Architettura del Paesaggio tra storia e arte: dal passato al paradosso.
di Maurizio Oddo
- 18/2/2002
"Vuolsi aiutare quel ch' fatto, e non guastare quello che s'abbia a fare",
raccomandava l'Alberti a Matteo de' Pasti, impegnato nella costruzione del
S. Francesco. All'epoca della tecnica, di cui aveva parlato M. Heidegger, di
villaggio globale e di operazioni affrettate di de-costruzione, lecito
ritornare a parlare di paesaggio? Alla sua interpretazione, quale categoria
estetico-fenomenologica, oggi se ne aggiunge una nuova che lo considera il
risultato di una tendenza che sta conducendo alla omologazione del concetto stesso di paesaggio: proliferano, infatti, libri, riviste specialistiche e trasmissioni televisive; persino la pubblicit, dagli spot della Valleverde
a quelli delle acque minerali, sembra essersene accorta.
Nella consapevolezza di apparire controtendenza, ci occuperemo del paesaggio, inteso all'antica, alla ricerca di suggerimenti utili che possano servire, parafrasando il suggerimento albertiano, al miglioramento di ci che stato gi compiuto, nella speranza di non guastare ci che da compiersi, facendo in prima istanza un buon uso della storia critica e dell'arte poich il paesaggio , in prima istanza, cultura che si aggiunge alla natura, fuori dalla cultura esso tende a scomparire.
Solo colui al quale una sofferenza presente opprime il petto, e che a ogni costo vuol gettar via il peso da s, ha bisogno della storia critica, vale a dire di quella che giudica e condanna. Per determinare il limite in cui il passato deve essere
dimenticato, se non vuole diventare l'affossatore del presente, si dovrebbe
sapere con esattezza quanto sia grande la forza plastica di un uomo, di un
popolo o di una civilt, voglio dire quella forza di crescere a modo proprio
su se stessi, di trasformare e incorporare cose passate ed estranee, di
sanare ferite, di sostituire parti perdute, di riplasmare in s forme
spezzate.
Questa riflessione tratta da F. Nietzsche, sull'utilit e il danno della storia per la vita, efficace per introdurre alcune considerazioni
legate alla qualit attuale del paesaggio condizionato da una ostinazione
analoga a quella dei conoscitori d'arte che, nel tentativo di salvare
l'arte, vorrebbero eliminarla; essi si atteggiano a medici, mentre in fondo
hanno mirato all'avvelenamento. Ci si forse dimenticati che, alle soglie
del nuovo millennio, nel tentativo di salvare ogni cosa si rischia di
distruggere tutto e che ci vale anche per il paesaggio? Se consideriamo
l'attuale sviluppo del neo-volgare e del banale, del ripugnante falsoantico,
i mimetismi e le operazioni di lifting che invadono il paesaggio, sembra
proprio di s; a tale riguardo, credo non si possa tacere sulle normative per i controlli qualitativi, promosse dalla autorit satrapica delle
Soprintendenze che stanno omologando la diversit dei paesaggi obbligando, per esempio, a rivestire qualsiasi muro, anche il pi piccolo, con elementi informi di pietra; caricature prodotte dalla cultura burocratica
dell'approssimazione.
Ma proprio necessario che nella progettazione del paesaggio ci si sforzi due volte, prima nel creare l'oggetto e poi nel
tentativo di farlo scomparire? Ci siamo accorti di far parte del paesaggio.
Prima c' stata l'idea di una interiorit come assolutamente altra rispetto
al mondo. Poi abbiamo visto che il paesaggio siamo noi e noi siamo il
paesaggio. qualcosa di molto settecentesco. Il fondale riemerso, non
solo come oggetto, ma anche come stile, ritmo. Ma qual lo stile di cui
parla C. Magris nel testo citato se lo riferiamo alla moderna architettura
del paesaggio? Credo si tratti della sintesi tra la reinvenzione
paesaggistica del nuovo insediamento e la rilettura, in chiave critica, dei
paesaggi organici italiani del territorio storico, considerati in senso
fisico, materico.
Siamo abituati all'idea del bel paesaggio ; ma gi nel
Settecento, soprattutto con Burke, stata avviata una riflessione nuova su
questo concetto: ci che interessa non soltanto la forma ma anche ci che
non possiede ancora alcuna struttura ordinata, il luogo vago e per certi
versi il caos: Voglio cancellare l'architettura. Ma come possibile
cancellarla? In passato pensavo che se avessi creato un'architettura del
caos, questa sarebbe scomparsa. La tecnologia elettronica uno strumento efficace per generare il caos poich dissolve in un istante ogni tipo di territorialit e gerarchia.
Tuttavia, il caos avulso dal contesto e inserito in una cornice si distinguer e diventer un'opera d'arte. Che poi un'opera scompaia o meno non dipende dal caos dell'opera in questione, ma dalla direzione e inquadratura della visione di chi effettua l'estrazione. "Il problema, ho scoperto, non era l'oggetto bens il soggetto", ha scritto recentemente Kengo Kuma su Lotus. Anche il disordine pu vantare, dunque, qualit estetiche: perch, allora, non partire dalla realt concreta, cercando di comprendere appieno la logica, qualora esista, che soggiace allo sviluppo spontaneo del progetto di paesaggio, cercando di cogliere le celate poetiche e la sua figurativit nel tentativo comune di stimolare la nascita di una estetica nuova? Ci troviamo, infatti, di fronte ad una artificialit che investe tutto, non soltanto ci che direttamente modificato nella forma ma anche ci che apparentemente rimane immutato: "Ho l'impressione che per me, o per coloro che sentono come me, l'artificialit sia diventata una cosa naturale, ed il naturale che sembra strano. Mi correggo:l'artificialit non diventata naturale; il naturale diventato diverso"(F. Pessoa).
Il Paesaggio deve essere considerato nella accezione di immagine vera del nostro ambiente, fatto di materiali viventi, totalit che genera da se stessa un complesso di forze e di regole, organizzato attraverso un linguaggio di forme, quale risultato autentico ed espressivo, ma nello stesso tempo comprensibile, della nostra civilt.
Forse l'arte
della pittura che pu indicare la via al trattamento del paesaggio, come
accadde nel XVIII secolo. In nessun altro campo, infatti, possibile
esaminare tanto a fondo il valore di un concetto astratto, l'organizzazione
dello spazio e la costante subordinazione del particolare all'insieme:"Quando compongo un paesaggio, mi pongo in primo luogo un problema analogo a quello del pittore; ossia, mi preoccupo della relazione tra gli oggetti che compongono il quadro, siano essi boschi, campi o acqua, pietre o alberi", ha scritto R. Page, uno dei pi grandi paesaggisti del secolo. Al di l, comunque, della definizione di K. Clark secondo cui un paesaggio l'arte di disporre sapienti pennellate sulla tela, necessario occuparsi dei paesaggi degradati delle periferie metropolitane descritte da P.P. Pasolini o rappresentate in molti lavori della cinematografia poich l'idea di paesaggio, la pi aggiornata, trova compiutezza anche all'interno di questi ambiti di riferimento, quale sommatoria di luoghi dove convergono le dimensioni trascendentali del tempo e dello spazio. L'uomo crea paesaggi
nuovi, attraverso la fondazione di citt nuove come accaduto per Gibellina
che, disattenta al suo significato di polis e soprattutto di civitas, ha
lasciato che emergesse l'individualismo dell'opera d'arte, o nella
fattispecie di architettura, in una condizione di surmodernit, cos come
intesa da M. Aug, dove si vive in un mondo che non abbiamo ancora imparato ad osservare.
, dunque, necessario oltre a ri-fondare la citt, re-imparare a pensare lo spazio e il paesaggio? L'importanza del paesaggio, un tempo era direttamente legata al suo essere vivente, complesso, organico in cui ogni singola parte concorreva per il funzionamento dell'organismo. Oggi, il valore del paesaggio costruito risiede esclusivamente nella qualit isolata delle singole opere che possibile riscontrarvi. Pur nella consapevolezza che non bastano soltanto le grandi opere a contrassegnare un cambiamento radicale nella trasformazione del paesaggio e delle citt, l'idea di un
paesaggio nuovo, tra realt ed utopia, costituisce ancora oggi la forza
trainante della storia: "un paesaggio abitato - sottolinea C. Norberg-Schulz
- un paesaggio compreso, non nel significato scientifico, ma come
partecipazione umana. Purtroppo oggi la pianificazione paesaggistica in
gran parte motivata da cognizioni scientifiche frammentarie, mentre manca
l'intendimento dell'interazione nell'unit".
Eppure, anche la citt
contemporanea, nonostante le critiche che ad essa sono state rivolte, non
costituisce un totale fallimento considerato il valore emotivo che alcune di
esse offrono: " Ogni secolo ha le sue rovine e un suo modo di metterle in
immagine facendone paesaggio. Le nostre rovine hanno questo di particolare, sono rovine del presente, non custodiscono tradizione, non hanno fatto in tempo ad accumulare tempo. comunque il paesaggio che ci dato, una compresenza grottesca di naturale e artificiale. probabile che questi nostri poveri luoghi custodiscano una loro storia continuamente mutevole o aspettino che la loro storia si avveri", ha magistralmente scritto D. Del Giudice. La natura fenomenologica dello spazio, quale esperienza del
paesaggio attuale, evidenzia la necessit della dimensione paesaggistica
dell'architettura quale componente di una pi ampia ricerca espressiva dove
il paesaggio viene ricondotto alla complessa dimensione estetico/percettiva
ma anche fattuale che, coinvolgendo l'operazione progettuale, impone la
propria inesauribilit.
Analogamente alla interpretazione data da M. Sironi nelle sue periferie urbane o da dalle opere di C. Carr, dove il paesaggio diventa anche il protagonista del nostro immaginario, per una sua reale appropriazione, necessario partire dai problemi contingenti che lo affliggono poich non pi possibile considerarlo esclusivamente quale
scenario complementare cos come accadeva nelle opere di Giotto o di
Raffaello. Considerato che le tematiche legate al paesaggio rappresentano un fattore fondamentale per la capacit di un paese di competere, anche sul piano economico, con gli altri paesi della Comunit Europea, si tratta di
porre laccento sulla qualit dell'architettura del paesaggio nella
pianificazione territoriale e nella gestione dell'ambiente urbano,
attraverso la combinazione di arte, storia, scienze naturali, scienze
sociali e tecnica ma anche di conoscenze economiche e gestionali, necessarie alla comprensione di un organismo complesso e in evoluzione come il paesaggio, in sintonia con luomo che misura di tutte le cose in un mondo e in una storia che sono la storia e il mondo dell'uomo. Mentre nel film Matrix la citt rischia di diventare un chip e il paesaggio americano,
descritto in "City" da A. Baricco, si affida alla geometria quale "paesaggio
possibile di ogni realt morale", mettiamo da parte ogni estetismo e
ri-partiamo dalla dimensione concreta del paesaggio, con l'ostinazione di un
nuovo Palomar, nella consapevolezza della necessit di una Architettura
della dialettica che possa evidenziare l'atto progettuale come operazione da opporre alla non qualit del nuovo paesaggio; d'altro canto, ammoniva B.Brecht, "per essere creativi non bisogna partire dalle buone vecchie cose
bens dalle cattive cose nuove ".
Maurizio Oddo
(Maurizio Oddo
- 18/2/2002)
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