Il senso della verit nella critica
di Sandro Lazier
- 9/3/2002
Quando si pensa il ruolo della critica non ci si pu dispensare dal riflettere sulla sua capacit di proporre una qualche verit oggettiva.
Almeno questo quello che vorrebbe chiunque si accosti alla lettura di un testo valutativo. Questo anche ci di cui i personaggi recensiti dal testo avrebbero necessit. Ma il rapporto tra verit e critica, tra oggettivit e interpretazione, non trova il conforto della convivenza nellambito della ragione.
Luciano Nanni - Arte e critica: libert come pertinenza ("il Verri" n 12, 1990)- dice:
<< Verit: il doppio livello della coerenza.
Inevitabile che su questa linea l'unico tipo di verit, cui rapportare l'interpretazione, sia quello della verit concepita come coerenza.() E frequente il caso in cui questa verit dell'interpretazione, circoscritta alla coerenza interna del discorso interpretativo stesso, viene letta come la legittimazione dell'anarchia pi totale e, in essa, addirittura della menzogna. Se basta la coerenza interna al discorso che parla dell'opera per far vero, e quindi per attribuire all'opera, quanto nel discorso interpretativo stesso si afferma dell'opera, perch coerentemente, si pu veramente dire, ci che si vuole, anche il falso. Se la verit critica come coerenza della critica fosse veramente del tutto riducibile a questo suo, come dire, livello intensivo, sintattico-semantico, ci sarebbe ben poco da obiettare a simile, devastante, rilievo. Ma qui il punto. Chi parla di verit come coerenza interna al discorso critico (intendo alla critica in senso lato - si capisce -) non intende parlare soltanto di questo tipo di coerenza, ma anche di una coerenza per cos dire estensiva (referenziale) senza la quale la verit indicata non sarebbe nemmeno verit. Cos almeno io penso o, meglio, in tali termini io, almeno, ne parlo. Certo, coerenza estensiva da recuperare ancora tramite quella intensiva, ma pur sempre, rispetto a questa, di natura diversa o, meglio, a suo sostrato e matrice.
Vorrei provare a spiegarmi con un esempio. Supponiamo che un'opera d'arte venga portata a significato critico tramite un paradigma di tipo psicoanalitico, in parole povere che venga letta in chiave psicoanalitica: come potremo giudicare della verit di quanto si afferma circa l'opera stessa? Indubbiamente controllando che il discorso che si fa sull'opera non sia internamente autocontraddittorio e quindi che sia coerente (primo livello della verit come coerenza), ma poi anche che all'interno di questa coerenza il paradigma sia chiamato in causa in modo estensivamente coerente (secondo livello della verit promessa), che nulla insomma di ci che nell'opera si presenta come ad esso congruo sia stato tralasciato, che tutto quanto in conclusione si presenta, nell'opera, come psicoanalitico (sempre dal punto di vista della concezione psicoanalitica chiamata in causa, si capisce) sia stato adeguatamente considerato e tematizzato. Una simile operazione si presenter indubbiamente come una interpretazione parziale (non verr certamente visto, nel caso, ci che nell'opera sar pertinente a paradigmi diversi da quello psicoanalitico considerato), ma mai come arbitrariamente falsa. Certo, un controllo simile esige il possesso, da parte del controllore, del sapere stesso che intende controllare, ma ci non succede usualmente? Solo chi gi conosce l'elefante, pu dire che l'animale che s'avvicina e incombe enigmatico, un elefante; soltanto chi conosce mio zio pu dire che l'uomo che si atteggia istintivamente a difesa mio zio e cos via.>>
Per Luciano Nanni nemmeno la coerenza sufficiente a darci conferma della validit di un giudizio davanti alla presunzione di verit.
Questo pone il problema della critica di fronte ad un preciso impegno che si assuma la responsabilit della particolarit e della parzialit.
In sostanza, la faziosit del giudizio che non certamente falsit o falsificazione arbitraria imprescindibile dalla responsabilit che proviene per ci che giudicato e pone lautore della critica nella condizione di dover dichiarare lealmente la propria posizione e il punto di vista dal quale intende dare interpretazione. Lo strumento della coerenza va quindi trasferito dallanalisi oggettiva del testo alla responsabilit del giudicante. Questa lunica garanzia possibile per il lettore che abbia necessit di valutazione e per lo scrittore che abbia necessit di confronto.
Tutte le posizioni teoriche che in qualche misura intendono riferirsi esclusivamente a formalismi quantitativi da poter sommare o sottrarre a piacimento, non trovano oggi conferma nellambito della ragione. Se da un lato la posizione dello storico dove la coscienza dei fatti storici sta nella trama che li tiene insieme pi che nei fatti stessi non ha la solidit necessaria per fondare il giudizio contemporaneo, dallaltro non sufficiente lanalisi coerente del testo per poter dedurre in modo veritiero qualsiasi giudizio di valore. Occorre pertanto una strategia che componga gli strumenti storico-critici e li rapporti alla formazione e al ruolo culturale di chi li esprime, dandone onesta, precisa e dichiarata collocazione.
(Sandro Lazier
- 9/3/2002)
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Commento 84 di Carlo Sarno del 27/03/2002
La critica non pu essere solo logica e coerenza. La critica una attivit intensamente umana dove i problemi dello spirito dell'uomo emergono incalzanti.
La critica - la vera critica - una attivit morale e costruttiva che dona coscienza a fatti ed eventi di cui ancora non si ha chiara consapevolezza; il critico l'interlocutore degli eventi, colui che stabilisce un dialogo, che traduce l'indicibile, che dona agli altri - distratti - una consapevolezza di fenomeni rilevanti per la crescita culturale e morale dell'umanit.
Il mio pensiero va a Gramsci, a Zevi e tanti altri.
Ma soprattutto la critica un problema di coscienza, di amore per la vita, di ricerca della verit , che assume in s anche l'assurdit della Croce e della incomprensione in quanto profezia dell'ignoto.
Tutti i commenti di Carlo Sarno
27/3/2002 - Sandro Lazier risponde a Carlo Sarno
"Ma soprattutto la critica un problema di coscienza, di amore per la vita, di ricerca della verit ..." appunto, quale verit? Ma soprattutto, come?
Commento 91 di Carlo Sarno del 05/04/2002
Ciao Sandro, ti chiedi quale la ricerca della verit, come ricercarla...
con umilt prover a darti il mio parere.
La critica un problema di coscienza, di introspezione nella propria e altrui anima, di fede. Imparando a conoscere se stessi (lo diceva anche Socrate) si trova la via per la comprensione della esistenza e della realt in maniera profonda e non supereficiale. Solo comprendendo se stessi e la propria essenza un critico potr diventare un vero critico, ovvero un critico rivolto alla verit sua, degli altri, e delle opere e degli argomenti che tratta.
Credo anche che per diventare un buon critico occorra comprendere il mistero della Croce, il mistero dell'uomo e della sua partecipazione al divino. Il Regno di Dio dentro di voi, ripeteva Ges, ed a lui recentemente nel campo dell'architettura faceva eco nel suo libro Testamento Frank Lloyd Wright ripetendo...il Regno di Dio dentro di voi...non lasciate spegnere la vostra Luce.
Io credo che la risposta al come ricercare ed a quale sia la verit nella critica lo si debba ricercare proprio l, nel cuore dell Luce che in noi.
Carlo.
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