Sicilia delenda est
 
  Oggi il 8/11/2007
Opinioni
Sicilia delenda est
di Leandro Janni

La riforma urbanistica siciliana
Un commento

Sulla scia dell'italico disegno di legge di riforma del governo del territorio, conosciuto come Legge Lupi, anche la Sicilia regione a Statuto speciale ha elaborato un suo disegno di legge di riforma urbanistica.
La riforma urbanistica siciliana voluta dallattuale Governo regionale, formalmente motivata dalla necessit di snellire le procedure, cela in realt lo smantellamento della logica e degli impianti normativi di gestione, governo e regolamentazione dellattivit urbanistica sul territorio siciliano. Il disegno di legge di riforma urbanistica tra le altre cose determinerebbe: 1) l'abolizione definitiva della fascia di inedificabilit dei 150 metri dalla battigia, con connessa, implicita sanatoria per gli abusi edilizi lungo le coste; 2) l'abolizione della fascia di rispetto all'esterno dei boschi e delle aree archeologiche; 3) l'abrogazione delle norme sulla edificabilit dentro i boschi e del concetto giuridico di bosco; 4) leliminazione dei limiti inderogabili sulle volumetrie edificabili in tutte le zone del territorio comunale; 5) labrogazione del regime limitativo per le costruzioni in verde agricolo; 6) leliminazione di limiti e salvaguardie per l'edificazione nei centri e nuclei storici.
La proposta di legge prevede tre distinti livelli regionale, provinciale e comunale con altrettanti strumenti di pianificazione: il Piano territoriale regionale, il Piano territoriale provinciale e il Piano urbanistico comunale. Il Piano territoriale regionale lo strumento tecnico-giuridico con cui una comunit riconosce ed afferma i valori del proprio territorio, determinando le regole per il suo uso, tutela e fruizione sociale, ovvero lorganizzazione degli insediamenti e le istanze per lo sviluppo. Questa ratio basilare, fondamentale per qualsiasi strumento di politica o di pianificazione territoriale, sembra essere disattesa, se non addirittura negata, dalla nuova proposta di legge urbanistica siciliana. La proposta, infatti, supera allindietro anche i pi obsoleti approcci alla pianificazione quantitativa (come ad esempio la legge urbanistica lombarda) e, se approvata, rischia di determinare un vero e proprio disastro per lambiente regionale siciliano.
La pianificazione che ne deriva, piuttosto che ai criteri di tutela e valorizzazione del patrimonio, sembra rispondere alla necessit di allocare, nel territorio regionale, quote tanto infinitamente ingenti quanto improbabili di risorse economiche e finanziarie. Lidea di sviluppo sostenibile, prefigurata dalle linee guida del Piano territoriale paesistico regionale e fatte proprie dalla prima bozza di Piano urbanistico regionale, ruotante attorno allaffermazione dei valori dellenorme patrimonio di risorse ambientali e culturali dellIsola, totalmente abbandonata, nonostante i vaghi accenni nel disegno di legge in esame alla pianificazione del paesaggio. Lapparato pianificatorio prefigurato dalla proposta, oltre ad essere sovrabbondante e farraginoso, tale da apparire, in molti passaggi, inattuabile, costituisce in realt una sorta di copertura formale per i giochi da effettuare sul territorio regionale, da parte di interessi che evidentemente debbono potersi muovere senza vincoli e fastidiosi impedimenti.
Questo si pu cogliere gi nelle dichiarazioni dei principi generali allorch, dopo un generico richiamo alla sostenibilit, i meccanismi di semplificazione e flessibilit proposti attaccano e annullano alcuni storici capisaldi della pianificazione nazionale e regionale, tra cui: a) lobbligatoriet dello strumento urbanistico-pianificatorio per tutti i comuni; b) la cogenza dei piani ai diversi livelli; c) la cancellazione di fatto del concetto di eccezione; d) il primato degli interessi economico-finanziari sui valori del territorio; e) leccessiva pervasivit dei meccanismi perequativi che disegnano un territorio dove tutto scambiabile, senza neppure credibili distinzioni tra ambiti edificatori ed altre destinazioni, e in assenza persino della dovute ponderazioni tra comparti urbani di diversa natura.
In contrasto ai concetti espressi dalla ricerca disciplinare che legano le future istanze di sviluppo regionale al recupero e alla riqualificazione dei patrimoni insediativi esistenti, alla tutela e valorizzazione delle emergenze architettoniche, paesaggistiche e naturalistiche, dal disegno di legge regionale deriva unidea generale di ambiente, di spazio, ancora tutto da trasformare, da edificare. Come dire: metro cubo su metro quadro.
La compressione, al limite dellazzeramento, delle autonomie locali un altro nodo fortemente critico del programma di riforma. Si gi accennato al fatto che la redazione del Piano urbanistico comunale diventi una discrezionalit da dirimere a livello regionale. Ai livelli pi alti sono peraltro demandate tutte le scelte strategiche riguardanti le municipalit: le azioni rimangono accentrate regionalmente, oppure a livello provinciale. Il Piano urbanistico comunale, ove previsto, risulta strumento dai contorni deboli e incerti, mirato perlopi alla fase operativa. Nel tentativo di mantenere qualche prerogativa ai Comuni, le procedure approvate risultano talmente confuse, da essere improbabili.
Altri problemi rilevanti derivano dalla sovrapposizione della pianificazione alla grande scala con la pianificazione paesaggistica esistente. Il Piano regionale, a tal proposito, invece di recepire gli ambiti di pianificazione gi disegnati dalle linee guida del Piano territoriale paesistico regionale, sembra volerli ridisegnare, con un grave arretramento di tutto il processo. Ancora non si colgono le necessarie distinzioni di competenze paesistiche e ambientali tra i Piani dambito, e i Piani provinciali che, interessando pi ambiti, dovrebbero mantenere solo funzioni di indicazione e coordinamento. Non si comprende la funzione dei Piani territoriali regionali darea, che dovrebbero disegnare comprensori di eccellenza per quanto riguarda la programmazione e lallocazione di risorse, rompendo per lunitariet del Piano regionale.
Paradossale, poi, appare lo scardinamento del sistema dei cosiddetti standards inderogabili, che impongono allente pianificatore (il Comune) e che assicurano ex lege la vivibilit negli insediamenti urbani attraverso limposizione non variabile di indici massimi di edificabilit, distanze minime tra edifici, altezze massime, ecc. E prevista, infatti, una incerta disposizione secondo la quale tali limiti verranno dettati, non pi per legge, bens dagli stessi strumenti urbanistici comunali, divenendo cos inevitabilmente modificabili. Piuttosto deboli appaiono le aperture ai concetti di valutazione strategica, dimpatto, di sostenibilit, talmente isolati e in controtendenza alla logica della proposta, da risultare vanificati a priori. Si sottolinea, infine, che il disegno di legge prevede labolizione delle Commissioni edilizie comunali e del Consiglio regionale dellUrbanistica: un organo, questultimo, che ha svolto importanti funzioni di regolazione e controllo, e che ha spesso impedito nefasti processi di degrado speculativo del territorio regionale siciliano.

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  25/9/2005
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