Simulazione dassenza
di Paolo Marzano
- 16/10/2002
Come i saggi maestri, di tante storie raccontate, come un instancabile e paziente studioso, mentore dinamico e intellettuale acuto, Bruno Zevi, ci ha accompagnato alla soglia di questo millennio, dichiarando la vittoria dellarchitettura moderna e contemporanea, indicandoci un orizzonte nuovo. Consapevole, gi, dal Manifesto di Modena, ha mostrato grande fiducia nelle possibilit espressive di una nuova stagione architettonica e, in uno degli ultimi suoi scritti risalenti al 22 settembre del 99, chiude con un riferimento storico, il cui valore trascina sconvolgendo quella che sembrava una conclusione e azzarda unipotesi futuribile, con un atteggiamento coerente testimone di una vita diversa, non in riga. Egli delinea, infatti, la sua grandezza culturale lanciando con autorevole compiacimento quella che, con parvenze poetiche, deve leggersi, secondo me, come una vera profezia. Vedere lontano, daltronde, anche oltre i propri limiti, sempre stata una caratteristica dei grandi personaggi. Lo scritto dice: [...] va ricordato quanto diceva Leonardo sulla necessit di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo, delle nuvole, degli odori, dei tanfi, dei profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori dolci quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Adesso larchitettura attrezzata per captare tali valori.
In questo concetto, esiste una latente consapevolezza darricchimento che la critica architettonica dovrebbe acquisire e stimolare. Importante , mettersi in discussione sui sistemi di giudizio e sconvolgere le categorie di valore, per vagliare il pi dettagliatamente possibile e studiare seriamente ci che si presenta sulla scena architettonica per la prima volta, da ci che appartiene a discorsi gi affrontati e problemi, la cui soluzione, stata meditata e chiarita. Lungi dallo stabilire qual larchitettura buona da quella cattiva, (banale come intendimento, ma sempre bene confermarlo) vorrei che si facesse attenzione ad un particolare fenomeno presente nei discorsi e nelle descrizioni non troppo entusiasmanti riguardo a fenomeni sociologici e a quanti di questi sono conseguenti a trasformazioni urbane derivate dalla mutazione delle tecnologie. Ancora c molta titubanza nel voler interessare dellargomento mediale, sempre pi evidente, la descrizione dellevoluzione architettonica e della ricerca che essa sottintende. Viene negata levidenza, di una realt ormai fin troppo esplicita. Riguarda quel mondo altro che in una citt, intesa come insieme di riferimenti sia fisici sia psicologici, si v realizzando, raggiungendo risultati equivoci, soprattutto quando tratta unarchitettura e le sue relazioni. Personalmente, sono convinto che tutto derivi da unignota, quanto dinamica velocit dinformazione e le conseguenze che determina sul nostro relazionarci allambiente e quindi, sullarchitettura. Sappiamo, infatti, che essa nasce come sistema di relazioni.
I flussi dinformazione e le enormi quantit di dati, si sono fatti avanti con i loro nuovi orizzonti tecnologici di carattere prettamente e drammaticamente espansionistici. Si sono fatti largo tra le strutture, scoprendo i nervi della creatura architettonica e sollecitando fino allestremo, i contenitori che non erano certo pronti a questa notevole mole di complesse e continue connessioni. Sono stati capaci di smaterializzare qualunque barriera e ogni argine di contenimento alzato per guidarle.
Vorrei si focalizzasse per, che un aspetto di questo fenomeno, riguardante la velocit (in particolare) della comunicazione, dellinformazione, del flusso di messaggi;
bene, fondamentalmente questi nuovi elementi, non hanno bisogno dello spazio per viaggiare! E questo, il grande paradosso della nostra epoca! Come pu essere motivo di stimoli per nuove emergenze architettoniche, quello che per sua natura e per sua intima struttura, pu muoversi ad altissima velocit, azzerando totalmente quei parametri fondamentali quali sono, lo spazio e il tempo che solo allarchitettura competono? Una metafora illuminante di tanto tempo fa, vedeva lufficio trasformarsi con larrivo di un computer. Infatti, si riduceva, da camera dimensionalmente vivibile, diventando poi un box, con un tavolo una memoria e uno schermo. Alla luce di questo evento linformazione ha continuato la sua veloce corsa riducendo gli spazi e a semplificare movimenti e ancora a sintetizzare ottimizzandolo, un presente dichiaratamente, di sua propriet. Linformazione elude empatie di qualunque genere, elimina le distanze, azzera le misure. Usa in sostanza, larchitettura come vettore di spostamento utile, assorbendone i valori vendibili e impadronendosene. Linformazione evita compromessi con lidentit del luogo, annulla qualsiasi differenza e deplora lindividualit. Lomologazione il suo ambito naturale. Lo sbriciolamento delle tecnologie elettroniche, miniaturizzate, ha permesso un suo insidioso inserimento nella nanodimensione, abituando questa realt, ad unospite la cui invadenza era inaspettata. La velocit dellinformazione, ha catapultato nelle reti, i suoi ritmi informazionali obbligati, energie attivamente virtuali ed epidemiche, in espansione. Lo spazio virtuale visibile, ha debordato sullo spazio sensibile, aumentando lappercezione e declassando la soglia cognitiva. Lallucinante paradosso di cui parlavo, purtroppo contribuir ad una mutazione della facolt percettiva dello spazio e del tempo a favore di un consumo della visione del presente a scapito dellesperienza sensoriale intesa come energia vitale. L approssimazione percettiva derivata dallabitudinario ambiente virtuale, diventer un punto di discussione per le prossime generazioni di appassionati dellargomento architettonico. La critica, questo certo, ha bisogno di nuovi strumenti, indicando e traducendo gli spazi inseriti in domini senza dimensioni e le loro compromissorie connessioni con le strutture che li con-tengono. Specialmente se lo scopo diventa quello di capire le diverse tipologie dinformazione, indagandone strutturalmente la composizione, gli effetti mediatici, e le influenze percettive (decisivi!).
Prendendo dalla nostra stessa realt, un esempio, che spigherebbe quale salto qualitativo dovrebbe affrontare la critica e comunque la ricerca architettonica, guardiamo quello che successo nel passaggio della videoregistrazione quando si trasformata da analogica a digitale. Grazie alla tecnologia, la frammentazione digitale, ha prodotto sotto-spazi di misura nuovi, come segmenti misurabili di dimensioni frazionarie, registrabili. Questo ha determinato laumento di dati, ma contemporaneamente ha permesso, la possibilit di focalizzare e quindi definire meglio, le immagini e le forme, ormai visivamente quasi perfette. Laumento di complessit da parte di un ambito variato, ammette una, altrettanto complessa, situazione di decodificazione capace di tradurne i codici interpretativi. Solo con nuove valutazioni e soprattutto aggiornate potremmo pensare a visioni architettoniche che viaggeranno in simbiosi con linformazione, ricercando quali di queste rifiuteranno o saranno non adatte a supportare la sua, con-fusione. La situazione architettonica, con le complesse implicazioni mediatiche, ancora tutte da indagare per il loro potente approccio con lo spazio, corrono il rischio di agevolare particolari nicchie fisiologiche dove linformazione dominerebbe sullarchitettura partecipando forse ancora inconsapevolmente ad una sua regressione.
Larchitettura ha invece bisogno di uno spazio e con esso, di un tempo tutto suo, stimolando nuove visioni e nuove idee che nellalternanza di consapevoli ricerche formali ed esperimenti funzionali, hanno saputo stabilire nuove dinamiche progettuali, derivate da particolari individualit in travaglio, la cui espressivit genera tuttora molti proseliti. Comunque, il tempo e lo spazio rimangono per larchitettura; essenziali. E allucinante quindi, che si parli di controllo globale sullurbano, di massimo profitto sullo spazio, cercando di tenere al centro lidea di uomo prodotta dall informazione stessa per crearne lanalogo virtuale.
In un caleidoscopico presente, lanciato in una velocit ritmata a piacere dallinformazione mediata, la mente si adegua; coglie lindifferenziabile, non percepisce il cambiamento, quindi non immagazzinando esperienza, si pone in unattesa-distratta. Sovrappone immagini, segni e, in dissolvenza, crea uno stato di spaesamento generalizzato, emerge quindi, lassenza; in un progressivo zapping percettivo, tra un viso e un messaggio pubblicitario, lattenzione si pone in stand-by, connettiamo un inizio, la partenza, ad una fine, larrivo, il viaggio quasi non interessa pi, siamo diventati insensibili? Siamo diventati indifferenti? No, verifichiamo lessenza di unassenza, verifichiamo la scomparsa di uno spazio e di un tempo. Tendiamo a sostituirci allinformazione che tenta di educarci. Con la differenza che essa, elimina lo spazio dattesa perch ubiqua, noi perdiamo lessenza contemplativa e relazionante, lenergia vitale! Larchitettura di conseguenza perde la sua funzione pi importante; produrre relazione, differenza, felicit.
Mai pi calzante, e sempre aderente alla tipologia del discorso, trovo la nota conclusiva di Bruno Zevi, adatta per iniziare questo scritto e per concludere definendo la situazione del momento architettonico che viviamo, quando citando Pasolini dice:
[...] una luce matura, dolce, di catastrofe, illumina di taglio le cose.
(Paolo Marzano
- 16/10/2002)
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