? Di quali grosse responsabilit
si sono fatti carico questi personaggi se non quella di costruire una grande
architettura?
Bene, dichiaro schiettamente e con la massima chiarezza che, come architetto,
voglio essere libero da tutte quelle altre responsabilit che non hanno
niente a che vedere con larchitettura e che sono il veleno, non lantidoto,
del degrado architettonico nazionale. Con lalibi sociologico e antropologico
si giustificano e si continuano a difendere scelte urbanistiche e architettoniche sbagliate perch assurde e pretestuose,
come per esempio lo Zen di Palermo il cui autore, Gregotti appunto, difende
accusando dellinsuccesso lincuria degli abitanti e delle amministrazioni.
Ma perdio, lincuria cera prima del progetto. Era parte proprio
di quel contesto tanto tirato in ballo dallautore. C da
chiedersi di quale contesto parli Gregotti. Tradurre lincuria in architettura,
direbbe Zevi, avrebbe onorato sicuramente meglio il contesto e gli abitanti
del quartiere. Come esattamente ha fatto larchistar F. O. Gehry a Bilbao,
occupandosi esclusivamente di architettura e non di sociologia. Ma tutto questo,
se non lo si fa liberando poeticamente il linguaggio, con cosaltro lo
si pu fare?
Spiace che proprio lIn/Arch prenda le distanze dal suo fondatore, contestandone
le fondamenta teoriche.
Aggiunge Guzzini: Voglio qui citare la sequenza logica che in tante
occasioni il nostro saggio, lingegner Odorisio ha espresso.
Un sequenza capace di offrire un quadro straordinariamente sintetico della nostra
realt: larchitettura stata uccisa dallurbanistica.
Lurbanistica stata uccisa da una presunta tutela del paesaggio.
Architettura, urbanistica e paesaggio sono stati uccisi da inutili procedure
ed autocompiacenti regole burocratiche. La domanda che sorge immediata
questa: chi lassassino?
Bene, secondo voi che ? Chi vuole imprigionare lo spazio dentro teoremi
che vorrebbero tenere insieme le caricature dialettali con le squadrette ideologiche
o chi lo vorrebbe affrancare ad uso di un rinnovamento civile, sociale e culturale
continuamente in atto? Se proprio uno dei principali assassini, peraltro non
pentito, ci deve salvare dai prossimi delitti siamo messi veramente male.
La libert, soprattutto quella spazio-formale dellarchitettura,
si paga con grandi rischi di grandi delusioni, ma il suo concime cos
fecondo da produrre sicuramente i frutti pi dolci. Con le paure e le
frequentazioni della peggiore retroguardia conservatrice non si andr
da nessuna parte degna dun paese civile, perch per costoro lunico
futuro possibile sta nella mistificazione del loro passato.
Se veramente allIn/Arch sta a cuore la qualit dellarchitettura
rivolga il suo pensiero a chi le paure le ha vinte spezzando le catene della
pedanteria dottrinale e della censura che ne deriva. La qualit, in tutti
i campi della conoscenza, delleconomia, della societ e della
politica, si ottiene per libera concorrenza e non per censura. Non si capisce
perch larchitettura ne sia esclusa e perch ad escluderla
siano i successori di chi, al contrario, ne ha sempre sostenuto l'estrema libert
spaziale.
Brutta strada quella indicata dal presidente In/Arch. Con Gregotti sullo sfondo
fa anche un po tristezza.
Allegato: Relazione programmatica del presidente nazionale Adolfo Guzzini (pdf)
(Sandro Lazier - 31/5/2011)
Per condividere l'articolo:
Altri articoli di Sandro Lazier | Invia un commento all'articolo |
Stampa: "In/Arch: una brutta strada.pdf" |
Commento 10453 di Antonino Saggio del 15/07/2011
Mio dio Sandro che pezzo! Forte e serio.
Questa per esempio una arma logica fondante. Ti cito:
"Ma perdio, lincuria cera prima del progetto. Era parte proprio di quel contesto tanto tirato in ballo dallautore. C da chiedersi di quale contesto parli Gregotti. Tradurre lincuria in architettura, direbbe Zevi, avrebbe onorato sicuramente meglio il contesto e gli abitanti del quartiere. "
Sono entrato in merito alla questione facolt di Architettura di Palermo. Velocemente. L'articolo partiva con questa frase che ho spostato nel commento per non personalizzare due piani e due concetti.
L'articolo originariamente cominciava cosi.
Finalmente anche Danilo Dolci viene fatto santo, dal suo esatto opposto: l'eccellenza Vittorio Gregotti, il pi strapotente architetto e docente italiano degli anni Settanta e Ottanta. Ma lasciamo stare, lui e il "Corriere della sera" del 13 luglio, ringraziandolo del comunque utile contributo, ed entriamo nel merito...
Tutti i commenti di Antonino Saggio
Commento 10645 di Valeria scandellari del 03/08/2011
Caro Sandro,
un articolo straordinario, che denuncia tutti i mali della nostra burocrazia. Meriterebbe pi attenzione da parte di tutti i cultori dell'Architettura e in sostanza rivela l'urgenza di trovare una via d'uscita.
Il quartiere Zen, come le Vele di Scampia e similari andrebbero decisamente abbattuti per il bene della comunit.
cari saluti
Valeria Scandellari
Tutti i commenti di Valeria scandellari
[Torna su]
[Torna alla PrimaPagina]