Tutti i commenti all'articolo Critica da allevamento

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commenti all'articolo: Critica da allevamento di Mara Dolce
Attenzione! I commenti sono in ordine discendente, dall'ultimo al primo.

Commento 376 di >>Mara Dolce
19/7/2003


Il professor Saggio difende il suo lavoro: legittimo.
Ma da qui a dire che le critiche vengono da posizioni poco informate
perch non hanno citato il suo lavoro critico ce ne corre.
Per quanto riguarda "le generalizzazioni ad effetto", forse si riferisce ai suoi colleghi e alla critica italiana che con i facili proclami ha cercato di supplire all'incompetenza. Ritengo che le osservazioni qui riportate siano tutto meno che generiche, bens puntualissime accuse.



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Commento 375 di >>Sandro Lazier
19/7/2003


Concordo in pieno con Nino Saggio che, nei suoi commenti del gioved, scrive: "A me sembrano posizioni poco informate che tendono a generalizzazioni ad effetto. Vorrei ricordare, almeno, il lavoro compiuto nella sezione "Gli Architetti" dopo la scomparsa del fondatore dell'Universale di Architettura."
Distinguere le opinioni dalle formulazioni teoriche mi sembra una considerazione pedante che non ha ragion d'essere nel pensiero contemporaneo. Infatti, la missione critica mettere alla prova e "falsificare" teorie anzich produrle. Questo mi pare evidente e fondamentale. Se valgono le ragioni di Mara Dolce mi chiedo cosa ci sta a fare un giornale come il nostro.


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Commento 374 di >>Mara Dolce
17/7/2003


formulo un' ipotesi: che la pessima opinione che hanno i lettori piu critici sulla critica italiana, sia dovuta al fatto che sono coscienti di trovarsi di fronte ad opinioni che si vogliono far passare per critica .
La critica, per chi avesse letto almeno un libro sul genere, ha le sue condizioni. Una delle quali, elementare, e che non esiste critica senza teoria, dalla quale trarre i giudizi che sostengono le interpretazioni. Non ce critica senza teoria e nemmeno ha senso la teoria senza la critica dellopera. Ma e recentissima la polemica che ha ospitato questa rivista su una quasi medaglia italiana alla critica, ad un finalista che ha mai pubblicato nemmeno un articolo .
Unaltra condizione affinche esista la critica, e che questa entri nellanalisi strettamente formale dellopera superando la lettura dellinterpretazione generale per entrare nel merito delle caratteristiche spaziali, della logica strutturale, dei materiali usati e delle questioni funzionali.E con questa seconda condizione abbiamo tolto di mezzo la critica italiana che si limita a considerazioni storico- sociologiche.
Una terza condizione e che esiste la critica solo quando esistono visioni contrapposte di possibilit; anche in questo caso la critica italiana fuori gioco: siamo infatti in piena stagione di grandi tavolate di tutti-amici-di-tutti.
Una quarta riguarda lemissione di giudizi che non devono intendersi nel suo senso pi immediato, di promozione o negazione, di stabilire quale architettura buona e quale non lo e; ma nella recente editoria, non si visto altro che discutibili liste di promesse italiane allegate allultimo libro del docente di turno.
Fuori di queste elementari condizioni, esiste una critica da condominio, perch in realt, di opinioni che si tratta.
Non poi cos strano e un po' paradossale che i pi critici tra i nostri lettori abbiano una cos pessima opinione della critica.


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Commento 373 di >>Sandro Lazier
15/7/2003


E' strano e un po' paradossale che i pi critici tra i nostri lettori abbiano una cos pessima opinione della critica che, comunque e sempre, rimane facolt di esprimere giudizi.
Molto spesso gli autori disdegnano chi li critica con argomenti e opinioni. Spesso, inoltre, come ho sentito personalmente pi volte, si accusa la critica di determinare i destini di questa o quella architettura secondo ben determinate convenienze. Non dico che questo pu non accadere, ma purtroppo - senn sarebbe facile, comodo e vantaggioso - la critica non ha questa capacit e importanza. La critica LEGGE la realt come una sorta di coscienza letteraria. Quindi, se non c' architettura - e il pallino rimane sempre e comunque nelle mani degli autori - non si pu leggere e non c' critica che tenga e possa attuarsi.
Secondo il mio personale parere, per concludere, bisognerebbe arrabbiarsi molto per l'assenza di architettura pi che per la presenza di critica.


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Commento 372 di >>Mara Dolce
15/7/2003


"critica da allevamento" giunge alle stesse conclusioni di Botta: la critica non serve a niente e a nessuno se non a se stessa. Ma vorrei aggiungere : "questa" critica italiana che valorizza e promuove una ricerca frivola ed elitista di originalit e novit a qualsiasi costo; e in questo momento storico .
Gli inizi della critica dell'architettura vengono fatti risalire alla meta' del VIII secolo con gli scritti dei teorici del neoclassicismo: Winckelmann, Lessing, Mengs, che si lanciarono contro il tardo barocco.
Diderot con i suoi saggi e pensieri su pittura, scultura e poesia, e Milizia con la difesa dei concetti rigoristi e classicisti in "Principi dell'architettura civile" e "arte del saper vedere..", possono considerarsi i precursori e gli iniziatori di questo spiritico critico che ebbe la sua teorizzazione nel sistema filosofico di Kant. Ed e' a partire dell'arte da avanguardia e il movimento moderno che l'attivita' critica ha il suo ruolo piu' rilevante nella difesa di una nuova architetttura (razionalista, funzionalista, sociale).
A partire dagli anni sessanta inizi il processo di discredito della critica con l'articolo di Sontag "Contro l'interpretazione". Questa rapidissima ed insufficiente escursione nella storia della critica, per dire che la critica esiste e va di pari passo con l'architettura.
Ed e' una realta' che vende libri, produce master con iscritti, siti con clicks, conferenze e un sacco di gente che apparentemente non sta a spasso...Allora visto che esiste, l'invito e', che almeno cerchi di svolgere un ruolo etico (e non morale), con una appropriata funzione sociale.


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Commento 371 di >>Vilma Torselli
14/7/2003


Egregio EnricogBotta,
sono grosso modo daccordo sulla sua definizione di critica inutile che "serve solo ed esclusivamente a se stessa, mi sono espressa in termini simili in un mio precedente commento.
Non sono daccordo sul fatto che, per essere larchitettura un servizio che va offerto nel rispetto e nella salvaguardia della vita, della salute, della propriet e del benessere collettivo, (e nelloccasione mi complimento per la sua invidiabile chiarezza di idee, nella linea del pragmatismo americano che noi europei invidiamo tanto) debba essere automaticamente esentata da un giudizio critico, almeno cos sembrerebbe dal suo intervento. Perch mai? Critichiamo tutto, gli ospedali, le pensioni, i cibi transgenici, perch mai non dovremmo criticare larchitettura?
Il vero tema della discussione, che mi pare lei scavalchi, definire non larchitettura, ma la critica dellarchitettura, che una delle "definizioni mancanti " del nostro paese, come lei lamenta.
Dino Formaggio dice che Arte tutto ci che gli uomini hanno chiamato arte: parafrasandolo, si potrebbe dire che critica tutto ci che gli uomini hanno chiamato critica, quello che intende lei, io o altri. L' Art. 21 della Costituzione italiana recita: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
E' inevitabile che ne beneficino anche i critici d'allevamento, lasciamoli parlare e....critichiamoli!.
Cordiali saluti



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Commento 370 di >>enricogbotta
14/7/2003


Non sono d'accordo con l'idea di critica, se l'ho compresa bene, che questo articolo presuppone. Mara Dolce a mio avviso investe la critica di ruoli che non le competono. Le accuse di disinteresse nei confronti della periferia urbana andrebbero rivolte agli architetti, non ai critici
La critica non ha nessun ruolo nel produrre soluzioni. Ovvio, molti si illudono che sia cosi, molti, soprattutto i critici stessi, credono o vogliono far credere che la critica serva a migliorare l'architettura. Non cos.
La critica serve solo ed esclusivamente a se stessa e al sistema editoriale che guadagna e fa guadagnare soldi. Una volta che si sia compreso questo, mi sembra evidente che non ci si possa stupire del fatto che la critica non abbia nella sua agenda scopi morali.
"Non c' da sorprendersi allora, dello scollamento delle realt tra quello che si vede facendo quattro passi in una periferia urbana e quello che si legge sulle riviste di architettura."
Infatti, non c' da stupirsi. Come non ci si stupisce dello "scollamento" tra le sfilate di alta moda e il modo in cui la gente per strada si veste e cammina. Sono cose che per definizione non hanno nulla a che fare l'una con l'altra. Anzi mi stupirei di pi se questo scollamento non ci fosse. La critica appositamente non parla della realt perche se parlasse della realt non interesserebbe a nessuno e questo sarebbe un vero disastro: libri invenduti sugli scaffali, conferenze deserte, siti senza clicks, master senza iscritti, un mucchio di gente a spasso.
Quindi preoccupiamoci piuttosto del fatto che esistano degli "architetti" a cui interessa ci di cui parla la critica contemporanea, cio di cose che hanno pi a che fare con il gossip e l'haute couture piuttosto che con il risolvere problemi. Se gli interessa questa roba probabile che agiscano di conseguenza, cio producano, nel migliore dei casi, haute couture e lascino tutti i problemi come stanno, cio irrisolti.
Giustamente si finisce sempre a parlare di universit. Il problema (uno dei problemi dovrei dire) che nel nostro paese mancano le definizioni o spesso ci se ne dimentica. Alla domanda cos' l'architettura gli studenti del primo anno strabuzzerebbero gli occhi, quelli del terzo direbbero "un misto tra scienza e arte", quelli del quinto ti attaccherebbero un pistolotto fatto di citazioni strampalate prese da storici, critici, sociologi, neuropsichiatri etc: due ore di parole per non dire niente.
Ovviamente nessuno gli ha mai insegnato (ammesso che qualcuno la conosca) la definizione di architettura. Quella che hanno insegnato a me la definizione di architettura che d lo stato di New York:
http://www.op.nysed.gov/archguideintro.htm
"The practice of the profession of architecture is defined as rendering or offering to render services which require the application of the art, science, and aesthetics of design and construction of buildings, groups of buildings, including their components and appurtenances and the spaces around them wherein the safeguarding of life, health, property, and public welfare is concerned. The services include, but are not limited to consultation, evaluation, planning, the provision of preliminary studies, designs, construction documents, construction management, and the administration of construction contracts."

L'architettura un servizio che va offerto nel rispetto e nella salvaguardia della vita, della salute, della propriet e del benessere collettivo.
Si delinea allora una generazione di critici da "allevamento" intorpiditi dal benessere da residenza-centro-storico, con pose da intellettuali scontenti e da avanguardia, ai quali i lacci dell'empirismo stanno troppo stretti. E' una critica "bene" che si occupa di architettura da salotto, teorizzata, parlata, metaforizzata, sognata, proiettata, futuribilizzata,che non ha tempo per la realt.

Insisto, la critica da "allevamento" per definizione.
enricogbotta
http://www.quantumarchitecture.net


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Commento 363 di >>Vilma Torselli
2/7/2003


"Nella critica ci deve essere un'attitudine alla spregiudicatezza, di viaggio, d'avventura, senza parametri, senza apriori. Sono caduti i rituali dell'avanguardia, siamo immersi ormai in un magma: ognuno si muove a ruota libera, libero nelle memorie, negli strapaesi, nelle archeologie, nei neri, negli scuri, nell'ironia oppure nelle epiche e nelle mitologie. Anche la critica deve fare i conti con questo. O sta a battere cattedra e a parlare del Rubicone, ma allora rimane emarginata, o deve "scendere"."(Emilio Vedova, 1984)

La critica, da allevamento e non, sempre pi spesso un gioco linguistico ed un esercizio narcisistico esercitato dalla figura del critico creativo, oggi cos diffusa, che inventa il suo ruolo, le sue capacit, la sua autorit, gli architetti e larchitettura da salotto, affetto da un inguaribile logocentrismo (penso a ci che intende Deridda) , che, tra gli innumerevoli centri di significato definiti dal pensiero occidentale, ha posto anche le parole critica, estetica, gusto.
La centralit del linguaggio ha sostituito la centralit dellarchitettura, limperante logocentrismo e fonocentrismo fa s che spesso un bel discorso venga scambiato per una buona critica.
Molta critica di oggi , come molta architettura, inutile: per i criticati, che se ne fregano, per i critici, che restano ognuno asserragliato in posizioni personali senza dialettica costruttiva, per il grosso pubblico, lutente finale, il non addetto ai lavori, che non pu capire neanche il senso di certi farragginosi discorsi.
Cos la critica galleggia, come un palloncino, tra la vacuit del senso e la vanit del significato, autoreferenziale, egocentrica, fine a s stessa.
Che la critica, di qualunque genere, possa e debba assumersi un ruolo di denuncia in nome di un impegno etico che le connaturato, sembrerebbe ovvio ed auspicabile: persino Michael Fried, critico americano in un paese che non brilla certo per coscienza civile e sociale, rivendica per il critico, cos come per lartista, unautonomia morale nei confronti della societ che lo metta in grado di dare dei giudizi, pur ammettendo che potrebbe trattarsi di una concezione intollerabilmente arrogante.
Ma non per sottrarsi allarroganza che nessun critico parla dellarchitettura delle imprese costruttrici nelle brutte periferie urbane di tante citt italiane: non ne parla perch scendere faticoso, impegnativo, oscuro, il confronto anonimo, generico, non fa clamore perch il misfatto viene compiuto nellanonimato dei giochi di potere, spesso da personaggi squallidi e sconosciuti.
Se invece il misfatto porta una firma illustre, allora non pi un misfatto, vale la pena che se ne parli, e larchitettura scadente trover, da una parte o dallaltra, una interpretazione illuminante che la trasformi in una interessante sperimentazione proiettata verso il futuro.
Credo che questa, Mara Dolce, sia la realt contro la quale lei si applica con lodevole, condivisibile, appassionato ed inutile impegno, inutile quanto certa critica: esclusi i presenti, naturalmente.




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