Per unidea universale dellarchitettura
di Sandro Lazier
- 5/1/2019
In questi anni ho pi volte cercato le ragioni di quello che considero il terreno di coltura della deriva reazionaria che ha portato il paese ad uno dei punti politici pi bassi della sua storia.
Ho scritto pi volte di quanto larchitettura reazionaria degli ultimi 30 anni abbia di fatto contribuito a negare, soprattutto nel nostro paese, ogni interferenza capace di cambiare le abitudini profondamente borghesi dellarchitettura. Uso il termine borghese nella sua etimologia classica, che comprende in particolare la capacit di chi, intellettualmente, ha sempre combattuto la condizione di cui egli pare essere inesorabilmente schiavo; combattuto a parole poich nei fatti la sua condizione abitativa e i suoi giudizi sono stati e restano profondamente conformisti. Buona parte dellintellettualismo nostrano, ogni volta che ha dovuto confrontarsi con larchitettura nuova, con il governo del territorio e del paesaggio, non ha mai saputo abbandonare il riferimento alla propria identit storica e a quella che chiama memoria collettiva. Di fronte alle istanze nuove che, per quantit e tempistiche, non avevano riferimenti con la storia passata, la risposta sempre stata soggetta al ricatto dellantichit da subire.
La forza comunicativa e pedagogica dellarchitettura non mai stata completamente compresa, malgrado proprio il passato insegni quanto riscatto stia nei monumenti realizzati dal peggio dellumanit. Monumenti che hanno perso la loro funzione salvifica e che oggi rappresentano lo sfondo retorico per ogni idea conservativa.
Lidea di contesto ha cos pervaso ogni forma di progetto, col risultato di spegnere ogni volont realmente riformatrice.
Questa idea, fortemente limitante e stringente, cresciuta allinterno di un pensiero filosofico che rinunciava ai valori universali in favore di quelli contingenti e particolari. Unidea, secondo me, discriminatoria, che incrina profondamente la visione unitaria del mondo, dividendolo in piccoli pianeti autarchici i cui i valori consolatori e appaganti non sanno attraversare i propri confini. Legittimare culturalmente quelle che la visione illuminista del mondo aveva definito credenze, e dar loro dignit e forza di verit relativa, ha riaperto i vasi di Pandora delle religioni meno esperte e dei vaneggiamenti razzisti, nazionalisti e antiscientisti attuali.
La condizione contemporanea figlia di questo enorme errore politico e filosofico.
Il postmoderno architettonico non ci ha solo lasciato farsesco ciarpame edilizio, ma ha influenzato profondamente le persone abituandole ad una visione sconsolatamente autarchica dei propri valori esistenziali. Demonizzare luniversalismo, e la capacit degli uomini di vedersi con le stesse idealit e gli stessi valori, ha sicuramente soddisfatto la vanagloria di chi nellinternazionalismo vedeva affondare la propria vanit creativa, ma ha ferito gravemente i principi stessi che sono alla base della convivenza.
Questo il mio pensiero pi maturo, che con gioia ho rincontrato in buona parte in quello di Cinzia Sciuto, autrice del libro Non c' fede che tenga (Feltrinelli), un vero manifesto illuminista che rimette in ordine un sistema di valori essenziale per la nostra democrazia.
un libro di cui consiglio la lettura e che pu ridare speranza ad una posizione critica autenticamente laica.
Di seguito lo stralcio di alcune parti dellintervista lasciata dallautrice al sito GliStatiGenerali.com.
Alla difesa delle comunit religiose, lo Stato laico e democratico deve sempre e comunque anteporre la difesa del singolo individuo. E' il singolo cittadino che deve essere tutelato non perch appartenente ad una determinata comunit ma in quanto persona e, se necessario, anche contro quella stessa comunit.
Mi sono cominciata a sentire fortemente a disagio quando ad un certo punto mi stato detto, da pi parti, che parlare di diritti delle donne giusto solo se si rimane allinterno del nostro orizzonte culturale; al contrario, quando si ha a che fare con orizzonti culturali diversi dal nostro allora non detto che il nostro sistema di valori e diritti sia sempre valido. Io ho una formazione filosofica di forte matrice illuministica, il mio riferimento filosofico principale Immanuel Kant con il suo universalismo. Dunque questo approccio relativista a me sempre parso da un lato logicamente contraddittorio, dallaltro moralmente aberrante.
Sulla questione della contestualizzazione storica e culturale delle battaglie per le libert e i diritti individuali bisogna distinguere due livelli: una cosa dire che bisogna conoscere i contesti locali e dunque essere consapevoli che, a seconda dei casi, le battaglie per i diritti delluomo possono essere condotte con diversi mezzi e che anche lordine di priorit pu, delle volte, variare (per esempio, se negli anni 60 e 70 in Italia era prioritario il divorzio e laborto, non detto che lo sia in tutti i contesti culturali allo stesso tempo); unaltra cosa, per, mettere in discussione i principi ed i valori stessi in termini assoluti. Questultima una posizione, a mio avviso, da rigettare perch nasconde un razzismo inconsapevole: come a dire che in altri contesti, gli uomini e le donne non sono degni di godere dei nostri stessi diritti. Le battaglie per i diritti umani sono battaglie che coinvolgono lumanit intera; anche noi, in Occidente, dobbiamo quotidianamente continuare a combattere. Nulla dato per scontato.
Io credo sia importante in ambito laico criticare non solo le derive pi estreme e concretamente violente ma anche e soprattutto i dogmi e le credenze stesse che ne sono alla base e che alimentano di fatto episodi come questi. Il problema non soltanto evitare la violenza di per s ma sviluppare un dibattito pubblico in cui si condanni senza se e senza ma omofobia, misogina e qualsiasi altra forma di discriminazione.
(Sandro Lazier
- 5/1/2019)
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