Terragni di Nino Saggio.
di Sandro Lazier
- 25/2/2002
Giuseppe Terragni il frutto pi alto di una stagione tempestosa e davanguardia, di passione e di partecipazione collettiva allarchitettura e allarte. Il seme della sua intelligenza ha trovato un terreno contraddittorio, difficile e tormentato in cui per fiorito.
Questo pensiero chiude il libro di A. Saggio Giuseppe Terragni. Vita e opere. (Ed. Laterza).
Questo pensiero, a mio parere, anche lepilogo di un intenso e preoccupato rapporto tra lautore del libro e il personaggio recensito. Terragni, infatti, non interlocutore innocuo e confortante e lavvicinarlo con spirito critico pone pi di un problema alla consapevolezza di un architetto, perch il rischio di sprofondare insieme a lui nel disfacimento di un neonato razionalismo coinvolge in partecipazione anche la pi tenace impassibilit della mediatica coscienza contemporanea.
Non possibile comprendere e apprezzare lopera di questo architetto se non se ne condivide lassoluto e quasi esclusivo interesse per larchitettura, intesa come pretesto e insieme aspirazione dellesperienza umana individuale e collettiva, se non ci si cala profondamente nei luoghi pi scontati e quindi pi trascurati della professione e del mestiere. Ed proprio il rigore insistente, con cui si pongono a confronto tensioni etiche e sociali con soluzioni e progetti che hanno necessit costante di verifica architettonica, che svela il limite e la contraddizione di ogni scelta. Per conoscere Terragni occorre essere architetti. Per comprendere la gabbia o reticolo che contiene la sua poesia, occorre essere consapevoli delle difficolt che la materia impone quando lostacolo espressivo deve fare i conti con i limiti formali del linguaggio. La scatola dentro cui si muove la poetica di questo autore sempre instabile e formalmente inespressa; critica e incerta perch ne svela il limite, perch ne nega la purezza e la convenienza, perch ne rivela linattualit e la necessit di superamento.
Un superamento che limminente trasforma in nuovo problema, mai risolto in modo conclusivo e mai privo di nuovi dubbi ed incertezze. Ma in questo luogo scontroso e ostile che emerge la poesia, che prende corpo lalternativa della trasparenza, del chiaroscuro, della sovrapposizione dei significati, della compromissione di telaio (struttura) e paramento (sovrastruttura). Nella sua breve vita Terragni consuma lintera concezione del razionalismo deideologizzato e immune dallinfluenza istituzionale di unidea meccanica riferita allarchitettura. Dopo di lui, nel confine della ragione applicata, si pu solo recedere (A. Rossi, Grassi, Gregotti, ecc..) o rivoltarsi con violenza sfidando lintelligenza e il paradosso (P. Eisenman).
Antonino Saggio ci d prova di un Terragni centrale rispetto alle vicende dellarchitettura presente, punto di riferimento di ogni possibile riscrittura di un modello ideale architettonico, senza il quale non possibile cogliere gli aspetti fondanti della nuova et che si manifesta nellopera di tanti autori importanti.
Losservazione degli aspetti propriamente architettonici rivela a Saggio e ai lettori del libro la sostanza della vicenda Terragni e la capacit di questo autore di proporre in termini poetici argomenti che non scendono dalla filosofia o dallarte ma ne sono alimento, presupposto e ispirazione.
Non un caso che la palese disfunzione dellappartamento centrale di casa Giuliani Frigerio generi un salto linguistico e concettuale prima sconosciuto ed ispiri la sensibilit per la tensione e il movimento che caratterizzano le architettura pi ardite del linguaggio contemporaneo.
Lapproccio critico di Saggio da condividere e lodare perch solo da una ricerca oggettiva delle soluzioni architettoniche possibile cogliere gli aspetti sociali, politici, umani che determinano il superamento dellostacolo progettuale.
Aspetto questo peraltro ben illustrato nellacuta prefazione di Francesco Tentori.
Antonino Saggio Giuseppe Terragni - Vita e opere - Editori Laterza.
(Sandro Lazier
- 25/2/2002)
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Commento 65 di A. Simone Galante del 06/03/2002
Egregio Prof. Saggio, riconosco che Terragni stato un grande protagonista dell'architettura, anche se mi ha sempre lasciato perplesso il suo aderire al Fascismo, e poco credo al fatto che, come anche per molti altri, si sia trattato di un grande equivoco. Comunque, mi farebbe piacere sapere che rapporto Lei e Lazier credete ci sia tra architettura e politica, soprattutto ai nostri giorni. Per noi giovani importante capirlo. Grazie.
Tutti i commenti di A. Simone Galante
6/3/2002 - Sandro Lazier risponde a A. Simone Galante
Io credo che il problema non sia se Terragni abbia aderito al fascismo o meno. La domanda : larchitettura di Terragni fascista e di regime? Io credo di no. Larchitettura di regime si manifesta con un linguaggio che non ha nulla a che vedere con quello estremamente critico e incerto di Terragni. I regimi hanno bisogno di monumentalit, solidit, certezze e verit indiscutibili da imporre con la forza. Larchitettura del comasco lesatto contrario: sa essere antimonumentale e priva di centralit anche nel Novocomun, fabbricato perfettamente simmetrico. Molto probabilmente se il fascismo fosse stato quello che viene dallarchitettura di Terragni, sarebbe stato altro. Altri hanno fatto il fascismo.
Il rapporto tra architettura e politica quindi forte e sostanziale. Ma riguarda larchitettura.
Ha scritto Zevi: larchitettura il termometro e la cartina al tornasole della giustizia e della libert radicate in un consorzio sociale. Se non politica questa.
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